Informazione

(italiano / deutsch / english)

Reactions to CoE Report about KLA Crimes in Kosovo

1) Aggiornamenti in lingua italiana:
- KOSOVO: ELEZIONI TRUCCATE, RIVINCE THACI
2) Stakes Getting Higher in the Game Around Kosovo (Pyotr Iskenderov)
3) Ex-Hague prosecutor: NATO, KLA's ally (B92)
4) No more lies about the Caucasus or Kosovo (Dmitry Kosyrev)
5) Thaci's Regime of Butchers and Europe's Moral Weakness (Anna Filimonova)
6) UN covered up organ trafficking report, says Serbia (Radio Netherlands)
7) Die Schweiz muss Engagement in Kosovo überdenken (Daniel Vischer)


Source of most articles is the newsletter Stop NATO: http://groups.yahoo.com/group/stopnato

SEE/LISTEN ALSO:

Trafficking in human organs in Kosovo

"Befreiter" Kosovo: Organhandel, Auftragsmorde, Apartheid

Scott Taylor's intervention at "Monday's Encounter" radio show
on CKCU 93.1 FM in Ottawa, Canada ( www.ckcufm.com ), December 27, 2010 at 6:00 P.M. EST
TO HEAR the show after the airing, click to:  http://www.4shared.com/dir/13650784/a9763e6b/sharing.html  and pick the show

Empowering the Body Snatchers
(Ted Galen Carpenter, The National Interest, 30.12.2010)
http://www.nspm.rs/nspm-in-english/empowering-the-body-snatchers.html

FLASHBACK: Exposed: how Kosovo Serbs were butchered for organs
Former chief prosecutor at the International Court of Justice in the Hague has given details of suspected atrocities by ethnic Albanians in Kosovo in 1999. Carla Del Ponte's book 'The Hunt: Me and War crimes' claims that before killing Serbs and members of other ethnic communities, Kosovo Albanians removed their organs to sell for transplants...
(RussiaToday - 1 April, 2008)
http://www.youtube.com/watch?v=n7jNTNsGXZ0

IN ITALIANO, VEDI ANCHE:

Traffico di organi umani in Kosovo
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6946

Rapporto Marty, le reazioni in Kosovo (V.Kasapolli)
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Kosovo/Rapporto-Marty-le-reazioni-in-Kosovo


=== 1 ===

Aggiornamenti in lingua italiana

---

http://www.misteriditalia.it/ultimora/?p=998

KOSOVO: ELEZIONI TRUCCATE, RIVINCE THACI

Published on 22/12/2010 

Destano più di una preoccupazione i risultati ufficiali delle elezioni politiche svoltesi di recente in Kosovo, le prime dall’autoproclamazione dell’indipendenza. Lo stesso ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, da sempre uno dei più ferventi sostenitori dell’integrazione nell’Unione europea dei paesi albanofoni, ha esortato gli osservatori internazionali a fare piena luce sui brogli dagli stessi denunciati un po’ in ogni parte del paese a partire dalla capitale Pristina.

La Commissione Elettorale centrale ha reso noto i risultati definitivi il cui dato più saliente è la forte avanzata dei nazionalisti albanesi che propugnano la formazione della tanto sognata “Grande Albania” che dovrebbe comprendere non solo il Kosovo e la Repubblica delle Aquile ma pure quella parte di Macedonia dove si concentra il credo religioso islamico e dove la popolazione è, per l’appunto, di stirpe albanese.Vetendosja, che nella lingua di Skanderbeg significa Autodeterminazione, ha conseguito oltre il 16% dei suffragi e non è un mistero che potrebbe andare a formare il nuovo governo insieme al Pdk (Partito Democratico del Kossovo) del premier uscente e trafficante di droga, armi ed esseri umani Hashim Thaci, già capo guerrigliero dell’Uck ai tempi della guerra di liberazione del Kosovo, fortemente filo- albanese. Il partito di Thaci è, infatti, l’altro grande vincitore della competizione elettorale truccata in cui ha riportato il 33,5% delle preferenze.

Sconfitto, ma bisogna ancora ben capire quanto i brogli abbiano pesato sul risultato finale, il moderato Isa Mustafa, Sindaco di Pristina, seguace del defunto Ibrahim Rugova, il “Gandhi dei Balcani”, che propugnava invece, per la sua terra, una soluzione condivisa tra serbi ed albanesi. Poi l’ala armata dell’irredentismo kosovaro, guidata da Thaci, come si sa ebbe la meglio anche a colpi di omicidi. Il partito di Mustafa, e cioè la Lega Democratica del Kossovo, si è infatti fermato al 23,6% dei suffragi. Anche i serbi kosovari domenica si sono presentati ai seggi, tanto che alla fine in certi comuni da loro quasi esclusivamente abitati la percentuale dei votanti ha sfiorato persino il 40% degli aventi diritto. Un successo se si considera che sinora gli slavi rimasti in Kosovo generalmente per protesta o sfiducia disertavano le urne. Molto probabilmente a questa minoranza verranno assegnati più dei dieci seggi al Parlamento che la Costituzione del paese le riserva.

Gravi disordini sono scoppiati subito dopo la proclamazione dei risultati per le strade di Pristina tra i seguaci di Thaci e quelli di Mustafa, che reciprocamente si auto- proclamavano come i vincitori della tornata elettorale.

Il fatto che l’81% della popolazione kossovara ed il 63 di quella albanese si siano pronunciate a favore del progetto “Grande Albania” ha fatto già drizzare le orecchie non solo al governo serbo ma pure a quello macedone, repubblica in cui il 25% della popolazione è di etnia albanese e desidera l’unificazione alla Madre-Patria. L’Albania è però un paese della Nato ed il suo avvallo a tale disegno destabilizzante per la regione potrebbe essere un azzardo imperdonabile ma il sospetto degli alleati occidentali di Tirana, e di molti dei 27 Paesi dell’Unione europea, è che dietro questo progetto stiano i paesi islamici del tutto interessati alla nascita di una grande nazione a maggioranza musulmana nel cuore d’Europa.

Fonte: Sergio Bagnoli

---

da www.glassrbije.org:

"Blic": quotidiano di Belgrado;  il filmato registrato nella prigione di Likovac e’ una prova contro Taci


24/12/2010 - Una delle piu’ importanti prove contro Hasim Taci e il suo „gruppo di Drenica“ che possiede la procura serba per crimini di guerra e’ il filmato registrato nella prigione Likovac nel comune di Srbica. Nel filmato si vedono appartenenti di quel gruppo criminale e quattro prigionieri serbi che sono stati sequestrati in Kosovo, scrive il quotidiano belgradese Blic. Il filmato e’ stato fatto dai membri della sedicente UCK nel maggio del 1998. Nel filmato si vedono anche Zarko Spasic, il quale e’ stato sequestrato il 14 maggio del 1998 mentre lavorava nella miniera Belacevac, il poliziotto di Gnjilane Deian Stojiljkovic, sequestrato il 19 maggio del 1998 mentre tornava in pullman dalla visita al cugino a Pec, Vladimir Spasic, sequestrato lo stesso giorno vicino alla citta’ di Komorani e l’operaio di Klina Miroslav Suljinic, sequestrato il 21 maggio nei pressi di Lapusnik. La salma di Suljanic e’ stata trovata nel 2005 nella fossa comune nei pressi di Lapusnik. Il cosiddetto gruppo di Drenica dell’UCK che attacava le citta’ e i villaggi ha sequestrato almeno 30 civili serbi e 11 civili albanesi e alcuni poliziotti. Le prove raccolte durante le indagini hanno dimostrato che questi crimini sono stati organizzati da Hasim Taci.  

Mosca: le accuse nella relazione di Dick Marty devono essere accertate

23/12/2010 - Mosca ha invitato l’assemblea parlamentare del Consiglio europeo ad avviare le indagini internazionali sul traffico di organi umani in Kosovo, al quale ha preso parte il suo vertice politico. Lo ha comunicato il rappresentante del Ministero degli Esteri della Russia Aleksej Sazonov, in  relazione dell’inviato speciale del Consiglio europeo Dick Marty. Sazonov ha detto che Mosca segue con attenzione la situazione, perche’ si tratta di crimini terrificandi e disumani, ai quali hanno partecipato le piu’ alte cariche politiche del Kosovo. E’ ovvio che sia necessaia una seria indagine internazionale, ha sottolineato Sazonov. Nella relazione di Marty, l’uscente premier kosovaro Hasim Taci e’ stato accusato di aver organizzato il traffico di organi umani, armi e stupefacenti in Kosovo e in Albania settentrionale.     

Gelbard: le accuse di Marty devono essere accertate

23/12/2010 - L’ex inviato speciale nei Balcani degli Stati Uniti Robert Gelbard ha dichiarato che le accuse pesanti nella relazione dell’inviato del Consiglio europeo Dick Marty sul commercio di organi umani in Kosovo devono essere esplorate fino in fondo. Egli ha sottolineato che esse non debbano bloccare l’avvio delle trattative tra Belgrado e Pristina. Le accuse contro il premier uscente del Kosovo Hasim Taci nella relazione di Marty sono molto serie e richiedono le indagini severe, ha dichiarato Gelbard alla radio La Voce dell’America. Egli ha salutato la decisione di Belgrado di non bloccare l’avvio del dialogo con Pristina dopo che la relazione di Marty e’ stata resa di pubblico dominio. 


=== 2 ===

http://www.strategic-culture.org/news/2010/12/20/stakes-getting-higher-in-the-game-around-kosovo.html

Strategic Culture Foundation - December 20, 2010

Stakes Getting Higher in the Game Around Kosovo

Pyotr Iskenderov

The Parliementary Assembly of the Council of Europe plans to discuss the crimes committed by Kosovo separatists at its January session.
Moreover, the PACE Legal Affairs Committee is calling “for a series of international and national investigations into evidence of disappearances, organ trafficking, corruption and collusion between organised criminal groups and political circles in Kosovo”. 
One might get an impression that - for the first time since the 1999 NATO aggression against Yugoslavia - Europe, which used to brush off Russia's and Serbia's suggestions that the Hague Tribunal take a closer look at the leaders of the self-proclaimed Kosovo's Liberation Army, somehow woke up to the Kosovo reality. 
So far, two episodes - the publication of former ICTY chief prosecutor Carla Del Ponte's book containing revelations that human organ trafficking in Kosovo was sanctioned by Kosovo Liberation Army's top officers and the acquittal of one of those officers Ramush Haradinaj - epitomized the West's unsavory tolerance in the Kosovo case. In fact, even Swiss investigator Dick Marty's report that eventually drew PACE's attention to the rampant organized crime in Kosovo has been barely mentioned over the past several months in the Western media.
Oddly enough, the Kosovo problem is surfacing in the PACE, an organization which has never displayed much compassion for the Serbs. Marty's report about a criminal group from Drenica led by Hashim Thaci and the illicit organ trafficking in Kosovo portrays the picture with utmost clarity. Marty claims that the group continues to operate and even cites the Western democracies' support for Thaci in the current context.
The charges are not exactly new, and it may be more important at the moment to understand the motivation behind the investigation. Marty's report was voted in by the PACE Legal Affairs Committee unanimously, but the question persists: what explains the timing of the PACE interest in Thaci? The integrity of the Swiss investigator is beyond doubt, but we need to know whether his report will have far-reaching consequences and how far Europe is prepared to go in investigating crimes as monstrous as the Nazi medical experiments.
PACE's unanticipated realism is likely linked to the collapse of the secret plan the US and the EU attempted to implement during the talks between Belgrade and Pristina last fall. 
The West hoped to exact at least a de facto recognition of Kosovo independence from the Serbian president but – facing permanent pressure from the Serbian opposition – even the servile Tadic was unable to sign any accords with a figure as notorious as Thaci.
Therefore, Pristina needed a facelift to look like a more acceptable partner. This was the purpose of the planned overhaul in the ranks of the Kosovo administration: Kosovo President Fatmir Sejdiu's resignation was supposed to be followed by that of the province's premier, Hashim Thaci. Thaci, however, refused to leave, and a further entrenchment of radical Albanian groups in Pristina began to loom on the horizon. The West, preoccupied with convincing Belgrade to cooperate, launched a campaign targeting Thaci in response.
Washington's reaction to the recent elections in Kosovo may be another indication of the US's readiness to sacrifice Thaci. Unprecedentedly, US Department of State spokesman M. Toner called on the Kosovo electoral commission to probe into the serious abuses which took place during the elections. Washington's hint was that Kosovo would still be regarded as a democracy, but it would have to be a Kosovo without Thaci. The message was promptly picked up by the EU.
Obviously, believing that international law is about to be re-established in dealing with the Kosovo problem would be overly optimistic. Even if Thaci and his henchmen face justice, the US will do its best to divert the investigation from the broader Kosovo project. Sacrificing Thaci simply means that the stakes in the game around Kosovo are getting higher.


=== 3 ===

http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2010&mm=12&dd=20&nav_id=71633
 
B92 - December 20, 2010

Ex-Hague prosecutor: NATO, KLA's ally

BELGRADE -- Former Chief Hague Prosecutor Carla Del Ponte told the Swiss Le Temps newspaper that NATO was an ally of the so-called Kosovo Liberation Army (KLA).
Her compatriot Dick Marty, the Swiss senator appointed as CoE rapporteur, last week unveiled a damning report linking KLA to kidnappings of Serbs and other civilians in Kosovo and black market trade in their body parts.
Kosovo Albanian PM Hashim Thaci was named as the leader of a KLA group responsible for these and other serious crimes. 
The Serbian investigation, known informally as the Yellow House case, picked up in early 2008, after excerpts from Del Ponte's book were leaked to the media. 
"I am grateful to the Council of Europe and Dick Marty for deepening suspicions about the organ trade and publishing information that we did not possess. The EULEX mission has a basis to move forward," the former Hague prosecutor said. 
Asked about the evidence that was obtained by the Hague Tribunal, Del Ponte said that the court had testimonies of persons who transported prisoners from one prison camp to anther, and to a hospital, and that those were "very serious testimonies". 
"We also knew there were mass pits (graves) in Albania, where we perhaps could have recovered bodies that missed organs," she said. 
Del Ponte explained in the interview that The Hague-based UN war crimes court investigated disappearances of 400 persons and that there were indications that a group of about ten might have been the victim of organ trafficking. 
"But witnesses were intimidated and refused to repeat their statements before the Hague Tribunal. The traces of the crime were in Albania, but Albanian authorities refused to conduct an investigation, saying they already did so unsuccessfully. These events took place during the summer of 1999, after the hostilities. At that time the Hague Tribunal's expertise was doubted. UNMIK (UN mission in Kosovo) could have taken over the investigation, but did not do so," she was further quoted as saying. 
"We (the Hague) investigated many crimes against humanity. We did not have NATO's support because they were allies of the KLA. UNMIK did not give us documents that we needed. That was a huge problem," said Del Ponte. 
She added that "justice must be done, there cannot be talk about stability without justice, or acceptance of a criminal president", adding that she "hoped justice would be done". 


=== 4 ===

http://en.rian.ru/analysis/20101221/161873184.html

Russian Information Agency Novosti - December 21, 2010

No more lies about the Caucasus or Kosovo

Dmitry Kosyrev

Dick Marty, who chairs the Monitoring Committee of the Parliamentary Assembly of the Council of Europe (PACE), is traveling to Moscow and Tbilisi on December 20 and 21. At first glance, this long-planned visit seems routine and relatively minor. But on January 17, PACE will hold hearings on the humanitarian and other consequences of the Russian-Georgian war of August 2008. Marty is gathering information in cooperation with the Russian and Georgian parliaments for a document to be presented at the hearing.
This summer Marty wrote a report on human rights in the North Caucasus, meaning Russia. Surprisingly, for the first time in the 14 years that Russia has been a member of the Council of Europe, the Russian delegation to PACE supported a report on the region, albeit with some amendments and reservations.
The real headline, however, is the sensational report Marty produced last week alleging that Hashim Thaci, the current prime minister of the breakaway region of Kosovo, is a gangster with long-standing ties to organ, drug and arms trafficking, as well as prostitution. Moreover, everyone who made decisions on Kosovo during the war in 1999 also knew about Thaci's nefarious dealings.

Russia also knew 

The truth about Thaci and NATO's campaign against Serbia in 1999 are even more important for Russia than the reports on Georgia and the Caucasus. It was the events of 2008 - when the United States and Europe told lies to justify Kosovo's independence from Serbia - that poisoned Russia's attitude toward Europe. And these events ultimately trace back to 1999, as does the August 2008 war.
Unlike today, in 1999 Russia still had prominent international correspondents. The inertia of the glasnost era could still be felt, and many seasoned journalists were doing good work around the world. New correspondents were trying to steal the spotlight from their eminent predecessors.
Many Russian experts in international affairs worked in or visited the former Yugoslavia. I also went there, and I had no reason to doubt the reporting of our correspondents. Kosovo was front-page news at the time. A large section of the Russian public was aware of what was happening in Belgrade and Pristina.
We knew that the Kosovo Liberation Army (KLA) was a criminal organization that had been coordinating the seizure of Serbian land in Kosovo by ethnic Albanians for many years, that the attempts by Slobodan Milosevic to counter this creeping expansion were thwarted by the United States and Europe. We knew that Thaci and his colleagues bought weapons for the KLA using money from arms trafficking and other criminal activity. And that's not all we knew.
Now Marty writes in his report that U.S. and EU security agencies knew full well who Thaci was, but even ordinary Russians knew this back in 1999. We knew that apart from a narrow circle of officials, the public in the United States and the EU did not know about the true nature of the KLA and, as a result, they generally supported Kosovars over the Serbs. At that time, this realization came as a shock to Russians because we were still under the illusion that the Western media were the freest in the world, an example to the rest of us.
NATO's bombing of Yugoslavia, which began on March 24, 1999, shattered any remaining illusions about the Western media. And this launched an era of Russia's profound and almost irreversible mistrust of the words and deeds of the West.
If one side had simply started a war against the other, there would not have been this massive fallout. But in this case everything began with a massive lie, and people hate lies even more than aggression. It is an innately human reaction.

Laws of war 

The era of intractable mutual mistrust between Russia and the West lasted just under a decade, from the aggression against Yugoslavia until the very similar events of August 2008 (similar in the sense that in both cases, the public in the West was misinformed about the true nature of the conflict). In 2008, the public in the United States and the EU simply could not believe that Georgian troops were ordered by President Mikheil Saakashvili to attack Tskhinvali while innocent people slept. Some people do not believe this even now, even though evasive and half-hearted reports on this issue have been written and conclusions made. But nobody can admit on the record that Saakashvili was the aggressor, although a narrow circle of Europeans has known this for a long time. Marty has only just now denounced Thaci as a gangster, and his report has yet to produce any major repercussions.
Let's sum up this era of mistrust. We can do this now because after August 2008, Russia and the West agreed to at least resume dialogue, bringing the era to a close. The damage, however, has already been done. Now we have an entire generation in Russia that instinctively mistrusts "foreigners."
Any reasonable Russian politician remembers the lies of 1999 and 2008 and reacts accordingly. Lies are a weapon of war, and these two wars were born of a lie. For that reason, you should always question the other side's information and adhere to the laws of war, whether the information is true or only half true.
Russia-EU political ties, unlike economic ties, have become a masquerade. Both sides harbor ill feelings. Now Western politicians will have to face the anger of their voters, who were told all these years that Thachi (and Saakashvili) are angels and Russia is the devil.
Russian politicians with pronounced pro-American or pro-European views - or simply views popular in the West - went to their political deaths in 1999. The internal structure of Russian politics became distorted. There is now an uneasy balance between two poles - enlightened nationalists and die-hard nationalists, without anything in between.

Politicians know more than voters

There have been efforts to turn some major European and American politicians around on this issue since around the winter of 2008 and 2009, but there is one problem with that: Politicians have always known that Thachi is a gangster, that the destruction of Yugoslavia was very dirty business, and that attempts were made to pit some puppet regimes against Russia - in Ukraine and Georgia, for instance - to effect regime change.
It is easy for politicians to reach agreements because they know the real facts. It's part of their job. But what to do with a public that is a full era behind?
Marty's report is a step in the right direction because it speaks the truth. Organizations like PACE are not very influential in Europe. It is seen as a supranational parliamentary conference. And the Council of Europe is just that - only a council. But such forums are sometimes the only way to get the truth heard in Europe, be it the truth about Kosovo or the humanitarian situation during the August 2008 war.


