Informazione

From: "glr"
Date: Thu Jun 28, 2001 1:37 pm
Subject: MACEDONIA

Caro compagno Curzi,

In seguito alla pubblicazione dell'ignobile articolo sulla situazione
in
Macedonia comparso ieri 27 giugno nel Paginone a firma di Giulia
Solari,
che non oso chiamare compagna, con la ciliegina della velina dell'Acnur
pubblicata senza commento nella stessa pagina 12 del giornale, esempi
di
giornalismo asservito Nato degno di altre testate e solo in parte
corretti dal
bell'intervento del compagno Russo Spena di pagina 13, mi asterr�
dall'acquistare e leggere il giornale per una settimana a partire da
domani,
sperando di non dover ripetere l'astinenza in altre simili occasioni.
Per confronto, ti allego i lanci ANSA del 25 e 26/6 sull'argomento,
senz'altro
pi� equilibrati nonostante la fonte...

Giorgio Ellero
Circolo Centrocitta'
P.R.C. - S.K.P. Trieste

---

Data: 29/06/2001 19:03
Da: "Fulvio"
A: redazione@...
Cc: jugocoord@...
Oggetto: Parlato e Milosevic

CON PREGHIERA DI PUBBLICAZIONE NELLA RUBRICA LETTERE.
DA FULVIO GRIMALDI

Caro Valentino,

con tutto l'annoso rispetto che porto a te e alla tua testata, non
riesco a capacitarmi che il tuo fondo di ieri sull'estradizione di
Milosevic al Tribunale Nato dell'Aja sia stato scritto da una persona
di sinistra e, in particolare, su un giornale che si propone di fare
informazione corretta.
Il tuo commento non si distingue da quelli di coloro che fin
dall'inizio si sono impegnati nel collateralismo all'imperialismo per
smembrare e devastare la Jugoslavia e far avanzare le armate USA e Nato
oltre i confini dell'impero. Sei un bravo ed esperto giornalista.
Perch� ripetere gli stereotipi dell'intossicazione mediatica
guerrafondaia e demonizzatrice? E' "persistente e incredibile delirio
di onnipotenza" quello di un Milosevic che ha accettato
incondizionatamente il verdetto di elezioni presidenziali giudicate
unanimemente corrette? O che � restato in patria, a disposizione
dell'autorit� giudiziaria, ben sapendo che, dopo le decine di arresti
di suoi compagnin di partito ed amici, il ricatto USA dei soldi avrebbe
portato i Quisling al potere a incarcerare anche lui? Milosevic me lo
disse personalmente, quattro giorni prima dell'arresto, che il suo
destino era segnato e che mai avrebbe preso la via della fuga. Che
prove hai per definire Milosevic "criminale di guerra". Non hai seguito
tutte le striscianti ammissioni Nato, ONU, OSCE, UE che hanno fatto
svaporare la pulizia etnica e le fosse comuni in Kosovo (non quelle
contro serbi e altre minoranze) e hanno confermato la tesi degli
analisti e storici veri che si � trattato di una guerra tra forze
regolari di uno stato sovrano aggredito e separatisti al soldo di una
globalizzazione imperialista che doveva eliminare l'ultimo ostacolo
all'espansione verso est del liberismo armato? Perch� definisci
Milosevic "dittatore", cosa che non fa pi� neanche il New York Times?
Fossi andato a Belgrado, perfino durante la guerra, quando tutti gli
stati adottano misure di sicurezza speciali, avresti visto un
parlamento combattivo e l'attivit� indisturbata di decine di partiti,
perlopi� foraggiati dagli USA, dall'UE e da George Soros, e
della "societ� civile" capeggiata da diplomati alle scuole CIA
(National Endowment of Democracy) come Sonia Licht (Fondazione Soros) o
Vesna Pesic. Non esisteva censura. l'80% dei media, la maggiore
televisione e Radio B-92 (del circuito CIA di Free Europe), erano sotto
controllo dell'opposizione. Si tenevano regolari elezioni e
manifestazioni di piazza senza l'ombra dell'apparato militare e delle
botte che sperimentiamo regolarmente in Italia. Sono stati chiusi per
pochi giorni nel 2000 solo due organi: Studio B, televisione di Vuc
Draskovic, e Radio B-92: avevano incitato all'assalto della presidenza
della Repubblica e alla rimozione nel sangue del presidente. In Italia
cosa sarrebbe successo? E le fosse comuni trovate in coincidenza con
l'ordine di Washington di consegnare Milosevic prima della conferenza
che sancir� la terapia shock per la Jugoslavia, gi� adoperata nei paesi
immiseriti e disperati dell'Est? Non ti ricorda qualcosa di simile
periodicamente verificatosi in Italia, magari alla vigilia di elezioni?
Tu, giornalista critico dei maneggi dell'informazione al servizio del
poetre, non hai mai avuto il dubbio che quella intorno a Milosevic
fosse la pi� perfetta opera di demonizzazione mai attuata? Tu,
comunista, non senti come priorit� assoluta l'indicazione della
contraddizione principale all'opera in Jugoslavia: quella tra
imperialismo e libert� e sovranit� dei popoli. Pensi ancora che le
folle disperate, agitate e guidate da Otpor (formazione CIA, per sua
ammissione alla BBC, a me, a tutti), abbiano compiuto, il 5 ottobre
scorso, una rivoluzione democratica? Hai seguito i pogrom messi in
opera da questi democratici e l'occupazione di indistintamente tutti i
centri di potere, le amministrazioni, i sindacati, le istituzioni,
giornali, radio e televisione, negando possibilit� di parola a quello
che rimane il massimo partito dell'opposizione.
Ho assistito a Belgrado a manifestazioni di decine di migliaia di
persone, una folla non inferiore a quella che bruci� il parlamento con
dentro le schede che, in parlamento, avevano dato la maggioranza alle
sinistre.
Erano composte integralmente da operai, donne, contadini, studenti.
Invocavano qualcosa che si chiama sovranit�, dignit�, indipendenza. Ci�
che i cittadini macedoni, anch'essi ora diventati
biecamente "nazionalisti", invocano contro l'invasione della pi�
brigantesca armata di killer e narcotrafficanti apparsa, con la
copertura Nato, nei Balcani. E invocavano Milosevic. E invocavano studi
gratis, che non lo sono pi�, sanit� gratis, che non lo � pi�, lavoro
che non c'� pi� (disoccupazione al 60%, inflazione all'85%, stipendio
medio 100mila lire), fabbriche che hanno chiuso in attesa di essere
svendute alle multinazionali, un futuro per bambini annegati in una
palude di chimica e uranio. Queste cose Milosevic glie le aveva
garantite, queste cose aveva difeso. Sai qual'� l'unico vero rimprovero
che i serbi fanno al "nazionalista" che governava e difendeva lo stato
pi� multietnico e tollerante d'Europa ( chiedilo agli zingari, agli
80.000 albanesi di Belgrado e leggiti il famigerato discorso di Kosovo
Polje, dell'89, 28 giugno, che avrebbe lanciato la pulizia etnica e non
contiene che appelli alla convivenza, alla parit� e al rispetto di
tutti i cittadini)? Di avere alla fine sempre ceduto, di aver accettato
gli eccidi di serbi e il loro esilio per cacciata dai nuovi staterelli
monoetnici nel numero di un milione. Oggi molti capiscono che
nient'altro poteva essere fatto, se non immolarsi in una specie di
Goetterdaemmerung insieme a tutta la Jugoslavia, di fronte alla potenza
militare ed economica, disposta al genocidio, della "comunit�
internazionale".
Pu� darsi che sbagli, ma non credo che i manifestanti proletari di
Belgrado (nella proprozione delle popolazioni in Italia sarebbero stati
600.000), se sapessero l'italiano, apprezzerebbero il tuo articolo. Fa
male, a sinistra, vedere la caduta dei bastioni della verit�. Ma
vedrai, il tempo � galantuomo. Sai qual'� la prima imputazione mossa
dall'Aja - illegale per la Carta dell'ONU, voluta, diretta e finanziata
dagli USA, cio� da una delle parti in causa. Potevi ricordarlo - a
Milosevic? Di aver ordinato quella strage di 42 "civili" a Racak che,
messa in scena dall'UCK e da William Walker, capo dell'Osce e
responsabile degli eccidi di indios in America Centrale negli anni '80,
funse da alibi e innesco alla "guerra umanitaria".
Qui, a me pare, di umanitario, anzi di umano, sulla scena non � rimasto
che Slobodan Milosevic. Un democratico. Un patriota (come lo definisce
la coalizione dei partiti comunisti jugoslavi, l'intero arco
antimperialista internazionale e alcuni tra i massimi studiosi dei
Balcani, come Michael Chossudovski e Diana Johnstone, ma anche la
comunit� ebraica jugoslava e quella kosovara, cacciata dall'UCK).
Molte sono le cose che, anche contro le nostre migliori intenzioni, ci
rendono utili al re di Prussia.

Fulvio Grimaldi

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LA RF DI JUGOSLAVIA NEGA IL VISTO AL SUO PIU' GRANDE AMICO



INTERNATIONAL ACTION CENTER
National: 39 W. 14th St., Ste. 206
New York, N.Y. 10011
(212) 633-6646 Fax: (212) 633-2889
Web page: www.iacenter.org
Email: iacenter@. iacenter.org
Bay Area: 2489 Mission St., Rm. 28
San Francisco, CA 94110
(415) 821-6545 Fax: (415) 821-5782
Ramsey Clark, Chairperson

June 27, 2001

Yugoslavia Ambassador to U.S. Denies Visa to
Ramsey Clark; International Human Rights Attorney
Seeking to Visit Belgrade, as U.S. Pressure to Deport
Milosevic Intensifies

International Action Center Calls for Emergency
Campaign to Grant Visas

In a blow to human rights and due process, the
Yugoslav Ambassador to the United States, Milan
Propic, today refused to issue a visa to former U.S.
Attorney General Ramsey Clark to enter Yugoslavia.

Mr. Clark, who is a renowned international human
rights attorney and is a co-chair of the International
Committee to Defend Slobodan Milosevic, says he will
continue to attempt to enter Belgrade to confer with
others working on that committee. "We are at a
critical moment, with the United States government
attempting to push through the illegal deportation of
Mr. Milosevic by this Friday," said Mr. Clark.

Clark called the visa denial "another consequence
of the intense U.S.-led campaign to force the Yugoslav
government to deport Mr. Milosevic. The real aim of
this campaign, along with ten years of war, blockade
and demonization directed against Yugoslavia, is to
reduce all of the former Yugoslavia to the status of a
U.S./NATO colony."

According to Vladimir Krsljanin, international
secretary of the Socialist Party of Serbia, of which
Mr. Milosevic is chairman, Propic was not acting with
the full the authority of the Yugoslav government.
Krsljanin said that the chief of the cabinet of the
Yugoslav government sent a cable at 7:34 p.m. Belgrade
time 1:34 p.m. in Washington ordering that Mr. Clark
receive his visa.

The embassy also refused a visa to Gloria La Riva,
a videographer and the West Coast coordinator of the
International Action Center, who is accompanying Mr.
Clark. La Riva, who was in Belgrade with Mr. Clark
twice during the bombing as a member of Mr. Clark's
delegation, produced the world-renowned film, "NATO
Targets," about NATO's war against Yugoslavia. Clark
is the founder of the IAC.

