Informazione

I VERI COMUNISTI HANNO IL DONO DELL'UBIQUITA'


Essendo stata da tempo indetta una iniziativa a Milano, nella sede della
Ass. Culturale Punto Rosso, per il 19 aprile 2000 alle ore 21, dal
titolo: "Il genocidio occultato" sui crimini clerico-nazisti nella
Croazia di Pavelic e Stepinac, l'Ass. Culturale Punto Rosso ha pensato
casualmente di indire un'altra iniziativa a Milano, nella sala AEM, per
il 19 aprile 2000 alle ore 21, dal titolo: "La guerra del Kosovo,
anatomia di un'escalation".
Nella prima iniziativa si e' presentato il libro di M.A. Rivelli
"L'arcivescovo del genocidio", ospite l'autore; nella seconda, il libro
di G. Scotto ed E. Arielli sul Kosovo, ospiti i nazionalisti
pan-albanesi A. L'Abate (linea Rugova) ed A. Moscato (linea Demaci).


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RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
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http://www.egroups.com/group/crj-mailinglist/
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PROFUGHI? FINCHE' SERVE...


Una corte tedesca alla fine di febbraio ha decretato che i "profughi
kosovari" (di etnia albanese, cioe' schipetari) non hanno piu' diritto
di asilo perche' ormai in Kosovo si sta bene.
Detto fatto: dei 14,689 (quattordicimilaseicentoottantanove) profughi
schipetari provenienti dai campi della FYROM lo scorso anno accolti in
Germania, ne risultano essere stati rispediti al mittente gia' piu' di
25,000 (venticinquemila) negli ultimi mesi.
Ad esempio, qualche giorno fa un aereoplano in Baviera ha caricato 50
"rifugiati kosovari" e li ha portati in Kosovo: tutti hanno precedenti
penali per droghe, furti o violenza. Un'altra sessantina erano stati
rimpatriati nello stesso modo pochi giorni prima.

Lo stesso dicasi per la Svizzera, che lo scorso anno ha ufficialmente
accolto 1,687 persone, per rispedirne indietro 19,699.

( Fonti: Sydney Morning Herald, April 15, 2000
Doors slam on Kosovars By SIMON MANN; AFP 5/5/00,
http://www.egroups.com/message/yugoslaviainfo/1786?&start=1783 )


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(Per le puntate precedenti, si veda:
http://www.egroups.com/message/crj-mailinglist/164?&start=145
http://www.egroups.com/message/crj-mailinglist/178?&start=175 )

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BALKAN-IZZATI
di A. Lattanzio

Sulla questione delle organizzazioni come REDS e il CIPB vorrei fare
alcune
precisazioni sul loro carettere "trotzkista". Gli ispiratori di questi
gruppi sono collegati, in effetti, con organizzazioni trotzkiste quali,
ad
esempio, Bandiera Rossa, che in Italia rappresenta la corrente di
"maggioranza" del movimento trotzkista internazionale: il Segretariato
unificato (Usec). Tale legame è evidente sulla questione del Kosovo e
della Cecenia, come si può verificare nell'articolo sulla Cecenia del
numero 96 della rivista Bandiera Rossa.
Nell'articolo vi è un'acritica esaltazione dei guerriglieri integralisti
ceceni, presentati come campioni del "diritto all'autodeterminazione"
dei
popoli. La Federazione Russa viene presentata come la naturale
continuazione
dell'Impero zarista e dell'URSS, cercando, così, di presentare l'operato
dei guerriglieri come azione antimperialista. Ciò ovviamente viene fatto
passando sotto silenzio i legami tra i guerriglieri e i talebani, la
Turchia,
l'Arabia Saudita e in ultimo gli USA, e senza menzionare il loro
carattere
reazionario e xenofobo anti-russo.
I "rivoluzionari" romantici di casa nostra non devono essere delusi
nello
scoprire che i loro eroi sono solo delle utili pedine dell'unico
imperialismo
esistente: quello occidentale!
Brioschi, Ferrario e soci utilizzano una facciata trotzkista e una
fraseologia parolaio-rivoluzionaria, che servono sia a tranquillizzare i
loro fans dell' "estrema" sinistra centrino-sociale del nordest, sia a
far
passare per rivoluzionaria il sostegno morale e politico
all'aggresssione
della Nato contro la Jugoslavia.
Fa parte di questo armamentario, l'argomentazione che Lenin e Trotzkij
avevano fatto una bandiera dell'autodeterminazione dei popoli e che
Miloshevich sia il prodotto delle burocrazie staliniste; meritevole
perciò
di essere combattuto. Vero! solo che si può osservare che Lenin e
Trotzkij
con il loro programma fondarono l'URSS e non uno staterello xenofobo e
filoimperialista. E Miloshevich viene combattuto da tanti comunisti
jugoslavi
ben prima che del soggetto se ne occupassero i "rivoluzionari" nostrani.
I "trotzkisti" di REDS e del CIPB, inoltre, per "combattere" lo
"stalinista"
Miloshevich, non si sono vergognati ad allearsi con i residui del
movimento
post-moista di International Struggle Marxist-Leninist (ISML), il cui
scopo
principale é appoggiare in toto la causa del nazionalismo panalbanese
esaltando l'UCK quale organizzazione "rivoluzionaria e popolare". Nulla
di
nuovo in tutto ciò, visto che la politica attuata da consimili
organizzazioni é quella seguita da vent'anni a questa parte dal
movimento
maoista e post-maoista. Infatti negli anni '70 i partiti maoisti
europei, in
odio al "socialismo reale" dei paesi del Comecon, si allearono con
organizzazioni e partiti di estrema destra (CSU di Strauss, PSI di
Craxi,
ecc.).
Certo é curioso che i nemici dello stalinismo, in nome della lotta
all' "imperialismo" di paesi quali la Jugoslavia e la Russia, si
alleino
fattivamente con il peggior derivato dello stalinismo stesso: il
"nazionalcomunismo" in salsa panalbanese dei nipotini di Hoxha, ora
neofiti
della NATO, che sotto l'egida dell' "antimperialismo"degli Stati Uniti,
praticano la "rivoluzionaria" pulizia etnica a danno dei non-ucikisti
del
Kosovo.

