Informazione

From: "operanomadinazionale"
Oggetto: invito ascolto documentario radiofonico "PORRAJMOS"
 
Porrajmos

un documentario radiofonico di Andrea Giuseppini prodotto dall'Opera
Nomadi con il patrocinio e il contributo del Consiglio Regionale Emilia
Romagna

© Opera Nomadi e Radioparole 2004


Quanti conoscono la parola "Porrajmos"?

Porrajmos nella lingua dei Rom significa "divoramento" e indica il
ricordo della persecuzione e dello sterminio che il Terzo Reich attuò
nei loro confronti.


Durante la seconda guerra mondiale vennero uccisi oltre 500.000
zingari, vittime del nazionalsocialismo e dei suoi folli progetti di
dominazione razziale. La storia dello sterminio degli zingari è una
storia dimenticata e offesa dalla mancanza di attenzione di storici e
studiosi: ancora oggi la documentazione risulta frammentaria e la
relazione dei fatti lacunosa. Eppure l'argomento dovrebbe suscitare
interesse anche solo per il fatto che la persecuzione degli zingari in
epoca nazista risulta essere l'unica, ovviamente con quella ebraica,
dettata da motivazioni esclusivamente razziali: proprio come gli ebrei,
infatti, gli zingari furono perseguitati e uccisi in quanto " razza
inferiore" destinata, secondo l'aberrante ideologia nazionalsocialista,
non alla sudditanza e alla servitú al Terzo Reich, ma alla morte. Ma
proprio questo è il nodo centrale del problema. Per molto tempo dopo la
guerra, infatti, lo sterminio nazista degli zigani non è stato
riconosciuto come razziale ma lo si è considerato conseguenza - in un
certo senso anche ovvia - di quelle misure di prevenzione della
criminalità che, naturalmente, si acuiscono in tempo di guerra. Una
tesi che trova fondamento nella definizione di " asociali" con la
quale, almeno nei primi anni del potere hitleriano, gli zingari vengono
indicati nei vari ordini e decreti che li riguardano. Come sappiamo,
però, la terminologia nazista non è sempre esplicativa dei fatti: in
questo caso il termine " asociale" viene usato per indicare coloro che,
per diverse ragioni, non sono integrabili o omologabili col nuovo
ordine nazionalsocialista.

In realtà, gli zingari furono perseguitati, imprigionati, seviziati,
sterilizzati, utilizzati per esperimenti medici, gasati nelle camere a
gas dei campi di sterminio, perché zingari e, secondo l'ideologia
nazista, " razza inferiore" , indegna di esistere. Gli zingari erano
geneticamente ladri, truffatori, nomadi: la causa della loro
pericolosità era nel loro sangue, che precede sempre i comportamenti.
(Giovanna Boursier, in Zigeuner, lo sterminio dimenticato, Sinnos
editrice)

Il documentario radiofonico è diviso in tre parti di trenta minuti
ciascuna e si può ascoltare o scaricare sul sito internet
www.radioparole.it


Prima parte

Nel 1936, alla vigilia dei giochi olimpici di Berlino, Hitler decide
che la città dev'essere ripulita. La politica razziale dei nazisti
porta alla costruzione di un campo di concentramento a Marzahn, dove
vengono internati centinaia di Rom e Sinti.

Quando viene rinchiuso a Marzahn, Otto Rosemberg ha nove anni. Inizia
così la storia della sua persecuzione, che lo condurrà di lì a sette
anni alla deportazione nello Zigeunerlager, il lager degli zingari di
Auschwitz-Birkenau.

Otto Rosember ha mantenuto il silenzio per anni. Poi ha voluto lasciare
la sua testimonianza.
Oltre alla suo racconto, una delle rare voci sulla persecuzione subita
dai Rom e dai Sinti, nella prima parte del documentario radiofonico
ascolteremo le considerazioni di due storici italiani che si sono
occupati di questo argomento: Giovanna Boursier e Luca Bravi.


Seconda parte

Nella seconda parte continueremo ad ascoltare il racconto di Otto
Rosenberg. Rosenberg, unico superstite della sua famiglia, sarà
deportato dallo Zigeunerlager di Auschwitz verso altri lager:
Buchenwald, Dora, Ellrich e, infine, Bergen-Belsen dove sarà liberato
dall'esercito alleato.

La sua tragedia, come quella di tutti i Rom e Sinti sopravvissuti, non
si conclude però con la fine della guerra. La Repubblica federale
tedesca, infatti, riconoscerà la persecuzione razziale subita da questi
popoli solo dopo un lungo silenzio e concederà i risarcimenti con un
irrimediabile ritardo.

Oltre a Giovanna Boursier e Luca Bravi, nella seconda parte del
documentario radiofonico, ascolteremo anche la voce di Mirella Karpati,
profonda conoscitrice della storia e cultura dei Rom e Sinti, tra le
prime persone in Italia a raccogliere le testimonianze orali della
persecuzione nazista.


Terza parte

La terza parte riguarderà la storia della persecuzione di Rom e Sinti
nell’Italia fascista.

Si potranno ascoltare alcune rare testimonianze di internati nei campi
di concentramento italiani.


Il radiodocumentario andrà in onda durante il Giorno della memoria
martedì 27 gennaio su:

popolare network (Milano)

controradio (Firenze)

mep radio (Rieti)

primaveraradio (Taranto)

radio base (Venezia)

radio beckwith (Torino)

radio città (Pescara)

radio città aperta (Roma)

radio città del capo (Bologna)

radio città 103 (Bologna)

radio fatamorgana (Empoli)

radio fragola (Trieste)

radio gold (Alessandria)

radio onda d'urto (Brescia)

radio onde furlane (Udine)

radio press (Cagliari)

radiokcentrale (Bologna)

radio roccella jonica (Locride)

radio tau (Bologna)

esseottoradio (web radio)

Il documentario Porrajmos è a disposizione gratuita delle radio
interessate.

Per ottenere la necessaria autorizzazione alla messa in onda siete
pregati di scrivere a info@...

