Informazione



Lettera aperta al presidente Trump sulle conseguenze dell’11 Settembre 2001

di  Thierry Meyssan
RETE VOLTAIRE | DAMASCO (SIRIA)  | 31 AGOSTO 2018  

Signor Presidente,
i crimini dell’11 Settembre 2001 non sono mai stati giudicati nel suo Paese. Le scrivo in quanto cittadino francese che ha denunciato per primo le incongruenze della versione ufficiale, aprendo un dibattito a livello mondiale su chi siano i veri colpevoli.
Se fossimo giurati in un tribunale penale dovremmo decidere della colpevolezza o dell’innocenza del sospettato ed eventualmente stabilire la pena. Dopo i fatti dell’11 Settembre, l’amministrazione Bush Jr. ci ha detto che il colpevole era Al Qaeda e che la punizione sarebbe stata il rovesciamento di chi l’aveva aiutata: i Talebani afgani, poi il regime iracheno di Saddam Hussein.
Tuttavia, c’è una grande quantità d’indizi che attesta l’insostenibilità di simile tesi. Se fossimo giurati, con obiettività decideremmo che i Talebani e Saddam Hussein sono innocenti. Naturalmente, questo non basterebbe a farci conoscere il vero colpevole e ne saremmo frustrati. Ma è per noi inconcepibile che degli innocenti vengano condannati solo perché non abbiamo saputo, o potuto, trovare i colpevoli.
Noi tutti abbiamo capito che alte personalità istituzionali stavano mentendo quando il segretario di Stato per la Giustizia e il direttore dell’FBI, Robert Mueller, hanno rivelato i nomi dei 19 presunti pirati dell’aria: avevamo già sotto gli occhi le liste dei passeggeri imbarcati, diffuse dalle compagnie aeree, e su queste liste non figurava alcuno dei sospettati.
Da allora abbiamo cominciato a dubitare fortemente del «governo di continuità», l’istanza incaricata di sostituirsi alle autorità elette, qualora queste perissero in un attacco nucleare. Abbiamo formulato l’ipotesi che gli attentati mascherassero un colpo di Stato conforme al metodo ideato da Edward Luttwak: conservare un esecutivo di facciata, imponendogli però tutt’altra politica.
Nei giorni successivi l’11 Settembre l’amministrazione Bush prese diverse decisioni. 
*  Fu istituito l’Office of Homeland Security e adottato un voluminoso Codice Antiterrorismo, pronto però già da molto tempo, l’USA Patriot Act. Per fatti che l’amministrazione stessa giudica «di terrorismo», questo testo sospende la Bill of Rights, che è stata, signor presidente, la gloria del suo Paese. L’USA Patriot Actdestabilizza le vostre istituzioni. Due secoli dopo ha sancito il trionfo dei grandi proprietari che stesero la Constitution e la sconfitta degli eroi della guerra d’indipendenza che pretesero che vi fosse aggiunta la Bill of Rights
*  Il segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, creò l’Office of Force Transformation, al comando dell’ammiraglio Arthur Cebrowski, che presentò immediatamente un piano, pronto già da molto tempo, per il controllo delle risorse naturali dei Paesi del Sud attraverso la distruzione delle strutture statali e della vita sociale della metà del mondo non ancora globalizzata. Simultaneamente, il direttore della CIA lanciò la «Matrice dell’Attacco Mondiale», un insieme di operazioni segrete nelle 85 nazioni dove Rumsfeld e Cebrowski volevano distruggere le strutture statali. Ritenendo che soltanto quei Paesi le cui economie erano globalizzate si sarebbero mantenuti stabili, mentre gli altri sarebbero stati distrutti, gli uomini dell’11 Settembre misero le Forze armate statunitensi al servizio di interessi finanziari transnazionali. Tradirono gli Stati Uniti e li trasformarono nel braccio armato di siffatti predatori .
Da 17 anni vediamo cosa porta ai suoi concittadini il governo dei successori di quelli che redassero la Constitution e si opposero, all’epoca senza successo, alla Bill of Rights: i ricchi sono diventati super-ricchi, la classe media è stata ridotta a un quinto e la povertà è aumentata.
Vediamo anche i risultati della messa in atto della strategia Rumsfeld-Cebrowski: conflitti – le cosiddette «guerre civili» – che hanno devastato quasi per intero il Medio Oriente Allargato; intere città cancellate dalla carta geografica, dall’Afghanistan alla Libia, passando per l’Arabia Saudita e la Turchia, che tuttavia non erano in guerra.
Nel 2001 soltato due cittadini statunitensi denunciarono le incoerenze della versione bushiana: il democratico Jimmy Walter, costretto poi all’esilio, e lei stesso, che entrò in politica e ora è presidente.
Nel 2011 abbiamo visto il comandante dell’AfriCom venire rimosso ed essere rimpiazzato dalla NATO perché si era rifiutato di supportare Al Qaeda nel rovesciamento della Jamahiriya Araba Libica. Poi abbiamo visto il LandCom della NATO organizzare il sostegno occidentale agli jihadisti in generale e ad Al Qaeda in particolare per rovesciare la Repubblica Araba Siriana.
Così gli jihadisti, considerati «combattenti per la liberta» contro i sovietici, e poi, dopo l’11 Settembre, «terroristi», tornarono a essere gli alleati dello Stato profondo, cosa che in realtà non cessarono mai di essere.
Abbiamo anche seguito con immensa speranza la sue azioni per sopprimere, uno a uno, ogni sostegno agli jihadisti. Ed è con la medesima speranza che la vediamo oggi dialogare con il presidente russo per ristabilire la vita nel Medio Oriente devastato. Ed è invece con pari preoccupazione che vediamo Robert Mueller, ora procuratore speciale, accanirsi nel distruggere la patria, attaccando la posizione che lei ora occupa.
Signor presidente, la diarchia che si è installata nel suo Paese dopo l’11 Settembre causa sofferenza non soltanto lei e ai suoi concittadini: ne è vittima il mondo interno.
Signor presidente, l’11 Settembre non è storia passata. È il trionfo di interessi transnazionali che conculcano non soltanto il suo popolo, ma l’intera umanità che aspira alla libertà.
Thierry Meyssan ha aperto il dibattito a livello mondiale sui veri responsabili dell’11 Settembre. Ha lavorato come analista politico a fianco di Hugo Chavez, di Mahmoud Ahmadinejad e di Mouamar Gheddafi. Oggi è rifugiato politico in Siria.

