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Il Corriere della Sera 22/03/01

"E' una guerra islamica"

ROMA - Quando il suo film "Prima della pioggia" conquistò il Leone d'oro
a
Venezia, nel 1994, la Macedonia, pur attraversata dall'odio tra le
diverse
etnie, era stata fino ad allora risparmiata dai conflitti che hanno
devastato l'ex Jugoslavia. Ora che anche la piccola Repubblica è
sull'orlo
della guerra civile, il regista Milcho Manchevski accusa la Nato, il
governo di Skopje e la minoranza albanese di una crisi che la sua opera
aveva in qualche modo preannunciato. In Macedonia "è in atto una jihad
(guerra santa) con il tacito assenso della Nato - dice Manchevski in
un'intervista all' Ansa -. I combattenti (albanesi) come Talebani sono
incoraggiati dal desiderio della Nato di tenersi fuori dalla mischia.
Per
non parlare della responsabilità dell'Alleanza per aver in passato
armato
e addestrato l'Uck", la guerriglia albanese del Kosovo. "I cartelli di
narcotrafficanti che fioriscono da quando la Nato è presente nei Balcani
e
la lotta per i beni immobiliari - continua il regista - rappresentano
una
minaccia peggiore del mitico odio ancestrale". Manchevski attribuisce
responsabilità anche al governo macedone che "ha chiuso un occhio sulle
attività dei separatisti e ora deve fare un giro di 180 gradi". Quanto
agli albanesi, per il regista, "i terroristi hanno stravolto a loro
vantaggio il concetto di "diritti civili". Istruiscono i civili a
parlare
in un certo modo con le troupe delle Tv straniere, presentandosi come le
eterne vittime". "Le legittime rivendicazioni devono essere soddisfatte
-
conclude - ma i crimini dei terroristi non hanno nulla a che fare con
il
riconoscimento della lingua. I leader dei partiti politici albanesi
devono
smettere di giustificarli".

---

Il Manifesto 24/03/01

In Macedonia prima della pioggia
Intervista a Milcho Manchevski, regista macedone di "Prima della
pioggia" e
del nuovo "Polvere"

Ironia della sorte, poco prima di incontrare il regista macedone Milcho
Manchevski, stava cominciando a piovere con l'annuncio di lampi
giganteschi
e tuoni rancorosi. Manchevski, 42 anni, mille mestieri alle spalle, e
regista anche di video clip, spesso a New York dove lavora ed ha una
casa, e
che ha appena finito di montare il suo ultimo lavoro Polvere , è
l'autore
del famoso film Prima della pioggia del 1994. Premiato con una
nomination
all'Oscar, il David di Donatello e il Leone d'oro, a Venezia, per la
premiazione, bisognava alzare la bandiera macedone, ma i rappresentanti
della Grecia si opposero per un contenzioso sui simboli nazionali ancora
in
parte aperto e allora lui, che rifiuta ogni nazionalismo, accettò che la
bandiera non venisse alzata. Prima della pioggia è ambientato in un
villaggio macedone dove si sviluppa un duro contrasto tra contadini
macedoni
e albanesi, esplicita metafora del conflitto etnico balcanico prima
della
tragedia. Lo incontriamo a Skopje ai margini degli annunci sanguinosi di
un
nuovo conflitto etnico balcanico, e nel secondo anniversario
dell'intervento
"umanitario" della Nato del 24 marzo 1999. In queste ore si disponevano
in
Macedonia i contingenti militari dell'Occidente, pronti alla fine anche
ad
un intervento di terra, e rombavano i motori dei bombardieri
dell'Alleanza
che avrebbero scaricato tonnellate di bombe "intelligenti" per 78 giorni
sulle città della Serbia e del Kosovo. Poi a Kumanovo, sempre in
Macedonia,
dove oggi attaccano le milizie albanesi, si firmò la "pace". Milcho
Manchevski ci viene incontro e subito scherza: "Ecco, diranno tutti che
piove, e allora è finita...".

