Informazione


Ljubodrag Duci Simonović

NICHILISMO CAPITALISTICO / KAPITALISTIČKI NIHILIZAM 

(capitolo dal libro L'ultima Rivoluzione, 2013)




(slovenscina / italiano)

Presentazioni del libro LA BANDA COLLOTTI

1) a Pordenone, sabato 25 maggio 2013
2) a Trieste/Trst, venerdì 31 maggio 2013

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Claudia Cernigoi

LA BANDA COLLOTTI
Storia di un corpo di repressione al confine orientale d'Italia

Udine: KappaVu, 2013

Istituito da Mussolini nel 1942 espressamente come corpo di repressione antipartigiana nella Venezia Giulia, l’Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza con sede a Trieste, fu l’unica struttura dedicata esclusivamente a tale scopo in Italia. Si distinse per l’efferatezza dei metodi, con l’uso sistematico della tortura negli interrogatori degli antifascisti italiani e slavi catturati, ma anche dei semplici sospetti, in una sequenza di orrori che percorre tutta la documentazione presentata. 
L’Autrice ricostruisce qui il periodo storico dell’Ispettorato, in una ricerca a tutto campo, usando documentazione d’archivio, ma dedicando anche particolare attenzione alle interviste fatte ai sopravvissuti agli interrogatori della cosiddetta “banda Collotti”. 



=== 1 ===

Pordenone, 25 maggio 2013
alle ore 20.30 presso la Casa del Popolo di Torre in via Carnaro 10 

presentazione del libro 

LA BANDA COLLOTTI

Saranno presenti l'autrice e Alessandra Kersevan


=== 2 ===

Trieste/Trst, Venerdì 31 maggio 2013
ore 18.00, Casa del Popolo - Ljudski Dom - “Palmiro Togliatti” Borgo San Sergio - Via Di Peco 7

Presentazione del libro - Predstavitev knjige

LA BANDA COLLOTTI

Presenterà il libro Gorazd Bajc - Knjigo bo predstavil Gorazd Bajc
Sarà presente Claudia Cernigoi - Prisotna bo avtorica

Seguirà una cena, per prenotazioni telefonare al numero 040826921 dal martedì a domenica dalle ore 16.30 alle 20.30, entro martedì 28 maggio.

Sledila bo večerja, za rezervacije kličati na št. 040826921 od torka do nedelje, od 16.30 do 20.30, rezervacije se sprejmejo do torka, 28. maja.





ADERIAMO CONVINTAMENTE AL PRESIDIO DI SABATO 8 GIUGNO A MILANO.

A sottolineare ulteriormente il legame tra  la questione siriana e quella jugoslava viene la notizia che criminali bosgnacchi combattono nelle fila dei terroristi in Siria per fare anche a quel paese quello che hanno fatto alla Jugoslavia. L'Esercito Siriano ne ha ucciso uno e ferito un altro:

Vehabije iz BiH ratuju u Siriji, jedan od njih poginuo (17.05.2013.)
http://www.klix.ba/vijesti/bih/vehabije-iz-bih-ratuju-u-siriji-jedan-od-njih-poginuo/130517147

Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus


----Messaggio originale----
Da: comitatocontrolaguerramilano @ gmail.com
Data: 18/05/2013 0.02
Ogg: SABATO 8 GIUGNO ORE 17 PRESIDIO MANIFESTAZIONE CONTRO LA GUERRA ALLA SIRIA

Stiamo raccogliendo le adesioni!!!!

GIU' LE MANI DALLA SIRIA!

SABATO 8 GIUGNO - ORE 17
LARGO DONEGANI - MILANO

PRESIDIO - MANIFESTAZIONE
AL CONSOLATO AMERICANO

JUGOSLAVIA, IRAQ, AFGHANISTAN, LIBIA CI HANNO INSEGNATO CHE LE “GUERRE UMANITARIE” ALTRO NON SONO CHE MASSACRI PER INTERESSI ECONOMICI E GEOPOLITICI.
LE POTENZE IMPERIALISTE DELLA NATO (ITALIA COMPRESA), ALLEATE CON L’ARABIA SAUDITA, IL QATAR, LA TURCHIA, HANNO ARMATO E STANNO SOSTENENDO, COME IN LIBIA, UNA GUERRA DI AGGRESSIONE, SEMINANDO MORTE E TERRORE IN SIRIA.

“L’Italia ripudia la guerra come strumento d’offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”

QUESTO RECITA L’ART. 11 DELLA NOSTRA COSTITUZIONE NATA DALLA RESISTENZA
AL GOVERNO LETTA, CHE PROSEGUE CON LA POLITICA CONTRO I LAVORATORI, AUMENTANDO LE SPESE MILITARI,
AI PARTITI CHE LO SOSTENGONO, DICIAMO:

NON UN SOLDO PER LA GUERRA !

CHIAMIAMO ALLA MOBILITAZIONE CONTRO LA MINACCIA DI GUERRA APERTA ALLA SIRIA E ANCHE ALL’ IRAN, CON GRAVI PERICOLI DI ESTENSIONE DEL CONFLITTO, POICHE' LA GUERRA E' CONTRO I LAVORATORI TOCCA A LORO FERMARLA.


Comitato contro la guerra – Milano


Per info: comitatocontrolaguerramilano @ gmail.com -
comitatocontrolaguerramilano.wordpress.com - cell. 3383899559

È IN CORSO LA RACCOLTA ADESIONI



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Videomessaggio di Mairead Maguire, Premio Nobel per la Pace, al Popolo italiano

(registrato nel centro storico di Damasco, vicino al Patriarcato, il 10 maggio 2013)


 

Trascrizione (non sincronizzata con il video)

Voglio mandare un messaggio al popolo e ai politici italiani

Siamo qui in Siria su invito del movimento Mussalaha per la pace e la riconciliazione

Abbiamo visto le terribili sofferenze della popolazione siriana

Chiediamo che siano tolte le sanzioni economiche così da alleviare queste sofferenze

Riteniamo che non ci debba essere alcun intervento esterno in Siria

Il popolo siriano è unito nell’impazienza di arrivare alla pace

I siriani hanno iniziato un dialogo fra di loro, hanno iniziato un processo di pace!

Non dobbiamo mandare armi, o addestrare combattenti stranieri, che torturano e uccidono i siriani

La comunità internazionale ha la responsabilità di sostenere chi all’interno della Siria è coinvolto in questo processo di pace per una soluzione pacifica e interna della crisi e per la riconciliazione.

Quanto alla “Conferenza di Doha”, è un gruppo illegale che dice di parlare per la popolazione siriana ma non la rappresenta affatto: la Siria ha i suoi rappresentanti eletti e nessuno da fuori ha il diritto di dire che la Siria non merita una partecipazione internazionale

Facciamo appello alla Lega Araba affinché reinserisca la Siria negli organismi plurinazionali e agli organismi internazionali, e ai governi, che hanno ritirato gli ambasciatori: ripristinate i rapporti. Nessun governo da fuori ha il diritto di deporre un leader finché il popolo non va alle elezioni e non sceglie liberamente.




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Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/

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(deutsch / english.
"La riconquista dei Sudeti" abbiamo intitolato questo post, che raccoglie segnalazioni degli ultimi anni sulla campagna revanscista in atto in Germania da parte della lobby degli "esuli"... Una campagna arrivata al punto che anche in Baviera, da oggi, esiste uno specifico "Giorno del Ricordo" per rimpiangere -riconquistare?- le terre perdute a seguito della sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale... Sugli stessi temi si veda anche il nostro post recente:


Wiedereroberung des Sudetenlandes

Source / Quelle: german-foreign-policy.com

1) Protest gegen Potsdam / Protest against Potsdam (2013)
2) Ansichten eines Mitteleuropäers (2013)
3) Entschädigungsklagen gegen Polen (2008)
4) Verschiedenes (2009-2011)

=== 1 ===


Protest gegen Potsdam
 
17.05.2013

AUGSBURG/MÜNCHEN
 
(Eigener Bericht) - Vor dem diesjährigen "Sudetendeutschen Tag" an diesem Wochenende kündigt die bayerische Staatsregierung die Einführung eines Gedenktages zur Erinnerung an die Umsiedlung der Deutschen an. Demnach soll von 2014 an alljährlich der zweite September-Sonntag dem Gedächtnis deutscher Opfer von "Flucht, Vertreibung und Deportation" infolge des Zweiten Weltkrieges gewidmet sein. Die Einführung des Gedenktages gehört zu den Maßnahmen, mit denen die deutsche Politik die Meinung, die Umsiedlung sei "Unrecht" gewesen, in den künftigen Generationen verankern will. An diese - geschichtlich unzutreffende - Auffassung können politische Ansprüche gegenüber den Staaten Ost- und Südosteuropas geknüpft werden, die für Deutschland vorteilhaft sind. Zusätzlich zur Einführung des Gedenktags unterstützt Bayern die Errichtung eines "Sudetendeutschen Museums" in München mit 20 Millionen Euro; ergänzend hat der Deutsche Bundestag zehn Millionen Euro zugesagt. Eine Ausstellung, die als möglicher Kern des Museums gilt, stellt die Rechtmäßigkeit der tschechoslowakischen Staatsgründung in Teilen in Frage und stützt umstrittene Aussagen auf NS-Quellen. Für seine Unterstützung der "Vertriebenen" wird der bayerische Ministerpräsident am Sonntag mit einer Auszeichnung der Sudetendeutschen Landsmannschaft geehrt.

Gedenktag für die Umgesiedelten

Wie die bayerische Staatskanzlei mitteilt, hat die Regierung des Freistaates an diesem Mittwoch die Einführung eines landesweiten Gedenktages zur Erinnerung an die Umsiedlung der Deutschen beschlossen. Der Gedenktag soll von 2014 an jährlich am zweiten Sonntag im September begangen werden und "an das Leid durch Flucht, Vertreibung und Deportation" [1] der Deutschen infolge des Zweiten Weltkrieges erinnern. Der Schritt wird von den Umgesiedelten-Verbänden freudig begrüßt. Der Freitsaat Bayern habe sich gegenüber den "Vertriebenen" stets "vorbildlich" verhalten, erklärt die Präsidentin des Bundes der Vertriebenen (BdV), Erika Steinbach.[2] Im BdV lässt man keinerlei Zweifel daran, dass man die Einführung eines solchen Gedenktages bundesweit wünscht. Es müsse darüber endlich einen "parteiübergreifenden Konsens" in der deutschen Hauptstadt geben, fordert der stellvertretende BdV-Vorsitzende Bernd Fabritius.[3]

Vom Unrecht der Vertreibung

Die politische Stoßrichtung des Gedenktages lässt sich seiner Terminierung entnehmen, die direkt an den "Tag der Heimat" anknüpft. Der "Tag der Heimat" wird seit 1950 jährlich vom BdV und den übrigen Verbänden der Umgesiedelten begangen, um die Erinnerung an die deutsche Vergangenheit ihrer Herkunftsgebiete wachzuhalten. Ursprünglich geschah dies am ersten Augustwochenende und damit gezielt in unmittelbarer Nähe zum Jahrestag der Unterzeichnung des Potsdamer Abkommens (2. August 1945): Das Datum sei als "Protest gegen die Beschlüsse der Potsdamer Konferenz 1945" gewählt worden, erläutert der BdV.[4] Gemeint sind die Passagen des Potsdamer Abkommens, die - als Konsequenz aus den NS-Verbrechen in Ost- und Südosteuropa - die Umsiedlung der Deutschen rechtlich begründen. Dem Protest gegen sie schließt sich die bayerische Staatsregierung ganz offen an: Ministerpräsident Horst Seehofer erläutert, mit dem neuen Gedenktag "geben wir das Signal: Vertreibung ist und bleibt Unrecht".[5] Dass der Gedenktag nicht am ersten Augustwochenende, sondern im September abgehalten werden soll - ganz wie heute meist auch der "Tag der Heimat" -, hat praktische Gründe: In Bayern dauern die Sommerferien der Schulen den ganzen August über an und enden üblicherweise erst am zweiten Wochenende im September. Ein Gedenktag während der Schulferien aber würde weitgehend wirkungslos verpuffen.

Die junge Generation

Wie aus den Äußerungen des bayerischen Ministerpräsidenten hervorgeht, zielt die Einführung des Gedenktages zudem darauf ab, die Debatten der Zukunft zu prägen. Bislang hieß es stets - etwa im Streit um ein "Zentrum gegen Vertreibungen" oder die "Stiftung Flucht, Vertreibung, Versöhnung" [6] -, man müsse denjenigen, die ab 1944 flohen oder umgesiedelt wurden, persönlich Genugtuung widerfahren lassen. Das sei nötig, obwohl die meisten von ihnen mittlerweile verstorben seien. Der bayerische Ministerpräsident jedoch äußert, man wolle "die Erinnerung an Flucht und Vertreibung gerade für die junge Generation lebendig" halten.[7] In der Tat nehmen die erinnerungspolitischen Aktivitäten in Sachen Umsiedlung staatlicherseits zu, weil die Umgesiedelten inzwischen entweder verstorben sind oder ein hohes Alter erreicht haben - und ihre Verbände, die bislang die Erinnerung an die Umsiedlung wachhielten und diese zum "Unrecht" erklärten, wegen Mitgliederschwund nun immer mehr Einfluss und Bedeutung verlieren. Ministerpräsident Seehofer zufolge gilt es jetzt, die Umsiedlung im Gedächtnis der "junge(n) Generation" zu verankern, weil diese "das europäische Haus von morgen gestaltet". Die Erinnerung an die Umsiedlung und ihre Einstufung als "Unrecht" hält politische Ansprüche Deutschlands gegenüber den Staaten Ost- und Südosteuropas aufrecht (german-foreign-policy.com berichtete [8]).

Vollkommen gleichgültig

Zu den erinnerungspolitischen Maßnahmen, die das angebliche "Unrecht der Vertreibung" auch für die Zukunft auf der europäischen Tagesordnung halten sollen, gehören die Pläne für die Errichtung eines "Sudetendeutschen Museums" in München. Der Bau eines solchen Museums wird schon seit Jahren von der Sudetendeutschen Stiftung vorangetrieben. Im Frühjahr 2011 konnte die Stiftung einen "Gründungsbeauftragten" bestellen, für dessen Arbeit der Freistaat Bayern 300.000 Euro zur Verfügung stellte. Den Posten erhielt Wilfried Rogasch, vormals Kurator einer BdV-Ausstellung, der Anfang 2006 mit Äußerungen zum Thema Umsiedlung einiges Aufsehen erregt hatte: "Aus der Perspektive des Opfers ist es vollkommen gleichgültig (...), ob eine ostpreußische Frau 1944/45 vergewaltigt und dann ermordet wurde oder ob eine jüdische Frau von Deutschen in das KZ nach Auschwitz gebracht wurde und dann ermordet wurde."[9] Der Bundestag stellt bis zum Jahr 2015 zehn Millionen Euro für das Sudetendeutsche Museum bereit, der Freistaat Bayern steuert weitere 20 Millionen Euro bei. Die Arbeiten schreiten voran; eine Bauvoranfrage ist mittlerweile offiziell genehmigt.