Traduzione 
Rachele Marmetti
Il Cronista 


See : Memoranda for the President on 9/11: Time for the Truth — False Flag Deep State Truth!, by : Kevin Barrett; Scott Bennett; Christopher Bollyn; Fred Burks; Steve De’ak; A. K. Dewdney; Gordon Duff; Aero Engineer; Greg Felton; James Fetzer; Richard Gage; Tom-Scott Gordon; David Ray Griffin; Sander Hicks; T. Mark Hightower; Barbara Honegger; Eric Hufschmid; Ed Jewett; Nicholas Kollerstrom; John Lear; Susan Lindauer; Joe Olson; Peter Dale Scott; Robert David Steele; and indirectly, Victor Thorn and Judy Wood.





En FRANÇAIS: Ponts écroulés et ponts bombardés (par Manlio Dinucci, 28.8.2018)
Alors que nous avons tous été horrifiés par l’écroulement du pont Morandi de Gênes, Manlio Dinucci nous rappelle que la société gestionnaire de cet ouvrage a été privatisée… pour payer la destruction par l’armée italienne des ponts de Serbie. C’était en 1999, sous les ordres de l’Otan...
http://www.voltairenet.org/article202625.html

https://ilmanifesto.it/ponti-crollati-e-ponti-bombardati/

Ponti crollati e ponti bombardati

di Manlio Dinucci 
su Il Manifesto del 28.08.2018

«L’immagine è davvero apocalittica, sembra che una bomba sia caduta sopra questa importantissima arteria»: così un giornalista ha descritto il ponte Morandi appena crollato a Genova, stroncando la vita di decine di persone. Parole che richiamano alla mente altre immagini, quelle dei circa 40 ponti serbi distrutti dai bombardamenti Nato del 1999, tra cui il ponte sulla Morava meridionale dove due missili colpirono un treno facendo strage dei passeggeri.

Per 78 giorni, decollando soprattutto dalle basi italiane fornite dal governo D’Alema, 1100 aerei effettuarono 38 mila sortite, sganciando 23 mila bombe e missili. Furono sistematicamente smantellate le strutture e infrastrutture della Serbia, provocando migliaia di vittime tra i civili. Ai bombardamenti parteciparono 54 aerei italiani, che effettuarono 1378 sortite, attaccando gli obiettivi stabiliti dal comando statunitense. «Per numero di aerei siamo stati secondi solo agli Usa.

L’Italia è un grande paese e non ci si deve stupire dell’impegno dimostrato in questa guerra», dichiarò D’Alema. Nello stesso anno in cui partecipava alla demolizione finale dello Stato jugoslavo, il governo D’Alema demoliva la proprietà pubblica della Società Autostrade (gestore anche del ponte Morandi), cedendone una parte a un gruppo di azionisti privati e quotando il resto in Borsa. Il ponte Morandi è crollato fondamentalmente per responsabilità di un sistema incentrato sul profitto, lo stesso alla base dei potenti interessi rappresentati dalla Nato. L’accostamento tra le immagini del ponte Morandi crollato e dei ponti serbi bombardati, che a prima vista può apparire forzato, è invece fondato.

