Informazione

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) E IV (DIFESA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
E 3A (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) E 4A (DIFESA) DEL SENATO DELLA
REPUBBLICA

AUDIZIONE
Seduta di marted� 21 agosto 2001

Comunicazioni del ministro della difesa e del ministro degli affari
esteri in ordine alla partecipazione di un contingente militare
italiano alla missione NATO Essential Harvest in Macedonia.

ELETTRA DEIANA. Rappresento una voce fuori dal coro. Esprimo un dissenso
molto meditato e responsabile rispetto a questo ulteriore impegno
italiano nella regione dei Balcani. Il dissenso � espresso a nome del
gruppo di Rifondazione comunista ed � legato sia allo specifico della
missione sia al problema che i ministri degli esteri e della difesa
hanno ben espresso, relativo alla continuit� che questa missione
presenta in relazione alle nuove strategie di difesa del nostro paese.
Si tratta di nuove strategie di difesa che sono legate al nuovo
concetto strategico della NATO, di cui prima, con grande acutezza, il
senatore Andreotti rilevava le incongruenze, le contraddizioni e le non
trasparenze sul piano della metodica dei trattati di diritto
internazionale: voglio infatti ricordare che la ridefinizione
dello statuto della NATO, avvenuta nel vertice svoltosi a Washington il
24 e 25 aprile del 1999 in piena guerra cosiddetta umanitaria, che
sancisce un nuovo concetto strategico, cio� un ruolo attivo di
intromissione che va oltre la definizione che la NATO dava di se stessa
nell'articolo 6 del precedente trattato istitutivo -, non � mai stata
sottoposta a discussione e ratifica da parte dei parlamenti interessati.
Tutto questo prefigura un nuovo concetto di difesa dei paesi
dell'Alleanza atlantica che ritengo, come tanti altri cittadini e
cittadine di questo paese, non legato assolutamente alla giusta
esigenza di difesa dei confini, ma ad una volont� di ingerenza e di
gendarmeria planetaria.
Quindi, quegli aspetti di continuit� della missione che i ministri -
giustamente - rivendicavano, rappresentano gli elementi strategici di
fondo in base ai quali noi gi� alla Camera abbiamo votato contro il
provvedimento che proroga le missioni italiane all'estero. Questo
perch� rileviamo che nel provvedimento in questione � presente un
affastellamento di iniziative e missioni delle quali non sono
assolutamente chiare la natura e le finalit�.
Soprattutto non � decifrabile l'intenzione di pace; noi pensiamo che su
questo terreno l'iniziativa debba essere presa da un organismo
internazionale rilegittimato come l'ONU; il solo organismo che possa
parlare ed operare a nome della stragrande maggioranza dei paesi
intenzionati a collaborare e a far convivere pacificamente i popoli e
le popolazioni.
Sulla base di questo ragionamento, a nome del mio gruppo avanzo al
Governo due richieste: innanzitutto di soprassedere all'invio del
contingente italiano. Infatti, non ci sono le condizioni che prima il
ministro Martino illustrava, le condizioni che sulla carta, sulle
dichiarazioni dell'accordo rendono legittimo e operativo l'accordo
stesso e cio� la tregua firmata, il processo di pacificazione ed il
cessate il fuoco tra l'UCK e la Macedonia.
Mi pare una missione incongrua relativamente al suo profilo ed alla sua
stessa configurazione. Se c'� un accordo bilaterale cos� definito e
stringente, non si capisce perch� bisogna inviare un ulteriore
contingente di militari a svolgere un'operazione di questo genere.
Basterebbe istituire centri di raccolta spontanei che le forze in campo
potrebbero gestire.

VALDO SPINI. E' proprio questo il punto! Gli albanesi non vogliono
consegnare le armi.

ELETTRA DEIANA. Appunto, non le vogliono consegnare; quindi, di fatto,
c'� una non realizzazione delle condizioni di cui parla il trattato
cartaceo. In realt� l'operazione si configura come non contigua, non
coerente con quello che il trattato di pace asserisce.
Credo non esistano quelle condizioni di sicurezza, di assenza di
rischi, di basso profilo operativo di cui i ministri ci hanno parlato.
In realt� sulla missione si addensano tutte le incognite, tutti i
rischi e le ambiguit� di cui queste missioni, cosiddette di pace, sono
cariche.
Tra l'altro vorrei parlare anche del terribile incidente in cui sono
morti i due alpini. Certo, ne parleremo dopo, per� gli argomenti in
questione presentano una logica d'intreccio con quella vicenda; siamo
sempre nell'ambito di quel teatro operativo riguardante operazioni che
presentano molti elementi di contiguit�. Poi vedremo che cosa ci dir�
il ministro Martino riguardo all'insieme delle informazioni di cui
possiamo disporre relativamente alla missione in cui sono morti quei
due ragazzi. Bisogna stabilire se si trattava di una missione operativa
o di addestramento; comunque, se si � trattato di una missione di
addestramento, bisogner� chiarire a che cosa fosse rivolto
l'addestramento. Il quadro in ogni caso � fortemente a rischio; � un
quadro, ripeto, in cui non � chiara la natura delle missioni svolte dai
militari italiani e da quelli dell'Alleanza atlantica.
Invito il Governo ad un ripensamento complessivo e totale sulle
missioni di pace all'estero, missioni che sono la conseguenza del nuovo
quadro di difesa dell'Alleanza atlantica, per cui non si tratta quindi
di missioni di pace.
Ripeto, ben altro dovrebbe essere l'impegno dell'Italia per riattivare
quegli istituti internazionali rappresentativi di tutti i paesi che,
effettivamente, operano in questo senso. � terribile la presunzione dei
paesi appartenenti all'Alleanza atlantica di essere tutor e detentori
del diritto di pace, come sono stati tutor e detentori della guerra
umanitaria.
Queste conclusioni le traggo dall'analisi dei processi che sono
avvenuti in Macedonia. Prima � stato detto da alcuni colleghi e dai
ministri che le forze della NATO hanno svolto un ruolo di pacificazione
e di stabilizzazione. Io lo nego! Dico che il ruolo � stato di
destabilizzazione e di accensione di conflittualit�. Prima dell'arrivo
dei contingenti NATO, la Macedonia era uno Stato relativamente
pacifico, in questi ultimi dieci anni si era mantenuta fuori da un
processo di etnicizzazione dei conflitti e di conflittualit� interna.
Credo che la legittimazione che � stata concessa dalla NATO all'UCK e lo
scarso impegno a controllare il traffico delle armi in quei territori
abbiano contribuito fortemente ad un processo di destabilizzazione e
riaccensione del conflitto. Mi sembra che ci siano ragioni - finisco
veramente, signor Presidente - di fondo affinch� si desista e si
ripensi a tutto.


Forum delle donne di Rifondazione comunista
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Fax 06/44239490

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L'intervista che segue e' apparsa su "Der Spiegel" del 16 luglio 2001
ed e' stata da noi gia' diffusa nell'originale, oltreche' in inglese ed
in francese. Ringraziamo Giulia per la traduzione.

---

Abbiamo bisogno di un aiuto leale


Il primo ministro serbo Zoran Djindjic si sente ingannato
dall'Occidente. In questa intervista si lamenta delle grottesche
manovre dilatorie di Bruxelles nel pagamento degli aiuti internazionali
alla costruzione del suo paese e mette in guardia di fronte a nuove,
possibili crisi nei Balcani.


Spiegel: Lei ha corso il rischio di consegnare Milosevic al Tribunale
per i Crimini di guerra. Ne � valsa la pena?

Djindjic: Noi non abbiamo posto alcuna condizione per la consegna. Col
nostro gesto volevamo mostrare la nostra buona volont� in vista
dell'integrazione nella comunit� internazionale. Ma devo ammettere che
sono scioccato di fronte alla farsa degli "aiuti occidentali" che
dovrebbero ammontare nel complesso a 1,3 miliardi di dollari.

Spiegel:...cosa vuol dire farsa? Si tratta di un bel mucchio di denaro.

Djindjic: Meglio; la conferenza dei donatori non avrebbe avuto luogo e
ci si sarebbe limitati a ficcarci in mano 5o milioni di marchi. Qui ( a
Belgrado) cerchiamo di riformare il paese e, ad onta dei bombardamenti
della NATO, di avviare un nuovo corso filooccidentale.- e a Bruxelles
ci sono dieci burocrati che operano secondo la massima: se la luce se
ne va, si frena.

Spiegel: Pu� spiegarsi meglio?

Djindjic: In agosto avrenmmo dovuto incassare una prima rata di 300
milioni di Euro. E all'improvviso ci viene comunicato che nel totale
vengono conteggiati 225 milioni di Euro di debiti, che risalgono in
parte ai tempi di Tito. Due terzi del totale sono "interessi di mora",
perch� Milosevic per dieci anni si � rifiutato di restituire i crediti.
I restanti 75 milioni di Euro li riceveremo al pi� presto a novembre.
Questi sarebbero i principi secondo cui si opera in Occidente, ci �
stato detto. Come dire che a un ammalato grave si d� una medicina
quando ormai � morto. I nostri momenti pi� difficili sono i mesi di
luglio, agosto e settembre.

Spiegel: Lei teme la caduta del suo governo?

Djindjic: Se non ci viene fatta immediatamente un'"iniezione"
finanziaria, al massimo a settembre ci troveremo di fronte a
manifestazioni e disordini sociali. Perch� non abbiamo potuto mantenere
le nostre promesse. 330.000 famiglie vivono con un reddito inferiore ai
40 marchi, 6oo.ooo rifugiati pesano sul nostro bilancio, e 100.000
persone perderanno il lavoro a causa delle trasformazioni economiche
richieste dai nostri creditori occidentali. Non ci sono investimenti,
non c'� lavoro, non si costruisce. E, d'altra parte, i vecchi quadri
socialisti di Milosevic continuano a controllare posizioni decisive per
il funzionamento dell'economia e aspirano a far precipitare il paese
nel caos.

Spiegel: A quanto pare i socialisti riguadagnano terreno. Potrebbero
tornare ad essere un pericolo per la coalizione di governo fra DOS e
Democratici?

Djindjic: Socialisti e radicali registreranno certamento un aumento dei
voti alle elezioni. A ci� si aggiunge il presidente jugoslavo
Kostunica, con il suo scetticismo nei confronti dell'Occidente e i suoi
continui ammonimenti che non arriver� nulla del denaro promesso...


Spiegel:..e che L'ha insultata, a causa della consegna di Milosevic,
definendoLa un golpista che ha portato la vergogna sul paese.

Djindjic: Un po' pi� di lealt� da parte sua, mi farebbe certamente
bene. Comunque � pericoloso quando con queste dichiarazioni
patriottarde si risvegliano i traumi antioccidentali nella popolazione.
Perci� non escludo che un altro governo, magari del leader radicale
Seselj, possa incassare la prima rata del pacchetto di aiuti. Io volevo
porre l'accento prioritariamente sui problemi economici e sminuire
l'importanza degli altri. Ora metto in guardia seriamente l'Occidente;
se il mio governo cade, ci� coster� dieci miliardi di dollari alla
Comunit� internazionale.

Spiegel: Ci sar� una nuova guerra?

DjindJic: Ci saranno crisi in Vojvodina, in Montenegro, in Kosovo, nel
Sangiaccato, nella Serbia del sud. Non ci sar� pi� collaborazione col
Tribunale dell'Aja. E- come sempre- centinaia di migliaia di rifugiati
cercheranno asilo altrove. Ma allora si troveranno i soldi nei budgets
occidentali. Nessuno si stupir�. Tutti saranno d'accordo sulla formula
fideistica che i Balcani non trovano pace. Quello di cui abbiamo
bisogno � un aiuto sincero, e non vuote dichiarazioni di simpatia.
Quando ero all'opposizione, l'Unione Europea ci aveva promesso per la
caduta di Milosevic tre miliardi di marchi in contanti. E ora dove sono?

Spiegel: Lei aveva espresso l'intenzione di dare le dimissioni, se la
consegna di Milosevic al Tribunale fosse fallita. Lascer� perdere se i
ministri finanziari occidentali non cambieranno rotta?

Djindjic: Non posso continuare a parlare al mio popolo dell'aiuto
occidentale, quando qui non se ne vede traccia. In questo modo finisco
per perdere la mia credibilit� e non posso garantire la stabilit� del
paese. Perch� dovrei rischiare di vedere la mia famiglia vittima di
un'autobomba, se qui in ogni caso tutto � di nuovo azzerato?

Spiegel: Consegner� il generale Mladic al Tribunale dell'Aja, se mai si
far� vedere nella sua residenza belgradese?

Djindjic: Non si possono caricare sulle mie spalle tutti i problemi di
questa regione. Spero di non incontrarlo.


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BELGRADE 1999. NEW YORK 2001.


Alla URL: http://go.to/bombe

Some of facts & articles mostly unkown to American people:

Bin Laden & KLA
Civilian targets & casualties
World Terrorism and Balkans
Band of Influence
Bin Laden linked to Albania
FAQ-Osama bin Laden

> http://go.to/bombe

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"MA SCUSI NON E' STATO AL SERVIZIO DEGLI
AMERICANI DA SEMPRE, QUESTO BIN LADEN?"