---

Riproduciamo l'appello appena giuntoci per la liberazione incondizionata
di un membro dell'UCK. Nell'appello si tace sulla gia' avvenuta
liberazione negli scorsi mesi di centinaia e centinaia di nazionalisti
pan-albanesi dalle carceri jugoslave, e si tace anche sullo sciopero
della fame in corso nella carceri di Mitrovica da parte di prigionieri
di tutte le altre nazionalita' kosovare, in attesa di processo e
talvolta anche solo di conoscere le accuse, in merito al quale e' stato
diffuso un altro appello
(http://www.egroups.com/message/crj-mailinglist/190?&start=175)

cipb@... wrote:
>
> LIBERTA' PER ALBIN KURTI
>
> Chiediamo con la presente alle Autorità italiane di intervenire
> tempestivamente presso quelle di Belgrado affinché venga liberato
> Albin Kurti, condannato lo scorso 15 marzo dal tribunale di Nis alla
> pena di 15 anni, con accuse pretestuose mossegli durante un
> processo farsa, come hanno testimoniato numerose associazioni
> umanitarie serbe e internazionali.
>
> Albin Kurti è stato condannato per "separatismo" con una
> sentenza che vuole colpire la sua lunga attività di leader
> dell'associazione degli studenti albanesi del Kosovo (aveva
> organizzato le manifestazioni pacifiche del 1997) e quella di
> membro dell'ufficio di Adem Demaci, allora rappresentante politico
> dell'UCK. Albin Kurti era stato arrestato il 27 aprile del 1999,
> insieme a due membri della sua famiglia, in seguito liberati, ed era
> rimasto detenuto in carceri del Kosovo fino al giugno dell'anno
> scorso quando, con almeno altri 2.000 albanesi del Kosovo, è stato
> deportato in Serbia. La sua famiglia per lungo tempo non ha
> nemmeno potuto sapere dove si trovava e Kurti è stato tenuto in
> prigione, dove ha subito maltrattamenti, per più di 10 mesi senza
> avere un processo, in violazione delle stesse leggi jugoslave. La
> sua condanna, come quella altrettanto dura del dicembre scorso
> contro Flora Brovina, tra le altre cose in precarie condizioni di
> salute, rappresenta una condanna esemplare contro tutti coloro
> che in autonomia hanno lottato, come diceva Albin Kurti, perché "il
> futuro del Kosovo deve essere deciso dal suo popolo. Nessun altro
> ha il diritto di farlo al posto suo".
>
> 8/5/2000 Milano
>
> Centro di Iniziativa Politica sui Balcani
> Pax Christi, sezione italiana
> Beati i Costruttori di Pace
> Arbitalia, Il sito internet degli albanesi d'Italia
> Prof. Francesco Altimari, Università della Calabria - Rende
> Don Albino Bizzotto
> Lisa Clark
> Prof. Alberto L'Abate, Università di Firenze
> Prof. Piero Fumarola, Università di Lecce
> Prof.sa Maria I. Maciotti, docente universitaria
> Prof. Antonio Moscato, Università di Lecce
> Prof. Gigi Perrone, Università di Lecce
> Walter Peruzzi, direttore di "Guerre&Pace"


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After the Rain - How the West Lost the East -
http://www.geocities.com/vaksam/after.html

Courtesy Bill

Late Yugoslav Ruler Tito Enjoys Comeback

ZAGREB, May 7, 2000 -- (Reuters) Twenty years after his death,
Yugoslavia's communist ruler Marshal Josip Broz Tito is enjoying a
public
comeback.

