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EUROPA: UNIONE E DISGREGAZIONE
EUROPA:
UNIONE E DISGREGAZIONE
(dal
Bollettino internazionalista
Quemada, 1998)
PREMESSA
--- Su
aa-info @ yahoogroups.com, andrea ha scritto:
Per proseguire il confronto sul tema delle
"autodeterminazioni" -
cosi' vengono chiamate le spinte
secessionistiche dei "piccoli
popoli", benche' semanticamente il termine sia
assolutamente sbagliato
visto che una volta "autodeterminati" quei
territori diventano
viceversa subito provincie vassalle della NATO
- ripropongo per
l'ennesima volta il seguente articolo, apparso
nel 1998 sullo
sfortunato bollettino internazionalista
QUEMADA.
Sottolineo preliminarmente alcuni punti
cruciali ivi affrontati:
* la retorica anti-statalista va oggi
oggettivamente pari passo con la
demolizione dello "stato sociale";
* la tendenza al localismo ed al regionalismo
e' funzionale alla
"Nuova Europa" per la demolizione delle
sovranita' statuali;
* essa e' anche funzionale alle borghesie
nazionali che possono
distruggere il sistema dei contratti nazionali
di lavoro e
polverizzare la classe.
Di questi punti non abbiamo ancora mai
parlato, ma io credo che
integrino bene i nostri ragionamenti sui
"movimenti di liberazione"
finanziati dalla CIA nei paesi (non
necessariamente "comunisti", anzi)
che oppongono resistenza all'imperialismo.
NOTA IMPORTANTE:
l'"imperialismo" e' la tendenza
espansionistica del capitale
monopolistico transnazionale. Mettere sullo
stesso piano
l'"imperialismo" di Putin e quello USA e'
ridicolo e non ha niente a
che fare con l'analisi leniniana. I paesi
imperialisti in senso
leniniano oggi sono pochissimi: essenzialmente
il blocco NATO piu'
Israele.
Contraddizioni interimperialistiche emergono
ed emergeranno sempre di
piu, ma ancora non sono determinanti - per
esempio, in Jugoslavia non
sono esplose, anche se sono latenti e talvolta
visibili. Solo i paesi
imperialisti sono in grado di espandersi,
economicamente e
militarmente, ovunque nel globo. Putin puo'
rappresentare al massimo
una "borghesia nazionale" e/o una marionetta
dell'imperialismo di cui
sopra. Nel primo caso potrebbe creare una
contraddizione interna al
sistema capitalistico globale. La Cina
viceversa e' un caso
assolutamente inedito: un po' come l'URSS
all'epoca, essa e' ormai in
grado di espandersi economicamente anche
all'esterno, ma tutte le
attivita' economiche strategiche sono in mano
allo Stato e non a
qualche cordata di monopolisti privati.
Chiudo specificando che, rispetto a quando il
seguente articolo fu
scritto, la Lega Nord e' oggi diventata
qualcosa di diverso, e di
molto piu' compatibile con gli interessi USA.
Il problema del
"federalismo" (cioe' delle gabbie salariali)
rimane pero' all'ordine
del giorno: basta aprire i giornali di oggi.
Andrea
PS1. l'ivi menzionato Sergio Salvi ha scritto
uno dei pochissimi libri
attualmente disponibili... sulla Cecenia!
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EUROPA:
UNIONE E DISGREGAZIONE
INTERNAZIONALISMO OGGI
In questi anni c'e' stata una grave
difficolta' nella comprensione
della guerra nella vicina Jugoslavia. A
sinistra si e' spesso
tralasciata l'analisi critica dei rapporti
economici, per sostituirla
con tematiche identitarie o con improbabili
intellettualismi. Questa
vicenda (non ancora terminata) ha dimostrato
come la sinistra ed il
pensiero democratico possano sfasciarsi
completamente di fronte alla
"questione nazionale".
Appassionarsi ai "piccoli popoli oppressi"
prescindendo completamente
dai rapporti di classe, ad esempio la lotta
tra le varie borghesie
nazionali e quella detentrice del capitale
monopolistico
transnazionale, prescindendo dai cambiamenti
macroeconomici, dalla
storia, oppure richiamandosi ad episodi
antichi o marginali a scapito
di quelli attuali e significativi, spesso con
lo scopo di inventare
"radici di plastica" e motivi di
identificazione per realtà "etniche"
pompate artificialmente: si e' visto che tutto
questo non puo' che
causare la completa deriva della teoria e
della prassi.
La deriva "etnica" di un certo
internazionalismo alla quale oggi
assistiamo e' il prodotto di una fase
culturale decadente, nella quale
l'impegno politico sembra ridursi ad una
specie di "collezionismo di
farfalle" che non ha niente a che vedere con
la difesa delle
minoranze...
Bisogna infatti tracciare una linea di
demarcazione tra
l'intellettualismo borghese, che porta avanti
valori romantici,
passatisti e reazionari che si esauriscono
nella esaltazione delle
"differenze", dall'internazionalismo ed
antiimperialismo marxista, che
riconosce i diritti di tutti perche' vuole
l'unione tra eguali
anziche' il dominio del piu' forte... Se
l'intellettuale borghese
(decadente) puo' applaudire dinanzi alla
distruzione sanguinosa di uno
Stato multinazionale, dove i diritti di
ciascuna persona e
nazionalita' sono garantiti, in nome della
"autodeterminazione" di
improbabili entita' etno-culturali, facendo
con questo il gioco
dell'imperialismo intenzionato a
strumentalizzare quelle
questioni per scardinare realta' scomode,
viceversa il rivoluzionario
comunista deve essere attento ai contenuti
antifascisti,
antiimperialisti ed anticapitalisti - cioe'
comunisti - di questa o
quella rivendicazione.
Facciamo un esempio concreto: la "Gesellschaft
für Bedrohte Völker"
(GfBV, in Italia "Associazione per i Popoli
Minacciati" - APM) e' una
"transnazionale" con centro in Germania, che
si occupa della
salvaguardia delle minoranze. Apparentemente
si tratta di una
organizzazione di sinistra. Dal suo sito WEB
apprendiamo che essa ha
una sezione in Bosnia, e che lavora con
particolare zelo sui problemi
del Kosovo e del Sangiaccato. La sezione
sudtirolese, ad esempio - che
è ovviamente distinta da quella italiana - ha
gestito per anni la
"cattedra di Germanistica" della "università
parallela" di Pristina.
Non solo: essa si interessa anche ai popoli
dei dintorni del Caucaso,
compresi ceceni, tartari della Crimea, ed
altri che a noi restano
ancora pressochè sconosciuti, ma di cui gli
storici specialisti
conoscono l'appoggio fornito durante la II G.
M. al progetto nazista
di "Nuovo Ordine Europeo".