L'attacco alle torri e al Pentagono sembra
aver seminato scintille nelle
teste di molti compagni e per la prima
volta in parecchio tempo leggo
analisi serie e interessanti.
Aggiugno un pensierino. Stasera da Santoro
c'era il trio della banda
musicale CIA e Mossad: Annunziata, Magdi
Allam e Luigi Caligaris. Oggetto
del massimo interesse nel contesto della
Terza Guerra Mondiale, per cui in
particolare sbavava la nota Lucia
Annunziatenstein, era ovviamente l'eterno
Bin Laden. La Lucy gli affiancava subito
gli stati fiancheggiatori e, guarda
un p�, sono Iraq, Siria e Iran, proprio
quelli per i quali sono in
preparazione attacchi strategici del
pacifista Sharon. Il Magdi Bin Allam
nell'illustrare le nefandezze di Bin Laden
in giro per il mondo, per
un'improvvisa amnesia si scordava della
sua lunga carriera CIA (mai
interrotta). Cos� il generale da variet�
Caligaris. Del Lutwack che spara
bombe di merda non fa conto parlare.
Quando Santoro al Caligaris ha fatto
rotolare tra i piedi la granata "Ma scusi
non � stato al servizio degli
americani da sempre, questo Bin Laden?"
generale, Allam da Langley e Lucy
Annunziasharon cadevano in deliquio e
farfugliavano imbarazzi.
Allora, precisiamo per il beneficio di
questi comunicatori da minareto
afghano. Osama Bin Laden � il fiduciario
USA e CIA nella guerra degli
ottenebrati taliban contro il governo
progressista, laico e democratico di
Najibullah, amico dei sovietici. I soldi,
le armi e il sostegno logistico e
propagandistico pompato dalla CIA nella
banda Bin Laden porta i pretonzoli
islamici alla vittoria e il paese alle
barbarie. Due colpi sono riusciti:
Gli USA sono, seppure per proxy, al
confine sovietico e possono pianificare
la costruzione del pi� grande oleodotto
dal Caucaso a Karachi e alla loro
colonia nell'isola strategica di Garcia,
massima base USA nell'Oceano
Indiano; secondo, i taliban si
adoperaranno per sostituire gli inaffidabili
colombiani, pressati ed angustati dalla
guerriglia comunista, come centrale
mondiale di produzione e smistamento della
droga destinata ad alimentare
altri eserciti mercenari, banche svizzere
e molndiali e a distruggere
generazioni di giovani oppositori ovunque,
nonch� ad alimentare l'ondivago
sistema finanziario mondiale per
permettere le manovre genocide del FMI e
della BM.
Poi, dicono i moderati, Bin Laden, cambia
casacca. Da eroe del l'american
way of life a fanatico antagonista del
capitalismo, dell'imperialismo,
della cristianit�, di Israele.
Stupefacente. In quattro e quattr'otto.
Come Sofri (Liguori, De Aglio, Mieli,
Marcenaro, Lerner, Ferrara... in senso
inverso: dai cortei per i palestinesi e
contro il mostro USA, ai
corteggiamenti e servizi per Israele e
USA) Credibile?
Credibile come Abu Nidal, il Bin Laden
degli anni'70-80. Lo intervistai,
rottame umano che fumava trenta sigarette
all'ora, in Iraq, dove si era
rifugiato dopo essere stato cacciato dalla
Siria. Era il 1980. Stava in un
campetto militare, con qualche dozzina di
armati, non capiva un cazzo di
politica e ripeteva come il pappagallo del
gentile Mantovani formulette
antisioniste ed antiamericane. Gli
iracheni lo studiarono, lo segregarono e
poi, dopo poco, lo cacciarono verso
destinazione ignota. Era lo spauracchiol
del mondo, il terrorista numero uno,
l'assassino dei migliori e pi� radicali
dirigenti palestinesi, il provocatore al
servizio dei colpi di mano
israeliani. Con un attentato fasullo a
Londra, spian� l'assalto di Sharon al
Libano e le stragi di 30.000 risalendo a
Beirut e di 3-4000 donne, bambini,
vecchi, a Sabra e Shatila, a fedajin
partiti dal Libano con la garanzia
occidentale della protezione dei campi,
subito tradita. Poi scomparve.
Quanto a Osama Bin Laden, � di ieri il suo
lavoro per consegnare agli USA,
al Pakistan filo-USA e ai monaci taliban
un enorme paese come l'Afghanistan.
Ma, al di l� delle attribuzioni a Bin
Laden degli attentati alle ambasciate
USA a Nairobi e Dar Es Salam (1995), per
poter mettere fuori gioco la pi�
grande fabbrica farmaceutica dell'Africa,
in Sudan, a vantaggio delle
multinazionali farmaceutiche USA - stesso
meccanismo di Abu Nidal - Bin
Laden � il provato e documentato
comandante pagatore addestratore, armatore
e speditore di tutti i mercenari
integralisti che lavorano con gli ascari
criminali degli USA nelle varie zone di
crisi accese dagli USA e dove
penetrano le armate e gli interessi USA:
Kosovo, Macedonia, Cecenia,
Algeria. In queste operazioni Bin Laden �
aiutato e finanziato dai sauditi.
Sono numerosi i mercenari afghani - o
altri, ma addestrati da Bin Laden -
catturati, inteerrogati, confessi e
imprigionati in Jugoslavia, Algeria
(dove sono al centro del terrorismo
islamico finalizzato a destabilizzare il
governo di Bouteflika e a ricattarlo a
favore delle multinazionali USA, di
recente entrati alla grande nel petrolio
algerino, e a disfavore dgli
interessi francesi, che invece serpeggiano
nella rivolta dei kabili).
Mercenari afghani addestrati da Bin Laden
sono in carcere nella zona
controllata da Massud e sono stati
intervistati da giornalisti occidentali,
nonch� nello XinYang, dove lavorano
all'intossicazione separatista contro la
Cina. Ovunque l'imperialismo USA �
all'opera, troviamo al suo fianco,
fanteria di tagliagole e impalatori, gli
uomini di Bin Laden.
Ma Bin Laden e i sauditi sono uomini
d'onore... cio� autentici terroristi
antiamericani...
O no?
Bin Laden fiancheggia con combattenti le
azioni militari USA, UCK, di
Basajev in Cecenia (altro amico di Sofri),
dei forsennati d'Algeria, e, come
risulta da catture, anche i separatisti
filippini ed indonesiani. Nessuna
grande nazione, magari multinazionale come
la Jugoslavia, sul cammino del
cristiano rullo compressore imperialista.
Frantumare, smembrare, dividere,
quanto meno tenere in costante
fibrillazione e destabilizzazione. Ma Bin
Laden compie anche un atto di guerra
contro gli USA sfasciandogli i simboli
del potere capitalista e militarista. Con
l'Air Force, la Navy, la Army, la
CIA, la NSA , l'FBI e Echelon che
osservano. Cos'�, un giochino da
Settimana Enigmistica? Un ossimoro del
povero reduce Marcos?
O � un nuovo Abu Nidal, che, come quello
aveva spianato la strada al
macellaio Sharon per la madre di tutti i
terrorismi a Sabra e Shatila, ora
spiana la strada al ricoverando Bush e
allo stesso Sharon (con sulle spalle
le cornacchie Lucy e Magdi) per togliersi
la soddisfazione di polverizzare
palestinesi, iracheni, iraniani e, magari,
a copertura, un po' di afghani? E
nel contempo togliersi di torno le zanzare
veggenti, i Tiresia e le
Cassandre, dell'antimperialismo
anticapitalista?
Una cosa � certa. Il quasi monopolio
dell'eroina concesso dagli USA e dalla
sua mafia all'Afghanistan non croller�,
magari verr� amministrato da altri
appaltatori, ma continuer� a funzionare al
servizio di tutte le cosiddette
globalizzazioni, militari ed economiche. E
finch� c'� oppio, c'� un
Afghanistan sotto il tallone USA.
E un'altra cosa � certa. La necessit�
urgente e imprescindibile di stare con
l'Iraq, con i serbi veri, con i patrioti
macedoni, con i palestinesi, con i
siriani, con i sudanesi, con i congolesi,
con i russi in Cecenia e, anche se
obtorto collo perch� non di gran governo
si tratta, con l'Algeria del FLN. A
cui, del resto, come Festival Mondiale
della Giovent� comunista abbiamo dato
un salutare scossone e molta materia da digerire
Tutto il terrorismo del dopoguerra � tutto di Stato.

Fulvio Grimaldi

---

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* "A bitter harvest" (The Economist)
* "Why Washington Wants Afghanistan" (J. Israel, R. Rozoff
& N. Varkevisser)

---

"...mia figlia da Londra mi ha inoltrato
un articolo apparso sull'Economist di questa settimana.
Ed � l'Economist!!
un abbraccio
m.m."

>
> Afghanistan
>
> A bitter harvest
> Sep 13th 2001 | LAHORE
> From The Economist print edition
>
> The sufferings of Afghanistan come to New York
>
> IN ITS understandable rage for justice, America may be tempted to
overlook
> one uncomfortable fact. Its own policies in Afghanistan a decade and
more
> ago helped to create both Osama bin Laden and the fundamentalist
Taliban
> regime that shelters him.
>
> The notion of jihad, or holy war, had almost ceased to exist in the
Muslim
> world after the tenth century until it was revived, with American
> encouragement, to fire an international pan-Islamic movement after the
> Soviet invasion of Afghanistan in 1979. For the next ten years, the
CIA
and
> Saudi intelligence together pumped in billions of dollars' worth of
arms
and
> ammunition through Pakistan's Inter-Services Intelligence agency (ISI)
to
> the many mujahideen groups fighting in Afghanistan.
>
> The policy worked: the Soviet Union suffered such terrible loses in
> Afghanistan that it withdrew its forces in 1989, and the humiliation
of
that
> defeat, following on from the crippling cost of the campaign, helped
to
> undermine the Soviet system itself. But there was a terrible legacy:
> Afghanistan was left awash with weapons, warlords and extreme
religious
> zealotry.
>
> For the past ten years that deadly brew has spread its ill-effects
widely.
> Pakistan has suffered terrible destabilisation. But the afghanis, the
name
> given to the young Muslim men who fought the infidel in Afghanistan,
have
> carried their jihad far beyond: to the corrupt kingdoms of the Gulf,
to
the
> repressive states of the southern Mediterranean, and now, perhaps, to
New
> York and Washington, DC.
>
> Chief among the afghanis was Mr bin Laden, a scion of one of Saudi
Arabia's
> richest business families. Recruited by the Saudi intelligence chief,
Prince
> Turki al Faisal, to help raise funds for the jihad, he became central
to
the
> recruitment and training of mujahideen from across the Muslim world.
Mr
bin
> Laden fought against the Russians on the side of the ISI's favourite
Afghan,
> Gulbuddin Hikmatyar, whose Hezb-e-Islami party became the largest
recipient
> of CIA money.
>
> After the Russians withdrew from Afghanistan in 1989, the Americans
quickly
> lost interest in the country and a struggle for power erupted among
the
> mujahideen. But since no group was strong enough to capture and hold
Kabul,
> the capital, Afghanistan slumped into anarchy. In 1995-96, a movement
of
> Pathan students-Taliban-from religious schools in the border regions
of
> Afghanistan and Pakistan swept the country, promising a restoration of
> order. They enjoyed Pakistani backing, and almost certainly the
approval
of
> the Americans.
>
> Meanwhile, Mr bin Laden had become a self-avowed enemy of America,
appalled
> at the presence of American troops on holy Saudi soil during the Gulf
war.
> Exiled to Sudan, he was soon forced to leave. He secretly returned to
> Afghanistan, becoming a guest of the Taliban, whose interpretation of
Islam
> and hostility to the West he shares. After attacks on two American
embassies
> in 1998, America tried to persuade the Taliban to surrender him. When
the
> regime refused, the Americans retaliated by raining cruise missiles on
> guerrilla camps in Afghanistan. The Taliban have steadfastly refused
to
hand
> Mr bin Laden over. As their guest he remains.
>

---

URL for this article:
http://emperors-clothes.com/analysis/afghan.htm

To join Emperor's Clothes email list,
please go to
http://emperors-clothes.com/feedback.htm.
Receive about one article/day.

www.tenc.net
[Emperor's Clothes]

======================================Why Washington Wants Afghanistan (revised)
by Jared Israel, Rick Rozoff & Nico
Varkevisser [posted 18 September 2001]
======================================
"Does my country really understand that
this is World War III? And if this
attack was the Pearl Harbor of World War
III, it means there is a long, long
war ahead." (Thomas Friedman, 'New York
Times,' September 13, 2001)

Key U.S. government representatives and
media figures have used the bombing
of the World Trade Center (WTC) and
Pentagon to create an international state
of fear.

This has swept Washington's closest allies
(notably Germany and England,
though not Italy) into agreeing carte
blanche to participate in U.S.
reprisals.

It has also served to obscure a most
important question: does Washington have
a hidden agenda here, a strategy other than
hurling bombs? If so, what is it,
and what does it mean for the world?

***

Amid the increasingly implausible and
frequently contradictory explanations
(2) offered by U.S. government officials
for their inability or unwillingness
to intervene effectively before and during
this past Tuesday's aerial attacks
in New York and Washington, D.C. - and as
the cries for war drown out the
voices of reason - a deadly scenario is
unfolding.

Columns in major mainstream newspapers have
borne such titles as:


"World War III" ('New York Times,' 9/13)
"Give War A Chance" ('Philadelphia
Inquirer,' 9/13)
"Time To Use The Nuclear Option"
('Washington Times,' 9/14).
A government that claims it had no
knowledge of or was at a loss knowing how
to deal with painstakingly organized
terrorist attacks now calls for
"exterminating" previously unseen
assailants by, in the words of Deputy
Secretary of Defense Paul Wolfowitz,
"ending states who sponsor terrorism,"

Henry Kissinger argues ('Los Angeles
Times,' 9/14) that alleged terrorist
networks must be uprooted wherever they
exist. Former Israeli Prime Minister
Netanyahu writes an article entitled
"Dismantle Terrorist Supporting Regimes"
('Jerusalem Post,' 9/14). And to raise the
level of international
intimidation a notch, we have R.W. Apple,
Jr. in the 'Washington Post'
(9/14):

"In this new kind [of] war...there are no
neutral states or geographical
confines. Us or them. You are either with
us or against us."