=== 5 ===

http://www.strategic-culture.org/news/2010/12/23/thacis-regime-of-butchers-and-europes-moral-weakness.html

Strategic Culture Foundation - December 23, 2010

Thaci's Regime of Butchers and Europe's Moral Weakness

Anna Filimonova

The European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX) headquartered in Pristina was set up in December, 2008 and opened on April 6, 2009. 
Its stated objectives included assistance to Kosovo's authorities, legal institutions and judiciary aimed at forming and strengthening the province's multi-ethnic legal system and law-enforcement agencies. 
The EULEX priority tasks were to fight war crimes, corruption, organized crime, inter-ethnic crimes, money laundering, and terrorism as well as to help resolve various proprietary disputes. Therefore, one might expect EULEX to regard the crimes described in the now-famous Dick Marty's report to the Council of Europe as belonging to its sphere of responsibility. 
The report based on the investigation of the disappearance of some 500 people in Kosovo since the end of the NATO aggression against Yugoslavia contained data on the existence of a network of detention facilities operated by the Kosovo Liberation Army, the illicit extraction and trafficking of human organs, and the key role played by Kosovo's outgoing premier Hashim Thaci in organized crime in the province. The revelations about atrocities like forced extractions of organs caused a storm across the global media but, oddly enough, EULEX stated on December 21, 2010 that it would not investigate human organ trafficking in Kosovo as [the issue does not belong under] EULEX jurisdiction.
Considering that it is up to Washington to decide where the jurisdiction of EU institutions ends in Kosovo, the truth must be that all the EU is allowed to assist in is implementing the US strategy in the region, which at the moment is centered around dismantling the delimitation line between Kosovo's Albanian-populated south and the Serb-populated north.
EULEX officials shy away from commenting on Marty's report. Moreover, it transpired recently that even they are defenseless in Kosovo as EULEX Police Head of Executive Department James Albrecht, who was charged with the mission of investigating the organized crime network in the province, came under attack. 
Visiting Moscow on December 21, Marty spoke about the lack of protection provided to international justice officers and witnesses. He said court hearings are typically hard to organize given that even the Hague Tribunal was under permanent external pressure and people are too intimidated to trust national and international institutions alike. The trial of Ramush Haradinaj by the international Criminal Tribunal for the former Yugoslavia was a vivid example of the situation: the prosecution witnesses never testified in court simply because all of them had been killed before the hearings opened. Marty said potential witnesses cannot present their testimonies because nobody is able to guarantee their safety.
There is information that, concerned over its own safety, the EULEX top brass considers leaving the heavily criminalized Pristina. As for Europe, it is already paying the price for complicity in building a criminal enclave in Kosovo. While infantile EU propaganda is touting “multi-ethnic and democratic Kosovo”, Interpol reports reflect the penetration of EU countries by Albanian organized crime, Kosovo's emergence as the key drug trafficking hub, and the increasing seizure of the European drug market by the Albanian mafia.
News resurfaced last December that some 400 DNA samples taken from crime victims in Kosovo in 1999 by the German police on the Hague Tribunal's request were destroyed. 
Reportedly, every Kosovo Liberation Army division in Kosovo and Metohija as well as in Albania maintained its own secret prisons where Serbs, Gypsies, Bosnians, Bulgarians, Romanians, Ukrainians, and other nationals were held (even former Albanian president Sali Berisha's ranch was converted into a prison). 
In other words, many of the facts unearthed by Marty did not come as a total surprise. A Serbian court charged Hashim Thaci with killing 661 Serbs and other non-Albanians, crippling 518 people, and kidnapping 584. Charges against Thaci also include the expulsion of hundreds of thousands of Serbs from Kosovo since the advent of KFOR. In 2001, Serbia submitted to the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia a 40,000-page report with evidence implicating Kosovo's Thaci-Ceku-Haradinaj permanent triumvirate. The total number of pages in Serbia's materials on crimes against Serbs supplied to the Tribunal almost reached 200,000.
Serbia's prosecutor for war crimes V. Vukevic investigated the genocide charges against former Kosovo Liberation Army commanders Thaci, Ceku, and Haradinaj in 2001, and Serbia's then-minister of justice V. Batic provided the resulting evidence to the head of the UN Interim Administration Mission in Kosovo Harri Holkeri. 
A letter to Holkeri which became available to the media said the crimes against Serbs described in the report were the worst atrocities since World War II. The materials described over 7,000 proven cases of terrorist attacks which led to over 12,000 deaths, 1,350 injuries, almost 1,000 kidnappings, 340,000 expulsions of non-Albanians, the burning of 107,000 residences, and the killing of 70 children. Some of the victims were ritually beheaded and detention camps to hold Serbs were set up. The “international community” promptly intervened and had the investigation suspended.
US and NATO servicemen fully share the responsibility for the crimes. They bombed Yugoslavia for 78 days and then helped cover up the repressions against its civilian population. Nor did the UN officials put to work in the due time documents shedding light on the existence of secret detention facilities in the northern and central parts of Albania. 
The “international community” found no way to protect the lives and the rights of Serbs, other non-Albanians, and even, in some cases, Albanians in Kosovo. For over 6 years, the UN has been conducting a sluggish investigation into the torture and killings at secret Kosovo Liberation Army bases and Albanian prisons. A Peruvian anthropologist and chief of the UN unit investigating the disappearance of people claims that already in 2003 the UN was fully aware of what was happening.

***

The US geopolitical objectives in the Balkan region are being put into practice based on cooperation in the framework of the Washington-Tirana-Pristina triangle. 
Former OSCE mission head William Walker (who, by the way, had been granted an honorary Albanian citizenship) expressed the view that the people of Kosovo and Albania have serious reasons to consider a common future. 
In Kosovo, Walker supports the Self-Determination movement which advocates a plan for a Greater Albania and criticizes EULEX over failing to gain control over the Northern part of the province for years. 
Europeans may be prone to hesitation, but Albanians, time-tested warriors, are eager to fight. For example, police minister Bajram Rexhepi has been saying that his special forces have been ready to enter the northern part of Kosovo since the summer of 2010. The aforementioned special forces are the south-based Kosovo Liberation Army and the paramilitary formations including Wakhabbi terrorist groups. They are ready to do what it takes to subdue Kosovo's north. Thaci declared on December 21 that he did not take the charges against him seriously and would shortly head for the US to regain Washington's support.
Currently we are witnessing a new tide of the information war over Kosovo. The US is exercising undivided control over the historically Serbian province jointly with the dependent local administration, and Washington is not going to abandon its long-term partner Hashim Thaci. The EU is not a significant player in Kosovo, and EULEX was created simply as a part of the Ahtisaari plan meant to strengthen the Kosovo self-proclaimed independence. Since, according to the plan, Kosovo is supposed to be indivisible, gaining control over the northern part of the province has to be its indispensable element.
Will the storm triggered by Marty's report translate into a serious judicial investigation and lead to the punishing of Albanian war criminals - thus changing things not only in the Balkan region but also in Europe - or will the storm subside under Washington's pressure? The inability of EU authorities to stand up for justice promises the EU an ugly future painted in the bloody colors of the Albanian flag.


=== 6 ===

http://www.rnw.nl/english/bulletin/un-covered-organ-trafficking-report-says-serbia

Radio Netherlands - December 26, 2010

UN covered up organ trafficking report, says Serbia

Serbia asked the international war crimes court for the former Yugoslavia to investigate a former UN chief in Kosovo for covering up a report on organ trafficking, a report said on Sunday.
Serbia's minister for cooperation with the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia (ICTY) wrote to chief prosecutor Serge Brammertz seeking an inquest into Soren Jessen Petersen, the head of the UN's mission in Kosovo (UNMIK) from 2004 to 2006, Blic newspaper reported.
"We are waiting for ICTY to open an inquest into UNMIK officials at the time for contempt of court," minister Rasim Ljajic told the newspaper.
Council of Europe rapporteur Dick Marty published a report earlier this month that linked Kosovo Prime Minister Hashim Thaci to organ trading and organised crime, which Thaci has denied.
UNMIK investigated possible organ trafficking in 2004, but it did not take it further citing lack of evidence.
"At the time, UNMIK said it did not have a report on organ trafficking and had no proof....But in 2008 our war crimes prosecutor obtained 16 pages of this report," Ljajic said.
Marty's report said Thaci headed a Kosovo Liberation Army faction which controlled secret detention centres in Albania, where the human organ trafficking was alleged to have taken place in the aftermath of the 1998-99 war between the guerrillas and Serbian forces.

© ANP/AFP 


=== 7 ===

Die Schweiz muss Engagement in Kosovo überdenken
 
Daniel Vischer *
 
Der Bericht von Dick Marty an den Europarat löste vergangenen Donnerstag einen eigentlichen Schock aus. Darin steht, Hashim Thaci sei der «Boss» eines «mafiaähnlichen» kriminellen Netzwerkes, das Waffen, Drogen und menschliche Organe in Osteuropa schmuggelt. Konkret wird Thaci vorgeworfen, der Chef einer Bande gewesen zu sein, die in Gefangenenlagern der UCK Gefangenen Nieren entnahm und anschliessende Morde organisierte.
 
MINUTIÖSE ABKLÄRUNGEN. Der erste Vorfall datiert bereits vom Sommer 1999, an dem vor allem auch der Arzt Dr. Shaip Muja beteiligt war, der heute ein enger Mitarbeiter von Premierminister Thaci ist. Der Bericht wurde in Auftrag gegeben, nachdem die ehemalige Chefanklägerin für das Kriegsverbrechertribunal in Den Haag, Caria del Ponte, daran gehindert worden sein soll, die obersten Mitglieder der UCK, der Befreiungsarmee von Kosovo, deren Chef Thaci war, zu untersuchen. Was sie in ihren Memoiren vor zwei Jahren antönte, ist nun nach minutiösen Abklärungen erhärtet. Nun fragt sich einzig, wann gegenüber Thaci das Gleiche gilt wie gegen die dem Haager Tribunal bisher Überstellten.
Überhaupt hat der Bericht zwar wie eine Bombe eingeschlagen, ausser zur Schau gestellter Empörung aber bislang kaum Folgen ausgelöst. Einzig Aussenministerin Calmy-Rey verzichtete darauf, den Prix Diaspora entgegenzunehmen, mit dem sie für ihre Verdienste um die Unabhängigkeit von Kosovo ausgezeichnet wurde. Dazu hatte sie fraglos guten Grund, stellen sich doch verschiedene Fragen an sie als Aussenministerin, welche die Anerkennung von Kosovo vor zwei Jahren forcierte. Denn sie wie auch die Repräsentanten der anderen in Kosovo hauptsächlich engagierten Länder, aber vor allem auch die UN-Verwaltung Umnik werden nun zu erklären haben, ob sie tatsächlich nichts gewusst und warum sie nichts unternommen haben. Immerhin sagt Marty deutlich, die internationale Gemeinschaft ignoriere die Kriegsverbrechen, welche die UCK im Kosovokrieg gegen die Serben unternommen habe, und setze die Priorität stattdessen auf irgendeine Form der kurzfristigen Stabilität. Das war indes nur möglich, weil deren Politik einseitig von allem Anfang an gegen Serbien gerichtet war. Als richtig und moralisch integer galt eben, was Serbien schadet, das war auch in der Schweiz die vorwiegende Meinung im linken wie im rechten Lager und vor allem in praktisch allen Medien. Dabei war der von Joschka Fischer zum neuen humanitären Krieg erklärte Nato- Luftkrieg gegen Serbien genauso völkerrechtswidrig wie später der Irakkrieg und erfolgte ohne UNO Ermächtigung. Er beruhte auf der Kriegslüge von «Racak», einem zu Unrecht den Serben zugerechneten Massaker, wie man heute weiss. Erst das macht verständlich, warum die UCK so agieren konnte. Wenn nun deren Verbrechen endlich aufgedeckt werden, wird auch zwangsläufig die Geschichte der letzten 20 Jahre in Ex-Jugoslawien neu zu bewerten sein. Dies wird einige bestimmt nicht erfreuen.
Und auch die Schweiz wird ihr Engagement in Kosovo überdenken müssen, die Tage der Swisscoy jedenfalls sind gezählt.
 
* Daniel Vischer ist Nationalrat der Grünen Partei (ZH) und erklärt hier wöchentlich seine Sicht der Dinge.
 
Basler Zeitung, 22.12.2010



(Una delegazione jugoslava, guidata dalla SKOJ, ha partecipato al 17.mo Festival della Gioventù e degli Studenti che si è svolto in Sud Africa dal 13 al 21 dicembre 2010)

17. FESTIVAL OMLADINE I STUDENATA

U Pretoriji, Južna Afrika, je od 13-21 decembra, u organizaciji Svetske federacije demokratske omladine (WFDY) održan 17. Festival omladine i studenata sa radnim naslovom „Pobedimo imperijalizam, za svet mira, solidarnosti i socijalne transformacije“. Učešće na Festivalu je uzelo više od 20.000 delegata različitih omladinskih i studentskih organizaciji iz skoro svih zemalja sveta. Festival predstavlja nastavak duge tradicije (prvi Festival je održan u Pragu, Čehoslovačka, 1947.) masovnog okupljanja mladih sa jasnim porukama mira, suverenosti i slobodoljublja, demokratije, međusobne solidarnosti, saradnje i uvažavanja, zajedničke borbe za bolju budućnost bez eksploatacije čoveka od strane čoveka, rasizma, fašizma, siromaštva, gladi, neprosvećenosti... Ovogodišnji Festival je po prvi put održan u subsaharskom delu Afrike, u Južnoj Africi. U vibrantnom području, u zemlji koja je tako reći nedavno uspela da pobedi i prevaziđe varvarski sistem aparthejda, višedecenijskom borbom progresivnih snaga iz Južne Afrike, ali i uz učešće ogromnog broja međunarodnih dobrovoljaca i uz solidarnost progresivnih zemalja, Festival je dobio svoju punu afirmaciju i aktuelnost.
Festival je svečano otvoren posle umetničke priredbe lokalnih plesnih sastava koji su izvodili tradicionalne Zulu igre, i kraće vojne parade, u prisustvu predsednika Južne Afrike, Jakoba Zume, koji se obratio svim gostima i delegatima posle generalnog sekretara WFDY, Kubanca Hesusa More i predsednika WFDY, Portugalca Tijaga Vijeire. Mesto održavanja Festivala je bio univerzitetski centar u Pretoriji, gde su svakodnevno u nekoliko hala bili održavani seminari i radionice na različite teme koje su u vezi sa naslovom i porukom Festivala, kulturno-umetničke priredbe, sportske priredbe, internacionalni sajam prijateljstva gde su sve delegaicje imale svoje štandove na kojima su predstavljale svoje zemlje i organizacije.
I pored slabe medijske propraćenosti, koja je direktan rezultat neumitne cenzure koja na globalnom planu i u svim vrstama medija postoji kada se kritički govori o imperijalizmu, dominaciji neoliberalne tržišne ekonomije, krizi kapitalizma, antikomunističkim i atacima na elementarna prava omladine, kao i pored velike udaljenosti Južne Afrike od mnogih zemalja koje su na Festivalu bile prisutne, nemoguće je ne istaći pozitivan utisak s obzirom na veliki uspeh koji je Festival postigao okupivši tako veliki broj mladih ljudi.
Kao jednu od glavnih poruka, Festival je uputio solidarnost sa narodom Južne Afrike i oslobodilačkim pokretom predvođenim Afričkim nacionalnim kongresom (ANC), koji je zajedno sa Južnoafričkom komunističkom partijom (SACP) ne samo izvojevao pobedu u borbi protiv aparthejda, već i krenuo u izgradnju novog društva za sve narode Južne Afrike, društva bez rasizma, seksizma, društva demokratije i prosperiteta, društva koje se zajedno sa svim ostalim međunarodnim progresivnim faktorima bori protiv imperijalizma u svim njegovim formama. Južnoafričko društvo čekaju još brojni izazovi u cilju ostvarivanja ovih imperativa. Stopa nezaposlenosti i siromaštva je izuzetno visoka, više od 40 odsto Južnoafrikanaca je nezaposleno, ogroman broj stanovništva živi u nehigijenskim i uopšte nehumanim uslovima života, dok je jaz između siromašnih i bogatih tek nešto manji nego u vreme aparthejda. To je društvo koje shvata da aparthejd nije dovoljno samo deklarativno pobediti, t.j. da je u cilju njegove potpune eliminacije neophodna dublja socijalna transformacija, što predstavlja dug i naporan posao za sve progresivne snage Južne Afrike prema kojima je Festival u celosti, kao i svi učesnici, uputio poruke solidarnosti. Pored toga, Festival je predstavljao demonstraciju solidarnosti poglavito sa onim zemljama gde je imperijalističko ugnjetavnje najočiglednije, kao što su Palestina, Zapadna Sahara, Kuba (posebno je izražena solidarnost sa petoricom kubanskih patriota nepravdeno zatočenih u kazamatima SAD), Irak, Afganistan, DNR Koreja, sa narodima Bliskog Istoka, Latinske Amerike, ali i sa narodima Balkana, Jugoslavije i Srbije po pitanju imperijalističke okupacije Kosova i nastavka rasparčavanje naše domovine priznavanjem kvazi države Kosovo.
S obzirom na antiimperijalistički karaker Festivala, kao i na činjenicu da je poslednjeg dana organizovana specijalna radionica sa naslovom „Razbijanje Jugoslavije“, još pre Festivala je dogovoreno da svi delegati iz bivših jugoslovenskih republika fromiraju jedinstvenu jugoslovensku delegaciju na Festivalu, predvođenu Savezom komunističke omladine Jugoslavije (SKOJ), i prvim sekretarom SKOJ-a, Aleksandrom Banjanacem. SKOJ je bio organizator evropskog pripremnog skupa za Festival, koji se odžao u Beogradu od 30.07-01.08. 2010, o čemu je u našim medijima bilo jako malo reči, iako je na tom skupu bilo prisutno više od 30 stranih delegata iz brojnih evropskih zemalja. Na Festivalu su bile prisutne sve bivše jugoslovenske republike sa izuzetkom Crne Gore, a delegacija je na svečanom otvaranju prodefilovala pod jugoslovenskom trobojkom sa petokrakom. Formiranje jugoslovenske delegacije je predstavljalo izuzetan uspeh u cilju rasvetljavanja svih zabluda oko karaktera rasturanja Jugoslavije vođenog ciljevima agresivnog imperijalizma, a protivno intersu najširih narodnih masa koje su na njenom tlu živele i žive, kao i činjenice da to nije okončan proces, t.j. da se nelegalnom jednostranom secesijom Kosova taj proces nastavlja. Jugoslovenska delegacija je jedinstveno i principijelno branila svoj stav o osudi okupacije Kosova od strane NATO i SAD, što predstavlja ne samo okupaciju jednog dela teritorije Srbije, već i čitavog regiona koji zbog svoje geostrateške važnosti predstavlja značajan cilj imperijalističkom okupatoru. U tu svrhu podnesena je peticija protiv imperijalističkog projekta „Nezavisno Kosovo“ koju je potpisala velika većina prisutnih delegacija na Festivalu među kojima je bio i značajan broj organizacija iz država koje su nelegalnu državu Kosovo priznale. To je predstavljalo čin izraza iskrene volje naroda koji u tim državama živi, a koju vlade koje funkcionišu po imperijalističkom diktatu ignorišu.
17. festival omladine i studenata je predstavljao ne samo kolektivni skup i razmenu iskustava slobodoljubive omladine koja se bori protiv imperijalizma, za mir i društveni progres, za demokratiju, odbranu elementarnih prava omladine, ljudskih prava, pravo na slobodno obrazovanje, zdravstvenu zaštitu, već i priliku da se udare temelji masovnom međunarodnom omladinskom pokretu koji se bori za budućnost u kakvoj omladina želi da živi.