PGRpdj5MQSBWSVRBIERJIE1JS09MQVMgQlVSQUtJQVZJVFNJT1VTIEXigJkgSU4gUEVSSUNPTE8hPGJyIC8+IDxiciAvPiB3d3cucmVkbmV3cy5ydTxiciAvPiA8YnIgLz4gTOKAmSDigJxVbmlvbmUgZGVpIFBhcnRpdGkgQ29tdW5pc3RpIOKAkyBQQ1VT4oCdIMOoIGxhIHN0cnV0dHVyYSBmZWRlcmF0YSwgPGJyIC8+IHByZXNpZWR1dGEgZGFsIGxlYWRlciBkZWwgUENGUiBHaGVubmFkaWogWmp1Z2Fub3YsIGNoZSByYWNjb2dsaWUgaSA8YnIgLz4gcHJpbmNpcGFsaSBwYXJ0aXRpIGRlbGzigJlleCBVUlNTLCB0cmEgY3VpIGFuY2hlIGFsY3VuaSBkZWxsZSByZXB1YmJsaWNoZSA8YnIgLz4gYmFsdGljaGUgKGFtbWVzc2UgcmVjZW50ZW1lbnRlIG5lbGzigJlVbmlvbmUgRXVyb3BlYSksIGNoZSBzb25vIHN0YXRpIDxiciAvPiBtZXNzaSBmdW9yaWxlZ2dlIG5lbCAxOTkxIGUgY2hlIHZlbmdvbm8gdHV0dG9yYSBwZXJzZWd1aXRhdGkgZGFpIHJlZ2ltaSA8YnIgLz4gbmF6aW9uYWxpc3RpIGFsIHBvdGVyZS48YnIgLz4gPGJyIC8+IExhIGRpY2hpYXJhemlvbmUgY2hlIHNlZ3VlLCBuZWwgZGVudW5jaWFyZSBsYSBncmF2aXNzaW1hIHNpdHVhemlvbmUgaW4gPGJyIC8+IGN1aSB2ZXJzYW5vIGkg4oCcZGlyaXR0aSB1bWFuaeKAnSBpbiBMaXR1YW5pYSAoZ292ZXJuYXRhLCB0cmEgZ2xpIGFsdHJpLCBkYSA8YnIgLz4gdW4gcGFydGl0byBjaGUgZmEgcGFydGUgZGVsbOKAmUludGVybmF6aW9uYWxlIFNvY2lhbGlzdGEpLCBpbnRlbmRlIDxiciAvPiByaWNoaWFtYXJlIGzigJlhdHRlbnppb25lIGRlbGzigJlvcGluaW9uZSBwdWJibGljYSBpbnRlcm5hemlvbmFsZSBzdWwgY2FzbywgPGJyIC8+IHZlcmFtZW50ZSBkcmFtbWF0aWNvLCBkZWxs4oCZYW56aWFubyBsZWFkZXIgZGVsIFBhcnRpdG8gQ29tdW5pc3RhIGRpIDxiciAvPiBMaXR1YW5pYSwgTWlrb2xhcyBCdXJha2lhdml0c2lvdXMsIGluIGNhcmNlcmUgZGEgMTAgYW5uaSwgZGkgY3VpIMOoIDxiciAvPiBzdGF0YSBhZGRpcml0dHVyYSByZXNwaW50YSB1buKAmWlzdGFuemEgZGkgbGliZXJhemlvbmUgYW50aWNpcGF0YSA8YnIgLz4gZm9ybXVsYXRhLCBwZXIgbGUgcHJlY2FyaWUgY29uZGl6aW9uaSBkaSBzYWx1dGUgZGVsIGRldGVudXRvLCBkYWwgPGJyIC8+IFRyaWJ1bmFsZSBkaSBWaWxuaXVzLjxiciAvPiA8YnIgLz4gPGJyIC8+IE1vc2NhLCAyMCBnZW5uYWlvIDIwMDQ8YnIgLz4gPGJyIC8+IElsIENvbWl0YXRvIEVzZWN1dGl2byBkZWwgQ29uc2lnbGlvIGRlbGzigJkgVW5pb25lIGRlaSBQYXJ0aXRpIDxiciAvPiBDb211bmlzdGktUENVUyAoVVBDLVBDVVMpIGRpY2hpYXJhIGNoZSBsYSB2aXRhIGRlbCBQcmltbyBzZWdyZXRhcmlvIGRlbCA8YnIgLz4gUGFydGl0byBDb211bmlzdGEgZGkgTGl0dWFuaWEsIFByb2Zlc3NvciBNaWtvbGFzIE1hcnRpbm92aWMgPGJyIC8+IEJ1cmFraWF2aXRzaW91cyDDqCBpbiBzZXJpbyBwZXJpY29sby4gTmVsIDE5OTQgZWdsaSBmdSBjb25kYW5uYXRvIGRhbCA8YnIgLz4gcmVnaW1lIG5hemlvbmFsaXN0YSBkZWxsYSBMaXR1YW5pYSBhIDEyIGFubmkgZGkgY2FyY2VyZSDigJxwZXIgYXZlciA8YnIgLz4gcGFydGVjaXBhdG8gYWxs4oCZYXR0aXZpdMOgIGRlbCBQQ1VT4oCdLiBUdXR0YSDigJxsYSBjb2xwYeKAnSBkaSBNLiA8YnIgLz4gQnVyYWtpYXZpdHNpb3VzIGUgZGkgYWx0cmkgY29tcGFnbmkgY29uZGFubmF0aSBpbnNpZW1lIGEgbHVpLCA8YnIgLz4gY29uc2lzdGV2YSBuZWxs4oCZYXZlciByaXNwZXR0YXRvIGxlIGRlY2lzaW9uaSBkZWwg4oCcUmVmZXJlbmR1bSA8YnIgLz4gc3VsbOKAmVVuaW9uZeKAnSh2b2x1dG8gZGEgR29yYmFjaW92LCBuLmQudHIuKSBkZWwgMTcgbWFyem8gMTk5MSwgZSA8YnIgLz4gbmVsbOKAmWVzc2Vyc2kgcHJvbnVuY2lhdGkgcGVyIGlsIG1hbnRlbmltZW50byBkZWxsYSBMaXR1YW5pYSBzb2NpYWxpc3RhIDxiciAvPiBzb3ZpZXRpY2EgbmVsbOKAmWFtYml0byBkZWxs4oCZVVJTUy48YnIgLz4gPGJyIC8+IEzigJlVbmlvbmUgZGVpIFBhcnRpdGkgQ29tdW5pc3RpLVBDVVMsIG1vbHRpIGFsdHJpIHBhcnRpdGkgcG9saXRpY2ksIDxiciAvPiBtb3ZpbWVudGkgZSBvcmdhbml6emF6aW9uaSBkZWxsYSBjb211bml0w6AgbW9uZGlhbGUgc2kgc29ubyByaXZvbHRpIGFsbGEgPGJyIC8+IGRpcmlnZW56YSBkZWxsYSBMaXR1YW5pYSwgY29uIGxhIHJpY2hpZXN0YSBkaSBpbnRlcnJvbXBlcmUgbGEgPGJyIC8+IHBlcnNlY3V6aW9uZSBkaSBwZXJzb25lIHBlciBtb3RpdmkgcG9saXRpY2kgZSBkaSBsaWJlcmFyZSBkYWxsYSA8YnIgLz4gZGV0ZW56aW9uZSBNLiBCdXJha2lhdml0c2lvdXMgZSBpIHN1b2kgY29tcGFnbmkuPGJyIC8+IDxiciAvPiBUcmFzY29yc2kgaSAzLzQgZGVsbGEgcGVuYSwgaWwgVHJpYnVuYWxlIGRpc3RyZXR0dWFsZSBkaSBWaWxuaXVzLCBpbiA8YnIgLz4gYmFzZSBhbGxhIGxlZ2lzbGF6aW9uZSBsaXR1YW5hLCBhdmV2YSBkZWNpc28gZGkgbGliZXJhcmUgTS4gPGJyIC8+IEJ1cmFraWF2aXRzaW91cyBpbCAxNSBnZW5uYWlvIDIwMDQuIE1hIGxhIFByb2N1cmEgZGVsbGEgTGl0dWFuaWEgZSBsZSA8YnIgLz4gbWFzc2ltZSBpc3RhbnplIGRlbGxhIGdpdXN0aXppYSBoYW5ubyBib2NjaWF0byBsYSBkZWNpc2lvbmUsIG1hbnRlbmVuZG8gPGJyIC8+IGludmFyaWF0YSBsYSBzY2FkZW56YSBkZWxsYSBkZXRlbnppb25lLCB2YWxlIGEgZGlyZSBs4oCZYW5ubyAyMDA2LjxiciAvPiA8YnIgLz4gSWwgQ29taXRhdG8gRXNlY3V0aXZvIGRlbCBDb25zaWdsaW8gZGVsbOKAmVVQQy1QQ1VTIHJpdGllbmUgY2hlIGxhIDxiciAvPiBwcml2YXppb25lIGRlbCBkaXJpdHRvIGFsbOKAmWltbWluZW50ZSBsaWJlcmF6aW9uZSBkZWwgY29tcGFnbm8gPGJyIC8+IE0uQnVyYWtpYXZpdHNpb3VzIHJhcHByZXNlbnRpIHNvbG8gdW5hIGZvcm1hIGRpIHZlbmRldHRhIGRlbGxlIGZvcnplIDxiciAvPiBuYXppb25hbGlzdGUgZGVsbGEgTGl0dWFuaWEgbmVpIGNvbmZyb250aSBkZWkgc29zdGVuaXRvcmkgZGVsIFBvdGVyZSA8YnIgLz4gc292aWV0aWNvICwgZGVsIHNvY2lhbGlzbW8sIGRlbGzigJlhbWljaXppYSBlIGRlbGxhIGZyYXRlbGxhbnphIGZyYSBpIDxiciAvPiBwb3BvbGkuIEVzc2UgdGVuZ29ubyBpbiBwcmlnaW9uZSBwZXIgbW90aXZpIHBvbGl0aWNpIHVuIHVvbW8gZGkgNzYgPGJyIC8+IGFubmksIGNoZSBoYSBiaXNvZ25vIGRpIGVzc2VyZSBjdXJhdG8gc2VyaWFtZW50ZSwgc29sbyBwZXJjaMOpIGhhIDxiciAvPiBhZGVtcGl1dG8gYWxsZSBwcm9wcmllIHJlc3BvbnNhYmlsaXTDoCBkaSBwYXJ0aXRvIGUgZGkgc3RhdG8sIHNvbG8gPGJyIC8+IHBlcmNow6kgw6ggc3RhdG8gZSBpbnRlbmRlIHJpbWFuZXJlIGNvbXVuaXN0YS48YnIgLz4gPGJyIC8+IEEgbm9tZSBkaSBvbHRyZSB1biBtaWxpb25lIGRpIGNvbXVuaXN0aSwgY2hlIG9wZXJhbm8gc3VsIHRlcnJpdG9yaW8gPGJyIC8+IGRlbGxhIG5vc3RyYSBQYXRyaWEgY29tdW5lLCBpbCBDb21pdGF0byBFc2VjdXRpdm8gZGVsIENvbnNpZ2xpbyA8YnIgLz4gZGVsbOKAmVVQQy1QQ1VTIGZhIGFwcGVsbG8gYWxsZSBvcmdhbml6emF6aW9uaSBzb2NpYWxpIGUgcGFybGFtZW50YXJpLCBhIDxiciAvPiB0dXR0YSBs4oCZb3BpbmlvbmUgcHViYmxpY2EgbW9uZGlhbGUsIHBlcmNow6kgc29zdGVuZ2FubyBsYSByaWNoaWVzdGEgZGEgPGJyIC8+IG5vaSBhdmFuemF0YSBhaSBwb3RlcmkgbGl0dWFuaSBkaSBsaWJlcmF6aW9uZSBpbW1lZGlhdGEgZGkgTS5NLiA8YnIgLz4gQnVyYWtpYXZpdHNpb3VzIGRhbGxhIGRldGVuemlvbmUuPGJyIC8+IDxiciAvPiBJbCBQcmVzaWRlbnRlIGRlbCBDb25zaWdsaW8gZGVsbOKAmVVQQy1QQ1VTPGJyIC8+IDxiciAvPiBHLkEuIFpKVUdBTk9WwqDCoMKgwqDCoMKgwqDCoMKgwqDCoMKgwqDCoMKgwqDCoMKgwqDCoDxiciAvPiA8YnIgLz4gwqA8YnIgLz4gVHJhZHV6aW9uZSBkYWwgcnVzc28gZGkgTWF1cm8gR2VtbWE8L2Rpdj48YnIgLz4=

[Gli Atti di un convegno ci ricordano dell'esistenza delle minoranze
dei Gorani, dei Musulmani ("bosgnacchi") e dei Turchi in Kosovo.
Rappresentate all'interno della delegazione jugoslava a Rambouillet,
queste minoranze hanno poi subito la stessa sorte di quella dei Serbi
in Kosmet: "pulizia etnica"...]



ERP KiM Newsletter 22-01-04

Special Edition

Goranies, Muslims and Turks in the Shar Mountain Zupas of Serbia

http://www.rastko.org.yu/rastko-gora/zbornici/gora2000_e.php



YU ISSN 0350 - 7599

SERBIAN ACADEMY OF SCIENCES AND ARTS
Committee on Kosovo and Metohia Studies
GEOGRAPHICAL INSTITUTE "JOVAN CVIJIC", SASA

Collection of papers

Book 51

GORANIES, MUSLIMS AND TURKS IN THE SAR (SHAR) MOUNTAIN ZUPAS (PARISHES)
OF
SERBIA:
PROBLEMS OF THE ACTUAL LIVING AND SURVIVАL CONDITIONS

Proceedings of the Round Table conference held on April 19, 2000,
at the Serbian Academy of Sciences and Arts

Belgrade
2002

Contents
(documents are in PDF format)
a.. Opening address - Academician Stevan Karamata
b.. Welcoming address - Ivan Sedlak
c.. Sar Mountain and its Zupas in South Serbia's Kosovo-Metohia
region -
Prof. Dr. Milovan Radovanovic
d.. Ethnic identity of Goranies - Academician Dragoslav Antonijevic
e.. A glance at the Islamisation of Gora and other Zupas of the Sar
Mountain complex - Academician Vladimir Stojancevic
f.. Migrations of the population of the Sar Mountain Zupa Gora - Dr.
Harun
Hasani
g.. Goranies in the light of Rambouillet talks - Ibro Vait, M. A
h.. The speech of Goranies - Dr. Radivoje Mladenovic
i.. Autonomous municipality of Gora as a guarantee of the ethnic
autonomy,
entity and identity of Goranies - Behadin Ahmetovic,
j.. Surviving and destroyed cultural and historical monuments in the
Zupas
of Gora and Sredska and part of Prizrenski Podgor in Sar Mountain -
Milan
Ivanovic,
k.. Actual problems of education system in the municipality of Gora
upon
arrival of KFOR - Mesip Dalifi
l.. On the folk literature of Goranies - Prof. Dr. Vladimir Bovan
m.. The story about Goranies - Orhan Dragas
n.. Position of the Turkish national community in Kosovo-Metohia since
Rambouillet and Paris talks, and KFOR and UNMIK arrival in that South
Serbia's region - Zeynelabidin Kurejsh
o.. Ptolemy's Orini and our countrymen Goranies - Prof. Dr. Miodrag
Stojanovic
p.. Gora in the picture - Gora in the heart - Prof. D. Darko
Tanaskovic
q.. The origin of Petar K. KostiC, writer and senator from Prizren -
Dr.
Vekoslav Stankovic
r.. Economy, population and settlements on Sar Mountain as described
in
studies of Russian consul in Prizren I.S. Yastrebov - Prof. Dr.
Borislava
Lilic
s.. Basic requirements for planned arrangement of the Sar Mountain
Zupas
of Serbia - Dr. Milan Bursac, Dr. Mirceta Vemic


CONCLUSIONS
1. This scientific conference has made-known the ethnic character and
ethnic
particularity of Goranies and has pointed to the present-day existence
and
survival problems as of Goranies, so of Turks and unfortunately not
enough
studied Muslims of the Sredska District;

2. It will be useful to organize similar scientific conferences that
could
be devoted to other ethnic groups. Scientists and Serbs living in the
neighboring countries should be encouraged to commence common talks;

3. The Proceedings of the Conference should be published in the Serbian,
English and Russian languages in order to acquaint our and foreign
professional and general public with their contents and to send them to
all
those capable of and willing to help Serbia in stabilization of the
situation in the Balkans;

4. Responsible institutions of the Republic of Serbia and the Federal
Republic of Yugoslavia should be informed of the current conference
results.