Dulcis in fundo la GfBV è molto preoccupata
per la maniera in cui
vengono accolti in Germania gli "Aussiedler",
cioè gli appartenenti
alle minoranze germaniche dell'Europa
centro-orientale, e chiede che
il governo faccia di più per la loro
salvaguardia nei rispettivi paesi
- che fino a 5-6 anni fa erano l'URSS, la
Jugoslavia, eccetera, ed
oggi sono insignificanti fantocci
dell'imperialismo come Ucraina o
Repubblica Ceca... D'altronde Tilman Zülch,
fondatore e Presidente
della GfBV, "è nato il 2 settembre 1939 a
Deutsch-Libau (Sudeti)",
come è scritto nella sua biografia WEB: i
Sudeti sono i territori
occidentali della Cecoslovacchia, al centro
allora come oggi della
disputa tra tedeschi e cechi. Il cerchio
dunque si chiude.
In Italia il Comitato dei Garanti della APM
annovera al suo interno il
noto medievalista Franco Cardini,
dichiaratamente di destra, ed un
tale Sergio Salvi che ha recentemente
pubblicato un libro dal titolo
"L'Italia non esiste" (Camunia, Firenze 1996),
nel quale viene dunque
superata la celebre affermazione di Metternich
("L'Italia è soltanto
un'espressione geografica"). L'APM ha rapporti
con le riviste della
"nuova" destra comunitarista-internazionalista
(es. "Frontiere") e,
guarda caso, con i croati attraverso Sandro
Damiani, giornalista
fiumano, che gestisce la "Associazione
Culturale Italia-Croazia". La
APM sottoscrive proclami per la
"autodeterminazione del Kosovo"
insieme a gruppi nonviolenti cattolici
trovando spazio su
pubblicazioni come "Il Manifesto" e
"AlternativeEuropa"... Perche'?
In effetti e' almeno dagli anni '80 che si e'
affermata una corrente
di "antiimperialismo ingenuo", a cavallo tra
destra e sinistra.
Inizialmente il discorso legava con la critica
al socialismo reale
(es: Afghanistan), oggi pero' gli
"imperialismi" da scardinare sono un
po' tutti gli Stati che si vogliono prendere
di mira.
Con la richiesta di una "Europa delle regioni"
da parte di settori che
con la sinistra non hanno mai avuto niente a
che spartire e' divenuto
infine chiaro che la colorazione
libertaria-ecologica-sociale di
questi movimenti serve talvolta solamente come
facciata. Tra danze
bretoni ed amuleti celtici l'effettivo essere
sociale degli individui
si svilisce in comunità di stampo
folkloristico: "Noi non vogliamo
un'Europa d'un grigiore indistinto, ma bensì
come un insieme di
specificità nazionali e regionali" (Helmut
Kohl): si intende la
parcellizzazione in frammenti territoriali al
di sopra dei quali si
erga il dominio unificatore del più forte.
UN PO' DI STORIA
Sul numero 2/1995 del mensile marxista tedesco
KONKRET appariva il
primo di una serie di contributi di Walter von
Goldenbach e
Hans-Ruediger Minow, autori del libro
"Deutschtum erwache!"
("Germanita', sveglia! Spaccati di
pangermanesimo visti dall'interno"
- Dietz, Berlino). L'articolo, dal titolo
"Saluti da Grosny", esordiva
nella seguente maniera:
«Al novero delle organizzazioni statali
mascherate che fanno la
politica estera tedesca pare appartenere una
associazione
particolarmente raffinata: La Unione
Federalista dei Gruppi Etnici
Europei>> [FUEV, vedi riquadro]. La sua
costituzione negli anni Venti
avvenne ad opera di personaggi a cavallo tra
ambienti governativi,
fondazioni, mondo accademico e associazioni di
tutela dei "tedeschi
orientali", le popolazioni di origine
germanica stanziate nell'Europa
Orientale, fino al Volga ed oltre. Secondo
l'allora ministro degli
Esteri Stresemann le necessita' vitali della
Germania erano "in
contraddizione flagrante con la oggi ancora
dominante tendenza (...)
allo sviluppo degli Stati nazionali":
<< "Non esiste altra
via d'uscita se non la rottura con le residue
concezioni di Stato e di
popolo", affermarono gli emissari di
Stresemann. L'idea nata con le
rivoluzioni americana e francese dello Stato
nazionale sovrano,
osservante i diritti umani, con i cittadini
piu' diversi,
apparterrebbe al passato (...) Il "popolo"
[nel senso della
nazionalita'] sarebbe di valore piu' alto
dello "Stato": quello
bretone, fiammingo o croato, il cui "diritto
di natura" dovrebbe
evertere lo Stato nazionale... ». Non e' una
idea originale: gia' su
"Nazione e Stato - giornale tedesco per il
problema delle minoranze in
Europa", nazionalsocialisti bellicosi
sviluppavano la teoria del
"Volk" che si erge al di sopra dello Stato.
"Il Volk", si leggeva nel
1932, "e' una unita' di sangue e di cultura".
Il "concetto di
nazione [nel senso dello Stato nazionale
moderno] e' una conseguenza
necessaria del mondo concettuale della
democrazia, della conta
meccanica nella moltitudine degli uguali,
dell'individualismo e della
rinunzia alla suddivisione dell'umanita' per
razza e per etnia. Tutto
questo fa il servizio dell'ebraismo, che vuole
uguaglianza dei
diritti, sfruttamente e dominio"... >>
Nel 1936 il "Congresso delle Nazionalita'" di
Ginevra, riunione
annuale della FUEV e di altre organizzazioni
affini, si pronuncio' per
una "suddivisione" dell'Europa: "Il
riconoscimento di una
soggettivita' del "Volk" come base fondante
dello sviluppo europeo non
significa altro che tracciare i contorni di
una nuova Europa". Il
serissimo relatore era uomo di fiducia dei
servizi segreti
nazionalsocialisti, impegnato proprio in
quell'epoca contro lo Stato
cecoslovacco. Mentre Adolf Hitler pianificava
la creazione di uno
"Stato" bretone, laddove la Borgogna sarebbe
stata annessa al "Reich",
i "Congressi delle Nazionalita' Europee"
venivano sospesi: la trappola
della politica estera tedesca si chiudeva di
scatto.
L'idea di fondo pero' veniva portata avanti
dall'apparato
nazionalsocialista impegnato nella guerra di
aggressione: in un
documento riservato del 15/5/1940 il capo
delle SS Himmler esprimeva
la convinzione che "nel trattamento delle
etnie straniere dell'Oriente
dobbiamo vedere di riconoscere e di badare
quanto piu' possibile alle
singole popolazioni, vale a dire oltre ai
Polacchi e gli Ebrei gli
Ucraini, i Russi Bianchi, i Gorali, i Lemchi
ed i Casciubi. Ed ovunque
si trovino pure solo frammenti etnici, ebbene
anche a quelli. Con
questo voglio dire che noi non solo abbiamo il
piu' grande interesse
acche' le popolazioni dell'Oriente non siano
unite, ma che al
contrario siano suddivise nel numero maggiore
possibile di parti e di
frammenti. Ma anche all'interno delle stesse
popolazioni non abbiamo
alcun interesse a portarle all'unita' ed alla
grandezza, a trasmettere
loro forse pian piano una coscienza nazionale
ed una cultura
nazionale, bensi' piuttosto a scioglierle in
innumerevoli piccoli
frammenti e particelle..." (1)
Gia' nella introduzione di una "proposta di
convenzione" che la FUEV
fa oggi alle competenti istituzioni
internazionali, si riconosce che
"il Nuovo Ordine Europeo" si sarebbe
realizzato gia' "dal 1990",
cosicche' "la protezione dei gruppi etnici" ed
una "regolamentazione
valida in generale per le questioni relative
alle etnie" mostrano di
essere "una necessita' imprescindibile".