Initially, a mix of countries was
threatened as so-called 'states supporting
terrorism,' who are not with us and
therefore must be against us: Cuba, Iran,
Iraq, Libya, North Korea, Sudan and Syria.
Although differing in most
respects, especially political ideology,
they are indeed alike in three ways:
They all bear decades of U.S. government
hostility; they all have secular
governments; they all have no connection to
Osama bin Laden.

In, "Give War A Chance" ('Philadelphia
Inquirer') David Perlmutter warns that
if these states do not do Washington's
bidding, they must:

"Prepare for the systematic destruction of
every power plant, every oil
refinery, every pipeline, every military
base, every government office in the
entire country...the complete collapse of
their economy and government for a
generation."

Meanwhile, the countries which collaborated
to create the Taliban, training
and financing the forces of Osama bin
Laden, and which have never stopped
pouring money into the Taliban - namely
Pakistan, close U.S. allies Saudi
Arabia and the United Arab Emirates, and
the United States itself - have not
been placed on the "we've got to get them"
list. Instead these states are
touted as core allies in the New World War
against terrorism.

Raising the pitch, yesterday:

"Defense Secretary Donald Rumsfeld said the
US would engage in a
'multi-headed effort' to target terrorist
organizations and up to 60
countries believed to be supporting them.

"The US, Mr. Rumsfeld told American TV,
"had no choice" other than to pursue
terrorists and countries giving them
refuge."

The threats to bomb up to a third of the
world's countries has scared many
people, worldwide. This, we think, is the
intention. It serves two functions.

First, it means that if Washington limits
its aggressive action mainly to
attacking Afghanistan, the world will
breathe a sigh of relief.

And we think Washington will mainly attack
Afghanistan - at first. Other
immediate violations of sovereignty, such
as the forced use of Pakistan, will
be backup action to support the attack on
Afghanistan. There may also be some
state terror, such as increased, unprovoked
bombing of Iraq, as a diversion.
But the main immediate focus will, we
think, be Afghanistan.

Second, this scare tactic is meant to
divert attention from Washington's real
strategy, far more dangerous than the
threat to bomb many states. Washington
wants to take over Afghanistan in order to
speed up the fulfillment of its
strategy of pulverizing the former Soviet
Republics in the same way
Washington has been pulverizing the former
Yugoslavia. This poses the gravest
risks to mankind.

WHAT DOES WASHINGTON WANT WITH IMPOVERISHED
AFGHANISTAN?

To answer this question, look at any map of
Europe and Asia. Consider the
immense spread of the former Soviet Union,
particularly Russia.

European Russia is 1,747,112 square miles.
That's between a third and half
the landmass of all Europe. Add the Asian
part of Russia and you get
6,592,800 sq. mi. That's equal to most of
the US and China combined. More
than half of Africa.

Russia borders Finland in the far West. It
borders Turkey and the Balkans in
the south. It extends to the edge of Asia
in the Far East. It is the rooftop
of Mongolia and China.

Not only is Russia spectacularly large,
with incalculable wealth, mostly
untapped, but it is the only world-class
nuclear power besides the U.S.
Contrary to popular opinion, Russia's
military might has not been destroyed;
indeed, it is arguably stronger, in
relation to the US, than during the early
period of the Cold War. It has the most
sophisticated submarine technology in
the world.

If the U.S. can break-up Russia and the
other former Soviet Republics into
weak territories, dominated by NATO,
Washington would have a free hand to
exploit Russia's great wealth and do
whatever it wanted elsewhere without
fear of Russian power.

Despite talk of Russia and the U.S. working
together, and despite the great
harm that has been done to Russia by the
International Monetary Fund (IMF),
this remains the thrust of US policy. (3)

Afghanistan is strategically placed, not
only bordering Iran, India, and
even, for a small stretch, China (!) but,
most important, sharing borders and
a common religion with the Central Asian
Republics of the former Soviet Union
(SU): Uzbekistan, Turkmenistan and
Tajikistan. These in turn border
Kazakhstan, which borders Russia.

Central Asia is strategic not only for its
vast deposits of oil, as we are
often told, but more important for its
strategic position. Were Washington to
take control of these Republics, NATO would
have military bases in the
following key areas: the Baltic region; the
Balkans and Turkey; and these
Republics. This would constitute a noose
around Russia's neck.

Add to that Washington's effective
domination of the former Soviet Republics
of Azerbaijan and Georgia, in the south,
and the US would be positioned to
launch externally instigated 'rebellions'
all over Russia.

NATO, whose current doctrine allows it to
intervene in states bordering NATO
members, could then initiate "low intensity
wars" including the use of
tactical nuclear weapons, also officially
endorsed by current NATO doctrine,
in 'response' to myriad 'human rights
abuses.'

It is ironic that Washington claims it must
return to Afghanistan to fight
Islamist terrorism, because it was
precisely in its effort to destroy Russian
power that Washington first created the
Islamist terrorist apparatus in
Afghanistan, during the '80s.

This was not, as some say, a matter of
aiding rebels against Russian
expansionism. Whatever one thinks about the
Soviet intervention in
Afghanistan, it was in fact conceived as a
defensive action to preserve, not
alter, the world balance of power. It was
the United States which took covert
action to 'encourage' Russian intervention,
with the goal of turning the
conservative rural Afghan tribesmen into a
force to drain the Soviet Union.
This is admitted by Zbigniew Brzezinski,
the key National Security chief at
the time.

Consider the following excerpts from two
newspaper reports.

First, from the 'N.Y. Times':

"The Afghan resistance was backed by the
intelligence services of the United
States and Saudi Arabia with nearly $6
billion worth of weapons. And the
territory targeted last week [this was
published after the August, 1998 U.S.
missile attack on Afghanistan], a set of
six encampments around Khost, where
the Saudi exile Osama bin Laden has
financed a kind of 'terrorist
university,' in the words of a senior
United States intelligence official, is
well known to the Central Intelligence
Agency.

"... some of the same warriors who fought
the Soviets with the C.I.A.'s help
are now fighting under Mr. bin Laden's
banner.... ('NY Times,' 24 August 1998
pages A1 & A7 )

And this from the London 'Independent':

"The Afghan Civil War was under way, and
America was in it from the start -
or even before the start, if [former
National Security Adviser, and currently
top foreign policy strategist Zbigniew]
Brzezinski himself is to be believed.

'"We didn't push the Russians to
intervene,' he told an interviewer in 1998,
'but we consciously increased the
probability that they would do so. This
secret operation was an excellent idea. Its
effect was to draw the Russians
into the Afghan trap. You want me to regret
that?' [said Brzezinski]

"The long-term effect of the American
intervention from cold-warrior
Brzezinski's perspective was 10 years later
to bring the Soviet Union to its
knees. But there were other effects, too.

"To keep the war going, the CIA, in cahoots
with Saudi Arabia and Pakistan's
military intelligence agency ISI
(Inter-Services Intelligence Directorate),
funneled millions and millions of dollars
to the Mujahedeen. It was the
remotest and the safest form of warfare:
the US (and Saudi Arabia) provided
funds, and America also a very limited
amount of training. They also provided
the Stinger missiles that ultimately
changed the face of the war.

"Pakistan's ISI did everything else:
training, equipping, motivating, and
advising. And they did the job with
panache: Pakistan's military ruler at the
time, General Zia ul Haq, who himself held
strong fundamentalist leanings,
threw himself into the task with a
passion." ('The Independent' (London) 17
September 2001. Our emphasis.)

Right up to the present, U.S. ally Saudi
Arabia has been perhaps the key
force in financing the Taliban. But the
U.S. itself has provided direct
support despite the Taliban's monstrous
record of humanitarian abuse:

"The Bush administration has not been
deterred. Last week it pledged another
$ 43 million in assistance to Afghanistan,
raising total aid this year to $
124 million and making the United States
the largest humanitarian donor to
the country." ('The Washington Post,' 25
May 2001)

Why have the US and its allies continued -
up to now - to fund the Taliban?
And why nevertheless is the US now moving
to attack its monstrous creation?

It is our conviction, and that of many
observers from the region in question,
that Washington ordered Saudi Arabia and
Pakistan to fund the Taliban so the
Taliban could do a job: consolidate control
over Afghanistan and from there
move to destabilize the former Soviet
Central Asian Republics on its borders.

But the Taliban has failed. It has not
defeated the Russian-backed Northern
Alliance. Instead of subverting Central
Asia in businesslike fashion, it has
indulged in blowing up statues of Buddha
and terrorizing people who deviate
from the Taliban's super-repressive
interpretation of Islam.

At the same time, Russia has also been
moving in the 'wrong' direction, from
Washington's perspective. The completely
controllable Yeltsin has been
replaced with President Putin, who
partially resists the U.S. - for example,
putting down the CIA-backed takeover of
Chechnya by Islamist terrorists
linked to Afghanistan. Further, China and
Russia have signed a mutual defense
pact. And despite immense European/U.S.
pressure, Russian President Putin
refused to condemn Belarussian President
Lukashenko who, like the jailed but
unbroken Yugoslav President Milosevic,
calls for standing up to NATO. (3a)

It is this unfavorable series of
developments that has caused Washington to
increase its reliance on its all-time
favorite tactic: extreme brinkmanship.

An early sign of this brinkmanship appeared
two weeks ago, just before the
Presidential elections in the former Soviet
Republic of Belarus. Belarus is
in the Baltic region near Lithuania and
Poland. Washington and the European
Union loathe Lukashenko because he has
refused to turn his small country over
to the International Monetary Fund and
dismantle all the social guarantees of
the Soviet era. Moreover he called for
defending Yugoslavia. He even wants
Belarus, Ukraine and Russia to reunite.
This desire to have former Soviet
Republics get back together puts him square
in the path of Washington's
policy, which is to break these Republics
up into even smaller pieces.

For months, Washington and the Europeans
have been meddling in the
Belarussian elections. Washington admits to
funding some 300
'Non-Governmental Organizations' in
Belarus. This in a country of some 10
million souls.

As if this wasn't sufficient, just before
the elections, U.S. Ambassador to
Belarus Michael Kozak issued a truly
startling statement:

"[Ambassador Kozak wrote to a British
newspaper that] America's 'objective
and to some degree methodology are the
same' in Belarus as in Nicaragua,
where the US backed the Contras against the
left-wing Sandinista Government
in a war that claimed at least 30,000
lives." ("The Times" (UK), 3 September
2001.) (4)

As you may recall, the Contras was a
terrorist outfit that Washington
financed during the 1980s to destroy the
Left-wing Nationalist Sandinista
government in Nicaragua. the Contras
specialized in raiding farming villages
where they slaughtered the inhabitants;
that when they were not smuggling
drugs. This all came out during the
Iran-Contra scandal.

Now Washington has cynically used the mass
slaughter at the World Trade
Center and the lesser attack on the
Pentagon to rally its NATO forces,
invoking Article Five of NATO's charter,
under which all members of NATO must
respond to an attack on any one. This has
the goal of a) putting together a
"peacekeeping force" for Afghanistan b)
launching air and possibly ground
attacks c) eliminating the obstinate and
incompetent leadership of the
Taliban and d) taking direct control
through the creation of a U.S.-dominated
NATO military occupation.

Some argue that NATO would be crazy to try
to pacify Afghanistan. They say
the British failed to do it in the 1800's,
and the Russians failed in the
1980's.

But Washington does not need or intend to
pacify Afghanistan. It needs a
military presence sufficient to organize
and direct indigenous forces to
penetrate the Central Asian republics and
instigate armed conflict.

Rather than trying to defeat the Taliban,
Washington will make the Taliban an
offer they cannot refuse: work with the
U.S.; get plenty of money and guns
plus a free hand to direct the drug trade,
just as the U.S. has permitted the
KLA to make a fortune from drugs in the
Balkans. (5)

Or oppose the U.S., and die.

In this way, Washington hopes to duplicate
what it did in Kosovo where NATO
took drug-dealing gangsters and violently
anti-Serbian secessionists and out
of that raw material fashioned the
terrorist Kosovo Liberation Army.

In this case the raw material would mainly
be members of the Taliban.
Reorganized and under strict direction,
reborn as Liberation Fighters, they
would be directed against the Central Asian
Republics of the former Soviet
Union. This would duplicate what NATO has
done in the Balkans. There it has
sent the KLA, beefed up by Islamist
reinforcements and 'advised' by U.S.
specialists, against neighboring Macedonia.

As the Central Asian Republics battle the
intruders, NATO could offer them
military assistance, thus penetrating the
region on both sides by means of a
conflict instigated by Washington. This
tactic of simultaneously attacking
and defending Central Asia - has been
employed to great effect against
Macedonia. The goal is to produce
decimated, NATO-dominated territories. No
more Uzbekistan, Turkmenistan and
Tajikistan. (6) Then on to Kazakhstan, and
then Russia.

This strategy cannot be sold to the
American people. We repeat: it cannot be
sold.

It is for that reason that the Bush
administration is using the tragic
nightmare of murder in New York, which
itself occurred under circumstances
suggesting the complicity of Washington's
covert forces, to create
international hysteria sufficient to drag
NATO into the strategic occupation
of Afghanistan and an intensified assault
on the former Soviet Union. (7)

Before anyone sighs with relief, thinking,
"Thank God this is all that's
happening," consider that apart form the
violation of national sovereignty
and many other very negative aspects of
Washington's plans, the attack on
Afghanistan brings NATO to Russia's Central
Asian doorstep. This is a
strategic escalation of conflict, moving us
all much closer - nobody knows
how much closer and nobody knows how fast
things will escalate - to worldwide
nuclear war.