Die Okkupation des Sudetenlandes

Noch im Fluss ist die inhaltliche Ausgestaltung des Sudetendeutschen Museums. Als möglicher Kern gilt eine Ausstellung, die erstmals 2007 öffentlich gezeigt wurde - im Bayerischen Landtag - und dann durch mehrere Bundesländer weitergereicht wurde. Auf den Ausstellungstafeln wurde unter anderem behauptet, die Tschechoslowakei habe zu Jahresbeginn 1919 nicht ihr Staatsgebiet unter Kontrolle gebracht, sondern eine "Okkupation des Sudetenlandes" betrieben und "gegen die im Jahre 1907 beschlossene Internationale Haager Landkriegsordnung" verstoßen. Weiter heißt es, in der Tschechoslowakei sei eine beispiellose "Diskriminierung der Sudetendeutschen" vonstatten gegangen; als Quelle dient eine Schrift, die 1936 im Verlag des Nationalsozialisten Karl Hermann Frank erschien. Frank gehörte bald darauf zum engsten Kreis der NS-Machthaber in Prag und war nicht zuletzt für das Massaker in Lidice verantwortlich. Die Ausstellung erläutert Möglichkeiten, wie das Münchner Diktat vom September 1938 legitimiert werden kann: Dessen Wortwahl lasse "anklingen", heißt es, dass das "Sudetenland als besetztes Gebiet interpretiert werden konnte, das nie legitim zur ČSR gehört hat". Schließlich wird auf einer Ausstellungstafel dem ehemaligen tschechoslowakischen Staatspräsidenten Edvard Beneš vorgeworfen, eine Mitschuld am Mord an Hunderttausenden Jüdinnen und Juden zu tragen: Eine "Fehlinformation" seinerseits habe "dazu beigetragen, dass die Westalliierten auch einfache Hilfsmaßnahmen für die verfolgten Juden - etwa die unbegrenzte Aufnahme jüdischer Flüchtlinge oder die Bombardierung der Zufahrtsstrecken zu den Vernichtungslagern - unterließen" (german-foreign-policy.com berichtete [10]).

Die mitteleuropäische Völkerordnung

Der bayerische Ministerpräsident Horst Seehofer, dessen Regierung die Sudetendeutschen und ihre Landsmannschaft zuverlässig unterstützt, wird am Sonntag auf dem Sudetendeutschen Tag den Europäischen Karlspreis der Sudetendeutschen Landsmannschaft erhalten - "für Verdienste um eine gerechte Völkerordnung in Mitteleuropa". Der Preis ist nach Kaiser Karl IV. benannt, der "zugleich deutscher und böhmischer König" war.[11] Der Sudetendeutsche Tag, auf dem sich auch in diesem Jahr wieder der ultrarechte "Witikobund" [12] der Öffentlichkeit präsentiert, wird vom Freistaat Bayern finanziell unterstützt - aus Mitteln des Staatsministeriums für Arbeit und Sozialordnung, Familie und Frauen.
Anlässlich der staatlichen Gedenk-Offensive in Sachen "Vertreibung" berichtet german-foreign-policy.com in den nächsten Wochen in lockerer Folge über die erinnerungspolitische Ausrichtung der wichtigsten Umgesiedelten-Verbände neben der "Sudetendeutschen Landsmannschaft".

[1] Bayerische Staatskanzlei: Pressemitteilung Nr. 178, 15.05.2013
[2] Erika Steinbach dankt Seehoferfür Kabinettsentscheidung zum Gedenktag; www.bdvbund.de 16.05.2013
[3] Bayern führt Gedenktag für Opfer von Flucht, Vertreibung und Deportation ein; www.siebenbuerger.de 16.05.2013
[4] Dokumentation zum Tag der Heimat 2006. Menschenrechte achten - Vertreibungen ächten. Festakt des Bundes der Vertriebenen in Berlin, 2. September 2006. S. dazuRevisionsoffensive
[5] Bayerische Staatskanzlei: Pressemitteilung Nr. 178, 15.05.2013
[6] s. dazu Vertreibung aus dem LebenWeichen für die ZukunftGeschichte à la carteRevisions-PR und Kein Dialog
[7] Bayerische Staatskanzlei: Pressemitteilung Nr. 178, 15.05.2013
[8] s. dazu Pflichtthema "Vertreibung"Tage der Aggression und 60 Jahre Aggressionen
[9] s. dazu Die Perspektive der Täter
[10] s. dazu Ein Lernort
[11] Sudetendeutscher Karlspreis 2013 für Seehofer; www.sudeten.de
[12] s. dazu Wertegemeinschaft Europa

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Protest against Potsdam
 
2013/05/17

AUGSBURG/MUNICH
 
(Own report) - In the run-up to this weekend's annual "Sudeten German Convention," the Bavarian regional government has announced the introduction of a memorial day in commemoration of German resettlement. Beginning 2014, the second Sunday in September will annually be dedicated to the commemoration of the German victims of "flight, expulsion and deportation" as a result of the Second World War. The designation of this memorial day is one of the German political establishment's measures, to seek to embed the notion that the resettlement was "an injustice" in the mindset of future generations. Based on this - historically erroneous - opinion, Germany can raise advantageous political claims vis à vis Eastern and Southeastern European countries. Besides the creation of a memorial day, Bavaria is also supporting, with 20 million Euros, the establishment of a "Sudeten German Museum" in Munich. The German Bundestag has earmarked another 10 million Euros to the project. An exposition, which could serve as the centerpiece of the museum, put the legitimacy of the founding of Czechoslovakia into question, using controversial quotes from Nazi sources. The Bavarian prime minister will be honored, with a Sudeten German Homeland Association award at Sunday's events for his support of the "expellees."

Memorial Day for the Resettled

As was announced, last Wednesday, by the Bavarian state chancellery, the government of Bavaria has decided to declare a state-wide memorial day in commemoration of German resettlement. Beginning in 2014, the annual memorial day in commemoration "of German suffering caused by flight, expulsion and deportation" [1] as a result of the Second World War, will be the second Sunday in September. This initiative has been jubilantly welcomed by resettlement associations. Bavaria has always been "exemplary" toward the "expellees," declared the President of the German League of Expellees (BdV), Erika Steinbach.[2] There is no doubt that the BdV would like to see a similar memorial day established nationwide. Ultimately, a "non-partisan consensus" on this question must be reached in the German capital, demanded BdV Chairman Bernd Fabritius.[3]

On the Injustice of Expulsion

The memorial day's political thrust can also be surmised from its scheduling, in direct connection to the "Homeland Day." Since 1950, "Homeland Day" has been annually commemorated by the BdV and other associations of the resettled as a means of keeping the memory alive of a German past in their regions of origin. Originally, this had been commemorated on the first weekend in August, a deliberate juxtaposition to the date of the signing of the Potsdam Agreements (August 2, 1945). This date was chosen in "protest against the decisions taken at the Potsdam Conference in 1945," explains the BdV.[4] This is referring to passages in the Potsdam Agreements that legally justify the resettlement of Germans - as a consequence of Nazi crimes in Eastern and Southeastern Europe. The government of Bavaria openly aligns itself with this protest. Prime Minister Horst Seehofer explains that, with this new memorial day, "we are sending out the message that expulsion is and remains an injustice."[5] The fact that the memorial day will not be held on the first weekend in August, but rather in September - like the "Homeland Day" - has a practical reason. In Bavaria, school summer vacation lasts throughout August, usually only ending on the second weekend in September. To establish a memorial day during the summer vacation would predestine it to fizzle out without effect.

The Younger Generation

As can be seen in Bavaria's prime minister's statements, the institution of a memorial day is also aimed at influencing future debates. Until recently, it had always been claimed - for example in the controversies surrounding a "Center against Expulsions" or the Foundation Flight, Expulsion, Reconciliation [6] - that personal satisfaction must be given to those who fled or were resettled since 1944. This is viewed as necessary, even though the majority of those concerned have died. The Bavarian prime minister, on the other hand, even proclaims that "the memory of flight and expulsion must be kept alive, particularly for the younger generation."[7] In fact there is an upsurge in government activities around resettlement in the field of collective memory policies, because those, who had been resettled are either no longer alive or they are very old - and their associations, which had kept the memory of resettlement alive, proclaiming it an injustice, are steadily losing influence, due to their decline in membership. For Prime Minister Seehofer, the resettlement must be embedded in the memory of the "younger generation," because it will be they, who "will configurate the European house of tomorrow." The memory of resettlement and its classification as "injustice," permit Germany to uphold its political demands vis à vis Eastern and Southeastern European countries. (german-foreign-policy.com reported.[8])

Totally Indifferent

Plans to establish a "Sudeten German Museum" in Munich are among the measures of collective memory, aimed at keeping the alleged "injustice of the resettlement" on the European agenda for a long time to come. The construction of such a museum has been promoted for years by the Sudeten German Foundation. In early 2011, the foundation was able to name an "inception supervisor," to whose work, Bavaria contributed 300,000 Euros. Wilfried Rogasch has been named to this post. Rogasch is a former trustee of a BdV exposition, who, in early 2006, had stirred controversy with his views on the question of resettlement: "From the perspective of the victim, it is totally irreverent (...) whether an East Prussian woman in 1944/45, had been raped and then murdered, or if a Jewish woman had been taken to Auschwitz and murdered by the Germans."[9] The German Bundestag has earmarked until 2015, 10 million Euros, and the regional state of Bavaria another 20 million Euros in support of the Sudeten German Museum. Work is progressing; a preliminary building application has already officially been approved.

The Occupation of the Sudetenland

The elaboration of the contents of the Sudeten German Museum is still in a state of flux. An exposition, first presented publicly in 2007 - in the Bavarian Regional Parliament and then shown in several federal regions of the country - could serve as the centerpiece for the museum's exhibit. Panels in this exposition alleged, among other things that, at the beginning of 1919, Czechoslovakia did not have control over the entire territory, but rather had "occupied Sudetenland" in violation of "the international Hague Land War Convention of 1907." Panels also alleged that in Czechoslovakia an unprecedented "discrimination of Sudeten Germans" took place, quoting a publication as its source that had been published in 1936 by the printing house of the Nazi Karl Hermann Frank. Frank, soon thereafter, had become a member of the inner circle of the Nazis in power in Prague and was later responsible for the Lidice Massacre. The exposition explains possible justifications behind the 1938 Munich Agreements, for example that the choice of words "hint" that the "Sudetenland could have been interpreted as occupied territory, having never legitimately been part of Czechoslovakia." Finally, another exposition panel accuses former Czechoslovak President, Edvard Beneš, of complicity in the deaths of hundreds of thousands of Jews. A "false information" from Beneš allegedly "led the Western allies to deny even simple aid to the persecuted Jews - for example granting refugees unlimited admission or bombing the routes leading to the concentration camps." (german-foreign-policy.com reported.[10])

Central European People's Order

At the Sudeten German Convention, on Sunday, Bavarian Prime Minister, Horst Seehofer, whose government has reliably supported the Sudeten Germans and their homeland association, will be presented the Sudeten Germans Homeland Association's European Karlspreis Award - "for his contributions toward a more just people's order in Central Europe." The award is named after Emperor Charles IV, who "was king of Germany and Bohemia, at the same time."[11] The Sudeten German Convention, at which also this year, the extreme right-wing "Witikobund" [12] will be officially present, is financially supported by the Bavarian government, from its budget of the Ministry for Employment and Social Order, Family and Women.
Over the next few weeks, taking the occasion of the official "expulsions" commemorations offensive, german-foreign-policy.com will continue to report on the thrust in the collective memory policy of others of the more important resettled associations, alongside the "Sudeten German Homeland Association."

[1] Bayerische Staatskanzlei: Pressemitteilung Nr. 178, 15.05.2013
[2] Erika Steinbach dankt Seehoferfür Kabinettsentscheidung zum Gedenktag; www.bdvbund.de 16.05.2013
[3] Bayern führt Gedenktag für Opfer von Flucht, Vertreibung und Deportation ein; www.siebenbuerger.de 16.05.2013
[4] Dokumentation zum Tag der Heimat 2006. Menschenrechte achten - Vertreibungen ächten. Festakt des Bundes der Vertriebenen in Berlin, 2. September 2006. See alsoRevisionsoffensive
[5] Bayerische Staatskanzlei: Pressemitteilung Nr. 178, 15.05.2013
[6] see also Expelled from Among the LivingWeichen für die ZukunftHistory à la CarteRevisions-PR and Kein Dialog
[7] Bayerische Staatskanzlei: Pressemitteilung Nr. 178, 15.05.2013
[8] see also Pflichtthema "Vertreibung"Days of Aggression and 60 Jahre Aggressionen
[9] see also The Culprits' Perspective
[10] see also An Educational Venue
[11] Sudetendeutscher Karlspreis 2013 für Seehofer; www.sudeten.de
[12] see also Wertegemeinschaft Europa


=== 2 ===
Ansichten eines Mitteleuropäers
 
23.01.2013

PRAG/BERLIN/BUDAPEST
 
(Eigener Bericht) - Kurz vor der Stichwahl um das Amt des tschechischen Staatspräsidenten belastet erneut eine breite Diskussion über die Beneš-Gesetze die Tschechische Republik. Präsidentschaftskandidat Karel Schwarzenberg hat die Verabschiedung der Gesetze kürzlich als eine Handlung bezeichnet, die den einstigen Staatspräsidenten Edvard Beneš heute vor den Internationalen Strafgerichtshof in Den Haag bringen könne. Zudem hat er die durch sie festgelegte Umsiedlung der Deutschen eine "grobe Verletzung der Menschenrechte" genannt. Sein Gegenkandidat Miloš Zeman widerspricht entschieden; in der deutschen Presse heißt es, man dürfe jetzt gespannt sein, wie die Wahl ausgehe. Schwarzenberg hat schon vor Jahren geäußert, es sei durchaus möglich, die Beneš-Gesetze aufzuheben. Er wird in deutschen Medien wohlwollend als ein "Mitteleuropäer" bezeichnet, der sich deutlich von "der kleingeistigen Amigo-Politik (...) im böhmisch-mährischen Kessel" abhebe. Die politische und gesellschaftliche Entwicklung in Europa begünstigt auf lange Sicht Parteigänger der Berliner Politik wie Schwarzenberg, deren Bereitschaft zur Annullierung von Normen aus der unmittelbaren Nachkriegszeit selbst durch Restitutions- und Entschädigungsforderungen deutscher Umgesiedelter nicht gemindert wird.

Kein Kollektivschuld-Prinzip

Auslöser der jüngsten Debatte um die Beneš-Gesetze in der Tschechischen Republik waren zwei sachlich falsche Äußerungen des Präsidentschaftskandidaten Karel Schwarzenberg. Schwarzenberg hatte in einem TV-Duell gegen seinen Gegenkandidaten in der bevorstehenden Stichwahl, Miloš Zeman, behauptet, bei der Umsiedlung der Deutschen aus der Tschechoslowakei nach dem Zweiten Weltkrieg sei ein "Prinzip der kollektiven Schuld" angewandt worden: Man habe "keine Rücksicht darauf genommen, ob jemand [während der NS-Okkupation, d.Red.] loyal gegenüber der Republik war oder sich gegen sie schuldig gemacht hat".[1] Tatsächlich wurden - beispielhaft für die Gesetze - etwa im Dekret des Präsidenten Beneš vom 2. August 1945, das wie alle Präsidialdekrete aus der Zeit des Wiederaufbaus am 28. März 1946 von der provisorischen Nationalversammlung gebilligt und damit zum Gesetz erhoben wurde, bestimmte Bürger "deutscher Nationalität" von Sanktionen ausgenommen: Verschont blieben ausdrücklich alle diejenigen, die nachweisen konnten, "dass sie der Tschechoslowakischen Republik treu waren, sich niemals am tschechischen und slowakischen Volk vergangen haben und sich entweder aktiv am Kampf für ihre Befreiung beteiligten oder unter dem nazistischen oder faschistischen Terror gelitten haben".[2] Für die praktische Anwendung dieser Ausnahmeregelungen ist Schwarzenberg selbst ein prominentes Beispiel: Er wurde, obwohl er Abkömmling eines deutschen Adelsgeschlechts ist, nicht aus Prag ausgesiedelt, sondern verließ das Land mit seiner Familie, die im Streit mit den Nazis gelegen hatte, erst 1948 - freiwillig, aus Protest gegen die realsozialistische Regierung.