Secondo la FUEV, nel novero
delle "minoranze" e delle "nazionalita'"
si puo' rientrare in base ad
una "decisione soggettiva", "liberamente
riconoscendosi" in quanto
"gruppo etnico", riconoscimento che non puo'
"essere contestato ne'
tantomeno sottoposto a prova dimostrativa"...
Sembra scritto apposta
per la "nazione padana"! Il vertice di
tali concezioni e' tuttavia il
"diritto a contatti indisturbati". In base a
tale "diritto" formulato
dalla FUEV, ai territori in parte gia'
separati ed autogestiti bisogna
lasciare espressamente la possibilita' di
curare "contatti in maniera
indisturbata con organi statali o altri organi
pubblici di altri
Stati, soprattutto con quelli degli Stati
co-nazionali" cioe'
rappresentanti lo stesso "Volk", come la
Germania per il Sudtirolo, ad
esempio, o l'Albania per il Kosovo.
La FUEV «ha finanziato nel 1994 una conferenza
internazionale che ha
avuto luogo in Ungheria, ed e' servita come
estensione verso gli
ambiti territori dell'Est delle fantasie di
egemonia pangermanica: per
la FUEV il 1994 e' stato l'anno dell'"impegno
per le minoranze in
tutta Europa fino al Caucaso". Secondo un
comunicato stampa della FUEV
(...) l'Europa si scompone in sei "regioni",
dove le "comunita' di
popolo" possono aspirare ad autonomia
territoriale. La lista puo'
anche essere letta come istruzioni per la
dissezione degli Stati
confinanti con la Germania. Nello spazio
"NORD" i "tedeschi dello
Schleswig settentrionale" sono posti contro la
Danimarca, i "frisoni"
contro l'Olanda cosi' come i "sami" ed i
"finlandesi di Svezia" contro
Stoccolma. Nello spazio "OVEST" la FUEV
incoraggia tra l'altro le
rivendicazioni territoriali dei "bretoni" e
degli "alsaziano-loreni"
contro Parigi, dei "tedeschi del Belgio" e dei
"fiamminghi" contro
Bruxelles cosi' come dei "gallesi" e
"cornovallesi" contro Londra.
Nello spazio "SUD" contro Roma emergono i
"sudtirolesi retoromanzi",
gli "aostani" ed i "ladini". La sezione
"CENTRO" e' dominata
dalle tendenze autonomiste che, a detta della
FUEV, animerebbero i
"tedeschi nella Polonia settentrionale", i
"tedeschi dell'alta
Slesia", i "tedeschi sudeti in Cechia" ed
anche i "tedeschi della
Slovacchia".
Infine, il ginepraio etnico si infittisce
nelle zone "SUDEST" ed
"EST". "Ungheresi in Romania" e "rumeni in
Ungheria", "sassoni di
Siebenbuerger", "svevi del Banato" [tra
Ungheria, Romania e
Jugoslavia], "tedeschi, italiani ed ungheresi
in Slovenia", "tedeschi
in Georgia", "tedeschi nel Kazachistan",
"tedeschi in Kirghisia",
cosi' come i tartari di Crimea, gia' varie
volte arruolati dal Comando
militare tedesco, tutti questi aspirano al
"diritto di natura" dei
"gruppi etnici". >> Silenziosamente e
sotto la copertura di alti
rappresentanti dello Stato, tra i quali il
Primo Ministro dello
Schleswig-Holstein ed il Presidente del
Parlamento del Land del
Brandeburgo, ma anche come consulente per il
Consiglio d'Europa, la
CSCE, l'ONU ed il Parlamento Europeo la FUEV
lavora alacremente alla
costruzione del "Nuovo Ordine Europeo"...
LA ESTREMA DESTRA EUROREGIONALISTA
Bisogna a questo punto sottolineare la
convergenza esistente tra
codesti difensori delle minoranze d'ogni
nazionalita' ed
organizzazioni di ispirazione direttamente
pangermanica e per la
tutela degli "Aussiedler".
Il problema degli "Aussiedler" viene sollevato
costantemente in
Germania sin dagli anni della annessione della
Germania Est da parte
della Repubblica Federale, come motivo di
propaganda interna ma anche
di pressione verso molti paesi. Quando alla
fine del 1997 scoppio' un
grosso scandalo internazionale in seguito alla
conferenza tenuta alla
Scuola Ufficiali di Amburgo dal leader
neonazista Roeder, una cosa che
rimase pressoche' sconosciuta fu l'argomento
trattato da questo
personaggio nella sua "lezione": ebbene
si trattava di come
accrescere l'influenza tedesca nella zona di
Kaliningrad - ovvero la
Koenisberg capitale di quella che era la
"Prussia Orientale", tra
Polonia e Lituania, oggi ancora territorio
russo - attraverso la
immigrazione massiccia di "tedeschi del Volga"
in quell'area.
Tra le organizzazioni per gli "Aussiedler"
sono note il "Verein fuer
das Deutschtum im Ausland" (VDA, ovvero
Associazione per la Germanita'
all'Estero) ed il "Verband der deutschen
Volksgruppen in Europa" (Lega
dei gruppi etnici tedeschi in Europa). La
prima delle due e' oggi
assai attiva, e come la FUEV gode di
autorevoli appoggi: « Non
diversamente dai suoi predecessori, [la FUEV]
e' legata al Ministero
degli Esteri, a quello degli Interni ed alla
Cancelleria Federale
attraverso la VDA, agenzia sovversiva dalla
storia secolare al
servizio dello Stato tedesco. Il legame e'
assicurato dal membro del
Consiglio Amministrativo [CA] della VDA Karl
Mitterdorfer [ex-senatore
della "italiana" Südtiroler Volkspartei -
SVP], presidente per anni
della FUEV (...) avente contatti di lavoro con
rappresentanti
dell'estremismo di destra e del razzismo
europei. Questa
cooperazione della FUEV avviene all'ombra di
membri del CA della VDA
del calibro di Hans Klein (Vicepresidente del
Bundestag tedesco) ed
Eberhard Diepgen (sindaco di Berlino in
carica)». Il VDA all'inizio
degli anni Novanta era presieduto da Hartmut
Koschyk, pochi mesi prima
della "riunificazione tedesca" autore, presso
la ultrareazionaria casa
editrice MUT ("Coraggio"), di un libro dal
significativo titolo "Tutta
la Germania deve essere unita". Costui, esule
dell'Alta Slesia
(Polonia), afferma nel libro che "la
fissazione dell'Oder-Neisse quale
linea del confine tedesco-polacco non puo'
essere considerata una
soluzione valida per il futuro dei rapporti
tedesco-polacchi". Negli
anni successivi Koschyk si fa personalmente
promotore di iniziative di
sostegno ai "Circoli per l'Amicizia con la
Germania" nella Polonia
occidentale, mettendo a disposizione dozzine
di antenne satellitari e
fotocopiatrici.