Will Washington get away with it?
Washington, and the giant capitalists who
control it, obviously think Russia will let
itself be destroyed. But then, as
the Greeks say, "Pride is followed by
self-destruction."

The Russians are very deceptive. They try
to avoid a fight. But as Mr. Hitler
discovered, when they are pushed to the
wall, they fight with the ferocity of
lions. And they have tens of thousands of
nuclear weapons.

Thus Washington is playing with the
possibility of a war which would make the
horror that occurred last Tuesday at the
World Trade Center, or even the much
larger-scale horror of the U.S.
terror-bombing of Yugoslavia, look like
previews of hell. (8)

- Emperor's Clothes

***

Further Reading:

1) Like a man with a guilty conscience, the
U.S. government and its NATO
allies constantly denounce terror while
routinely employing it in
international affairs. See for example:


'WASHINGTON: PARENT OF THE TALIBAN AND
COLOMBIAN 'DEATH SQUADS' at
http://emperors-clothes.com/articles/jared/mis.htm


'WHAT NATO OCCUPATION WOULD MEAN FOR
MACEDONIANS'
First-hand report of the state of terror
instituted when NATO took over
Kosovo. Can be read at
http://www.emperors-clothes.com/misc/savethe-a.htm

''Five Years On & the Lies Continue.'
Discussion of the use by the
U.S.-sponsored Islamist regime in Sarajevo
of systematic terror against
Serbian villagers in Bosnia. Can be read at
http://emperors-clothes.com/articles/jared/texts.htm

'Meet Mr. Massacre' - Concerning U.S.
Balkans envoy William Walker's death
squad activities in Latin American. Can be
read at
http://www.emperors-clothes.com/analysis/meetmr.htm

2) 'Criminal Negligence or Treason' Can be
read at
http://emperors-clothes.com/articles/jared/treason.htm

3) 'Why is NATO Decimating the Balkans and
Trying to Force Milosevic to
Surrender?' by Jared Israel and Nico
Varkevisser. Can be read at
http://emperors-clothes.com/analysis/whyisn.htm

3A) 'What The Hague Tribunal [sic!]
Wouldn't Let Milosevic Say' This is the
statement which Milosevic tried to give. To
prevent it 'Judge' May cut off
his mike. It can be read at
http://www.icdsm.org/more/aug30.htm

4) 'Tough Measures Justified in Belarus' by
Jared Israel at
http://emperors-clothes.com/news/tough.htm

5) 'WASHINGTON: PARENT OF THE TALIBAN AND
COLOMBIAN DEATH SQUADS' by Jared
Israel. Can be read at
http://emperors-clothes.com/articles/jared/mis.htm#a

6) 'SORRY VIRGINIA BUT THEY ARE NATO
TROOPS, NOT 'REBELS' Can be read at
http://emperors-clothes.com/mac/times.htm

7) - Click here please.

8) 'Yugoslav Auto Workers Appealed to
NATO's Humanity...' Can be read at
http://www.emperors-clothes.com/misc/car.htm

9) Rick Rozoff takes a critical look at
Washington's response to Tuesday's
tragedies in 'Bush's Press Conference: Into
the Abyss' at
http://emperors-clothes.com/articles/rozoff/abyss.htm

10) While Washington points to Osama bin
Laden as "suspect # 1" in
yesterday's horrific violence, the truth is
not being told to the American
people: 'Washington Created Osama bin
Laden' by Jared Israel can be read at
http://emperors-clothes.com/articles/jared/sudan.html#w

11) If one looks carefully, one can find in
the Western media evidence that
bin Laden has been involved - on the
U.S.-backed side - in Kosovo, Bosnia and
now Macedonia. Can be read at
http://emperors-clothes.com/articles/jared/mis.htm


12) Bin Laden was propelled into power as
part of the U.S. drive to create an
Islamist terrorist movement to crush the
former Soviet Union. See, the truly
amazing account from the 'Washington Post,'
'Washington's Backing of Afghan
Terrorists: Deliberate Policy.' at
http://emperors-clothes.com/docs/anatomy.htm

13) Head of Russian Navy says official
scenario couldn't have happened. See
'Russian Navy Chief Says Official 9-11
Story Impossible' at
http://emperors-clothes.com/news/navy.htm

14) Emperor's Clothes has interviewed Rudi
Dekkers from the Huffman Aviation
facility, at which two of the hijack
suspects were students a year ago.
Though Mr. Dekkers' told the interviewer he
had received many calls, the
media has not published his comments. The
interview was taped and the text on
Emperor's Clothes is a verbatim transcript,
including the grammatical errors
common in daily speech. See "Interview With
Huffman Aviation Casts Doubt on
Official Story" at
http://emperors-clothes.com/interviews/dekkers.htm

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Wo verläuft der VIII. Korridor?

Die Paneuropäischen Netze (PAN) und die ökonomische Bedeutung Osteuropas
und
des Balkans

http://www.zeit-fragen.ch/ARCHIV/ZF_82d/T01.HTM

von Dipl.-Ing. Matthias George

Warum wird die ökonomische Bedeutung des Kosovo-Mazedonien-Konflikts
verschwiegen? Sind unsere Demokratien so schwach, dass wir ein rein
humanitäres Alibi benötigen, das sich bei genauerem Hinsehen in sein
Gegenteil verkehrt? Ist ein wirtschaftliches Argument weniger legitim?
Warum
werden uns die Arbeiten, die in Albanien begonnen haben, als Reparatur-
und
Wartungsarbeiten verkauft, wenn es in Wirklichkeit um den Beginn des
VIII.
Korridors geht?

Warum wird uns auch das Projekt der Paneuropäischen Korridore
vollständig
verschwiegen, obwohl es bei ökonomischen Entscheiden der Regierungen im
Balkan immer im Zentrum steht? Die folgenden Ausführungen sollen die
gestellten Fragen beantworten und anregen, die ökonomische Bedeutung der
Konflikte auf dem Balkan mit einzubeziehen und weiterzuverfolgen.

Ein erster Hinweis: Der VIII. Korridor läuft über Skopje in Mazedonien,
einige Kilometer von Kosovo entfernt. Warum redet bloss niemand darüber?
Man hat uns ständig eingeredet,

 dass die Nato-Aktion in Kosovo zwar nicht durch das
internationale
Recht, dafür aber durch unseren Status als Demokratien und unseren
Wunsch,
übergeordneten Idealen - nämlich den Menschenrechten - Respekt zu
verschaffen, legitimiert sei.
 dass die Nato nur deshalb ausserhalb eines Uno-Mandates agiere,
weil im Sicherheitsrat einige Mitglieder eine Entscheidung blockiert
hätten.

In Frankreich hat die Regierung die Verfassung ignoriert (nur die
Nationalversammlung kann einen Krieg erklären), weil es sich nicht um
einen
klassischen Krieg handle. Auch Deutschlands Teilnahme an diesem Krieg
war
ein Verfassungsbruch. Und unsere Medien drucken und senden brav die von
anderen verordnete Litanei von einer neuen, gerechteren Weltordnung, in
der
die Menschenrechte das Primat über das internationale Recht hätten, aus
denen sich das Recht zur Einmischung künftig ableite, legitimiert durch
die
Weisheit der Demokratien und den Fortschritt des Internationalen
Gerichtshofs.

Legitimation der Intervention in Kosovo

Die Legitimation zur Intervention in Kosovo beruhe auf der Position der
westlichen Demokratien im Kampf gegen die Barbarei. Das wird uns
jedenfalls
von Spin-doctors bei der Nato, in Regierungen und Medien erzählt - dies
sei
die einzige Legitimation, die eine Militäraktion ausserhalb des Rahmens
der
Uno habe.
Dafür ist es aber nötig, dass wir Demokratien sind. Und genau das ist
die
Frage. Beruht der Einsatz der Nato auf dem Willen der Völker und auf
deren
Entscheidung? Wie sehr haben unsere Armeen Desinformation und
Manipulation
angewendet, um der demokratischen Kontrolle zu entgehen?
Warum bekämpfen wir den Totalitarismus, wenn wir dabei dieselben
totalitären
Vorgehensweisen benutzen? Lügen, Desinformation, Manipulation der
öffentlichen Meinung sind eindeutig totalitäre Mechanismen, denn wenn
man
die Information des Volkes deformiert, beraubt man es der Möglichkeit,
sich
selbst ein Urteil zu bilden.
Kurz gefragt: Wenn wir in einer Demokratie leben, der wir es erlauben,
uns
mit Informationen zu bombardieren, warum haben wir dann noch nie vom
vierten, achten und zehnten Korridor gehört?
Warum werden uns diese Projekte, die im Zentrum der Politik aller
Balkanländer stehen und die ökonomische Entwicklung Europas direkt
betreffen, verschwiegen?

Wo verlaufen diese Korridore?

Der IV. Korridor verbindet Dresden und Berlin mit Istanbul und passiert
dabei Prag, Bratislava, Gjor, Budapest, Arad, Krajova, Sofia und
Plovdiv.
Verästelungen verbinden den Stamm mit Nürnberg, Wien, Bukarest und
Constanza.
Der VIII. Korridor verläuft vom albanischen Hafen Durres nach Warna
(Bulgarien), und zwar über Tirana, Kaftan, Skopje, Deve Bair, Sofia,
Plovdiv
und Burgas.
Der X. Korridor überquert Salzburg, Ljubljana, Zagreb, Belgrad, Nis,
Skopje,
Veles und Thessaloniki. Verästelungen verbinden Graz, Maribor, Sofia,
Bitola, Florina und Igoumenitza mit dem Hauptast.
Viele dieser strategischen Korridore haben ihren Ursprung im Herzen
Europas:
in Deutschland!

Die Paneuropäischen Netze

Diese drei Korridore sind Bestandteil der Paneuropäischen Netze (PAN),
eines
weit globaleren Projektes, das darauf abzielt, die ehemaligen
sowjetischen
Länder zu entwickeln und sie in die europäische Ökonomie einzubinden.
Angestrebt wird die vollständige ökonomische und territoriale
Integration
Ost-Europas in den europäischen Markt. Die Korridore sind ein Projekt,
das
von der EU anfang der neunziger Jahre aus der Taufe gehoben wurde. Das
Gesamtkonzept der Paneuropäischen Netze, inklusive der paneuropäischen
Transporträume (PETRA) deckt ganz Europa, vom Atlantik bis zum Ural,
sowie
die mit der EU assoziierten Mittelmeeranrainer des Maghreb ab, mithin
einen
Wirtschafts- und Verkehrsraum von insgesamt über einer Milliarde
Menschen.
Bis anhin repräsentiert das Projekt 18000 Strassenkilometer, 20000
Eisenbahnkilometer, 38 Flughäfen, 13 Seehäfen, 49 Flüsse, zahlreiche Öl-
und
Gaspipelines und diverse Kommunikationsleitungen.
Das geschätzte Budget seit Mitte 1999 bis zum Jahr 2010 liegt bei etwa
90
Milliarden Euro. Der Teil für den Balkan allein beträgt zwischen 5 und
10
Milliarden Euro. Hier handelt es sich um untere Schätzwerte: Diese
Entwicklungsprojekte verteilen sich europaweit über zahllose
Subprojekte,
was es schwierig macht, einen Gesamtüberblick zu gewinnen.
Ausserdem beziehen sich diese Zahlen nur auf den Teil, der direkt von
der EU
finanziert wird, ohne Amerika und die Türkei zu berücksichtigen.
Ausserdem
laufen noch einige Finanzierungen aus privaten Fonds. Daher sind die
genannten Beträge wohl eher zu niedrig angesetzt.

USA wollen Kontrolle über VIII. Korridor

Der VIII. Korridor beinhaltet eine Besonderheit: Er wurde ursprünglich
von
der Clinton-Administration im Rahmen des Balkan-Stabilitätspaktes
vorgeschlagen. Die Infrastruktur dieses Korridors soll zu günstigen
Preisen
zur Deregulierung und Privatisierung freigegeben werden. Obwohl
offiziell
als Transportkorridor der EU von deren Verkehrsministern mit Brief und
Siegel versehen, wurden die Machbarkeitsstudien für diesen Korridor von
amerikanischen Firmen durchgeführt, finanziert von der TDA (Trade and
Development Agency). Anders ausgedrückt, die USA haben alles
darangesetzt,
um die Transport- und Kommunikationsinfrastruktur dieser Länder zu
übernehmen. Amerikanische Firmen - inklusive Bechtel, Enron und General
Electrics - konkurrieren mit finanzieller Rückendeckung der US-Regierung
mit
europäischen Firmen. Washingtons Plan ist es, den gesamten achten
Korridor
für die amerikanischen multinationalen Firmen zu öffnen, d.h. den
amerikanischen Multis den ökonomischen Hinterhof Deutschlands, wo noch
die
D-Mark über den US-Dollar dominiert, zugänglich zu machen.

TRACECA: Verbindung Zentralasiens mit dem Kaukasus

Weiter muss ein paneuropäischen Korridoren ähnliches Projekt erwähnt
werden,
diesmal im Kaukasus und Zentralasien, nämlich das Programm TRACECA
(TRAnsport Corridor Europa Caucasus Asia), ebenfalls von kontinentalen
Ausmassen. Seine Bedeutung für die westliche Wirtschaft beruht auf der
Verbindung Zentralasiens mit dem Kaukasus. Eine Schwäche des
TRACECA-Programms soll, wie es 1997 in Helsinki formuliert wurde, die
fehlende Verbindung des westlichen Endes des TRACECA-Korridors am
Schwarzen
Meer mit den europäischen Märkten gewesen sein. Diese Verbindung wird
nun
durch die Korridore vier und acht über den Hafen von Varna hergestellt.