Bestandteil der Rechtsordnung

Schwarzenberg, der trotz alledem bei der Behauptung blieb, die Umsiedlung müsse "heute als eine grobe Verletzung der Menschenrechte verurteilt" werden, äußerte zudem, die Beneš-Gesetze seien seit der Aufnahme der Deklaration der Grundrechte und -freiheiten in die tschechische Verfassung im Jahr 1993 ungültig: "Was aufgehoben ist, kann man nicht mehr aufheben".[3] Tatsächlich sind die Beneš-Gesetze bis heute Bestandteil der tschechischen (und der slowakischen) Rechtsordnung, auch wenn sie selbstverständlich nicht mehr praktisch angewandt werden. Schwarzenberg hat dies mittlerweile eingeräumt. Würden die Beneš-Gesetze nachträglich annulliert, dann müsste darüber diskutiert werden, ob die Handlungen, die aus ihnen folgten - die Enteignung und Umsiedlung der deutschsprachigen NS-Kollaborateure und -Profiteure -, nicht rückgängig zu machen, wenigstens aber zu entschädigen seien. Über Schwarzenbergs Behauptung, die Annullierung sei - wenngleich nur implizit - 1993 vollzogen worden, wird entsprechend heiß diskutiert. In Deutschland wird die Debatte aufmerksam verfolgt - in der Hoffnung, Schwarzenberg könne Zustimmung finden: "Auf den Ausgang dieser tschechischen Wahl kann man wahrlich gespannt sein", heißt es etwa in einer führenden Tageszeitung.[4]

Annullierung möglich

Schwarzenbergs Position zu den Beneš-Gesetzen ist lange bekannt. Im Sommer 2010 etwa erklärte er in Wien über die Umsiedlung der Deutschen: "Ich habe nie bezweifelt, dass das, was nach dem Zweiten Weltkrieg passiert ist, Unrecht war".[5] Der Äußerung kam damals einige Bedeutung zu, weil Schwarzenberg sie erstens als tschechischer Außenminister und zudem in der österreichischen Hauptstadt tätigte. Österreich macht sich, ganz wie Deutschland, für eine Annullierung der Gesetze stark. Wenig später stellte Schwarzenberg im deutschen Fernsehen die Möglichkeit in Aussicht, die Beneš-Gesetze offiziell zu annullieren. "Die Diskussion hierüber ist im Lande ziemlich im Gange", sagte der Außenminister. Seine Äußerung wurde in rechtsgerichteten Kreisen in Deutschland recht aufmerksam registriert.[6]

Kein Tscheche, sondern Böhme

In unmittelbare Nähe zur bundesdeutschen Politik geriet Karel Schwarzenberg bereits zur Zeit des Kalten Kriegs. Er lebte seit 1948 im österreichischen Exil und kümmerte sich dort, wie der CSU-Europaparlamentarier Bernd Posselt berichtet, "um das tschechische Exil und auf verschlungenen Pfaden auch um den tschechischen Untergrund". In den 1980er Jahren ließ Schwarzenberg sich in das Amt des Präsidenten der Internationalen Helsinki-Föderation für Menschenrechte wählen, die Kontakte zur osteuropäischen Opposition unterhielt; zudem gründete er in Schloss Schwarzenberg (Bayern) - einem Teil seines fürstlichen Besitzes - ein "Dokumentationszentrum", das laut Posselt "die von den Kommunisten verbotenen Publikationen" der osteuropäischen Opposition sammelte, "im Westen bekanntmachte" und die Autoren praktisch unterstützte. Posselt kann als zuverlässige Quelle gelten, weil er damals im selben Milieu tätig war - als Aktivist der "Paneuropa-Union" des Otto von Habsburg, wie Schwarzenberg Abkömmling des alten österreichischen Adels. 1990 war Schwarzenberg präsent, als die zuvor im Untergrund tätige tschechische "Paneuropa-Union" sich legalisierte.[7] Mit Blick auf das Milieu, dem Karel Schwarzenberg entstammt und in dem die Annullierung der Beneš-Gesetze lange vor 1990 befürwortet worden ist, heißt es in der liberalen deutschen Presse über ihn, er sei "kein Tscheche", sondern "Böhme, ein Mitteleuropäer": Dies sei "wichtig", zumal er sich klar von "der kleingeistigen Amigo-Politik" abhebe, "die im böhmisch-mährischen Kessel herrscht".[8]

Kerzen für die Deutschen

Auf lange Sicht spielt Personen wie Schwarzenberg, die deutsche Positionen in den Nachbarstaaten zu verankern suchen, die politische und soziale Entwicklung in Europa in die Hände. So stellen etwa deutsche Pressekorrespondenten fest, dass jüngere Menschen, von denen sich nicht wenige an der wirtschaftlich dominanten und sich gesellschaftlich durchaus modern gebenden Bundesrepublik orientieren, der Umsiedlung keine besondere Bedeutung für Tschechien mehr beimessen: "Für die jüngeren Wähler", so heißt es etwa, "ist die Vertreibung längst kein Thema mehr, das sie sonderlich interessieren würde".[9] Gleichzeitig verschiebt sich die Stimmung in der EU Schritt für Schritt zu deutschen Gunsten - durch politische Maßnahmen von Parteigängern der völkischen Politik Berlins wie etwa Ungarn. Das Parlament in Budapest hat im Dezember 2012 - ohne jede Gegenstimme - beschlossen, einen staatlichen Gedenktag zur Erinnerung an die Umsiedlung der Deutschen einzuführen. Am 19. Januar ist er erstmals begangen worden - mit einer zentralen Feier in Solymár, nicht weit von Budapest, bei der Sozialminister Zoltán Balog eine Rede hielt; die Bevölkerung war gehalten, zur Erinnerung an die Deutschen Kerzen aufzustellen.[10] Die Weigerung Tschechiens, in die Annullierung der Beneš-Gesetze einzuwilligen, gerät durch derlei Maßnahmen auf lange Sicht immer stärker unter Druck.

[1] Sudetendeutsche: Schwarzenberg verurteilt Vertreibung; diepresse.com 17.01.2013
[2] Verfassungsdekret des Präsidenten der Republik vom 2. August 1945 über die Regelung der Staatsbürgerschaft von Personen deutscher und magyarischer Nationalität.
[3] Sudetendeutsche: Schwarzenberg verurteilt Vertreibung; diepresse.com 17.01.2013
[4] Beneš nach Den Haag; www.faz.net 18.01.2013
[5] Schwarzenberg: "Was nach 2. Weltkrieg passierte, war Unrecht"; diepresse.com 22.07.2010
[6] Tschechien: Zu Schwarzenberg hält Aufhebung der Beneš-Dekrete für möglich; www.jungefreiheit.de 16.09.2010
[7] Bernd Posselt: Erstgeburtsrecht auf Europa; de.paneuropa.org
[8] Sieg für die jungen Tschechen; www.taz.de 13.01.2013
[9] Schwarzenberg: Beneš käme heutzutage nach Den Haag; Frankfurter Allgemeine Zeitung 19.01.2013
[10] Vertreibung als Schande; Frankfurter Allgemeine Zeitung 19.01.2013. S. auch Ein besonderes Verhältnis und Tragsäulen der Zukunft (II)


=== 3 ===

-------- Original-Nachricht --------
Betreff:  Presseschau 14.10.08
Datum:  Tue, 14 Oct 2008 13:30:10 +0200
Von:  polen-news <webmaster@...>


Liebe(r) 


Der Europäische Gerichtshof für Menschenrechte hat die Beschwerde der Preussischen Treuhand wegen deren Entschädigungsforderungen zurückgewiesen.

Dazu nachfolgend ein Bericht von Spiegel-online und ein Artikel der RZECZPOSPOLITA die ein neues Gesetz über Entschädigung in Polen ankündigt.
Ausserdem noch die Mitschrift der Pressekonferenz von Merkel und Tusk vom 9.10.

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09. Oktober 2008, 18:52 Uhr

ENTSCHÄDIGUNGSKLAGEN GEGEN POLEN

Preußische Treuhand scheitert vor Europäischem Gerichtshof
Die umstrittene Vertriebenenorganisation Preußische Treuhand ist mit ihren Beschwerden gegen Polen vor dem Europäischen Gerichtshof für Menschenrechte in Straßburg gescheitert. Das Gericht erklärte die Entschädigungsklagen deutscher Vertriebener für unzulässig.

Straßburg/Berlin - Eine Grundrechtsbeschwerde deutscher Vertriebener gegen Polen ist vor dem Europäischen Gerichtshof für Menschenrechte in Straßburg gescheitert. Die 23 deutschen Beschwerdeführer, vertreten durch die Preußische Treuhand GmbH, hatten wegen ihrer Vertreibung von ihrem Grundbesitz während des Zweiten Weltkriegs eine Verletzung des Grundrechts auf Eigentum geltend gemacht. 

Der heutige polnische Staat habe seinerzeit keine rechtliche oder faktische Kontrolle über diese damals zu Deutschland gehörigen Territorien gehabt und könne daher nicht für die Vertreibung verantwortlich gemacht werden, hieß es in der Entscheidung des Gerichtshofes nach Angaben eines Sprechers von Donnerstag. Die Beschwerde wurde als unzulässig zurückgewiesen, noch vor einer Prüfung des eigentlichen Anliegens.

"Gute Lösung für Deutschland und Polen" 

Die Bundesregierung begrüßte die Straßburger Entscheidung. Bundeskanzlerin Angela Merkel (CDU) sprach nach einem Gespräch mit dem polnischen Ministerpräsidenten Donald Tusk von einem "wichtigen Signal, dass wir an der Stelle keine Unsicherheit haben". Tusk sagte, das Urteil sei eine "gute Lösung für Deutschland und Polen", über die er sich freue. Er fügte hinzu: "Dieses Problem hat nun ein definitives Ende gefunden."

Außenminister Frank-Walter Steinmeier (SPD) sagte in Berlin, mit Abweisung der Klage gegen Polen sei die Haltung der Bundesregierung bestätigt worden, dass es im deutsch-polnischen Verhältnis keine offenen Vermögensfragen im Zusammenhang mit dem Zweiten Weltkrieg gebe.

Sie seien nach dem 19. Oktober 1944 durch polnische Behörden gezwungen worden, ihre Wohnorte zu verlassen, hatten die Kläger behauptet. Der Gerichtshof wies auch das Argument zurück, dass Polen zu keiner Zeit Gesetze über Wiedergutmachung oder die Rückgabe von Grundbesitz verabschiedet habe, um das erlittene Unrecht wiedergutzumachen.

Die Unterzeichnerstaaten der Menschenrechtskonvention seien nicht verpflichtet, Besitz zurückzuerstatten, der vor Unterzeichnung der Konvention enteignet worden sei. "Staaten sind frei in ihrer Entscheidung, die Bedingungen einer Rückerstattung festzusetzen", befanden die Straßburger Richter. Polen ist der Konvention 1991 beigetreten.

Keine Unterstützung von der Bundesregierung 

Die Preußische Treuhand hatte im Dezember 2006 in Straßburg 22 Klagen von Deutschen eingereicht, die bei ihrer Vertreibung aus Polen am Ende des Zweiten Weltkriegs Eigentum verloren hatten. Sie verlangten die Rückgabe des Eigentums oder Entschädigungen. In Polen stieß das Vorgehen der Organisation auf heftige Kritik. Die Bundesregierung betonte mehrfach, sie unterstütze diese Klagen nicht. Auch die Präsidentin des Bundes der Vertriebenen, Erika Steinbach, distanzierte sich von den Klagen.

Berlin hatte 1990 im Deutsch-Polnischen Grenzvertrag die Oder-Neiße-Linie als definitive Grenze zwischen beiden Ländern anerkannt. Im August 2004 bestätigte der damalige Bundeskanzler Gerhard Schröder (SPD) in Warschau, Deutschland werde keine Ansprüche auf Rückgabe von Eigentum gegenüber Polen geltend machen und individuelle Klagen nicht unterstützen. 

Ein von der Bundesregierung in Auftrag gegebenes Gutachten kam bereits 2004 zu dem Schluss, Entschädigungsklagen von deutschen Vertriebenen gegenüber Polen hätten vor dem Gerichtshof für Menschenrechte keinerlei Aussicht auf Erfolg. Der Gerichtshof sei nur zuständig für etwaige Menschenrechtsverletzungen durch Polen seit dessen Beitritt zur Menschenrechtskonvention, argumentierten die Autoren, der deutsche Völkerrechtler Jochen Frowein und sein polnischer Kollege Jan Barcz.

phw/dpa/AFP 


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Reifetest für die deutsch-polnischen Beziehungen
Bericht von: Piotr Semka 
Quelle: RZECZPOSPOLITA/Warschau/poln./Internet 
Erscheinungsdatum: Mo, 13.10.2008 00:00 

Die Entscheidung des Europäischen Gerichtshofes für Menschenrechte, der die Klage der Preußischen Treuhand zurückgewiesen hat, ist eine sehr gute Nachricht ... Für eine gewisse Zeit wird das Urteil den Drang der Revanchisten, weitere Klagen zu schreiben, bremsen. Kein Staat sollte aber bei einer für seine Staatsraison so wesentlichen Frage lediglich auf positive Gerichtsurteile hoffen ...

Polen bereitet gegenwärtig eine Lösung der wohl letzten Angelegenheit aus der Vergangenheit vor, die eine rechtliche Regelung erfordert. Es geht um das von der Regierung Tusk vorbereitete Gesetz, das Grundsätze der Wiedergutmachung für das von der Volksrepublik Polen nationalisierte Privatvermögen festlegen soll. Wir wissen schon, dass der Regierungsentwurf Entschädigungen nur für solche Personen vorsieht, die 1946 polnische Staatsbürger waren. Das könnte bedeuten, dass Deutsche, die vor dem Krieg Staatsbürger der Republik Polen waren und denen die polnische Staatsangehörigkeit aufgrund der Verordnungen von 1945 aberkannt wurde, von der Wiedergutmachung ausgeschlossen werden könnten.

Die Preußische Treuhand kündigt bereits an, solche Vorschriften im polnischen Gesetz in Frage zu stellen. Um so wichtiger ist für Polen die Feststellung im Urteil Straßburgs, dass Teilnehmerstaaten der Europäischen Menschenrechtskonvention "frei sind in ihrer
Entscheidung, die Bedingungen einer Rückerstattung festzusetzen" und dass die Unterzeichnerstaaten der Menschenrechtskonvention nicht verpflichtet sind, Besitz zurückzuerstatten, der vor Unterzeichnung der Konvention enteignet wurde.

Wir wollen hoffen, dass Ministerpräsident Tusk während seines Berlin-Besuches letzte Woche Bundeskanzlerin Merkel zu überzeugen versucht hat, dass die im Gesetzentwurf enthaltenen Grundsätze der polnischen Reprivatisierung als Ergebnis der historischem Eigenart des Krieges und der Nachkriegsjahre anerkannt werden. Sämtliche Konflikte, die die Grundsätze der Beteiligung von Deutschen an der Reprivatisierung betreffen, müssen bereits heute im ruhigen Dialog entschärft werden. Das ist ein weiterer Test für die Reife der deutsch-polnischen Beziehungen. (Li) 

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Mitschrift Pressekonferenz 
Pressestatements von Bundeskanzlerin Angela Merkel und dem polnischen Ministerpräsidenten Donald Tusk am 9. Oktober 2008

(Die Ausschrift des fremdsprachlichen Teils erfolgte anhand der Simultanübersetzung)


BK'IN MERKEL: Meine Damen und Herren, ich freue mich, dass der polnische Premierminister Donald Tusk, heute, von Spanien und Frankreich kommend, noch einen Zwischenstopp in Berlin eingelegt hat und wir die Gelegenheit gehabt haben, den Europäischen Rat zu beraten, der Mittwoch und Donnerstag der nächsten Woche stattfinden wird, und natürlich auch Gelegenheit gehabt haben, miteinander über andere politische Fragen zu sprechen, insbesondere auch in Verbindung mit der Krise der Finanzmärkte und der Frage der wirtschaftlichen Auswirkungen.