Ricordiamo che la "riunificazione" e' stata
possibile grazie ad una
serie di accordi e trattati, tra i quali
quello sui confini
tedesco-polacchi del 14/11/1990 che in questi
ambienti e' ancora
considerato vergognoso ma che ha rappresentato
una necessaria
concessione alla "Realpolitik" da parte di
Kohl.
E' da questi ambienti federalisti e
pangermanici insieme che e' nata
una idea-guida della odierna Unione Europea,
quella delle
"Euroregioni". Nel 1988 l'Intereg [vedi
riquadro] crea il progetto di
"Regio Egrensis", a cavallo tra Baviera e
Cecoslovacchia, che
interessa quindi proprio i Sudeti. E' sempre
da questo istituto che
emerge l'idea della Euroregione Tirolo,
comprendente Alto Adige e
Tirolo austriaco.
Una vicenda "silenziata" dal disinteresse è
stata quella dell'apertura
di un ufficio di rappresentanza di questa
Euroregione a Bruxelles,
presso il Parlamento Europeo, ufficio voluto
da esponenti altoatesini
e tirolesi d'Austria contro il parere e
nonostante le "scomuniche" dei
rispettivi governi. Il 15/1/1996 Maroni
esprimeva invece il plauso
della Lega Nord per l'iniziativa. Ancor prima,
nel settembre 1995, ad
Innsbruck veniva celebrata la riunificazione
delle compagnie degli
"Schützen" - eredi delle milizie territoriali
del periodo
austro-ungarico che si richiamano alla figura
storica dell'altoatesino
Andreas Hofer, combattente antinapoleonico -
di Trentino, Alto Adige e
Tirolo austriaco. Decine di Schützen e
militanti di altre formazioni
folkloristico-tradizionaliste analoghe
provenienti da tutte le regioni
dell'ex-Impero asburgico hanno presenziato
poi, pochissimi mesi fa,
alla inaugurazione del grande monumento ad
Elisabetta ("Sissi"),
moglie di Francesco Giuseppe, recentemente
ricostruito al centro di
Trieste, la "fidelissima" citta' degli
Asburgo, ove periodicamente
organizzano le loro celebrazioni.
Infine, nel dicembre 1996, con il sostegno del
Ministero dell'Interno
della Germania nasce l'"Europaeisches Zentrum
fuer Minderheitenfragen"
(EZM ovvero: Centro europeo per le questioni
delle minoranze).
Su KONKRET 3/1997 Goldenbach e Minow
precisano:
«Nel grande mercato sotto dominio tedesco di
nome "Europa" i confini
statali nazionali disturbano. La loro
distruzione e' lo scopo della
"etnopolitica" tedesca, che ora passa
all'attacco con l'EZM (...).
L'Ufficio Esteri ["Auswaertiges Amt", AA] ed
il Ministero degli
Interni di Bonn [BMI] hanno impiegato cinque
lunghi anni (...) ma ora
ci siamo: da dicembre 1996 specialisti
tedeschi lavorano affinche' "si
dia finalmente spazio ad una politica
d'attacco sulle questioni dei
gruppi etnici e delle minoranze, spazio che le
e' dovuto gia' da
tempo", nelle parole della Presidentessa del
Landtag [il Parlamento
del Land] Lianne Paulina-Muerl ad un Forum
sulle minoranze del Landtag
dello Schleswig-Holstein il 7 giugno 1991. Per
i loro propositi in
tema di minoranze hanno sistemato a Flensburg
una scenografia europea,
hanno incassato i contributi della UE ed hanno
coinvolto nel nuovo
"Centro per le questioni delle minoranze"
anche gli ignari danesi. Che
l'offensiva non riguardi quelli che in
Germania sono socialmente
svantaggiati, ossia i milioni di immigrati
dalla Turchia o i
lavoratori dal Vietnam e dall'Europa
orientale, si capisce da se'. Si
tratta delle minoranze e dei cosiddetti gruppi
etnici ALL'ESTERNO
della Repubblica Federale... Come spiegava il
direttore dell'EZM
Stefan Troebst a Flensburg, in occasione
dell'inaugurazione
dell'Istituto (...) "il settore geografico di
lavoro della nuova
istituzione e' l'Europa ed in certi casi anche
i territori limitrofi
come (...) il Mar Nero o il Caucaso". Chi a
causa di queste
indicazioni ritenga che la politica tedesca
sia alla ricerca di
minoranze che possano aprirle la strada verso
aree di intervento
ricche di risorse, beh costui ha la vista
corta: "Una
particolare attenzione verra' prestata
all'Europa orientale" concede
l'esperto in tema di minoranze Troebst; "ma se
ci ricordiamo dei
titoloni dedicati in questi anni all'Irlanda
del Nord, ai Paesi
Baschi, alla Corsica e a Cipro e' allora
chiaro che pesanti conflitti
etnici non covano solamente nella regione al
di la' della ex-cortina
di ferro. Se si tratta dei diritti delle
minoranze, bisogna aggiungere
anche alcuni paesi occidentali (...) Se,
tanto per fare un esempio
(...) gli occitani del sud della Francia
propongono un programma
nazionale, organizzano un movimento nazionale
e rivendicano infine la
creazione di un proprio Stato nazionale, e si
mettono a lottare per
ottenerlo, oppure no... queste sono domande
difficili, in certi casi
persino urgenti"...>> "Nessuna minoranza
puo' essere lasciata in balia
di un governo centralista repressivo" - dice
ancora Troebst. "A tal
proposito, anche Stati sovrani devono
contemplare l'intervento della
comunita' internazionale. In casi come quello
del Kosovo (!) l'acuirsi
delle tensioni tra gruppi etnici puo' essere
evitato solo in questa
maniera". Secondo un calcolo ufficiale della
FUEV, che e' tra le
componenti del consiglio amministrativo
dell'EZM, in Europa
101.412.000 persone appartengono al potenziale
delle "minoranze", per
un totale di 282 "gruppi etnici" in 36 Stati
europei.... Questi numeri
chiariscono che la politica estera tedesca non
e' solamente radicale,
ma vuole anche andare fino in fondo. Cio' che
ha avuto inizio con
successo in Jugoslavia - la disgregazione
"etnica" del continente in
un grande mercato costituito da regioni
marginalizzate - deve
proseguire con gli albanesi del Kosovo (non a
caso l'UCK e' addestrato
ed armato dai servizi segreti tedeschi), e
forse anche con gli
"occitani".