Aleksandar Banjanac

Fotografije: http://www.facebook.com/album.php?aid=43513&id=100000413208805&l=52a67f310d



Un punto di vista diverso su Lukashenko

di Fosco Giannini* e Mauro Gemma**

su l'Ernesto Online del 28/12/2010

Proponiamo ai nostri lettori questo articolo che "Liberazione" non ha ritenuto opportuno pubblicare

* Direzione nazionale PRC
** Segreteria provinciale PRC Torino 

Caro direttore, cari compagni/e, cari lettori e lettrici, in questo articolo vi è un punto di vista diverso da quello espresso giorni fa da Liberazione, ma siamo convinti che tale punto di vista sarà sopportato, ai fini del dibattito, dal nostro quotidiano.

Il punto è questo: lo scorso 21 dicembre, su Liberazione, abbiamo letto con stupore un articolo di Massimo Alviti sulle elezioni presidenziali in Bielorussia, articolo che riprende, senza porsi il minimo dubbio, la versione fornita dall’apparato mediatico dominante e riassume tutti i luoghi comuni di quella propaganda che si propone di demonizzare la figura dell'attuale capo dello Stato bielorusso, Aleksandr Lukashenko. E' un articolo che abbiamo trovato non rispondente in nulla alla realtà dei fatti e qualche parola va spesa allora su quella che, senza esagerazione, può essere definita una resistenza antimperialista avviata dal leader bielorusso.

Chi è, dunque, Lukashenko, considerato dal potere economico e militare nordamericano come uno dei più fastidiosi ostacoli ai processi di mondializzazione e normalizzazione capitalistica; definito da Bush come l’ “ultimo dittatore d’Europa” e misurato a volte con gli stessi metri delle più reazionarie e guerrafondaie aree imperialiste USA anche da settori della “sinistra alternativa” ?

Lukashenko, innanzitutto, fu uno dei pochi, coraggiosi, parlamentari del Soviet a pronunciarsi, nel dicembre 1991, contro la dissoluzione dell’URSS, divenendo poi popolarissimo per il rigore nella lotta contro la corruzione che dilagò nel nuovo regime post sovietico. Ciò gli permise di sbaragliare, nelle elezioni presidenziali del 1994, nelle quali ottenne l’81,7% dei voti, il suo avversario, il primo ministro Viaceslau Kiebic, nazionalista e fautore di un rapido avvicinamento alla NATO.

Il nuovo presidente indicò sin da allora quello che sarebbe stato il proprio obiettivo strategico, perseguito poi con coerenza e ribadito nella sua ultima conferenza stampa: la ricomposizione dell’unità politica ed economica almeno delle repubbliche europee dell’ex Unione Sovietica, fino alla creazione di uno Stato unitario delle repubbliche dell’ex URSS, a cominciare dalla Russia.

Lukashenko, che ha collocato il proprio Paese, con un ruolo da protagonista, all’interno del grande movimento dei non allineati, sviluppando rapporti privilegiati con paesi come Cuba e il Venezuela, non si è limitato a pronunciarsi apertamente contro il processo di allargamento della NATO ad Est, ma ha denunciato con grande forza e risonanza internazionale il carattere aggressivo di tale alleanza, i suoi tentativi di prevaricare la volontà dei popoli e degli stati che non intendono assoggettarsi al nuovo ordine mondiale e l’intenzione, non mascherata, di attentare all’integrità territoriale non solo della Bielorussia, ma della stessa Federazione Russa.

Nel 1995 e 1996, un vero e proprio plebiscito ha ratificato alcuni quesiti referendari da Lukashenko proposti, nei quali venivano fissati i capisaldi programmatici della nuova amministrazione.

L’80% dei bielorussi si pronunciava allora positivamente sulle richieste di unione economica con la Russia e di ripristino dei simboli sovietici e rivoluzionari.

Il presidente bielorusso, nonostante i ripetuti tentativi (scientemente ed ostinatamente organizzati) di precostituire scenari simili a quelli che hanno caratterizzato il successo delle “rivoluzioni colorate” in altre repubbliche ex sovietiche, attraverso violenti disordini provocati da gruppi di destra lautamente finanziati anche dalle istituzioni governative americane, è stato ripetutamente rieletto alla presidenza della Repubblica, a furor di popolo, in consultazioni di cui solo la malafede dei suoi denigratori ha potuto contestare la legittimità. I disordini successivi all'ultima consultazione elettorale, provocati da poche centinaia di persone che inalberavano anche le bandiere dei gruppi fascisti bielorussi che collaborarono con l'aggressione hitleriana, hanno seguito lo stesso copione e ci dispiace che il compagno Alviti non se ne sia accorto- spingendosi anche oltre il quadro fornito dalle agenzie - con le sue critiche all'Occidente (che nei confronti della Bielorussia attua una politica di vero e proprio “cordone sanitario”), reo – per Alviti – di avere avanzato nei confronti di Lukashenko solo critiche e richieste “timide e formali”. Ma cosa si augura Alviti: che carri armati con la benzina americana avanzino su Minsk? 

Occorre informarsi delle vere ragioni di questa ostilità imperialista verso la Bielorussia. Ragioni che risiedono nella determinazione con cui Lukashenko ha rifiutato di genuflettersi ai diktat che gli sono giunti quotidianamente dall'Occidente. Unico tra i leader dell'Europa Orientale emersa dalla fine del “socialismo reale”, sin dall’inizio del suo mandato, Lukashenko si è imposto di mantenere sotto il controllo dello Stato le risorse strategiche ereditate dall’URSS, cercando allo stesso tempo di rilanciare e rafforzare gli storici legami con il mercato dei paesi eredi dell’Unione Sovietica, tradizionale sbocco delle produzioni bielorusse.

Tale politica, che gode dell'appoggio del Partito Comunista di Bielorussia (KPB), che partecipa all’amministrazione del Paese con una propria rappresentanza parlamentare, ha permesso di contenere i costi sociali derivanti dal crollo economico successivo alle ricette di liberalizzazione e privatizzazione applicate nel resto dello spazio post-sovietico, e in particolare nelle vicine Russia e Ucraina.

La posizione dei comunisti bielorussi è stata illustrata in una dichiarazione rilasciata, prima delle ultime elezioni, alle agenzie di stampa da Igor Karpenko, dirigente del KPB.

Ha affermato Karpenko che il partito comunista ha assunto la decisione di appoggiare Lukashenko partendo dalla convinzione che, con la sua presidenza, la Bielorussia è stata in grado “di far fronte alla crisi economica, garantendo uno sviluppo sostenibile e moderno del Paese, di rafforzare la sua capacità di difesa, di mantenere legalità e unità del Paese e, soprattutto, di evitare la disparità nella distribuzione del reddito”.

L'esponente comunista, mettendo in guardia dal tentativo di alcune forze liberali e ultra-nazionaliste di “gettare il Paese nella tempesta”, ha invitato tutti i bielorussi ad appoggiare Lukashenko e la sua politica “indirizzata al rafforzamento del modello di sviluppo sociale ed economico bielorusso, che ha permesso il miglioramento del livello di vita della popolazione”. “Le posizioni del Partito Comunista di Belarus sono simili a quelle dell'attuale governo, sia per quanto riguarda la politica interna che quella internazionale, che mira a proteggere gli interessi dell'assoluta maggioranza del nostro popolo”, ha aggiunto Karpenko.

Del resto, se solo si avesse la volontà di approfondire l'argomento, si noterebbe che anche diversi degli osservatori più ostili all’esperienza bielorussa sono costretti a riconoscere che la Bielorussia non ha mai conosciuto gli stessi livelli di degradazione dei servizi sociali, sanitari, educativi, di previdenza raggiunti nei paesi emersi dalla scomparsa dell’URSS e del “sistema socialista” dei paesi dell’Europa dell’Est.

Ed è’ sicuramente un dato di fatto che della devastazione prodotta dal modello adottato dai paesi ex sovietici vicini ed anche dei drammatici costi sociali dell’esperimento attuato, è cosciente la grande maggioranza della popolazione bielorussa, in misura ben più rilevante di quanto si sia indotti a credere in Europa occidentale. E questa è la base materiale sulla quale può poggiare la politica non subordinata agli Usa del governo di Minsk; è la base per far fronte alla massiccia pressione propagandistica che viene esercitata dall’Occidente, pressione respinta nonostante i milioni di dollari che vengono “donati” alle forze di opposizione.

---


ESCLUSIVA – Lukashenko accusa: teppisti in piazza

20/12/10 20:28 CET

Le elezioni in Bielorussia che hanno portato alla rielezione di Alexander Lukashenko hanno suscitato le proteste di migliaia di oppositori scesi in piazza per contestare il risultato delle urne. Le forze speciali hanno effettuato centinaia di arresti e fermato anche alcuni candidati dell’opposizione.

Il capo dello Stato da Minsk ha risposto alle nostre domande:

Euronews: “Signor Lukashenko ha notizie sullo stato di salute del candidato alla presidenza Vladimir Nekliaev che risulta tra le persone ferite domenica sera? Dove si trova in questo momento? Le immagini di Nekliaev con il volto tumefatto hanno fatto il giro del mondo. Non sono esattamente le immagini che un paese moderno ama dare di se stesso. Intende fare qualcosa per cambiare la percezione che il mondo ha del suo paese?”

Lukashenko: “Sa, io non vivo in una Bielorussia virtuale. Questo è il primo punto che vorrei chiarire. Poi la devo correggere: le elezioni non si sono concluse con quanto lei sta evocando. Tutto cio’ è avvenuto diopo il voto. Per quanto riguarda lo stato di salute dell’ex candidato alle presidenziali abbiamo un sistema sanitario avanzato, non certo inferiore a quello francese. I medici si occupano dello stato di salute di tutti i cittadini, ex candidati compresi. Io non sono un medico e non posso esprimermi al riguardo. Hanno organizzato dei tumulti strumentalizzando anche minorenni e teppisti. Credo che sarebbe doveroso che lei veda anche queste immagini e non solo quelle del candidato con un occhio gonfio. Immagino poi che lei abbia letto le dichiarazioni rilasciate dal direttore della campagna elettorale del candidato che non tirano assolutamente in ballo la polizia. Sono loro affari interni, che se la vedano tra di loro”

Euronews: “I fermati sono centinaia. Molti di questi sono stati picchiati. Sette candidati alle presidenziali sono stati arrestati. Non crede che la reazione delle forze dell’ordine sia stata sproporzionata? Perchè è successo questo? Ha paura dell’opposizione?”

Lukashenko: “Guardi io non ho nessun timore delle organizzazioni europee. L’unica preoccupazione che ho è quella di assicurare la pace e la sicurezza del popolo bielorusso di cui sono il presidente. Tutto quello che è successo ieri è registrato, le immagini sono in mano ai giornalisti stranieri anche di Euronews. Se avete un minimo di onestà intellettuale mostrate quanto sta succedendo. Ci sono stati dei tumulti e gli organizzatori e i partecipanti di questi tumulti dovranno rispondere di quanto accaduto. Lo faranno, glielo posso assicurare. Non davanti a me, io non ne ho bisogno e non sono certo assetato di vendetta. Risponderanno davanti alla giustizia che rappresenta il popolo bielorusso. Se fosse accaduto in Francia risponderebbero alla legge francese. Ma le devo dire che a differenza di quanto accaduto in passato in Francia noi non abbiamo fatto uso di gas lacrimogeni nè di cannoni ad acqua viste anche le temperature attuali. Siamo ancora lontani dal vostro modello di democrazia”

Euronews: “Puo’ spiegarci la sua versione su quanto accaduto? Quei manifestanti hanno violato la legge?”

Lukashenko: “Non soltanto hanno violato la legge. Si sono riuniti sulla piazza centrale della capitale, bloccando la circolazione e marciando verso la sede del governo. Hanno saccheggiato l’edificio, rotto i vetri. Chieda a Euronews di rivedere le immagini..Chieda ai suoi colleghi di fornirle i filmati dell’assalto alla sede del governo, E’ questo il punto. La polizia è stata costretta ad intervenire ed ha fermato chi si trovava li’ compresi gli organizzatori della protesta. L’inchiesta che abbiamo aperto non riguarda tutti i candidati dell’opposizione ma 2 o 3 di loro. Se Euronews è una televisione onesta, io la guardo spesso, mostri anche le immagini di quello che questa gente ha combinato.”

Euronews: “La repressione delle manifestazioni di protesta e i dubbi sulla correttezza dello spoglio delle schede elettorali sono le cause che hanno convinto gli osservatori internazionali a ritenere il voto non conforme ai criteri di libertà e democrazia. Questo non la amareggia?”

Lukashenko: “Lei non si esprime in modo corretto. Il rapporto redatto dalla missione degli osservatori internazionali rappresenta un importante passo avanti rispetto a quello preparato subito dopo il voto del 2006. E’ un passo avanti colossale. Mi creda. Su queste basi potremo costruire un’autentica collaborazione con l’Europa. Chi vuole analizzare la situazione in Bielorussia in modo imparziale puo’ farlo. Ecco perchè non sono affatto amareggiato come lei pensa.

In secondo luogo va chiarito che ad organizzare le elezioni siamo stati noi e non l’OSCE. Abbiamo invitato tutti gli osservatori che desideravano venire. Sono venuti ed hanno visto senza problemi quelloche c’era da vedere. Non sono preoccupato: anzi sono persuaso che tutti i problemi che abbiamo con voi – con la Francia e con l’Unione Europea – potranno risolversi da qui a breve. Vi chiedo solo di essere obiettivi. Per quanto riguarda gli avvenimenti che si sono svolti in Bielorussia non c‘è stato il giusto grado di obiettività.”

Euronews: “Il presidente russo si è felicitato con lei per la vittoria ottenuta?”

Lukashenko: “Lei sa che ho passato metà giornata in conferenza stampa. Dopo ho guardato i messaggi inviatimi. ho ricevuto le congratulazioni del presidente kazako Nazarbarev, del presidente venezuelano Chavez e di altri capi di stato. Ma poi sono dovuto tornare davanti ai giornalisti. Non appena avro’ tempo leggero’ la corrispondenza e sapro’ senz’altro informarla meglio”

Copyright © 2011 euronews





Il seguente resoconto del viaggio di solidarietà di Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus a Kragujevac si può scaricare nella versione completa (formato Word, corredata di fotografie) in due parti attraverso i link: 
http://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz1010_1.doc 
Anche le precedenti relazioni di Zastava Trieste / Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus si possono scaricare alla URL: 

===


ONLUS Non Bombe ma Solo Caramelle

RITORNO DALLA ZASTAVA DI KRAGUJEVAC

Viaggio del 20-24 ottobre 2010

Prima parte della relazione


Questa relazione e’ suddivisa in tre parti.


  1. Introduzione e siti web
  2. Cronaca del viaggio; i progetti in corso

  3. Conclusioni



1. Introduzione, quasi sempre uguale a se stessa...

Vi inviamo la relazione del viaggio svolto poco piu’ di un mese fa a Kragujevac per la consegna delle adozioni a distanza che fanno capo alla ONLUS Non Bombe ma solo Caramelle e al Coordinamento Nazionale RSU CGIL e per la verifica dei progetti in corso a Kragujevac.

Il nostro sito e’ all’indirizzo
sul quale trovate tutte le relazioni delle nostre attivita’ a partire dal dicembre 2006.

Sul sito del coordinamento RSU trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative a partire dal 1999
Trovate tutte le informazioni seguendo il link

I nostri resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, scorrendo la pagina all'indirizzo:


Molti dei progetti che abbiamo in corso a Kragujevac sono realizzati ormai da anni in collaborazione con altre associazioni: ONLUS Zastava Brescia per la solidarieta’ internazionale, ONLUS ABC solidarieta’ e pace di Roma, Associazione Fabio Sormanni di Milano, ONG Cooperazione Odontoiatrica Internazionale, Caritas Trieste e Misericordia della Bassa Friulana.

Questi sono gli indirizzi dei loro siti:

http://digilander.libero.it/zastavabrescia

http://www.abconlus.it

http://www.fabiosormanni.org

http://www.cooperazioneodontoiatrica.eu

http://www.misericordiabf.org


A queste associazioni si aggiungono poi alcuni enti locali, specialmente i Comuni di San Dorligo della Valle e di San Giorgio di Nogaro; abbiamo anche avuto in passato per tre anni un significativo supporto della Regione Friuli Venezia Giulia.


Da due anni collaboriamo anche con la ONG Un ponte per... che, attraverso Alessandro e Samantha, e’ venuta varie volte con noi a Kragujevac ed ha contribuito a vari progetti insieme a noi.

Alessandro cura un blog molto intreressante, che vi consiglio di sfogliare:

http://unsorrisoperognilacrima.blogspot.com


2. Cronaca del viaggio; i progetti in corso


Mercoledi’ 20 ottobre 2010


In questo viaggio abbiamo avuto la delegazione piu’ numerosa di tutti questi anni: siamo arrivati in sette il 20 ottobre sera, seguiti da altri quattro la sera del 21 e da ulteriori quattro la sera del 22.

Malgrado questo numero altissimo di partecipanti siamo riusciti a rispettare tutti gli impegni senza ritardi e senza alcuna confusione.

Il primo gruppo e’ partito da Trieste alle 8 e 30 del 20 ottobre, con il solito pullmino prestato dalla Associazione di Solidarieta’ Internazionale Triestina: Claudia, Gabriella e Gilberto da Trieste, Stefano da Fiumicello, Giuseppina da Biella e Gino da Montereale Valcellina.


Come sempre sul furgone hanno trovato posto alcuni scatoloni per famiglie di Kragujevac inviati dai loro donatori italiani, vestiario, scarpe, molti libri e materiale didattico per la Scuola Primaria 21 ottobre,e una grande quantita’ di medicine per il presidio medico della Zastava.

Altri quattro (Carla, Davide, Elena e Giorgio) sono partiti da San Giorgio di Nogaro il 21 ottobre, arrivando in serata, mentre il 22 sera da Trieste sono arrivati Bettina, Lucia, Marco e Nicoletta.

Per tutti il viaggio e’ stato tranquillissimo e veloce; il traffico in autostrada era ancor piu’ scarso del solito, se si eccettua il sempre caotico attraversamento di Belgrado.


Noi del primo gruppo siamo arrivati a Kragujevac verso le 19, e dopo i soliti calorosi saluti con i nostri amici del Sindacato Samostalni abbiamo preparato il piu’ velocemente possibile le buste contenenti gli affidi da distribuire il sabato 23 ottobre.

Abbiamo trovato l’albergo strapieno di delegazioni arrivate da tutta Europa per partecipare il giorno successivo alla manifestazione in ricordo della strage nazista del 21 ottobre 1941.


Giovedi’ 21 ottobre


Partecipiamo al mattino alla Grande Lezione di Storia, che si svolge nel Parco della Rimembranza di Sumarice, a ricordo di una delle piu’ efferate rappresaglie naziste, che vide la fucilazione di 7300 persone.

Tra il 14 e il 19 ottobre 1941 vi furono nei dintorni della citta’ durissimi scontri tra soldati tedeschi e partigiani, durante i quali vi furono dieci morti e ventisei feriti tra le truppe occupanti.

Le agghiaccianti regole di rappresaglia imponevano il rapporto di 100 fucilati per ogni tedesco morto e 50 per ogni ferito. In realta’ tra il 19 e il 21 ottobre furono fucilate 7300 persone, tutti maschi, rastrellati in tutta la citta’ e nei villaggi contadini circostanti; trovarono la morte anche gli studenti e i professori del Ginnasio della citta’, prelevati direttamente dalle aule. E furono poi uccisi anche i piccoli rom della citta’ che facevano tradizionalmente i lustrascarpe, perche’ rifiutarono di pulire gli stivali dei fucilatori.

I fucilati vennero gettati in trentatre fosse comuni, disseminate in 380 ettari di terra che oggi costituiscono il Parco della Rimembranza. Nel territorio del Parco sono stati eretti molti monumenti, il piu’ imponente dei quali ricorda gli studenti del Ginnasio ed e’ chiamato le Ali Spezzate.