Academician Stevan Karamata



CIP _ Catalogization in publication
National Library of Serbia, Belgrade

314 . 9 (947-. 115) (082)

GORANIES, Muslims and Turks in the Sar (Shar) Mountain Zupas
(Parish)
of Serbia: problems of actual living and surviving conditions:
Proceedings
of the Round Table conference held on April 19, 2000, at the Serbian
Academy
of Sciences and Arts , - Organizers - Serbian Academy of Sciences and
Arts,
Committee on Studies of Kosovo and Metohia (and) Geographical Institute
"Jovan Cvijic"; (editor Milan Bursac). - Belgrade:

Geographical Institute "Jovan CvijiC", SASA, 2002 (Valjevo: Merlin
Company). _ 105 p.: illustr.; 24 cm. - (Collections of Papers -
Geographical
Institute "Jovan Cvijic", SASA; Vol. 51).

Circulation 300. - Notes and bibliographical references related to
reports.

1. Serbian Academy of Sciences and Arts (Belgrade), Committee on
Studies of Kosovo and Metohia, Geographical Institute "Jovan Cvijic",
SASA

a) Sar Mountain - Population - National structure - Collections of
Papers

ID = 89990412


EDITORIAL BOARD
Academician Dragoslav Antonijevic
Prof. Dr Milovan Radovanovic
Prim. Dr Harun Hasani
Ibro Vait, M.A.
Dr Milan Bursac

Accepted at the meeting of the Institute's Editorial Board
on April 18, 2000

REVIEWERS
Academician Stevan Karamata
Dr Ilija Misailovic

EDITOR
Dr. Milan BursaC

TECHNICAL EDITOR
Vladimir Nikitovic

READER
Smiljana Naumovic, M.A.

TRANSLATORS
Smiljana Naumovic, M.A.
Nevenka KojiC

Printed by
MERLIN COMPANY, Valjevo

Circulation: 300 copies


----


ACKNOWLEDGEMENT

The National Community of Goranies from Kosovo and Metohia,
thе Serbian Academy of Sciences and Artsґ Committee on
Kosovo and Metohia Studies
and the Geographical Institute "Jovan Cvijic" of the Serbian Academy of
|Sciences and Arts,

would like to express their gratitude to
the Coordination Center of the Federal Republic of Yugoslavia and the
Republic of Serbia for Kosovo and Metohia
for its Financial support of the printing of the present English
version of

the Proceedings of the Round Table Conference on
"Goranies, Muslims and Turks in the Sar (Shar) Mountain Zupas
(Parishes) of
Serbia"

held on April 19, 2000, at the Serbian Academy of Sciences and Arts in
Belgrade.

We would also like to thank
the researchers and associates of other cooperating institutions
who took part either in the organization or realization of the research
projects devoted to the Zupas (parishes) of Sar Mountain.

We are similarly indebted to
the representatives of the communities of Strpce, Gora and Prizren
for their generous contribution to the successful realization of the
projects.


----

ERP KIM Info-Service is the official Information Service of the Serbian
Orthodox Diocese of Raska and Prizren and works with the blessing of His
Grace Bishop Artemije.
Our Information Service is distributing news on Kosovo related issues.
The
main focus of the Info-Service is the life of the Serbian Orthodox
Church
and the Serbian community in the Province of Kosovo and Metohija. ERP
KIM
Info Service works in cooperation with www.serbian-translation.com as
well
as the Kosovo Daily News (KDN) News List

Disclaimer:
The views expressed by the authors of newspaper articles or other texts
which are not official communiqués or news reports by the Diocese are
their
own and do not necessarily represent the views of the Serbian Orthodox
Church

Additional information on our Diocese and the life of the Kosovo Serb
Community may be found at: http://www.kosovo.com

Copyright 2004, ERP KIM Info-Service

Da: ICDSM Italia
Data: Dom 25 Gen 2004 20:06:00 Europe/Rome
A: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
Oggetto: [icdsm-italia] Adesso o mai piu'


APPELLO

Il Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic,
attraverso le sue sezioni locali, sta raccogliendo fondi per le spese
connesse alla autodifesa di Milosevic dinanzi alla "corte" dell'Aia.

Si tratta di consentire la ricerca e la messa a disposizione di
Milosevic di documenti - su carta, fotografie, video, registrazioni,
eccetera; di trovare testimonianze ed individuare personalita' che
dovranno poi andare all'Aia a "deporre"; di finanziare per tutte le
loro spese tecniche (viaggi all'Aia, eccetera) e professionali il
piccolo team legale che assiste Milosevic.

Vista la recente decisione del "Tribunale" di rifiutare a Milosevic un
prolungamento oltre i tre mesi per la sua "controinchiesta" (che e'
appena cominciata e precede una fase, dedicata alla autodifesa, che
durera' alcuni mesi nelle aule del "tribunale"); vista la necessita' di
reperire circa 10mila euro ogni mese per le sole spese tecniche del
team di avvocati di Milosevic; vista in particolare l'urgenza di
rendere disponibili SUBITO fondi per consentire in particolare il
lavoro dell'avvocato Tiphaine Dickson, di Montreal; vista infine la
inesistenza di alcuna altra possibilita' di finanziamento per la difesa
di Milosevic, il quale non dispone, ne' direttamente ne'
indirettamente, di alcun "conto in Svizzera" (checche' ne dicano i
nostri giornalisti guerrafondai e bugiardi); vista la difficilissima
situazione in Serbia, dove in seguito all'instaurazione del regime
filooccidentale i sostenitori di Milosevic non si trovano piu' in
condizione di poter svolgere attivita' politica ne' di finanziamento
alla luce del sole;

invitiamo tutte le persone interessate ad effettuare un versamento
ADESSO sul conto al quale ci appoggiamo come sezione italiana:

Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC

ADESSO O MAI PIU'


---------------

Da: ICDSM Italia
Data: Mar 30 Dic 2003 10:31:56 Europe/Rome
A: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
Oggetto: [icdsm-italia] opuscoli GAMADI


LA GIUSTIZIA DEI NAZISTI E QUELLA DELLA NATO

Testo del discorso di Klaus Hartmann alla manifestazione dell'Aia per
la liberazione di Slobodan Milosevic e l'abolizione del "tribunale
speciale" sulla Jugoslavia,
8 novembre 2003

in opuscolo

Edizione autoprodotta dal Gruppo Atei Materialisti Dialettici (GAMADI),
Roma, dicembre 2003. Prezzo 3 euro


Per richiedere una o piu' copie di questo e degli altri opuscoli su
Milosevic, sul caso jugoslavo, e su moltissimi altri argomenti
rivolgersi a:

GAMADI, Piazza L. Da Vinci 27, 00043 Ciampino (Roma)
tel/fax 06-7915200, email: gamadilavoce@...




==========================
ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27
00043 Ciampino (Roma)
email: icdsm-italia@...

Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC

Kein Interesse an gefallenen Serben

Arbeit des Haager Tribunals im Fall Racak bemängelt

Berliner Zeitung, 17.01.2004

27 GENNAIO:
Giornata della memoria ... mutilata

1. "Memoria" mutilata, "memoria" dimezzata
(G. Bastanzetti)
2. U aprilu - la canzone degli tzigani della Jugoslavia
(B. Bellone - https://www.cnj.it/immagini/UAPRILU.wma)
3. Iniziativa 28/1: Dopo la memoria. Ebrei e Rom in Italia 60 anni dopo
l’olocausto
4. From: "U.R.Y.D." Subject: Re: [JUGOINFO] Opera Nomadi: JASENOVAC E
AUSCHWITZ


=== 1 ===

27 GENNAIO 2004 - GIORNO DELLA MEMORIA
"Memoria" mutilata, "memoria" dimezzata
GIANCARLO BASTANZETTI

Provate a chiedere perché il 27 gennaio è "il Giorno della Memoria",
Nel 95% dei casi (verificate se non è vero!) il "più informato"
vi dirà che in quel giorno si ricorda, si celebra, si commemora
lo sterminio di 6 milioni di ebrei, la Shoah, l'olocausto.
Punto e basta.
Degli altri 5 milioni di esseri umani, gasati, fucilati, impiccati,
inceneriti nei campi di sterminio nazisti nemmeno una parola.
Non è colpa di chi vi ha risposto: lui ripete quello che giornali,
radio televisione gli hanno comunicato.
Da quando fu emanata la legge N. 211 del 20 luglio 2000 più o meno solo
quello é stato scritto, detto, mostrato.
Disattendendo lo spirito e il testo stesso della legge istitutiva
che parla espressamente, oltre, come è giusto, della Shoah, delle leggi
razziali della persecuzione italiana dei cittadini ebrei, anche a pieno
titolo degli "...italiani che hanno subito la deportazione, la
prigionia, la morte, ... (e specifica) …. deportati militari e politici
nei campi nazisti... ".
Perché i grandi mezzi di comunicazione sì limitano alla devastazione
del popolo ebraico?

Perché anche opinionisti o editorialisti di chiara fama, cortesemente
richiamati al rispetto della verità, si indispettiscono come tacchini
vanagloriosi offesi nel loro amor proprio e nell'alta considerazione
che hanno di sé stessi portatori del dono della infallibilità e
continuano, senza pudore, a dire e a scrivere delle mezze verità come
fossero tutta la verità?
Perseverando cosi a ingenerare in chi li ascolta o li legge l'errata
convinzione che nei lager finirono solo le stelle di Davide.
I politici, gli omosessuali, gli zingari, i testimoni di Geova, gli
apolidi dove andarono?