Come giudichi quel che avviene in questi giorni in Macedonia tu che, in
qualche modo, hai evocato tutto questo nel tuo film?
Prima della pioggia è ambientato in Macedonia ed ha qualche cosa in
comune
con gli avvenimenti di questi giorni, ed è uscito quando era in corso la
guerra in Bosnia, ma il film è una metafora generale non necessariamente
solo balcanica. E' conosciuto, apprezzato, premiato in India, in Cina,
negli
Stati uniti anche per questo. E poi soprattutto nel mio film non c'erano
i
killer e i politici, i due ingredienti fondamentali per le guerre
etniche
nei Balcani. Temo dunque che, semplicisticamente, adesso tutti
utilizzeranno
il mio film per spiegare quel che accade in Macedonia, perché la
situazione
qui invece è assai diversa. Qui abbiamo un gruppo di killer che vengono
dal
Kosovo, un popolo impaurito di albanesi e macedoni di Macedonia, poi
abbiamo
i politici che, nonostante siano corrotti, non vogliono la guerra.
Questa è
la differenza tra la realtà e il film: la guerra jugoslava.
Allora si avvicina di più a quel che qui sta accadendo il tema del tuo
nuovo
film che hai da poco finito, "Polvere"? Per quel che se ne sa è |un film
sui
banditi, girato tra Macedonia e Stati uniti...
Sì, è sui banditi, ed è anche un western, ma in realtà è un film su dove
va
a finire la voce quando noi non ci siamo più. Ho scelto New York per
l'ambientazione della parte contemporanea, e Skopje la parte della
storia
passata che riguarda cento anni fa. Sembra, ripeto sembra che gli
avvenimenti di cento anni fa si riproducano oggi con gli stessi
fotogrammi.
Ma è un errore tradizionale quello che si sente ripetere sui Balcani,
che
qui le cose non cambiano, che qui si ripropongono le stesse battaglie di
cinquecento o mille anni fa. Il grande copione che qui si recita è
quello
della lotta per il potere, per la conquista del territorio, da parte di
personaggi frustrati impegnati nella vendita etnica.
Insomma la frase del grande scrittore jugoslavo, antinazionalista,
Danilo
Kis che "nei Balcani la storia non passa mai", non sarebbe dunque
giusta?
E' proprio la guerra, con l'esempio attuale della Macedonia, a
dimostrare
invece che la storia cambia e può cambiare. Certo ci sono punti di
contatto,
ma è diverso per esempio il modo in cui oggi le grandi potenze si
intromettono nei Balcani rispetto a 150 anni fa. Quel che accade ora è
molto
meglio confezionato. E' sotto i nostri occhi il fatto che l'intervento
della
Nato nella guerra in Jugoslavia, se da una parte può aver contribuito
all'uscita di scena di Milosevic e aver soccorso gli albanesi del
Kosovo,
dall'altra ha avuto come retro-effetto una quantità di vittime civili e
una
escalation di violenze etniche ancora peggiore della precedente. Mio zio
medico dice che curare un raffreddore con antibiotici è come prendere a
frustate le formiche. L'abitudine dell'Occidente è quella di non
riconoscere
mai gli sbagli, magari fatti con buone intenzioni, come fermare la
pulizia
etnica in Kosovo contro gli albanesi. Così, non riconoscendo piccoli
sbagli,
hanno dato spazio a grandi errori, hanno armato i killer e creare un
vasto
territorio d'illegalità e criminalità. Rafforzando nuovi nazionalismi
armati. Tutte queste armi sono comprate coi soldi che vengono
dall'Occidente, direttamente dai servizi dei governi occidentali, oppure
dall'emigrazione albanese in Europa e Usa. Così alla fine la vittima
tragica
di questa situazione è la retorica dei diritti umani, le belle frasi
sull'"umanitario": sono state tutte sequestrate dai nazionalisti armati
albanesi che così hanno danneggiato anche i loro protettori.
Non ti sembra che il copione, il soggetto, il trattamento e la
sceneggiatura
dell'iniziativa di guerra a tutti i costi in questo momento in Macedonia
segua davvero l'andamento di un film, la sua produzione e messa in
opera?
Sarebbe molto semplice se la realtà seguisse i film, ma potrebbe anche
essere tragico. Immaginiamo per un attimo cosa accadrebbe se i macedoni
reagissero al terrorismo albanese con il terrorismo macedone. Nel XX
secolo
i terroristi macedoni hanno avuto grande fama nel mondo, nel 1903 un