Potete trovare un documentazione molto completa su questo argomento al seguente indirizzo:

https://www.cnj.it/CULTURA/krvavabajka.htm

dove e’ riportata anche in Serbo e in due versioni italiane la poesia ‘’Fiaba sanguigna’’ di Desanka Maksimovic scritta a ricordo degli studenti uccisi.

Fu uccisa in quella occasione una unica donna, una ragazza di 19 anni, Nada Naumovic, alla quale sono intitolate le scuole materne della citta’, e alla quale e’ dedicato uno dei bei monumenti del parco.


[FOTO: Le Ali Spezzate / Il monumento a Nada Naumovic]

Mentre siamo a pranzo in un ristorante vicino al Parco entra un gruppo di persone, tra cui alcuni lavoratori della Zastava che ci riconoscono e ci raccontano che fanno parte di una associazione che si occupa del mantenimento dei monumenti presenti nel Parco; tra loro un vecchio ma molto arzillo partigiano che, dopo aver saputo chi siamo, vuole salutarci e proporci un brindisi. Poi ci spiega con grande orgoglio il signficato delle tante medaglie che ornano la sua giacca.


[FOTO: La nostra delegazione con un partigiano]

Nel pomeriggio siamo invitati alla Scuola Primaria 21 ottobre, (corrispondente alle nostre elementari piu’ medie) e’ l’unica di Kragujevac a prevedere l’insegnamento della lingua italiana come lingua straniera; a marzo del 2009 ci avevano contattato per chiederci se riuscivamo a metterli in comunicazione con Scuole italiane per effettuare un gemellaggio. Le Scuole elementari e medie del Comune di San Dorligo della Valle avevano risposto con entusiasmo a questa richiesta.

Solo per ringraziarci di questo intervento gli studenti e i loro insegnanti hanno voluto offrirci un bellissimo spettacolo del loro coro. La cosa molto interessante e’ che hanno voluto iniziare con una versione cantata della filastrocca per bambini ‘’Ne’ di giorno ne’ di notte’’ del grande pedagogista italiano Gianni Rodari ‘’Ne’ di giorno ne’ di notte’’ di cui riporto i versi:


Ci sono cose da fare ogni giorno: lavarsi, studiare, giocare,

preparare la tavola a mezzogiorno.

Ci sono cose da fare di notte: chiudere gli occhi, dormire, avere

sogni da sognare, orecchie per sentire.

Ci sone cose da non fare mai, ne' di giorno, ne' di notte, ne' per

mare, ne' per terra per esempio: la guerra.


[FOTO: Il coro della Scuola 21 ottobre]

C’e comunque sempre una certa tristezza ad incontrare ragazzi di questa eta’; molti di loro non erano neppure nati nel marzo del 1999, quando il loro Paese fu bombardato dalla NATO, il loro futuro spazzato via dalla ‘’ingerenza umanitaria’’; hanno sempre vissuto in un Paese isolato dal resto del mondo in ristrettezze economiche continue. E’ per loro che dobbiamo continuare ad agire, perche’ i ponti di solidarieta’ creati in tutti questi anni continuino a dare i loro frutti.


Verso sera incontriamo alcuni studenti e il Vicepreside del Ginnasio di Kragujevac.

Su loro richiesta avevamo avuto un incontro-dibattito con gli studenti del Ginnasio a luglio scorso (vedere la relazione di luglio 2010).

Questa e’ la Scuola da cui erano stati prelevati dai nazisti gli studenti e i loro professori il 20 ottobre del 1941, e poi fucilati il giorno dopo per rappresaglia a Sumarice.

Vi e’ una grande aula dove sono esposti le fotografie dei martiri e i loro ultimi messaggi, nonché documenti dell’epoca relativi a quel tragico evento. Il prossimo anno, nel 2011, in occasione del settantesimo anniversario della strage, il governo serbo finanzierà il progetto di trasformazione dell’aula in museo permanente dell’orrore nazifascista.


[FOTO: Un particolare delle foto degli studenti uccisi / Cittadini di Kragujevac durante i rastrellamenti]

Gli studenti hanno a disposizione delle loro attivita’, svolte attraverso il loro Parlamento, due aule abbastanza capienti.

Una e’ in buonissimo stato, ben arredata ed attrezzata con computers, la seconda e’ adoperata per le loro attivita’ culturali, e versa invece in cattivo stato ed e’ arredata molto sommariamente.

Gli studenti vorrebbero ristrutturare quest’ultima e dotarla di nuovi arredi; a questo scopo ci avevano spedito ad agosto il preventivo dei lavori da effettuare e l’elenco di tutte le numerose iniziative che hanno svolto negli ultimi due anni in questa sala.

Il Direttivo della nostra associazione a settembre scorso aveva deciso di venire incontro a questa esigenza, che prevede il recupero del pavimento originale, la riparazione di porte e finestre, la stuccatura e la imbiancatura dei muri e la posa in opera delle tende alle finestre.

Consegnamo quindi la somma di 2300 euro per ll’esecuzione dei lavori.


Concordiamo inoltre che il locale si chiamera’ SALA DELLA SOLIDARIETA’ E DELLA PACE, e che saranno riportati su due pannelli in Italiano e in Serbo alcuni versi della Fiaba Sanguigna di Desanka Maksimovic e dell’Epigrafe a Kesselring di Piero Calamandrei, che riporto qui sotto.


Avvenne in un paese di contadini  
nella Balcania montuosa:
 
una compagnia di alunni
 
in un giorno solo morì
 
di morte gloriosa.
 

Desanka Maksimovic
 

Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA

Piero Calamandrei

Questa lunga, faticosa ma interessantissima giornata si conclude alla Scuola Politecnica, dove interveniamo con molteplici progetti dal 2005; gli studenti hanno preparato uno spettacolo musicale e la Scuola ci offre la cena.


Venerdi’ 22 ottobre


Iniziamo la giornata con una visita al Centro 21 ottobre per ragazzi Down.

L’incontro con loro e’ sempre straordinario, ci si sente veramente a casa. Tutto funziona bene, ci assicura la direttrice Jelena, che ci consegna le ricevute relative a come sono stati spesi i 250 euro che avevamo lasciato a luglio scorso.

Anche questa volta non siamo a mani vuote, e consegnamo un regalo di 300 euro, che ci era giunto per questo scopo dal nostro Oliviero di Roma.


All’uscita dal Centro ci accade una cosa curiosissima: a fianco del’edificio c’e’ un grande prato ed in fondo a questo si intravede una specie di capannone-officina; Davide ha la vista buona e secondo lui sul tetto sventola una bandiera del Popolo della Liberta’. Ci avviciniamo ed in effetti e vero!

E’ sul tetto di una piccola officina che restaura vecchie Zastava; Rajka si informa e salta fuori che il proprietario non sa che cosa rappresenti questa bandiera, crede che sia un simbolo della Fiat perche’ gli e’ stata fornita da funzionari Fiat di Kragujevac che notoriamente, come ci spiega sempre il buon Marchionne, non fanno politica in quanto impegnati a fare i metalmeccanici.

Quando i nostri amici del Sindacato gli spiegano il significato di quel simbolo sale immediatamente sul tetto ed almeno in Serbia ‘’il cavaliere e’ ammainato’’ e sostituito da una bandiera della Pace che, essendo bilingue, e’ di immediata comprensione.

[FOTO: La bandiera sul tetto dell’officina]


L’appuntamento successivo e’ alla Scuola 19 ottobre, nel quartiere periferico di Marsic, per la verifica dei lavori svolti nel locale da destinare; la Scuola ha questo nome perche’ proprio qui, il 19 ottobre 1941, inizio’ la strage nazista di Kragujevac con la fucilazione di 107 abitanti del quartiere.


Insieme alla Associazione Zastava Brescia abbiamo alcuni mesi fa deciso di contribuire alla ristrutturazione di un locale pubblico adiacente alla Scuola, che sara’ usato come palestra e coe centro di ggregazione per tutto il quartiere. La richiesta di aiuto ci era giunta dalla Direttrice della Scuola.

A luglio avevamo consegnato 7000 euro, poi ulteriori 1800 erano stati consegnati all’inizio di ottobre durante il viaggio periodico di Zastava Brescia.

Successivamente si e’ aggiunto il Comune di San Giorgio di Nogaro, che ha contribuito al progetto con 1000 euro.

Il Comune di Kragujevac (che ha gia’ rifatto a sue spese i servizi igienici el il pavimento) aveva firmato con noi a luglio un protocollo di intesa in cui mette a disposizione 2500 euro per l’acquisto parziale delle attrezzature sportive.


Durante l’estate sono stati eseguiti i lavori edili piu’ importanti, tra cui il rifacimento del tetto e l’intonacatura degli esterni.

Poiche’ il denaro non e’ bastato, aggiungiamo 700 euro per


Ci accolgono gli insegnanti, una delegazione di abitanti del quartiere e tutti gli alunni della Scuola, che hanno preparato per noi uno spettacolino, che comincia con la lettura di una poesia sulla pace da parte di un bambino rom che ha vissuto per qualche anno in Italia e prosegue poi con canzoni e danze della tradizione popolare.

Infine visitiamo l’edificio e verifichiamo i lavori svolti; il denaro messo a disposizione per le rifacitura del tetto non e’ bastato, e dunque aggiungiamo 700 euro per la costruzione delle grondaie.

Ci lasciamo con l’intesa che a marzo ci sara’ la definitiva inaugurazione dell’edificio.


[FOTO: Esterno prima dei lavori / Esterno dopo i lavori / Una vista dell’interno dopo i lavori]

Il pomeriggio e’ dedicato alla visita a Angela e Lazar, due ragazzi in affido a San Giorgio di Nogaro.


Sabato 23 ottobre 2010


E’ il giorno dell’assemblea per la distribuzione delle quote di affido.

Alle 10 abbiamo un incontro con i rappresentanti sindacali del settore auto, per verificare la situazione della fabbrica a nove mesi dall’arrivo della FIAT. I dati raccolti in questo incontro li ritrovate piu’ sotto, nella quarta parte di questa relazione.

Alle 11 inizia l’assemblea per la consegna degli affidi. Malgrado siano passati tanti anni e tanti viaggi dall’inizio della nostra campagna io non riesco ad abituarmialla vista di tutte queste persone che pazientemente ci aspettano nel piazzale davanti alla grande sala della direzione della Zastava Camion dove avvengono le consegne. I tanti padri e le tante madri che alzano la mano in segno di saluto al nostro passaggio in mezzo a loro, o che ci baciano, mi colpiscono come un pugno, come la prima volta che li ho visti dieci anni fa. Era bello sperare, anni fa, di poterci incontrare per festeggiare la fine dell’emergenza, il loro ritorno al lavoro, la ritrovata serenità di tante famiglie operaie. La speranza e’ ormai sbiadita, la preoccupazione per il futuro aleggia su tutti, perche’ nulla e’ chiaro nell’accordo con la FIAT.

Comunque e’ importante essere coscienti che malgrado siano disoccupati, malati, disperati, almeno non sono abbandonati da tutti. La solidarietà è soprattutto questo. E loro, i nostri amici, questo lo sanno bene e ce lo dicono, qualcuno con le parole, molti con gli occhi e gli abbracci e le tante lacrime.
Consegnamo 153 quote d’affido (quasi tutte semestrali) ed alcuni regali in denaro, per un totale di 26445 euro.
Poiche’ otto persone presenti nella delegazione non avevano assistito alla cerimonia al Parco di Sumarice, nel pomeriggio compiamo una visita ai monumenti piu’ importanti e poi concludiamo la giornata andando a trovare la famiglia di Milica, la bambina in affido a Lucia.
Il giorno dopo, con un viaggio tranquillissimo, rientriamo in Italia.


3 CONCLUSIONI


Non si vedono in Serbia reali segnali di miglioramento delle condizioni generali di vita dei lavoratori.

L’occupazione complessiva e’ sempre in discesa, il potere di acquisto dei salari e soprattutto delle pensioni e’ in costante diminuzione, non si vedono speranze per i giovani.

La nostra ONLUS riesce a mantenere pressoche’ inalterato il numero di affidi in corso, e soprattutto siamo riusciti, insieme alle altre associazioni che collaborano con noi, ad ampliare il numero di progetti vanno incontro a reali bisogni sociali della popolazione, e che lo stato di poverta’ della citta’ non permette di soddisfare, nel campo della scuola e dei giovani in generale, della sanita’ e del disagio fisico e mentale.


Sappiamo bene che le condizioni materiali stanno deteriorandosi sempre piu’ anche qui da noi, ma siamo anche sicuri che i nostri sostenitori si rendono conto delle gravissime difficolta’ che i lavoratori Zastava e le loro famiglie continuano a sopportare e che di conseguenza non mancheranno di sostenere la campagna di affidi a distanza, che e’ basata sui valori in cui crediamo: il Lavoro, la Pace, la Liberta' e la Solidarieta' tra i lavoratori e tra i popoli.

Vi chiediamo inoltre di aiutarci nello sviluppo dei nostri progetti nel sociale, attraverso donazioni specifiche.

Coordinate bancarie della associazione


c.c. bancario 010000021816
presso Banca di Credito Cooperativo del Carso, Filiale di Basovizza, Via Gruden 23
34149 Basovizza-Trieste
intestato all'Associazione "Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus"
Codice IBAN IT18 E089 2802 2020 1000 0021 816
(Le donazioni sono deducibili dalla dichiarazione dei redditi)

Codice Fiscale della ONLUS 90019350488



===

RITORNO DALLA ZASTAVA DI KRAGUJEVAC

Viaggio del 20-24 ottobre 2010

Seconda parte della relazione


Alcune informazioni generali sulla Serbia e sulla Zastava


Quando la fonte non e’ indicata significa che i dati sono stati ricavati dai bollettini periodici dell’Ufficio Centrale di Statistica; qualora la fonte sia diversa viene esplicitamente indicata.


Tutte le informazioni sulla Zastava sono state fornite da Zoran Mihajlovic, segretario generale del sindacato Samostanli della Fiat Auto Serbia e della Zastava Automobili di Kragujevac e Vicesegretario dei metalmeccanici serbi del Samostanli.


ALCUNI INDICI ECONOMICI GENERALI


Cambio dinaro/euro.

A ottobre 2008 il cambio dinaro-euro era di 84 a 1.

Al 22 ottobre 2009 era di 93.2 dinari per euro.

Il 25 marzo 2010 era di 97 dinari per un euro.

Il 1 luglio 2010 il cambio e’ passato a 102 dinari/euro.

Il 20 ottobre 2010 il cambio era di 103.5 dinari per un euro

Il 12 dicembre 2010 il cambio arriva a 106.5 dinari per euro.


Questo continuo indebolimento del dinaro rispetto all’euro ha effetti devastanti sulle condizioni di vita delle famiglie, visto che la Serbia e’ un Paese con un fortissimo deficit commerciale e che piu’ della meta’ del commercio con l’estero si svolge con la Unione Europea (Germania e Italia sono i primi partners commerciali in quest’area).


Commercio con l’estero.

Tra gennaio e ottobre 2010 le esportazioni sono state pari 5957.8 milioni di euro, con un aumento del 21% rispetto allo stesso periodo dell’anno 2009.

Nello stesso periodo il valore delle importazioni e’ stato di 10230.4 milioni di euro, con un incremento del 8.2% rispetto allo stesso periodo del 2009.

Il rapporto tra esportazioni ed importazioni e’ stato di 58.2%, piu’ alto del valore segnato nello stesso periodo del 2009, che era stato del 52.3%.

Nel periodo considerato le esportazioni della Serbia si sono concentrate soprattutto verso l’Italia (651.5 milioni di euro), a Bosnia Erzegovina (642.1 milioni di euro) e la Germania (364.6 milioni di euro).

Le importazioni invece derivano dalla Russia, soprattutto petrolio e gas (1239.3 milioni di euro), dalla Germania (1044.6 milioni di euro) e dall’Italia (834.2 milioni di euro).


Indice della produzione industriale


(Message over 64 KB, truncated)


(Ricordando le parole pronunziate dal presidente Tito nell'ultimo suo messaggio di Capodanno, il 1 gennaio 1980, rivolgiamo noi stessi i migliori auguri per un 2011 di pace e fratellanza tra i popoli. CNJ-onlus)


NOVOGODIŠNJA PORUKA PREDSEDNIKA TITA

1.JANUAR 1980.


Protekla je još jedna godina naše veoma intezivne aktivnosti i na unutrašnjem i na međunarodnom planu. Ova godina proticala je u znaku dalje izgradnje samoupravnih društveno – ekonomskih odnosa i političkog sistema socijalističke samoupravne demokratije, u znaku svestranog razvitka svih naših republika i pokrajina i stabilnosti naše zajednice u cjelini. U isto vrijeme, plodna spoljnopolitička aktivnost ojačala je međunarodni položaj naše zemlje i donijela joj nova značajna priznanja.

Na još jednoj velikoj probi bila je i solidarnost naših naroda i narodnosti. Na žalost, opraštajući se sa ovom godinom, mi se ne možemo opraštati i sa teškim osjećanjima zbog katastrofalnog zemljotresa i poplava koje su nas zadesile. Za našu zemlju bio je to udarac, čije će se posljedice dogo osijećati. No, solidarnost naših ljudi širom zemlje, koja je tako snažno došla do izražaja, govri o čvrstinji našeg zajedništva i efikasnosti našeg socijalističkog samoupravnog sistema. A sve to potvrđuje našu snagu i jača vjeru u budućnost.

Ja ne bih htio da ovom prilikom govorim o našim idejnim i političkim opredjeljenjima i stavovima u pogledu daljeg razvitka. Oni su dobro poznati i jasno fomulisani u našim odlukama i dokumentima.

Kada je riječ o daljem razvoju društveno—ekonomskih odnosa i političkog sistema, treba istaći da je nastavljen proces koji je započet sa donošenjem Ustava i Zakona o udruženom radu. Radnička klasa je prihvatila delegatski sistem kao najbolji način svoga učešća u pripremanju, donošenju i sprovođenju društvenih odluka. Sada je već u toku i drugi mandat u kome djeluju skupštine društveno—političkih i samoupravnih interesnih zajednica na delegatskom principu. Rad delegacija u sve većoj mjeri se oslanja na zahtjeve svoje izborne beze i radni ljudi sve više utiču na rad samoupravnih organa.

Međutim, neophodni su dalji povećani napori u cilju što potpunije afirmacije delegatskog sistema. Jer, sporo se prevazilazi stara predstavnička praksa. Po mome mišljenju, to nije, uglavnom, posledica slabosti u pogledu sastava delegacija.

Jer radnici uvijek znaju da izvrše pravu selekciju, da izaberu one koji će dosljedno izražavati njihove i društvene interese. Više se radi o nedovoljnom poznavanju svojih prava i dužnosti. Zbog toga radnici još uvijek ne učestvuju u punoj mjeri u odlučivanju, naročito kada se radi o pitanjima obrazovanja, nauke, zdravstva, kulture, o utvrđivanju visine doprinosa za zadovoljavanje zajedničih potreba, i slično.

O životnim pitanjima radnika često se odlučuje u uskim poslovnim krugovima radnih organizacija. I to ne rijetko u sprezi sa isto tako uskim krugovima funkcionera u društveno—političkim zajednicama, dakle, mimo delegatskog sistema. Do ovoga dolazi i zbog primjene pojedinih sistemskih riješenja, što zadržava moć državnog aparata i snažan uticaj izvršnih organa. A sve to pothranjuje ostatke birokratskih odnosa i jača tehno-birokratske tendencije.

Predstoje nam zato ozbiljni zadaci u borbi za što uspješnije funkcionisanje našeg sistema i njegovo očuvanje od deformacija koje mu prijete. U vezi s tim, htio bih i ovom prilikom istaći važnost uvođenja kolektivnog rada i odgovornosti. To je jedna od bitnih karakteristika naše smoupravne demokratije, a za našu višenacionalnu zajednicu i jedna od osnovnih pretpostavki njene stabilnosti. Kolektivni način rada znači jedinstvo misli i akcije, što je od posebnog značenja za djelovanje Saveza komunista.