Das Kosovo-Dreieck

So hängen denn die Entwicklungsprojekte der nächsten 25 Jahre für den
Kontinent Europa von der Realisierung der Korridore ab, die durch den
Balkan
verlaufen. Betrachtet man auf der Karte den zentralen Knoten, der von
den
Korridoren VIII., X. und IV. gebildet wird, sieht man ein Dreieck, das
von
Nis, Skopje und Sofia begrenzt wird. Dieses Dreieck liegt mitten in
Kosovo.
Irgendeine Instabilität in Serbien, Albanien oder Mazedonien wäre fatal
für
dieses Projekt, eines der grössten der Menschheitsgeschichte.
Die USA zeigen ein unübersehbares Interesse, diesen strategischen Knoten
der
Transportkorridore im Balkan zu beherrschen. Sie verboten ein Projekt,
dass
durch Serbien verlief, und sie boten Rumänien 100 Millionen Dollar, wenn
sie
die Route der geplanten SEEL-Pipeline (South Eastern European Line)
weiter
nach Norden, also nach Ungarn, verschieben würden. Die italienische
Firma
ENI hatte dieses Pipeline-Projekt unter Verwendung bereits bestehender
Pipeline-Infrastruktur in Slowenien, Kroatien und Serbien geplant. Die
USA
haben den jugoslawischen Teil dieser Infrastruktur mit bemerkenswerter
Hartnäckigkeit bombardiert. Drei Monate nach dem Beginn des Krieges
teilte
der britische General Jackson, Kommandeur der Kfor in Mazedonien und
später
auch in Kosovo, der italienischen Zeitung «Sole 24 Ore» mit: « ... heute
ist
es unbedingt erforderlich, die Stabilität Mazedoniens und seinen
Beitritt
zur Nato zu garantieren. Aber wir werden sicherlich eine lange Zeit
hierbleiben, um die Sicherheit der Energiekorridore, die durch dieses
Land
führen, zu garantieren.»
Die italienische Zeitung meldete ausserdem:
«Es ist klar, dass sich Jackson auf den achten Korridor bezieht. Die
Ost-West-Achse, in der eine Pipeline die Energieressourcen Zentralasiens
vom
Schwarzen Meer zur Adria bringen soll. Dies erklärt auch, warum alle
grossen
und mittleren Mächte bei der Beilegung des Konflikts in Kosovo ein Wort
mitreden möchten.»

Pipelines in den Korridoren VIII und X

Im März 2001 hatte der US-Kongress eine Debatte über den Bau der
AMBO-Ölpipeline vom Schwarzen Meer (Burgas) durch Bulgarien, Mazedonien
und
Albanien nach Vlore. Diese Pipeline würde den amerikanischen Markt
monatlich
mit Rohöl im Wert von 600 Millionen Dollar versorgen. Die Kontrolle über
diese zukünftige Pipeline ist von strategischer Bedeutung und vermutlich
ein
Grund für die amerikanische Intervention in Kosovo.
Die noch nicht vollständig erforschten und festgelegten Ölfelder im
Becken
des Kaspischen Meers sind verschiedenen Analysten zufolge Ursache für
den
gegenwärtigen geopolitischen Konflikt um die hauptsächliche Erklärung
für
die Einmischung der USA und der europäischen Länder nach dem
Zusammenbruch
der ehemaligen Sowjetunion. Man nimmt an, dass am Kaspischen Meer
mindestens
so viele Ölreserven lagern wie am Persischen Golf.
Zwar sind diese Reserven weit weg vom Balkan, aber die Territorien, über
die
das Öl transportiert werden soll, sind es nicht. Wegen des beschränkten
Verkehrs durch den Bosporus haben westliche Strategen verschiedene
mögliche
Pipelinetrassen vorgeschlagen. Zurzeit werden Routen vom Kaspischen Meer
zum
Persischen Golf, von Baku nach Ceyhan und eben die über den Balkan
diskutiert.
Die möglichen Routen für Pipelines über den Balkan verlaufen natürlich
entsprechend den Interessen der zukünftigen Nutzniesser:
1. Variante: Burgas-Alexandrupolis (LukOil zusammen mit Griechenland,
russische Interessen)
2. Variante: Burgas-Vlore (amerikanisches Konsortium AMBO, Halliburton,
amerikanische Interessen)
3. Variante: Constanta-Omisalj-Trieste via Rumänien, Serbien und
Kroatien
(SEEL, italienische Firma ENI, EU-Interessen). Neben Serbien, Kroatien,
Bosnien-Herzegowina und Slowenien würden damit Italien, Österreich,
Deutschland und von dort der Rest Europas mit kaspischem Öl versorgt.

SEEL-Pipeline im Konflikt mit vitalen US-Interessen

Die Route der SEEL-Pipeline über Jugoslawien ist auf Grund ihrer
geographischen Lage bemerkenswert. Einflussreiche amerikanische
Analysten
beharren darauf, dass Jugoslawien in der direkten Nachbarschaft vitaler
amerikanischer Interessengebiete liege, nämlich in der Region des
Schwarzen
und Kaspischen Meeres. Und wo immer vitale amerikanische Interessen im
Spiel
sind, finden sich auch Nato-Truppen, die sie schützen und «Partnerschaft
für
den Frieden»-Truppen, die die harten Einsätze der Nato mit Schmieröl
geschmeidiger machen. Europäische Interessen seien noch grösser, da es
nicht
im Sinne Europas sei, wenn der Schlüssel zu seiner Versorgung in fremden
Händen liege.
Das Projekt SEEL, das von der italienischen Firma ENI vorgeschlagen und
projektiert wurde, läge genau im Transportkorridor von Constanta nach
Trieste. In einer 1. Phase sollte unter Nutzung des existierenden
adriatischen Pipelinesystems eine Pipeline bis Omisalj verlegt werden.
In
einer 2. Phase würde dann die Pipeline von Omisalj mit der Transalpinen
Pipeline in Trieste verbunden.
Nun wurde auf der internationalen Konferenz «Adriatic pipeline - new
perspectives for transport of Caspian oil to the European markets», die
im
Juni 2000 im Rahmen des Inogate-Programms stattfand, genau diese Route
als
profiträchtigste ausgewählt. Die politischen Gründe gegen diese Pipeline
seien mit dem Fall von Milosevics Regime nicht mehr gegeben, und
Kroatien
bestand auch nicht mehr auf einer Umgehung Serbiens via Ungarn.
Am 26./27. Oktober 2000 wurde auf einem Treffen derselben Gruppe in
Brüssel
die Unterstützung der Pipeline via Rumänien, Jugoslawien und Kroatien
zugesagt. Damit verliefe die Pipeline wieder entsprechend dem
ursprünglichen, von ENI ausgearbeiteten Plan.
Am Abschlusstreffen von Inogate wurde von den Öltransportfirmen CONPET,
NIS
Jugopetrol und Adriatic Pipeline ein Memorandum (eine Absichtserklärung
zum
Bau dieser Pipeline) unterzeichnet. Das Projekt fand die Zustimmung der
staatlicher Stellen in Rumänien und Kroatien und sollte bald von
Jugoslawien
ratifiziert werden. Das Projekt hat die Phase der Machbarkeitsstudie
erreicht. Ein Konsortium für den Bau der Pipeline sollte demnächst
gegründet
werden. Die Kapazität dieser Pipeline soll 30 Millionen Tonnen Rohöl
jährlich betragen. Die Hälfte würde an die Transit-Staaten gehen, der
Rest
sei für westeuropäische Kunden bestimmt.

AMBO-Pipeline im achten Korridor

Die AMBO-Pipeline oder Trans-Balkan-Pipeline - wie sie auch genannt wird
-
soll Rohöl vom Hafen Burgas über Bulgarien, Mazedonien und Albanien zum
Adria-Hafen Vlore transportieren. Sie läuft also durch den achten
Korridor.
Die Verhandlungen im Zusammenhang mit dieser Pipeline wurden von
Angehörigen
der US-Regierung ihm Rahmen der South Balkan Development Initiative
(SBDI)
der TDA geführt. Die SBDI soll Albanien, Bulgarien und Mazedonien
helfen,
ihre Transportinfrastruktur entlang des achten Korridors
weiterzuentwickeln.
Es sieht so aus, als ob die EU von der Planung und den Verhandlungen
über
diese Pipeline weitgehend ausgeschlossen war. Das Memorandum of
Understanding (MOU) über die AMBO-Pipeline und den achten Korridor, das
von
Albanien, Bulgarien und Mazedonien unterzeichnet wurde, beraubt diese
Länder
der nationalen Souveränität, da die Exklusivrechte an der AMBO-Pipeline
und
dem achten Korridor an das anglo-amerikanische AMBO-Konsortium vergeben
wurde. Dieses Memorandum hält fest, dass AMBO die einzige Partei ist,
die
die geplante Pipeline von Burgas nach Vlore bauen darf. Es gibt
ausschliesslich der AMBO das Recht, mit Kreditgebern und Investoren zu
verhandeln. Den Regierungen von Albanien, Bulgarien und Mazedonien ist
es
verboten, gewisse vertrauliche Informationen dieses Pipeline-Projektes
zu
veröffentlichen.
Die Arbeiten an den Transportkorridoren haben allgemein bereits
begonnen. So
ist die Finanzierung des VIII. Korridors bereits abgeschlossen. 830
Familien
- hauptsächlich Bauern - wurden in Albanien wegen des achten Korridors
enteignet; angeblich gegen eine grosszügige Entschädigung.
Mit der Wahl des Hafens Vlore als Endpunkt ihrer Pipeline haben die USA
die
volle Kontrolle über die Versorgung der europäischen Länder mit
kaspischen
Öl. Die Analytiker für europäische Angelegenheiten weisen darauf hin,
dass
Griechenland ein EU-Land ist und die USA daher eine Pipeline von Burgas
nach
Thessaloniki nicht kontrollieren können. Durch die Erzeugung eines
Krisenherdes in Kosovo kontrolliere die USA Albanien und damit auch die
geplante AMBO-Pipeline.
Berücksichtigt man weiter, dass die USA bereits die Erdölproduktion im
Irak
und im Persischen Golf kontrollieren und damit zumindest potentiell auch
die
Versorgung aus dem kaspischen Bassin, dann wäre Europa bei der
Versorgung
mit Öl weitgehend von den USA abhängig, wenn wir Russland einmal aus dem
Spiel lassen.

ENDE

aus: KONKRET, September 2001


Jürgen Elsässer (J.Elsasser@...)

Genua und Skopje

Was tun gegen den Imperialismus, der jetzt
Globalisierung genannt wird? Eine
kleine Polemik zur Generallinie





Noch vor zwanzig Jahren hätte man das für
Science-fiction oder
kommunistische Propaganda gehalten, eine
Mischung aus Faßbinders "Mord im 31. Stock" und
Schnitzlers Schwarzem Kanal - doch plötzlich
ist der Trash Wirklichkeit
geworden: Auf Luxusjachten tagen die
Herren der Welt, eingeladen von einem
Medientycoon, angeführt von einem texanischen
Killer, angefeuert von einer deutschen
Bulldogge. Die Stadt unter Kriegsrecht,
die Demokratie suspendiert, die
Bevölkerung wie wilde Tiere mit meterhohen
Käfigen ausgesperrt. Die Soldateska
hetzt die Demonstranten durch die Straßen,
knochenbrechend, schießend, mordend.
Genua 2001 war, wenigstens für zwei Nächte,
Santiago de Chile 1973 - die
Schreie, die Folter, die Verschwundenen.
Wie schnell das gehen kann.

Daß die 300.000 Demonstranten in Genua
den 800.000 Ravern auf der Berliner
Love-Parade die Schau gestohlen haben,
daß sie also hinter der Maske der
infantilen Spaßgesellschaft wieder die
alte Fratze des Kapitalismus sichtbar
gemacht haben, ist ihr bleibendes Verdienst.
Doch es könnte noch mehr daraus
werden, sollte das "Spiegel"-Gespräch mit
drei deutschen Protagonisten der
Bewegung repräsentativ sein - mindestens
zwei davon machen nämlich einen ganz
vernünftigen Eindruck. Eine gerade 30jährige
Frau wirbt für eine Gruppe mit dem
sympathischen Namen "Linksruck" - nur
Rifondazione Comunista klingt noch schöner
- und läßt es sich nicht nehmen, für
"Marx und Engels, Rosa Luxemburg und
Clara Zetkin, Lenin und auch Trotzki"
einzutreten. Und ein Koordinator des
deutschen Ablegers von Attac berichtet
Bemerkenswertes über seine Politisierung:
"Ich selbst komme aus der Umweltbewegung,
und da habe ich erlebt, wie wir in
den entscheidenden Punkten nichts erreicht
haben. Der Himmel über dem
Ruhrgebiet ist zwar wieder blau, aber
der Regenwald wird abgeholzt. Am Ende
entscheidet über alles die Wirtschaft."

Am Ende entscheidet über alles die Wirtschaft
- da hat jemand die einfache
Wahrheit wieder freigelegt, die in den
letzten 30 Jahren von der Neuen Linken
verschüttet worden ist: Es gibt einen
Hauptwiderspruch, und wenn wir den
nicht anpacken, können wir die ganzen
anderen schönen Projekte, die wir sonst
noch auf dem Zettel haben, abschreiben,
egal ob es um Frauenemanzipation,
Ökologie oder sexuelle Befreiung geht.
Der Einwand ist geschenkt, daß es sich bei
Attac (und möglicherweise auch bei Linksruck)
nicht um eine revolutionäre,
sondern um eine reformistische Organisation
handelt. Es geht hier nämlich nicht
um Politikformen oder um das Staatsverständnis,
sondern um die Rehabilitierung eines basalen
philosophischen Prinzips, ohne das keine
Revolution, und mag sie ansonsten noch so radikal
proklamiert werden, vorstellbar ist: Das Sein
bestimmt das Bewußtsein beziehungsweise: It's the
economy, stupid!