parente
di mio nonno, terrorista macedone anarchico, si fece scoppiare dentro
l'amministrazione occidentale di Salonicco. Stavolta, naturalmente, sono
molto orgoglioso che finora non ci sia stata nessuna risposta del
terrorismo
macedone. Racconto queste storie per dire che la storia cambia. Ancora
un
esempio: qui, all'Occidente, con l'Uck è capitata la stessa cosa che con
i
mujaheddin in Afghanistan. Addestrati, armati, curati pur sapendo che
erano
cose negative e "maledette". Non si può scherzare con quello che pensi
sia
maledetto e pensare che poi ne rimani incontaminato. C'è una giustizia
cosmica che fa sì che il terrorista che hai finanziato prima o poi ti
torna
a casa a chiedere spiegazioni.
Lei sa che il capo della Cia, George Tenet, è di origini albanesi...?
No, non lo sapevo, e da una parte è una cosa che fa tanto complotto
balcanico, dall'altra mi sembra davvero una rivelazione, una
sceneggiatura
trasparente. Anche perché ho letto proprio in questi giorni su giornali
inglesi e americani che la Cia ha addestrato i terroristi albanesi che
oggi
seminano la guerra in Macedonia.
Con quali occhi la gente dei Balcani, dopo dieci anni di disastri, vede
ora
l'Occidente?
Nonostante tutti siano molto disillusi, nessuno in Macedonia è sorpreso
di
come l'Occidente sia intervenuto per risolvere, magari in buona fede,
piccoli problemi creandone di più grossi e con risultati tragici. Del
resto,
l'ignoranza che l'Occidente ha sui Balcani è proporzionale alla nostra
ignoranza sull'Occidente. La differenza sta in questo: che l'ignoranza
occidentale ha provocato danni più grandi di quelli della nostra
ignoranza.
Per capire, immaginate un elefante gigantesco, elefantiaco, che entra in
un
negozio di porcellane e un piccolo elefantino nello stesso negozio. Non
credo che militari albanesi e macedoni in missione di pace in Gran
Bretagna
e in Francia, per regolare i conflitti etnico-religiosi in Irlanda del
Nord
o in Corsica, sarebbero più capaci di portare aiuto militare della Nato
qui.
Naturalmente questo non diminuisce la responsabilità della Nato e
dell'Occidente coinvolti, dicono, da ragioni "umanitarie".
Nei Balcani lo spazio della guerra ha, tra l'altro, cancellato lo spazio
dei
film. Ci sono più scene di scontri armati sanguinosi che set di scene di
scontri armati. Perché la guerra risulta più concreta e fattibile di un
film?
Perché in guerra i cattivi ragazzi diventano eroi. Sono stato a Sarajevo
alla fine dell'assedio, non si sparava più ma erano ancora circondati.
Lì ho
visto con i miei occhi che il male e la cattiveria umana esistono, sono
cose
molto concrete, non categorie filosofiche. Provo dolore nel pensare che
una
cosa così non-concreta come un film avrà importanza e impotenza allo
stesso
tempo. Ma non sono un nichilista.
Ma il conflitto in Macedonia si fermerà o si troverà una soluzione?
Qui al momento c'è la stessa situazione che precedette la guerra in
Bosnia.
Dovreste parlare con un'attrice di Polvere, Nikolina e Kryaca, molto
famosa
da noi, lei è di Sarajevo e dice che vede la ripetizione di quelle ore.
C'è
però una grande differenza. L'Onu e la Nato, quella Nato che ha tante
responsabilità, se vogliono possono fermare il conflitto e non ripetere
scenari da Bosnia e da Kosovo. Intanto perché sono già qui, perché hanno
già
usato la forza, perché hanno fatto esperienza, perché hanno abbastanza
chiara la situazione e, infine, perché sono loro ad amministrare e
controllare militarmente il territorio in Kosovo da dove in massima
parte
vengono le aggressioni alla Macedonia.
Resta il nodo dell'indipendenza del Kosovo, fatta balenare alla
leadership
di Pristina. Chi glielo spiega ad Hasim Thaqi, formalmente ex capo
dell'Uck,
che il Kosovo non è più indipendente, e allo stesso Ibrahim Rugova? Ora
gli
americani sembrano temere la reazione degli albanesi del Kosovo e,
nonostante le promesse, continuano a chiudere gli occhi sui passaggi di
milizie dall'area di Urosevac, in Kosovo, verso Tetovo.
E già... Ci vorrebbe un film... con Harrison Ford.
Usciamo. Ha smesso di piovere, e il cielo è stellato. (Tommaso Di
Francesco)