U proteklom periodu još više se potvrdilo da je dogovaranje i sporazumijevanje ne samo najdemokratskiji nego i jedino mogući način samoupravnog usklađivanja odnosa u federaciji, među repulikama i pokrajinama, i u društvu uopšte. Odugovlačenje sa nekim dogovorima najvećim dijelom je posljedica birokratskih i uskogrudih ponašanja. Jer, na žalost, još nije mali broj onih koji neće ili nisu u stanju da sagledaju probleme i potrebe drugih, a time najčešće ni zajedničke interese bez čijeg ostvarenja nema ničijeg dugoročnog napretka.

Zato Savez komunista i druge društveno-političke organizacije moraju biti mnogo aktivnji. Komunisti moraju politički neposredno dijelovati i maksimalno se angažovati u objašnjavanju mjera koje preduzimamo. Neposrednu, živu riječ ne može ništa da zamijeni. Pogotovu je opasno kada je zamjenjuju gomile pisanih materijala čiji se sadržaj često ne razumije, pa ih ludi slabo čitaju. A sve je to uzelo dosta širokog maha.

U političkom radu i izvršavanju zadataka koji su pred nama veliku ulogu ima Socijalistički savez, kao najšira politička osnova socijalističkog samoupravljanja. I puna afirmacija delegatskog sistema u mnogome zavisiti od aktivnosti Socijalistčkog saveza kao fronta organizovanih subjektivnih socijalističkih snaga.

U privremenom razvoju naše zemlje i tokom ove godine postigli smo niz veoma vrijednih rezultata. Ukupna ekonomska aktivnost odvijala se čak dinamičnije nego što je bilo planirano. Procijenjuje se da je industrijska proizvodnja porasla za 8 odsto, a poljoprivredna za 5 odsto. Zaposleno je preko 200 hiljada novih radnika. Povećana je i produktivnost rada, iako ne u dovoljnoj mjeri. Završena je izgradnje mnogih privrednih i neprivrednih objekata, među kojima su i oni od šireg društvenog značaja kao što je, na primjer, jugoslovenski naftovod, koji je ovih dana pušten u eksploataciju. Poboljšani su uslovi života i rada naših radnih ljudi i građana.

Vrijednost svih vih dosignuća utoliko je veća što su ona ostvarena u godini ozbiljne međunarodne ekonomske krize i katastrofalnih prirodnih nepogoda koje su zadesile našu zemlju.

No, naš razvoj bio je praćen i teškoćama koje su se naročito ispoljile u visokoj inflaciji i zaoštravanju problema u oblasti deficita platnog bilansa.

Uzroci ovih teškoća su djelimično u već pomenutim nepovoljnim međunarodnim okolnostima, ali su i posljedica naših unutrašnjih propusta i slabosti. Politika ekonomske stabilizacije nije u nekim sredinama ozbiljno shvaćena.

Izostala je potrebna organizovanost i efikasnost u primjeni novih sistemskih rješenja i dogovorene ekonomske politike. Nisu rijetki slučajevi da se ne ostvaruju dosljedno usvojene odluke i planovi, posebno dogovori i sporazumi u oblasti raspodjele dohotka. Veliki dio dohotka i dalje je otuđen od radnika u udruženom radu. Slična ponašanja sreću se i u oblasti potrošnje, cijena i ekonomskih odnosa sa inostranstvom. Ima negativnih pojava i kod samih proizvođača. I među njima imaonih koji su glasniji u traženju svojih prava, nego u ispavanju svojih obaveza.

O svim tim slabostima, putevima njihovog otklanjanja, kao i ciljevima našeg razvoja u narednom periodu detaljno se govori i u nedavno usvojenim Zaključcima Predsjedništva Centralnog komiteta Saveza komunista Jugoslavije. U žiži našeg interesovanja i dalje treba da budu politika ekonomske stabilizacije i razvijanje socijalističkih samoupravnih odnosa. Ti zaključci su osnovne smjernice za ponašanje svih društvenih činilaca u narednoj godini, pa i duže.

U tom cilju neophodno se odlučno orijentisati na povećanje obima i kvaliteta proizvodnje, na mijenjanje stare strukture, kao i na jačanje položaja naše privrede u međunarodnoj podjeli rada, prije svega bržim povećanjem izvoza. Tu veliku ulogu imaju i mjere ekonomske politike koje podstiču interes privrede za izvoz i njeno organizovanije nastupanje vani, uz istovremenu orijentaciju na uvoz onoga što je neopodno i ekonomski opravdano. Moramo odlučno obuzdati sve vidove potrošnje i osigurati njihovo usklađivanje sa ostvarenim dohotkom. Bez toga nema privredne stabilizacije, čiji teret moraju snositi svi društveni slojevi, a ne samo radnička klasa. Mora se štjedeti. Uostalom, na to su danas priseljeni i mnogo razvijene i bogatije zemlje nego što je naša.

Isto tako, neophodno je istrajri u naporima za jačanje materijalnog položaja udruženog rada, jer je to uslov kako privredne stabilizacije, tako i daljeg uspješnog razvoja samoupravljanja i delegaskog sistema. Ostvarivanje ovog cilja može se najefikasnije realizovati dosljednim primjenom već usvojenih sistematskih riješenja i mjera, i donošenjem nekih novih. To istovremeno mora biti praćeno porastom produktivnosti rada, boljim, korišćenjem kapaciteta i efikasnijom upotrebom društvenih sredstava u cjelini.

Za ostvarivanje ovih zadataka neophodno je dalje usavršavanje dogovaranja i sporazumjevanja u svim oblastima privredog i društvenog života, uz uvažavanje objektivnih ekonomskih zakonitosti. U tom pogledu posebna je odgovornos na republikama i pokrajinama. Naročito je važno da ponašanja svih budu u skladu sa onim što je dogovoreno. To je i uslov daljeg jačanja bratstva i jedinstva naših naroda i narodnosti, kao najveće tekovine naše revolucije i osnovne garancije našeg uspješnog razvoja.

U idućoj godini predstoji nam i intezivna aktivnost na pripremi novog srednjoročnog plana za period od 1981. do 1985. godine. Mislim da bi pri tome trebalo da se osigura odlučujuća uloga udruženog rada i s tim u vezi aktivno učešće nauke. U taj plan moraju se ugraditi svi osnovni elementi koji će osigurati dugoročnu ekonomsku stabilnost zemlje. U predstojećoj, 1980. godini mi moramo zaustaviti nepovoljna kretanja u našoj privredi i stvoriti uslove da se odlučno krene putem njene stabilizacije.

Kao što se vidi, pred nama su veliki poslovi. Za njihovo uspješno i blagovremeno izvršavanje najveća odgovornost leži na komunistima, ali i na svim našim radnim ljudima. Međutim, odgovornost mora biri sasvim konkretna. Ne može svako odgovarati za sve. Moramo osigurati da se uvijek zna ko za što odgovara. A da bi se to postiglo, potrebno je imati konkretan i jasan plan akcije u kome će svako naći svoje mjesto i zadatke, od najviših organa federacije do opština i svake radne organizacije.

U vezi sa svim ovim, ja želim posebno naglasiti potrebu daljeg jačanja sistema samoupravljanja koje upravo ovih dana obilježena tri decenije svog postojanja i snažne afirmacije ne samo u našoj zemlji, nego i na širem međunarodnom planu.

Jednom riječju, za postizanje svih ciljeva u narednom periodu, potrebna je najšira mobilizacija naših radnih ljudi. Vjerujem da bi tome u velikoj mjeri, doprinijelo i državanje novog kongresa samoupravljača.

U godini koja se uporno završavala naša zemlja je bila izuzetno aktivna na međunarodnom planu. Ostvaren je veliki broj susreta na vrhu. Neke smo imali ovdje kod nas, nake u prijateljskim zemljama koje smo posjetili, a mnoge za vrijeme Samita u Havani. Bila je intezvana i razmjena mišljenja sa nizom državnika i putem poruka.

U svim tim prilikama dolazili su do izražaja prijateljstvo koje nas povezuje sa tim zemljama, želja da unapređujemo saradnju i spremnost da zajednički ulažemo napore u cilju jačanja mira, bezbjednosti i općeg napretka u svijetu. Nastavljajući, u duhu politike nesvrstanosti, prijateljske odnose i saradnju sa svim zemljama, velikim i malim, geografski bliskim i onim udaljenim, mi ćemo na taj način i ubuduće jačati nezvisan položaj i ulogu naše zemlje u vrlo složenim međunarodnim odnosima.

U protekloj godinini je došlo do poboljšanja situacije u svijetu, koju i dalje karakterišu odsustvo suštinskog napretka detanta, posebno u oblasti razoružanja, i nerješavanje mnogih kriza i nagomilanih problema.

Utoliko je začajniji uspješan završetak Šestog samita nesvrstanih zemalja u Havani, na kojem su osnaženi i dalje razvijeni izvorni principi i ciljevi nesvrstanosti. Na toj osnovi ojačana je akciona sposobnost i pokreta nesvrstanosti, kao nezamjenljivog i općepriznatog faktora u svjetskim razmjerama koji realno otvara perspektive mira, saradnje i prosperiteta svih zemalja. To ima dalekosežan značaj. Jer, pokret i politika nesvrstanosti sve odlučnije se suprotstavljaju blokovskim nadmetanjima i podijelama, čije opasne poslijedice pogađaju cijeli svijet.

Posebno želim da naglasim da je za budućnost svih, i razvijenih i onih u razvoju, od ogromnog značaja da se konstruktivno i konkretno priđe rješavanju veoma ozbilnjih problema zemalja u razvoju i izgranji novog međunarodnog ekonomskog poretka. U narednoj godini održaće se i specijalno zasjedanje Generalne skupštine Organizacije ujedinjenih nacija, posvećeno ovom pitanju, kao i slijedećoj dekadi razvoja. Krajnji je trenutak da razvijene zemlje uvide da, u današnem međuzavisnom svijetu, i njihov dalji prosperitet u najvećoj mjeri zavisti od ostvarenja novih, demokratskih odnosa u ekonomskoj saradnji.

Tokom 1980. godine održaće se i madridski sastanak od kojeg očekujemo podsticaj ne samo jačanju bezbjednost i saradnje u Evropi i na Mediteranu, nego i detanta u cijelini. Smatram da bi, u tom okviru, napredak u jačanju mjera povjerenja i zaustavljanje opasne trke u naoružanju suštinske doprinjeli produbljivanju tih pozitvnih procesa. Mi pozdravljamo i pozdravljaćemo svaku inicijativu koja tome stvarno vodi. To bi bio i realan doprinos povoljnoj atmosferi za rješavanje aktuelnih kriza u raznim dijelovima svijeta.

Htio bih i ovom prilikom da ukažem da su protekle godine, obostranim naporima, ojačali prijateljski odnosi i saradnja sa gotovo svim našim susjedima. Sa takvom politikom dobrosusjedstva i jačanja uzajamnog poštovanja i pobjerenja mi ćemo i ubuduće nastaviti.

Iako svijet ulazi u novu godinu sa mnogim problemima, od kojih neki predstavljaju i direktnu opasnost za mir, ja se nadam da će nastupajuća godina otvariti povoljnu perspektivu izgrađivanja boljih političkih i ekonomskih međunarodnih odnosa. Jer, to je jedini put koji stvarno vodi jačanju nezavisnosti i prosperitetu svih zemalja, općem napretku i srećnijoj budućnost čovječanstva. Bolji svijet može se izgraditi samo zajedničkim konstrukivnim naporima. To podrazumijeva tijesnu saradnju svih zemlaja, nesvrstanih i drugih, i sve državnike svijeta stavlja pred ogromne odgovornosti.

Na kraju želim da kažem da nam godina u koju ulazimo neće biti laka. Ona će zahtijevati ozbiljana odicanja. Ja se zato obraćam svim radnim ljudima, a posebno rukovodiocima na svim nivoima, da svako na svome mjestu uradi ono što mu je dužnost. Naka to, zaista, u punoj mjeri bude godina velike aktivnosti i štednje, godina najveće discipline i odgovornosti. Ako to postignemo, a to moramo postići, i ako racionalno iskoristimo mogućnosti naše zemlje, koja je bila bogata i prirodnim izvorima i stručnim kadrovima, mi ćemo iove sadašnje teškoće savladati.

Upućujem našim radnim ljudima, našoj omladini i pionirima, pripadnicima Jugoslovenske narodne armije i službi bezbjednosti, svim građanima naše zemlje najsrdačnije novogodišnje čestitke.


(Izvor: http://www.facebook.com/pages/SFR-Jugoslavija-SFR-Yugoslavia/36436743833 )


Inizio messaggio inoltrato:

Da: Claudia Cernigoi
Data: 28 dicembre 2010 19.46.58 GMT+01.00
Oggetto: aggiornamento sito

Per finire in gloria il 2010 ho inserito questo articolo nel nostro sito
buona lettura!
Claudia
 


MATCH INZERILLI VERSUS SPETIC A TRIESTE.

Il 9 dicembre scorso, a Trieste, in occasione della presentazione del nuovo libro del giornalista Silvio Maranzana (“La (dis)unità d’Italia. Guerra anticomunista sul fronte orientale dagli Arditi a Gladio”, ed. Italo Svevo), si è svolto un confronto a due tra il generale gladiatore Paolo Inzerilli, ed il giornalista senatore Stojan Spetič, già consulente della Commissione parlamentare Mitrokhin.
Senza storia i primi due interventi: quello della sociologa Ornella Urpis che ha candidamente esordito dicendo di non sapere nulla dell’argomento ma di essere intervenuta solo perché amica dell’autore; ancora peggio quello dello storico Diego Redivo che ha esposto una singolare teoria (che noi avevamo sperato fosse soltanto sua personale, ma ci hanno detto che in realtà ha anche altri seguaci) in merito al decorso della storia del 900. 
Semplificando (se abbiamo capito bene, altrimenti, se abbiamo frainteso, chiediamo scusa e pubblicheremo smentita): tutti i conflitti nazionalistici ed ideologici sarebbero sorti dopo la Prima guerra mondiale, dove essendo il comunismo sviluppatosi in un paese “slavo” (la Russia) questo avrebbe creato una “attrattiva” nei confronti delle altre popolazioni “slave” che avrebbero in tal modo “alimentato” la propria lotta nazionalistica e questo fattore, assieme allo sfascio dell’Impero austroungarico, avrebbe provocato le contrapposizioni tra il neonato regno di Jugoslavia e l’Italia. Questa analisi, che non tiene conto di tutte le motivazioni sociali, economiche e geopolitiche della situazione creatasi dopo la rivoluzione industriale e dopo la prima guerra mondiale, ci ha davvero lasciato basiti, ma tant’è, è vero che noi non siamo storici accademici e spesso nemmeno riconosciuti come ricercatori storici.
Torniamo ora al clou della serata, cioè il match vero e proprio, che ha visto un particolarmente brioso Stojan Spetič attizzare il pacato generale Paolo Inzerilli su alcuni argomenti “caldi”.
La prima osservazione fatta da Spetič è stata che nella nostra zona per descrivere quanto avvenuto tra la Seconda guerra mondiale e l’inizio degli anni ’90 più che di “guerra fredda” si sarebbe dovuto parlare di “guerra a bassa intensità”, visto che qui si sono trovati a lavorare servizi di vari Stati, la Gladio, l’organizzazione “O”, il Noto servizio e chi più ne ha più ne metta, dove il pretesto per il mantenimento di queste strutture in zona era quello della difesa dei confini mentre, dato che il confine orientale dopo il 1945 non era sicuramente più in discussione, in realtà si trattò di un gioco interno al Paese, una scusa per condurre una lotta al di là della legalità contro avversari come il PCI e più genericamente le sinistre, una lotta contro il cosiddetto “pericolo comunista” in Italia. 
Spetič ha anche evidenziato come nella Benecjia (la cosiddetta “Slavia veneta”, ovvero le alte valli del Natisone, al confine tra il Friuli e la Slovenia), dove i comunisti erano una sparuta minoranza, la comunità slovena, cattolica e di destra, fu pesantemente repressa.
La definizione di bassa intensità ha trovato d’accordo il generale Inzerilli, che però ha tenuto a precisare che solo nella zona di Trieste vi sono state tensioni motivate dalla presenza di più etnie, in altre parti la convivenza tra etnie non ha mai creato problemi. Ma va evidenziato che Inzerilli ha esordito dicendo “la parola alla difesa”, come se avesse interpretato le osservazioni del senatore come delle “accuse”. In effetti il generale si è mostrato, oltre che sulla difensiva, anche piuttosto reticente e “giustificativo”, in un modo che ci ha ricordato l’intervento fatto da un altro gladiatore, Giorgio Mathieu, a Trieste lo scorso gennaio (nel corso della presentazione del libro “Gladio” di Pannocchia e Tosolini), teso a ribadire l’estraneità di Gladio a tutto quanto possa essere accaduto in Italia nell’ambito della strategia della tensione. Essendo noi seguaci della vecchia teoria della “scusa non richiesta colpa manifesta”, ogni volta che ci troviamo di fronte interventi così sfacciatamente giustificazionisti, non possiamo fare a meno di drizzare le orecchie ed accettare col beneficio del dubbio le dichiarazioni di Inzerilli.