Triple depression

Kein Wunder, daß die Schiffbrüchigen der
Neuen Linken mit der ungewohnten
Politisierung wenig anfangen können und
Konfusion in die Bewegung tragen.
Verbissen und verschwurbelt verteidigt
der "Gipfelsturm" - eine überregionale
Genua-Mobilisierungszeitung der autonomen
Szene - das eigene Brett vor dem Kopf:
"Ende der siebziger Jahre formte sich
eine Theorie, wo nicht nur der
Kapitalismus als einzig gültiger, alles
bedingender 'Hauptwiderspruch', sondern drei
von einander unabhängige und sich doch
aufeinander beziehende
Unterdrückungsverhältnisse: Kapitalismus,
Rassismus und Patriarchat gesehen wurden.
Mittlerweile gehört die 'Triple
Oppression'-Theorie in großen Teilen der
Bewegung hierzulande zu einer Art 'Grundkonsens'."
Die Inkonsistenz dieses Ansatzes wird
nur wenige Absätze später deutlich - selbst
die letzten Reste von Grammatik
müssen dafür geopfert werden: "... für
viele Menschen ist es nicht verständlich,
wieso nicht auch weitere Herrschaftsformen,
die sie als relevant betrachten, in dieses Modell
mit einbezogen werden sollen. Je nachdem, mit
welchen Widersprüchen mensch sich beschäftigt
hat, von ihnen selber betroffen ist, oder
es einfach für notwendig gehalten wird,
sie mit einzubeziehen, werden dann
auf Formen wie Unterdrückung aufgrund
des Alters (Ageism), Unterdrückung von
Tieren (Speziesismus), Unterdrückung von
sogenannten Behinderten etc. in die
eigene Analyse und Kritik miteinbezogen."
Hat man auf diese Weise erst einmal
die Feinde multipliziert - neben den
Kapitalisten geht es nun auch gegen
Rassisten, Sexisten, Ageisten, Kinderschänder
und andere Heterosexuelle,
Fleischfresser und Raucher - und sich
so in eine aussichtslose Position manövriert,
empfiehlt sich der Rückzug auf sicheres
Terrain: in die eigene Psyche: "Der
Feind steht auch in uns selbst", heißt
es in dem autonomen Kampfblatt weiter.
"Ich will damit verdeutlichen, daß (es,
J.E.) eben nicht ausreicht, unseren
Kampf gegen Projekte der Herrschenden zu
führen ..., nein, wir müssen auch quasi
mit uns selbst kämpfen." Erfahrungsgemäß
endet das in der Selbsterfahrungsgruppe,
in der Psychiatrie oder im Suizid.

Nur um weniges intelligenter sind die
Kritteleien in einem wöchentlichen
Kreuzberger Theorieorgan. "Hier wird der
hochkomplexe und abstrakte
kapitalistische Vergesellschaftungszusammenhang
auf einfache dichotome Gegensätze
reduziert, verdinglicht und personalisiert",
wirft man der neuen Bewegung vor. Was
das heißt? "Deshalb muß eine adäquate
linke Kritik am Phänomen der
Globalisierung von einer Totalität des
kapitalistischen Vergesellschaftungszusammenhanges
ausgehen." Jetzt wissen wir's: Haltet
Einkehr in der Kirche der Heiligen
Dreifaltigkeit, meditiert über den
Schriften von Adorno, Horkheimer und
Postone, singet laut und lauter "Deleuze
uns von dem Übel" und wartet frohgemut, bis
das Himmelreich zu Euch kommt. Man kann
nur hoffen, daß diese byzantinische
Liturgie bei den Kids, die jetzt auf
die Straße gehen, keine Verbreitung
findet. Ansonsten bestünde nämlich die
Gefahr, daß eine Schwachstelle der neuen
Bewegung nicht korrigiert, sondern verstärkt
wird: Daß sie zu sehr von einem
"hochkomplexen und abstrakten kapitalistischen
Vergesellschaftszusammenhang"
redet und diesen Zusammenhang zu selten
"reduziert, verdinglicht und personalisiert".

Ein Beispiel für dieses Defizit: Drei
Tage nach Genua fand die Randale gegen
die G8 nur 500 Kilometer entfernt ihre
Fortsetzung - und Attac und Linksruck
haben es vermutlich gar nicht gemerkt.
Am 25. Juli stürmten mehrere tausend
Demonstranten in der mazedonischen
Hauptstadt Skopje die Filialen der
westlichen Großmächte. Die deutsche
Botschaft wurde mit einem Steinhagel
eingedeckt und sauber entglast, anschließend
McDonalds verwüstet, und der amerikanischen
Botschaft blieb ähnliches nur dank
eines höheren Absperrgitters und
Panzerglas erspart. Ersatzweise wurden
sämtliche Fahrzeuge der OSZE in Brand gesetzt.
Die Wut hatte sich an der Mitteilung des
mazedonischen Verteidigungsministeriums
entzündet, wonach zwei Kfor-Hubschrauber eine
Ladung unbekannten Inhalts
zu UCK-Stellungen gebracht hatten -
man vermutete Waffennachschub.

Wahrscheinlich würden die meisten
Globalisierungsgegner Genua und Skopje
nicht in einem Atemzug zu nennen, doch
das liegt an einem blinden Fleck in ihrer
Analyse. Für sie ist Globalisierung im
wesentlichen der weltweite Angriff
der Finanzmärkte, also ein ökonomischer
Vorgang. Völlig unterbelichtet ist, daß
sich die ökonomische Veränderung nicht
im Selbstlauf vollzieht, sondern mit
Gewalt, immer häufiger mit direkter
militärischer Gewalt, durchgesetzt wird.
Schlimmer noch: Wer das zum Thema macht,
wird als Verschwörungstheoretiker
abgetan. So bezeichnet Bernhard Schmid
in seinem Beitrag "Falsche Freunde"
(KONKRET 8/01) die Europäisierung - den
vielleicht wichtigsten Teil der
Globalisierung - euphemistisch als
"Übertragung einiger Bestandteile politischer
Souveränität und Regulierungsmacht auf andere
... Ebenen". Dies sei ein
"objektiver Prozeß", dem sich nur einige
Verrückte entgegenstemmen, die ihn "als
Ergebnis einer von außen gesteuerten
Verschwörung uminterpretieren".

Was anderes als eine "von außen gesteuerte
Verschwörung" war denn der
Angriff der Nato-Staaten auf Jugoslawien?
Hat die Uno zugestimmt? Wurde die
Bevölkerung in den westlichen Staaten befragt?
Wurde wenigstens den Parlamenten die
Möglichkeit zur Beschlußfassung gegeben?
Ein Kriegskabinett aus vier Leuten -
Clinton, Albright, Schröder und Fischer -
entschied während der Rambouillet-Konferenz
über den Angriff auf Jugoslawien - selbst Blair
und Jospin zögerten. Die zwei wesentlichen
Propagandalügen zur Täuschung der Öffentlichkeit -
Racak und der "Hufeisenplan" - waren
klassische Geheimdienstoperationen. Das
hätte Thema in Genua sein müssen: Daß
Globalisierung mit Notwendigkeit Krieg
bedeutet, daß beispielsweise Jugoslawien
nur durch zehnjährige Militärblockade
und elfwöchiges Luftbombardement für
die westlichen Konzerne und Banken
geöffnet werden konnte. Bis zum Oktober
2000 war die industrielle Basis des Landes
in Staats- oder Belegschaftsbesitz,
ausländische Beteiligung war nur bis zu
49 Prozent möglich und auch das nur mit
Zustimmung der Arbeiter. Die erste
Maßnahme der neuen Regierung war ein
Privatisierungsgesetz, erst dadurch - und
nicht durch die "invisible hand" der
Ökonomie - ist der freie Kapitalverkehr
mit dem Westen möglich geworden. Jetzt
will die Deutsche Bahn das
Eisenbahnnetz und die Bahnhöfe, Ron
Sommer die serbische Telekom, VW ist an Zastava
interessiert, IWF und Weltbank würgen
das Land mit Knebelkrediten.

Globalisierung in Mazedonien

Auch das kleine Nachbarland wurde 1999
sturmreif geschossen. "Die frühere
jugoslawische Teilrepublik Mazedonien
leidet wie kein anderer Nachbarstaat der
BR Jugoslawien an den Folgen des Kosovokrieges:
aufgrund seiner Eskalation
verlor Mazedonien mit Jugoslawien seinen
wichtigsten Handelspartner und
zugleich seine Hauptexportroute nach
Mittel- und Westeuropa. Darunter litten nicht
nur die Absatzmärkte, auch die
Einfuhren wurden erschwert und verteuerten
sich. Die Folgen waren der Einbruch des
Außenhandels sowie das Versiegen
wichtiger Rohstoffquellen", heißt es in
einer Studie der Bankgesellschaft Berlin. Die
vom Krieg erzeugte Wirtschaftskrise wird
nun vom Westen genutzt, um sich die
Reichtümer des Landes unter den Nagel
zu reißen. Zwar werden - anders als in
Jugoslawien - bestimmte Wirtschaftssektoren
schon seit Jahren von Deutschland kontrolliert:
Es ist der wichtigste Handelspartner
(Import/Export-Anteil 17 Prozent), über eine
österreichische Partnerbank Mehrheitseigner der größten
Bank (die ihrerseits ein Drittel aller
Finanztransaktionen abwickelt), der
Dinar ist an die Mark gekoppelt. Aber den
industriellen Kernbereich haben die
Mazedonier bisher einigermaßen
abschotten können. Die früheren Staatsbetriebe
wurden zwar privatisiert, aber bevorzugt
und zu recht günstigen Preisen an
ihre Beschäftigen und Manager abgegeben -
eine "reine Insider-Privatisierung",
klagt das Bundeswirtschaftsministerium.
Folglich blieb die ausländische
Teilnahme an der Privatisierung "weit
hinter den Erwartungen zurück" - und es
waren ausgerechnet die Griechen, die
bekanntlich der Nato-Balkanpolitik nicht
besonders wohlwollend gegenüberstehen,
die bis 1999 mit Aufkäufen in Höhe von
2,5 Milliarden Dollar an der Spitze der
Auslandsinvestoren lagen (Deutschland:
1,1 Milliarden) und unter anderem die
staatliche Ölraffinerie OKTA erwarben.

Nach dem Krieg gab die mazedonische
Regierung den westlichen Interessen nach
und erarbeitete ein radikaleres
Privatisierungsprogramm. "Die Stoßrichtung
scheint klar: Die Insider-Dominanz soll
durchbrochen werden, wenigstens für
künftige Privatisierungen", freut sich
das Bundeswirtschaftsministerium. Im
Januar 2001 wechselte ein Filetstück der
Zukunftstechnologie den Besitzer: Die
Aktienmehrheit der mazedonischen
Telekom ging an die ungarische Matav, die
ihrerseits mehrheitlich der Deutschen
Telekom gehört.

Mit der Offensive der UCK hat sich in der
bürgerlichen Regierung Mazedoniens
Panik ausgebreitet. Da der Westen dem Land
die Selbstverteidigung geradezu
verbietet - Ende Juli reiste Bushs
Sicherheitsberaterin Condoleezza Rice in
die Ukraine, Skopjes wichtigsten
Waffenlieferanten, um weitere Unterstützung
zu unterbinden - wächst der Einfluß derer,
die die Kapitulation vor der UCK für
unabwendbar halten und das Beste daraus
machen wollen - für sich selbst:
Unter der Devise "nach uns die Sinflut"
verhökern sie alles, was nicht niet- und
nagelfest ist. "In nicht weniger als vier
Monaten haben die Agentur für
Privatisierung und die Behinderten- und
Rentenversicherung Aktien von 37
Unternehmen zum Discount verkauft",
berichtete die Nachrichtenagentur Aimpress im Mai
2001. "Dafür bekamen sie gerade elf Millionen
Mark - genau den Betrag, den
Verteidigungsminister Ljuben Paukovski
persönlich auf den Konten seiner
Verwandten deponierte, und das auf dem
Höhepunkt des albanischen Aufstandes
... Das außergewöhnlich profitable Messegelände
in Skopje wurde für gerade sechs
Millionen Mark verkauft, die gut erhaltene
und renommierte Ohrid Tourist für
288.000 DM - sie ist das Zehnfache
wert." In diesem Zusammenhang ist
erwähnenswert, daß Paukovski neben
Präsident Trajkovski zu den Tauben im
mazedonischen Regierungsestablishment gehören,
die - im Unterschied zu den Falken um Premier
Ljubco Georgievski - zu weitgehenden
Zugeständnissen an die albanischen
Rebellen bereit sind.

So befördert der Krieg der UCK die
Privatisierung, und der auf seiner
Grundlage von Nato und EU oktroierte
"Frieden" wird das Werk vollenden:
Wesentlicher Teil des Vetragspakets,
das EU-Unterhändler Javier Solana und sein
US-amerikanischer Kollege James Pardew
in den letzten Wochen bei den Verhandlungen in
Ohrid unterbreiteten, ist eine weitgehende
Dezentralisierung des Landes.
Lokale Selbstverwaltungsorgane sollen
neben juristischen und polizeilichen auch
zusätzliche wirtschaftliche Kompetenzen
erhalten - zum Beispiel die Kontrolle
über die auf ihrem Gebiet liegenden
staatlichen Unternehmen (über die bisher
die Regierung in Skopje verfügt). Da die
Albaner mehrheitlich nicht in
diesen Unternehmen, sondern in Klein- und
Familienbetrieben arbeiten, ist zu
erwarten, daß sich in den künftig von
ihnen regierten Landesteilen der Ausverkauf
der Staatsindustrie beschleunigen wird.