Mr. Clark condemned the U.S.-led campaign to label
Mr. Milosevic a war criminal "when the murder
perpetrated by NATO political and military leaders
during 78 days of bombing of civilian targets in
Yugoslavia is still fresh in the memory of the world."

"The undemocratic steps taken to refuse the
defendant and his supporters the right to a
consultation on legal and political questions is
evidence that those in charge in Yugoslavia are
capable of denying the most basic legal rights. We
have to be alert to the possibility that they
will deny Mr. Milosevic the due process of his
appeal of the extradition order and simply kidnap him
to the International tribunal in The Hague," said
Clark.

Clark pledged that "we will attempt to find a way
into Belgrade."

IAC Calls for Emergency Campaign -- Calls and
Emails Needed Immediately!

IAC co-coordinator Sara Flounders, who applied for
the visas from the Yugoslav Embassy in Washington,
said that she was forced to wait over four hours
before being refused for something the clerk said
usually takes five minutes to approve. "The ambassador
and the embassy staff refused to discuss the question
with me. It is absolutely clear that the ambassador
takes his orders from Washington rather than his own
foreign ministry."

"The IAC," Flounders added, "is asking all its
friends and friends of justice and peace worldwide, to
protest this decision to bar Mr. Clark and Ms La Riva
from Yugoslavia, by flooding the Yugoslav embassy with
calls and emails. Time is of the essence."

Ambassador Milan Propic can be reached by phone at
202-332-0333 and by email at yuembusa@. aol.com .
People can also direct protests to the Yugoslav
government in Belgrade.

--30--

Send replies to iacenter@. iacenter.org

This is the IAC announcement
list. Anyone can subscribe by sending
any message to
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ESPLICITE MINACCE MAFIOSE DAL "WASHINGTON POST":
LA JUGOSLAVIA SARA' IL MODELLO PER LA RUSSIA E L'UCRAINA


The Washington Post
Thursday, June 28, 2001

The Yugoslav Model


JUST A couple of months ago, Yugoslavia's new
democratic leaders were making the rounds of Western
capitals to explain why they couldn't possibly arrest
and extradite Slobodan Milosevic and other Serbs
sought by the international war crimes tribunal in The
Hague. Now it seems that within weeks or even days,
they will deliver Mr. Milosevic and maybe others as
well. If they do it will be a triumph for the cause of
international justice and a breakthrough for
Yugoslavia in its slow and painful effort to recover
from Mr. Milosevic's destructive regime. It will also
be a signal achievement by the Bush administration,
which has demonstrated in the case of Yugoslavia that
insisting on principles of human rights can strengthen
fragile democratic governments.

Yugoslavia's democrats and some of their defenders in
Europe were slow to accept that truth. For months
after Mr. Milosevic's overthrow last year, they argued
that arresting him would cause the new democracy to
break down, that turning him over to The Hague would
reignite Serbia's destructive nationalism. Several
European governments appeared more than ready to
accept these arguments. However, the Bush
administration made clear that U.S. support for
Yugoslavia's economic reconstruction would depend on
cooperation with the international criminal court.
That stand forced Yugoslavia's political elite to make
hard choices -- and strengthened those who most favor
democratic reforms and alignment with the West. Just
days before an April deadline for cutting off U.S.
aid, Mr. Milosevic was arrested; now, days before an
international donor's conference for Yugoslavia,
authorities have taken steps to extradite him.

The Bush administration responded yesterday that it
will attend the donor's conference and pledge some of
the $1.1 billion in aid Yugoslavia hopes to raise. But
it correctly stipulated that delivery of the aid will
depend on "Yugoslavia's further steps to fully
cooperate with the tribunal." That continued
conditionality will help ensure the extraditions of
Mr. Milosevic and other Serb war criminals, which in
turn will further strengthen Belgrade's democrats. By
insisting on the enforcement of international norms of
justice and human rights, the Bush administration is
not only standing up for those principles but also
helping to entrench a leadership in Yugoslavia that
can lead the country toward joining the community of
democratic European nations. As the West grapples with
other European nations hoping to make that transition
in the next few years, including Ukraine and Russia,
Yugoslavia may offer a model.


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-----Ursprüngliche Nachricht-----
Von: Klaus von Raussendorff [mailto:raussendorff@...]
Gesendet: Donnerstag, 28. Juni 2001 01:31
An: Klaus von Raussendorff
Betreff: Die Friedensbewegung und der "Fall Milosevic"


Liebe Leute,
in dieser Mail dokumentiere ich:

OFFENER BRIEF DER DEUTSCHEN SEKTION
DES INTERNATIONALEN KOMITEES
FÜR DIE VERTEIDIGUNG VON SLOBODAN MILOSEVIC
AN PRÄSIDENT KOSTUNICA
vom 26. Juni 2001 (englisch und deutsch)
- Anlage 1 -

DAS VORGEHEN DER NATO GEGEN MILOSEVIC
AUS FRIEDENSPOLITISCHER SICHT
Von Ralph Hartmann
(Eine gekürzte Fassung erscheint in "junge Welt" vom 28. Juni 2001)
- Anlage 2 -

WELTWEIT BESTRAFEN?
Von Eberhard Schultz
(Aus "Ossietzky" Jhg. 2001/ Heft 11 u. 12)
- Anlage 3 -

FREIHEIT FÜR SLOBODAN MILOSEVIC!
HÄNDE WEG VON JUGOSLAWIEN!
Aufruf und Namensliste der bisher über 250 Unterstützer aus Deutschland
- Anlage 4 -

I n h a l t d e r T e x t e :

1. Der Brief an Kostunica appelliert an den angeblichen "Legalisten" und

"Patrioten", die Auslieferung von Milosevic zu verhindern. Ferner wird
darin die Zusammenarbeit der deutschen Regierung mit dem Haager Tribunal

verurteilt.
(Anlage 1).

2. Mit der Inhaftierung von Milosevic und 250 weiteren SPS-Mitgliedern
sollen die Kriegsverbrechen der Schröder, Scharping und Fischer etc.
vergessen gemacht werden. Wie dies geschieht, und daß damit neue Kriege
psychologisch vorbereitet werden, und folglich auch die Friedensbewegung

gefordert ist, zeigt Ralph Hartmann, der ehemalig DDR-Botschafter in
Jugoslawien und Autor von zwei Standardbüchern über den Krieg.
(Anlage 2)

3. Anhand der Geschichte der internationalen Strafjustiz seit 1945 zeigt

der Bremer Rechtsanwalt Eberhard Schultz, daß die größten Verbrechen der

imperialistischen Mächte (Hiroshima, Korea, Algerien, Vietnam,
Jugoslawien etc.) nicht gesühnt wurden. Internationale
"Strafgerichtshöfe" lassen die größten Kriegsverbrecher nicht nur
ungeschoren, sie tendieren dazu, ein Instrument der Interessen der
stärksten Mächte zu sein. Das illegale Haager Tribunal ist ein
Paradebeispiel. "Der Fall Milosevic" wird zum Vehikel der weiteren
Unterminierung des internationalen Rechts. Nur ein "Dimitroff-Effekt"
könnte dies verhindern. Auch vor dem in Rom beschlossenen
VN-Strafgerichtshof muß unter diesen Umständen gewarnt werden.
(Anlage 3)

4. Bitte beteiligt Euch an Aktionen gegen die Justizfarce im "Fall
Milosevic". Wer den Aufruf (Anlage 4) für die unverzügliche Freilassung
von Milosevic unterzeichnen möchte, schicke bitte eine

E-Mail an: klaus.hartmann@...



M e i n K o m m e n t a r :

Insoweit die NATO-Regierungen sich einig sind, können sie den Anschein
erwecken, als handelten sie im Namen der Staatengemeinschaft, indem sie
in Wirklichkeit Völkerrecht durch internationales Faustrecht ersetzen.
Warum aber beantragen Rußland und China im Sicherheitsrat nicht die
Auflösung des Haager Tribunals?

Menschenrechtsgesülze schließt Völkerhass nicht aus. Beispiel:
Aussenminister Fischer, Auschwitzverhinderer, Friedensbringer, und
Serbenhasser in einem. Der populärste deutsche Politiker (!) Was
anzeigt: Der "humanitäre" Interventionismus ist im Grunde rassistisch
motiviert, nur raffinierter kaschiert als der rechtsextreme
Nationalismus . Beide Ideologien schaffen die massenpsychologischen
Voraussetzung für die Kriege der Westmächte. Diese aber müssen
demagogisch immer höher pokern. Würden sie sonst das Risiko eingehen,
sich mit den KuKluxKlan-Praktiken des Haager Tribunals, die jeden
empören, der sich ein Minimum an Rechtsdenken bewahrt hat, bitterem
Gelächter auszusetzen?

Mit internationalistischen Grüßen
Klaus von Raussendorff

---------------------------------------------------------
Anti-Imperialistische Korrespondenz (AIK)
Redaktion: Klaus von Raussendorff
Postfach 210172, 53156 Bonn
Tel.&Fax: 0228 – 34.68.50
Email: raussendorff@...

Anti-Imperialistische Online-Korrespondenz
Webmaster: Dieter Vogel
http://home.t-online.de/home/aik-web/
Email: aik-web@...

Wer die AIK nicht empfangen möchte,
schicke bitte eine Mail mit dem Betreff
"unsubscribe" an raussendorff@...

**************************************************************************

Anlage 1

INTERNATIONALES KOMITEE ZUR VERTEIDIGUNG VON SLOBODAN MILOSEVIC
DEUTSCHE SEKTION
INTERNATIONAL COMMITTEE TO DEFEND SLOBODAN MILOSEVIC (ICDSM)
GERMAN SECTION

c/o Klaus Hartmann
Starkenburgring 4
D-63069 Offenbach am Main
T/F: -69 – 83 58 50
e-mail: vorstand@...
URL: www.icdsm.org

OPEN LETTER
to the President of the Federal Republic of Yugoslavia
Dr. Vojislav Kostunica
Fax: +381 11 3015 055, e-mail: Vojislav.Kostunica@...
and to other constitutional organs of the
Federal Republic of Yugoslavia
and of the Republic of Serbia

26 June 2001



Sir!


On behalf of the members of the German Section of the International
Committee to Defend Slobodan Milosevic, I wish to inform you that many
people in Germany who opposed the German Government's participation in
the NATO aggression against your country, are utterly disgusted at the
recent measures of the present Serbian rulers aiming at handing over
your predecessor Slobodan Milosevic to the Hague Tribunal.

The Hague Tribunal arrogates itself the function of an international
judicial body. It has been created by the UN Security Council on the
authority of the UN Charter, Chapter VII. But Chapter VII does not grant

the Security Council the right to create judicial bodies. In setting up
the Tribunal, the Security Council acted ultra vires. The Tribunal is an

illegal body.

Moreover this "court" has been used as a tool by the aggressors. Its
Chief Prosecutors have been acting as surrogate politicians. They have,
of course, refused to deal with the severe war crimes and crimes against

humanity committed by their NATO masters. They try to turn NATO's
victims into criminals. In fact with the "indictment" of the former
president of Yugoslavia this "court" tries to incriminate the entire
nation of Serbs and Yugoslavs, who defended the sovereignty and
integrity of their country.

Until recently you seemed to share the view, that the Hague Tribunal was

a mockery of all principles of a democratic judicial body. You gave your

word to your predecessor never to condone his prosecution by such an
institution.