Per restare solo in ltalia, perché non dire che, senza citare gli
I.M.I. (Internati Militari Italiani), su 44.500 deportati dall'Italia
gli ebrei furono 8.500 (19,1O %) e i politici 36.000 (80,90 %)?

Perché non dire che, dei 12 milioni di deportati dai nazisti, solo
1 milione fece ritorno a casa in condizioni, il più delle volte,
pietose?
Perché non smettere di pontificare, affermando con aria saputa che
"...non è possibile paragonare Mauthausen, Dachau, Buchenwald ecc. ad
Auschwitz, quei campi di concentra mento (sic!) erano tutta altra cosa"?
Sottintendendo con ciò che in parole povere, solo ad Auschwiz avvenne
lo sterminio, quello sterminio!
La sofferenza di chi moriva nella camera a gas di Mauthausen era minore
di quella patita da chi entrava nella camera a gas di Auschwitz?

Nei forni crematori di Dachau cocevano il pane?

Perché non dire che sempre ad Auschwitz, andarono anche politici (da
Gusen-sottocampo di Mauthausen- il 1.12.44) e donne scioperanti della
Lombardia (le 40 arrivate a Mauthausen l'8.4.44 )? Solo per citare due
esempi tra i tanti!
Chi, intorno al prossimo 27 gennaio scriverà, parlerà, testimonierà si
ricordi di dire le cose vere, di non dare una memoria mutilata, una
memoria dimezzata!
Parli anche dei politici, degli zingari, degli omosessuali dei
Testimoni di Geova, oltre, ovviamente, degli ebrei.
Oppure abbia la dignità di tacere e non ingannare la gente.
La tragedia patita è di tutti, di troppi, non di una sola parte.
Non sono esistiti deportati di serie A o di serie B è semplicemente
folle che qualcuno si arroghi il diritto di proclamarsi "più deportato"
di un altro!

21/01/2004


=== 2 ===

Anche questo anno si celebra il giorno del ricordo.

6milioni gli ebrei uccisi solo perché ebrei.

Nello stesso tempo si consumava un altro genocidio, quello dei Rom,
meglio noti come Tzigani.

Vi propongo - https://www.cnj.it/immagini/UAPRILU.wma - l’ascolto di una
canzone in lingua serbo-croata o meglio jugoslava dove gli Tzigani
della regione serba della Jugoslavija ringraziano i partigiani di Tito
che li hanno salvati e con i quali hanno combattuto poi fianco a fianco
fino alla Liberazione.

Purtroppo, dopo tanti anni di pace, ancora una volta per gli Tzigani
della provincia jugoslava del Kosovo si parla di morte. Non vi è più il
mostro nazista, ma non vi è più la tolleranza verso chi non ha nazione
e non vuole avere un esercito.

Gli Ebrei hanno chiesto e ottenuto uno Stato, gli Tzigani non lo hanno
mai chiesto, vivevano bene fianco a fianco con chi li considerava
uomini, nella repubblica socialista di Jugoslavija, la più tollerante
del dopoguerra in Europa.

Ma si sa, agli intolleranti, potenti e armati, questo fatto dava e dà
fastidio.

Ricordiamo di celebrare il 27 gennaio e i Russi che aprono i cancelli
del lager nazista, ricordiamoci però anche di fermare (non basta
celebrare il passato per sentirsi giusti) i lager del Kosovo, dove
scompaiono ogni giorno Tzigani e Slavi, solo perché Tzigani, solo
perché Slavi.

Buon ascolto.

Boris Bellone

https://www.cnj.it/immagini/UAPRILU.wma


=== 3 ===

Associazione Culturale Rom Dromomania, Associazione Arci Solidarietà –
Onlus, Associazione Culturale ARG- amicizia tra Rom e Gagé


Dopo la memoria

Ebrei e Romin Italia 60 anni dopo l’olocausto

 
Invito

La S.V. è invitata il giorno 28/01/2004 alle ore 14.30 presso la
Biblioteca Ostiense in Via Ostiense 113/B Roma, all’incontro “Ebrei e
Rom in Italia 60 anni dopo l’olocausto”.

Massimiliano Smeriglio(Presidente Municipio XI): Saluti

Sergio Giovagnoli (Presidente ARCI Solidarietà): Presentazione

Dragan Trajkovic (Mediatore Culturale): Ricostruzione olocausto rom e
motivazioni del mancato uso della memoria dei Rom

Aldo Zargani (Storico e scrittore): Motivazioni olocausto e
rielaborazione e diffusione ebraica

Victor Magiar(Scrittore): Da vittime a cittadini: quale percorso. La
politicità della memoria

Antun Blazevic (Scrittore): La diaspora continua, da vittime a non
cittadini

SandroPortelli(Delegato del Sindaco per la tutela e la valorizzazione
delle memorie storiche della città): Minoranze e maggioranze, la
memoria come risorsa politica

 Santino Spinelli (Docente Università di Trieste): Persecuzioni e
percorsi di cittadinanza dei Rom in Italia e in Europa

Michela Falaschi (Docente Università Roma 3): Altri stermini: il Rwanda
come eccidio contemporaneo

Gianluca Peciola (Assessore all'intercultura Municipio XI): La Politica
alle prese con la memoria


=== 4 ===

From: "U.R.Y.D." <diaspora_rroms@...>
Date: Thu, 22 Jan 2004 20:50:39 +0100 (CET)
To: "Coord. Naz. per la Jugoslavia"
Subject: Re: [JUGOINFO] Opera Nomadi: JASENOVAC E AUSCHWITZ

Takodje ne treba zaboraviti savremene genocide nad romima, sbima,
turcima, bosnjacima i onim albancima koji ne zele teror na KOSOVU
Ma bistren o genocide pe roma ano Kosovo, Bosna Kroacija, a majbaro
rromano genocido cerdilo ano Kosovo ane 1999 bers, majbut se 140.000
roma si nasarde katar pire chera, a te bistra vi e dasen thaj averen.


"Coord. Naz. per la Jugoslavia" wrote:


Opera Nomadi
Via di Porta Labicana,59 00185 Roma 
Tel. 06/44700166
operanomadilazio@...
http://operanomadilazio.supereva.it
---


Con il Patrocinio del Comune di Roma
I Municipio


Giornata della memoria

27 gennaio 2004


Jasenovac e Auschwitz: e Romà tnà bistarà!


Programma dell’iniziativa

Ore 18.30

Presso l’Istituto “Cristoforo Colombo” di Via Panisperna 255
(Metro B Stazione “Cavour”)

proiezione del video/dvd di circa 30/40 minuti realizzato nell’ambito
della legge 249/2000 (Fondo Internazionale di Assistenza alle Vittime
delle Persecuzioni Naziste in stato di bisogno) finanziato dalla Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane.
Si tratta di un lavoro che ricostruisce attraverso interviste ai
superstiti la persecuzione e lo sterminio dei Rom e dei Sinti ad opera
del nazifascismo.

ore 19.00

Fiaccolata con partenza da Via Panisperna 255 e apposizione (davanti
alla lapide commemorativa del porrajmos dei Rom, Sinti e Camminanti in
Via degli Zingari, 54 - Rione Monti) di una corona confezionata dalle
Romnià Rudare di Kragujevac (città martire gemellata con Marzabotto)
per lo sterminio comune colà avvenuto di Slavi, Rom ed Ebrei.

E’ prevista la partecipazione:
On.le Raffaela Milano, Assessora alle Politiche Sociali del Comune di
Roma,
On. le Gloria Malaspina Assessora al Lavoro e Qualità della Vita della
Provincia di Roma
On.le Benvenuto Salducco Presidente del IV Municipio
On.le Enrico Luciani
Consigliere Regione Lazio,
Massimo Rendina, Presidente ANPI Roma
Professor Alessandro Portelli Consigliere delegato Valorizzazione delle
memorie della città del Comune di Roma
esponenti dell’ANED, dell’ANPI, della Comunità Ebraica e del Circolo
Mario Mieli

Nell’ambito della giornata del 27 gennaio sarà messo in onda un
documentario radiofonico realizzato dall’Opera Nomadi in collaborazione
con il giornalista Andrea Giuseppini a proposito della persecuzione e
dello sterminio nazifascista del popolo dei Rom e Sinti. Il
documentario attraverso l’utilizzo dello strumento radiofonico, vuole
porsi come un momento di memoria, di riflessione e di divulgazione di
questo terribile capitolo storico dei Rom e Sinti.
Il documentario radiofonico “Porrajmos: lo sterminio dimenticato dei
Rom e dei Sinti”, si inserisce in un più ampio progetto iniziato lo
scorso gennaio con un lavoro sulla Risiera di San Sabba e andato in
onda su 14 radio locali. Tra le radio che trasmetteranno il
documentario (totale 14 a livello nazionale), Mep Radio della Provincia
di Rieti e Radio Città Aperta di Roma.

[Henry Braesal, funzionario dell'UNMIK in Kosovo, ha sperimentato
direttamente gli effetti della politica di apartheid razzista praticata
in Kosmet da ONU e NATO a partire dal 1999, e l'ha riassunta in una
lettera inviata ad un giornale...]


Kosovo Standards and Not-So-Hidden Aid Agenda

From almost the first moment that UNMIK moved into Kosovo in June 1999,
a process of "Kosovarisation" was set in place. One example was the
sending home of non-Albanian employees of the electricity company KEK
in June 1999 by KFOR with the promise that they could reapply for
their jobs within three weeks. To date none has been reinstated. In
addition, almost all non-Albanian, and in particular Serb staff, have
been ejected from the hospitals, public services and from Pristina
University, schools and colleges.


Letters

By Henry Braesal

(the following text is a contribution from one of our international
readers in Kosovo who is employed in UNMIK)

Having visited Kosovo many times since the year 2000, I have often been
struck by the disparity between what is said and what is done by those
whose responsibility it is to administer the province in accordance
with Resolution 1244. Most recently, the United Nations Mission in
Kosovo (UNMIK) has put forward eight "standards" to be met in Kosovo's
road to development and before its future status is finally determined.

The logical presumption is that the procedures to ensure that these
standards are met, should be fair, transparent and equitable, along
the lines of the best traditions of western democracy. However, the
reality is very different. As regards the standard of good governance,
the Provisional Institutions of Self-Government (PISG) and the local
municipal structures have failed to exercise the powers devolved to
them in a just, democratic fashion. Many of the elected
representatives who now form the PISG and municipal structures not only
have no experience in governance but were directly connected with the
Kosovo Liberation Army responsible for expelling 270,000 persons in
1999 - 2000 and also for the continuing campaign of intimidation and
violence against non-Albanian elements of Kosovo society.