No border, no nation?

Wie blind ein Teil der Globalisierungsgegner
- vor allem der von der autonomen Szene beeinflußte
- für diese Zusammenhänge ist, beweist die zentrale
Losung des antirassistischen Grenzcamps
in Frankfurt/M. Anfang August: "No
border, no nation". Genau die Ziele,
die die Nato-Staaten mit ihrem Krieg gegen
Jugoslawien und mit der von ihnen
unterstützten UCK-Aggression gegen Mazedonien
verfolgten, nämlich die Öffnung der
Grenzen und die Zerstörung der
Staatssouveränität zugunsten ungehinderter
Kapitalinfiltration - vulgo: zur
Durchsetzung der Globalisierung - werden
auf diese Weise Teil eines angeblich
fortschrittlichen Programms. Nicht einmal
der Hinweis, die Losung solle nicht dem
Kapital, sondern den Flüchtlingen den
Weg ebnen, mag überzeugen. Zwar ist das für
Deutschland und andere Schurkenstaaten
durchaus gerechtfertigt, doch will man
dieses Prinzip im Ernst weltweit und
auch auf dem Balkan predigen? Dort wäre
doch das Gegenteil wichtig, daß nämlich
die Grenze zwischen Kosovo und
Mazedonien endlich abgeschottet wird,
und auch die Athener Behörden tun gut daran,
von den angeblichen Flüchtlingen aus
Albanien lieber einen zuviel als einen
zuwenig zurückzuschicken - nur zu oft
sind darunter Terroristen der UCK, die
bereits Aktionen in Griechenland angekündigt
hat.

Wie will man das entfesselte Kapital der
Großmächte daran hindern, einen
Staat nach dem anderen mit ökonomischen
und schließlich militärischem Terror
kaputtzumachen und dann dessen Filetstücke
zu vertilgen? Müßte es nicht darum
gehen, die Zusammenarbeit mit den
Nationalisten - besser: Souveränisten - der
bedrohten Staaten zu suchen, zumindest
mit den Antikapitalisten unter ihnen?
Wie hilfreich deren Agieren für uns in
den Metropolen ist, zeigt nicht zuletzt
die geschilderte Randale in Skopje Ende
Juli: Hatte Deutschland zuvor noch
mächtig Stimmung für einen "robusten"
Nato-Einsatz gemacht (vgl. KONKRET
8/01), so fuhr den Verantwortlichen mit
jener Nacht der Schrecken in die Glieder.
"Vorsicht vor Mazedonien", kommentierte
"Bild" tags darauf, und Scharping
meinte auf die Frage nach einer möglichen
Nato-Intervention: "Die Lage hat sich
in den letzten Stunden eher verschlechtert
als verbessert." In der Folge
kündigten die CDU/CSU-Fraktion und zuletzt
mehr als 30 Abgeordnete der
Regierungskoalition ihr Veto gegen die
Entsendung von Bundeswehrtruppen an.

Ein Bündnis mit den vom Imperialismus
Unterjochten hat auch Lenin
vorgeschlagen, mit der Propagierung des
"Selbstbestimmungsrechts der Völker" wollte er
kommunistische und antikoloniale Bewegungen
verbinden. Über die gefährliche
Doppeldeutigkeit dieser Losung ist bereits
viel geschrieben worden (vg.
KONKRET 12/99), und heute wird sie unter
anderem von der UCK zur Legitimation ihres
Terrors benutzt. Deshalb führt an einer
Schärfung und Aktualisierung des
Leninschen Ansatzes kein Weg vorbei. Wie
wär's mit "Proletarier aller Länder und
bedrohte Staaten - vereinigt Euch!"
als Grundlage für eine neue
Internationale? Vielleicht könnte man sogar
einen chinesischen Ladenhüter entstauben und
vom Kopf auf die Füße stellen, die "weltweite
Einheitsfront gegen die beiden
Supermächte" - im aktuellen Fall wären
damit die USA und Deutschland gemeint.

Natürlich blieben dann immer noch
viele brisante Fragen offen, etwa welche
der beiden Supermächte in welcher
Region gefährlicher ist und ob
beispielsweise Israel eher zu den
Protagonisten oder zu den Opfern der neuen
Weltordnung gehört. Aber auf der Basis
einer soliden strategischen Analyse könnte man
darüber konstruktiver streiten als bisher.



Jürgen Elsässer schrieb in KONKRET 8/2001 über die Entführung Milosevics
nach Den Haag

Artikel http://www.jungewelt.de/2001/09-15/011.shtml
Startseite junge Welt Ausland
15.09.2001

Volksaufstand der Jugoslawen

Vor 60 Jahren: Hitler gab der Wehrmacht freie Hand. Von Martin
Seckendorf


Nachdem die deutsche Wehrmacht am 6. April 1941 ohne Kriegserklärung
in Jugoslawien eingefallen war, wurde Jugoslawien in zehn Teile
zerschlagen. Das damals größte Balkanland sollte, wie Hitler am 27.
März 1941 erklärte, »als Staatengebilde ... mit unerbittlicher Härte«
für immer vernichtet werden.

Die deutschen Okkupanten und ihre Vasallen aus Bulgarien, Italien und
Ungarn gingen sofort daran, die Teilgebiete bevölkerungspolitisch »neu
zu ordnen«. Gewaltige Deportationswellen und große Mordaktionen
setzten ein. Von den »ethnischen Säuberungen« waren vor allem Slowenen
und Serben betroffen. Ihnen drohte, wie die Nazis ganz offen
verkündeten, der »Volkstod«. Am 9. April 1941 erklärte das
Reichsinnenministerium alle 755 000 Slowenen in ihrem Heimatgebiet zu
Staatsfeinden, die zu »verschwinden« hätten. Ähnlich erging es den
Serben, besonders in Kroatien sowie in den von Ungarn und Bulgarien
besetzten Gebieten. In einem Bericht deutscher Behörden vom 17.
Februar 1942 an die Regierung in Berlin heißt es, daß bis zum Herbst
1941 in Kroatien »etwa 300 000 Serben, insbesondere wehrlose Greise,
Frauen und Kinder in der bestialischsten Weise ... mit den
sadistischsten Methoden zu Tode gequält« worden seien. Hunderttausende
Serben wurden ohne alle Habe und Nahrungsmittel in das unter deutscher
Militärverwaltung stehende »altserbische Gebiet« getrieben. Hinzu
kamen Hungersnöte als Folge einer mit dem Einmarsch deutscher Truppen
in großem Umfang einsetzenden ökonomischen Ausbeutung.

Gegen Widerstand ging die Wehrmacht vom ersten Tag des Überfalls an
mit ungeheurer Brutalität vor. Als zwei SS- Leute erschossen wurden -
noch vor der Kapitulation der königlich-jugoslawischen Armee -
begannen die berüchtigten Vergeltungsaktionen. In Pancewo, nordöstlich
von Belgrad, wurden 18 »Kommunisten und Serben« erhängt und 18 weitere
an der Friedhofsmauer erschossen. Die Leichen blieben drei Tage
liegen.

Die etwa 8 000 Mitglieder zählende Kommunistische Partei Jugoslawiens
unter Führung von Josip Broz, genannt Tito, hatte sich am 10. April
1941 darauf verständigt, einen Aufstand vorzubereiten. Waffen wurden
gesammelt, militärische Einheiten aufgestellt und auf allen
Parteiebenen Militärkomitees gebildet. Seit dem 4. Juli 1941 rief die
Partei alle Jugoslawen zum bewaffneten Aufstand gegen die Okkupanten
und ihre jugoslawischen Helfer auf. Sie verwies darauf, daß der
Aufstand ein Akt der Notwehr ist, um der durch Ausbeutung, Terror und
»ethnische Säuberungen« entstandenen existentiellen Bedrohung der
Völker Jugoslawiens zu begegnen.

Der Zeitpunkt war klug gewählt, die militärpolitische Lage für den
Aufstand günstig: Im Juni 1941 wurde die kampfstarke 2. deutsche Armee
aus Jugoslawien zum Überfall auf die Sowjetunion abgezogen. An ihre
Stelle traten vier Divisionen, die nur die Hälfte der
Mannschaftsstärke einer normalen Division hatten, wenig motorisiert
waren und kaum über Panzer verfügten. Ein Reserve-Polizei-Bataillon
und bewaffnete Einheiten der deutschen Minderheit kamen hinzu. Der
Aufbau militärischer Formationen der Kollaborateure hatte gerade
begonnen. Der deutsche Überfall auf die Sowjetunion förderte nicht nur
bei Kommunisten aller Nationalitäten, sondern auch in breiten Kreisen
der slawischen Völker Jugoslawiens die Bereitschaft zum Widerstand.

Der Aufstand breitete sich wie ein Flächenbrand über das ganze Land
aus. Im September kontrollierten die Partisanen fast zwei Drittel
Jugoslawiens. Große befreite Gebiete entstanden vor allem in Serbien.
Von besonderem Gewicht war die Befreiung der beiden Städte Uzice und
Cazak mit bedeutenden Waffenfabriken. Allein die Fabrik in Uzice
lieferte in den zwei Monaten ihrer Produktion für die Partisanen mehr
als 21 000 Gewehre. Im September 1941 war die deutsche Herrschaft nur
noch auf wenige Städte beschränkt.

Der Erfolg der Partisanen erklärt sich aus ihrem multinationalen
Konzept. Die Kommunistische Partei wandte sich an alle Jugoslawen,
unabhängig von Religion, Nationalität und politischer Überzeugung. Sie
propagierte für die Zeit nach dem Sieg die Vision eines neuen
Jugoslawien. Alle Völker sollten in einer multiethnischen, föderalen
Republik gleichberechtigt sein. Die Monarchie als Symbol und
Instrument des zerstörerischen großserbischen Chauvinismus sollte
abgeschafft werden. Die schreiend ungerechten sozialen Zustände, die
die nationale Zwietracht begünstigten, wollte man verändern.

Als der Masseneinfluß der Kommunisten unübersehbar wurde, beteiligten
sich die bürgerlich-nationalistischen Kräfte, organisiert in den
traditionellen Wehrscharen (Cetniks), zusammen mit Resten der
königlichen Armee am Aufstand. Unter ihrem Führer Mihailovic kam es
vereinzelt zu gemeinsamen Aktionen mit den Tito-Partisanen. Die Führer
der Mihailovic-Bewegung wollten das alte Jugoslawien wieder
herstellen, in dem der König und großserbisch orientierte Kräfte
herrschten. Die meisten Cetnik-Führer waren Antikommunisten.
Spätestens seit August 1941 gingen sie den Weg des Verrats und
kämpften gegen die Partisanen - häufig mit deutschen Waffen und unter
deutscher Führung. Viele einfache Cetniks und Unterführer gingen
daraufhin auf die Seite Titos über. Die Kollaboration der
Mihailovic-Cetniks mit den Deutschen entschied die großen Schlachten
des November 1941 und ermöglichte die Wiederaufrichtung der deutschen
Herrschaft in Serbien bis 1945.

Die Deutschen reagierten auf die Unruhen zunächst mit verschärftem
Polizeiterror. Bis Ende August wurden über 1 000 Menschen erschossen.
Im September 1941 wurde der Führung in Berlin bewußt, daß, wollte sie
die Herrschaft auf dem Balkan behalten, Jugoslawien ein zweites Mal
militärisch erobert werden mußte. Wie bei der ersten Eroberung im
April erging - nun am 16. September - eine Grundsatzweisung Hitlers.
(Weisung Nr. 31a.) Kampfstarke Divisionen und Luftstreitkräfte wurden
herangeführt. Die Wehrmacht erhielt die gesamte politische und
militärische Gewalt. Da die Partisanen auch mit den Verstärkungen
nicht zu besiegen waren, wurde ein Vernichtungskrieg gegen die
Zivilbevölkerung befohlen. Richtschnur war, für jeden im Kampf mit den
Partisanen gefallenen Deutschen 100 Zivilisten und für jeden
verwundeten Deutschen 50 Zivilisten zu töten. Um die Abschreckung zu
erhöhen, sollte die Hinrichtung auf besonders grausame Weise erfolgen.
In den Kampfanweisungen wurde gefordert, abschreckende Beispiele zu
schaffen, die »die gesamte Bevölkerung auf das schwerste treffen«.
Grauenvolle Massenmorde folgten.

Eines der furchtbarsten Verbrechen verübte die Wehrmacht in
Kragujevac. Nach einem Bericht der 704. Infanteriedivision vom 27.
Oktober wurden 2846 »Kommunisten, Juden und Serben«, darunter die
komplette Oberstufe des Gymnasiums samt Lehrer, erschossen. In der
Stadt dauerte die Hinrichtung mit Maschinengewehren sieben Stunden; in
den Dörfern benutzte man Strick und »Handwaffe«. Bis zum Jahresende
1941 fielen dem Vernichtungskrieg der Wehrmacht allein in Serbien
mindesten 50 000 Zivilisten, darunter alle männlichen Roma und Juden,
zum Opfer.

Der Vernichtungsfeldzug in Serbien brachte den Deutschen nur
vorübergehend Entlastung. In anderen Gebieten, vor allem in Kroatien
und Montenegro, erhielt die Befreiungsbewegung neuen Zulauf. Die
Volksbefreiungsarmee, wie sich die Tito-Partisanen bald nannten, wurde
zur größten europäischen Partisanenarmee im Zweiten Weltkrieg.