It was clear to our delegation of jurists headed by the Canadian
attorney Christopher Black, who met in Belgrade with Mr. Toma Fila,
counsel for Mr. Milosevic, with officials of the Ministry of Justice,
with the Deputy Presiding Judge of the Belgrade District Court and with
the Investigative Judge and others involved in Mr. Milosevic's case,
that there is not a shred of evidence that Mr. Milosevic committed any
crime, and that your country is faced with blackmail by the United
States and other aggressor states.

Your country, throughout its glorious history, has withstood the enemies

of its independence. Many times your nation proved, that it could not be

blackmailed, neither in 1914 by Austria (already then trying to usurp
Yugoslav sovereignty in judicial matters), nor in 1941 by fascist
Germany, nor in 1999 by NATO aggressors at Rambouillet. Your country
deserves better than a Government prepared to trade national sovereignty

for a handful of Dollars, which must be paid back many times over.

All peace-loving people in Germany, many of them of Yugoslav origin, who

supported your country's struggle against the genocidal embargo and
aggression, who opposed the racist media campaign against Serbs, and,
last but not least, who showed their solidarity in the form of material
help, wish to deepen the friendship between Germany and your country
struggling to regain an equal position in the community of sovereign and

democratic nations. May all those be ashamed, who act as gravediggers of

their own nation, as enemies of the international peace movement and as
accomplices in the destruction of international law.

We condemn the present German Government not only for their
participation in the criminal NATO aggression against your country but
also for their support of and collaboration with the illegal Hague
Tribunal.

At the same time remembering, that you until recently wanted to be seen
as a "legalist" and a "patriot", we appeal to you to save your country
from shame and damage.

Through you, we also appeal to all those on whom the Yugoslav
constitution bestows the duty of protecting the sovereignty and legal
order of the country.

Our call for the immediate release of Mr. Slobodan Milosevic is made in
the interests of Yugoslavia as well as in the interest of all peace
loving people the world over.

With best regards
sincerely yours

Klaus Hartmann
Spokesperson of the German Section of the International Committee for
the Defense of Slobodan Milosevic


Copies to:
Federal Foreign Minister Svilanovic: +381 11 3618 366
Serbian Minister of Justice Batic: +381 11 685 672


----------------------------------------------------------------------------
------------------------------------

Internationales Komitee für die Verteidigung von Slobodan Milosevic
Deutsche Sektion
International Committee to Defend Slobodan Milosevic (ICDSM)
German Section

c/o Klaus Hartmann
Starkenburgring 4
D-63069 Offenbach am Main
T/F: -69 – 83 58 50
e-mail: vorstand@...
URL: www.icdsm.org


Offener Brief
an den Präsidenten der Bundesrepublik Jugoslawien
Dr. Vojislav Kostunica
Fax: +381 11 3015 055, e-mail: Vojislav.Kostunica@...
und an andere Verfassungsorgane
der Bundesrepublik Jugoslawien und der Republik Serbien

26. Juni 2001


Sehr geehrter Herr Präsident!

Im Namen der Mitglieder der Deutschen Sektion des Internationalen
Komitees zur Verteidigung von Slobodan Milosevic möchte ich Ihnen
mitteilen, dass viele Menschen in Deutschland, die sich der Beteiligung
der deutschen Regierung an der NATO-Aggression gegen Ihr Land
widersetzten, die Maßnahmen der gegenwärtigen serbischen Herrscher, die
auf die Auslieferung Ihres Amtsvorgängers an das Haager Tribunal
abzielen, mit Abscheu betrachten.

Das Haager Tribunal maßt sich die Funktion eines internationalen Organs
der Rechtsprechung an. Es wurde vom UN-Sicherheitsrat auf der Grundlage
von Kapitel VII der UN-Charta eingerichtet. Doch Kapitel VII gibt dem
Sicherheitsrat nicht das Recht, Organe der Rechtsprechung zu schaffen.
Bei der Einrichtung des Tribunals handelte der Sicherheitsrat außerhalb
seiner Rechtsbefugnisse. Das Tribunal ist ein illegales Gremium.

Mehr noch, dieses „Gericht" wird als Werkzeug der Aggressoren
benutzt.
Seine Chefankläger handeln wie Quasi-Politiker. Sie haben sich
selbstverständlich nicht mit den schweren Kriegsverbrechen und
Verbrechen gegen die Menschheit befaßt, die von ihren NATO-Herren
begangen wurden. Sie versuchen, die Opfer der NATO zu Tätern zu machen.
In Wirklichkeit versucht dieses „Gericht", mit der „Anklage"
gegen den
ehemaligen jugoslawischen Staatspräsidenten die ganze Nation der Serben
und Jugoslawen, die die Souveränität und Integrität ihres Landes
verteidigt hat, auf die Anklagebank zu setzen.

Bis vor kurzem schienen Sie die Ansicht zu teilen, dass das Haager
Tribunal eine Verhöhnung aller Grundsätze eines demokratischen,
rechtsprechenden Gremiums ist. Sie gaben Ihrem Amtsvorgänger Ihr Wort,
niemals seine Verfolgung durch eine solche Institution zu dulden.

Für unsere Juristendelegation unter der Leitung des kanadischen
Rechtsanwalts Christopher Black, die in Belgrad mit Herrn Toma Fila, dem

Verteidiger von Herrn Milosevic, mit Vertretern des Ministeriums der
Justiz, mit dem Stellvertretenden Vorsitzenden Richter des Belgrader
Bezirksgerichts, mit dem Untersuchungsrichter und anderen an dem Fall
von Herrn Milosevic Beteiligten zusammentraf, war es offenkundig, dass
es nicht die Spur eines Beweises dafür gibt, dass Herr Milosevic irgend
ein Verbrechen begangen hat, und dass Ihr Land einem Erpressungsmanöver
seitens der Vereinigten Staaten und anderer Aggressor-Staaten ausgesetzt

ist.

Ihr Land hat in seiner ganzen ruhmreichen Geschichte den Feinden seiner
Unabhängigkeit widerstanden. Viele Male hat Ihre Nation bewiesen, dass
sie nicht zu erpressen war, weder 1914 durch Österreich (das damals
schon versuchte, die jugoslawische Souveränität in gerichtlichen
Angelegenheiten zu usurpieren), noch 1941 durch das faschistische
Deutschland, noch 1999 durch die NATO-Aggressoren in Rambouillet. Ihr
Land verdient Besseres als eine Regierung, die bereit ist, die nationale

Souveränität für eine Handvoll Dollars zu verscherbeln, die um ein
Mehrfaches zurückgezahlt werden müssen.

Alle friedliebenden Menschen in Deutschland, viele davon jugoslawischer
Herkunft, die Ihr Land in seinem Kampf gegen das völkermörderische
Embargo und die Aggression unterstützten, die sich der rassistischen
Medienkampagne gegen Serben widersetzten und die nicht zuletzt ihre
Solidarität in Form von materieller Hilfe bewiesen, möchten die
Freundschaft zwischen Deutschland und Ihrem Lande vertiefen, das darum
ringt, eine gleichberechtigte Stellung in der Gemeinschaft souveräner
und demokratischer Staaten wieder zu erlangen. Schämen sollten sich
jene, die als Totengräber der eigenen Nation, als Feinde der
internationalen Friedensbewegung und als Komplizen der Zerstörung des
internationalen Rechts handeln.

Wir verurteilen die gegenwärtige deutsche Regierung nicht nur wegen
ihrer Teilnahme an der verbrecherischen NATO-Aggression, sondern auch
wegen ihrer Unterstützung und Zusammenarbeit mit dem illegalen Haager
Tribunal.

Zugleich appellieren wir an Sie, der Sie kürzlich noch als
„Legalist"
und „Patriot" gelten wollten, Ihr Land vor Schmach und Schaden zu
bewahren.

Durch Sie appellieren wir ferner an all jene, denen die jugoslawische
Verfassung die Verpflichtung auferlegt, die Souveränität und
Rechtsordnung des Landes zu schützen.

Unsere Forderung nach unverzüglicher Freilassung von Herrn Slobodan
Milosevic erheben wir im Interesse Jugoslawiens wie im Interesse aller
friedliebenden Menschen in der ganzen Welt.

Mit freundlichen Grüßen

Klaus Hartmann
Sprecher der Deutschen Sektion des Internationalen Komitees zur
Verteidigung von Slobodan Milosevic



Kopien an:
Federal Foreign Minister Svilanovic: +381 11 3618 366
Serbian Minister of Justice Batic: +381 11 685 672
u.a.


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Anlage 2

DAS VORGEHEN DER NATO GEGEN MILOSEVIC AUS FRIEDENSPOLITISCHER SICHT

Von Ralph Hartmann *

In den frühen Morgenstunden des 1. April 2001, exakt zum Auslaufen eines

US-amerikanischen Ultimatums, wurde Slobodan Milosevic, bis zum 5.
Oktober des Vorjahres Präsident der Bundesrepublik Jugoslawien,
verhaftet. Seitdem befindet er sich im Belgrader Zentralgefängnis in
einer 4,5 mal 3 Meter großen Einzelzelle in Untersuchungshaft.
Beschuldigt wird er der Veruntreuung von Staatsgeldern und des
Amtsmißbrauchs, eine Anklageschrift existiert bisher nicht. Milosevic
hat unmittelbar nach seiner Inhaftierung alle Anschuldigungen in einer
handschriftlichen Beschwerde zurückgewiesen. Laut einer Erklärung seines

Anwaltes Toma Fila vom 5. Juni haben bisher alle Zeugen trotz auf sie
ausgeübten Druckes keine Milosevic belastenden Aussagen gemacht. Der
Anwalt erwartet deshalb neue Beschuldigungen.

Seit seiner Inhaftierung hat Milosevic die Zelle, deren 4. Wand, einem
Raubtierkäfig ähnlich, aus einem Metallgitter besteht, nur einmal, am
12./13. April, wegen akuter Herzbeschwerden, Beschädigung von
Blutgefäßen und drohendem Infarkt für einige Stunden verlassen dürfen.
Nachdem ein 12-köpfiges Ärzte- Konsilium eine Einweisung in ein
Krankenhaus verfügt hatte, wurde er aufgrund des Druckes aus
Regierungskreisen und nach einer weiteren umstrittenen Untersuchung in
der Militärmedizinischen Akademie - drei Ärzte des Konsiliums
verweigerten die Unterschrift - für haftfähig erklärt und mit hohem
Fieber in seine unbeheizte Zelle zurückgebracht. In einem gemeinsamen
Appell schätzten 20 namhafte Ärzte, allesamt Abgeordnete der
Bundesskupstina, den Gesundheitszustand von Milosevic als
besorgniserregend

ein und verlangten eine umgehende Behandlung in einer spezialisierten
medizinischen Einrichtung außerhalb des Gefängnisses. Anfang Juni wurde
diese Forderung auch von der Interpellationskommission der
Bundesskupstina unterstützt.