Furthermore, the failure of the international community to facilitate
the return of the non-Albanian communities who were expelled from
Kosovo in the wake of the arrival of international peacekeeping troops
KFOR (and the withdrawal of Serbian military and civil authorities),
brings into question the true meaning of the standards being proposed.
Many internationals who work in Kosovo that I have spoken to, are
convinced that statements from both UNMIK and the PISG encouraging
return are merely "tokenism", paying lipservice to the right of return
for the sake of international acceptability but in reality covering up
the deliberate and systematic obstruction of return to Kosovo by Serbs
and other non-Albanians. In fact, returns is not a demand-driven
process, as there is no free choice for the displaced to return in
safety and dignity as there was for the Albanians in 1999. The Serbs
and Roma who wish to return have to be vetted by a process at both
municipal and UNMIK level which has nothing to do with choice or the
internationally accepted right of return.

The proposed standard of the proper functioning of, and respect for,
the rule of law is still far from established in Kosovo with the bulk
of crimes, including murder, committed in Kosovo since June 1999
unsolved. For instance, no one has ever been charged with any of the
90 murders committed in Western Kosovo in 2001 alone. As regards
dialogue with Belgrade no serious attempt has been made to initiate
meaningful discussions with a view to normalising relations. The first
meeting between Belgrade and Pristina in Vienna in October 2003 was in
the opinion of most internationals I have spoken to, little more than
a cosmetic exercise with no serious intent to tackle the most pressing
issues; the fact that the Pristina PISG did not even attend
demonstrated how important a priority it was for them.

From almost the first moment that UNMIK moved into Kosovo in June 1999,
a process of "Kosovarisation" was set in place. One example was the
sending home of non-Albanian employees of the electricity company KEK
in June 1999 by KFOR with the promise that they could reapply for
their jobs within three weeks. To date none has been reinstated. In
addition, almost all non-Albanian, and in particular Serb staff, have
been ejected from the hospitals, public services and from Pristina
University, schools and colleges.

More sinister still are remarks reputedly made on several occasions in
2000 by the then head of EU Pillar II, part of the UNMIK
administration, who stated in front of many witnesses that Serbian
would never again be spoken in Kosovo. Effectively, "Kosovarisation"
means "Albanisation" with all traces of non-Albanian presence in
Kosovo eradicated.

As recently as October 2003, a leading official in the Housing and
Property Directorate (HPD) admitted to me that in the absence of an
effective system of law and order and where intolerance, terrorism and
organised crime are the 'order of the day', the effect of HPD's
decisions has been to ethnically cleanse Kosovo by economic means. In
the experience of this official, Serbs and other non-Albanians who
dealt with HPD stayed in Kosovo just long enough to sell their
property and leave.

It must be kept in mind that since Kosovo came under UNMIK and KFOR
administration over two thirds of the non-Albanian population has been
expelled and 112 Serb Orthodox churches have been destroyed.
Effectively, this means that 112 villages have ceased to exist, given
the Orthodox Christian tradition of communities developing around the
local ecclesiastical centre. The expulsion of the population is
accompanied by the destruction of the church to eradicate all traces
of their ever having been there and to discourage their return. This is
not the "balance sheet" of a successful international intervention in
the name of justice and democracy.

Now, Kosovo is to all intents and purposes a mono-ethnic, mono-cultural
inward-looking society. The structures set in place by UNMIK have all
but precluded the possibility of non-Albanians receiving anything
approaching fair treatment. As part of the "Kosovarisation" process,
aid to Kosovo was and is systematically and exclusively aimed at the
ethnic Albanian population. The few 'crumbs' that have fallen to
non-Albanian communities still resident in Kosovo are provided on
condition that they form part of a multi-ethnic package which must
involve the majority Albanian population. This leads to the impossible
situation where to provide aid to Serb enclaves for instance, projects
must also help the surrounding Albanian communities whereas aid to
ethnic Albanians has never been tied to the conditionality of
multi-ethnicity. More than one international has commented to me that
the idea of 'multi-ethnicity' is now nothing more than a tool to stop
minorities from receiving aid.

Today, according to cadastral records, 60 % of the arable land in
Kosovo belongs to Serbs yet little or none of it can be accessed
safely by them and much of it has been illegally occupied and built
upon. In towns and cities, many Serb-owned properties have been
illegally occupied or destroyed. To give but one example; German KFOR
troops in Prizren have been occupying several Serb-owned properties
for over four years now but they have refused to pay rent or offer any
compensation to the rightful owners. It is now some four and a half
years since UN Resolution 1244 was passed and UNMIK took over
responsibility for running Kosovo. In this time Kosovo has become
almost completely Albanised and the future of non-Albanian communities
in the province remains bleak. In the face of all this, the so-called
standards that the authorities in Kosovo claim to be working towards,
are little more than empty words. Such empty words cannot hide the
fact that the Kosovo established under the auspices of UNMIK and KFOR
is an undemocratic, lawless society where organised crime and
terrorism flourish and where not only the non-Albanian population but
any traces of non-Albanian culture are critically endangered.

It is distressing to contemplate the human tragedy concerning the
expulsion of 270,000 people from their homes but this is compounded by
the self-congratulatory tone of statements from those encharged with
the administration of Kosovo whose pronouncements bear little
resemblance to the reality of the situation. Where else in the world
would the destruction of a unique and irreplaceable cultural heritage
go largely unnoticed by the western media and be ignored by the
governing authorities? The Orthodox churches of Kosovo, many of which
date back to medieval times, contained some of the finest examples of
Byzantine architecture and Christian religious art. One might ask 'Why
such a systematic effort not only to drive out the present Serb
population of Kosovo but to destroy their churches?' Could it be that
the existence of distinctly Serb Orthodox churches dating from as far
back as the 11th and 12th centuries would prove awkward for exponents
of the "Kosovarisation" process and the theory that Kosovo was
originally Albanian?

The first 'Standard' one should adhere to is 'Truth', however truth in
Kosovo, to paraphrase the well known words of US Senator Hiram Johnson
(1917), has become the first casualty.


SOURCE: ERP-KIM InfoService - January 6, 2004
Copyright 2004 ERP-KIM InfoService
Posted for Fair Use only.

Reproduced at:
http://www.slobodan-milosevic.org/news/erpkim010603b.htm

[A Sarajevo, dopo sette anni, e' rientrato nelle proprie case solo il 3
per cento della popolazione serba... Il 3 per cento di quelle 160mila
persone che sono dovute scappare dopo gli accordi di Dayton, per non
avere accettato di essere sottomesse al regime di Izetbegovic. E chi e'
ritornato subisce tutte le discriminazioni...
Nel frattempo, e' stato celebrato l'11 anniversario del massacro di
Bratunac, ad opera dei banditi di Nasir Oric...]


In Federal Sarajevo, local Serb returnees deprived of their rights

Tanjug - January 6, 2004

13:46 SARAJEVO , Jan 6 (Tanjug) - Manager of the Association of
Citizens of Democratic Initiative Jovo Janjih said on Tuesday that
less than three percent of the 160,000 local Serbs, who had lived in
Sarajevo before the war, had returned to the city, and that they were
now completely kept down.
"The fact that local Serbs are being deprived of their rights is
evident in all fields of life, such as employment, education, health
care, social welfare, right to pensions and other," the manager of the
Sarajevo local Serbs association told the Republika Srpska (RS) media.

Copyright 2004 Tanjug News Agency
Posted for Fair Use only.

---

Memorial service held in token of victims of Kravica massacre

Tanjug - January 7, 2004
 
17:37 KRAVICA , Jan 7 (Tanjug) - A memorial service was held in the
Orthodox church in Kravica, near Bratunac, on Wednesday on the occasion
of the 11th anniversary of a great massacre of local Bosnian Serbs
killed in this local district and its neighbouring villages during the
war.
At the dawn of January 7, 1993, Bosniak forces from Srebrenica, under
the command of Naser Oric, now prisoner of The Hague tribunal, invaded
the village of Kravica and killed and massacred 46 local Serb
civilians, mostly women, children and old people, at their thresholds.

Copyright 2004 Tanjug News Agency
Posted for Fair Use only.

Après "l'Irak d'une guerre à l'autre" CLAP 36 présente
le nouveau film de Béatrice Pignède :


"PROPAGANDE DE GUERRE, PROPAGANDE DE PAIX".


Un écrivain, Jean Bricmont, deux historiennes, Anne
Morelli et Annie Lacroix-Riz, un expert militaire, le
Général Forget, et une journaliste états-unienne, Diana
Johnstone, comparent les thèmes de propagande en Irak avec
ceux développés lors d¹autres conflits, tels celui de
1914-18, les coups de force hitlériens des années 30, les
guerres de Yougoslavie ou celle d¹Afghanistan.


Sortie le 21 janvier 2004,

Cinéma l'Entrepôt
7 rue Francis de Pressensé 75014 Paris
tél : +33 (0)1 45 40 07 50,
website : http://www.clap36.net

Séances à 20h00 tous les mercredis et vendredis du 21
janvier au 25 avril 2004, suivies d'un débat avec la
réalisatrice et les intervenants du film

Séances spéciales parrainées par l'association des "Amis
du Monde Diplomatique" :

- mercredi 21 janvier 2004 à 19h30,suivie d'un débat animé
par Annie Lacroix-Riz (historienne et intervenante du
film), un journaliste du Monde Diplomatique et la réalisatrice.

- mercredi 04 février 2004 à 19h30, suivie d'un débat animé par Diana
Johnstone (journaliste et intervenante du film), et Fulvio
Grimaldi (journaliste) et la réalisatrice.

Intervenants du mois de Janvier :

- vendredi 23 janvier (20h) : Stanko Cerovic, journaliste à
RFI et écrivain.

- mercredi 28 janvier (20h) : soirée parrainée par Zalea
TV, co-producteur du film. Débat sur la liberté
d'expression audiovisuelle.

- vendredi 30 janvier (20h) : Jean Bricmont (écrivain et
intervenant du film).

Détail de la programmation, en province, en Suisse et en
Belgique : http://www.clap36.net

Si vous désirez organiser des projections-débats, merci de
nous contacter : ct@...