Anzitutto, la scena straziante delle vittime sepolte dal crollo ci dovrebbe far riflettere sulla orrenda realtà della guerra, fatta apparire dai grandi media ai nostri occhi come una sorta di wargame, con il pilota che inquadra il ponte e la bomba teleguidata che lo fa saltare in aria. In secondo luogo ci dovremmo ricordare che la Commissione europea ha presentato il 28 marzo un piano d’azione che prevede il potenziamento delle infrastrutture della Ue, ponti compresi, non però per renderle più sicure per la mobilità civile ma più idonee alla mobilità militare (v. il manifesto, 3 aprile 2018). Il piano è stato deciso in realtà dal Pentagono e dalla Nato, che hanno richiesto alla Ue di «migliorare le infrastrutture civili così che siano adattate alle esigenze militari», in modo da poter muovere con la massima rapidità carri armati, cannoni semoventi e altri mezzi militari pesanti da un paese europeo all’altro per fronteggiare «l’aggressione russa».

Ad esempio, se un ponte non è in grado di reggere il peso di una colonna di carrarmati, dovrà essere rafforzato o ricostruito. Qualcuno dirà che in tal modo il ponte diverrà più sicuro anche per i mezzi civili. La questione non è però così semplice. Tali modifiche verranno effettuate solo sulle tratte più importanti per la mobilità militare e l’enorme spesa sarà a carico dei singoli paesi, che dovranno sottrarre risorse al miglioramento generale delle infrastrutture.

È previsto un contributo finanziario Ue per l’ammontare di 6,5 miliardi di euro, ma – ha precisato Federica Mogherini, responsabile della «politica di sicurezza» della Ue – solo per «assicurare che infrastrutture di importanza strategica siano adatte alle esigenze militari». I tempi stringono: entro settembre il Consiglio europeo dovrà specificare (su indicazione Nato) quali sono le infrastrutture da potenziare per la mobilità militare. Ci sarà anche il ponte Morandi, ricostruito in modo che i carri armati Usa/Nato possano transitare sicuri sulla testa dei genovesi?





È morto Caino

1) È morto John McCain, capo di un ramo del servizio segreto dei «Cinque Occhi» (Rete Voltaire, 27 Agosto 2018)
2) Fulvio Grimaldi su John McCain: Morto un eroe della civilta’ nei cui valori integrare i migranti


Si vedano anche:

John McCain era "il simbolo del libero pensiero anti-russo" (Sputnik, 26.08.2018)
... Il Capo del Comitato internazionale del Consiglio della Federazione Konstantin Kosachev ha definito McCain "uno specchio dell'era della guerra fredda", caratterizzato da una chiara divisione del mondo in "loro e gli altri"...

"McCain era un fervente nemico della Russia" (Sputnik, 26.08.2018)
Oleg Morozov, membro della commissione Esteri del Consiglio della Federazione Russa: "E' morto un nemico. Onore per il suo odio franco, per la sua aperta invidia, per la sua chiara intransigenza."

Jurij Trushechkin, l’eroe che abbatté John McCain (da Fishki, 26 agosto 2018)
.... va ricordato il nostro veterano sovietico, il Tenente-Colonnello Jurij Trushechkin, che partecipò alla guerra del Vietnam. Faceva parte dell’unità missilistica che distrusse nel cielo del Vietnam l’aereo pilotato dal futuro candidato presidenziale John McCain e che prese persino come trofeo i suoi documenti personali! Per l’aereo di McCain abbattuto, Trushechkin ricevette l’Ordine della Stella Rossa ...
http://aurorasito.altervista.org/?p=2194

John McCain: "Bomb Iran" (with bonus footage) 

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Centinaia di articoli apparsi su JUGOINFO negli ultimi vent'anni hanno indicato John McCain tra i principali artefici di guerre fratricide, aggressioni imperialiste e terrorismo globale:
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/search/messages?query=McCain

Si vedano in particolare:

The Beatification of John McCain (Neil Clark, Jul 29, 2017)

Lobbysti USA a favore di ISIS e Ucraina (13 nov 2014)
... USA, UE, Turchia, Israele aiutano l'ISIS. E John McCain si vanta di frequentarli / tre caporioni delle milizie nazi-europeiste a Washington per incontrare John McCain

USA, a "bipartizan" policy (4 nov 2008)
John McCain is supported by the Albanian American Civic League!

Romantici guerriglieri del Kosova... (13 mar 2000)
John McCain e la "Dioguardi-UCK connection" / I repubblicani albanesi salutano McCain / McCain saluta la nomina di Demaci a "leader politico" dell'UCK / La lobby pan-albanese nel congresso USA


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È morto John McCain, capo di un ramo del servizio segreto dei «Cinque Occhi»