All’osservazione di Spetič che tra i documenti inseriti nell’istruttoria di Mastelloni si trova un ordine trovato alla caserma Ariete di Udine dove si diceva a 3700 “membri” (Spetič ha ribadito di non essere in grado di dire se fossero membri di Gladio – stante che tutti gli interessati ribadiscono che i “gladiatori” non erano più di 622 – o di quale altra struttura) che in caso di bisogno si dovevano “eliminare i comunisti ed i preti slavi” dalle valli del Natisone, ordine questo diverso da quello diffuso nel resto d’Italia che prevedeva di internare i comunisti e non eliminarli.
Su questo Inzerilli ha commentato che se fosse stato per lui avrebbe radiato dall’albo dei generali il generale che aveva ordinato un tanto, ma non ha smentito né confermato l’esistenza e la genesi di questo documento. 
Poi Spetič ha asserito che dopo il 1948 la Jugoslavia era diventata un alleato degli “occidentali” e quindi non veniva più considerata probabile un’eventuale invasione da parte dei paesi del patto di Varsavia attraverso la “soglia di Gorizia”, ma piuttosto attraverso il Brennero, passando dalla neutrale Austria, valutando che l’Armata jugoslava e la Difesa popolare avrebbero tenuto bloccati gli eserciti del patto di Varsavia se avessero voluto invadere l’Italia attraverso la Jugoslavia.
A questo Inzerilli ha ribattuto che, mentre il cambio politico di Tito fu un dato di fatto, l’Italia non aveva cambiato idea sulla possibilità di essere invasa ed ha definito una “boiata pazzesca” il documento che parlava della possibilità di ingresso dal Brennero, non c’era alcuna sicurezza che l’esercito jugoslavo fosse fedele a Belgrado ma che una buona parte di esso avrebbe collaborato con l’Urss.
Spetič ha poi parlato di vari piani per creare incidenti di frontiera in modo da aumentare la tensione al confine, ed ha citato la nota “Operazione Delfino” del 1966 (della quale ha diffusamente parlato il settimanale “Avvenimenti” nel numero del 22/1/92) operazione che ipotizzava il malcontento dei triestini per le politiche economiche del governo ed in questa circostanza la creazione di un’alleanza tra cittadinanza e non meglio identificati “slavi” che avrebbero dato vita ad una insurrezione da reprimere (insorgenza, nella terminologia gladiatoria). In preparazione a questa insorgenza erano previste azioni eversive provocatorie, che creassero un malcontento nella sinistra, e qui Spetič ha parlato di fatti realmente avvenuti (tra il 1961 e il 1962, specifichiamo), come un attentato al prof. Schiffrer (esponente socialista che aveva fatto parte del CLN triestino); un attentato dinamitardo che distrusse parzialmente la sede del PCI; un fallito attentato alla redazione del quotidiano in lingua slovena Primorski Dnevnik. Noi aggiungiamo che per tutte queste azioni i colpevoli furono identificati in un gruppo di estremisti di destra, inseriti in due gruppi definiti “diretta emanazione del MSI” dagli inquirenti, e cioè Avanguardia Nazionale ed i grottisti del GEST, tra i quali brillava quell’Ugo Fabbri che ha più volte definito la propria attività “orgogliosamente eversiva”.
(Delle attività del GEST e dei suoi adepti, grottisti neri abbiamo accennato, anche se l’argomento richiederebbe uno studio apposito, nel dossier “1972” disponibile in questo stesso sito).
La risposta di Inzerilli è stata che la “Operazione Delfino” era in realtà una semplice esercitazione a tavolino tra quadri che ricoprivano i ruoli di “rossi” e di “neri” (una sorta di Risiko per alti ufficiali?), ma in realtà non era successo niente di quanto scritto, e che questa è stata l’unica esercitazione del genere in 35 anni di attività della Gladio.
Come al solito, quando ci troviamo a sentire queste cose nell’ambito delle relazioni sull’attività della Gladio, noi ci poniamo un paio di problemi. Perché da un lato ci viene descritta l’esistenza della struttura Gladio come necessaria per “garantire la resistenza” nel nostro Paese in caso di attacco da parte dell’Armata Rossa (resistenza che l’esercito regolare del nostro Paese non avrebbe potuto gestire, secondo quanto detto da Franco Tosolini nel corso del sopra citato convegno di gennaio scorso), mentre da un’altra parte c’è questa “minimizzazione” del ruolo della struttura, come nel caso della descrizione della “Operazione Delfino” da parte di Inzerilli, cioè alcuni ufficiali che, strapagati con le nostre tasse, passano le giornate a fare wargames da tavolino.
Sarebbe bello ci spiegassero quale, di queste due descrizioni, delinei la realtà della struttura Gladio.
Il fatto è che, come ha puntualizzato Spetič, la stesura dell’“Operazione Delfino risale alla primavera del 1966, ma a Trieste nell’ottobre del 1966 avvenne una vera e propria rivolta, perché la politica economica del governo aveva sancito la chiusura del Cantiere San Marco, con ripercussioni in termini di licenziamenti tali da mettere in ginocchio l’intera economia cittadina. Ed in quell’occasione la cittadinanza scese in piazza, tirò su barricate, si svolsero degli scontri che non degenerarono in tragedie non sappiamo se per mera fortuna o se per la lungimiranza di chi organizzò l’ordine pubblico. E dato che durante questi scontri si trovarono uniti rivoltosi di sinistra con rivoltosi di destra (per la distruzione del circolo del sindacato ACLI del rione operaio di San Giacomo furono successivamente identificati diversi attivisti di destra), non ci sarebbe stato nulla di strano se tra le migliaia che furono in piazza in quei giorni ve ne fosse stato anche qualcuno facente parte della struttura Gladio.

Successivamente Spetič ha parlato dell’ordine che prevedeva che gli infiltrati della Gladio che venivano scoperti avrebbero dovuto venire “eliminati” per non svelare l’esistenza dell’organizzazione: a questo il generale ha ribattuto che un tanto si legge nell’istruttoria di Casson, ma che non gli risulta che sia mai stato dato l’ordine di “eliminare” chicchessia, e dato che era lui a firmare gli ordini, avrebbe dovuto essere a conoscenza di una cosa del genere. Non è che una risposta data così sia del tutto esaustiva, anche perché (parere personale, ovviamente) sarebbe quantomeno originale che il responsabile di un tale ordine lo ammettesse così platealmente.
Spetič ha poi sollevato la questione dei Nasco, cioè dei depositi di esplosivo della Gladio, e nello specifico quello di Aurisina, che sarebbe diventato un deposito di scambio tra esplosivo jugoslavo (Vitezit) contrabbandato dagli ustaša per fare attentati in Italia (vi sono fondati sospetti che l’esplosivo di piazza Fontana fosse appunto il Vitezit) ed esplosivo italiano inviato in Jugoslavia per fare attentati lì. 
Inzerilli ha risposto sul Nasco dicendo che il deposito era chiuso, l’esplosivo sigillato, che non si trovava in grotta ma in un bunker e che parte dell’esplosivo era stato spostato in una scarpata da alcuni ragazzini che avevano scoperto il bunker e poi ritrovato successivamente; che l’esplosivo che c’era dentro non era italiano né jugoslavo, ma americano ed all’epoca in Italia questo tipo di esplosivo l’aveva solo la Gladio. Il generale ha poi attaccato Spetič per questa “teoria” che sarebbe stata, secondo lui, “presa da Cucchiarelli” (Paolo Cucchiarelli nel “Segreto di Piazza Fontana”, edito da Ponte alle Grazie, sostiene che l’esplosivo usato per la strage sarebbe stato il Vitezit, ipotesi che tra l’altro ci sembra essere al vaglio della magistratura), che secondo lui è inattendibile ed è stato molto contento che la stampa straniera non abbia preso in considerazione questo libro ed ha concluso affermando di averla ampiamente contestata ritenendola un’ipotesi come un’altra, ma per quanto lo riguarda “non sta in piedi” e “carte alla mano tutto questo è falso”.
Non crediamo sia così semplice definire “tutto falso” quanto sollevato da Spetič, né la “teoria” di Cucchiarelli, visto che, ammesso e non concesso che l’esplosivo dei Nasco fosse effettivamente solo esplosivo Nato, il problema che è stato posto non era che l’esplosivo del Nasco fosse stato usato per la strage di Milano, quanto il fatto che il Nasco venisse usato come deposito di scambio di esplosivo, ad uso e consumo di neofascisti italiani e jugoslavi.
Ed in questo contesto di misteri triestini Spetič ha anche ricordato la morte misteriosa di un giovane carabiniere, Bojan Claudi, che si era trovato a fare dei controlli presso un’altra cavità dove si svolgevano strani traffici di esplosivi, e rimase ucciso “per un incidente” nel 1974. Aveva forse visto qualcosa che non doveva vedere? si chiede il senatore, girando la domanda al pubblico.
Si è poi toccato l’argomento dei Nuclei di difesa dello Stato, che secondo Inzerilli erano “una istituzione molto strana”, che aveva dei compiti simili a quelli della Gladio (lotta contro l’invasore e contro il comunismo), ma questi reclutavano civili (gli “esterni”) che non dovevano essere né di destra né di sinistra (anche qui ci sono tornate in mente alcune affermazioni fatte da Tosolini nel corso della presentazione del suo libro “Gladio”, e cioè a domanda se avesse fatto ricerche su un eventuale passato in RSI o collaborazionista dei gladiatori, ha risposto di non avere fatto ricerche perché questa sarebbe stata una domanda sterile, dato che sicuramente sarebbero stati esclusi dall’arruolamento nella Gladio estremisti di destra e di sinistra mentre i socialisti venivano tranquillamente inseriti). Gli NDS nati secondo Inzerilli all’interno della III Armata, furono sciolti tra il 1972 ed il 1973, quando fu sciolta anche la III Armata (va detto che il giudice Salvini ha parlato di probabile scioglimento) ed erano protetti da una parte dei servizi (Inzerilli ha tenuto a precisare che non era la “sua” parte); che degli NDS avevano fatto parte Vincenzo Vinciguerra (l’autore confesso dell’attentato di Peteano, che provocò la morte di tre carabinieri) ed Amos Spiazzi (ufficiale dell’esercito pluriinquisito in un’infinità di indagini relative alla strategia della tensione, ma sempre uscito pulito dai giudizi cui è stato sottoposto), mentre lui, Inzerilli, è sempre stato estraneo agli NDS.

Su un altro punto il generale Inzerilli si è invece un po’ adombrato, quanto Spetič ha chiesto se lo svelamento dei nomi dei 622 gladiatori fosse stato finalizzato a rendere nota una struttura ormai bruciata per proteggerne delle altre, che andavano invece tenute nascoste perché ben più importanti, come la struttura detta “Anello”, (o “Noto servizio”, di cui avrebbe fatto parte anche un nostro concittadino, il dottor Giovanni Maria Pedroni).
Inzerilli ha subito ribattuto di avere “corretto la presentazione” di un libro scritto da una giornalista (qui gli sfuggiva il nome di Stefania Limiti, autrice de “L’Anello della repubblica” edito da Chiarelettere, ma va detto che in tutto il suo intervento il generale ha fatto meno nomi possibile) e che quello che l’aveva colpito nel leggere il libro era che “non esiste un pezzo di carta, non esiste un documento”, che queste cose potrebbero essere anche vere ma senza documenti non sono credibili, e tutti coloro che avrebbero parlato sono morti.
Ora, a prescindere dal fatto che non risulta che Inzerilli abbia “corretto” alcunché della presentazione del libro sull’Anello, va ricordato che quanto riportato nel libro fa parte di indagini giudiziarie ed anche se la gran parte dei testimoni sono morti, non è che una volta morto il testimone la sua testimonianza non ha più valore se essa è stata rilasciate in vita all’autorità giudiziaria, quindi anche in questa risposta possiamo notare una sorta di arrampicata sugli specchi da parte del generale.

Infine una breve annotazione sul fatto che Inzerilli ha più volte ribadito di avere più amici a sinistra che non a destra e che per esempio adesso sta curando la cronologia del sito di un “rifondarolo”, quello della Fondazione Cipriani (dove Luigi Cipriani, che era stato parlamentare demoproletario morì prima che si costituisse il partito della Rifondazione comunista, ma tant’è). Dato che per motivi miei di ricerca (inserisco qui una nota personale, by permission) frequento spesso il sito della Fondazione Cipriani, ho domandato al generale se la cronologia che egli cura è un’altra rispetto a quella curata nel sito dall’ex terrorista di destra Vincenzo Vinciguerra.
Non avrei mai immaginato che di fronte ad una domanda simile il generale si inalberasse dicendo che solo lui cura la cronologia, che Vinciguerra non c’entra e che basta aprire il sito per verificare chi è l’autore della cronologia.
In effetti aprendo il sito si legge:

http://www.fondazionecipriani.it/Kronologia/introduzione.htm
Genesi della Cronologia, Autori e ringraziamenti.
Questa storia italiana, esposta in forma cronologica, è nata come frutto dell\'ingegno e degli studi storici di Vincenzo Vinciguerra, prigioniero politico condannato al carcere a vita per la sua rivendicazione dell\'attentato di Peteano di Sagrado 

Senza entrare nel merito della qualifica di “prigioniero politico” data ad un terrorista assassino confesso, quanto riportato sopra smentisce indubbiamente Inzerilli. 
Ma perché il generale, che aveva dato dimostrazione di pacatezza durante tutto il dibattito (salvo essere un po’ più sanguigno nei suoi attacchi a Cucchiarelli e Limiti) se l’è presa tanto a cuore per una quisquilia simile?



(di seguito l'intervento di Živadin Jovanović, presidente del Forum di Belgrado per un mondo di eguali, alla cerimonia di chiusura delle iniziative per il 65.mo anniversario della Liberazione dal nazifascismo - Mosca 17/12/2010)


No to rewriting the history - by Živadin Jovanović


Mr. Chairman,
Dear Friends,


First of all, I would like to thank the organizers of this extremely important Conference for the kind invitation and worm hospitality. It is indeed great honor to participate in the final events dedicated to the 65th anniversary of the Victory over Fascism and Nazism, under auspices of Federal Council of the Federal Assembly of the Russian Federation. Heroic City of Moscow, symbolizes the greatest contribution of the former Soviet Union to the victory over Fascism and Nazism.

The Belgrade Forum for a World of Equals, an independent, non-party and non-profit organization, as well as the general public in Serbia, are profoundly worried by continued attempts of rewriting the history of the 20thcentury, distortion of the outcome of the Second World War and undervaluation of historic importance of the verdicts of the Nuremberg Trial., While appearing in various forms, fields and degrees, depending on the concrete circumstances, this process seems to be encompassing the whole of Europe and beyond, thus becoming global phenomena. It is necessary to note that it is progressing in parallel with some other processes such as transition of the former socialist countries and global economic crises compared by many scholars with the crises of the 30-ties of the last century. Another simultaneous process, worth mentioning is degradation of the role of United and the international Law Order established after the Second World War.  
At the same time Europe and the world are undergoing the process of militarization, expansion of military installations towards East Europe is cross-netted by more foreign military basis today than at the time of the highest Cold War confrontation. World arms’ expenditure has risen to unprecedented 1.5 trillion USD per year, while military-industrial complex is privileged in decision making process and regarded as savor from further economic downfall.
Current world economic crises has already led to further widening of the gap between rich and poor, internationally and within individual countries, including reachest ones. High unemployment, misery and discontent have become worldwide reality causing deep social, political and moral problems, xenophobia and racism, including. From time to time, the public is told that certain nations have missionary role to “help” other nations to “democratize”, to adopt their system and values even by use of force if they deem it necessary. 
These developments and practices represent very fertile soil for revival of ideologies of Nazism and Fascism, falsification of history, rehabilitation of those responsible for atrocities and war crimes during the Second World War undervaluation of the liberation struggle against Fascist occupiers.   
Attempts to revise the outcome of the Second World War can be traced, with different extent and forms, in various fields, but first of all, in mass-media, education and history-science. They are also present in arts (films), TV series, sports, popular music. Some political parties in various European countries, as well as some national and international institutions, one way or the other, do contribute to revision of history, rehabilitation of collaborators, quislings’ formations and their leaders. In some instances, national and international judiciary is manipulated and abused for the same purposes.

Having regard aforesaid, revival of the Nazi and Fascist ideologies on such large scale can hardly be considered spontaneous. Therefore, it would be useful to explore and answer some questions, such as – what are the sources of financing of the revival of Nazi and Fascist ideologies? Then, is there a political will to adopt global response to the process of revival of these ideologies, or how to come to such a response?    
Rehabilitation of Nazism and various quislings’ formations is particularly disturbing in the Balkans where the crimes of Fascist occupiers and their helpers were horribly cruel setting up death camps, encouraging civil war, redrawing state borders to install satellite states (“Independent State of Croatia”, “Greater Albania” from 1941-1945). Particularly worrying are false interpretations that the current attempts to rehabilitate quisling formations and downplay the role of anti-Nazi and anti-Fascist movements and Liberation struggle are part and parcel of democratization, reconciliation and modern, future oriented policies.
Yugoslav crisis of the 90-es gave a rise to revision of history. In fact, destruction of Yugoslavia was revision of the results not only of the Second, but also of the First World War, even of the Balkan wars. 
Serbia has particular reasons to be worried about rewriting the history.
First, Serbia, within Yugoslavia, gave great contribution to the victory over Nazism and Fascism. However, people’s liberation struggle against occupying Fascist forces, close cooperation with other allied forces, particularly with Red Army of USSR, is often undervalued, neglected or distorted in mass media, education and political practice.
Second, Serbia suffered enormous human losses, far the most of 1.7 million of human losses of Yugoslavia. In fact, Serbs were the victim of genocide. Only in the concentration camp of Jasanovac, located in the Hitler’s puppet state “Independent State of Croatia” about 700.000 of Serbs, Jews and Gypsies were killed. There is a tendency to neglect, downplay, or distort real proportions of enormous human losses, in one hand and to downplay responsibility for unprecedented crimes against humanity, opn the other hand.
Third, attempts to rewrite the history concerns the results of the First World War, the set of Versailles agreements (Trianon). These attempts sometimes go thus far as to even accuse Serbia for the outbreak of the First World War as Richard Holbrook did in his book on Dayton! 
And forth, during the last twenty years Serbia has been experiencing “in vivo” the revision of history of the 20-th century, the results of the two World Wars and even, results of the Balkan Wars: the second and third Yugoslavia has been destroyed in coordination of internal separatist forces and their foreign protectors, through the bloody civil wars. The role of neo-Nazi ideologies and its followers in separatists movements in this regard should not be neglected (“Ustashi” and others).

Kosovo and Metohija, the symbol of Serbia’s statehood, religion and culture, has been occupied through brutal 1999 NATO military aggression. While

under UN mandate and contrary to the UN SC resolution 1244 this Serbian territory has been stolen from Serbia and handed over to the leaders of international organized crimes, who are responsible, inter alia, for massive abduction of human beings and sale of human organs . 
Serbian nation which had lived in Yugoslavia for over 70 years has been fragmented – part turned into refugees, part into new, openly discriminated national minorities, and part still remains deprived of the basic human rights in Kosovo and Metohija. Some Serbs are living in 21-rst century barbed-wired ghettos. Monuments of Serbian culture, 150 medieval monasteries and churches, even centuries old graveyards, have been destroyed while the Province has been under UN mandate. About 500.000 Serbian refugees and displaced persons are still in Serbia without the right to safe return to their ancestral homes in Croatia and Kosovo and Metohija. 
In spite of all this, in the course of the last 20 years major western powers and huge propaganda machinery have been portraying Serbia as the culprits of the outbreak of civil wars in Croatia and Bosnia, for 1999 NATO aggression, for unilateral, illegal secession of Kosovo and Metohija 2008 - even for ethnic cleansing of Serbs from their homes and for genocidal crimes committed against them. The corporate capital dominated mass media attributed collective responsibility to Serbs and portrayed the late president Slobodan Milosevic as a dictator worse then Adolf Hitler himself. Hague tribunal established without legal basis in the UN Charter, in practice, turned into a political instrument of condemning Serbia’s civil and military leadership, rewriting the history of the Balkan, justifying NATO military aggression which led to unilateral secession of 15 per cent of Serbia’s state territory. 
Support to the secessionist forces in former Yugoslav republics, in Kosovo and Metohija and satanization of Serbia and Serbs, is perceived by major part of Serbian public, by many other friendly nations, by independent-minded scholars in Europe, USA and the world, unjust, imperial practice in line with the slogan “divide et impera”, as revenge, be it for resisting to globalist hegemony, be it for Serbia’s historically verified contribution to the victory of Allies in both World Wars. 
Nowadays, Serbia is undergoing blackmail to accept loosing Kosovo and Metohija in exchange for membership to EU! Apparently, in the interest of peace and stability! It should be noted however, that this is not immoral and illegal only, but dangerously counterproductive in relation to the peace and stability. It seems as if the 1938 Sudetes lesson has been forgotten.   

Our priorities should be:

  • Creative and active position in defending results of the two World Wars through encouraging historians, writers, journalists, schools in preserving  the truth and resisting all kind of distortions and falsifications of the history;
  • Government agencies should provide all necessary conditions for scientific institutions and civic organizations willing to engage in realization of concrete projects for uncovering the roots and objectives of falsification of history;
  • Active role in all governmental and non-governmental forums, especially within the system of United Nations (ECOSOC, UNRESCO), through IPU and other parliamentary assembles;
  • Upgrading awareness of the youth and students on the crucial importance of safeguarding the truth of the past and tragic consequences of Fascism and Nazism;
  • Examining the role of education and viability of channeling certain initiatives through UNESCO;
  • Strengthening the basic principles of the International World and Law Order established after the Second World Order, especially, reinforcing the prime role of UN Security Council, notwithstanding necessity for further development and adjustments of international institutions

Dear Friends,

Let me conclude, that Serbia and Russia have shared, more or less, the same ideals of freedom, independence and dignity, same destiny throughout the history, always being allies and never enemies one to the other. I am sure that this  historic experience will be guiding our peoples in the future in  common endeavors for Europe and the World without Nazism and Fascism.

Thank you.


---
Gift for Mr. Chairman:
The book The Twilight of the West - NATO aggression - Never to forgethttp://www.en.beoforum.rs/index.php/books-belgrade-forum-for-the-world-of-equals.html


    1Address at the International Conference “World without Nazism: Global Goal of the entire Humanity”, held in Moscow on December 17th, 2010, under auspices of  Federation Council of the Federal Assembly of the Russian Federation 

    2Report of Hon. Dick Marty, Reporter of the Board for legal issues of the Parliamentary Assemble of the Council of Europe submitted to the Assembly in December 2010 for consideration and adoption at the session convened for January 25th, 2011.