--
CLAP 36, association de promotion du cinéma documentaire indépendant

7 rue Geoffroy L'Angevin, 75004 Paris
Tél : 00 33 (0) 6 17 80 24 78

Continua la rassegna , a cura di Mauro Gemma, sui paesi dell’Europa
centro-orientale e balcanica. Mauro Gemma, esperto di questioni
dell'Europa centro-orientale, e' collaboratore della rivista
"L'Ernesto" - http://www.lernesto.it


BIELORUSSIA

La Bielorussia (Russia Bianca) è uno stato con un’estensione di 207.600
Kmq e una popolazione di oltre 10 milioni di abitanti, costituita per
il 78% da bielorussi, che parlano una lingua slava orientale come il
russo e che praticano per oltre l’80% la religione cristiana ortodossa,
e per la parte restante da oltre un milione di russi, 400.000 ucraini e
alcune centinaia di migliaia di polacchi. C’è da aggiungere che il 48%
delle famiglie è composto da russi e bielorussi. Il bielorusso e il
russo sono considerati entrambi lingua di stato. Gli elementi che
accomunano storicamente e culturalmente i due popoli sono talmente
solidi, da aver impedito in questi ultimi anni che le tendenze
nazionaliste (su cui ha puntato l’Occidente dopo il 1991) riuscissero a
consolidare un reale sostegno di massa. C’è da osservare, tra l’altro,
che la Bielorussia, che ha tributato milioni di vittime alla guerra
contro il nazifascismo, era, tra le repubbliche sovietiche, quella in
cui più radicato appariva il consenso attorno al partito comunista.
Anche oggi, persino tra la stessa opposizione all’attuale governo del
presidente Aleksandr Lukashenko, è presente una forza (uno dei due
partiti comunisti) che non nasconde un atteggiamento completamente
acritico nei confronti dell’intera esperienza sovietica.    

Ecco la ragione per cui, quando il 25 agosto 1991, a pochi giorni dal
fallito golpe di Mosca, la “Repubblica Socialista Sovietica di
Bielorussia”, per impulso delle manifestazioni organizzate dal
movimento separatista “Adradzennie” (Rinascita), proclamò, al pari
delle altre repubbliche dell’URSS, la propria indipendenza, già allora
a molti tale avvenimento apparve come una forzatura.

La presidenza fu assunta da Stanislau Suskievic, speaker del locale
Soviet Supremo, e lo stato assunse il nome di “Repubblica di Belarus”.
Egli intraprese una politica tesa a costruire nel paese una “coscienza
nazionale”, in grado di spezzare i legami storici con la Russia, ma i
tentativi apparvero grotteschi alla maggior parte della popolazione. Se
si aggiunge che l’estremismo nazionalista si accompagnava all’avvio di
un corso economico, improntato alle ricette, suggerite dai protettori
occidentali, improntate all’ultraliberismo e accompagnate da ambiziosi
progetti di privatizzazione, ben presto il malcontento, generato dal
rapido deteriorarsi delle protezioni sociali, si manifestò in forme di
quasi plebiscitaria disaffezione nei confronti del “nuovo corso”. In
tal modo, alle elezioni presidenziali dell’estate del 1994, Aleksandr
Lukashenko, ex istruttore politico del KGB, tra i pochi coraggiosi
parlamentari che, nel dicembre 1991, si erano pronunciati contro la
dissoluzione dell’URSS, e noto per il suo rigore nella lotta contro la
corruzione, sbaragliava, ottenendo l’81,7% dei voti, il suo avversario,
il primo ministro Viaceslau Kiebic, che rassegnava immediatamente le
sue dimissioni dalla carica. Lukashenko, che si pronunciava subito per
l’avvio di un processo di ricomposizione dell’unità politica ed
economica almeno delle repubbliche europee dell’ex URSS, proponeva nel
1995 alcuni quesiti referendari con proposte di modifica
costituzionale, tese a rafforzare tale processo. Nello stesso tempo,
Lukashenko, non solo si pronunciava apertamente contro l’ipotesi
dell’allargamento ulteriore ad Est della NATO, ma ne denunciava il
carattere di alleanza aggressiva e prevaricatrice della volontà degli
stati e dei popoli che non intendono assoggettarsi al “nuovo ordine
mondiale”. A questo punto, le opposizioni nazionaliste cominciavano una
violenta (seppur molto minoritaria) campagna tesa a dimostrare
l’involuzione autoritaria della nuova amministrazione e, soprattutto, a
richiamare l’attenzione dell’Occidente (in particolare degli USA) sulla
presunta precarietà della situazione dei “diritti dell’uomo” in
Bielorussia. L’assalto propagandistico contro il presidente bielorusso
è stato naturalmente accompagnato dalle abituali menzogne che
caratterizzano tutte le campagne denigratorie che partono
dall’Occidente: ad esempio, è stata dimostrata l’assoluta infondatezza
delle accuse rivolte a Lukashenko di aver commissionato l’assassinio di
alcuni oppositori politici, quando un osservatore inglese di “Human
Right Watch” ha scoperto che i personaggi in questione vivevano
tranquillamente a Londra. E’ da quel momento che ha inizio il processo
di delegittimazione internazionale di Lukashenko e di inserimento della
Bielorussia nella lista dei cosiddetti “stati canaglia”, fino alla
decisione, maturata negli ultimi anni dal Congresso USA e dalla
maggioranza dei paesi della Commissione Europea, di dichiarare il
presidente “persona non gradita” in Occidente. Il referendum, voluto da
Lukashenko, si svolse ugualmente e oltre l’80% dei cittadini si
pronunciò positivamente sulle richieste di unione economica con la
Russia, di ripristino dei simboli sovietici, di adozione del russo
quale seconda lingua ufficiale. Da quel momento la politica del
presidente, favorevole all’adozione di un modello di “economia mista”
che, pur non rinunciando a sostenere il settore privato, fosse in grado
di garantire, al contrario di quanto è avvenuto negli altri paesi ex
sovietici, il controllo pubblico dei settori strategici, la difesa
dell’apparato produttivo e di livelli adeguati di occupazione e uno
standard minimo di protezione sociale dei settori meno privilegiati
della popolazione, ha tenacemente perseguito il progetto di
unificazione dello spazio ex sovietico, prendendo spesso l’iniziativa
anche nei confronti della Russia. Il 2 aprile 1996, gli sforzi
bielorussi ottenevano un primo successo, con la stipula da parte di
Mosca e di Minsk del “Trattato di Unione Russo-Bielorussa”, primo passo
verso la realizzazione dell’unificazione politica, economica e militare
tra i due paesi, che dovrebbe completarsi nei prossimi anni, anche
attraverso l’elezione di un parlamento comune. Pur tra le resistenze
dei settori filoccidentali russi e bielorussi, le continue minacce
degli USA (che non hanno esitato a trasferire alcune basi militari in
Polonia, a ridosso della frontiera bielorussa) e gli inevitabili
contrasti tra i due partner nella definizione delle procedure di
unificazione, oggi il cammino verso l’unità con la Russia (a cui ha
dichiarato l’intenzione di associarsi anche la Moldavia, dopo l’avvento
dei comunisti al governo) sembra procedere, anche se in modo graduale,
verso il suo completamento. La politica del presidente è stata
confortata finora da una massiccio sostegno elettorale: nel marzo del
2000 il blocco cosiddetto degli “indipendenti”, creato a sostegno di
Lukashenko, ha raccolto ben l’82,3% dei voti nelle elezioni legislative
(che hanno registrato una partecipazione di circa il 60% degli
elettori, dopo il boicottaggio proclamato da alcune delle forze
nazionaliste, a cominciare dal “Fronte Popolare Bielorusso”), a cui va
aggiunto il 6,1% del Partito Comunista di Belarus (KPB) e il 4,4% del
Partito Agrario (vicino ai comunisti). C’è da rilevare che il Partito
Comunista, nel 1996, aveva subito una grave scissione dopo la decisione
delle sue componenti più settarie di collocarsi all’opposizione, in
nome di un richiamo puramente nostalgico al passato sovietico, non
disdegnando, in compenso, di partecipare alle violente manifestazioni
organizzate da settori finanziati dagli USA, comprendenti forze che non
nascondono di riferirsi a quell’ultranazionalismo che, durante la
sanguinosa occupazione nazista, collaborò con le SS. Questo “Partito
bielorusso dei comunisti” (PKB), a differenza della maggior parte delle
altre componenti dell’opposizione, si è presentato alle elezioni,
raccogliendo il 6,6% dei suffragi. L’attuale governo è composto da
rappresentanti degli “indipendenti”, del KPB e del Partito Agrario, ed
è presieduto da Serghey Sidorsky. Precedute da una violenta campagna
diretta dall’estero, con l’attiva partecipazione alle manifestazioni
elettorali di cittadini statunitensi, la consultazione presidenziale
del 9 settembre 2001 ha visto la schiacciante vittoria di Lukashenko
che, con il 75,6% dei voti, ha sconfitto il sindacalista Vladimir
Goncharik, rappresentante del fronte delle opposizioni, che, in tale
occasione, non ha rinunciato alla competizione. C’è anche da rilevare
che la grande maggioranza delle migliaia di osservatori esteri ha
dovuto riconoscere la piena correttezza dello svolgimento del voto (che
è stato espresso dall’83,9% degli aventi diritto) e che negli stessi
USA si sono levate voci che hanno espresso dubbi circa la reale
influenza dell’opposizione.               

 
MOLDAVIA

La Moldavia (Repubblica di Moldova) è un piccolo stato (34.000
chilometri quadrati e 4 milioni e mezzo di abitanti) facente parte
della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), situato nell’Europa sud
orientale e confinante con Romania e Ucraina. La sua popolazione è
costituita per quasi due terzi da moldavi di lingua romena e, per il
resto, da una forte minoranza russofona di russi, ucraini e bielorussi.
Nel territorio della repubblica (Gagauzia) abitano anche circa 200.000
turchi cristianizzati. La Moldavia, che fino al 1917 faceva parte
dell’impero zarista, si costituì, durante la rivoluzione, in
“Repubblica Democratica Moldava” indipendente. Nel 1918, fu proclamata
l’unione con la Romania, che non venne mai riconosciuta dall’Unione
Sovietica, la quale, nel 1940, in seguito al patto russo-tedesco,
riprese il controllo della regione, almeno fino all’inizio
dell’aggressione nazifascista. Con la vittoria dell’Armata Rossa, la
Moldavia fu definitivamente incorporata nell’URSS. Venne così
inaugurato un periodo di sviluppo economico, sociale e culturale, mai
conseguito in precedenza, che ha assicurato alla popolazione un livello
di relativo benessere. E’ con la “perestrojka”, dopo il 1985, che
comincia a manifestarsi una massiccia agitazione nazionalista romena,
che si organizza nel cosiddetto “Fronte popolare”. Nel 1990 le autorità
locali, dietro pressione dei nazionalisti, approvano una serie di
misure che influenzeranno in modo decisivo lo sviluppo della situazione
nel paese: si decide di adottare l’alfabeto latino al posto di quello
cirillico e si avvia quella politica di “derussificazione” e di
“pulizia etnica”, che costituirà il pretesto per lo scatenamento dello
scontro con le minoranze nazionali. Il 27 agosto 1991, alla vigilia
del dissolvimento dell’URSS, è proclamata l’indipendenza. Come
reazione, viene avanzata la richiesta di indipendenza della cosiddetta
“Repubblica della Transdnistria” (con capitale Tiraspol), abitata in
grande maggioranza da russi e ucraini. I nazionalisti romeni rispondono
con durezza a tali rivendicazioni, procedendo alla quasi totale
liquidazione dell’istruzione in lingua russa e cercando di risolvere
con la forza la questione della Transdnistria, attraverso lo
scatenamento di un sanguinoso conflitto, che si protrae fino al 1992,
quando l’indipendenza viene congelata e considerata operante solo in
caso di riunificazione della Moldavia alla Romania.   