Sul numero 3/1997 di LIMES, a pagina 293,
appariva un documento dal
titolo "Dichiarazione per una carta Gentium et
Regionum - Programma di
Brno", portante in calce la firma di sette
autori appartenenti alla
GfBV, all'INTEREG, al Centre International de
Formation Européenne,
alla FUEV e all'Istituto di Ricerche sul
Federalismo di Innsbruck. Nel
documento si dice apertamente che : «non
è più possibile congelare le
strutture attualmente dominanti e la sovranità
nazionale come se esse
fossero sacrosante... è sempre più necessario
promuovere la diversità
e l'autonomia delle piccole comunità vicine ai
cittadini... è
indispensabile per un nuovo ordine europeo
[sic!] il superamento di
vecchie concezioni relative al carattere
illimitato della sovranità e
del centralismo stato-nazionale, nel senso di
un'unione europea da un
lato e della maggiore autonomia possibile
delle piccole comunità
dall'altro... la cooperazione transfrontaliera
regionale quale viene
praticata in Europa (euro-regioni) costituisce
un'innovazione che deve
essere ulteriormente sviluppata... l'Europa
può divenire un esempio
per il resto del mondo se essa riesce a
progredire dal modello di uno
Stato nazionale più o meno centralistico verso
un modello di diversità
nell'unità fondato sul principio dei diritti
dei gruppi etnici,
dell'autonomia e dell'autodeterminazione...»
Il documento prosegue
declinando ad ogni pié sospinto ed in tutte le
maniere l'aggettivo
"etnico", dichiarandosi a favore di "Stati
regionali autonomi" che
"dovranno essere istituiti anche là dove lo
Stato centrale nel suo
complesso non è organizzato in forma
federale", sentenziando infine:
"le divisioni e le frontiere che non siano
state fondate
sull'autodeterminazione mascherano, dietro ad
un federalismo
di facciata, una dominazione straniera", come
a dire: non tutti i
federalismi ci vanno bene - quello jugoslavo,
ad esempio, a loro non
piaceva.
Dunque i possibili effetti della strategia
regionalista portata avanti
dai tedeschi sono potenzialmente
destabilizzanti per tutto il
continente, e non solo per l'Europa dell'Est.
La rivista italiana
LIMES, che ha una collocazione politica
apparentemente trasversale ma
in effetti e' portavoce degli ambienti
militari che fanno la
geopolitica italiana, pubblicava sul numero
4/1997 un'intervista a
Pierre-Marie Gallois, ex-generale e
fedelissimo di De Gaulle, dal
titolo "Perchè temo la Germania (e la
televisione)". Nella
introduzione si parla dell'EZM, del suo
recente battesimo a Flensburg
e del suo Presidente, Stefan Troebst. Si dice
tra l'altro: «Poco dopo
la presentazione del centro di Flensburg, un
diplomatico ed un
sociologo tedeschi, Walter Von Goldenbach e
Hans-Rudiger Minow,
scrivono il libro "Von Krieg zu Krieg" (Da
guerra a guerra),
sottotitolo: "La politica estera tedesca e il
frazionamento
etnico dell'Europa". I due autori si recano a
Parigi dal generale
Pierre-Marie Gallois, uno dei maggiori esperti
internazionali di
geopolitica, e gli chiedono una prefazione.
Presa visione della
documentazione, Gallois li accontenta. Dopo
l'uscita del libro, i due
autori incominciano ad avere numerosi
problemi, il sociologo Minow
subisce anche un'aggressione fisica, al punto
da desiderare di
trasferirsi all'estero.>>
Nell'articolo, il generale Gallois sottolinea
come proprio la
diplomazia preventiva tedesca, auspicata da
Stefan Troebst, ha
fortemente contribuito allo smembramento della
Jugoslavia. »
Nell'intervista - che suggeriamo di leggere
per intero - Gallois dice:
« I tedeschi sono eccellenti cartografi. I
popoli che non hanno
confini naturali cercano sulle carte dove
fissare le frontiere.
Presumo che, come il Centro di Geopolitica di
Haushofer - consigliere
di Hitler ed anche di Stalin, nel 1937-'38 -
vi siano, oggi, dei
gruppi di studio tedeschi che lavorino
nell'ombra per preparare un
grande futuro alla Germania. Sanno di non
poter più speculare
sulla supremazia della letteratura o della
lingua, per cui rimangono
loro l'economia - il culto del marco - e la
regionalizzazione... >>
EUROPA NEOLIBERISTA E DISGREGAZIONE
DELLA CLASSE
Sarebbe tuttavia ingenuo e sciocco pensare che
la strategia della
regionalizzazione abbia la sua ragione ed
origine esclusivamente in
Germania.
Secondo una ricerca della Fiom piemontese (2),
dopo l'unità
monetaria l'operaio Fiat percepisce
grossomodo, allo stato
contrattuale vigente, 879 Euro, contro i 1458
del suo collega tedesco
alla Volkswagen. Non va meglio anche il
confronto con i francesi della
Renault (1303 Euro) e con gli spagnoli della
Ford (957 Euro). Infine
gli inglesi: 1300 Euro.
"Prima di arrivare ad una parità salariale con
i tedeschi e con i
francesi avremmo da scioperare parecchi anni -
commentava il
segretario Giorgio Cremaschi - I salari
italiani sono l'unica voce
dell'economia nazionale già totalmente dentro
i parametri di
Maastricht. Dovrebbero prenderne visione la
Confindustria e la Banca
d'Italia"... Se le tariffe sono
cresciute vertiginosamente
dappertutto in nome dell'adeguamento ai
parametri di Maastricht, nel
caso dei salari quali parametri sono da
considerarsi "europei"? Lo
studio della Fiom piemontese in effetti può
essere visto da due punti
di vista: da un lato sembra evidenziare
un'ingiustizia palese;
dall'altro indica chiaramente che gli accordi
sul costo del lavoro in
tutta Europa vanno perdendo completamente di
significato con
l'unificazione. In effetti, cosa dovrebbe
spingere la Confindustria
italiana ad aumentare gli stipendi per
"adeguarsi" agli standard
tedeschi? Piuttosto, le statistiche Fiom
potrebbero essere usate
- poniamo - dal padronato tedesco per ammonire
i lavoratori in lotta
contro i tagli. Ed infatti il padronato
tedesco sottolinea proprio
l'elevato costo del lavoro in Germania per
chiederne la diminuzione,
tacendo ovviamente sul fatto che ai salari più
alti d'Europa
corrisponde in Germania una altissima
produttività del lavoro - gli
imprenditori tedeschi in realtà possono
permettersi tranquillamente
corresponsioni "elevate", tra l'altro utili a
mantenere un elevato
livello di consumi, visti i superprofitti
derivanti dallo sfruttamento
neocoloniale dei lavoratori e delle risorse
dell'Est e del Sud.
Contemporaneamente, la previdenza e tutte le
forme di salario
indiretto sono oggetto di un attacco violento.
Quando i sindacati
tedeschi alzano la voce vengono subito zittiti
con l'accusa di essere
"nazionalisti" (ed allora si fa riferimento al
costo del lavoro
all'estero o agli immigrati...) o "fuori dalla
realta'" (la
globalizzazione, il mercato, eccetera).
Si tratta di paradossi soltanto apparenti: se
l'Europa e' unita, ma i
salari sono diversi, allora i contratti
nazionali perdono veramente di
senso. Dunque da una parte l'unificazione,
dall'altra la
regionalizzazione sono i "piedi di
porco" che il padronato usa per
demolire i contratti nazionali di lavoro.