Tito, a flamboyant and often controversial figure, who ruled the
multi-ethnic federation from the end of World War Two until 1980, is the
subject of a new film by young director Vinko Bresan called "The
Marshal".

Bresan's surreal film poses the question: what would happen if Tito came
back from the dead to his native Croatia, where a few of his die-hard
followers, aging communists and anti-fascists, now live?

The film is making many in Croatia, now an independent state, look again
at the historic role of the wartime partisan leader turned world
statesman.

This year Croatia marked the death of Tito for the first time since
gaining independence in 1991.

Several thousand people gathered on May 4 in Kumrovec, his birthplace in
northern Croatia, where sirens wailed at 3:05 p.m., the exact time of
his
death.

The mourners, mostly elderly, laid flowers and sang patriotic songs.
Many
filed through the wooden cottage where Tito was born.

A pub called "The Old Man" recently opened in Kumrovec and local leaders
have restored the entire village in the hope of reviving once-thriving
tourism.

Tito's Yugoslav federation outlived him by 10 years before it crumbled
amid rising nationalism in its six constituent republics and the end of
communism.

TITO MOVIES CROSS HOSTILE BORDERS On April 15, "The Marshal" had its
opening night in Belgrade, capital of the rump Yugoslavia, and Bresan
received a long ovation from the audience. The movie is now being shown
throughout Yugoslavia and is being promoted with the slogan: "The movie
we
have waited for 20 years."

"One cannot avoid Tito. He is the only common ground we (the people of
former Yugoslavia) have left now," Bresan told Reuters, explaining why
the
film was being received with enthusiasm in Serbia.

Earlier this year, a Serbian film called "Tito and I", a parody of the
Tito years as seen through the eyes of a young boy, showed in Zagreb and
for days drew roars of laughter from the packed house of a small art
house
cinema.

"This is a natural reaction of people who have realized after 10 years
that they lived better before,"
said sociologist Slaven Letica, commenting on the blooming "Tito trade".

"There is also a kind of nostalgia as people come to terms with their
history," he said.

This cultural exchange would not have taken place when Croatia was ruled
by the nationalist Franjo Tudjman, who held power from independence to
his
death last December.

Tudjman's HDZ party lost a general election in January to a reformist
coalition, led by former communists.

TITO'S MIXED LEGACY Tito remains a controversial figure in the successor
states to the former Yugoslav federation. For some he was a great
statesman, for others a tyrant who tried to eradicate Croatian national
sentiment. Some Serbs feel the same.

Many still blame him for allowing the slaughter of thousands of Croatian
troops who had collaborated with the Nazis after they surrendered to the
allies in
1945.

According to one recent survey, some 45.8 percent of those interviewed
said they considered Tito a dictator while 55.6 percent said the same of
Tudjman.

In another poll, 60 percent of those questioned said Tito's remains
should
be returned home from his stately tomb in Belgrade.

The son of peasants, Tito led the Yugoslav Communist party in the 1930s
and organized resistance against Nazi Germany, Italian fascists and
their
local collaborators in World War Two.

He ruled post-war Yugoslavia with an iron fist but maneuvered Yugoslavia
away from eastern European Stalinism and preserved the country's
multi-ethnic society.

Although ruthless with political opponents, Tito was enormously popular
with his people, projecting an image of a bon viveur who enjoyed smoking
king-size cigars, malt whisky and the company of Hollywood celebrities.
During Tito's lifetime, mass rallies were held each year to celebrate
his
birthday. Thousands of Yugoslav children, dressed in white and blue
with
red scarves, would be bussed into Kumrovec to be sworn in as "Tito's
Pioneers"
each May.

Mile-long cordons of "workers and peasants" would throw flowers at his
Mercedes wherever he passed.

The republic that rose from the ashes of the old Yugoslavia quickly
dismantled the symbols of communism and undertook to privatize state
assets - a process which some say produced some dubious results in
Croatia.

"The Marshal" alludes to this when the main character, a policeman sent
to
investigate reports on the appearance of Tito's ghost on a remote
Adriatic
island, talks to a local tycoon in front of a decrepit Museum of the
Anti-Fascist Struggle and the Socialist Revolution.

"We had no funds to maintain the museum so we had to privatize it," the
tycoon says.

"And who bought it?"

"Ah, well, I did, for two kuna (30 U.S. cents)," the tycoon replies.

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