Il decennio che ha visto avvicendarsi al governo le forze di
ispirazione nazionalista borghese, ha avuto conseguenze che non è
azzardato definire catastrofiche sulle condizioni economiche e sociali
della repubblica. Il susseguirsi di dissennate “riforme”, all’insegna
del liberismo più sfrenato e della dipendenza dagli interessi dei nuovi
alleati occidentali, ha fatto della Moldavia il paese più povero
d’Europa, con il non invidiabile record del più elevato tasso di
emigrazione a livello continentale.

Il malcontento, generato da questo autentico disastro, è sfociato in
una clamorosa manifestazione di ripulsa popolare, in occasione delle
elezioni politiche svoltesi il 25 febbraio 2001, con la travolgente
vittoria (maggioranza assoluta dei voti e 70% dei seggi) del Partito
dei Comunisti della Repubblica di Moldova (PCRM). Per la prima volta,
dalla fine dell’URSS, in Europa orientale (fatto di straordinario
valore simbolico) i comunisti tornavano, in modo assolutamente
democratico, alla direzione dello stato. Il parlamento, poco tempo
dopo, procedeva all’elezione alla presidenza della repubblica del
leader del PCRM Vladimir Voronin. L’affermazione dei comunisti veniva
confermata anche dalle elezioni amministrative svoltesi nel 2003, con
la conquista di quasi il 50% dei voti e dei due terzi delle
amministrazioni locali.

Dal momento dell’arrivo al governo, i comunisti, pur tra enormi
difficoltà e in un contesto internazionale non certo favorevole alle
forze di progresso dopo la caduta del contrappeso socialista, hanno
cercato di trovare una soluzione alla terribile crisi ereditata.

Si sono introdotte misure tese ad assicurare una maggiore presenza
regolatrice dello stato. Si è cercato di frenare la corruzione
dilagante. I mezzi finanziari a disposizione sono stati indirizzati
allo sviluppo della produzione industriale (che ha visto un netto
aumento degli ordini da parte di partner del mercato ex sovietico) e
dell’agricoltura. Per la prima volta, come ha dovuto riconoscere lo
stesso FMI, il PIL ha registrato un incremento del 6%. Successi sono
stati registrati nella sfera sociale, a cominciare dalla corresponsione
di salari e pensioni non pagati in precedenza.

Gli attuali dirigenti si sono poi sforzati di ricercare l’integrazione
nel mercato ex sovietico - tradizionale partner della Moldavia -,
sapendo bene che questo è l’unico modo per garantire una ragionevole
ripresa della dissanguata economia nazionale. Il conseguente
riavvicinamento alla Russia, favorito dall’atteggiamento costruttivo
del presidente Putin, e la richiesta di partecipare a diverse forme di
cooperazione nell’ambito della CSI, con l’intenzione di associarsi al
processo di unione in corso tra Russia e Bielorussia, hanno prodotto
non solo un incremento della collaborazione economica con Mosca, ma
anche la decisione russa di concedere alla Moldavia forniture
energetiche a condizioni convenienti, inserendola in un sistema
integrato con Federazione Russa e Ucraina.  

Tale “disgelo” nella politica verso la Russia, ha comportato
significative aperture sul piano del rispetto dei diritti della
minoranza russa, la proposta di reintroduzione del russo quale lingua
ufficiale di pari dignità con il romeno (concretizzatasi alla fine del
2003) e la ricerca tenace di un’intesa negoziata della questione della
Transdnistria, 

La Moldavia sta anche cercando di diversificare la sua iniziativa
internazionale, intessendo nuove relazioni: ne è prova l’interessamento
manifestato verso l’attività della poderosa “Organizzazione per la
cooperazione di Shanghai” (che raccoglie Russia, Cina e alcune
repubbliche ex sovietiche dell’Asia Centrale) e la realizzazione di
accordi commerciali con la Repubblica Popolare Cinese.

Era scontato che il cambiamento avvenuto in Moldavia dovesse provocare
reazioni in ambito occidentale, dove si trovano i principali
interlocutori dei precedenti governi, e soprattutto da parte della
Romania (oggi in procinto di entrare nella NATO), che ha manifestato in
diverse occasioni il suo dissenso rispetto alle scelte di
riavvicinamento alla Russia. Con l’appoggio esplicito della Romania,
nei mesi scorsi sono venute allo scoperto le manovre dell’opposizione
nazionalista (massicciamente finanziata oltreoceano, con un
significativo contributo del solito Soros) alla presidenza Voronin.
Violente manifestazioni hanno così sconvolto la capitale Kishinev,
rivendicando la discriminazione della lingua russa, inneggiando alla
“Grande Romania” e invocando l’aiuto della NATO, per “rovesciare il
regime comunista asservito a Mosca”. L’opposizione di destra, guidata
“Partito Popolare Cristiano Democratico” del fanatico ultranazionalista
Jurije Roshka, ha anche invocato l’allontanamento della Russia dal
tavolo negoziale sulla Transdnitria e l’intervento diretto della NATO a
Tiraspol, provocando in tal modo una durissima reazione di Mosca. Di
fronte al crescere delle provocazioni nazionaliste, il presidente
Voronin e il governo hanno saputo dar prova di grande senso di
responsabilità, accettando le raccomandazioni a stemperare la tensione
fatte dagli organismi internazionali e addirittura estendendo le
garanzie democratiche di manifestazione. All’inizio del 2004 le
manifestazioni dell’opposizione (a cui, per la verità, prendono parte
poche centinaia di persone) sono proseguite. A metà gennaio, Jurije
Roshka ha esplicitamente minacciato di accingersi alla preparazione di
un vero e proprio colpo di stato, citando, quale modello da seguire, il
corso degli avvenimenti che in Georgia hanno portato recentemente
al potere un regime appoggiato da Washington e che sembra puntare a una
completa e pericolosa rottura con la Russia.

 
L’UCRAINA

L’Ucraina, con i suoi 603.700 Kmq e circa 50 milioni di abitanti, ha
fatto parte, fin dal 1654 (attraverso un’unione volontaria in funzione
antipolacca), dell’impero zarista e, in seguito, è diventata la più
importante (dopo la Russia) delle repubbliche europee che costituivano
l’ Unione Sovietica. La popolazione è costituita per circa il 70% da
ucraini, che parlano una lingua slava orientale (che alcuni linguisti
russi, con una forzatura, considerano addirittura una variante
dialettale del russo) e praticano in maggioranza la religione cristiana
ortodossa, attraversata da una lacerante scissione tra fedeli al
patriarcato di Kiev e a quello di Mosca. Nella parte occidentale, dove
le manifestazioni nazionalistiche appaiono più esasperate, circa 5
milioni di abitanti si professano cattolici di rito greco (uniate).
Circa un quarto della popolazione è rappresentata da russi, concentrati
nei centri urbani, nelle regioni orientali e soprattutto nella penisola
di Crimea (dove rappresentano il 67% e fortissime sono le spinte al
ricongiungimento con la Russia, da cui la Crimea fu staccata, in epoca
sovietica, nel 1954), mentre una parte consistente degli stessi
ucraini, abitanti in queste zone del paese, considera il russo come
propria “lingua madre”. Gli ebrei, molto numerosi prima dello sterminio
nazista, sono ridotti a 500.000 circa.         