RETE VOLTAIRE | 27 AGOSTO 2018 

Il senatore John McCain è morto il 25 agosto 2018; aveva 81 anni. La stampa internazionale lo saluta come «eroe del Vietnam», «uomo integerrimo», «che non cede a compromessi» di fronte al presidente Trump.
L’azione in Vietnam di questo «difensore della libertà» si limita a un bombardamento di civili: nel 1967, mentre stava distruggendo una centrale elettrica, l’aereo da lui pilotato fu abbattuto dalla contraerea sovietica. McCain, figlio di un ammiraglio che diventerà comandante in capo del PaCom, fu catturato e rimase cinque anni in prigione, dove fu a lungo torturato.
Dapprima, nel 1982, fu eletto alla Camera dei rappresentanti, poi, nel 1986, al Senato. Quest’uomo che si vuol far credere integerrimo, è stato in realtà uno dei cinque senatori (i «Keating five») che Charles Keating corruppe per coprire le truffe perpetrate in danno dei piccoli risparmiatori. Nelle primarie repubblicane del 2000 McCain si misurò con George Bush Jr., che non credeva al suo eroismo in Vietnam e lo accusò di aver tradito il Paese (aveva firmato delle confessioni sotto tortura).
Nel 2008 McCain, candidato del Partito Repubblicano contro Barack Obama, dovette affrontare le rivelazioni del New York Times, secondo cui la sua campagna elettorale sarebbe stata finanziata da società come contropartita delle posizioni da lui assunte quale presidente della Commissione per il Commercio.
Inclassificabile sul piano della politica interna, McCain ha sostenuto sia il reato penale per l’aborto sia il rifiuto della tortura.
Dal 1993 John McCain ha cumulato al mandato di senatore la presidenza dell’IRI (International Republican Institute, ndt), organizzazione finalizzata a corrompere i partiti politici di destra nel mondo. L’IRI è una delle principali propaggini della National Endowment for Democracy (il servizio segreto che hanno in comune i «Cinque Occhi», cioè Australia, Canada, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Regno Unito). Nonostante la complessità giuridica della struttura, la funzione di McCain era esecutiva. L’ha esercitata per 25 anni, in violazione del principio della separazione dei poteri, fino all’inizio di questo mese, quando è stato sostituito dal senatore Dan Sullivan, suo amico.
In qualità di presidente dell’IRI, McCain ha preso parte all’organizzazione di numerosissimi colpi di Stato e ha sostenuto tutte le guerre di Stati Uniti e Regno Unito, senza eccezioni. Per esempio, ha preparato il fallito colpo di Stato contro il presidente costituzionale del Venezuela, Hugo Chavez, il rovesciamento del presidente costituzionale di Haiti, Jean-Bertrand Aristide, il tentato rovesciamento del presidente costituzionale del Kenya, Mwai Kibaki e, più recentemente, il rovesciamento del presidente costituzionale ucraino, Viktor Janukovych.
A febbraio 2011, in una riunione al Cairo dei servizi segreti alleati, McCain, vero direttore d’orchestra della «primavera araba», varò le guerre di Libia e di Siria. Si recò poi in Libano per affidare l’approvvigionamento militare degli jihadisti in Siria al deputato harirista Okab Sakr. Con l’occasione visitò Ersal e decise d’impiantarvi una retrovia che gli jihadisti avrebbero utilizzato contro la Siria.
A maggio 2013, sotto protezione israeliana, si recò illegalmente nel nord della Siria. Vi incontrò diversi jihadisti, in particolare Mohammad Nour che aveva appena sequestrato 11 civili libanesi. Ci risulta che in quell’occasione incontrò anche Abu Bakr al-Baghdadi, futuro califfo di Daesh, fatto che però la sua segreteria smentisce.
Eppure, un anno dopo, il 16 settembre 2014, ospite del Sean Hannity’s Show (Fox News), criticò un articolo che riferiva della precarietà del cessate-il-fuoco tra jihadisti «moderati» e jihadisti «estremisti». Affermò poi di avere conoscenza diretta della situazione siriana e, riferendosi alla propria esperienza in Vietnam, difese l’idea di appoggiarsi su tutti quanti i «ribelli» per rovesciare la Repubblica Araba Siriana; rivelò altresì di aver incontrato i leader di Daesh e di essere in contatto permanente con loro.

[John McCain admet être en contact permanent avec l'EIIL

McCain, con determinazione e totale indifferenza, ha contribuito alla distruzione di una porzione di mondo.

Traduzione 
Rachele Marmetti
Il Cronista 



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John McCain ---- MORTO UN EROE DELLA CIVILTA’ NEI CUI VALORI INTEGRARE I MIGRANTI

di Fulvio Grimaldi – lunedì 27 agosto 2018

[FOTO: John McCain con lo sponsor George Soros]

Per  un tumore al cervello, è morto il 26 agosto 2018 John McCain, senatore degli Stati Uniti, sodale di George Soros, già prigioniero di guerra dei vietnamiti dai quali affermava di essere stato torturato. Altri raccontano che i nordvietnamit lo chiamavano “John  il canterino”  per la sua collaborazione “cantante”, onde ottenere un trattamento migliore. Aveva 81 anni. Battuto da Bush e da Obama in due corse per la presidenza, si incise nella storia delle campagne presidenziali soprattutto per aver scelto come suo vice un fenomeno da baraccone come Sarah Palin, quella del Tea Party e degli Stati Uniti in armi contro tutti, poveri in prima linea. Un suo affetto duraturo fu anche George Soros, di cui condivideva tutte le battaglie, dalle rivoluzioni colorate, agli spostamenti di popoli chiamati migrazioni, ai movimenti tipo Metoo e che lo ricambiava finanziandone la Fondazione famigliare con la sua Open Society Foundation.