Was die Arbeit innerhalb der Europäischen Union anbelangt, so ist es für uns natürlich wichtig, dass wir im Dezember ein Klimapaket verabschieden werden. Polen wird der Austragungsort der diesjährigen Klimakonferenz sein. In Poznan wird das stattfinden. Insofern gibt es natürlich ein gemeinsames Interesse daran, dass die Möglichkeit gegeben ist, dass wir durch ein europäisches Signal auch ein starkes Signal an diese Klimakonferenz &#8209; das Ganze findet fast zeitgleich statt ? senden können. Allerdings gibt es sowohl von deutscher als auch von polnischer Seite eine Menge Einwendungen zu den Vorschlägen der Kommission, und wir werden hierbei an manchen Stellen sehr eng zusammenarbeiten können.

Was die internationale Lage anbelangt, haben wir natürlich eine relativ gemeinsame Einschätzung und werden in Europa insbesondere eine Politik machen und unter-stützen, die das Wirtschaftswachstum befördert und nicht Wirtschaftszweige in Gefahr bringt, die unter den allgemeinen globalen Bedingungen jetzt sowieso

(Message over 64 KB, truncated)


Yugoslavia Emergency Committee (British)

The Story of the Partisans of Free Yugoslavia

London 1944

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Yugoslavia Emergency Committee (British)

Yugoslavia Liberated

booklet of an exibition - London 1944

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(ringraziamo I. Serra per le scansioni dei preziosi documenti)




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Slovenia: Meglio ultimi in Europa che primi in Jugoslavia?

1) Crisi dell'Eurozona, la Slovenia si svende (Yahoo! Finanza)
2) La Slovenia mette in vendita Adria Airways e l’aeroporto di Lubiana (Viedellest.eu/)
3) La Slovenia in crisi vuol far pagare le tasse alla Chiesa [Che impertinenza!] (Il Piccolo)


=== 1 ===


Crisi dell'Eurozona, la Slovenia si svende


Scritto da Angela Iannone | Yahoo! Finanza –  mar 14 mag 2013 16:17 CEST

Slovenia a rischio fallimento, si svende. Lo dichiara un articolo del Wall Street Journal: la crisi finanziaria che sta colpendo questo Paese sta portando da una parte all'innalzamento delle tasse, dall'altra alla vendita di imprese statali, tra cui una banca, una compagnia aerea e la sua principale società di telecomunicazioni. Il tutto per evitare di dover ricorrere agli aiuti internazionali. 

"Ce la possiamo fare da soli" aveva dichiarato qualche mese fa il suo premier, Alenka Bratusek, nel suo primo intervento pubblico. Della stessa opinione anche il governatore della banca centrale Josef Makuch. Così, piuttosto che ricorrere alla Troika, questo paese dell'ex Jugoslavia sta lottando per evitare una forte contrazione dell'economia, provando a risanare il sistema bancario svendendo lo svendibile. Con un emissione di obbligazioni di successo, avvenuta la scorsa settimana, il governo sloveno è riuscito ad incassare 3,5 miliardi di euro, contribuendo ad alleviare le pressioni. Ma non è sufficiente. E l'Unione europea, preoccupata per la deriva che sta prendendo il paese, aveva insistito con Lubiana nel concordare un piano per farla emergere dalla crisi. Un piano che comporta aumento delle tasse e svendite di imprese pubbliche. 

Il governo di Bratusek ha infatti deciso di voler aumentare il tasso di valore aggiunto sulle imposte dal 20% al 22%, oltre alla vendita di circa 15 aziende di proprietà dello Stato, tra cui Telekom Slovenije, la più grande impresa di telecomunicazioni, la compagnia di bandiera Adria Airways e la banca Nova Kreditna Banka Maribor. Una svendita fatta a malincuore, poichè la Slovenia, che per lungo tempo ha evitato il percorso di privatizzazione che è toccato agli altri Paesi ex socialisti, ha sempre mantenuto pubblico quello che gli sloveni vedono come i "gioielli di famiglia" della nazione per gli investitori stranieri. Un percorso che però ora diventa inevitabile, come dichiarato anche dal ministro delle Finanze Uros Cufer, invitando il Parlamento ad un "ampio consenso politico" a sostegno della privatizzazione. In alternariva, ci sarebbe l'aiuto da parte della UE e del FMI, con le conseguenze, già appurate in Grecia e Cipro, prevedibili. 

Il nuovo gettito previsto da questa svendita verrebbe utilizzato per rafforzare il settore bancario, composto da tre istituti di credito di proprietà dello Stato e che insieme hanno circa 7 miliardi di euro di prestiti in sofferenza, pari a circa il 20% della produzione economica annuale della Slovenia. Attraverso la proprietà diretta e indiretta dello Stato, il governo di Lubiana controlla circa il 60% dell'economia locale. Così, oltre alla privatizzazione, si aggiunge anche il taglio degli stipendi dei dipendenti pubblici, che i funzionari sloveni stanno già studiando per mettere in pratica.


=== 2 ===

da http://www.viedellest.eu/

Slovenia - 15 maggio 2013

La Slovenia mette in vendita Adria Airways e l’aeroporto di Lubiana

La Slovenia ha deciso di mettere in vendita la compagnia di bandiera Adria Airways e l’aeroporto di Lubiana. La decisione nasce dalla necessità di fare cassa con la cessione di quote delle diverse aziende di Stato messe sul mercato per far fronte alla crisi finanziaria che attanaglia il Paese. Il governo, al momento, ha deciso di vendere un pacchetto composto da 14 società. L’obiettivo è quello di vendere la totalità delle quote, privatizzando quindi in maniera totale scalo e vettore. In caso di esito positivo, nelle casse dello Stato potrebbe arrivare circa un miliardo di euro.


=== 3 ===

La Slovenia in crisi vuol far pagare le tasse alla Chiesa [Che impertinenza!]

di Mauro Manzin, su Il Piccolo del 16 maggio 2013

È successo in Italia con le polemiche legate al pagamento dell’Imu anche alla Chiesa. Sta succedendo in Slovenia dove, in tempi di pesante crisi socio-economica, lo Stato sborsa circa due milioni di euro all’anno per pagare i contributi sociali (assistenza sanitaria e pensione) ai cosiddetti lavoratori dello spirito, ossia sacerdoti e ministri di culto delle varie professioni di fede presenti nel Paese. Sono in molti a chiedere uguaglianza nel regime fiscale.

E anche il governo Bratušek comincia a prendere in considerazione il problema. Se ne è parlato anche al recente summit di maggioranza a Brdo pri Kranju. L’esecutivo di centrosinistra comunque non sembra molto propenso a introdurre il sistema dell’otto per mille come esiste in Italia e in Germania perché secondo molti rappresentanti che sostengono il governo un simile regime introdotto in un periodo in cui si chiedono lacrime e sangue ai cittadini potrebbe aprire un nuovo e pericoloso fronte ideologico.

Molti parlamentari di maggioranza, invece, pensano che sarebbe opportuno equiparare le 43 confessioni di fede riconosciute in Slovenia alle altre persone giuridiche o commerciali. Così si sta pensando che sarebbe opportuno che anche le varie professioni di fede pagassero le tasse per i propri beni immobili, leggi chiese o djamije così come è in progetto la soluzione che prevederebbe che le stesse professioni di fede pagassero le tasse sui proventi derivanti dalle funzioni religiose quali nozze o funerali, nonché la fine delle agevolazioni sulle tasse circa le proprietà naturali, leggi boschi e campi.

Quello che fin qui appare certo, anche perché sostenuto da una sentenza della Corte costituzionale slovena, è una riforma in base alla quale non sarà più obbligatorio che i cappellani militari siano dipendenti del Ministero della difesa. Lo Stato erogherebbe loro una paga solo in caso di missioni militari all’estero.



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(srpskohrvatski / italiano)

Emir Kusturica su Sarajevo e Gavrilo Princip

1) Note sulla iniziativa "Sarajevo 2014" e su Gavrilo Princip (I. Slavo, J. Radivojevic)
2) Kusturica: Lo storico Clark paragona "Mlada Bosna" ad Al-Qaeda / Kusturica: Istoričar Klark "Mladu Bosnu" uporedio sa Al Kaidom


=== 1 ===

Note sulla iniziativa "Sarajevo 2014" e su Gavrilo Princip

Quanto sta accadendo a livello europeo per le preparazioni della commemorazione dello scoppio della I Guerra Mondiale è scandaloso.
L'idea della iniziativa "Sarajevo 2014", che nell'anniversario dell'attentato di Sarajevo ad opera di Gavrilo Princip dovrebbe archiviare "un secolo di guerre in Europa", ha in realtà dei risvolti revanscisti e reazionari preoccupanti. Gli ispiratori di questa iniziativa vedono Gavrilo Princip come Belzebù, mentre in realtà l'attentatore di Sarajevo non è solo un simbolo del Risorgimento serbo contro l'Austria - una specie di Oberdan, insomma-, è anche un iniziatore simbolico del processo di decolonizzazione dei Balcani. Le parole che disse durante il processo furono: 
"Ја сам југословенски националиста. Позивам све јужне словене да се удруже у једну државу."
"Io sono un nazionalista jugoslavo. Invito tutti gli slavi del sud ad unirsi in un unico stato."

A Sarajevo, il revisionismo trapela dalla trasformazione subita dalla targa dedicata a Gavrilo Princip nel luogo del famoso attentato.
La vecchia targa jugoslava recitava: 
"Da questo posto il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip sparando ha espresso la protesta popolare contro la tirannia e l'aspirazione secolare dei nostri popoli per la libertà."
La nuova targa bosgnacca dice invece:
" Da questo posto il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip ha assassinato l'erede al trono Francesco Ferdinando e la sua moglie Sofia."

Certi settori, non solo bosgnacchi ma anche mitteleuropei, avrebbero preferito il mantenimento dell'Ancien Regime asburgico-ottomano: si pensi alla squallida figura di Otto d'Asburgo, recentemente scomparso (*). Questi settori guardano con odio idrofobo al processo storico che ha portato all'unificazione dei popoli slavi del Sud. 
D'altronde, purtroppo, con questo modello di Unione Europea che si va imponendo, da ogni punto di vista stiamo ritornando proprio al sistema di relazioni internazionali vigente nel continente prima della I Guerra Mondiale, ed a quel sistema di valori pre- ed anti-risorgimentali.

(redatto sulla base di appunti inviati da Italo Slavo e Jasmina Radivojevic)


=== 2 ===

http://www.vesti-online.com/Vesti/Ex-YU/310661/Kusturica-Istoricar-Klark-Mladu-Bosnu-uporedio-sa-Al-Kaidom

Si avvicina il centenario della Prima Guerra Mondiale, si stanno affilando le penne degli storici, tra i quali primeggia la storica inglese Margaret MacMillan, che, sue stesse parole, scriverà un libro che non risparmierà i serbi, mentre lo storico Christopher Clark definisce il movimento "Mlada Bosna" (**) paragonabile ad al-Qaeda - dice il regista Emir Kusturica.

Kusturica: Lo storico Clark paragona "Mlada Bosna" ad Al-Qaeda
 
03. 05. 2013. 10:08h | Srna

"La tesi della storica inglese sarebbe che sono stati i serbi ad avere distrutto l'Impero Austro-Ungarico, i quali ora danno molto fastidio agli USA, che sono, secondo la storica, l'equivalente di quello che una volta era il famoso e glorioso impero austro-ungarico" dice Kusturica nella sua rubrica intitolata "Angeli Ribelli" per il quotidiano "Press".

Notando che Gavrilo Princip ha sparato a Franz Ferdinand non a Vienna, ma in territorio occupato, Kusturica nota che forse per Christopher Clark questo non rappresenta un dato di fatto, mentre per lo stesso Kusturica è molto importante.

Kusturica si chiede: che cosa direbbe il signor Clark se sapesse che la prima cosa che fecero i nazisti all'ingresso a Sarajevo nel 1941 fu di rimuovere la targa di marmo dedicata a Mlada Bosna e a Gavrilo Princip?

Dopo la fine della II Guerra Mondiale la targa di marmo fu rimessa allo stesso posto dov'era prima, e
sull'asfalto (lavoro di uno scultore) furono impresse le impronte dei piedi di Princip. Il ponte lungo la strada da cui Princip assassinò l'Arciduca fu intitolato a Gavrilo Princip. 
Qualunque cosa sia successa in Bosnia durante l'ultima guerra, ha detto il celebre regista, va segnalato che la targa dedicata alla Giovane Bosnia è stata nuovamente rimossa ed il ponte Princip ha cessato di portare questo nome.

Kusturica ha detto che l'esercito di Alija Izetbegovic ha tolto la targa di marmo e ha distrutto le impronte di Gavrilo Princip, opera scultorea di Voja Dimitrijevic.

"Sono nato di fronte a quel ponte. I miei primi inverni a Sarajevo ho giocato dall'altra parte di quel ponte, nel parco dello zar Dusan... Alle volte mi chiedo: perchè io non ci sto più su quel ponte? Proprio perché non si chiama più come si chiamava... Sopratutto, non ci sto più per incapacità di separarmi dagli insegnamenti e dai sentimenti che sono incorporati nella mia memoria, di quando ero un ragazzo... ", ha scritto Kusturica nella sua rubrica per il giornale Press.


(**) Giovane Bosnia, organizzazione politica dei giovani serbi di Bosnia costituitasi nel 1904 per combattere gli occupatori austro-ungarici e turchi, della quale Gavrilo Princip era membro.


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Kusturica: Istoričar Klark "Mladu Bosnu" uporedio sa Al Kaidom


03. 05. 2013. 10:08h | Srna

Približava se stogodišnjica Prvog svetskog rata i već se oštre istorijska pera, a među njima prednjači engleska istoričarka Margaret Mekmilan, koja, kako sama kaže, piše knjigu u kojoj neće štediti Srbe, a istoričar Kristofer Klark pokret "Mlada Bosna" uporedio je sa Al Kaidom, naveo je režiser Emir Kusturica.

"Teza engleske istoričarke je kako smo mi srušili austrougarsku carevinu, a sada smetamo Americi, koja je, prema mišljenju ove autorke, ono što je nekada bila slavna Austrougarska!", istakao je Kusturica u kolumni pod naslovom "Pobunjeni anđeli" za list "Pres".

 

Napomenuvši da Gavrilo Princip nije pucao na Franca Ferdinanda u Beču, nego na okupiranoj teritoriji, Kusturica je istakao da za Kristofera Klarka to ne bi bio podatak, ali je za njega to veoma važno.

 

Kusturica je upitao šta bi rekao gospodin Klark kada bi znao da su nacisti prilikom vojnog ulaska u Sarajevo 1941. skinuli mramornu ploču na kojoj je bila posveta mladobosancima?

 

Po završetku Drugog svjetskog rata tabla je vraćena, a Principove stope utisnute su u asfalt. Most preko puta mesta gde je Princip izvršio atentat dobio je ime Gavrila Principa. Šta god se dešavalo u Bosni za vreme poslednjeg rata, naglasio je proslavljeni režiser, treba zabeležiti da je tabla Mlade Bosne ponovo skinuta i da je most koji se zvao Principov prestao tako da se zove.

 

On je podsetio da je vojska Alije Izetbegovića skinula ploču i uništila stope Gavrila Principa, vajarski rad Voje Dimitrijevića.

 

"Ja sam preko puta tog mosta rođen. Prve sarajevske zime sam se igrao, preko puta, u parku Cara Dušana... Zašto mene nema na tom mostu, pitam se nekada? Upravo zbog toga što se više ne zove tako. Najviše zbog nemogućnosti da se odvojim od učenja i osećanja koja su utkana u moje pamćenje kada sam bio dečak...", naglasio je Kusturica u kolumni za list Pres.