Questa logica ovviamente non
e' una logica soltanto "tedesca": ecco perche'
attorno alla
unificazione europea ed al regionalismo si e'
creata una piu' vasta
convergenza tra borghesie.
In Italia la forza politica più regionalista
di tutte è la Lega Nord,
ma a farle concorrenza sono ormai praticamente
anche tutte le altre
forze politiche, che vogliono il "federalismo"
- da Cacciari, che lo
vuole "mitteleuropeo", a Fini, che lo vuole
"alla siciliana", dai
Centri Sociali del Nord Est che lo vogliono
"sociale", fino al PDS ed
ai vescovi del Friuli.
Stoiber, Primo Ministro bavarese, insiste
sullo stesso versante.
Egli chiede un ulteriore rafforzamento del
federalismo tedesco, in
senso soprattutto fiscale. Il
federalismo si prefigura sicuramente
dal punto di vista fiscale come un
alleggerimento per le tasche degli
imprenditori, ma vedere solo questo aspetto è
riduttivo: federalismo
significa soprattutto deregulation e
liberismo, ovvero gabbie
salariali (retribuzione diversa per zone
diverse) e fine dei contratti
nazionali di lavoro. Ecco perchè una riforma
istituzionale in senso
federalista, ovvero dell'"Europa delle
regioni", è ben vista anche
dalle Confindustrie di tutti i paesi. Questa
"Europa delle Regioni", o
delle minoranze, non è in contraddizione con
l'"Europa delle grandi
imprese": esse sono identiche.
Ecco dunque la soluzione del dilemma tra
unificazione e frammentazione
in Europa: si punta solo alla frammentazione
della classe lavoratrice,
alle divisioni (etniche-nazionali,
categoriali) nel suo interno, e
viceversa alla totale "libertà d'impresa" ed
all'abbattimento dei
confini per il mercato. I micronazionalismi
sono solo un aspetto del
violento attacco contro il proletariato nel
suo insieme, un attacco
riconoscibile anche nelle molteplici forme
della precarizzazione.
In Europa determinate tendenze sono fortemente
incoraggiate proprio
dal capitale tedesco: la Germania è l'unica
nazione in cui, come ha
fatto notare qualcuno, l'europeismo coincide
esattamente con il
nazionalismo.
Si tratta in fondo della riproposizione di un
leitmotiv storico. La
struttura dell'Impero austroungarico era
fortemente decentrata: Otto
d'Asburgo dice esplicitamente che la nuova
Europa assomiglierà a
quella asburgica. In tempi non lontani Hitler
costruiva l'Europa
Nazione sotto l'egida della svastica,
chiamandosi tra l'altro a difesa
delle minoranze tedesche nell'Europa
orientale, accolto a braccia
aperte però anche dai croati, dagli ucraini,
dai ceceni... Ma forse
l'analogia più calzante è quella con l'Europa
medioevale: la struttura
contemporaneamente decentrata e centralizzata
del Sacro Romano Impero,
il riaffiorare di valori ultrareazionari e
dell'oscurantismo
religioso, la strutturazione di tipo feudale
della politica e
dell'economia.
Ecco perche' il processo di unificazione
europea, pur in parte
implicando l'abbattimento di confini tra
Stati, e' tutt'altro che un
processo dal carattere progressista e
liberatorio: peraltro e'
parziale e non del tutto reale. La
frammentazione dell'Europa
centroorientale - anche dei paesi che "un
domani" dovrebbero entrare a
far parte della UE - ha comportato negli
ultimi anni una crescita
smodata dei chilometri di nuovi confini e
quindi un notevole aumento
dei posti di frontiera da superare per
spostarsi, oltrechè la
moltiplicazione degli Stati e dei relativi
eserciti. In pratica si sta
generando un sistema "a cerchi concentrici"
tale che il nocciolo
germanico si unifica, si consolida ed
usufruisce di manodopera e
risorse a basso costo, le realta'
immediatamente vicine si disgregano
e perdono prerogative di sovranita', mentre
tutto attorno si crea una
serie di protettorati, Stati-fantoccio, Stati
con governi fascisti e
parafascisti in grado di ingabbiare le proprie
classi lavoratrici, di
ricattarle con il nazionalismo e di garantire
la presenza economica e
militare occidentale che mira a depredare le
risorse umane e naturali
di quei paesi.
LEGA NORD E MACROREGIONI
Non a caso dunque la Lega Nord puo' essere
considerata la piu'
europeista delle forze politiche italiane. Sul
suo terreno si muove in
realta' una costellazione di gruppi o
associazioni di categoria come
la LIFE ("Liberi Imprenditori Federalisti
Europei"), divenuta celebre
per l'appoggio prestato ai militanti del
Veneto Serenissimo Governo
durante il processo.
Proprio la vicenda dell'assalto al campanile
offre una quantità di
motivi su cui ragionare. In un articolo di
Raffaele Crocco apparso su
"Guerre&Pace" (n.41/1998) si dimostra come
tutta quella storia fosse
il risultato dell'intreccio di tre filoni:
"quello del neofascismo e
del neonazismo, quello del durissimo
integralismo cattolico e quello
del secessionismo, leghista e non." Già
all'inizio del 1995 erano
state perquisite "le case di 27 militanti di
organizzazioni
integraliste cattoliche, tutte a Verona. I
gruppi hanno nomi espliciti
quanto i loro programmi. Sono il "Comitato
Principe Eugenio", che
prende il nome dal Savoia che nel XVI secolo
difese Vienna assediata
dai Turchi; il gruppo "Sacrum Imperium", che
chiede il ritorno
all'Europa medievale precedente la Rivoluzione
Francese;
l'Associazione "Famiglia e Civiltà" e i Gruppi
di Famiglie
Cattoliche." Crocco analizza questo terreno di
coltura,
all'interno del quale troviamo anche alcuni
leghisti, notandone la
impostazione ideologica: oltre alle tendenze
razziste, tutti questi
raggruppamenti "individuano in Napoleone
Bonaparte il male dell'Europa
e aspirano al ritorno allo stato di cose
precedente la Rivoluzione di
Francia", che ha posto le basi per il crollo
degli imperi e del potere
temporale della Chiesa e per la formazione
degli Stati nazionali
borghesi nel continente. Infine, nel suo
articolo Crocco fa un po' di
storia dell'autonomismo veneto ricordando i
legami di questo con la
CIA e gli ambienti ordinovisti: Franco
Rocchetta, ad esempio, prima di
essere per anni capo della Liga Veneta, poi
leghista ed ora aderente
al "Movimento Nord Est" con Cacciari e
(per un periodo) Luca
Casarini, fu tra i partecipanti al "viaggio di
studio" rautiano nella
Grecia dei colonnelli.
Che il Veneto sia da decenni laboratorio
dell'eversione nera è cosa
nota, ma l'articolo apparso su
"Guerre&Pace" getta lo sguardo su
scenari tutto sommato inaspettati.