    Arrestato Ivo Sanader

    1) News:
    - Ex premier Sanader indagato, in fuga da Croazia
    - Arrestato ex premier croato Sanader

    2) Ivo Sanader, l’ex premier dietro le sbarre (Drago Hedl)


    === 1 ===

    Ex premier Sanader indagato, in fuga da Croazia
    (ANSA, 9 dicembre 2010)

    L'ex primo ministro croato, Ivo Sanader, e' da oggi formalmente indagato per corruzione, abuso di potere e associazione a delinquere: il parlamento di Zagabria all'unanimita' gli ha revocato l'immunita', autorizzando anche il suo arresto e la detenzione cautelare chiesti dai magistrati.
    L'affare ''mani pulite'' croato, come e' stata battezzata dalla stampa la vasta campagna anti-corruzione lanciata un anno fa dalla premier, Jadranka Kosor, contro i vertici politici ed economici del Paese, ha raggiunto, secondo gli analisti, il suo ''grande capo''. Sanader sarebbe indagato in almeno tre casi di corruzione per aver ordinato o favorito, quand'era primo ministro dal 2004 al luglio 2009, il prelievo di denaro pubblico da vari ministeri e agenzie statali. Liquidi poi trasferiti nei fondi neri del suo partito o sui conti privati di politici. A suo carico ci sarebbero testimonianze di suoi ex colleghi e collaboratori, particolarmente quella dell'ex capo delle dogane e tesoriere della Comunita' democratica croata (Hdz, conservatori), Mladen Barisic, secondo la stampa uno dei pentiti-chiave.
    Nel luglio del 2009 a sorpresa, senza il minimo preannuncio e senza alcuna spiegazione, Sanader si dimise dalla carica di primo ministro e leader dell'Hdz, lasciando le redini del Paese alla sua fedelissima collaboratrice, e fino ad allora vice-premier, Jadranka Kosor. Dopo un tentativo fallito nel gennaio di quest'anno di riprendere almeno una parte del potere, tra i due politici vi e' stata la rottura totale, e Sanader e' stato espulso dal partito, che per due volte aveva guidato alla vittoria elettorale, demonizzato dai suoi ex ministri e amici.
    Sanader ha piu' volte detto di essere vittima di una resa dei conti politica, di essere innocente, accusando la premier di essere incapace, e di gestire il Paese in modo antidemocratico. L'annuncio di stamane non e' stata una sorpresa per l' opinione pubblica in Croazia, sopratutto dopo gli arresti eccellenti degli ultimi mesi, tra i quali quello del suo ex vice Damir Polancec e di decine di politici e uomini d'affari vicini all'ex primo ministro.
    La vera sorpresa comunque e' la sua fuga, per ora apparente, messa in atto solo alcune ora prima dell'autorizzazione dell' arresto. Verso le 11:45 Sanader e' entrato in Slovenia, accompagnato da una delle due figlie. Nel pomeriggio avrebbe pero' risposto via sms ai giornalisti di essere partito per un viaggio pianificato in precedenza, ma di essere pronto a rispondere a tutte le domande della magistratura. Il presidente della repubblica Ivo Josipovic, con riferimento alla fuga di Sanader, ha parlato di ''una seria sconfitta del sistema'', chiedendo le dimissioni del ministro degli Interni, Tomislav Karamarko.

    ---

    Arrestato ex premier croato Sanader

    ANDREA MARSANICH (Il Piccolo, 11 dicembre 2010)

    ZAGABRIA - L’ ex premier croato Ivo Sanader, 57 anni, indagato in patria per associazione a delinquere, corruzione e abuso di potere, è stato arrestato ieri pomeriggio, poco prima delle 16, a Salisburgo, in Austria. La notizia è stata confermata dal ministero degli Interni croato, che giovedì aveva emesso un mandato di cattura internazionale nei riguardi di colui che viene ritenuto il capo della piovra della corruzione in Croazia. Il mandato era stato spiccato non appena il Parlamento croato, il Sabor, aveva deciso all’unanimità di revocare l’immunità al deputato indipendente dalmata, ex presidente della Comunità democratica croata (Hdz), chiamato in causa per una serie di scandali. Secondo voci ufficiose, l’arresto sarebbe avvenuto ai caselli autostradali in località Sankt Michael, nelle vicinanze di Salisburgo.
    Sanader è stato quindi al Tribunale regionale di Salisburgo. L’estradizione dell’ ex primo ministro alla Croazia potrebbe però avere serie complicazioni nel caso in cui Sanader possedesse la cittadinanza austriaca.
    Infatti la Costituzione non consente l’estradizione dei cittadini austriaci. Non stupisce dunque la scelta di Sanader, se effettivamente cittadino austriaco, di trovare rifugio nel Paese alpino. In caso contrario, Sanader dovrebbe venire estradato alla Croazia ma in tempi non brevi dato che Vienna ha la più lunga procedura d’ estradizione dei Paesi dell’ Europa comunitaria.
    È stata una giornata molto concitata, quella di ieri in Croazia, con una ridda di voci sul luogo scelto da Sanader dopo aver lasciato il valico di confine croato – sloveno di Bregana. C’ era chi sosteneva fosse fuggito in aereo a Londra, altri sostenevano che fosse in Slovenia, probabilmente a Bled, e c’era anche chi propendeva per la soluzione austriaca, rivelatasi veritiera. Sia come sia, in Croazia lo attende il processo per i casi Fimimedia ed Azienda elettrica statale (Hep).
    Quest’ultimo scandalo vede Sanader coinvolto nella vendita a basso costo di energia elettrica da parte dell’ Hep al Gruppo Dioki (produzione petrolchimica), di cui è proprietario Robert Jezic, titolare del quotidiano Novi List di Fiume ed ex presidente della società calcistica fiumana Rijeka. Jezic è stato arrestato giovedì sera e ieri sottoposto a lungo interrogatorio nella sede zagabrese dell’Uskok, l’Ufficio croato per la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. Jezic ha respinto tutte le accuse, ma il giudice ha disposto nei suoi confronti la custodia cautelare di 30 giorni. Intanto ieri Wikileaks ha pubblicato quattro cablogrammi dell’ambasciata americana a Zagabria inviati al Dipartimento di Stato americano. Si è così venuto a sapere che già lo scorso gennaio il procuratore capo della Croazia, Mladen Bajic, informò l’ambasciata Usa che l’ex primo ministro era indagato per corruzione in seguito alla politica di lotta alla corruzione che la premier Jadranka Kosor aveva ingaggiato nei quartieri alti della politica croata. Nei documenti, l’ambasciatore James Foley parlava di indagini contro Sanader e alti esponenti governativi, definiti intoccabili dal diplomatico.
    Secondo informatori dell’ambasciata, Sanader – subito dopo essersi dimesso da primo ministro nel luglio 2009 – avrebbe tentato di bloccare alcune inchieste contro politici e imprenditori. Un atteggiamento che avrebbe finito per far litigare Sanader e la sua ex fida alleata, Jadranka Kosor. La Kosor avrebbe chiesto appoggio politico e le dovute risorse alla procura, mentre Sanader avrebbe interpretato questa linea come una minaccia a se stesso e ai suoi alleati del partito al potere, l’Accadizeta.
    L’epilogo è noto: tra i due ci fu rottura totale, con Sanader espulso dall’Hdz e quindi demonizzato non solo dalla stampa ma soprattutto dai suoi ex ministri. 


    === 2 ===

    (en francais: Croatie : l’ancien Premier ministre Ivo Sanader reste détenu en Autriche


    Ivo Sanader, l’ex premier dietro le sbarre


    L’ex premier croato Ivo Sanader è stato arrestato la scorsa settimana dopo aver tentato la fuga all’estero. In carcere in Austria, l’ex primo ministro è accusato di essere direttamente coinvolto in numerosi casi di corruzione che stanno sconvolgendo la Croazia

    L’ex premier croato Ivo Sanader aveva tentato, con una vergognosa fuga, di evitare di venire perseguito penalmente per la sottrazione di ingenti quantità di denaro pubblico, accusa che gli viene rivolta dalla magistratura croata.
    Sanader è fuggito dalla Croazia giovedì scorso, subito dopo che al parlamento era giunta la richiesta di revoca dell’immunità parlamentare che lo aveva protetto sino ad allora dall’arresto. Per Sanader, la richiesta della revoca è stato un chiaro segnale di cose gli sarebbe spettato, motivo per cui da Zagabria si è diretto immediatamente verso la Slovenia, in direzione del passaggio di frontiera di Bregana, a soli trenta chilometri dalla capitale croata. L’intenzione dell’ex primo ministro era di fuggire negli Stati Uniti, dove negli ultimi mesi aveva ottenuto un incarico come docente presso la prestigiosa Columbia University. Ma il suo piano è fallito.
    Quando, alcune ore dopo la fuga in Slovenia, il parlamento croato gli ha definitivamente revocato l’immunità  per poter procedere al suo arresto, la polizia ha spiccato un mandato di cattura. Appena si è saputo della fuga di Sanader, gli Stati Uniti – come ha confermato più tardi l’ambasciatore a Zagabria James Foley – hanno collaborato immediatamente con la Croazia, sospendendogli il visto. Nonostante il volo prenotato da Monaco per Washington, Sanader, venendo a sapere che il visto non era più valido, ha capito subito che doveva cambiare piano. In panico è tornato dalla Germania verso l’Austria, con l’intenzione di trovare rifugio nel paese in cui, prima della sua carriera politica croata, aveva lavorato per diversi anni e dove aveva conservato parecchie conoscenze. Ma la polizia austriaca lo ha fermato sull’autostrada nei pressi di Salisburgo, comminandogli 14 giorni di carcere in attesa dell'estradizione.
    Benché nelle ultime settimane si fosse largamente parlato della possibilità di arresto di Sanader, nessuno si aspettava, nel caso in cui fosse accaduto, che l’ex premier avrebbe tentato la fuga. Solo pochi giorni fa era rientrato dagli Stati Uniti e all’inizio della scorsa settimana si era fatto vedere ad una seduta del Sabor (parlamento croato, ndt.). Dalle persone a lui vicine si apprende che lui stesso non credeva lo avrebbero arrestato, ma la cosa è diventata palese appena al Sabor è giunta la richiesta di revoca dell’immunità parlamentare.


    Corruzione e arresti eccellenti


    Nella serie di scandali di corruzione che da mesi ormai sconvolgono la Croazia, Sanader viene nominato come la testa della piovra criminale. Quando il 1° luglio dello scorso anno in modo del tutto incomprensibile e senza alcuna spiegazione aveva dato le dimissioni, si era rimasti stupiti. Si diceva glielo avesse chiesto il cancelliere tedesco Angela Merkel, cosa mai confermata, anche se secondo alcune indiscrezioni la Merkel era venuta a sapere dei casi di corruzione che coinvolgevano l’ex primo ministro. Pare che Angela Merkel si fosse offesa personalmente perché aveva appoggiato Sanader durante la sua ultima campagna elettorale, nel 2007. Angela Merkel, insieme ad una serie di altri politici europei, aveva infatti partecipato ad uno spot di propaganda elettorale che era andato in onda innumerevoli volte sulla tv croata, cosa che aveva aiutato non poco Sanader.
    Dopo l’inaspettata uscita di scena di Sanader , il successore da lui stesso nominato, l’attuale premier Jadranka Kosor, ha aperto la strada alla magistratura sui numerosi scandali di corruzione . Presto in carcere sono finiti i direttori delle più grandi aziende statali, come l’Azienda elettrica croata, le Autostrade croate, la Forestale, la Banca postale croata, ma anche i vertici della grande industria alimentare Podravka di cui lo Stato è proprietario di maggioranza. In carcere è finito pure il vice premier Damir Polančec , che è in attesa di processo per gravi reati penali, mentre per quelli minori è in attesa di verdetto. All’inizio di dicembre, l’ex ministro della Difesa e degli Interni, Berislav Rončević, è stato condannato a quattro anni di carcere per la fornitura di camion militari, con cui aveva danneggiato lo Stato per circa 10 milioni di kune (1,3 milioni di euro).


    Le mazzette a Sanader e l’affaire Hypo Banka


    La maggior parte di questi scandali, in modo diretto o indiretto, sembra essere collegata a Sanader. La magistratura, per ora, lo accusa di aver ordinato, durante una riunione coi direttori delle aziende statali, che tutte le pubblicità di queste aziende dovessero passare attraverso la ditta Fimi Media, la cui proprietaria era la fidanzata del capo della dogana croata, Mladen Barišić. Questi era stato il tesoriere dell’HDZ (Unione democratica croata) e Fimi Media avrebbe consegnato a Barišić una parte di denaro che le aziende statali le avevano versato per finte o reali campagne pubblicitarie. Barišić proprio per questo motivo è stato arrestato quest’autunno, ed ha ammesso durante l’interrogatorio di aver portato con una borsa nella villa di Sanader la maggior parte dei 42 milioni di kune (circa 5,7 milioni di euro) che aveva ricevuto, mentre la restante parte era rimasta nelle casse del partito di governo HDZ.
    Il pubblico ministero accusa Sanader anche di aver ordinato all’ex direttore dell’Azienda elettrica croata Ivan Mravak (arrestato ed in attesa di giudizio) di fornire di elettricità a basso costo l’azienda del suo amico Robert Ježić. Ježić, anch’egli sotto arresto, è il proprietario della grande azienda Dioki specializzata in materie plastiche e prodotti petrolchimici, ed anche proprietario del quotidiano di Fiume “Novi list”.
    Ora Ivo Sanader, rinchiuso nel carcere austriaco, aspetta l’estradizione per la Croazia. Anche se il suo avvocato ha dichiarato che Sanader non si opporrà a quest'ultima, il che potrebbe significare che arrivi in Croazia entro un paio di settimane, già sono state avanzate varie speculazioni sul fatto che potrebbe anche non finire così. Infatti Sanader, secondo quanto scrivono i media croati, sarebbe pesantemente coinvolto anche in uno scandalo riguardante la Hypo banka di Klagenfurt, su cui in Austria si sta indagando a fondo. Non è quindi escluso che l’Austria, ora che l’ex premier croato è agli arresti, voglia sapere delle sue relazioni con politici e banchieri austriaci e dei loro affari poco puliti che hanno fatto in Croazia, motivo per cui potrebbe decidere di trattenerlo più a lungo di quanto Zagabria desideri.




    L' INTERVISTA 
    SOTTO PROCESSO ALL' AJA PER GENOCIDIO, L' IMPUTATO DALLA CELLA RACCONTA LA MEDIAZIONE DI STANISIC, AGENTE DEI SERVIZI DI MILOSEVIC E CONTATTO DELLA CIA

    «Un patto segreto con gli Usa» 
    Ecco tutta la verità di Karadzic

    L' ex leader serbo di Bosnia: «Firmai la resa in cambio dell' immunità» Srebrenica? Non ho mai ordinato che qualcuno venisse ucciso se non durante i combattimenti. La verità deve ancora venire a galla 
    L' Europa non conceda altro spazio alla Turchia nei Balcani: diventeremmo un cordone sanitario verso i regimi musulmani

    Rinchiuso nel carcere di Scheveningen all' Aja dal luglio del 2008, Radovan Karadzic, l' ex leader dei serbi di Bosnia sotto processo per genocidio, ha concesso al Corriere questa intervista esclusiva dove, per la prima volta, entra nei particolari del presunto «accordo» con Richard Holbrooke, il superdiplomatico americano appena scomparso che negoziò la pace in Bosnia. L' intervista scritta era da una settimana al vaglio del Tribunale internazionale per i crimini nell' ex Jugoslavia ed è stata autorizzata ieri, censurata solo nella parte riguardante le fasi della cattura di Karadzic a Belgrado. 

    Radovan Karadzic, lei ha sempre sostenuto che gli americani le garantirono l' immunità. Ci può spiegare come? 

    «Il 18 luglio 1996 ci fu una riunione a Belgrado per discutere il mio futuro politico. La chiese Holbrooke a Milosevic. Io non partecipai, ma furono presenti due rappresentanti della Repubblica Serba di Bosnia, Momcilo Krajisnik, presidente del Parlamento, e il ministro degli Esteri Aleksa Buha. Rimasi nel mio ufficio a Pale. Parlai diverse volte al telefono con i nostri inviati e con Milosevic, ma mai con gli americani. I negoziati durarono tutta la sera, diverse proposte vennero discusse al telefono o inviate per fax a Pale. Alla fine, raggiungemmo un accordo. Io mi sarei dimesso da presidente della Republika Srpska, dalla guida del partito Sds, mi sarei ritirato a vita privata senza partecipare alle imminenti elezioni, in cambio della garanzia che non sarei stato perseguito dall' Aja: i termini dell' accordo mi furono comunicati per telefono. Holbrooke schizzò un accordo che comprendeva solo i miei obblighi. Quando vidi la bozza, mi rifiutai. Volevo che anche la sua parte fosse messa per iscritto». 

    In che modo l' hanno convinta? 

    «Fu quando Milosevic parlò con me per telefono. Mi spiegò che gli Usa non avrebbero mai messo la loro parte dell' accordo nero su bianco per motivi politici. Di più, Holbrooke aveva detto che per un po' dagli Usa dovevo aspettarmi solo dura retorica, e che l' impegno non sarebbe stato reso pubblico: l' America non poteva rovinarsi le sue relazioni nella regione. Quando insistetti ancora, Milosevic mi rassicurò che queste persone rappresentavano le grandi potenze, e che le grandi potenze non mettono la loro firma su ogni pezzo di carta. Disse che tutto ciò che Holbrooke ci aveva promesso in passato l' aveva onorato. Bisogna anche ricordare che Holbrooke parlava non solo in nome degli Usa, ma dell' intera "comunità internazionale": era l' inviato del Gruppo di Contatto, "benedetto" dall' Onu. In base a queste rassicurazioni, acconsentii. Nella notte tra il 18-19, Jovica Stanisic capo dei servizi segreti di Milosevic, ma anche contatto della Cia, come si scoprì al suo processo, ndr volò da Belgrado a Pale. In qualità di messaggero, come sempre. Era un uomo di Stato, tutti i suoi contatti erano ufficiali. Firmai e lui tornò a Belgrado. Allora, non avevo nessun dubbio sulla promessa che non sarei stato perseguito dall' Aja e che Holbrooke avesse l' autorità per mantenerla. Mi sono fidato e ho eseguito la mia parte». 

    Quando ha parlato per l' ultima volta a Milosevic? 

    «Nel 1998, o forse 1997. Politicamente, eravamo totalmente differenti. Era intelligentissimo, ma ideologicamente vicino al comunismo, ed io sono stato un dissidente per quattro decenni. Credeva nell' autorità e agiva unilateralmente, mentre io cercavo il dialogo e il consenso. Nondimeno, ci rispettavamo. Ho imparato molto guardando il suo processo, ha fatto un buon lavoro, ma molti testimoni hanno mentito». 

    Come vede le relazioni tra la Serbia e il Kosovo? 

    «Sono stupefatto dal precedente creato dal Kosovo. Gli albanesi sono andati lì in massa fuggendo dal regime di Enver Hoxa, e in virtù di questo è stato consentito loro di prendersi il Kosovo. Se i messicani continueranno a riversarsi in California, la potranno strappare agli Stati Uniti?». 

    Molti dicono che Sarajevo, la città che per lo scrittore Danilo Kis viveva «nel sottile equilibrio di religioni e nazioni, nella loro reciproca diffidenza e attrazione», sia morta con la guerra. Cos' è per lei Sarajevo? 

    «La gente della mia regione andava a studiare a Belgrado: io scelsi Sarajevo perché mi piaceva. E mi piace ancora, ma senza il marchio fondamentalista sopra. La gente nata a Sarajevo non la riconosce più, non c' è equilibrio. Sarajevo in passato era una città totalmente serba, costruita su suolo serbo. Non rinunceremo mai a Sarajevo, è nostra, l' amiamo». 

    Lei parlava di islamizzazione ben prima dell' 11 settembre... 