In den NATO-Staaten wurde die Verhaftung von Milosevic lebhaft begrüßt
und seine Auslieferung an das Internationale Tribunal zur Verfolgung von

Kriegsverbrechen für das ehemalige Jugoslawien in Den Haag gefordert. In

Jugoslawien selbst ist die Auslieferung strittig. Unter massiven Druck
der USA, Deutschlands und anderer NATO-Staaten wird ein "Gesetz über die

Zusammenarbeit mit dem Tribunal in Den Haag" vorbereitet, das selbst von

Belgrader Regierungsmitgliedern als "Auslieferungsgesetz" bezeichnet
wird. Die Sozialistische Partei Serbiens verlangt, daß sich ihr
Vorsitzender außerhalb der Gefängnismauern verteidigen kann, und wendet
sich entschieden gegen eine Auslieferung an das Haager Tribunal. Auch
international formiert sich Protest - am entschiedensten in den
slawischen Ländern und hier wiederum in Rußland, Bjelorußland und in der

Ukraine. In Rußland haben, um nur ein Beispiel zu nennen, 24
herausragende Persönlichkeiten eine Erklärung über die Gründung eines
gesellschaftlichen Komitees für die Verteidigung von Slobodan Milosevic
verabschiedet. Diese hat inzwischen die Unterstützung von 92 von 130
Mitgliedern des Oberhauses des russischen Parlamentes gefunden. Ein
ähnliches Komitee war am Rande des 1. Europäischen Friedenskonvents in
Berlin gegründet worden. Seine Ausstrahlung ist steigerungsfähig. Die
mehrjährige Dämonisierung des Expräsidenten zeigt Wirkung, selbst unter
entschiedenen Gegnern des NATO-Angriffskrieges gegen Jugoslawien.

So ist denn zu fragen: Was kümmert eigentlich die Kriegsgegner, die
Friedensbewegung die NATO-Treibjagd gegen Milosevic, seine Verhaftung,
seine Haft, die drohende Auslieferung an das Haager
Ad-hoc-Kriegsverbrechertribunal? Oder kurz: Was kümmert uns eigentlich
Milosevic? Und ebenso kurz die Antwort: Sehr viel, mehr als die meisten
annehmen - auch die, die meinen, die Verhaftung von Slobodan Milosevic
sei im Rahmen der "Wahrnehmung der legitimen Befugnisse einer
demokratisch legitimierten Regierung" geschehen und eine Auslieferung an

den Haager Gerichtshof müsse eine "Entscheidung des Volkes" sein und
nicht "auf Druck von außen erfolgen".

Um Mißverständnissen vorzubeugen: Es geht nicht um Schuld oder Unschuld
des ehemaligen serbischen und jugoslawischen Präsidenten, es geht nicht
um die Person Milosevic, es geht um den "Fall Milosevic". In den Wirren
und Schrecken der von außen geschürten innerjugoslawischen Konflikte und

Bürgerkriege, in der zehnjährigen Tragöde des Zerfalls der früheren
jugoslawischen Föderation haben unzählige Menschen, Serben und Kroaten,
Moslems und Albaner, Montenegriner und Roma, Frauen, Männer und Kinder
anderer nationaler Zugehörigkeit unermeßliches Leid erfahren. Keiner der

politisch Verantwortlichen in der zusammengebrochenen Föderation und in
den daraus hervorgegangenen neuen Staaten kann von sich behaupten, in
diesem Grauen ohne Fehl und Tadel gehandelt zu haben, frei von jeglicher

Schuld zu sein. Das gilt gewiß auch für Slobodan Milosevic, der zum
Zeitpunkt des offenen Ausbruchs der innerjugoslawischen Krise an der
Spitze Serbiens stand und zu denen gehörte, die bis zuletzt für den
Erhalt des im Feuer des Zweiten Weltkrieges, im Befreiungskampf gegen
die Hitlerwehrmacht entstandenen jugoslawischen Föderation, bestehend
aus 6 Republiken, eingetreten war.

Wie heißt es doch sinngemäß im Johannes-Evangelium? Wer frei von
jeglicher Schuld ist, der werfe den ersten Stein. Auch Slobodan
Milosevic wird diesen Stein ganz gewiß nicht werfen können. Aber was ist

seine Schuld und die vieler anderer politischer Akteure im
jugoslawischen Bürgerkriegsgeschehen im Vergleich zu der, die die auf
sich geladen haben, die sich in die innerjugoslawischen Konflikte und
Bürgerkriege unter Verletzung von Grundnormen des Völkerrechts
eingemischt und diese geschürt haben, die von außen künstliche
Kräfterelationen geschaffen und das furchtbare Blutvergießen verlängert
haben, die aktiv daran mitgewirkt haben, das größere ehemalige
Jugoslawien zu zerschlagen und das kleiner gewordene mit einer
gewaltigen Luftarmada überfallen und in 78 Tagen mehr Sprengstoff
abgeworfen haben als während der vier Jahre des Zweiten Weltkrieges in
dem damals wesentlich größeren Jugoslawien gezündet wurde. Was ist die
mögliche Schuld der Person Milosevic im Vergleich zur Schuld von
Clinton, Schröder, Blair, Scharping, Fischer, Solana und der anderen von

einem Belgrader Bezirksgericht wegen schwerer Kriegsverbrechen zur
jugoslawischen Höchststrafe von 20 Jahren Zuchhaus Verurteilten? Sie
haben zur propagandistischen Absicherung ihrer Einmischungs- und
Aggressionspolitik Milosevic zum "pathologischen Genius des Bösen"
aufgerüstet und zum "anderen Hitler gescheitelt", um ihn jetzt zur
Rechtfertigung eigener Untaten vor ihr eigenes Tribunal in Den Haag zu
bringen.

Nicht die Person Milosevic, der von der NATO geschaffene "Fall
Milosevic" sollte die Friedensbewegung, sollte all jene kümmern, denen
Völkerecht und Gerechtigkeit am Herzen liegen. Dafür sprechen viele
Gründe, drei davon seien genannt:

Erstens, die Forderung nach Auslieferung von Slobodan Milosevic beruht
auf einer Anklage, die das Ad-hoc-Kriegsverbrechertribunal während des
Bombenkrieges am 27. Mai 1999 erhob - kurz nach dem NATO-Raketenangriff
auf das Dragisa- Misovic-Krankenhaus im Belgrader Stadtteil Dedinje und
kurz vor der Bombardierung des Stadtzentrums der Bergarbeiterstadt
Aleksinac. Diejenigen, die für diese und zahllose andere
Kriegsverbrechen, für den Mord an Tausenden von jugoslawischen
Zivilisten und Soldaten verantwortlich sind, erheben Anklage gegen das
jugoslawische Staatsoberhaupt. Die Angreifer, die wider allgemeines und
humanitäres Völkerrecht handelten, fordern die Auslieferung des
damaligen Präsidenten des angegriffenen Staates. Der Gewalttäter erhebt
Anklage gegen den Geschädigten, der Vergewaltiger zerrt die
Vergewaltigte vor Gericht! Ein größerer Hohn auf die Gerechtigkeit, die

die Grundlage jedes nationalen und internationalen Rechtes bilden
sollte, eine groteskere Umkehr aller Rechts- und Moralbegriffe sind nur
schwer vorstellbar.

Doch damit nicht genug. Der ehemalige Präsident Jugoslawiens, des Opfers

des NATO-Überfalls, soll nicht irgendeinem neutralen Gericht überstellt,

sondern einem Tribunal ausgeliefert werden, das unter dem Druck der NATO

installiert wurde, die es personell ausstattet und finanziert. Wer
erinnert sich nicht an die erhellenden Worte des NATO-Sprechers Jamie
Shea, der noch während der Luft-Attacken am 16. Mai 1999 zur
Möglichkeit einer Anklage des Paktes durch das Tribunal erklärte: "Die
NATO ist die Freundin des Tribunals. (...) Es waren die NATO- Länder,
die das Geld für die Einrichtung des Tribunals bezahlt haben, wir
stellen die Mehrzahl der Geldgeber." (1)

Unter Völkerrechtlern ist das Tribunal zu Recht umstritten. Geschaffen
wurde es auf der Grundlage der am 25. Mai 1993 angenommenen Resolution
827 des Weltsicherheitsrates. Bei ihrer Annahme berief sich der Rat auf
Kapitel VII der Charta der Vereinten Nationen. So weit, so gut. Weniger
gut ist allerdings die Tatsache, daß der Sicherheitsrat damit seine von
der Charta festgelegten Befugnisse überschritt. Kapitel VII regelt
bekanntlich die Vollmachten des Rates hinsichtlich der internationalen
Sicherheit. Fragen der Rechtsprechung werden davon in keiner Weise
erfaßt. Kein Staat dieser Erde hat der UNO Strafhoheit übertragen und
nach geltendem Völkerrecht ist der Sicherheitsrat in keiner Weise
befugt, Verfassungen anderer Staaten außer Kraft zu setzen und
internationale Gesetze zu erlassen, mit denen er sich diese Strafhoheit
durch eigene Beschlüsse aneignet. Nebenbei bemerkt, ist das auch der
Grund, weshalb seit Jahren Verhandlungen über die Einrichtung eines
Internationalen Strafgerichtshofes geführt werden, der nicht zufällig
auf den hartnäckigen Widerstand der USA und deren strikte Ablehnung,
eigene Staatsbürger internationaler Strafgerichtsbarkeit zu
unterstellen, stößt. Offenkundig sind die USA nur dann bereit, einem
ständigen internationalen Strafgerichtshof zuzustimmen, wenn er von
Washington beherrscht wird, der pseudo-juristischen Absicherung einer
"humanitären Interventionspolitik" gemäß der Neuen NATO-Strategie dient
und USA-Bürger von seiner Jurisdiktion ausgeschlossen bleiben. Für einen

solchen Gerichtshof trägt das Haager Tribunal Modellcharakter.

Ausgerechnet der Staat, der sich jeglicher internationaler
Strafgerichtsbarkeit entziehen will, der in Vietnam - um nur das
gravierendste Beispiel aus einer langen Kette von Aggressionen und
Interventionen zu nennen - millionenfachen, bis heute nicht gesühnten
Tod unschuldiger Menschen zu verantworten hat, der die Aggression gegen
Jugolawien anführte, steht an der Spitze derer, die den ehemaligen
Präsidenten des überfallenen Landes vor Gericht stellen wollen. Das
widerstandslos hinzunehmen, hieße nichts anderes als vor hegemonialer
Willkür zu kapitulieren.

Zweitens, Druck und Erpressung sind Markenzeichen imperialistischer
Politik. Nirgendwo in Europa sind sie seit der Zerschlagung des Dritten
Reiches so schamlos offen eingesetzt worden wie gegen Jugoslawien und
insbesondere gegen Serbien. Mit würgenden Sanktionen wurde ein ganzes
Volk nahezu zehn Jahre lang als Geisel genommen. Mit militärischen
Drohungen und Ultimaten wurde Belgrad im tragischen, aber
innerjugoslawischen Kosovo-Konflikt zu immer neuen Zugeständnissen zu
Lasten seiner staatlichen Souveränität gepreßt - solange, bis in
Rambouillet die Grenze der Belastbarkeit erreicht und für die NATO der
Vorwand für den Luftkrieg geschaffen war. Nach dem Krieg wurde die
erpresserische Politik nahtlos fortgesetzt: Aufhebung der politischen
und ökonomischen Sanktionen erst dann, wenn in Jugoslawien "der
Diktator" Milosevic, gern gebrauchtes Synonym für die Herrschaft der
Sozialistischen Partei, gestürzt und durch die "demokratische
Opposition" ersetzt wird. Als das mit massiver ausländischer
Unterstützung und mit den zu einer Volksbefragung über die Fortdauer
oder Beendigung der Sanktionen umfunktionierten Wahlen vom 24. September

2000 und dem nachfolgenden Sturm auf das Gebäude der Bundesskupstina
erreicht war, konzentrierte sich der Druck endgültig auf die Forderung
nach Verhaftung und Auslieferung des gestürzten Präsidenten.