Particolarmente importante è
rendersi conto della fisionomia di questa
destra, che non è
nazionalista in senso tradizionale, bensì
europeista, anzi
"mitteleuropea" e legata alle mitologie
medioevali a cui si
richiamavano anche i nazisti.
Recentemente Francesco Cossiga, convinto
europeista, ha sorpreso molti
per avere "esternato" la sua simpatia nei
confronti dei baschi durante
una visita in Spagna; da tempo era pero' nota
la sua passione per il
Sudtirolo (Cossiga conosce benissimo il
tedesco) e soprattutto per
l'Irlanda. Inoltre, da Presidente della
Repubblica Cossiga ha svolto
un ruolo fondamentale di sostegno a Slovenia e
Croazia (e' amico
personale di Tudjman). Anche la Lega ha
contatti con gli ambienti
governativi croati e sloveni: in particolare,
è l'unica formazione
politica del nostro paese ad inviare sue
delegazioni ai congressi
dell'HDZ. In Friuli-Venezia Giulia molti
personaggi transitati per la
Lega Nord, mischiati a gladiatori e radicali
pannelliani, hanno
animato la vita politica in regione con la
creazione-distruzione di
microraggruppamenti autonomisti al centro di
strane manovre: difficile
risulta infatti in quell'area la dialettica
italiano-sloveno-friulano-giuliano-padana.
Questo non ha pero' certo
impedito le "relazioni pericolose" con le
varie parti in conflitto nei
Balcani, anzi. Nel 1992 Bossi ironizzava su un
possibile golpe
antileghista osservando quanto poco ci volesse
a far arrivare "qualche
camion di armi DALLA Slovenia o dalla
Croazia", ma nel 1994 ricordava
invece "camion carichi di armi PER la
Slovenia" transitati nel
1986-'87 nelle valli bergamasche. Messaggi
cifrati? Fatto sta che
alcuni parlano di traffici di armi gestiti da
leghisti della provincia
di Trieste forse anche per armare il movimento
(3).
Altri contatti preoccupanti sono quelli che la
Lega ha instaurato con
la destra fascista austriaca di Jörg Haider,
che ha sviluppato
posizioni europeiste-regionaliste. Diverse
sono le pubblicazioni
austriache sul tema delle "etnie", sulle quali
trovano spazio teorici
della "nuova destra" come Alain de Benoist e
Pierre Krebs o storici
revisionisti come David Irving. Nel
libro "L'Europa delle Regioni"
(Graz 1993) un contributo di Umberto Bossi
appare fianco a fianco a
scritti di Guy Heraud e dello stesso Haider. I
"Freiheitlichen"
(Liberali) di Haider sono invitati ai
congressi leghisti, e viceversa.
L'europarlamentare leghista Luigi Moretti ha
costruito tutta una serie
di contatti "internazionalisti" con
fiamminghi e tedeschi del Belgio,
frisoni olandesi, scozzesi, irlandesi,
gallesi, l'"Unione di u Populu
Corsu", savoiardi, alsaziani, il "Parti
occitain", i bretoni, i baschi
di "Eusko Askatasuna", catalani, andalusi e
galleghi.
La Lega, peraltro, non e' l'unica realta'
secessionista italiana.
Oltre ai sudtirolesi, dei quali abbiamo gia'
parlato, solo nel Nord
Est ci sono alcuni altri "piccoli
popoli" vezzeggiati dalla
"internazionale regionalista". Sono le
minoranze slovene, ladine e
friulane che tra il '43 ed il '45 furono
inglobate nella "Zona di
Operazioni Litorale Adriatico", sotto il
comando di Rainer che ben
seppe sfruttare la loro "alterita'" e la
loro storia austro-ungarica:
esse si trovano oggi tutte comprese nella
Euroregione Alpe Adria. La
creazione del "gruppo Adria" negli anni
Settanta aveva apparentemente
degli obbiettivi culturali, ovvero il
risveglio della "Mitteleuropa"
asburgica, riunendo austriaci, ungheresi,
sloveni, croati, questi
italiani del Nord e i bavaresi. Le secessioni
croata e slovena hanno
pero' dimostrato quanto ambiguo sia lo slogan
della "Mitteleuropa"...
Oggi Alpe Adria cura alcune tra le principali
iniziative culturali del
Nord-Est, sostenuta in questo soprattutto dai
sindaci di Venezia,
Cacciari, e Trieste, Illy (l'imprenditore del
caffe'), che sono
in prima fila nel "sinistro" schieramento
"federalista soft". Infatti
esiste una versione "minimalista" del
regionalismo, che salvaguardando
una unita' formale del paese - comunque priva
di senso nel momento in
cui l'Italia si "scioglie" in Europa - mira
comodamente alla
disgregazione del tessuto di classe.
Nel 1992 la Fondazione Agnelli lanciò un
grande programma di ricerca
dal titolo: "Padania, una regione d'Italia in
Europa", i cui risultati
furono pubblicati in un grosso volume (4). Il
succo dei risultati
della ricerca è che la dimensioneottimale per
le nuove istituzioni da
dare al nostro paese sarebbe quella delle
"macroregioni". Niente di
nuovo: anche il Piano di Rinascita nazionale
della Loggia massonica
segreta P2 individuava nelle macroregioni le
nuove unità politico-
istituzionali con cui governare il paese. Ecco
perchè sul federalismo,
a parte le sfumature, esiste un coro unanime,
ed ecco perchè quasi
tutti i partiti si alternano in convergenze ed
accordi tattici con la
Lega. La nostra borghesia da una parte vede la
possibile
destabilizzazione che viene dalla strategia
regionalista, ma
giocando da "apprendista stregone" cerca
comunque di sfruttarla
fintantoche' fa comodo. Questo e' ovviamente
possibile solo nella
misura in cui si tagliano le gambe alle
tendenze piu' eversive insite
in quel movimento, secessioniste filotedesche,
giungendo a continue
soluzioni di compromesso con l'ultradestra
europeista, un po' come e'
successo con la moneta unica.
Si tratta insomma di una partita assai
rischiosa che si sta giocando,
sempre sulla pelle dei lavoratori, i cui
attori sono molteplici e che
puo' alla fine risulatare truccata: sulla
scorta di quanto analizzato
da Crocco, chi puo' infatti escludere che gli
USA non stiano facendo
anche il loro specifico gioco per
destabilizzare questo o quel paese -
se ad esempio l'Italia risultasse un fattore
di disturbo nel contesto
dei nuovi equilibri geopolitici, nei Balcani o
all'Assemblea
dell'ONU... - ovvero per destabilizzare il
polo imperialista europeo
nel suo insieme?
A completare questo quadro preoccupante manca
solo qualcosa che
dimostri un coinvolgimento diretto di
personalita' tedesche nel
progetto eversivo per la spaccatura
dell'Italia. Niente paura: sul
numero 4/1997 di LIMES e' apparsa una
intervista a Saverio Vertone
intitolata "L'oro dal Reno? Finanza tedesca e
Lega Nord", nella quale
il senatore di Forza Italia sostiene che la
Lega è finanziata da
gruppi bavaresi ed altri legati ai passati
fasti dell'Impero
asburgico: egli cita la finanziaria Matuschka,
di Monaco di Baviera,
che avrebbe"aiutato" in precedenza sloveni e
croati, e le famiglie del
Nord-Est Stock e Strassoldo.