 I media e politici della destrasinistra e sinistra destra, che si riconoscono nella guida degli Usa e nei valori dell’Occidente, lo descrivono come esemplificato dai due dei principali quotidiani italiani  che hanno affidato il necrologio alle proprie penne di maggior prestigio. Sono questi media e i loro editori di riferimento in politica ed economia ad alternare alle loro accuse di populismo, razzismo, xenofobia, incitazione alla violenza, fascismo, rivolte a critici e antagonisti, l’esaltazione di un personaggio che per tutta la sua vita matura ha fatto delle guerre imperiali, del terrorismo al servizio delle guerre imperiali, degli sterminii di interi popoli il valore suo e quello della “democrazia” da lui abitata. Il corto circuito di questi campioni delle fake news è quello per cui individuano razzismo, xenofobia, fascismo in chi si oppone alle deportazioni riconosciute come nuovo colonialismo, nuova tratta degli schiavi, nuovo strumento di dumping sociale, quando la forma estrema e più letale di razzismo, xenofobia e fascismo sta in quanto perseguito dall’eroe americano da loro rimpianto e additato a modello. 

Seguono, in fondo, alcune note biografiche  da me compilate.

Federico Rampini, La Repubblica
I vecchi soldati non muoiono mai…McCain, a differenza di Trump, è stato un vero patriota… Veniva da una tradizione gloriosa, in cui anche l’élite bianca andava al fronte, rischiava la vita…A un uomo di quella tempra Trump fece l’oltraggio più ignobile…La requisitoria implacabile di McCain: viviamo in un paese fatto di ideali, non di terra e di sangue… McCain incarna la tradizione repubblicana più nobile e onesta, quella che diede all’America Abraham Lincoln… fu tra i primi a ostacolare l’idillio con Trump e varò le sanzioni contro la Russia al Congresso…”

Vittorio Zucconi, La Repubblica
McCain era l’ultimo leone del mondo pre-Twitter… pre-populismo, un mondo senatoriale e togato, spazzato via dalla furia distruttiva del trumpismo e dei suoi piccoli emuli di provincia…l’eroismo di McCain… In McCain l’idea dell’America era nel principio fondamentale di un governo di leggi, non di persone…era la cesura tra la concezione dispotica portata da Trump a Washington e la cultura del compromesso fra campi opposti per ottenere il meglio possibile…… la rappresentazione esemplare del cambio storico tra democrazia mediata, faticosa, di do ut des per costruire maggioranze bipartisan che tenessero conto anche degli sconfitti, e il nuovo tempo delle forzature e delle intimidazioni… era l’ultimo senatore repubblicano che ancora credeva nella Costituzione”.

Stefano Pistolini, Il Fatto Quotidiano
Addio al campione dell’altra America… McCain ha incarnato l’americano ideale, il modello dell’uomo da sposare, del padre da avere, dell’interprete dello spirito di altruismo ed empatia, sentimento fondante della nazione, il valore originale coltivando il quale si è arrivati fin qui” (come sanno bene i pellerossa, coreani, vietnamiti, latinoamericani, haitiani, yemeniti,  iracheni, libici, siriani, afghani, somali…n.d.r.)… “a cominciare dall’inestinguibile slancio a battersi per le buone cause… prototipo inossidabile dell’immaginario americano, conservatore indipendente e romantico, colto e spiritoso… ispirato a un culto del buonsenso e ai principi del buon vicinato, del mutuo soccorso… il testimone dei valori nazionali… era quello dell’onore prima di tutto e de ‘il mondo è un bel posto’ per cui vale la pena di battersi… un monumento stabile a qualcosa che non c’è più e di cui sentire una grandissima mancanza”.

Bernie Sanders, Partito Democratico
Il portabandiera della sinistra Statunitense, quello fatto fuori da un colpo di mano del Comitato Nazionale Democratico a favore di Hillary Clinton, quello che per la sinistra sinistra italiana (“manifesto” e affini) rappresenta lo standard aureo della politica statunitense, così si esprime su John McCain: “John McCain era un eroe americano, un uomo di decenza e onore e un mio amico. Non ci mancherà solo nel Senato Usa, ma a tutti gli americani che rispettano integrità e indipendenza.”