(srpskohrvatski / english / italiano)

In ricordo di Admira Ismic e Bosko Brkic

1) Sjećanje na ljubav: Prije 20 godina ubijeni sarajevski Romeo i Julija
2) FLASHBACK: Kurt Schork’s signature dispatch from siege of Sarajevo (By Kurt Schork - Reuters - SARAJEVO, MAY 23, 1993)
3) FLASHBACK: I corpi dei "Romeo e Giulietta" di Sarajevo trasferiti al cimitero Lion di Sarajevo (10 aprile 1996)
4) Kurt Schork, 1947-2000: Kurt Schork buried in Sarajevo (2000) / "Romeo", "Juliet" e Kurt Schork 


Sono esattamente venti anni dal vigliacco assassinio dei due fidanzati di Sarajevo: Admira Ismic e Bosko Brkic. 
Lei "bosgnacca", lui "serbo" - come si usa dire nel linguaggio "etnicamente corretto", in realtà razzista, che è diventato oggi obbligatorio. Furono colpiti da cecchini mujaheddin sulla riva del fiume. Lei rimase disperata presso il cadavere di lui finché un altro colpo vigliacco non ebbe la "pietà" di ricongiungere i loro destini. A lungo nessuno raccolse i loro corpi, stesi abbracciati proprio sulla linea del fronte. La loro "colpa": stavano scappando dalla Bosnia di Izetbegovic per raggiungere ciò che rimaneva della Jugoslavia. Per questo motivo, in Italia e in Occidente nessuno li ricorda, nessuno li piange. I media occidentali, che allora incolparono i serbi ed hanno continuato fino ad oggi a fare cieca propaganda a favore del secessionismo islamista bosgnacco, sono gli assassini morali di Admira e Bosko. Ma ricordiamo anche il caso di un giornalista onesto: Kurt Schork della Reuters, che rimase fortemente scioccato da quello che era successo, e raccontò i fatti. Oggi è sepolto vicino a loro, a Sarajevo. 
(a cura di Italo Slavo)


LINKOVI:

Kvadratura kruga - Boško i Admira heroji Sarajeva
http://www.youtube.com/watch?v=QNqgkwpQiLM

Romeo and Juliet in Sarajevo
http://en.wikipedia.org/wiki/Romeo_and_Juliet_in_Sarajevo

Boško i Admira - Zabranjeno pušenje
http://www.youtube.com/watch?v=OMMfW3IqiFE

Pjesma „Bosko i Admira" je najavni singl novog, desetog studijskog, albuma grupe Zabranjeno pusenje cije objavljivanje je planirano za 10. mjesec 2013. godine. Pjesma govori o istinitoj i tragicnoj ljubavi dvoje Sarajlija, Bosnjakinji i Srbinu, koji su rodjeni iste godine, o njihovoj bezgranicnoj ljubavi otkako su se upoznali u srednjoj skoli i o tome kako ih razlicitosti, ljudska zloba, rat pa cak ni smrt nisu uspjeli rastaviti.

Dok su zajedno pokusavali napustiti opkoljeni grad, sarajevski Romeo i Julija, su ubijeni 18.5.1993. godine na Vrbanja mostu. Snajperski metak pogodio je Boska koji je izdahnuo na mjestu dogadjaja. Drugi metak je pogodio Admiru. Smrtno ranjena dopuzala je do svog mrtvog decka, zagrlila ga i izdahnula.

Autori pjesme "Bosko i Admira" su Mario Vestic, Sejo Sexon i Toni Lovic. Producenti pjesme su Toni Lovic i Sejo Sexon, a pjesmu je masterirao John Davis (Metropolis Mastering London). Spot je sniman od 20. do 23.3.2013. u Sarajevu, a premijeru je imao 6.4.2013. godine, na Dan grada Sarajeva. Ekipa koja je sudjelovala u realizaciji spota:

Scenario i rezija: Zare Batinovic
Glavne uloge: Ajla Hamzic (Admira) i Junuz Elkaz (Bosko)
Producent: Dario Vitez
Organizacija i lokacije: Scout Film Sarajevo
Casting: Timka Grahic

www.facebook.com/ZabranjenoPusenje
www.zabranjeno-pusenje.com


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http://www.nezavisne.com/zivot-stil/zivot/Sjecanje-na-ljubav-Prije-20-godina-ubijeni-sarajevski-Romeo-i-Julija-192584.html

Sjećanje na ljubav: Prije 20 godina ubijeni sarajevski Romeo i Julija


N.N. -  18.05.2013


Prošlo je tačno dvadeset godina od dana kada su u smrt otišli Admira Ismić i Boško Brkić.
Sarajevski Romeo i Julija, ubijeni 18. maja 1993. dok su pokušavali pobjeći iz opkoljenog Sarajeva.
Admira Ismić i Boško Bato Brkić rođeni su 1968. godine i beskrajno su se voljeli. Spremali vjenčanje. Cijelo Sarajevo je u tome vrijeme prepričavalo ljubav između Admire i Boška. Ali nisu bili spremni na Zlo, na ludilo koja se dogodilo u Sarajevu i cijeloj Bosni i Hercegovini.
Nakon više od godinu života pod opsadom Admira i Boško odlučili su napustiti Sarajevo i Bosnu i Hercegovinu, a jedini izlaz bio je preko Vrbanja mosta, gdje su došli oko oko 17 časova.
Snajperski metak je pogodio Boška i on je pao i poginuo. Drugi metak je pogodio Admiru koja je bila smrtno ranjena, ali uspjela je dopuzati do Boška, zagrliti ga, kako bi zajedno umrli.
Njihova tijela su sedam dana ležala nasred Vrbanje, jer je UNPROFOR je odbio izvlačenje tijela dok se ne proglasi primirje. Izvukli su ih pripadnici radnog voda VRS. Nekoliko dana kasnije Admira Ismić i Boško Brkić su prvo sahranjeni na groblju u Lukavici.
Po želji Admirinih roditelja, nakon rata njihova tijela su prebačena u Sarajevo i sahranjena na groblju Lav.
Istraga o ubistvu Admire i Boška nikada nije provedena, a njihov ubica nikada nije zvanično otkriven.
Život, ljubav i smrt Admire i Boška nemaju nikakvo obilježje u Sarajevu, njihovom rodnom gradu. U blizini mjesta gdje su ubijeni, uz rijeku Miljacku, počinje Vilsonovo šetalište, omiljeno sastajalište mladih. Ali, nijedno drvo, nijedna klupa ne nosi ime ovog para.
Grupa 'Zabranjeno pušenje' o ovoj nezaboravnoj ljubavi snimila je pjesmu i spot 'Boško i Admira', kao najavni singl svog desetog studijskog albuma.
Zato je pjesma ispjevana o njima mala nada da će se u ovom gradu i u ovoj zemlji poštovati ljubavi koje se „stavljaju ispred zastava“, kako pjeva Davor Sučić, frontmen gupe Zabranjeno pušenje. O osnovnoj ideji pjesme on je za RSE rekao:
„To je poznata priča sarajevska - o sarajevskom Romeu i Juliji, o Bošku i Admiri, mladim ljudima koji su nesretno stradali u ratu boreći se da nađu mjesto za svoju ljubav, za svoju slobodu. To je jedna simbolična priča koja je aktuelna i danas - poslije toliko godina mira mi još uvijek tragamo za ljubavlju i slobodom u ovoj državi. Ja sam nekako u toj priči našao dosta veze sa našim životima i sa onim što se nama danas dešava.“
Jedan od očevidaca smrti dvoje mladih, prije nekoliko godina je opisao kako je kod njih vidio nadu za život bez rata:
„Djevojka je mahala torbom, držali su se za ruku, i u tom trenutku ona je poskakivala. Najednom ih je presjekao rafal - i legli su onako zagrljeni.“
Admirini roditelji i Boškova majka mnogo puta su do sada govorili o svojoj djeci. Iz arhivskog materijala RSE izdvajamo riječi Admirinih roditelja, Zije i Nedrete Ismić:
„Stalno je govorila:’Zar misliš da je pošteno da on ide sam, a da ja ostanem?’ To da pođe bila je njena odluka. Mislila je da je ljubav jača i od smrti.“
„Umiješao se rat u ljubav, to je taj problem. A onda prestaju svi zakoni i ljubavi i svega. Postoji samo zakon rata.“
Jedna od najljepših ali i najtragičnijih ljubavnih priča nije zaštićena od politizacije, od nagađanja ko je i s koje strane ispalio smrtni rafal. Srce Boškove majke, Rade Brkić, je iskreno:
„Ne razmišljam uopšte ko ih je ubio. Jednostavno i kad bih doznala za tog čovjeka i kad bih ga vidjela pred sobom, samo bih ga pitala: ’Čovječe, zašto si to uradio?’ Ništa više.“

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http://www.ksmemorial.com/romeo.htm

Kurt Schork’s signature dispatch from siege of Sarajevo


By Kurt Schork 
Reuters

SARAJEVO, May 23, 1993 - Two lovers lie dead on the banks of Sarajevo’s Miljacka river, locked in a final embrace.

For four days they have sprawled near Vrbana bridge in a wasteland of shell-blasted rubble, downed tree branches and dangling power lines.

So dangerous is the area no one has dared recover their bodies.

Bosko Brckic and Admira Ismic, both 25, were shot dead on Wednesday trying to escape the besieged Bosnian capital for Serbia.

Sweethearts since high school, he was a Serb and she was a Moslem.

"They were shot at the same time, but he fell instantly and she was still alive," recounts Dino, a soldier who saw the couple trying to cross from government territory to rebel Serb positions.

"She crawled over and hugged him and they died like that, in each other’s arms."

Squinting through a hole in the sandbagged wall of a bombed-out building, Dino points to where the couple lie mouldering amid the debris of Bosnia’s 14-month civil war.

Bosko is face-down on the pavement, right arm bent awkwardly behind him. Admira lies next to her lover, left arm across his back.

Another corpse, that of a man shot five months ago, lies nearby. The dead man’s body is so wasted his clothes seem hollow.

The government side says Serb soldiers shot the couple, but Serb forces insist Bosnian Moslem-led government troops were responsible.

"I don’t care who killed them, I just want their bodies so I can bury them," says Zijah Ismic, the dead girl’s father. "I don’t want them to rot in no-man’s land."

Government and Serb authorities have discussed the matter, but so far are refusing a cease-fire around Vrbana bridge to permit recovery of the couple.

The United Nations Protection Force (UNPROFOR), charged with providing humanitarian assistance in Sarajevo, maintains the bodies are a local issue.

"I’m an auto mechanic and I know a lot of people in this city," says the girl’s father. "Everyone is washing their hands in this case, Bosnians and Serbs alike."

In a country mad for war, Bosko and Admira were crazy for each other.

The university chemistry students dated for seven years before moving in to live together nine months ago.

With his father dead, no one would have blamed Bosko had he left Sarajevo when his mother and brother fled before war broke out last year.

Instead, he stayed in the city.

"He had no one here, just Admira," explains the dead girl’s mother.

"Bosko stayed in Sarajevo because of her. Admira wanted to repay him by travelling with him to Serbia."

Mystery, and perhaps treachery, surrounds the couple’s death. Government and Serb officials admit they agreed to let them pass through the lines last Wednesday afternoon at 4.00 pm. Bosko and Admira walked at least 500 meters along the north bank of the Miljacka river, fully exposed to soldiers on both sides.

As they passed Bosnian lines and headed for the Serb-held neighbourhood of Grbavica, someone shot them.

The young couple had been dead two days before Admira’s parents found out. Ham radio operators in Serbia contacted them trying to confirm rumours of Bosko’s death.

"I spoke to his mother then and she gave me permission to bury them together in Sarajevo," says Admira’s father. 

"We want them to lie together in the ground, just as they died together," he adds.

Frantic to retrieve the bodies, Admira’s parents are bewildered by unresponsive Bosnian and Serb bureaucracies, and by UNPROFOR’s hands-off policy.

Zijah Ismic claims he begged UNPROFOR to let him drive one of its armoured pesonnel carriers in to get his daughter.

He says the U.N. told him armour-piercing rounds from machine-guns and cannon around Vrbana bridge would go through the vehicle.

"Love took them to their deaths," Ismic says of Bosko and Admira.

"That’s proof this is not a war between Serbs and Moslems. It’s a war between crazy people, between monsters. That’s why their bodies are still out there." 



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http://archiviostorico.corriere.it/1996/aprile/10/Admira_Bosko_per_sempre_uniti_co_0_9604104059.shtml

Admira e Bosko per sempre uniti

I ROMEO E GIULIETTA DI SARAJEVO

SARAJEVO . Admira Ismic e Bosko Brkic (nella foto Reuter), i "Romeo" e "Giulietta" della guerra nella ex Jugoslavia, lei musulmana e lui serbo, uccisi nel maggio del 1993 mentre tentavano di fuggire da Sarajevo, saranno finalmente sepolti nella capitale bosniaca l' uno vicino all' altra. Admira e Bosko erano stati falciati da una scarica di colpi mentre, scappando da Sarajevo, stavano per entrare nel territorio controllato dai serbi. La coppia, in un primo tempo sepolta a Lukavica, sara' oggi portata nel cimitero Lion.

Pagina 7
(10 aprile 1996) - Corriere della Sera


=== 4 ===

Kurt Schork
1947-2000

http://www.ksmemorial.com/

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http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/863587.stm

Wednesday, 2 August, 2000, 16:29 GMT 17:29 UK

Kurt Schork buried in Sarajevo


The last remains of the former Reuters correspondent, Kurt Schork -- who became closely identified with coverage of the war in Bosnia-Hercegovina -- have been buried in Sarajevo.

Mr Schork was killed in an ambush in Sierra Leone in May, along with a colleague from the Associated Press, Miguel Gil Moreno.

After Mr Schork's cremation in Washington, half of his ashes were taken to the Lion cemetery in Sarajevo.

He was buried next to the subjects of one of his best-known news stories -- a Muslim girl and her Serb boyfriend who were shot dead while trying to escape during the conflict.


From the newsroom of the BBC World Service


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http://www.lorenzoc.net/?itemid=1453

ROMEO, JULIET E KURT SCHORK

mar 20 maggio 2008


Ci sono due tombe, una accanto all'altra, al Lion Cemetery di Sarajevo. 

Intorno molte altre. Quasi tutte con le stesse date: 1992,1993, 1994. 

L'assedio piu' lungo e tragico del ventesimo secolo.

La più piccola delle due tombe ha invece un'altra data: 24 maggio 2000.

Quel giorno in Sierra Leone veniva ucciso in un'imboscata uno dei reporter di guerra più bravi e preparati dai tempi del Vietnam. 

Si chiamava Kurt Schork.

Da quel maggio di otto anni fa, una parte delle sue ceneri, è stata sepolta a Sarajevo, da dove per anni raccontò la guerra e l'assedio come corrispondente della Reuters. 

Scoprì il giornalismo tardi, a 40 anni, ma per dieci fece l'inviato di guerra con grande professionalità e umanità.

Kurt Schork non è un estraneo. Vi è più familiare di quello che possiate credere, almeno per quelli che hanno una certa età e hanno anche solo ricordi sfumati della guerra in ex-jugoslavia. 

Sopra la seconda tomba del Lion Cemetery, quella più grande e bianca, c'è oggi un cuore di granito. Dentro un ritratto in bianco e nero di due ragazzi.

Si chiamavano Admira Ismic e Bosko Brkic. 

Il 19 maggio del 1993, quindici anni fa, tentavano di scappare da una Sarajevo impazzita. 

Venticinque anni. Innamorati. Lei musulmana, lui serbo-bosniaco. 

Furono ammazzati da un cecchino sul Vrbanja Bridge. 

Per 5 giorni i loro corpi rimasero sul ponte. Nessuno li voleva recuperare.

Kurt Schork fu il primo a raccontare a tutto il mondo la storia di Romeo e Giulietta a Sarajevo.

A lui oggi è intitolato un bel premio giornalistico per freelance e giornalisti di paesi in via di sviluppo.