Unverhüllt stellten die USA den neuen Regierenden in Belgrad das
Ultimatum, Slobodan Milosevic bis zum 31. März 2001 zu verhaften und
auszuliefern, anderenfalls könne das mit Sanktionen gequälte, von
NATO-Raketen zerstörte Land nicht mit einer amerikanischen Soforthilfe
von 50 Millionen Dollar und dem damit verbundenen Zugang zu Weltbank,
Internationalem Währungsfonds und überlebensnotwendigen neuen Krediten
rechnen. Die serbische-Regierung wies das Ultimatum zurück und ließ
Milosevic exakt am letzten Tag der gestellten Frist verhaften.

Die ultimative Forderung Washingtons nach präzise terminierter
Auslieferung von Milosevic bei Strafe der Verweigerung von Finanzhilfen,

in denen Professor Wolfgang Richter "ein Zeichen für eine weitere
Verwilderung des Völkerrechts" (2) sah, erzwang die Verhaftung des
Expräsidenten und machte diese zugleich zu einem Schmierenstück, wie es
es auf der an politischen Tragödien und Komödien reichen Belgrader
politischen Bühne noch nicht zu bewundern war.

Der Präsident Jugoslawiens, Vojislav Kostunica, befand sich zum
Zeitpunkt der Verhaftung seines Vorgängers außer Landes, über das
Vorgehen des serbischen Innenministeriums war er nicht informiert worden

und bezeichnete es später als "unbedacht und unbeholfen". Der
Ministerpräsident Serbiens, Zoran Djindjic, zeigte sich uninformiert.
Nach eigener Aussage wußte er nichts von der Verhaftung und sah in den
ersten dramatischen Stunden mit seinem Sohn Luka im Fernsehen den
aufregenden Film "Der Gladiator". Der erste, fehlgeschlagene Zugriff der

Justiz erfolgte durch eine Einsatzgruppe des Innenministeriums, die ohne

Haftbefehl - dieser wurde erst tagsdarauf ausgefertigt - aber
schwerbewaffnet und wie Geiselnehmer strumpfmaskengetarnt in die
Residenz des Expräsidenten eindrang. Die von der Armee gestellte kleine
Leibgarde schlug den nächtlichen Angriff zurück, was den Bundesminister
des Inneren, Zoran Zivkovic, später vom Versuch eines kleinen
Militärputsches und die Medien gar von der Gefahr eines Bürgerkrieges
sprechen ließ. Ungeachtet der fehlgeschlagenen Festnahme, die alle
Anzeichen eines versuchten Kidnappings trug - immerhin haben die USA
dafür eine Belohnung von 5 Millionen Dollar ausgeschrieben - meldeten
jugoslawische Medien, Politiker und anschließend die Weltagenturen die
Inhaftierung des "Diktators". Während im fernen Washington Richard
Holbrooke das jubelnd kommentierte und erklärte, daß die USA mit Druck
alles erreichen könnten, zeigte sich Milosevic seinen vor der Residenz
versammelten Anhängern. Insgesamt 36 Stunden währten die
Auseinandersetzungen um die Verhaftung - zwischen jugoslawischen
Präsidenten und serbischen Ministerpräsidenten, zwischen Armee, Polizei,

Innenministerium und Geheimdienst - bis sich Slobodan Milosevic nach
langen Verhandlungen und Vorlage des Haftbefehls ins Belgrader
Zentralgefängnis begab und dem Haftrichter vorgeführt wurde. Seine
politischen Widersacher - in der Zwickmühle zwischen einer noch breiten
Front der Verhaftungs- und Auslieferungs-Gegner und dem erbarmungslosen
Druck der NATO-Häscher - hätten ihn scheinbar am liebsten tot gesehen.
So wurde vom serbischen Innenminister Dusan Mihajlovic auch verbreitet,
Slobodan Milosevic habe in seiner Residenz erklärt, daß man ihn lebend
nicht ins Gefängnis bringen werde. In Wahrheit soll er laut einem Augen-

und Ohrenzeugen zum Zeitpunkt des martialischen Überfalls seitens der
maskierten Einsatzgruppe wörtlich geäußert haben: "Aufrecht habe ich
gelebt, aufrecht werde ich auch sterben."

Die Einhaltung des USA-Ultimatums durch die serbische Regierung und die
Inhaftierung von Milosevic wurde in den NATO-Staaten bejubelt. Joseph
Fischer, bundesdeutscher Außenminister, begrüßte die Verhaftung,
bescheinigte, ganz im Gegensatz zum Präsidenten Jugoslawiens, der
jugoslawischen Regierung ein "besonnenes Vorgehen" und forderte die
Überstellung des Verhafteten an den "Internationalen Strafgerichtshof
für Jugoslawien". (3)

USA-Präsident Bush entschied, die in Aussicht gestellten 50 Millionen
Dollar freizugeben. Sein Außenminister Powell forderte Belgrad jedoch
unmißverständlich auf, mit dem Haager Tribunal "voll zu kooperieren" und

Milosevic auszuliefern, anderenfalls sei die Unterstützung Washingtons
für die geplante internationale "Geberkonferenz", von der die
jugoslawische Regierung umfangreiche neue Kredite erwartet, nicht
sichergestellt. Damit waren die Signale auf eine Fortsetzung des
erpresserischen Druckes auf Jugoslawien gestellt und seitdem vergeht
kaum ein Tag, an dem Washington, London, Berlin, die NATO oder der
Gerichtshof selbst nicht die Auslieferung Milosevics fordern.

Ende Mai 2001 begrüßten die Außenminister der NATO-Staaten auf ihrer
Tagung in Budapest ein übriges Mal die Verhaftung von Milosevic und
verlangten die Annahme des Gesetzes über die Zusammenarbeit mit dem
Haager Tribunal. Zeitgleich machte Washington seine Teilnahme an der für

den 29. Juni vorgesehenen "Geberkonferenz" von der Erfülung von drei
Bedingungen abhängig: Annahme des "Auslieferungsgesetzes, Überstellung
einer Reihe von auf jugoslawischem Territorium lebenden Personen an das
Gericht, Einleitung des Prozesses der Auslieferung von Milosevic.

Die Drohung, Jugoslawien den Geldhahn zuzudrehen, zeigt angesichts einer

Gesamtverschuldung von 11 Milliarden Dollar Wirkung. Schon am 30. Mai
erklärte der serbische Premier Djindjic: "Wenn dieses Gesetz (über die
Zusammenarbeit mit dem Haager Tribunal) nicht angenommen wird, so wird
es zu einer Krise der Geberkonferenz kommen, auf der die Fragen eines
Stand-by-Abkommens, einer Umschuldung und einer Reduzierung unserer
Schulden behandelt werden." Damit, so fügte Djindjic hinzu, würde die
Bundesrepublik Jugoslawien in eine sehr ernste ökonomische, finanzielle,

politische und internationale Krise geraten. (4) Wenige Tage später
erklärte er in einem Interview mit "El Mundo", daß Jugoslawien Milosevic

ausliefern müsse, da es sich den Luxus nicht leisten könne, die
erforderliche ökonomische Hilfe zu verlieren. (5) Und am 13. Juni
erklärte er gar im serbischen Fernsehen: "Der Preis für eine
Nichtzusammenarbeit (mit dem Haager Tribunal) ist der Untergang des
Landes." (6)

Trotz dieser innen und außen aufgerichteten Drohkulisse hat die
Sozialistische Volkspartei Montenegros, Koalitionspartner der DOS, ihren

Widerstand gegen das Auslieferungsgesetz bisher nicht aufgegeben. Das
ist der Grund dafür, daß die Föderationsregierung am 14. Juni den
Gesetzentwurf nur in geheimer Abstimmung gebilligt und damit auf den
parlamentarischen Weg gebracht hat. Sollte er hier doch noch scheitern,
so hat der jugoslawische Innenminister bereits eine Lösung parat. In
einem Interview mit dem Belgrader "Radio B92" erklärte er wörtlich: "Es
ist besser mit dem Haager Tribunal mit Hilfe eines Gesetzes
zusammenzuarbeiten, aber wenn die Not (sprich: der Druck der NATO) dazu
zwingt, dann kommt es zur Zusammenarbeit auch ohne Gesetz." (7)

Die Verrohung der internationalen Sitten setzt sich fort. Das Ausmaß der

Folgen für das in Jahrhunderten entstandene internationale Rechtssystem
sind noch nicht voll abzusehen. Einen kräftigen Vorgeschmack auf die
weitere Ausbildung der von Bush senior bereits 1990 proklamierten "Neuen

Weltordnung" gibt das Vorgehen der von den USA geführten NATO gegen
Milosevic allerdings. Exemplarisch führt es vor, wie das Recht der
Gleichberechtigten, UNO-Charta und Völkerrecht vom Unrecht der
Stärkeren, vom Faustrecht abgelöst werden sollen.

Drittens, die Zahl derer, die den NATO-Führern bei der Verfolgung
Milosevics legalistische oder gar edle Motive unterstellen, dürfte sich
in relativ engen Grenzen bewegen. Zu Recht, denn wer kann schon allen
Ernstes annehmen, daß die Verantwortlichen für den Angriffskrieg gegen
Jugoslawien nach Recht und Unrecht in den jugoslawischen Bürgerkriegen
suchen, daß Bush, Schröder, Blair, Solana, Fischer, Scharping und die
anderen Milosevic verfolgen, weil sie solche Wahrheitsapostel und
Gerechtigkeitsfanatiker sind oder über Nacht zu solchen geworden sind?

Es geht ihnen um eine Strafaktion, denn die Jugoslawen, die Serben und
ihr viermal in höchste Staatsämter gewählter Repräsentant hatten es
gewagt, der NATO den Gehorsam zu verweigern. Einer der renommiertesten
USA-Wissenschaftler, der Bostoner Professor Noam Chomsky, hat dieses
Vorgehen recht drastisch auf den Punkt gebracht, als er dazu das Bild
des Mafia-Bosses verwandte: "Wenn jemand kein Schutzgeld bezahlt, dann
muß der Mafia-Boss seine 'Glaubwürdigkeit' wieder herstellen, damit
nicht noch andere auf die dumme Idee kommen, den Gehorsam zu verweigern.

Was Clinton

Co sagen ist: Es ist notwendig, daß alle genügend Angst vor dem
Weltpolizisten haben." (8)

Nach dem Krieg gegen Jugoslawien, der als Probelauf für die Neue
NATO-Strategie bei weitem nicht so glatt und erfolgreich gelaufen ist,
wie es sich ihre Autoren vorgestellt hatten, wollen die USA und die NATO

im "Fall Milosevic" die Rolle des Polizisten, des Anklägers und des
Richters in einem spielen.