Le opere e i giorni di John McCain

Il critico più feroce del presidente Trump per i suoi tentativi, più o meno riusciti, ma probabilmente sinceri nella misura in cui riusciva a sfuggire alla tenaglia dello Stato Profondo Usa, di arrivare a un’intesa con Russia e Nord Corea e a un mondo con meno guerre, McCain ha un curriculum da vero eroe americano, come lo definiscono gli agiografi qui citati, contrassegnato da una serie lunga e ininterrotta di atti che, dalle parti che li subirono, furono definiti crimini di guerra e contro l’umanità. I suoi suggerimenti per risolvere problemi geopolitici erano fermi e costanti: fare guerra a Libia, Siria, Iraq, Afghanistan, Sudan, Cina, Russia, Ossezia del Sud, Ucraina, Eritrea e altre sentine del vizio di non obbedire a Washington e Israele. Ovunque, in intima intesa e collaborazione con il terrorismo del luogo, salafita o nazista che fosse. Echeggia ancora in Senato la sua invocazione: “Bomb, bomb, bomb… bomb, bomb Iran”.
A dispetto del suo estremismo guerrafondaio, a McCain fu consentito da Obama di gestire all’interno del Comitato per i Servizi Militari del Senato un illegale dipartimento di politica estera, grazie al quale potè assumere il ruolo di inviato speciale del Congresso e della Presidenza in situazioni di conflitto.
Afghanistan e Iraq. Il 12/9 2001, un giorno dopo l’attentato alle Torri Gemelle e al Pentagono, McCain elencò in tv i paesi che avrebbero ospitato Al Qaida e che avrebbero dovuto essere ripuliti. In testa, Afghanistan e Iraq.  
Siria e Libia. Nella lista del 2001 era inclusa la Siria sotto lo slogan “Assad va eliminato”, gridato fino all’ultimo dei suoi giorni. Fu il primo a esigere massicci armamenti per le bande jihadiste e bombardamenti sui centri abitati. Sulla Libia invocò dal primo giorno della “rivoluzione colorata” una no-fly zone e bombardamenti a tappeto. Se la Libia fu ridotta allo stato della pietra e a piattaforma di partenza della tratta degli schiavi, è anche merito suo. Sia in Siria che in Libia, McCain si incontrò e concordò piani d’azione terroristica con i massimi dirigenti sia di Al Qaida che dell’Isis, compreso l’agente Mossad Al Baghdadi. Ne esiste un’ampia documentazione fotografica e video. Dal momento che ufficialmente gli Usa erano impegnati nella guerra a queste formazioni terroriste, i rapporti di McCain con esse si configurano come alto tradimento e collaborazione col nemico. MCain perorò anche interventi militari e di Forze Speciali in Mali, Nigeria e Sudan. Nessun Obama mai  lo ostacolò. Anzi.

[ FOTO: McCain e leader di Al Qaida-Isis 
FOTO: McCain con Al Baghdadi ]

Iran. Il bersaglio di più lunga durata nell’elenco delle nazioni che, per McCain, avrebbero dovuto essere obliterate, è stato l’Iran. In perfetta sintonia con il premiere israeliano Netaniahu, ha incessantemente accusato Tehran di insistere segretamente nella costruzione di armi nucleari e di volere estendere il proprio dominio, comportante la distruzione di Israele, su tutto il Medioriente.

Bosnia e Kosovo. Sostenitore accanito delle guerre di Clinton-Woytila contro la Jugoslavia, ha favorito e coperto il trasferimento di jihadisti, con tanto di vessilli di AlQaida, in Kosovo e Bosnia negli anni ’90. Ha chiesto e ottenuto che gli Usa rifornissero di armi e sostenessero nei media la formazione terrorista UCK, impegnata nel traffico di stupefacenti e organi, diretto da Hashim Thaci, poi presidente del Kosovo proclamatosi indipendente.
Ucraina. A Kiev McCain è apparso per collegarsi alle formazioni politiche e militari naziste come Svoboda e il battaglione Azov, impegnate, tra l’altro, nella guerra terrorista ai resistenti delle repubbliche libere del Donbass che, secondo McCain, non sarebbero altro che mercenari russi inviati da Putin.

Russia. L’odio di McCain per la Russia e il suo costante incitamento  a provocarla, assediarla e attaccarla, risale alla guerra fredda. Un odio per il comunismo che poi si è evoluto in Russofobia, come condivisa dalle nostra sinistre sinistre. In  occasione dell’attacco lanciato dalla Georgia alla Russia nell’Ossezia del Sud, McCain fu il più virulento portavoce del partito della guerra alla Russia, invocando l’intervento del Consiglio del Nord Atlantico per un immediato attacco della Nato in “difesa della sicurezza della Georgia”. McCain approfittò anche dell’accusa, mossa dall’intelligence Usa e dai media liberal alla Russia, di aver interferito nelle elezioni americane, per esigere che questa ingerenza fosse definita un “atto di guerra”, con tutte le conseguenze del caso.
Corea del Nord. Anche questo paese era stato incluso da McCain nella famigerata lista del 12 settembre 2001. Profondamente irritato per le aperture di Trump verso Pyongyang e per il riavvicinamento tra le due Coree divise dagli Usa nel 1950, McCain attaccò duramente il presidente e non cessò di sostenere la necessità di un attacco anche nucleare.