(la foto di Admira e Bosko abbracciati sul ponte di Vrbanja e riprodotta sopra è stata scattata da Mark Milstein)



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Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/

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Inizio messaggio inoltrato:

Da: Alessandro Di Meo <alessandro.di.meo @ uniroma2.it>
Data: 14 maggio 2013 15.12.00 GMT+02.00
Oggetto: articolo "Pecat" in Serbia

Un articolo intervista sull'uscita in edizione serba de "L'Urlo del Kosovo".
L'articolo è pubblicato sul settimanale politico "Pecat", nell'edizione di questa settimana
(Intervju lanak na izlazu u srpsko izdanje "Urlik sa Kosova." Lanak je objavljen u nedeljniku "Pecat politickom," u ovoj nedelji)

http://www.pecat.co.rs/2013/05/alesandro-di-meo-pisac-i-dokumentarista-u-misiji-poslednje-nade/

buona lettura (dobro procitao)
Alessandro

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(sul libro "L'Urlo del Kosovo" di A. Di Meo, e sulla sua recente pubblicazione in lingua serbocroata, si veda anche:



Алесандро ди Мео /писац и документариста/: У мисији последње наде


ИНТЕРВЈУ | НЕВЕНКА СТОЈЧЕВИЋ | MAJ 10, 2013

Разговарала Невенка Стојчевић
„Оно што ме фасцинира код Срба, то је да се овај народ, ма колико да је поражен у рату, никада није ‚савио’ пред непријатељем. Јер, то зрно поноса увек постоји у Србима, то је, напросто, метафора овога народа, због чега сам одушевљен Србима и заљубљен у њих и у Србију“

Италијан Алесандро ди Мео је пријатељ Срба, човек у мисији последње наде за судбину и живот наших косовских страдалника. На директан и неопозив начин он изговара и понавља за Србе изузетно важну, а прећутану истину. Ди Мео, наиме, у сарадњи са издавачком кућом „Пешић и синови“ ради на остваривању српске националне идеје, вредно бележећи хронику – историјске чињенице везане за свете косовске приче, такође и снимајући документарне филмове који ће остати непобитно сведочанство о величини трагедије једног народа прогнаног са свог вековног огњишта. Недавно је у Београду промовисао своју најновију књигу „Урлик са Косова“, што је био непосредан повод за наш разговор са аутором.
Откуд Ваше интересовање за проблеме Срба са Косова и Метохије? Посебно за бављење њиховом судбином у контексту бруталне агресије НАТО-а на СРЈ, у којој је учествовала и ваша земља – Италија?
Догодило се да нисам био истомишљеник оних Италијана који немају никакав отклон од учешћа своје земље у ратовима НАТО алијансе. Напротив, био сам један од оних који су исказали велики бес због војне интервенције на СРЈ 1999. године. Нисам могао да верујем да један рат може да буде хуманитаран рат, као што су говорили, али сам могао да замислим сав тај ужас и трагедију који су једну земљу и њен народ снашли после тог рата. Зато сам се веома брзо прикључио волонтерској организацији „Мост за…“ („Ponte per…“) која је желела да се посвети проблемима тих обичних, малих људи на Косову који су били препуштени сами себи. Са делегацијом ове организације сам током бомбардовања дошао у Србију. Донели смо помоћ, али пре свега солидарност и пријатељство са пострадалим народом. Најпре смо успоставили контакте са болницама у Београду, а потом сарадњу са Црвеним крстом Србије у Краљеву, где је било највише прогнаних са Косова и избегличких кампова. Тек ту смо се уверили у величину трагедије и схватили да смо урадили праву ствар.
Да ли Вам је одмах постало јасно да се над Србијом није надвио никакав „Милосрдни анђео“, већ да је у питању брутална агресија са неба?
Ми смо, наравно, схватили да се ради о агресији, и до данас је тако зовемо, јер ту није било рата. Рат се води између две стране, а овде је рат водио само један, Велики брат. Кроз године нашег боравка међу Србима и на терену, ми смо се уверили да Срби нису ти дивљи варвари како су представљени у медијима на Западу, и у Италији такође, и то смо видели на лицу места. Проучавајући српску историју, која ме веома заинтересовала, схватио сам да Срби никада нису били агресори, него су водили искључиво ратове у одбрану своје земље. Тако сам ушао у душу српског народа и схватио да је он пролио много крви за одбрану отаџбине. Видео сам да је тако било и у Другом светском рату, јер сам посетио Крагујевац, па се, по свему судећи, историја понавља. Оно што ме највише фасцинира код Срба, то је да се овај народ, ма колико да је поражен у рату, никада није „савио“ пред непријатељем. Јер, то зрно поноса увек постоји у Србима, то је, напросто, метафора овога народа, због чега сам одушевљен Србима и заљубљен у њих и Србију.

ЖИВОТ И ДЕЛО
Алесандро ди Мео је рођен у Риму 1959. године, где је дипломирао архитектуру. Почетком деведесетих година одлази у Африку, где се упознаје са реалношћу маргинализованих и сиромашних људи Мауританије и Замбије, а марта 1999, са почетком бомбардовања, придружио се као добровољац Националном комитету удружења „Мост за…“, који се бави последицама „хуманитарних“ ратова на цивилном становништву.
У знак солидарности са српским избеглицама са Косова и Метохије иницирао је прикупљање средстава за набавку опреме за педијатријска одељења болнице „Мајка и дете“ у Београду, лекове и робу за Црвени крст у Краљеву, за лечење српске деце оболеле од тешких болести у Италији.
Организовао је различите радне кампове у летњим и зимским сиротиштима у Београду, излете и гостопримство деци из избегличких породица у Италији, као подршку материјално угроженима од 1999. до данас у десетинама и десетинама породица у Србији и на Косову и Метохији, у сарадњи са Црвеним крстом Краљева, Центром за социјални рад у Краљеву, са монасима у манастиру Дечани и Драганац.
Ради на својој докторској студији „Култура и теорија“ на Филозофском факултету Универзитета у Риму „Тор Вергата“, паралелно са студијом цркава и манастира на Косову и Метохији.


(francais / srpskohrvatski.

V. Kapuralin, presidente del SRP di Croazia, è intervenuto con una relazione sulla crisi del capitalismo alla Conferenza internazionale organizzata dal PRCF -Polo della Rinascita Comunista in Francia- a Parigi il 4 e 5 maggio scorsi )


Medjunarodna konferencija od PRCF u Parisu

1) Succès éclatant de la première conférence internationale du PRCF - Paris 4-5 mai 2013
2) Izlaganje Vladimira Kapuralina na međunarodnoj konferenciji PRCF u Parisu / Intervention de Vladimir KAPURALIN, dirigeant du Parti Socialiste Ouvrier de Croatie (SRP)


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Succès éclatant de la première conférence internationale du PRCF!

Nous publions dans cette article un compte rendu de la conférence puis le rapport introductif de Georges Gastaud devant la conférence du PRCF sur les questions internationales. Nous publierons les discours des délégués étrangers au fur et à mesure qu’ils nous parviendront. Un numéro spécial d’Etincelles publiera l’ensemble des messages et interventions.

SUCCÈS ÉCLATANT de la 1ère CONFÉRENCE INTERNATIONALE du PRCF

Malgré quelques coups bas dérisoires de dernière minute*, la première conférence du PRCF sur les questions internationales a été un grand succès, tant du point de vue des contenus développés que du point de vue de l’ambiance extrêmement chaleureuse, fraternelle et internationaliste de cette première rencontre internationaliste présidée et animée par Pierre Pranchère, Léon Landini, G. Gastaud, A. Manessis et V. Flament. Que soient chaleureusement remerciés tous les militants qui se sont donnés sans compter pour le succès politique et organisationnel de cette conférence.

Il ne peut être question, dans ce premier aperçu, de donner un compte-rendu exhaustif des travaux de cette conférence qui, outre le reportage à paraître dans Initiative communiste et la publication des textes prononcés sur le tout nouveau site informatique du PRCF, donnera lieu à un numéro spécial de la revue Etincelles ;  le rapport de Georges Gastaud, détaillant les vues propres du PRCF sur l’issue révolutionnaire à apporter à la crise systémique du capitalisme plombée par la crise explosive de l’euro, la dialectique de l’internationalisme prolétarien et du patriotisme populaire permettant d’articuler dynamiquement les « quatre sorties » (de l’euro, de l’UE, de l’OTAN et du capitalisme) dans le cadre d’un large front populaire, patriotique et internationaliste, la réflexion sur les tâches du Mouvement communiste international et sur le traitement dialectique des contradictions en son sein, a été écouté avec une grande attention par les délégués français et étrangers, ainsi que les appels passionnés de l’orateur à l’unité d’action des communistes en France (étaient présents ou représentés par des messages d’amitié et d’analyse, les camarades de « Réveil communiste », de la Gauche communiste, du réseau « faire vivre et renforcer le PCF », des sections PCF de Douai et de Vénissieux, de Rouges vifs-Paris, d’Action communiste de Normandie).

Concernant les participants étrangers, ont défilé à la tribune, souvent interpellés par des questions de la salle auxquelles ils ont répondu de manière fraternelle, les représentants du Front populaire de Libération de la Palestine, du PC Danois, du PC de Pologne, du cercle communiste Julien Lahaut de Belgique, de la KSM (JC communiste de Tchéquie), du PC de Croatie, du PC des Peuples d’Espagne, du PC marxiste-léniniste de Grande-Bretagne, du PCUS (Russie et CEI**), du CSP-PC (Italie), du PC de Suède, du PADS (Algérie), du Parti Sadi du Mali, du PC de Cuba représenté par M. l’ambassadeur de Cuba, du Front populaire tunisien, de l’EMEP (Turquie), du FRUD (Djibouti), de la Marche patriotique de Colombie. Avaient adressé de très chaleureux messages le PC d’Israël, le PC des ouvriers de Hongrie (que le gouvernement fasciste hongrois veut forcer à changer de nom), la Jeunesse populaire de Pologne, le PC de Russie, Miguel Urbano Rodrigues, ancien député communiste portugais au Conseil de l’Europe, le PC d’Irlande, le Parti socialiste populaire du Mexique, le PC brésilien, le PC du Mexique, le comité Ernst Thälmann d’Allemagne, l’ABW-KPD d’Allemagne, le World Workers Party des USA, la philosophe Virginia Fontes, le Front polisario... De premiers contacts fructueux ont été pris avec le PC allemand, avec la Gauche radicale d’Afghanistan, avec le PC du Népal. Etaient également présentes sur place ou représentés par un message d’amitié l’Association d’amitié franco-coréenne, Cuba si France, les Antifascistes italiens, les Amis des républicains espagnols. Grand moment d’émotion quand l’hymne cubain et l’hymne soviétique – avec les paroles d’origine – ont été écoutés par toute la salle debout, ou lorsque les Français ont chanté « Ma France » de Ferrat. Condamnation unanime également du soutien apporté par Hollande aux forces communautaristes et djihadistes « syriennes » télécommandées par le Qatar, l’Arabie séoudite et la CIA.  Grands moments d’émotion aussi quand la conférence a salué le camarade polonais Zbigniew Wiktor, persécuté par la réaction pour sa fidélité au communisme, la JC tchèque, qui tient haut le drapeau rouge malgré les tentatives d’interdiction, les patriotes du Mali – qui ont montré que l’intervention de Hollande vise moins à réunifier le Mali qu’à pérenniser le séparatisme du nord sous protectorat français  – , le FPLP, dont plusieurs dirigeants sont dans les prisons israéliennes, Mumia Abu-Jamal, ou la mémoire du président Chavez. Très chaleureux moments aussi de fraternité internationaliste quand les camarades du PCPE, du PC italien, de Russie, etc. ont entonné dans leur langue, à côté des Français, l’Internationale, ou les chants révolutionnaires de leurs pays respectifs.

Il apparaît de plus en plus que les tentatives multiples, de droite comme « de gauche », pour briser la dynamique du PRCF, sont vaines et vouées à l’échec. Après le succès du stand PRCF à la fête de l’Huma, l’engagement remarqué du PRCF sur des bases 100% anti-UE dans la manif du 30 septembre contre la « gouvernance européenne », les efforts conjoints du PRCF et d’autres organisations communistes UNITAIRES pour s’adresser à la classe ouvrière en lutte, le travail commun du PRCF avec des patriotes non communistes (mais non anticommunistes) pour sortir la France de l’UE par la voie progressiste, après le succès éclatant du meeting du 2 février 2013 place de Stalingrad, à l’approche des Assises du communisme auxquelles des militants du PRCF sont prêts à participer dans un esprit fraternel, l’heure est à la confiance dans l’unité d’action des communistes, dans l’unité des progressistes anti-UE, dans l’unité internationale des forces communistes et anti-impérialistes contre les guerres impérialistes, contre l’Europe impériale et contre le capitalisme en phase dégénérative aigüe.

Présents sur tous les terrains, une délégation du PRCF, accompagnée par des délégués communistes étrangers, s’est ensuite rendue à la manifestation du Front de gauche, non pas pour suivre le mot d’ordre inconsistant de « 6ème République » (dans le cadre de l’Union européenne dictatoriale !!!), mais pour interpeller fraternellement les manifestants sur la nécessité de la quadruple rupture (euro, UE, Otan, capitalisme).

Le temps des affrontements de classe revient en France face au bilan tragiquement régressif des Hollandréou et des Zapat-Euro français. Plus que jamais, union et action pour affronter l’oligarchie capitaliste, briser la tenaille politique de l’UMPS et de l’UM’Pen, et sortir notre pays de l’UE avant que ne soient arasés les acquis civilsationnels de la Révolution française, du Front populaire, du Conseil National de la Résistance et de la grande grève ouvrière de Mai 68.

* Certaines attaques dérisoires de dernière minute émanaient même de prétendus révolutionnaires dont l’inactivité sur le terrain n’a d’égale que la volonté, heureusement vaine, de nuire à autrui...

** le PRCF n’est nullement engagé, faut-il le dire, par l’intervention personnelle, faite à partir de la salle, d’une participante d’origine russe qui a trouvé certaines vertus patriotiques à Poutine et à laquelle le délégué du PCUS a très courtoisement, mais très fermement répondu. Une chose est de défendre la Russie contre l’ingérence et l’encerclement de l’impérialisme occidental au nom du droit des nations à disposer d’elles-mêmes, une autre de cautionner le régime anticommuniste en place : et pour le PRCF l’internationalisme prolétarien, la solidarité de classe des communistes, prime en toutes circonstances.

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Ci dessous vous pouvez lire les interventions des camarades:

Quelques photos de l’événement: http://www.initiative-communiste.fr/?attachment_id=17539 - http://www.initiative-communiste.fr/?attachment_id=17540http://www.initiative-communiste.fr/?attachment_id=17543http://www.initiative-communiste.fr/?attachment_id=17545


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исти текст на ћирилици:

КРИЗА КАПИТАЛИЗМА
Излагање Владимира Капуралина на међународној конференцији ПРЦФ у Парису
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SRP na Međunarodnoj konferenciji Pole de Renaissance Communiste en France posvećenoj aktualnim događajima u svijetu



U našu redakciju stiglo je priopćenje za medije koje prenosimo u cijelosti:

U Parizu, 4-5 maja 2013.

Drage drugarice i drugovi,

Pozdravljam vas ispred Socijalističke Radničke Partije Hrvatske i svoje lično ime, a imam legitimitet i pozdraviti vas i ispred koordinacionog odbora komunističkih i radničkih partija, kojeg čini pet partija sa područja nekadašnje Jugoslavije.

Eskalacija nasilja u svijetu, koja je u tijeku, od tektonskih geopolitičkih promjena 90-ih godina prošlog stoljeća i koju provode najreakcionarnije sile razuzdanog kapitalizma, razlikuje se od intervencija i agresija koje su se događale nakon II sv. rata. Ove prve su uglavnom sprovodile SAD, dok su UN nastojale koliko toliko odgovoriti ulozi zbog koje su bile ustanovljene.

Urušavanjem socijalizma u istočnoj Evropi, 90-ih godina prošlog stoljeća, intervencije se izvode prema novim doktrinama, upotrebom novih tehnologija i poprimaju nove oblike.