Doch das Vorgehen gegen Milosevic ist nicht nur Machtdemonstration und
Strafaktion. Die NATO verfolgt in seinem Fall noch andere, sogar
nachvollziehbare Ziele. Ihr völkerrechtswidriger Angriffskrieg hat trotz

Massenmanipulation - bei allen leider notwendigen Einschränkungen -
weltweit Empörung hervorgerufen. Je klarer die Wahrheit über die
Vorbereitung des Krieges und die menschenverachtende Kriegsführung ans
Licht kam, je überzeugender und faktenreicher die Kriegslügen widerlegt
wurden, desto kläglicher fielen die Versuche aus, den Angriffskrieg zu
verteidigen. In Bezug auf ihren Balkan-Krieg steht die NATO heute trotz
ihrer Propaganda-Maschinerie ziemlich nackt da. In dieser Lage, so das
Kalkül ihrer Führer, könnten die Überstellung von Milosevic nach Den
Haag, ein Schauprozeß und seine Verurteilung Wunder bewirken, die NATO
weißwaschen und ihren Krieg im nachhinein legitimieren. Wenn
"nachgewiesen" wird, daß Milosevic der Hauptverantwortliche für
Menschenrechtsverletzungen, Vertreibungen, Blutvergießen und Krieg ist,
dann hat die NATO letztlich doch einen gerechten Krieg für die
Menschenrechte geführt. Auf der falschen Seite haben dann die gestanden,

die die Aggression verurteilten, die vor der Berliner Gedächtniskirche
Tag für Tag protestiert, die von Frankfurt am Main bis an Frankfurt an
der Oder demonstriert haben, die in Kassel Maßnahmen gegen den Krieg
berieten und beschlossen, die zum Zeichen der Solidarität im
Raketenhagel zu ihren Gewerkschaftskollegen nach Jugoslawien reisten,
die als Mitglieder der Jury, Ankläger, Zeugen und Gutachter der
internationalen Tribunale über den NATO-Krieg wirkten und all die
anderen, die gegen den Krieg aufgestanden waren. So würden auf die
Anklagebank in Den Haag nicht nur Milosevic gebracht, sondern auch die
überfallenen Serben, Jugoslawen und mit ihnen die, die gemeinsam mit
ihnen "Schluß mit dem Krieg!" und "Frieden jetzt!" riefen.

So betrachtet, ist Klaus Hartmann, dem Präsidenten der Weltunion der
Freidenker, zuzustimmen, wenn er im Vorgehen der NATO gegen Milosevic,
ganz gleich, wie man ihn beurteilt, eine Herausforderung der
Friedensbewegung sieht. (9)

Die Friedensbewegten, die sich entschieden gegen den NATO-Krieg
stellten, die auf Tribunalen in Berlin, New Yorck und an vielen anderen
Orten die Verantwortlichen des schweren Verstoßes gegen geltendes
zwingendes Völkerrecht schuldig sprachen, können nicht schweigend und
tatenlos zusehen, wenn die NATO mit Hilfe des "Falles Milosevic" den
Versuch unternimmt, die Kriegsursachen zu verfälschen, den Krieg doch
noch zu legitimieren und damit wiederholbar zu machen. Für die
Friedensbewegung ist das ganz gewiß eine außerordentlich schwierige
Aufgabe - angesichts der Manipulation von großen Teilen der
Öffentlichkeit und der fortdauernden Dämonisierung des Ex-Präsidenten,
der Vielschichtigkeit der innerjugoslawischen Krise und der
unterschiedlichen Auffassungen und Erkenntnisse zur Rolle, Verantwortung

und Schuld ihrer Protagonisten. Nicht leichter wird diese Aufgabe auch
durch den Umstand, daß in Jugoslawien die politischen Gegner von
Milosevic die Regierungsgeschäfte übernommen haben, die nach bewährtem
Muster politischer Strafverfolgung alles daran setzen, das gestürzte
Regime der Sozialistischen Partei zu delegitimieren und zu
kriminalisieren. Hinzu kommt, daß den Jugoslawen unter dem Druck der
NATO nahezu tagtäglich eingehämmert wird, die Überstellung von Milosevic

sei eine internationale Verpflichtung, ohne deren Erfüllung es für das
serbische Volk keinen Ausweg aus der ökonomischen Misere, ja keine
Zukunft gäbe.

Wahrlich, dem erpresserischen Vorgehen der NATO im "Fall Milosevic" und
den damit verbundenen Absichten Paroli zu bieten, ist kein leichtes
Unterfangen. Aber, so darf man fragen, wann schon war das Eintreten für
friedliche internationale Beziehungen, für Recht und Gerechtigkeit,
gegen NATO- und Medienmacht eine leichte Aufgabe?

Fußnoten:------------

(1) Tanjug-Bericht über die Pressekonferenz von NATO-Sprecher Shea vom
16.5.1999

(2) Interview mit Prof. Wolfgang Richter, Vorsitzender der Gesellschaft
für Bürgerrecht und Menschenwürde, mit junge Welt, 2.4.2001

(3) Erklärung von Bundesaußenminister Fischer, dpa 2.4.2001

(4) SRNA, 30.5.2001

(5) El Mundo, 4.6.2001

(6) Erklärung von Zoran Djindjic im RTS, 13.6.2001

(7) "Radio B92", 5.6.2001

(8) Zitiert nach Winfried Wolf: Bombengeschäfte. Zur politischen
Ökonomie des Kosovo-Krieges, Hamburg 1999, S.122

(9) Interview mit Klaus Hartmann, Präsident der Weltunion der
Freidenker, junge Welt, 26.3.2001

Der Autor:------------

*Ralph Hartmann machte die vorliegenden Ausführungen auf der Beratung
der deutschen Sektion des Europäischen Friedensforums (European Peace
Forum) am 16. Juni 2001 in Berlin. Eine gekürzte Fassung erschien in
"junge Welt" v. 28. Juni 2001. Der Autor war von 1982 bis 1988
Botschafter der DDR in Jugoslawien. Im Dietz-Verlag Berlin erschienen
von Ralph Hartmann kürzlich "Die glorreichen Sieger: die Wende in
Belgrad und die wundersame Ehrenrettung deutscher Angriffskrieger,
Berlin 2001 und zuvor "Die ehrlichen Makler: die deutsche Außenpolitik
und der Bürgerkrieg in Jugoslawien - Eine Bilanz", Berlin 1999.


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Anlage 3
Aus: Ossietzky - Zweiwochenschrift für Politik, Kultur, Wirtschaft -
Jrg. 2001/ Heft 11 u. 12

WELTWEIT BESTRAFEN?

Von Eberhard Schultz



Ein faszinierender Gedanke: die großen und kleinen Diktatoren,
Kriegsverbrecher und Folterknechte aller Länder hinter Gitter zu
bekommen und durch einen weltweit anerkannten Gerichtshof abgeurteilt zu

sehen. Endlich wären die jahrzehntelangen Bemühungen internationaler
Menschenrechtsorganisationen, allen voran amnesty international, von
Erfolg gekrönt. Faszinierend – vielleicht. Aber realistisch? Oder
eher
Wunschtraum eines säkularisierten „Jüngsten Gerichts„ im
dritten
Jahrtausend n. Chr.? Bedrohliche Verheißung eines grassierenden
„Menschenrechtsimperialismus„?

Das ambitionierte Projekt des internationalen Strafgerichtshofs, das
nach jahrelangen Vorarbeiten vor allem von Nichtregierungsorganisationen

1998 in Rom von einer größeren Zahl von Staaten beschlossen wurde (s.
den Beitrag von Wolfgang Kaleck in Ossietzky 9/2001), nimmt immer
konkretere Formen an; der Entwurf eines Statuts mit 91 Artikeln (mehr
als 50 Seiten), einer Art Strafgesetzbuch mit acht umfangreichen
Artikeln (48 Seiten), einer Art Strafprozeß- und Beweisordnung mit 22
Regeln (100 Seiten) harren der Umsetzung. Zwar gibt es inzwischen etwa
140 Unterzeichnerstaaten, der Gerichtshof kann aber erst eingerichtet
werden, wenn 60 Staaten den Vertrag ratifiziert haben; dies ist erst in
28 Staaten geschehen (Stand März 2001), darunter Deutschland. Die USA
haben das Statut nach langem Zögern kürzlich unterzeichnet, gleichzeitig

aber wichtige Änderungen vorgeschlagen, u.a. die Möglichkeit, daß ein
einzelnes Mitglied des UN-Sicherheitsrats per Veto Untersuchungen und
Strafverfolgung verhindern kann.

Skepsis scheint also angebracht, nicht erst seit der spanische
Untersuchungsrichter Garzon verlauten ließ, nach Chiles Diktator
Pinochet nun auch Kubas amtierendes Staatsoberhaupt Fidel Castro
verfolgen zu wollen, und nachdem die Chefanklägerin des Haager
Ad-hoc-Jugoslawien-Kriegsverbrechertribunals erste Erfolge bei der
Verfolgung des früheren jugoslawischen Ministerpräsidenten Milosevic
verzeichnen kann, den die dortigen Behörden unmittelbar vor Ablauf eines

mit finanzieller Erpressung verbundenen Ultimatums der USA inhaftierten.

Es könnte sich herausstellen, daß die Triumphgesänge, die die Verhaftung

des chilenischen Diktators Pinochet begleiteten, voreilig waren, wird er

doch voraussichtlich nicht als Kriegsverbrecher den Rest seines Lebens
hinter Gittern verbringen, sondern als freier Mann seinen Ruhestand
genießen; voreilig vielleicht auch, weil schon damals absehbar war, daß
das eigentliche Ziel nicht Pinochet ist und schon gar nicht die
Hauptschuldigen hinter Pinochet, also die CIA und die US-amerikanische
Regierung, sondern Revolutionäre, die wie Castro für die nationale und
soziale Befreiung ihrer Völker kämpfen.

Internationale Strafjustiz ist nichts Neues. Historische Vorläufer gibt
es gerade bei uns. Also müssen die historischen Erfahrungen
berücksichtigt und die konkreten Bedingungen und Interessen des
gegenwärtigen Projekts kritisch bewertet werden.

Die schlimmsten Verbrechen des vorigen Jahrhunderts sollten in den
internationalen Kriegsgerichten von Nürnberg und Tokio geahndet werden,
die auf Betreiben der Alliierten, also der Anti-Hitler-Koalition, gleich

nach Ende des Zweiten Weltkrieges ihre Arbeit aufnahmen. Tatsächlich
haben sie eine Reihe der wichtigsten Kriegsverbrecher in gründlich
vorbereiteten, aufsehenerregenden, im wesentlichen fairen Verfahren
verurteilt und so ihren Beitrag zur Bewältigung der größten staatlich
organisierten Massenmorde in der Geschichte der Menschheit geleistet.
Mit Beginn des Kalten Krieges wurden die weiteren Verfahren jedoch
verschleppt und kamen – wie die gegen die Deutsche Bank, Dresdner
Bank
u. a. – nicht mehr zustande. Zu lebenslanger Haft verurteilte
Kriegsverbrecher wurden schnell begnadigt und freigelassen. Die USA
scheuten sich nicht einmal, international gesuchte Kriegsverbrecher in
ihren staatlichen Dienst zu stellen.

Christopher Simpson weist in seiner umfassenden wissenschaftlichen
Studie „Der amerikanische Bumerang: NS-Kriegsverbrecher im Sold
der USA„

(New York und Wien 1988) anhand offizieller Quellen der US-Regierung,
des Außenministeriums, des Verteidigungsministeriums, des FBI und der
Geheimdienste, insbesondere des nationalen Sicherheitsrates, der CIA
usw. nach, in welchem Ausmaß ehemalige Nazis und Kollaborateure
mitbestimmend für den Kalten Krieg waren. Er zeigt auf, wie es zunächst
der Army überlassen blieb, für die tägliche Betreuung tausender
„Emigranten-Guerillas„ der CIA zu sorgen. Simpson schreibt:
„Hier
tauchten auch Exilagenten unter, die für die sogenannte
‚Organisation
Gehlen‘ – hervorgegangen aus dem Geheimdienst der Wehrmacht
im Zweiten
Weltkrieg –, die CIA oder den militärischen Geheimdienst der USA
arbeiteten. So war es der amerikanische Geheimdienst, der eine Truppe
von ehemaligen Waffen-SS- und Wehrmachtssoldaten... finanzierte und
bewaffnete.„ In den folgenden Jahrzehnten hätten die USA
„ähnliche
subversive Emigrantenprogramme auf die ganze Welt ausgedehnt und
intensiviert„. Operationen mit Veteranen der Waffen-SS seien
„zum
Vorbild tausender anderer Geheimoperationen der USA„ geworden.