NOTE:
(1) Citato in: R. Opitz, "Europa-Strategien
des deutschen Kapitals
1900-1945", Colonia 1977 - da pag. 653.
(2) Cfr. Avvenimenti 1/1/1997.
(3) Cfr. A. Sema su LIMES 3/1996.
(4) Cfr. Marco Revelli su "Rifondazione" n.0,
dic.1996.
PER APPROFONDIMENTI: Oltre alle fonti citate
cfr.
tutto il volume di LIMES 3/6 ed il libro di B.
Luvera', "Oltre il
confine" (Il Mulino, Bologna 1996).
RIQUADRO: LA FUEV
La "Federalistische Union Europaeischer
Volksgruppen"
[trad. Unione Federalista dei Gruppi Etnici
Europei]
ha sede a Flensburg, nello Schleswig, al
confine con la Danimarca.
Apparentemente privata, questa organizzazione
si occupa di minoranze
quasi esclusivamente non tedesche diffuse sul
continente, e rivendica
i "diritti dei gruppi etnici" - sin dagli anni
'20 un beneamato
strumento per lo smembramento degli Stati
vicini alla Germania in
unita' territoriali separate. La FUEV nasce
infatti nel
marzo 1928 e viene "rifondata" a Versailles
nel 1949.
Noncurante degli eventi accaduti nel
frattempo, che si pensava
avessero seppellito il "Nuovo Ordine
Europeo" sotto alle macerie
della II G. M., la FUEV rivendica l'eredita'
dei "Congressi Europei
delle Nazionalita'" (1925-1938), che oggi si
tengono infatti
regolarmente ogni due anni. In un suo
proprio documento la FUEV
afferma di voler rappresentare "quasi 100
milioni di abitanti
dell'Europa". Con rispetto per la tradizione,
la sede di Flensburg
dell'organizzazione rievoca la rivista
"Nazione e Stato"
senza minimamente distanziarsi dai suoi
contenuti. Al
contrario: e' proprio una casa editrice gia'
implicata nella
produzione di propaganda antisemita in nome
dei "gruppi etnici"
(Braumueller, di Vienna) a diffondere le
"nuove" concezioni della
FUEV. Mentre la casa editrice viennese di cui
sopra risulterebbe
iscritta nei libri-paga governativi, la
"Fondazione Hermann-Niermann"
di Duesseldorf, che ha finanziato un opuscolo
di presentazione della
FUEV, e' legata a personaggi di estrema destra
come Norbert Burger,
condannato all'ergastolo in Italia per gli
attentati commessi in Alto
Adige.
La FUEV tuttavia e' riconosciuta e collabora
ufficialmente con le
Province di Trento e Bolzano. Ma non solo:
essa gode dello status di
consulente presso il Consiglio d'Europa e
presso l'ONU, tanto che nel
1996 ha per la prima volta partecipato ai
lavori della Commissione ONU
per i diritti umani.
La sua influenza arriva anche al Parlameno
Europeo ed alla CSCE,
cosicche' qualcuno ha osservato che la sua
importanza non le deriva
tanto dall'effettiva rappresentanza dei gruppi
etnici, in molti casi
dubbia, quanto proprio dall'accesso
privilegiato nelle istituzioni
nazionali ed internazionali.
RIQUADRO: IL "PENTAGONO" ETNO-SECESSIONISTA
Insieme alla FUEV (vedi riquadro) ed al VDA
(vedi testo) altri tre
organismi costituiscono quello che su LIMES
3/1996 veniva definito il
"pentagono" del federalismo
etno-secessionista: si tratta del
Movimento PANEUROPA, dell'INTEREG e del Bund
der Vertriebenen (BdV).
- PANEUROPA: movimento guidato da Otto
d'Asburgo, figlio di Francesco
Giuseppe d'Austria, eurodeputato per i
cristianosociali della Baviera,
resosi noto negli ultimi anni per le esplicite
dichiarazioni di
appoggio alle secessioni jugoslave. Il termine
"Paneuropa" sta ad
indicare qualcosa di simile alla Unione
Europea che si sta oggi
costruendo. Negli anni Venti il suo ideologo
Coudenhove-Kalergi
riteneva che "l'annessione dell'Austria e
della Germania alla
Paneuropa significa indirettamente
l'annessione dell'Austria alla
Germania nel quadro dell'Europa... Perciò la
politica
paneuropea è una politica nazionale in
prospettiva...
Per un tedesco nazionalista esistono solo due
strade per
far uscire il suo popolo dal vicolo cieco in
cui si trova oggi:
o la preparazione di una guerra di rivincita
contro i suoi
vicini per la creazione di uno spazio
imperiale i cui confini
corrispondano a quelli dello spazio
linguistico tedesco -
oppure viceversa la preparazione della
Paneuropa, che assicura
a tutti i tedeschi in Europa l'indipendenza
nazionale e l'unità
all'interno di una più grande federazione."
(citato su KONKRET 12/95).
- INTEREG: Istituto internazionale per i
diritti delle nazionalità ed
il regionalismo. fondato nel 1977 in Baviera,
ha sede a Monaco e gode
del sostegno completo, anche finanziario, da
parte della Centrale
Bavarese per la Formazione Politica, che e' un
ente statale. Ha visto
tra i suoi membri anche Otto d'Asburgo, Karl
Mitterdorfer,
vari professori universitari tedeschi ed
austriaci nonche'
il francese Guy Heraud autore del libro "Les
principes du federalisme
et la Federation Europeenne" (1968), vero e
proprio ideologo del
federalismo integrale o "etnico". Il nucleo
fondativo consisteva
comunque in un gruppo di "tedeschi dei Sudeti"
federato al BdV. Si
noti comunque che tra i piu' attivi membri
c'e' persino l'esperto di
politica estera della SPD (socialdemocratici,
oggi al governo) Peter
Glotz, a sua volta tedesco dei Sudeti, secondo
il quale nello
scenario di fine secolo lo Stato nazionale
"deve essere considerato
superato e a livello culturale si deve tornare
alle tribu', alle
piccole unita' linguistiche, etniche,
paesaggistiche".
Insieme alla FUEV l'Intereg organizza i
"Congressi" biennali e
pubblica la rivista "Europa Ethnica", che si
richiama esplicitamente a
"Nazione e Stato", una rivista ideologica del
nazionalsocialismo.
- BdV: Questa "Lega degli Esuli" e' la potente
federazione dei
tedescofoni giunti in Germania Occidentale da
tutta l'Europa dell'Est
dopo la guerra. Ne fa parte anche Koschyk, del
quale si parla nel
testo. Si e' recentemente distinta per la
formulazione di una
serie di progetti di euroregioni "tedesche" in
Polonia (Slesia,
Pomerania, Prussia Orientale) per cui ad
esempio Stettino diventera'
porto franco.
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