Nell’agosto del 1991, violando la volontà popolare espressa nel corso
del referendum “sull’Unione” svoltosi nel marzo dello stesso anno, la
“nomenklatura” del partito comunista ucraino, che fino ad allora aveva
mantenuto un atteggiamento molto prudente (tanto da essere inclusa nel
fronte dei cosiddetti “conservatori” ostili alla “perestrojka” di
Gorbaciov), prendeva la testa delle posizioni separatiste più
oltranziste e dichiarava la sua indipendenza da Mosca. L’ex comunista
Leonid Kravciuk veniva eletto presidente nel dicembre del 1991 e,
insieme a Eltsin e a Suskievic (leader bielorusso), siglava lo
scioglimento dell’URSS. Da quel momento il regime al potere,
allineatosi alle raccomandazioni che venivano dall’Occidente, ha
condotto una politica ispirata ideologicamente al più esasperato
nazionalismo, manifestatosi, soprattutto nell’emarginazione e nella
discriminazione della minoranza russa. Sul piano delle scelte
economiche, il paese ha subito la continua pesante pressione degli
organismi internazionali, che aveva lo scopo di costringerlo ad
adottare piani di riforma improntati ai modelli neoliberisti. Gli
effetti della subalternità a tale politica sono stati devastanti: il
discreto sistema di infrastrutture che stava alla base dello “stato
sociale” sovietico è stato smantellato e oggi l’Ucraina è uno dei paesi
più poveri d’Europa, dove secondo dati ufficiali, 100 persone
abbandonano quotidianamente il paese in cerca di condizioni migliori di
vita all’estero. In Ucraina sono venuti emergendo, in maniera
impressionante, fenomeni di “economia criminale”, attraverso il
diffondersi di “clan” strutturati a livello regionale, che
rappresentano la base materiale dell’esistenza di molte delle strutture
di potere, a cominciare dai partiti che, di volta in volta, si sono
succeduti al governo. L’allentamento dei legami con la Russia e con gli
altri componenti del mercato ex sovietico, da cui l’Ucraina dipendeva
per il rifornimento delle risorse energetiche, ha avuto inevitabili
conseguenze nel drastico ridimensionamento dell’apparato produttivo.
Nel 1994, l’avvento alla presidenza della repubblica di Leonid Kuchma
(riconfermato nel 1999), uomo legato ai potentati della regione
mineraria del Donetsk (i più dipendenti dai legami economici con la
Russia), con la confluenza dei voti delle sinistre e dell’elettorato
“russofono” al secondo turno, ha fatto sperare in un relativo
ammorbidimento delle forme più intransigenti di nazionalismo. E ciò,
almeno in parte, è avvenuto. Ma, nel complesso, il processo di
“ucrainizzazione” è proseguito, trovando il più prezioso supporto
nell’atteggiamento dell’Occidente, in particolare degli Stati Uniti,
che, dal momento dell’implosione dell’URSS, non solo considerano
l’Ucraina uno “stato cuscinetto”, ma nutrono l’ambizione di inglobarla
nel sistema di alleanze politiche, economiche e militari da essi
controllato, spingendo per l’ingresso formale di Kiev nella NATO. Gli
USA, nella loro politica di pesante ingerenza nella politica interna,
di cui hanno cercato di condizionare tutti i passaggi fondamentali,
hanno fatto affidamento soprattutto sugli ambienti economici e sulle
“elite” intellettuali dell’Ucraina occidentale. E, grazie al massiccio
sostegno ottenuto oltreoceano, sono proprio le forze di orientamento
nazionalista e filoccidentale (comprendenti anche gli eredi del
collaborazionismo con l’occupazione nazista), che, nel corso delle
ultime elezioni politiche del marzo 2002, hanno ottenuto un
significativo successo (il blocco “Nostra Ucraina” di Viktor Juschenko
è al primo posto, con il 23,6%, mentre i suoi alleati del blocco
elettorale di Julija Timoshenko raggiungono il 7,2%). Il partito del
presidente, “Per l’Ucraina Unita”, non supera l’11,8%, pur ottenendo
molti deputati nei collegi uninominali, che gli permettono comunque di
governare insieme a raggruppamenti elettorali minori e a numerosi
deputati “indipendenti”. Ma dopo le elezioni del 2002, il corso
politico del paese, che, con l’avvento del nuovo secolo, sembrava aver
imboccato la strada del riavvicinamento alla Russia, soprattutto sul
piano della collaborazione economica e attraverso la progressiva
integrazione nei meccanismi comunitari che sono stati creati
nell’ambito della Confederazione degli Stati Indipendenti (CSI),
premuto dalla massiccia agitazione dello schieramento
nazional-liberista, che punta direttamente al controllo del potere (in
vista delle imminenti elezioni presidenziali), è andato gradatamente
riorientandosi verso l’Occidente, annunciando nel maggio 2002
l’intenzione di abbandonare la neutralità, attraverso la richiesta
formale di ingresso nella NATO. In seguito l’Ucraina ha inviato un
contingente di ben 1.600 uomini (sotto comando polacco) in Iraq,
prendendo parte attiva alle operazioni di repressione della resistenza.
Anche con la Russia si sono manifestate nuovamente frizioni, con
l’apertura di un contenzioso territoriale in Crimea. Allo stesso tempo,
sul piano interno, è andata accentuandosi la stretta repressiva nei
confronti del forte movimento operaio e antimperialista presente nel
paese, attraverso gli imprigionamenti e l’uso della tortura, fino a
provocare la morte di militanti dell’estrema sinistra, accusati
addirittura di “cospirazione”. Oggi in Ucraina è presente un forte
“Partito Comunista di Ucraina” (KPU), che raccoglie il 20% dei suffragi
elettorali, concentrati nelle regioni centro-orientali del paese e in
Crimea (dove ottiene la maggioranza assoluta), in particolare tra la
minoranza russa. Se poi al KPU aggiungiamo i voti del “Partito
Progressista Socialista di Ucraina” (PSPU) di Natalija Vitrenko e di
alcune altre formazioni (che però non hanno superato lo sbarramento del
4%, previsto per accedere alla Rada), possiamo affermare che le forze
comuniste rappresentano oltre un quarto dell’elettorato. Il KPU,
presieduto da Piotr Simonenko, si batte con energia, nel Parlamento
(Rada) e nel paese, sia contro i metodi autoritari e le pratiche di
devastazione sociale, di corruzione dilagante e di collusione con le
mafie regionali che caratterizzano il regime di Kuchma, che contro le
ingerenze imperialiste e le forze che rappresentano più coerentemente
gli interessi occidentali. Il KPU e’ infatti il partito che più preme
per un’accelerazione dei processi di integrazione con la Russia e con
gli altri paesi dello spazio postsovietico. Non è escluso che la
consapevolezza della minaccia incombente di definitivo assoggettamento
del paese all’egemonia americana possa indurre il partito, con
l’approssimarsi delle elezioni presidenziali previste nel 2004, a
ricercare una convergenza con i settori “filorussi” presenti nello
schieramento centrista al governo. Ad esempio, potrebbe essere raccolta
l’offerta fatta recentemente da settori dell’amministrazione
presidenziale ai comunisti e ai socialisti di una riforma elettorale,
con l’adozione del sistema proporzionale puro e la trasformazione
dell’Ucraina in “repubblica parlamentare”. Tra le forze di sinistra c’è
da annoverare anche il Partito Socialista di Ucraina (SPU) di Aleksandr
Moroz, che, al momento della proclamazione dell’indipendenza aveva
offerto copertura legale ai comunisti posti temporaneamente fuorilegge,
e che, con il 6,9% dei voti, si proclama oggi
“socialdemocratico”.         

SLOBODA:
Zaustaviti hasku masineriju zlocina!
Stop the Hague machinery of crime!

---

Posle danasnje odluke Zalbenog veca haskog tribunala da odbaci
zalbu Amicusa kojom se trazi produzenje roka od tri meseca, koji je
Pretresno vece dodelilo Predsedniku Milosevicu za celokupne pripreme
odbrane, Udruzenje "SLOBODA" - nacionalni komitet za odbranu Predsednika
Slobodana Milosevica objavilo je sledece

SAOPSTENJE

Udruzenje «SLOBODA» osudjuje najnoviju odluku laznog
marionetskog
suda u Hagu da odbaci mogucnost produzenja roka od tri meseca ranije
odredjenog kao period u kojem Predsednik Milosevic treba da se pripremi
za
drugu fazu procesa.
Ovakvom odlukom se potvrdjuje zlocinacki i nepravni karakter
samog
«tribunala». Njome se ugrozava zivot Predsednika Milosevica i gaze
njegova
osnovna prava. Ova odluka izrazava paniku dobro placenih birokrata u
«tribunalu» koji su se otvoreno stavili u sluzbu Vesli Klarka i drugih
ratnih zlocinaca.
Ovom odlukom «tribunal» pokusava da se oglusi o brojne apele
medjunarodnih cinilaca, drzavnika i progresivne svetske javnosti.
Ali ni ova odluka nece spreciti trijumf istine koju zastupa
Predsednik Milosevic, nad zlocinom, nepravdom i tiranijom.
Udruzenje «SLOBODA» poziva celokupnu domacu i medjunarodnu
javnost, vlade i odgovorne politicke cinioce da deluju odmah kako bi
bila
zaustavljena haska masinerija zlocina.

Beograd, 21. januara 2004. g.

---

After the Appeals Chamber of the Hague Tribunal refused the
appeal of Amici Curiae demanding the three months period assigned for
the
preparation of President Milosevic's case to be prolonged,
SLOBODA/Freedom
Association released the following

STATEMENT

SLOBODA/Freedom Association condemns the latest decision of
the
puppet false court at The Hague to refuse the possibility of prolonging
the
three months period determined earlier as deadline for President
Milosevic
to prepare his case.
This decision confirms the criminal and illegal character
of the
"tribunal". It threatens the life of President Milosevic and steps on
his
fundamental rights. The decision reflects the panic of the "tribunal's"
well-paid bureaucrats who openly put themselves into service of Wesley
Clark
and other war criminals.
By this decision, the "tribunal" attempts to remain deaf
over
the numerous appeals of international factors, statesmen and progressive
international public.
But even this decision will not prevent the triumph of the
truth, represented by President Milosevic, over the crime, injustice and
tyranny.
SLOBODA/Freedom Association calls upon the entire domestic
and
international public, governments and responsible political factors to
act
immediately and stop the Hague criminal machinery.

Belgrade, 21 January 2004

---

SLOBODA urgently needs your donation.
Please find the detailed instructions at:
http://www.sloboda.org.yu/pomoc.htm

To join or help this struggle, visit:
http://www.sloboda.org.yu/ (Sloboda/Freedom association)
http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend Slobodan
Milosevic)
http://www.free-slobo.de/ (German section of ICDSM)
http://www.icdsm-us.org/ (US section of ICDSM)
http://www.icdsmireland.org/ (ICDSM Ireland)
http://www.wpc-in.org/ (world peace council)
http://www.geocities.com/b_antinato/ (Balkan antiNATO center)

Opera Nomadi
Via di Porta Labicana,59 00185 Roma 
Tel. 06/44700166
operanomadilazio@...
http://operanomadilazio.supereva.it
---


Con il Patrocinio del Comune di Roma
I Municipio


Giornata della memoria

27 gennaio 2004


Jasenovac e Auschwitz: e Romà tnà bistarà!


Programma dell’iniziativa

Ore 18.30

Presso l’Istituto “Cristoforo Colombo” di Via Panisperna 255
(Metro B Stazione “Cavour”)

proiezione del video/dvd di circa 30/40 minuti realizzato nell’ambito
della legge 249/2000 (Fondo Internazionale di Assistenza alle Vittime
delle Persecuzioni Naziste in stato di bisogno) finanziato dalla Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane.
Si tratta di un lavoro che ricostruisce attraverso interviste ai
superstiti la persecuzione e lo sterminio dei Rom e dei Sinti ad opera
del nazifascismo.

ore 19.00

Fiaccolata con partenza da Via Panisperna 255 e apposizione (davanti
alla lapide commemorativa del porrajmos dei Rom, Sinti e Camminanti in
Via degli Zingari, 54 - Rione Monti) di una corona confezionata dalle
Romnià Rudare di Kragujevac (città martire gemellata con Marzabotto)
per lo sterminio comune colà avvenuto di Slavi, Rom ed Ebrei.

E’ prevista la partecipazione:
On.le Raffaela Milano, Assessora alle Politiche Sociali del Comune di
Roma,
On. le Gloria Malaspina Assessora al Lavoro e Qualità della Vita della
Provincia di Roma
On.le Benvenuto Salducco Presidente del IV Municipio
On.le Enrico Luciani
Consigliere Regione Lazio,
Massimo Rendina, Presidente ANPI Roma
Professor Alessandro Portelli Consigliere delegato Valorizzazione delle
memorie della città del Comune di Roma
esponenti dell’ANED, dell’ANPI, della Comunità Ebraica e del Circolo
Mario Mieli

Nell’ambito della giornata del 27 gennaio sarà messo in onda un
documentario radiofonico realizzato dall’Opera Nomadi in collaborazione
con il giornalista Andrea Giuseppini a proposito della persecuzione e
dello sterminio nazifascista del popolo dei Rom e Sinti. Il
documentario attraverso l’utilizzo dello strumento radiofonico, vuole
porsi come un momento di memoria, di riflessione e di divulgazione di
questo terribile capitolo storico dei Rom e Sinti.
Il documentario radiofonico “Porrajmos: lo sterminio dimenticato dei
Rom e dei Sinti”, si inserisce in un più ampio progetto iniziato lo
scorso gennaio con un lavoro sulla Risiera di San Sabba e andato in
onda su 14 radio locali. Tra le radio che trasmetteranno il
documentario (totale 14 a livello nazionale), Mep Radio della Provincia
di Rieti e Radio Città Aperta di Roma.