Il bottino di un eroe americano

Questo è il curriculum di un eroe americano che, secondo i nostri media, ha difeso i valori di un’America come non ce l’abbiamo più e verso la quale proveremo una grande nostalgia. Possiamo consolare lo spirito inquieto del senatore amico di tutti i terroristi e fautore di tutte le guerre: quell’America, l’America emersa dall’oceano di sangue dei suoi popoli nativi, confermatasi negli assalti all’America Latina e negli orrori delle dittature da essa installate, rinnovatasi nel soggiogamento dell’Europa attuato nel segno della lotta al nazifascismo, lanciatasi nel futuro di un Nuovo Ordine Mondiale globalizzato mediante ininterrotte guerre e colpi di Stato ai danni di Stati liberi e non sottomessi. Il tutto al costo di appena 50 milioni di morti ammazzati dal 1945, di cui, a me noti e famigliari, 3 milioni di iracheni e, forse (hanno smesso di contarli), mezzo milioni di siriani, altri milioni di afghani, libici, somali, yemeniti, latinoamericani. Un bel bottino per l’eroe americano.

Del suo odio per Donald Trump gli resta un merito, o demerito, a seconda dei punti di vista: quello di averlo reso un punto d’onore per Trump. Gli resta un altro merito, quello di aver sostenuto l’immigrazione e conseguente integrazione. Visti i valori ai quali coloro che fuggono dai disvalori di Africa, Asia, Medioriente, Latinoamerica dovranno essere assimilati, abbiamo potuto capire meglio  con chi stiano e cosa vogliano i nostri, di fautori di migrazioni, accoglienze e integrazioni.




Quanti dei turisti che visitano la Croazia nei più bei giorni d'estate sono consci dello scempio in atto da anni su quei territori?

Nelle principali mete turistiche il visitatore viene "accolto" con pezzi da novanta della propaganda di guerra. A Dubrovnik, non si può fare a meno di incappare nel piccolo museo allestito in pieno centro per quella che chiamano la "guerra patriottica", con le fotografie di caduti e bandiere e simboli militari che richiamano la tradizione ustascia. Ai Laghi di Plitvice, nel centro visita del parco non solo si possono acquistare pubblicazioni dedicate ai primi scontri del 1991, ma anche negli opuscoli prettamente dedicati alle meraviglie naturali c'è sempre una sezioncina in cui la esplosione della guerra civile viene raccontata in maniera selettiva e distorta, come opera di "terroristi serbi" – e su questa falsariga un monumento è stato eretto a poche centinaia di metri, anche in lingua inglese per "orientare" il turista... Persino a Brioni, nella multinazionale e tollerante Istria, i gruppi in visita alla residenza estiva della Presidenza della Jugoslavia socialista vengono letteralmente "portati in giro" da una guida che li illumina, tra l'altro, sulla "aggressione serba" che la Croazia avrebbe subìto. E così via.

Ad altre aree della Croazia i turisti nemmeno si avvicinano. Un servizio televisivo un anno fa mostrava lo spopolamento e la depressione in cui versa la Slavonia orientale: 


La Slavonia occidentale ed il resto dei territori "di confine" (Krajine) non fanno differenza. Chi bisogna ringraziare per questo abbandono? D'altronde, anche quest'anno, la pulizia etnica di quei territori, culminata nella "Operazione Tempesta", è stata festeggiata a pochi chilometri dalle spiagge affollate di "anime belle" europee:

Caccia israeliani partecipano, al fianco di quelli croati, alla parata per il 23 anni della pulizia etnica delle Krajine

Nell'articolo che riportiamo di seguito si parla dell'insulto alla memoria di 11 familiari del grande scienziato Nikola Tesla, che furono vittime degli ustascia: la lapide sulla loro tomba, presso Gospić (Slavonia occidentale) è stata distrutta nella guerra degli anni Novanta, mentre nel penitenziario da dove nel 1941 i serbi venivano trasportati al lager di Jadovno, oggi si trovano tranquillamente allestiti il tribunale, la prigione e parte dei servizi civili. La piazza è dedicata ad Alojzije Stepinac mentre davanti all' edificio si trovano le statue di Stepinac e Franjo Tudjman.

(a cura di Italo Slavo)

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Grobnica gde su ustaše ubile 11 rođaka Nikole Tesle

Ploča sa obeležjem na grobnici uništena u ratu devedesetih godina, a u nekadašnjoj kaznioni, odakle su 1941.. godine Srbi odvođeni u logor Jadovno, danas su smešteni sud, zatvor i delom civilne službe, lokalni trg se zove Trg Alojzija Stepinca, a ispred su spomenici Stepincu i Franji Tuđmanu

nedelja, 19.08.2018.

GOSPIĆ - Od Gospića, preko Smiljana, do Jadovna danas živi desetak srpskih porodica, za razliku od pre poslednjeg rata, kada je tu bilo više od 50 odsto srpskog stanovništva, a gospićko-smiljanski jerej Dragan Mihajlović u Smiljan dolazi kada dođu turisti, koji bi, osim rodne kuće Nikole Tesle, hteli da vide i unutrašnjost crkve u kojoj je njegov otac, prota Milutin Tesla službovao, a svetski poznati naučnik kršten.

Malo ko bi da obiđe i masovnu grobnicu, na pravoslavnom groblju, u kojoj je sahranjeno 530 Srba iz Smiljana i okoline, koje su ustaše ubile za vreme Drugog svetskog rata.