Počelo je 1991. godine Prvim zaljevskim ratom, brutalnom agresijom od strane SAD-a i njenih saveznika na Irak. Nastavljeno je 1999. agresijom dotad neviđenih razmjera na SR Jugoslaviju, koja je rezultirala otimanjem dijela teritorija jednoj suverenoj državi, mimo svih međunarodnih pravnih standarda. 2001. godine uslijedila je agresija na Afganistan, koja traje do današnjih dana, a 2003. je godine slijedilo Drugi zaljevski rat, odnosno ponavljanje agresije na Irak. 2011. godine, imperijalističke sile razvijenog centra predvođene SAD-om, EU i vodećim monetarnim institucijama, uništile su Libiju, jednu socijalno prilično uravnoteženu zemlju.

Krimen libijskog vođe Gadafija sastojao se u tome što je uspješno već četiri desetljeća onemogućavao imperijalistima neograničenu eksploataciju libijske nafte i koji je dio te blagodati usmjeravao za dobrobit naroda, osiguravajući mu radna mjesta, besplatno obrazovanje, zdravstvo i stanovanje, i još k tome neku vrstu neposrednog odlučivanja. Tako je Gadafi ispunio oba kriterija iz strategije zaštite nacionalnih interesa SAD-a da bude likvidiran:

– suprotstavljanje neograničenoj imperijalnoj kontroli nad svjetskim resursima i

- remećenje svjetskog imperijalnog poretka diktature kapitala u formi parlamentarne demokracije i tobožnjih ljudskih prava, razvijanjem nekog Gadafijevog poluplemenskog socijalizma kao specifične Libijske alternative.

Sa istim ciljem nastavlja se agonija iračkog naroda, traži se povod za napad na Iran, a posebno opasan po svjetski mir je razvoj sukoba legitimne sirijske vojske sa pobunjenicima i stranim plaćenicima, različitih struja, koje su poticane opskrbljene i financirane od imperijalističkih centara moći. 

Razlog što do sada tamo nije došlo do ponavljanja libijskog scenarija, nalazimo prvenstveno u odlučnom protivljenju Rusije i Kine, koji je u slučaju priprema agresije na Libiju ili SR Jugoslaviju izostao.

U svim tim slučajevima radi se o klasičnoj borbi za prostor u cilju osvajanja tuđih teritorija na kojima se po ustaljenom postupku obara postojeća vlast i uspostavljaju podanički protektorati u kojima novopostavljena marionetska vodstva omogućavaju eksploataciju prirodnih resursa i infrastrukture, ali i korištenje novoosvojenog prostora u strateškom nadmetanju.

Tome u prilog svjedoči i najnovija intervencija francuske tzv. socijalističke vlade u bivšoj koloniji Mali, radi ovladavanja njezinim bogatim rudnim blagom, sa jasnom tendencijom neokolonijalne dominacije u Africi.

Za sve te intervencije značajan je neselektivni odabir živih ciljeva, odnosno rastući udio civilnih žrtava u odnosu na vojne i velika infrastrukturna razaranja, koje agresori eufemistički nazivaju kolateralne žrtve.

Parametri po kojima se intervencije i agresije nakon 90-ih godina prošlog stoljeća razlikuju od onih prije tog perioda, su više nego očiti. Iako SAD i dalje određuju: gdje, protiv koga, kada i zašto intervenirati i u tim intervencijama imaju glavnu ulogu, ali one više nisu same, cilj im je dio tereta vođenja rata i ljudskih žrtava, prebaciti na svoje saveznike i domaće marionete. A novu dimenziju predstavlja uključivanje subjekata poput NATO i EU. Tokom cijelog tog perioda obezvrjeđivana je uloga UN i ona je supstituirana sa NATO. Upravo brutalnu intervenciju u Libiji, su formalno i omogućile UN, čime su od subjekta mira, postale subjektom agresije, svrstavši se uz agresora.

Novi intervencijski val o kojemu je riječ razlikuje se i po apsurdnoj upotrebi oružja, koja kontaminiraju prostor, za jedan vrlo dugi vremenski period. To determinira kapitalizam kao destruktivni poredak.

Tehnologija zla, koju imperijalizam primjenjuje, osim što ukida suverenitet država i naroda, omogućila je izabranima da odlučuju o životu i smrti pojedinaca i čitavih naroda. Suština današnjeg načina upotrebe sile sastoji se u određivanju tko smije a tko ne smije ubijati. Naravno jedini režimi koji imaju pravo ubijati su režimi tzv. zapadne demokracije, jer oni to čine na osnovu procedure koju izvlače iz dubine korijena njihovog poimanja slobode u korištenju argumenta sile. Pa smo tako svjedoci, da ljudi mogu biti ubijeni i u spavaćoj sobi u pidžami i da sve to bude prenašano video linkom, za strogo odabranu publiku. Time je u realni svijet derivirala nekadašnja imaginarna filmska priča u kojoj je agent 007, tada jedini imao licencu da ubije.

Kriza koja traje već petu godinu ugrožava radne ljude i većinu građana i u samoj EU i ona ne posustaje. Zaduživanja i nezaposlenost rastu, a stečena radna i socijalna prava se reduciraju.

Neke zemlje poput Grčke, Portugala i Španjolske tlači se do iznad granica izdržljivosti. Njemačka nastoji ostaviti utisak da je krizu prevladala, ali krijući istinu o stanju nižih slojeva svojih građana. 

Nekoliko je argumenata zbog kojih ne prihvaćamo tumačenje vodećih imperijalističkih krugova da se radi o monetarnoj ili financijskoj krizi:

Prvo: ona traje predugo i da se radi isključivo o financijskoj krizi, bila bi već prevladana.

Drugo: ne radi se o nedostatku novca, jer njega ima više nego ikada. Samo što se on ne koristi kao u Gadafijevoj Libiji ili Chavezovoj Venezueli, za dobrobit širokih slojeva stanovništva, već se višak vrijednosti u obliku profita slijeva u džepove plutokracije na čelu moćnih financijskih institucija.

Stoga na osnovu svih relevantnih pokazatelja zaključujemo da se radi o krizi sistema kao takvog u cjelini.

Urušavanjem socijalizma u Istočnoj Evropi, nestale su mnoge energije iz kojih je snagu crpio radnički i sindikalni pokret evropskog zapada. Osim toga restrukturiranjem privrede, sve većim udjelom servisnog udjela rada u odnosu na onaj proizvodni nepovoljno utječe na nivo revolucionarne svijesti zaposlenih.

Rast nezaposlenosti, pad broja zaposlenih, sve veći udio zapošljavanja na određeno radno vrijeme u odnosu na neodređeno, obnavljanje radnih ugovora, često i na vrlo kratke intervale, uzrokuje trajnu nesigurnost radnika i dovodi do neprestanog smanjenja broja organiziranih radnika.

Društvene mreže i spontane, često vrlo masivne akcije radnika i nezadovoljnih građana nisu dovoljna zamjena za nedostatak svijesti i radničke solidarnosti, koji su danas, na puno nižoj razini od one prije jednog stoljeća, pa imamo primjere jačanja ekstremističkih grupa, sve do eksplicitno fašističkih.

Budući da su kritika i samokritika ugrađeni u same temelje djelovanja revolucionarne ljevice moramo pogledat istini u oči i prihvatiti činjenicu da i sami snosimo veliku odgovornost za postojeće stanje.

Sveprisutna nesloga, rivalstvo, personalne ambicije, fragmentacija do atomizacije na ljevici, multipliciranje broja organizacija sa malobrojnim članstvom, oportunizam, skretanje sa revolucionarnog puta i priklanjanje reformizmu i socijaldemokraciji, uz eksplicitnu podršku pojedinih komunističkih partija vojnim intervencijama, čini nas nepouzdanim i neozbiljnim osloncem za široke mase.

Time direktno radimo u korist vlastite štete i pomažemo svojem klasnom neprijatelju. Condicio sine qua non bilo kakvog pomaka u toj borbi je prevladavanje postojećih podijeljenosti na klasnoj osnovi.

Kapitalizam, koji je ispunio svoju povijesnu misiju ne nudi više odgovore na potrebe čovječanstva i on stvara sve dublje društvene, političke, ali i ekološke krize, čime se određuje kao destruktivan poredak. Analiza te destrukcije nameće potrebu pomaka težišta akcije iz esencijalne sfere u egzistencijalnu. Ne uspije li čovječanstvo ukinuti kapitalizam, ukinuti će on čovječanstvo.

Vladimir Kapuralin
Socijalistička Radnička Partija Hrvatske


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Intervention de Vladimir KAPURALIN, dirigeant du Parti Socialiste Ouvrier de Croatie (SRP)

CONFÉRENCE SUR LES QUESTIONS INTERNATIONALES, PARIS 4 ET 5 MAI 2013

V. Kapuralin était mandaté par la Coordination des Partis Communistes et Ouvriers de l’ex-Yougoslavie, à la conférence du PRCF sur les questions internationale, Paris, 4-5 mai 2013


(castellano / italiano)

Iniziative segnalate

1) Udine 14 maggio: FOIBE TRA STORIA E MEMORIA
2) Torino 17 maggio: presentazione di DAL CAUCASO AGLI APPENNINI – Gli azerbaigiani nella Resistenza italiana
3) Padova 18-30 maggio: BALKAN WINDOWS 2013
*** giovedì 23 maggio: Il cimitero partigiano di Mostar, tavola rotonda sul salvataggio e recupero ***
4) Brescia 18-19 maggio: SCONFINAteMENTI
5) Madrid, 30 de Mayo: SREBRENICA – CIUDAD SIN DIOS


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Udine 14/5/2013
Sala del Pianoforte di Palazzo Caiselli bis - Vicolo Florio 2/b, Udine

FOIBE TRA STORIA E MEMORIA

Ne parliamo con:

Joze Pirijevec
storico, docente di Storia all'Università del Litorale - Univerza za Primorskem

Gaetano Dato
PhD, ricercatore all'Università degli Studi di Trieste

Alessandra Kersevan
storica e coordinatrice, per la KappaVu, della collana "Resistenza Storica"

introduce e modera: 
Gaia Baraccetti
giornalista e scrittrice

scarica la locandina (N.B.: Erroneamente sulla locandina c’è scritto mercoledì ma in realtà si tratta di martedì 14 maggio):



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Da: Iniziativa PARTIGIANI! <partigiani7maggio @ tiscali.it>

Oggetto: Fwd: presentazione e libro "Dal Caucaso agli Appennini – gli azerbaigiani nella Resistenza italiana"

Data: 8 maggio 2013 22.18.22 GMT+02.00



Da: Ufficio Stampa Sandro Teti Editore <stampa @ sandrotetieditore.it>
Data: 07 maggio 2013 12.53.32 GMT+02.00
Oggetto: presentazione e libro "Dal Caucaso agli Appennini – gli azerbaigiani nella Resistenza italiana"

Gentile redazione,

troviamo il vostro sito molto interessante e soprattutto in linea con molti dei nostri progetti in cantiere e di prossima pubblicazione. siamo lieti, infatti, di segnalarvi intanto due presentazioni che ci saranno al Salone del Libro di Torino, e l'uscita di un libro sui partigiani azerbaigiani in Italia. 

Una pagina ancora del tutto sconosciuta della Resistenza italiana. Sarà presentato venerdì 17 maggio, presso il Museo Diffuso della Resistenza, Dal Caucaso agli Appennini – gli azerbaigiani nella Resistenza italiana di Mikhail Talalay. Un testo che traccia una linea di collegamento nuova e inaspettata tra il nostro paese e la poco conosciuta repubblica caucasica dell’Azerbaigian, oggi in forte sviluppo.
Oltre 5 mila partigiani sovietici parteciparono alla Resistenza italiana; tra questi alcune centinaia erano azerbaigiani. Evadendo dalle carceri, fuggendo dai campi di lavoro, disertando dai reparti filonazisti, si unirono ai patrioti italiani nella lotta per la libertà del nostro Paese. Dal Caucaso agli Appennini narra la loro storia attraverso documenti e fotografie inediti provenienti dagli archivi di Baku, Mosca, Bologna, Trieste, Pistoia, Piacenza, Milano e Bergamo.

è inoltre in uscita il nuovo numero della nostra rivista "Il Calendario del Popolo", che ha proprio in questo numero al suo interno un inserto dedicato alle ragazze e ai ragazzi della Resistenza. 

in allegato troverete il comunicato della presentazione del libro Dal Caucaso agli Appennini – gli azerbaigiani nella Resistenza italiana.

qualora interessati, sarà nostra premura inviarvi il volume e la rivista.
in attesa di un vostro riscontro,

vi auguro buona giornata e buon lavoro,
un caro saluto,

Ufficio Stampa

Sandro Teti Editore
piazza Sant'Egidio, 9
00153 Roma
tel.: +39.06.58179056
stampa@...
tel.: +39.06.58334070
fax +39.06.233236789
info@...
www.sandrotetieditore.it


=== 3 ===

Da:  brunomaran @ tiscali.it
Oggetto: evento 23 maggio padova galleria gasparotto
Data: 13 maggio 2013 10.26.23 GMT+02.00

COMUNICATO
CON PREGHIERA DI DIFFUSONE

VI SEGNALO l'evento 

nell'ambito
di BALKAN WINDOWS 2013
SCENARI DAL DOPOGUERRA
promosso dal Comune di Padova ,
dall'associazione Xearte ,
dal gruppo Controluce 

per il  recupero e il salvataggio del Cimitero partigiano di Mostar in Bosnia-Erzegovina che è in condizioni pietose anche a causa delle politiche del "nuovo governo" della città, che non riconosce il ruolo della guerra partigiana del 1941-45 nella storia della Bosnia-Erzegovina.
E' importante questo momento di riflessione sul ruolo dei monumenti della memoria, che in molti paesi sono vituperati e spesso sconfessati
Cosa del resto che accade anche nel nostro paese...