Artikel per Mail versenden

© junge Welt

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Chirac kein Kriegsverbrecher mehr

BELGRAD, 12. September 2001. Der Fahndungsbrief der
Polizei in Serbien nach Jacques Chirac und den Chefs
anderer NATO-Staaten wurde außer Kraft gesetzt, sagte
gestern der Polizeisprecher Sreten Lukic. Somit steht
einem Besuch Chiracs in Jugoslawien am 14. und 15.
September nichts mehr im Wege.

Am 21. September 2000 wurden 14 Staats- und
Regierungschefs der NATO-Länder wegen Verbrechen gegen
die Menschlichkeit und das internationale Recht vom
Kreisgericht in Belgrad schuldig gesprochen.

TANJUG

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Milosevics Frau wirft Westen Blutbad auf dem Balkan vor

London (Reuters)
Freitag 7. September 2001, 06:18 Uhr
http://de.news.yahoo.com/010907/71/1xjnm.html

London (Reuters) - Die Ehefrau des wegen Kriegsverbrechen
angeklagten jugoslawischen Ex-Präsidenten Slobodan
Milosevic hat dem Westen ein Blutbad auf dem Balkan
vorgeworfen. "Das Blutbad auf dem Balkan war das Ergebnis
einer Politik, die von außerhalb Jugoslawiens mit dem Ziel
betrieben wurde, Jugoslawien zu zerstören und auszulöschen",
sagte Mira Markovic am Freitag in einem Interview des
britischen Rundfunksenders BBC. Ihr Mann sei dafür nicht
verantwortlich. Milosevic muss sich vor dem
UNO-Kriegsverbrechertribunal in Den Haag wegen
Verbrechen gegen die Menschlichkeit im Kosovo-Krieg 1999 verantworten.

"Jugoslawien hat aufgehört zu existieren", sagte
Markovic weiter. "Es verschwand in einem
Blutbad. Den Verdienst für diese Ereignisse
in Jugoslawien haben die Zentren der
politischen und wirtschaftlichen Macht
vor allem im Westen, die das Land zerstören
wollten." Ihren Mann nannte Markovic "die
Verkörperung des Kampfes um Wahrheit,
Gerechtigkeit und Freiheit für alle".
Die BBC will das vorab aufgezeichnete Gespräch mit
Markovic am Montagabend ausstrahlen.

Das UNO-Tribunal wirft Milosevic vor, für den Tod
von mehr als 900 Albanern und die Vertreibung von mehr als 740.000
Zivilisten
in der mehrheitlich von Albanern bewohnten südserbischen Provinz Kosovo
verantwortlich zu sein. Die Chefanklägerin des Tribunals, Carla del
Ponte, hat angekündigt, Milosevic auch wegen Völkermordes im
Bosnien-Krieg 1992 bis 1995 anklagen zu wollen. Der Prozess gegen
Milosevic soll im kommenden Jahr beginnen. Das Tribunal war 1993 von den
Vereinten Nationen (UNO) zur juristischen Aufarbeitung der Kriege
geschaffen worden, die nach dem Zerfall Jugoslawiens geführt wurden.

Siehe auch die Mailinglist KAROVIER !
http://groups.yahoo.com/group/karovier


=====================================================JOeSB: http://www.vorstadtzentrum.net/joesb/
====
Das TARGET Nummer 7 ist erschienen!

Klick unsere Homepage an:
> http://www.vorstadtzentrum.net/joesb/!

Ein Krieg, der nie zu Ende gehen wird -
die �kologische Katastrophe in Jugoslawien
http://www.vorstadtzentrum.net/cgi-bin/joesb/news/
viewnews.cgi?category=5&id�9624877

Moslemf�hrer auf Seiten der Serben -
Prozess gegen Fikret Abdic
http://www.vorstadtzentrum.net/cgi-bin/joesb/news/
viewnews.cgi?category=5&id�9626208

Weg mit dem Haager Tribunal
http://www.vorstadtzentrum.net/cgi-bin/joesb/news/
viewnews.cgi?category=5&id�9624677

Demonstration gegn die Auslieferung Milosevic
nach Den Haag in Wien
http://www.vorstadtzentrum.net/cgi-bin/joesb/news/
viewnews.cgi?category=5&id�9624602

Wo sind die Leichen?
http://www.vorstadtzentrum.net/cgi-bin/joesb/news/
viewnews.cgi?category=5&id�9624403

Tag f�r Tag - Terror
http://www.vorstadtzentrum.net/cgi-bin/joesb/news/
viewnews.cgi?category=5&id�9624488

Jugoslawisch �sterreichische Solidarit�tsbewegung J�SB
PF 217 A-1040 Wien Tel&Fax: (+43 1) 924 31 61
joesb@...
http://www.vorstadtzentrum.net/joesb

---

Subject: Terroranschl�ge: New York, Bujanovac, Skopje
Date: Sat, 15 Sep 2001 16:17:55 +0200
From: joesb@...
Organization: JOeSB Aktuell

In der Nacht zum Freitag er�ffneten albanische
UCK-Terroristen zwei Mal Feuer auf Polizisten im Dorf
Breznica beim s�dserbischen Bujanovac. Die Sch�sse
kamen aus dem Dorf Kacarevo in der Gemeinde Kosovska
Kamenica, das sich in der von der NATO faktisch besetzten
s�dserbischen Provinz Kosovo und Metochien
befindet. In der Nacht zum Dienstag er�ffneten
albanische Terroristen Feuer auf die Grenzeinheiten der
mazedonischen Armee beim Dorf Gosinci im Nordabschnitt
der mazedonisch-albanischen Grenze. Auch D�rfer
Ratare und Zilce bei Tetovo, in denen mehrere hundert
vertriebene mazedonische Christen Zuflucht vor den
albanischen Banditen fanden, wurden von den
Terroristen beschossen.
Als "Reaktion" auf diese Zust�nde in Mazedonien
bereiten Rechtsexperten einen Gesetzesentwurf vor, nach
dem albanische Terroristen in Mazedonien amnestiert
werden sollen. Die prowestliche mazedonische Regierung gibt
damit in noch einem Punkt Forderungen der NATO nach.
W�hrend die Vereingten Staaten die NATO, ja die
ganze Welt zum Kampf gegen den internationalen Terrorismus
aufgefordert haben, um Osama bin Laden dingfest zu machen,
werden am Balkan eben andere Ma�st�be gesetzt.
Terror ist nicht gleich Terror, alles wird dem Primat
der Politik der new world order untergeordnet.

---

Reaktionen in Jugoslawien nach Terroranschl�gen in den USA
http://www.vorstadtzentrum.net/cgi-bin/joesb/news/
viewnews.cgi?category=all&id00560652

Krajina: Vergessenes Land, vergessener Krieg
Sechsundsechzig Tage in kroatischen W�ldern
http://www.vorstadtzentrum.net/cgi-bin/joesb/news/
viewnews.cgi?category=all&id00559909



=========================================================MAZEDONIEN:
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1295
=========

*** Verfassungs�nderung mit vorgehaltener Pistole
(von Rainer Rupp, 5.9. 01)

*** Ru�land soll mit ins mazedonische Boot
(von Rainer Rupp, 7.9. 01)

*** NATO m�chte am liebsten ein anderes mazedonisches Volk
(Von Rainer Rupp, 2.9. 01)

*** NATO macht M�llabfuhr f�r die UCK
(von Rainer Rupp, 30.8. 01)

*** UCK-Waffenernte lediglich ,,Trojanisches Pferd" der NATO
(von Rainer Rupp, 3.9. 01)

*** Hintergr�nde des Bundeswehr- und NATO-Einsatz in Mazedonien
A. Hintergr�nde des Bundeswehr- und NATO-Einsatz in Mazedonien
B. Stand des Versandes der Mazedonien-Brosch�re
C. Dank
(Informationsstelle Militarisierung (IMI) e.V., 28.8. 01
http://www.imi-online.de // http://www.imi-online.de)

*** Mazedonien/Bundeswehr: Stellungnahme, Artikel, Aktionsaufruf
1. Stellungnahme der Informationsstelle Militarisierung (IMI) e.V.
zum Mazedonieneinsatz
2. Link auf Hintergrundartikel zu Mazedonien (in der Zeitschrift
"Sozialismus")
3. Hinweise auf neue Texte auf der IMI-Homepage
4. Aufruf vom Bundesausschuss Friedensratschlag zu Aktionen am
Montag 27. August gegen den Mazedonieneinsatz
5. Bisheriger Versand der Mazedonien-Brosch�re
(Informationsstelle Militarisierung (IMI) e.V., 25.8. 01
http://www.imi-online.de // http://www.imi-online.de)

*** Friedensbewegung zur Bundestagsabstimmung
(Bundesausschuss Friedensratschlag Presseerkl�rung, 30.8. 01)


=========================================================ANALYSEN:
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1296
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1297
=======
> http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1296

*** Wo verl�uft der VIII. Korridor? ***

Die Paneurop�ischen Netze (PAN) und die �konomische Bedeutung
Osteuropas und des Balkans

aus: Zeit-Fragen - http://www.zeit-fragen.ch/ARCHIV/ZF_82d/T01.HTM

von Dipl.-Ing. Matthias George

Warum wird die �konomische Bedeutung des Kosovo-Mazedonien-Konflikts
verschwiegen? Sind unsere Demokratien so schwach, dass wir ein rein
humanit�res Alibi ben�tigen, das sich bei genauerem Hinsehen in sein
Gegenteil verkehrt? Ist ein wirtschaftliches Argument weniger legitim?
Warum werden uns die Arbeiten, die in Albanien begonnen haben, als
Reparatur- und Wartungsarbeiten verkauft, wenn es in Wirklichkeit um
den Beginn des VIII. Korridors geht? (...)

---

> http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1297

aus: KONKRET, September 2001 - http://www.konkret.de

J�rgen Els�sser (J.Elsasser@...)

*** Genua und Skopje ***

Was tun gegen den Imperialismus, der jetzt Globalisierung genannt
wird? Eine kleine Polemik zur Generallinie


============================================================SONSTIGES:
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1298
========
*** Volksaufstand der Jugoslawen

Vor 60 Jahren: Hitler gab der Wehrmacht freie Hand.
Von Martin Seckendorf - aus "Junge Welt", 15.09.2001
http://www.jungewelt.de/2001/09-15/011.shtml

*** Chirac kein Kriegsverbrecher mehr

TANJUG 12. September 2001

*** Milosevics Frau wirft Westen Blutbad auf dem Balkan vor

London (Reuters)
Freitag 7. September 2001, 06:18 Uhr
http://de.news.yahoo.com/010907/71/1xjnm.html

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PRIMI FRUTTI DEL GENEROSO IMPEGNO DELLA NATO PER LA MACEDONIA

La lungimirante politica della NATO di sostegno al terrorismo
separatista grande-albanese, oltre a causare morte e distruzione
ed a consentire lo stanziamento di truppe occidentali su quel
territorio, incomincia gia' a dare i suoi frutti dal punto di
vista della trasformazione della societa' macedone.

Dopo decenni di pacifica convivenza, finalmente prendono piede
atteggiamenti separatisti-segregazionisti e la nota politica
del "boicottaggio" delle istituzioni dello Stato multinazionale,
analoga alla politica di auto-apartheid adottata dal partito e
dalle famiglie legate a Rugova in Kosovo - ed appoggiata
dall'arcipelago "pacifista" italiano - a partire dal 1990.
(I. Slavo)

MACEDONIA: MACEDONI E ALBANESI CHIEDONO CLASSI SEPARATE

(ANSA) - SKOPJE, 10 SET - Primo giorno di scuola oggi in Macedonia dove,
a dispetto dei piani di pace, l'odio etnico resta ancora molto forte. In
alcune scuole a Kumanovo e a Tetovo, zone maggiormente coinvolte nel
conflitto, gli studenti albanesi e macedoni hanno chiesto aule separate.
''Vorrebbero classi etnicamente pulite'' ha commentato sconsolato un
insegnante elementare. I 220 studenti albanesi dell'istituto superiore
''Goce Dolcev'' di Kumanovo, oggi hanno disertato le lezioni: ''Non
vogliamo iniziare l'anno scolatisco al fianco dei macedoni'' hanno
annunciato. Gli studenti minacciano di disertare la scuola fino a quando
la loro richiesta non verra' accolta. Situazione uguale e contraria a
Tetovo (nella zona nord-occidentale del paese), area a maggioranza
albanese: qui, nella scuola media ''Bratstvo Migjeni'', sono stati gli
alunni macedoni a non voler partecipare alle lezioni perche' non hanno
ottenuto ''classi separate dagli albanesi''. I genitori degli studenti
macedoni hanno detto di aver avviato contatti con il ministro
dell'Istruzione, Nenad Novkovski, al quale hanno formalizzato la
richiesta. Migliaia di altri studenti di entrambe le etnie non hanno
invece potuto presentarsi a scuola a causa delle condizioni di sicurezza
non ancora del tutto ristabilite. Le scuole sono rimaste chiuse in
gran parte dei villaggi montani della zona di Tetovo, aree tuttora sotto
il controllo della guerriglia albanese e nelle quali le lezioni sono
sospese sin da marzo dello scorso anno, quando inizio' il conflitto
armato. Nei villaggi della regione settentrionale di Kumanovo molte
scuole sono rimaste distrutte nel corso dei bombardamenti e non si sa
quando l'anno scolastico potra' cominciare. Assenti dalle aule anche le
migliaia di ragazzini (albanesi e macedoni) costretti a fuggire dalle
zone del conflitto, e che tuttora vivono come profughi in altre citta'
del paese o in Kosovo. (ANSA). BLL 10/09/2001 18:37

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