U toj masovnoj grobnici nalazi se i 11 rođaka Nikole Tesle.

Jerej Mihajlović kaže da je do rata devedesetih godina grobnica bila obeležena, ali je za vreme rata ploča razbijena.

I ne samo ta ploča.

U zgradi nekadašnje Kaznionice u Gospiću, odakle su u proleće 1941. godine Srbi odvođeni u logor Jadovno, danas su smešteni sud, zatvor i delom civilne službe.

To mesto, simbol stradanja, na trgu je koji se danas zove Trg Alojzija Stepinca, a ispred su spomenici Stepincu i Franji Tuđmanu.

Jadovno je danas Nacionalni park Jadovno.

U Jadovnu, u Lici, na Velebitu, u maju 1941. godine, formiran je jedan od sedam logora u kompleksu logora Gospić - Jadovno - Pag, u kojima su logoraši boravili samo privremeno, dok ne dođu na red da budu likvidirani u nekoj od mnogih kraških jama i useka, kojima to područje obiluje.

Zatočenici su bili uglavnom Srbi, ali i Jevreji i protivnici ideologije NDH, a za tri meseca stradalo tu je stradalo ukupno 40.000 ljudi.

„Na ovom mestu je formiran logor polovinom maja 1941. godine, da bi 24. juna dosegao svoje konačne granice. Prema izjavi malog broja preživelih, svakodnevno su prepodne i popodne iz pravca Gospića, peške dovođene kolone zatočenike u dvoredima, vezanih ruku sa jednim kanapom ili lancem između njih. Oni koji bi na tom putu, dugom 20 kilometara od Kaznionice u Gospiću, bili malaksali, izmučeni, bili bi ubijani u jednoj od usputnih jama, kao što je Šaranova jama, jama pod Grginim bregom...”, podseća za Tanjug predsednik Udruženja Jadovno 1941. Dušan Bastašić.

Prema njegovim rečima, drugi zatočenici bi bili dopremani u logor, koji nije bio radni, već „likvidacioni centar”.

„Ovde se ništa nije radilo, ovde se samo čekalo na likvidaciju”, kazao je Bastašić.

U logoru je polovinom avgusta, zbog italijanske reokupacije, poslednjih 1.500 zatočenika, od kojih 1.200 Srba i 300 Jevreja, likvidirano, zakopano i tu im je i danas masovna grobnica.

„Ta tela nikada nisu ekshumirana, propisno sahranjena. Na ovom mestu se nije dolazilo nakon 1945. godine i Jadovno je, do poslednjih par godina, ispalo samo jedna jama - Šaranova jama, a jama Jadovno ne postoji”, kaže Bastašić.

Prvi likvidacioni centar formiran je upravo u selu Jadovno, jer su, kaže Bastašić, tu likvidacije mogle da budu brze, a računalo se i sa dobrom železničkom infrastrukturom, koju Gospić ima.

Pitanje je je li slučajno što je baš na tom području rođen i ideolog ustaštva Ante Starčević, kao i što se tridesetih godina prošlog veka tu desio i Brušanski ustanak protiv jedne žandarmerijske stanice, odnosno oružana akcija, koju su organizovali pripadnici organizacije Ustaša - Hrvatska revolucionarna organizacija (UHRO), kojoj je na čelu bio Ante Pavelić.

Koliko je taj logor bio dobro čuvan govori i podatak da su samo tri muškarca uspela da pobegnu iz njega.

„Samo jedan od njih je preživeo Drugi svetski rat i samo je jedan Srbin uspeo da odavde bude pušten”, kazao je Bastašić.

Nedaleko od logora u Jadovnu, na nekih 40 - 50 metara, nalazila se jedna od 32 kraške jame, u kojima su ubijane žrtve.

„Za tu jamu zanimljivo je reći da je Branko Cetina, jedan od trojice koji je uspeo da pobegne odavde, svedočio kako bi tokom noći slušao negde iz blizine glas koji dopire iz dubine zemlje i koji je na hebrejskom, kako je kasnije saznao od jednog prijatelja Jevrejina, govorio 'Bože, spasi me'“, ispričao je Bastašić, koji je inače i potomak nastradalih u logoru na Jadovnu.

Prema njegovim rečima, šezdesetih godina prošlog veka ta jama je pokrivena betonskom pločom, na kojoj je izgrađen spomenik, ali je on srušen u ratu devedesetih.

„Jadovno je mesto koncetracionog logora u Drugom svetskom ratu za koje se lokacija do 2010. godine nije znala, a preteča je logora u Jasenovcu. U vreme dok su se ovde vršili ti strašni zločini, Jasenovac nije ni planiran”, kazao je Bastašić.

Nakon italijanske reokupacije logora na Jadovnu, svega negde oko 2.000 zatvorenika, koje ustaše nisu stigle da ubiju, transportovano je u Jasenovac i postali su prvi jasenovački logoraši, a kako je naveo Bastašić, mali broj njih je dočekao kraj 1941. godine. (Tanjug)