Vi attendo GIOVEDI 23 maggio alle ore 21.00 a Padova presso la galleria Gasparotto
tra Corso del Popolo e via D. Valeri passaggio Gaudenzio
fermata metrotram Trieste

grazie dell'attenzione
cordialmente
bruno maran 

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Padova 18-30 maggio - Piazzetta Gasparotto - C.so del Popolo

La galleria Gasparotto si trova a Padova, tra C.so del Popolo e Via D. Valeri, vi si accede tramite il passaggio pedonale L. Gaudenzio


BALKAN WINDOWS 2013
Scenari dal dopoguerra 

Eventi vari dal 18 al 30 maggio
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sabato 18 maggio ore 18.00 
SCENARI DAL DOPOGUERRA 
installazione a cura del laboratorio Artequartiere/Quartiere arte 
con Alessio Brugnoli, Donatella Edini, Marta Bresciani, Bruno Maran e altri artisti 

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martedì 21 maggio ore 21.00
riflessioni e approfondimenti dal convegno
"I Balcani vent’anni dopo. La questione balcanica nell'attualità europea" 
coordina Luca Barbieri - Corriere del Veneto 
partecipano le associazioni che hanno creato
"PADOVA per i BALCANI" 

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giovedì 23 maggio ore 21.00
Il cimitero partigiano di Mostar, 
un’opera dell'arch. Bogdan Bogdanović 
Tavola rotonda sul salvataggio e recupero

Foto e video-proiezione di Bruno Maran 
intervengono: Andrea Colasio - ass. Cultura Comune di Padova, 
arch. Antonio Draghi, prof. Maurizio Angelini - Anpi Veneto, 
Gianni Rocco - Associazione per la Pace, 
prof. Mauro Bertagnin - Univ. di Udine 

in collaborazione con ANPI Padova 

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Balkan Windows 2013
Scenari dal dopoguerra

Galleria Piazzetta Gasparotto
Passaggio L. Gaudenzio – C.so del Popolo – Padova

giovedì 23 maggio – ore 21.00

Il cimitero partigiano di Mostar, un’opera dell'arch. Bogdan Bogdanović - Tavola rotonda sul salvataggio e recupero

Foto e video-proiezione di Bruno Maran

Intervengono: Andrea Colasio - ass. Cultura comune di Padova, arch. Antonio Draghi, prof. Maurizio Angelini - Anpi Veneto, Gianni Rocco - Associazione per la Pace, prof. Mauro Bertagnin - Univ. di Udine

Nella parte occidentale della città di Mostar, dominata da ampi spazi verdi, si trova questo grandioso Cimitero Monumentale.
Citando testualmente dal sito ufficiale del comune di Mostar: "Nella parte occidentale della città, dominata da ampi spazi verdi, si trova questo grandioso Cimitero Monumentale. Fu costruito nel 1965 (nel periodo di rinnovamento e ricostruzione successivo alla fine della seconda guerra mondiale) dall'architetto Bogdan Bogdanović, in memoria dei partigiani di Mostar caduti durante il conflitto bellico. Il Cimitero accoglie 661 lapidi ed ogni pietra racchiude un proprio significato simbolico, come il Monumento stesso".
Mi è venuto quasi da ridere leggendo questa descrizione perché il cimitero si trova in realtà in condizioni di completo abbandono e in rovina e non a causa di episodi di bellici...
Gran parte delle lapidi sono divelte e spezzate, gettate alla rinfusa nell'erba alta non tagliata da tempo, fra cumuli di immondizia, cocci di bottiglia, frutto di festini notturni e scritte ustasha e da croci uncinate. Dopo le devastazioni della guerra del 1992-‘95, il Cimitero monumentale è stato bonificato e, in un paio di occasioni, se ne è tentato il recupero, ma ogni volta ha subito pesanti attacchi vandalici. Il cimitero sale sul lato di una collina nella sezione abitata dalla comunità croata nei pressi dello stadio cittadino. Sul posto ho scoperto che le mine non erano un problema e che la reticenza era dovuta ad altro. Di recente i boschi che lo circondano sono stati incendiati e assomiglia più ad una lugubre discarica a cielo aperto che ad altro.

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martedì 28 maggio ore 21.00
Colloquio intorno al libro
UNA LUNGA SCIA COLOR CENERE 
edizioni La città del sole
incontro tra l'autore Bruno Maran, 
la prof. Irene Barrichello, il dott. Davide Gobbo e Vice Pol


=== 4 ===

Da: Zastava [mailto: zastavabrescia @ libero.it] 
Inviato: mercoledì 8 maggio 2013 21.10 

ASSOCIAZIONE  ZASTAVA – BRESCIA PER LA SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE - ONLUS

Via F.lli Folonari, 20 – 25126  BRESCIA (c/o Camera del Lavoro )  TEL. 347.3224436 - 347.2259942             http://digilander.iol.it/zastavabrescia/       mail : zastavabrescia@...  

FB : www.facebook.com/ZASTAVABRESCIA


 

                        Cari amici,

 

            Vi invio i volantini riguardanti l’ iniziativa “ SCONFINAteMENTI “, alla quale da tempo si sta lavorando e che vede la luce in prossimità della ricorrenza della strage di piazza Loggia.

 

         Un gruppo di giovani artisti serbi aderenti al Centro Culturale Studentesco di Kragujevac  - a ottobre scorso -ci ha proposto di realizzare un momento di incontro dei loro impegni culturali – poetici, teatrali, musicali – con un importante promotore di cultura che noi abbiamo individuato nel Caffè Letterario di Brescia.

 

         L’ iniziativa, grazie al grande impegno anche della nostra Associazione, è andata avanti e così nei giorni di sabato18 e domenica 19 maggio si realizzerà con la partecipazione di un folto gruppo di artisti serbi ed italiani.

 

         Il mio invito è a partecipare alle varie iniziative in campo, le quali, al di la del valore culturale, esprimono – per parte nostra - un sentimento di solidarietà nei confronti di un popolo da tanto tempo sottoposto a condizioni di vita precarie a causa dell’ aggressione che ha distrutto, nel 1999, l’ economia  e non solo, ma soprattutto la loro speranza in una vita normale.

 

         Nonostante ciò, grandi sforzi sono fatti dalla scuola e dalla cultura serbe per uscire dall’ isolamento in cui sono state poste da più di un ventennio. Per questo riteniamo più che giusto aiutare e sostenere tutti gli sforzi che vengono fatti per sviluppare iniziative come questa che consentano di esternare sentimenti e storie di vita che da tempo sono scomparse dai mass media internazionali.

 

                            Grazie.  Cordiali saluti,

 

                            Riccardo Pilato


Scarica la locandina:

Evento facebook:


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Madrid, 30 de Mayo de 2013
19:30, Círculo de Bellas Artes - calle Alcalá 42, 28014 Madrid

Conferencia: 

Srebrenica – Ciudad sin Dios ( Srebrenica – Godless city ) 

Participarán:

Michel Collon, escritor y periodista belga, autor de varios libros sobre las guerras civiles en la ex Yugoslavia (http://www.michelcollon.info/);

Eduardo Luis Aguirre, Profesor de Derecho Penal y Criminología e Investigador de la UNLPampa, Argentina (http://www.campusapp.com.ar/presentacion/aguirre.html)

Stephen Karganovich, abogado estadounidense de origen serbio, presidente de la ONG Srebrenica Historical Project de La Haya, Holanda (http://www.srebrenica-project.com/).

Presenta y modera Aleksandar Vuksanović






USAID sotto accusa

1) Bolivia: Morales espelle l'USAID
2) Stati Uniti: USAID indagata per corruzione


Sulle organizzazioni "umanitarie" utilizzate dall'imperialismo come copertura si veda la documentazione raccolta alla nostra pagina dedicata:


=== 1 ===


Giovedì 02 Maggio 2013

Bolivia: Morales espelle l'Usaid

di  Redazione Contropiano

Il presidente dello Stato Plurinazionale della Bolivia, Evo Morales, ha annunciato alcune ore fa l’espulsione dal paede dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale internazionale (Usaid), accusandola di cospirare contro il suo esecutivo e di tentare di destabilizzare il paese.
Il presidente ha dato l’annuncio di fronte al Palazzo del Governo, come parte della celebrazione della Festa del Lavoro. La decisione vuole anche essere un segno di protesta per una recente dichiarazione del Segretario di Stato americano, John Kerry che avrebbe dichiarato che l’America Latina è “il cortile degli Stati Uniti”.
Morales aveva annunciato più volte l’intenzione di espellere l’Usaid che dal 1964 finanzia progetti di impatto sociale in tutto il paese costituendo uno strumento diretto della politica estera di Washington. Una vera e propria 'longa manus' degli Stati Uniti. “Non mancano alcune istituzioni degli Stati Uniti che continuano a tramare contro lo stato. Così prendo questa occasione oggi per annunciare che abbiamo deciso di espellere Usaid dalla Bolivia”, ha dichiarato Morales che ha già espulso l’ambasciatore statunitense Philip Goldberg per collusione con l’opposizione nel settembre 2008 e due mesi dopo l’agenzia antidroga di Washington, la Dea, accusata di spionaggio. 
Da allora i rapporti tra La Paz e Washington non sono riusciti a normalizzarsi nonostante la firma di un nuovo accordo quadro con i quali i i due paesi si impegnavano a portare avanti relazioni bilaterali basate sul rispetto reciproco.

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www.resistenze.org - popoli resistenti - bolivia - 07-05-13 - n. 452

Bolivia prevede l'uscita dell'USAID quanto prima
 
Prensa Latina | prensa-latina.cu
 
06/05/2013
 
La Paz - Il governo di Bolivia si aspetta l'uscita rapida dell'U.S. Agency for International Development (USAID), espulsa dal paese la scorsa settimana, dopo le accuse d'interferenza.
 
"Più presto se ne andranno, meglio sarà per noi", ha detto oggi il vice presidente in una conferenza stampa presso la sede del governo.
 
Garcia Linera, da parte del governo, in assenza del presidente Evo Morales per partecipare al vertice del Gruppo dei 77 nelle Isole Fiji, ha considerato che il processo d'uscita deve avvenire in un paio di settimane, ma ha espresso la sua speranza che questo accada nel più breve tempo possibile.
 
Il Vice Presidente ha confermato che il governo ha le risorse necessarie per sostituire l'aiuto dell'USAID in alcuni programmi sociali in determinate zone della Bolivia.
 
Morales ha invitato l'organizzazione del nord a ritirarsi dal paese mercoledì scorso, dopo essere accusata di cospirare contro il suo governo, che ha sollevato l'indignazione di Washington e della sua ambasciata qui.
 
Il presidente ha accusato l'USAID di cospirazione e d'interferenza politica nei sindacati contadini ed altre organizzazioni sociali per destabilizzare il paese.
 
Morales aveva già valutato come possibile l'espulsione dell'Agenzia il 18 aprile, quando ha criticato un discorso del capo della diplomazia statunitense, John Kerry, in cui ha qualificato l'America Latina come un patio posteriore del suo paese.
 
"Condanniamo le dichiarazioni per considerarle irriverenti, perché ignorano la realtà dei popoli dell'America Latina", ha dichiarato il presidente.
 
Il Presidente ha ricordato che la sua nazione non era più un patio posteriore grazie all'apertura economica, alla nazionalizzazione degli idrocarburi ed alla lotta dei movimenti sociali.
 
Questa è la terza espulsione di un'istituzione degli Stati Uniti che fa il presidente, da quando è salito al potere nel gennaio 2006.
 
Nel 2008, Morales ha espulso l'ambasciatore Philip Goldberg, accusato di aver cospirato con l'opposizione, e nel novembre dello stesso anno, ha chiesto il ritiro dell'agenzia anti-droga del paese nordico (DEA) per presunto spionaggio.
 
Ig/ogt/lio


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www.resistenze.org - osservatorio - mondo - politica e società - 18-02-13 - n. 441

Indagata per corruzione, l'USAID continua a distribuire "milioni per lo sviluppo"
 
Jean-Guy Allard | cubadebate.cu
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
15/02/2013
 
Questo martedì 12 febbraio, l'ex agente dell'intelligence ed attuale amministratore aggiunto dell'Agenzia per lo Sviluppo Internazionale (USAID, United States Agency for International Development), Mark Feierstein, ha annunciato che la Colombia riceverà 170 milioni di dollari e il Guatemala 100 milioni, grazie al nuovo piano di ingerenza dell'USAID in America Latina. Inoltre, secondo il funzionario, il controverso aiuto nordamericano alla "ricostruzione" di Haiti, la "sicurezza della cittadinanza" in America Centrale e la destabilizzazione a Cuba, saranno le tre priorità dell'intervento USA in America Latina durante il secondo mandato di Barack Obama.
 
Questa distribuzione di milioni avviene mentre il Dipartimento di giustizia statunitense sta indagando su una possibile manipolazione delle licitazioni dell'USAID e sulla sospetta esistenza di una rete di corruzione che coinvolge alcuni dei più alti quadri dell'agenzia, accusata per il suo ruolo di facciata dell'intelligence nordamericana.
 
Capi dell'USAID, secondo documenti pubblicati, avrebbero cercato di impedire quest'indagine e tra i sospetti si menziona il "numero due" dell'organismo statale, Donald Steinberg, amico personale e capo di Feierstein.
 
Steinberg e Fernstein viaggiarono insieme dal 12 al 18 dicembre 2012, in Honduras, Guatemala e Messico, "per conoscere lo stato dei progetti promossi" di questo organismo statale nordamericano che si dedica all'ingerenza.
 
Mark Barry Feierstein è stato "capo dei progetti" nella guerra sporca degli USA contro i sandinisti nicaraguensi negli anni '90 e consigliere "speciale" dell'ambasciatore William Clinton nell'OEA (Organization of American States)
 
Oltre a ciò, questo newyorkese è stato braccio destro, per le sue strategie di propaganda politica, del latitante Gonzalo "Goni" Sánchez de Losada, ex presidente della Bolivia, che nell'ottobre 2003 ordinò il massacro che causò la morte di 67 persone e circa 400 feriti. La Bolivia ha reclamato ripetutamente negli ultimi anni l'estradizione del presidente assassino.
 
La ragnatela milionaria dell'ingerenza
 
Gli USA investono annualmente mille milioni di dollari nelle operazioni "umanitarie" in America latina e nei Caraibi con l'Agenzia per lo Sviluppo Internazionale (USAID), come recentemente lo stesso Feierstein ha detto.
 
Martedì, il funzionario ha commentato all'Associated Press che "come parte degli sforzi per migliorare la sicurezza cittadina e promuovere la crescita economica" - terminologia ingannevole sviluppata dal Dipartimento di Stato di Washington - l'USAID ha firmato un accordo di 42 milioni di dollari con cinque organizzazioni non governative del Salvador.
 
Grazie a questo piano, informa Feierstein, principale responsabile dei progetti dell'agenzia in questa parte del mondo, nel paese centroamericano USAID decide di essere presente in 50 municipi.
 
"È l'alleanza più grande nella storia di USAID col settore privato locale ed è l'alleanza più grande in America Latina", ha fatto notare prima di recarsi in Salvador "per annunciare l'accordo" (sic).
 
Circa il Guatemala che riceverà 100 milioni, Feierstein si limita a dire che i progetti sono simili a quelli del Salvador e dell'Honduras e che in tutto il Centro America si sono aperti "più di 100 centri ricreativi per giovani", una strategia orientata ad "evitare che vengano coinvolti in attività violente."
 
Nel caso della Colombia, l'USAID pretende di sviluppare programmi che "riducano la produzione di coca", attraverso la semina di "prodotti alternativi", insistendo a dire che questi stessi programmi sono già stati implementati in Perù.
 
L'agenzia federale statunitense funziona anche in Messico per "formare avvocati, giudici e magistrati di 11 stati, nella transizione ad un sistema di giustizia più trasparente" come ha affermato Feierstein, confermando la presenza del suo personale nelle zone di maggiore intervento poliziesco e militare nordamericano nella guerra al narcotraffico.
 
Circa Cuba, Feierstein si è astenuto dall'entrare nel dettaglio con AP circa il contenuto dei suoi tanti piani, tutti aggressivamente sovversivi e per i quali un subappaltatore di una società pirata sovvenzionata dall'USAID è stato condannato.
 
Il denaro "destinato a Cuba" è stato costantemente oggetto di diversione da parte degli amministratori dell'USAID che hanno scandalosamente oliato le loro amicizie politiche della fauna mafiosa cubano-americana di Miami. Rivelazioni ufficiali hanno dimostrato nel corso degli anni la complicità dell'USAID con autentici truffatori che rimangono iscritti permanentemente nella lista dei beneficiari delle bontà milionarie dell'USAID, onnipresente nei piani di rovesciamento del governo bolivariano in Venezuela, denunciata per le sue attività eminentemente sospette in Ecuador ed invitata ad uscire dal paese in Bolivia, l'USAID, espulsa dalla Russia recentemente per ingerenza, ha una reputazione chiara di collaboratrice attiva nei piani più sporchi del governo imperiale.
 
Non si potrà mai cancellare dalla storia dell'agenzia "di sviluppo" il caso di Dan Anthony Mitrione. Istruttore nordamericano in tecniche di tortura, Mitrione apparve in Uruguay con credenziale dell'USAID alla fine degli anni '70, per addestrare i repressori, in un programma segreto di distruzione delle forze della sinistra in tutta l'America Latina.
 
Se in Honduras, si verificò che l'USAID collaborasse con gli autori del colpo di Stato, si sospetta che nel caso più recente del Paraguay il personale di Feierstein sia stato presente a seguito degli avvenimenti che permisero ai nostalgici del regime Stroessner di riprendere il controllo della nazione.
 
Gli attuali casi di corruzione possono solo confermare l'esistenza di un volto in più di un'agenzia che occulta, con nobile retorica, i veri propositi della sua esistenza.