---

Questa lista e' provvisoriamente curata da componenti
dell'ex Coordinamento Nazionale "La Jugoslavia Vivra'",
oggi "Comitato Promotore dell'Assemblea Antimperialista":
> http://www.tuttinlotta.org
I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente le
opinioni delle realta' che compongono questa struttura, ma
vengono fatti circolare per il loro contenuto informativo al
solo scopo di segnalazione e commento ("for fair use only").
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"NELLA CITTA' DIVISA IL DOLORE PER LE ESEQUIE DEI DUE KORACI, ELIMINATI
A UN POSTO DI BLOCCO SOTTO GLI OCCHI DEI FOTOGRAFI"

Sottotitolo di "La Repubblica" del 24/3/2001. In fondo all'articolo, a
firma Pietro Veronese, dove pochi arditi arrivano a leggere, e' scritto:

<< ...Anche la tragica fine dei due Koraci
alimenta l'odio contro la maggioranza slava e accresce il sostegno alla
guerriglia. "E' stato un crimine", "li hanno uccisi come cani", "saranno
vendicati", dicono tutti. I toni dell'imam sono più moderati ma non meno
fermi: "Due brave persone, conosciute nel quartiere, padre tassista,
figlio
muratore. Con tutta la famiglia erano scappati da casa dopo l'inizio dei
bombardamenti e l'altro giorno erano tornati indietro a prendere un po'
di
vestiti". Ma la loro uccisione al posto di blocco è stata ripresa dalle
telecamere, si vede bene che uno dei due brandiva una granata. "Ma no,
era
il telefonino". Altre voci intervengono: "Padre e figlio non potrebbero
mai
fare una cosa del genere". "A mezzogiorno, poi!". "Ho visto il filmato,
è
stata un'esecuzione a sangue freddo". E così via.
Nessuno vuole dare peso al fatto che i due apparivano armati. La foto
dell'attimo che precede l'uccisione, del resto, è stata pubblicata solo
dai
giornali in lingua macedone. Un quotidiano albanese kosovaro la ha
pubblicata ritoccata: le mani di Koraci padre sono vuote. Adesso
incorrerà
nelle sanzioni dell'amministrazione Onu, ma l'episodio è rivelatore...
>>

"La Repubblica" e tanti altri quotidiani italiani invece non l'hanno
pubblicata per niente, e non incorreranno in nessuna sanzione.

---

CN La Jugoslavia Vivra' wrote (Visnjica broj 45):
>
> LE PRIME VITTIME CIVILI
>
> Il "Corriere della Sera" piange oggi 23 marzo 2001 per la morte delle
> "prime vittime civili" della guerra fratricida nella FYROM. Si tratta di
> "Rasim e Ramadan, padre e figlio albanesi falciati al posto di blocco"
> della polizia macedone. Nell'articolo, a firma "L.Off.", si espone una
> dinamica dei fatti dalla quale trapelerebbe la violenza eccessiva e
> gratuita dei poliziotti, e si tende a mettere in ridicolo "la
> spiegazione ufficiale: i Korishi avevano una granata, stavano per
> lanciarla. Poi, le parole indignate di Rauf Ramadani, il capo albanese
> della polizia di Tetovo: 'No, erano due innocenti'". Talmente innocenti
> che la foto di uno dei due nell'atto di lanciare la granata sono apparse
> su innumerevoli giornali di oggi, compreso il foglio gratuito "Metro"
> distribuito a tappeto sui mezzi pubblici di Roma.
>
> La maggiorparte delle direzioni dei nostri quotidiani nazionali sono
> pronte a spostare l'opinione pubblica a favore dell'irredentismo
> albanese quando verra' loro ordinato, attraverso l'invenzione di crimini
> efferati, cosi' come hanno fatto dal 1991 in poi con tutti i
> secessionismi. Qualche redazione pero' va un po' troppo di fretta...

---

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