[Aggiornamento: due link alla stampa bosniaca]
Pozorišni rad, inspirisan istorijom italijanskog partizana Nela Marinjolija, borca u Jugoslaviji, izvodi se u Bosni i Hercegovini /
Lo spettacolo tratto dai racconti di Nello Marignoli, partigiano viterbese combattente in Jugoslavia, viene rappresentato in Bosnia-Erzegovina.
Pročitaj takodjer:
https://www.tacno.net/mostar/predstava-drug-gojko-na-partizanskom-groblju-u-mostaru/
Dall'attore e autore Pietro Benedetti riceviamo e volentieri riportiamo:
Sono felice di poter riportare nei luoghi dei suoi combattimenti
NELLO MARIGNOLI partigiano viterbese combattente nelle file dell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia.
Il mio spettacolo replicherà in Bosnia-Erzegovina
a MOSTAR – mercoledì 21 settembre 2022 alle 19:30 presso il Caffé Bar Globus,
e con una rappresentazione informale presso il Cimitero Partigiano recentemente raso al suolo dai neofascisti –
a TREBINJE – giovedì 22 settembre 2022 alle 19:30 presso la Galleria del Museo di Erzegovina –
a SARAJEVO
nel corso di una tournée dal 18 e al 23 settembre 2022
con la collaborazione di Emir Voloder, Enisa Bukvić, Nadan Petrović, Museo storico di Trebinje
e con il patrocinio della Ambasciata Italiana.
DRUG GOJKO
Monologo di Pietro Benedetti
Regia di Elena Mozzetta
Uno spettacolo prodotto dal cp ANPI Viterbo tratto dai racconti di Nello Marignoli, partigiano viterbese combattente in Jugoslavia
Ideato da GIULIANO CALISTI E SILVIO ANTONINI
Testi teatrali PIETRO BENEDETTI
Consulenza letteraria ANTONELLO RICCI
Musiche BEVANO QUARTET E FIORE BENIGNI
Foto DANIELE VITA
Davide Ghaleb editore
CSOA Valle Faul Viterbo
Drug Gojko narra, sottoforma di monologo, le vicende di Nello Marignoli, classe 1923, gommista viterbese, radiotelegrafista della Marina militare italiana sul fronte greco - albanese e, a seguito dell'8 settembre 1943, Combattente partigiano nell'Esercito popolare di liberazione jugoslavo. Lo spettacolo, che si avvale della testimonianza diretta di Marignoli, riguarda la storia locale, nazionale ed europea assieme, nel dramma individuale e collettivo della Seconda guerra mondiale. Una storia militare, civile e sociale, riassunta nei trascorsi di un artigiano, vulcanizzatore, del Novecento, rievocati con un innato stile narrativo, emozionante quanto privo di retorica.
«QUELLO CHE DICO, DICO POCO»
Note di Antonello Ricci sullo spettacolo Drug Gojko di Pietro Benedetti
L'inizio è sul dragamine Rovigno: una croce uncinata issata al posto del tricolore. Il finale è l'abbraccio tra madre e figlio, finalmente ritrovati, nella città in macerie.
Così vuole l'epos popolare. Così dispiega la sua odissea di guerra un bravo narratore: secondo il più convenzionale degli schemi, in ordine cronologico.
Ma mulinelli si aprono, di continuo, nel flusso del racconto. Rompono la superficie dello schema complessivo, lo increspano, lo fanno singhiozzare magari fino a contraddirlo: parentesi, divagazioni, digressioni, precisazioni, correzioni, rettifiche, commenti, esempi, sentenze, morali.
Così, proprio così Nello racconta il suo racconto di guerra. Nello Marignoli da Viterbo: gommista in tempo di pace; in guerra, invece, prima soldato della Regia Marina italica e poi radiotelegrafista nella resistenza jugoslava.
Nello è narratore di straordinaria intensità. Tesse trame per dettagli e per figure, una dopo l'altra, una più bella dell'altra: la ricezione in cuffia, l'8 settembre, dell'armistizio; il disprezzo tedesco di fronte al tricolore ammainato; l'idea di segare nottetempo le catene al dragamine e tentare la fuga in mare aperto; il barbiere nel campo di prigionia: «un ometto insignificante» che si rivela ufficiale della Decima Brigata Herzegovaska; le piastrine degli italiani trucidati dai nazisti: poveri figli col cranio sfondato e quelle misere giacchette a -20°; il cadavere del soldato tedesco con la foto di sua moglie stretta nel pugno; lo zoccolo pietoso del cavallo che risparmia i corpi senza vita sul sentiero; il lasciapassare partigiano e la picara «locomotiva umana», tutta muscoli e nervi e barba lunga, che percorre a piedi l'Italia, da Trieste a Viterbo; la stella rossa sul berretto che indispettisce i camion anglo-americani e non li fa fermare; la visione infine, terribile, assoluta, della città in macerie.
Ma soprattutto un'idea ferma: la certezza che le parole non ce la faranno a tener dietro, ad accogliere e contenere, a garantire forma compiuta e un senso permanente all'immane sciagura scampata dal superstite (e testimone). «Quello che dico, dico poco».
Da qui riparte Pietro Benedetti col suo spettacolo Drug Gojko. Da questa soglia affacciata su ciò che non si potrà ridire. Da un atto di fedeltà incondizionata al raffinato artigianato del ricordo ad alta voce di Nello Marignoli. Il racconto di Nello è ripreso da Pietro pressoché alla lettera, con tutti gli stigmi e i protocolli peculiari di una oralità “genuina” e filologica, formulaica e improvvisata al tempo stesso. Pausa per pausa, tono per tono, espressione per espressione. Pietro stila il proprio copione con puntiglio notarile, stillandolo dalla viva voce di Nello.
Questa la scommessa (che è anche ipotesi critica) di Benedetti: ricondurre i modi di un canovaccio popolare entro il canone del copione recitato, serbando però, al massimo grado, fisicità verace del narrare e verità delle sue forme.
Anche per questo la scena è scarna. Così da rendere presente e tangibile il doppio piano temporale su cui racconto e spettacolo si fondano (quello dei fatti e quello dei ricordi): sul fondo un manifesto antipartigiano firmato Casa Pound, che accoglie al suo ingresso Nello-Pietro in tuta da lavoro; sulla sinistra un pneumatico da TIR in riparazione; al centro il bussolotto della ricetrasmittente.
Andiamo a cominciare.
Sullo spettacolo, di e con Pietro Benedetti, si veda anche la nostra pagina dedicata.