Ebenso wenig wie Kriegsverbrechen der alliierten Siegermächte im Zweiten

Weltkrieg – z. B. die Atombomben auf Hiroshima und Nagasaki
– waren die
späteren der USA in Korea und Vietnam oder Frankreichs in Algerien
jemals Gegenstand der internationalen Strafjustiz. Eine erste
öffentlichkeitswirksame Auseinandersetzung mit US-Verbrechen in Vietnam
fand in den sechziger Jahren statt. Höhepunkt war das internationale
Russell-Tribunal unter Vorsitz von Jean Paul Sartre. Die
Lelio-Basso-Stiftung führte diese Tradition mit einer Reihe weiterer
Tribunale fort. Die symbolische Verurteilung der Kriegsverbrechen und
Kriegsverbrecher entfaltete zeitweilig große politische und moralische
Wirkung, eine tatsächliche Strafverfolgung oder gar Bestrafung der
Verantwortlichen konnte daraus nicht resultieren.

Demgegenüber wurden in den neunziger Jahren sogenannte
Ad-hoc-Kriegsverbrechertribunale zu Jugoslawien und Ruanda eingerichtet,

allerdings auf fragwürdiger Grundlage, nämlich auf Drängen Madeleine
Albrights durch den US-dominierten Sicherheitsrat der Vereinten Nationen

und nicht, wie vom damaligen UN-Generalsekretär gefordert, durch einen
„internationalen Vertrag, ausgearbeitet und anerkannt von den
Mitgliedsstaaten, denen volle Souveränität zugestanden wird„. Der
völker- und menschenrechtlich engagierte frühere US-Justizminister
Ramsay Clark kritisierte: „Durch das gezielte Vorgehen mit
Ad-hoc-Tribunalen und der Anklage wegen Völkermord gegen einzelne Gegner

erreichen sie (die USA) deren internationale Isolierung, üben auf deren
eigene Länder Druck aus, sie von der Macht zu entfernen, korrumpieren
und politisieren die Justiz und benutzen den Anschein des neutralen
internationalen Rechts, um Gegner als Kriegsverbrecher zu verurteilen
und zu bestrafen und selbst als Vorkämpfer des Rechts dazustehen.„

In der Bundesrepublik Deutschland hat sich bereits eine Tradition
grenzüberschreitender Strafjustiz entwickelt. So erhob, um ein Beispiel
zu nennen, der Generalbundesanwalt 1988 (im Rahmen des ersten
„Terrorismusverfahrens„ gegen Anhänger einer ausländischen
Befreiungsbewegung) Anklage gegen einen PKK-Führer wegen eines
angeblichen Tötungsdelikts an einem Kurden im Libanon, nachdem er kurz
zuvor die PKK zum „Hauptfeind der inneren Sicherheit„ der
BRD erklärt
hatte. Das Oberlandesgericht Düsseldorf, das seine Zuständigkeit
zunächst nicht für gegeben hielt, wurde vom Bundesgerichtshof eines
Besseren (?) belehrt und mußte über das Tötungsdelikt im Libanon Beweis
erheben, weil ein Fall der „stellvertretenden
Strafrechtspflege„
vorliege.

Seit einigen Jahren erhebt der Generalbundesanwalt Anklagen gegen
Jugoslawen, vor allem Serben, den er anlastet, in Jugoslawien an anderen

Jugoslawen Verbrechen des Völkermords begangen zu haben. Inzwischen
klagt er Jugoslawen auch wegen anderer Kapitalverbrechen an. Etliche
dieser Verfahren endeten mit hohen Strafen, bestätigt vom
Bundesgerichtshof.

Demgegenüber hat der Generalbundesanwalt eine von mir in der ersten
Hälfte der neunziger Jahre im Auftrage von ParlamentarierInnen und
Menschenrechtsorganisationen vorgelegte Strafanzeige gegen
bundesdeutsche Betriebe und Behörden wegen Beihilfe zum Völkermord an
den Kurden in der Türkei nicht zur Einleitung eines
Ermittlungsverfahrens angenommen, weil der „erforderliche
Anfangsverdacht„ fehle – ähnlich wie er später die
Strafanzeigen gegen
verantwortliche Regierungsmitglieder und Generäle wegen des unerklärten
Angriffskriegs gegen Jugoslawien abgelehnt hat.

Schon diese wenigen Beispiele – oder auch die Strafverfolgung
früherer
DDR-Hoheitsträger wegen der Tötungsdelikten an der Grenze – zeigen
die
Fragwürdigkeit internationaler Strafjustiz. Allzu leicht wird sie im
Sinne hegemonialer Interessen zur Kriminalisierung des politischen
Feindes instrumentalisiert. Auf sie scheint also zu passen, was der
große Rechtslehrer Otto Kirchheimer als wesentliches Merkmal politischer

Justiz analysiert hat und was Ingo Müller in seiner Untersuchung der
NS–Justiz so zusammengefaßt hat: „Recht reduziert sich für
sie
weitgehend auf einen Kanon von Rechtstechniken, einschließlich derer,
die im ‚Dritten Reich’ – zum Teil auch schon früher
– zur Vernichtung
des ‚Feindes’ entwickelt worden waren.„

Aber, könnte man einwenden, gerade das soll ja durch einen wirklich
unabhängigen internationalen Gerichtshof auf neutraler Grundlage
vermieden werden. Wir müssen uns also genauer ansehen, unter welchen
konkreten Bedingungen der geplante internationale Strafgerichtshof
arbeiten wird.


MENSCHENRECHTSIMPERIALISMUS

Der geplante Internationale Strafgerichtshof soll Völkermord und eine
Reihe schwerer Kriegsverbrechen sowie Verbrechen gegen die Menschheit
(bei uns meist fälschlicherweise „gegen die Menschlichkeit„
übersetzt)
ahnden. Dafür sind detaillierte Regelungen ausgearbeitet worden.
Vergeblich sucht man in dem Regelwerk jedoch die Bestrafung des
Staatsterrorismus. Auch Embargo und Sanktionen, die das Leben der
Zivilbevölkerung bedrohen, werden nicht unter Strafe gestellt,
ebensowenig Bombenangriffe aus der Luft – entgegen dem Votum des
früheren US-amerikanischen Justizministers Ramsay Clark, eines
engagierten Menschen- und Völkerrechtlers, der aufgrund der Erfahrungen
mit der US-Blockade Kubas, dem Embargo gegen den Irak und der
wirtschaftlichen Abschnürung Jugoslawiens gefordert hat, solche schweren

Kriegsverbrechen ausdrücklich zu sanktionieren.

Fragwürdig ist auch die zu erwartende Praxis der Strafverfolgung.
Supranationale Polizeibehörden, die der Anklagebehörde des
Internationalen Strafgerichtshofs zur Verfügung stehen würden, sind
nicht vorgesehen und auch schwer vorstellbar. Wie schon bei dem
Ad-hoc-Tribunal gegen Jugoslawien wird diese Behörde also auf die
polizeiliche Zuarbeit einzelner Staaten angewiesen sein.
Bezeichnenderweise verlangte die Chefanklägerin Del Ponte in einem
Appell „an alle NATO–Mitgliedsstaaten, mit der Lieferung von
Beweismaterial über im Kosovo begangene Verbrechen dem Strafgerichtshof
zu helfen„ (FAZ vom 4.10.1999). Da fragt sich, ob die
Rechtsprechung
eines solchen Tribunals mehr sein will und sein kann als die Fortsetzung

oder Legitimierung des NATO-Krieges mit nichtmilitärischen Mitteln.

Aber nicht nur das offensichtlich einseitig politisch motivierte
Vorgehen der Chefanklägerin, sondern auch die Verfahrensregeln fordern
zur Kritik an dem Ad-hoc-Tribunal heraus. Dafür stichwortartig einige
Beispiele: Eine Anklage kann „im Interesse der
Gerechtigkeit„
geheimgehalten werden, so daß der Beschuldigte nicht weiß, wogegen er
sich verteidigen muß; das Gericht kann Verteidigungsanwälte ablehnen
oder ihre Arbeit unterbrechen, wenn sie sich seiner Meinung nach
„aggressiv„ verhalten; die Anklage kann mit Zustimmung der
Richter der
Verteidigung den Zugang zu bestimmten Dokumenten, Fotos und anderen
Beweisgegenständen verweigern und darf die Quellen von Beweismitteln vor

der Verteidigung geheimhalten.

1994 und 1995 erhielt das Kriegsverbrechertribunal von der US-Regierung
700 000 Dollar in bar und Computer im Werte von fünf Millionen Mark
(während bekanntlich die auf internationalen Verpflichtungen beruhenden
Beiträge der USA an die Vereinten Nationen in Milliardenhöhe
zurückgehalten werden), von der Rockefeller-Foundation 50 000 Dollar und

150 000 Dollar von dem Börsenspekulanten George Soros, der zur selben
Zeit die wichtigste albanische Separatistenzeitung im Kosovo
finanzierte. Soros ist auch Gründer und Finanzier der „Coalition
for
International Justice„, aus der viele Juristen des Tribunals
kommen. Es
wäre naiv zu glauben, der geplante International Criminal Court (ICC)
werde von derartigen Abhängigkeiten und Rahmenbedingungen frei sein.

Welche realen Interessen stehen hinter dem ICC-Projekt? Der
Völkerrechtler Norman Paech hat in einer historischen Studie aufgezeigt,

daß die Berufung auf die Menschenrechte der Tradition christlicher
Missionierung bei der kolonialen Unterwerfung asiatischer, afrikanischer

und lateinamerikanischer Länder folgt und jetzt, nach einer Phase der
Dekolonialisation, dazu dient, die Rekolonisierung weiter Teile der drei

Kontinente zu begründen (in Widerspruch, Juli 2000). Paech schreibt
zusammenfassend: „Lieferte die ‚europäische
Zivilisation’ im 19.
Jahrhundert das ideologische Unterfutter für die Kolonisierung der Welt,

so erfüllen heute die europäischen Menschenrechte den gleichen Zweck für

die ‚humanitäre Globalisierung’ der neuen Weltordnung. Sie
sind der Kern

der ‚europäischen Wertegemeinschaft’. Werden sie lediglich
zu einer
europäischen Grundrechtscharta verarbeitet und für Europas Bürgerinnen
und Bürger auch mit einem Klagerecht versehen, so könnte das kaum
Widerspruch provozieren. Wenn sie jedoch offensiv gegen das
Selbstbestimmungsrecht der Völker gestellt und dessen Vertreter
gleichzeitig als ‚Feinde der individuellen Menschenrechte’
denunziert
werden (...), so ist die Botschaft klar. Bot das Selbstbestimmungsrecht
die Legitimation für die Dekolonisation, müssen die Menschenrechte
nunmehr für die Rekolonisierung herhalten ... Ein Narr, wer in der
Wertegemeinschaft die Menschenrechte vom Erdöl trennt.„

Diese nach dem Jugoslawienkrieg auf den Begriff
„Menschenrechtsimperialismus„ gebrachten Interessen schlagen
offenbar
auch auf das ICC–Projekt durch, das in vielen Punkten mit dem
bisher
vorherrschenden Völkerrechtsverständnis bricht, wie der Jurist Peter
Koch in einer noch unveröffentlichten Arbeit „Die humanitäre
Intervention, der internationale Strafrichter und das Völkerrecht„
umfassend darlegt. Koch erinnert daran, daß internationale Konventionen
zum Schutz von Menschenrechten wie die Völkermordkonvention oder die
Anti-Folter-Konvention zwar wechselseitige Staatenverpflichtungen
begründen, aber keine Interventionsermächtigungen. Auch der
Verfassungsrechtler Erhard Denninger warnt daher ausdrücklich vor dem
ebenso naiven wie gefährlichen Ruf nach dem Strafrichter und verweist in

diesem Zusammenhang auf die Helsinki-Schlußakte, die ausdrücklich
„jede
Form der bewaffneten Intervention oder die Androhung einer solchen
Intervention„ gegen einen anderen Teilnehmerstaat ausschließt.

Die Befürworter der internationalen Strafjustiz müssen daher auf einen
vorgeblichen „Wandel des Völkerrechts„ setzen und dabei mehr
oder
weniger offen das geltende Völkerrecht verletzen. Die Behauptung,
derartige „Tribunale bringen Rechtsstaatlichkeit zurück nach
Ruanda und
auf den Balkan„, wie Stefan Wäspi, Staatsanwalt beim
Jugoslawien-Tribunal, Den Haag, sie in seinem Festvortrag auf dem 51.
Anwaltstag in Berlin vorgetragen hat, ist schon deshalb widersinnig,
weil sich der Begriff Rechtsstaatlichkeit auf die innere Verfaßtheit
eines Staates bezieht. Die bisherigen Erfahrungen belegen das Gegenteil
dessen, was Wäspi behauptet.. Gerade die gegenwärtige Entwicklung im
NATO-Protektorat Kosovo zeigt, daß dort alles andere geschieht als die
Herstellung demokratischer rechtsstaatlicher Zustände.

Die fundierte Kritik zahlreicher Autoren an dem (unerklärten)
Bombenkrieg der NATO gegen Jugoslawien als eklatanter Verletzung des
geltenden Völkerrechts – insbesondere der UN-Charta – soll
hier nicht
wiederholt werden. Treffend wurde schon während des Krieges, am
31.5.1999, in der FAZ formuliert: „Das geltende Recht wird
gebrochen
unter Berufung auf einen künftigen, erst noch zu schaffenden
Rechtszustand – im Falle der NATO eines von ‚westlichen
Werten‘
geprägten Weltstaats unter Führung Amerikas, der zur Ahndung
internationaler Delikte in der Lage ist.„

Die geltende Völkerrechtsordnung, welche die Idee des „gerechten
Krieges„ zunächst unter christlichen Staaten geächtet, also die
„humanitäre Intervention„ verboten und später in der Haager
Landkriegsordnung zur Kriegsvermeidung, im Briand-Kellogg-Pakt von 1929
und weiteren Kriegsverboten bis hin zur UN-Charta ihren
allgemeinverbindlichen Ausdruck gefunden hat, ist nicht erst durch den
Jugoslawienkrieg der NATO bedroht, nicht in erster Linie durch partielle

Verletzung, sondern vor allem durch Projekte wie das ICC, das nach Kochs

Worten den „Menschenrechtsimperialismus zur vorherrschenden
Völkerrechtslehre, Ideologie und Praxis machen soll„.

Koch faßt zusammen: „Der im Aufbau befindliche ständige
internationale
Strafgerichtshof unterscheidet sich vom Jugoslawien-Tribunal vor allen
Dingen dadurch, daß er die Aufgaben des Ad-hoc-Tribunals ständig
wahrnehmen wird. Die Vorstellung von einem unabhängigen internationalen
Strafgerichtshof ist der gegenwärtigen Völkerrechtsordnung fremd und
unter machtpolitischen Gesichtspunkten abwegig. Keine Macht der Welt
könnte die USA und andere führende NATO-Staaten dazu zwingen, ihre
höchsten Vertreter und Amtsträger der Jurisdiktion eines landesfremden
Gerichtes auszuliefern. Die Einrichtung eines ständigen internationalen
Strafgerichts ist ein weiterer Schritt auf dem Weg, der mit den
ad-hoc-Tribunalen begonnen wurde. Er soll dem Eingriff in die
Hoheitsgewalt souveräner Staaten den Schein von Legalität und der
Verletzung der staatlichen Integrität der betroffenen Länder, bis hin zu

klassischen Militäraktionen oder echten Kriegen wie dem
Jugoslawienkrieg, den Anschein von Polizeiaktionen geben. Der ständige
Strafgerichtshof ist daher letztlich in Fortsetzung des jetzigen
Jugoslawientribunals die institutionalisierte Form der humanitären
Intervention und das Pendant zur (ständigen) Interventionsarmee.„

Wie man hört, hat Amnesty International in den letzten Jahren die
Errichtung des ICC zu einem Arbeitsschwerpunkt gemacht. Die
Gefangenenhilfsorganisation täte gut daran, sich auf ihre ursprünglichen

Aufgaben – vor allem auf den Kampf gegen die Folter an politischen
Gefangenen – zu konzentrieren. Ein Internationaler
Strafgerichtshof wird

die Grund- und Freiheitsrechte, für die sich ai engagiert, nicht
schützen können, wenn er gleichzeitig die schlimmsten Kriegsverbrechen
des NATO-Bombartements in Jugoslawien oder zukünftiger
„humanitärer
Interventionen„ ungesühnt lassen und sogar zu deren nachträglicher
Rechtfertigung dienen soll.

Die Menschenrechte werden mißbraucht und verhöhnt, wenn imperialistische

Staaten sie instrumentalisieren, um Länder des Trikont, vor allem die,
die Bodenschätze (Erdöl) besitzen und nicht billig hergeben wollen, als
„Schurkenstaaten„ zu kriminalisieren und der militärischen
Intervention
gegen diese Länder den Schein der Legalität zu geben. Der geplante
Internationale Strafgerichtshof wird unter den gegenwärtigen Bedingungen

zwangsläufig der Rekolonialisierung und dem
„Menschenrechtsimperialismus„ dienen, ob seine Förderer aus
den
Menschenrechtsorganisationen wie ai das wollen oder nicht. Und er wird
das geltende Völkerrecht unterminieren.

Solange ein solcher Gerichtshof nicht wirklich und vollständig
unabhängig ist, solange er nicht über einen eigenen Untersuchungs-,
Ermittlungs- und Vollzugsapparat verfügt, solange die ökonomischen und
politischen Rahmenbedingungen nicht geschaffen und durch die
Vollversammlung der Vereinten Nationen garantiert sind, so lange kann
vor einem solchem Projekt nur gewarnt werden.

Daß es gerade in Deutschland unkritische Unterstützung findet, sollte
uns gerade vor dem Hintergrund der eigenen Geschichte zu denken geben:
Der Deutsche hat schon immer besonders gern Richter spielen wollen
– und

zwar regelmäßig gnadenlos gegen den (politischen) Feind. Demgegenüber
hat die bundesdeutsche Strafjustiz trotz aller Bemühungen um dem
„demokratischen Rechtsstaat„ es nicht geschafft hat, auch
nur einen
einzigen NS-Blutrichter jemals zur Verantwortung zu ziehen. In Zukunft
wird es wohlfeil sein, zur Absicherung jeweiliger hegemonialer
Interessen sich als Gralshüter des internationalen Strafrechts
aufzuspielen, solange man nicht offen als Propagandist der weltweiten
Interventionsarmee auftritt.


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Anlage 4

Internationales Komitee für die Verteidigung von Slobodan Milosevic

Freiheit für Slobodan Milosevic!
Hände weg von Jugoslawien!

Wir, die Unterzeichnenden, fordern von den serbischen Behörden die
sofortige Haftentlassung von Slobodan Milosevic und allen anderen
serbischen Patrioten.

Die Verhaftung von Slobodan Milosevic stellt einen Versuch der
NATO-Führer dar, dem serbischen Volk die Schuld für jene Verbrechen
zuzuweisen, die die NATO gegen Jugoslawien begangen hat.

Wir fordern eine sofortige ordnungsgemäße medizische Behandlung der
Herzerkrankung von Slobodan Milosevic, die erst nach seiner Inhaftierung

auftrat, durch Ärzte und in einer Klinik seiner Wahl.

Wir fordern, dass weder Slobodan Milosevic noch irgend ein anderer
jugoslawischer Bürger an das Den Haager Tribunal der NATO ausgeliefert
werden darf.

Wir fordern ein Ende der willkürlichen Kidnappings, Verhaftungen,
Überfälle und Verfolgungen jugoslawischer Politiker, Soldaten und
einfacher Bürger, deren einziges erwiesenes „Verbrechen„
darin besteht,
gegen die NATO-Aggression Widerstand geleistet und damit der Welt ein
Beispiel gegeben zu haben!

Sofortige Freiheit für Slobodan Milosevic!

Sofortiges Ende der Verfolgung von Slobodan Milosevic und allen
jugoslawischen Patrioten!

Inhaftiert die wirklichen Kriegsverbrecher - die NATO-Führer, die
Verbrechen gegen die Menschheit und gegen die Souveränität Jugoslawiens
begangen haben und weiterhin begehen!


Dieser Aufruf wird verbreitet vom
Internationalen Komitee für die Verteidigung von Slobodan Milosevic.
Vorsitzender des Komitees ist Prof. Velko Vlkanov, Abgeordneter des
bulgarischen Parlaments und Vorsitzender der Antifaschistischen Union
Bulgariens, Vizevorsitzende sind Prof. Michail N. Kusnezov, Russland,
und Jared Israel, USA.
Deutsche Gründungsmitglieder des Komitees sind
Klaus Hartmann (Offenbach a. M.) , Präsident der Weltunion der
Freidenker,
Ralph Hartmann (Berlin), ehemaliger DDR-Botschafter in Jugoslawien,
Lorenz Knorr (Frankfurt a. M.), Publizist, VVN/Bund der Antifaschisten,
und
Klaus von Raussendorf (Bonn), Antiimperialistische Korrespondenz.

Wir bitten alle, die mit dem Inhalt des Aufrufs einverstanden sind, um
Ihre Unterschrift. Mit dieser Unterschrift ist nicht automatisch eine
Mitgliedschaft im Komitee verbunden. Wir laden darüber hinaus alle
Einzelpersonen, Gruppen und Organisationen ein, diesen Aufruf zu
verbreiten, zu drucken oder auf eigenen Websites zu veröffentlichen.

Wer den Aufruf unterzeichnen oder selbst Mitglied des Komitees werden
möchte, sendet bitte eine e-mail an:

Klaus Hartmann <klaus.hartmann@...>

Den Aufruf haben bisher u. a. unterzeichnet:

Peter Gingold, Frankfurt/Main, Bundesprecher der VVN-Bund der
Antifaschisten, Mitglied des Auschwitz-Komitees, Prof. Dr. Erich
Buchholz, Rechtsanwalt, Berlin, Walter Malzkorn, ehemaliger 1.
Bevollmächtigter der IG Metall, Lohmar, Elke Winter-Malzkorn, Delegierte

der IG Metall, Lohmar, Lydia Spoo, Berlin, Eckart Spoo, Berlin,
Publizist und Herausge<br/><br/>(Message over 64 KB, truncated)