    «Non era affatto difficile vedere questo sviluppo. Soprattutto dopo che avevamo visto dove Izetbegovic leader dei musulmani, ndr stava portando la sua comunità. Non c' era possibilità di sopravvivere. Non ho mai sospettato il musulmano bosniaco medio di essere un terrorista, ma se anche uno su mille lo fosse stato, questo significa duemila terroristi in Bosnia, oltretutto con aspetto europeo. La comunità internazionale ha fatto un grosso errore nel sostenere uno Stato islamico in Bosnia». 

    Come vede la sempre maggiore influenza della Turchia nei Balcani e soprattutto in Bosnia? 

    «Non vorrei ci fosse l' intenzione di concedere spazio alla Turchia nei Balcani come consolazione per le chiusure alla sua entrata in Europa. In questo caso il Sud-Est europeo con la Turchia diventerebbe una sorta di Europa di "terza classe" e un "cordone sanitario" verso i regimi islamici». 

    Srebrenica. Si rimprovera qualcosa? 

    «Niente, perché non ho voluto, né saputo, tanto meno ordinato che qualcuno venisse ucciso se non durante i combattimenti. E la verità deve ancora venire a galla». 

    Cosa legge e cosa scrive in cella? 

    «Non ho tempo, purtroppo, per la buona letteratura. Sono alle prese con il terzo milione di pagine del mio processo». 

    La Chiesa ortodossa l' ha protetta? 

    «Non avevo contatti, se non andando a messa. Ma chi mi conosceva non sapeva dov' ero, chi sapeva dov' ero non sapeva chi ero. Se sei veramente religioso, non puoi separare le tue azioni da Dio. Quando ero di fronte a un dilemma, ho chiesto a Dio cosa voleva che facessi. Provatelo, e troverete una risposta nel vostro cuore». 

    Come crede che la ricorderà la storia? E tra tutti i ruoli che ha avuto - medico, poeta, guaritore olistico, uomo politico - quale sarà il ruolo che ricoprirà in futuro? 

    «Non ho mai pensato al futuro. Come disse Gesù Cristo, basta a ciascun giorno il suo affanno. Quanto ai ruoli, tranne quello del medico e poeta, non li ho mai voluti. Li ho dovuti assumere come un obbligo, perché quando la tua libera volontà appartiene a qualcuno come io appartengo al mio popolo serbo, non devi sottrarti al tuo dovere. Quanto al futuro, il mio spero sia quello di nonno. Anzi, di un ottimo nonno». 

    Mara Gergolet 
    Marzio G. Mian 

    Pagina 19 (16 dicembre 2010) - Corriere della Sera


    [Sulle posizioni di Karadžić si veda anche: 
    Parla Radovan Karadžić - estratti dal libro IL CORRIDOIO. Viaggio nella Jugoslavia in guerra, di Jean Toschi Marazzani Visconti




    (english / deutsch)

    Richard Holbrooke, the man who destroyed international diplomacy, has died

    1) Diana Johnstone on/über Richard Holbrooke
    2) HOLBROOKE ADMIRERS: GEORGE SOROS, THACI "THE SNAKE", GEORGIAN REACTIONARIES
    3) Richard Holbrooke's Deathbed Conversion (D. Swanson's Blog)
    4) FLASHBACKS: 
    - November 2010: Ex-UN envoy slams Holbrooke's Afghanistan approach
    - April 2007: "Kosovo to be independent with or without U.N."
    - June 2003: Holbrooke advocates independence for Kosovo and Montenegro
    5) WHO'S WHO IN THE BALKANS: RICHARD HOLBROOKE


    === 1 ===


    Nachruf Richard Holbrooke

    Von DIANA JOHNSTONE

    Übersetzung: Cathrin Schütz

    Es gehört eigentlich zum guten Ton, einen eben verstorbenen Menschen von scharfer Kritik zu verschonen. Doch Richard Holbrooke selbst hat ein Beispiel für die Verletzung dieser Etikette geliefert. Als er erfuhr, daß Slobodan Milosevic im Gefängnis verstorben war, zögerte Holbrooke nicht, ihn als mit Hitler und Stalin vergleichbares „Monster“ zu bezeichnen.
    Das war grobe Undankbarkeit, denn Holbrooke hat mehr oder weniger allein Milosevic den größten Erfolg seiner Karriere zu verdanken – das Friedensabkommen von Dayton, das 1995 den Bürgerkrieg in Bosnien-Herzegowina beendete. Das ging aus Holbrookes Memoiren To End a War (Random House, 1998 und in Deutsch bei Piper „Meine Mission – Vom Krieg zum Frieden in Bosnien, d.Ü.) hervor.
    Doch Holbrookes größte Begabung war es, die Wirklichkeit in ein für ihn vorteilhaftes Licht zu rücken, wobei ihm die Kollaboration der Medien gewiß war.
    Der Friedensvertrag von Dayton wurde als heldenhafter Sieg des Friedens dargestellt, den der geniale Holbrooke dem sturen Milosevic abgerungen hat, welcher von den USA „an den Verhandlungstisch gebombt werden mußte“. In Wirklichkeit wußte die US-amerikanische Regierung ganz genau, daß Milosevic um Frieden in Bosnien bemüht war, um Serbien von den lähmenden Sanktionen zu befreien. Es war der bosnisch-muslimische Präsident Alija Izetbegovic, der den Krieg mit militärischer Hilfe der USA weiter führen wollte.
    In Wirklichkeit haben die USA die Serben bombardiert, um Izetbegovic an den Verhandlungstisch zu bekommen. Und das Abkommen, das im Herbst 1995 erreicht wurde, unterschied sich kaum von jenem, das im März 1992 von den drei ethnischen Gruppen unter der Vermittlung der Europäischen Gemeinschaft erzielt worden war und welches den gesamten Krieg hätte verhindern können, wäre es nicht durch Izetbegovic sabotiert worden, der ermutigt vom US-Botschafter Warren Zimmermann seine Unterstützung für das Abkommen zurücknahm. Kurz gesagt, waren die USA beileibe nicht der große Friedensengel auf dem Balkan. Sie hatten zunächst die muslimische Kriegspartei darin bestärkt, für ihr Ziel eines von ihnen kontrollierten bosnischen Zentralstaat zu kämpfen, und setzten sich dann für eine geschwächte bosnische Föderation ein – nach fast vier Jahren Blutvergießen, das die Bevölkerung aller Habe und Zuversicht beraubte.
    Den wahren Grund für all das hat Holbrooke in To End a War klar benannt. Es ging darum, vorzuführen, daß die Europäer unfähig waren, ihre ureigensten Angelegenheiten zu regeln und die Vereinigten Staaten die „unentbehrliche Nation“ blieben. In seinem Buch wird auch deutlich, daß die muslimischen Führer jeglicher Art von Kompromiß merkwürdig ablehnend gegenüber standen, und nur die Bereitschaft von Milosevic, Zugeständnisse zu machen, die Dayton-Verhandlungen vor dem Scheitern rettete – und Holbrooke zum Helden machte.
    Holbrookes Diplomatie sollte beweisen, daß das diplomatische Vorgehen der Europäer zum Scheitern verurteilt war. Sein Sieg war eine Niederlage für die Diplomatie. Das Schauspiel der Bombardierungen im Zusammenhang mit Dayton sollte vor Augen führen, daß nur die Androhung oder Anwendung der militärischen Macht der USA Konflikte beenden konnte.
    Milosevic hatte gehofft, daß seine Zugeständnisse zum Frieden und zur Aussöhnung mit den USA führen würde. Wie sich herausstellte, wurde er dafür, daß er Holbrooke den größten Erfolg seiner Karriere beschert hatte, nur mit der Bombardierung seines Landes durch die NATO von 1999 belohnt, mit dem Ziel, Serbien das Kosovo zu entreißen und Milosevics Sturz aus dem Amt vorzubereiten. Holbrooke selbst spielte dabei eine herausragende Rolle. Im Sommer 1998 posierte er plötzlich ohne Schuhe mit bewaffneten albanischen Separatisten für eine Foto-Session, die bis dahin vom State Department als „Terroristen“ geführt worden waren, und wenig später verkündete
    er gegenüber Milosevic, daß sein Land bombardiert werden würde, wenn er nicht die Sicherheitskräfte aus der Provinz abzöge, was soviel bedeutete, wie das Kosovo den Terroristen zu überlassen, die Holbrooke zu Freiheitskämpfern geadelt hatte.
    In seiner langen Karriere hat Holbrooke an vielen Fronten gekämpft, von Vietnam bis Afghanistan. 1977, nachdem Indonesien in Osttimor eingefallen war und begann, die Bevölkerung dieser eheamligen portugiesischen Kolonie zu massakrieren, wurde Holbrooke von und USA dorthin entsandt, angeblich um für „Menschenrechte“ einzutreten, aber in Wirklichkeit, um die Suharto- Diktatur gegen die Osttimoresen zu bewaffnen. Mal wurde die Regierung gegen die Rebellen aufgerüstet, mal Rebellen gegen die Regierung, aber was wie ein Widerspruch erscheinen mag, ist die konsequente zynische Ausnutzung und Eskalation tragischer lokaler Konflikte zur Ausdehnung der US-Weltmacht.
    Holbrooke und Milosevic wurden beide 1941 geboren. Als Milosevic 2006 starb, gab Holbrooke für die BBC eine umfassende Erklärung ab, die keine Silbe menschlicher Anteilnahme enthielt. „Dieser Mann hat den Balkan in Schutt und Asche gelegt,“ so Holbrooke.
    „Er war ein Verbrecher, der vier Kriege, 300.000 Tote, 2.5 Millionen Vertriebene auf dem Gewissen hat. Manchmal haben Monster – wie Hitler und Stalin – den größten Einfluß auf die Geschichte, und so verhält es sich auch mit diesem Herrn.“
    Holbrooke stellte sich selbst als der Gute dar, der um des guten Zwecks willen mit dem Bösen verhandelt hat. Bei den Verhandlungen mit Milosevic „ist einem bewußt, daß man einem Monster gegenüber sitzt, das einen schrecklichen Platz in den Geschichtsbüchern einnehmen wird und so viel Tote zu verantworten hat.“
    Wer war hier das Monster? Niemals, auch nicht in Den Haag, wo Milosevic infolge unterlassener ärztlicher Behandlung starb, wurde bewiesen, daß er für die tragischen Opfer des jugoslawischen Zerfallsprozesses verantwortlich war. Holbrooke seinerseits wurde nie vor Gericht gestellt wegen all der Toten in Vietnam, Osttimor, Afghanistan, Irak und, ja, im ehemaligen Jugoslawien, die wenigstens teilweise auf das Konto der von ihm ausgeführten US-Politik gingen.
    Sich selbst als moralische Instanz aufspielend, beurteilte Holbrooke den serbischen Politiker weder als Nationalisten, noch als Kommunisten, sondern einfach als Opportunisten, dem es nur um Macht und Reichtum für sich selbst ging.
    In Wirklichkeit gab es nie einen Beweis dafür, daß Milosevic nach Reichtum für sich selbst gestrebt oder ihn erhalten hätte, während Holbrooke unter anderem Vizevorsitzender von Credit Suisse First Boston, Geschäftsführer von Lehman Brothers, Vizevorsitzender der Beteiligungsfirma Perseus LLC und Vorstandsmitglied der Amercian International Group (AIG) war, letzteres gerade zu der Zeit, als „die Firma“, laut Wikipedia, „hoch spekulative Kreditversicherungsgeschäfte tätigte, die den Steuerzahler Hunderte Milliarden kosten könnten, wenn verhindert werden soll, daß AIG das Finanzsystem zugrunde richtet."
    Milosevic stand jahrelang vor Gericht, ohne seine Verteidigung vorbringen zu können, bis er unter beunruhigenden Umständen starb. Holbrooke war mit diesem Ende völlig zufrieden: „Ich wußte bereits, als er in Den Haag ankam, daß er nie wieder das Tageslicht erblicken würde, und ich denke, daß ihm auf eine seltsame Weise Gerechtigkeit widerfahren ist, denn er starb in seiner Zelle, und das war genau richtig.“
    Es gibt noch viele weitere Beispiele für Holbrookes Lügen und seine betrügerische Manipulation des Leids auf dem Balkan sowie seiner vollkommen zynischen Ausnutzung der Tragödien in Vietnam, Osttimor, Irak und Afghanistan. Dennoch sollte seine Bedeutung nicht überschätzt werden. Moralische Monster haben nicht immer einen großen Einfluß auf die Geschichte, wenn sie lediglich glanzlose Werzeuge einer wildgewordenen bürokratischen Militärmaschine sind.

    Dieser Nachruf erschien am 15.12.2010 unter dem Titel „Holbrooke or Milosevic: Who is the Greater Murderer?“ in der Onlineausgabe von Counterpunch: http://www.counterpunch.org/

    ---


    Richard Holbrooke, 1941-2010, Opportunist Extraordinary

    by Diana Johnstone


    It is usually considered polite to avoid sharp criticism of someone who has just died. But Richard Holbrooke himself set a striking example of the breach of such etiquette. On learning of the death in prison of Slobodan Milosevic, Holbrooke did not hesitate to describe him as a "monster" comparable to Hitler and Stalin.

    This was rank ingratitude, considering that Holbrooke owed his greatest career success – the 1995 Dayton Accords that ended the civil war in Bosnia-Herzegovina – almost entirely to Milosevic. This was made quite clear in his memoir To End a War (Random House, 1998).

    But Holbrooke’s greatest skill, made possible by media complicity, was to dress up reality in the costume favorable to himself.

    The Dayton Peace Accords were presented as a heroic victory for peace extracted by the brilliant Holbrooke from a reluctant Milosevic, who had to be "bombed to the negotiating table" by the United States. In reality, the U.S. government was fully aware that Milosevic was eager for peace in Bosnia to free Serbia from crippling economic sanctions. It was the Bosnian Muslim leader Alija Izetbegovic who wanted to keep the war going, with U.S. military help. In reality, the U.S. bombed the Serbs in order to get Izetbegovic to the negotiating table. And the agreement reached in the autumn of 1995 was not very different from the agreement reached in March 1992 by the three ethnic groups under European Community auspices, which could have prevented the entire civil war, if it had not been sabotaged by Izetbegovic, who withdrew his agreement with the encouragement of the then U.S. ambassador Warren Zimmermann. In short, far from being the great peacemaker in the Balkans, the United States first encouraged the Muslim side to fight for its goal of a centralized Bosnia, and then sponsored a weakened federated Bosnia – after nearly four years of bloodshed which left the populations bereft and embittered.

    The real purpose of all this, as Holbrooke made quite clear in To End a War, was to demonstrate that Europeans could not manage their own vital affairs and that the United States remained the "indispensable nation". His book also made it clear that the Muslim leaders were irritatingly reluctant to end war short of total victory, and that only the readiness of Milosevic to make concessions saved the Dayton talks from failure -- allowing Holbrooke to be proclaimed a hero.

    The functional role of the Holbrooke’s diplomacy was to prove that diplomacy, as carried out by Europeans, was bound to fail. His victory was a defeat for diplomacy. The spectacle of bombing plus Dayton was designed to show that only the threat or application of U.S. military might could end conflicts.

    Milosevic had hoped that his concessions would lead to peace and reconciliation with the United States. As it happened, his only reward for handing Holbrooke the victory of his career was to have his country bombed by NATO in 1999 in order to wrest from Serbia the province of Kosovo and prepare Milosevic’s own fall from office. Holbrooke played a prominent role in this scenario, suddently posing shoeless in a tent in the summer of 1998 for a photo op seated among armed Albanian secessionists which up to then had been characterized by the State Department as "terrorists", and shortly thereafter announcing to Milosevic that Serbia would be bombed unless he withdrew security forces from the province, in effect giving it to the ex-terrorists transformed by the Holbrooke blessing into freedom fighters.

    In his long career from Vietnam to Afghanistan, Holbrooke was active on many fronts. In 1977, after Indonesia invaded East Timor and set about massacring the people of that former Portuguese colony, Holbrooke was dispatched by the United States supposedly to promote "human rights" but in reality to help arm the Suharto dictatorship against the East Timorese. Sometimes the government is armed against rebels, sometimes rebels are armed against the government, but despite appearances of contradiction, what is consistent throughout is the cynical exploitation and exacerbation of tragic local conflicts to extend U.S. imperial power throughout the world.

    Holbrooke and Milosevic were born in the same year, 1941. When Milosevic died in 2006, Holbrooke gave a long statement to the BBC without a single syllable of human kindness. "This man wrecked the Balkans," said Holbrooke.

    "He was a war criminal who caused four wars, over 300,000 deaths, 2.5million homeless. Sometimes monsters make the biggest impacts on history - Hitler and Stalin - and such is the case with this gentleman."

    Holbrooke presented himself as goodness dealing with evil for a worthy cause. When negotiating with Milosevic, "you're conscious of the fact that you're sitting across the table from a monster whose role in history will be terrible and who has caused so many deaths."

    Who was the monster? Nobody, including at the Hague tribunal where he died for lack of medical treatment, has ever actually proved that Milosevic was responsible for the tragic deaths in the wars of Yugoslav disintegration. But Holbrooke was never put on trial for all the deaths in Vietnam, East Timor, Afghanistan, Iraq and, yes, former Yugoslavia, which resulted at least in part from the U.S. policies he carried out.

    From his self-proclaimed moral heights, Holbrooke judged the Serbian leader as an opportunist without political convictions, neither communist nor nationalist, but simply "an opportunist who sought power and wealth for himself."

    In reality, there has never been any proof that Milosevic sought or obtained wealth for himself, whereas Holbrooke was, among many other things, a vice chairman of Credit Suisse First Boston, managing director of Lehman Brothers, vice chairman of the private equity firm Perseus LLC, and a member of the board of directors of AIG, the American International Group, at a time when, according to Wikipedia, "the firm engaged in wildly speculative credit default insurance schemes that may cost the taxpayer hundreds of billions to prevent AIG from bringing down the entire financial system."

    Milosevic was on trial for years without ever being to present his defense before he died under troubling circumstances. Holbrooke found that outcome perfectly satisfying: "I knew as soon as he reached The Hague that he'd never see daylight again and I think that justice was served in a weird way because he died in his cell, and that was the right thing to do."

    There are many other instances of lies and deceptions in Holbrooke’s manipulation of Balkan woes, as well as his totally cynical exploitation of the tragedies of Vietnam, East Timor, Iraq and Afghanistan. But still, his importance should not be overstated. Moral monsters do not always make a great impact on history, when they are merely the vain instruments of a bureaucratic military machine running amok.



    ===  2 ===

    HOLBROOKE ADMIRERS: GEORGE SOROS, THACI "THE SNAKE", GEORGIAN REACTIONARIES

    ---

    Holbrooke and Soros

       Posted by: "Tim Fenton" 
       Date: Tue Dec 14, 2010 3:35 pm ((PST))

    Amongst a lot of gushing, sycophantic and hollow praise for Holbrooke, BBC Radio 4's flagship news programme, Today, this morning had the Britain's former ambassador in Kabul, Sir Sherard Cowper-Coles, examine Holbrooke's impact on US foreign policy. Listen to this clip where he inadvertently reveals (if you didn't know) that  George Soros was an important friend of this arch war criminal:

    http://www.yugofile.org.uk/mp3s/20101214_today_holbrooke_soros.mp3

    ---

    http://www.monstersandcritics.com/news/europe/news/article_1605579.php/Kosovar-leader-says-people-lost-a-friend-in-Holbrooke

    Deutsche Presse-Agentur - December 14, 2010

    Kosovar leader says people lost 'a friend' in Holbrooke

    Pristina: Kosovo caretaker Prime Minister Hashim Thaci on Tuesday expressed condolences to the US on the death of diplomat Richard Holbrooke, who was 'a friend' of the people of Kosovo. 
    Thaci, whose Democratic Party won Sunday's snap elections, sent a telegram to President Barack Obama saying that 'For citizens of Kosovo, the death of Richard Holbrooke is a loss of a friend, of a voice that protected the interest of the Republic of Kosovo.' 
    Holbrooke was a staunch supporter of Kosovo Albanians in their fight against Belgrade's rule in the late 1990s. 
    The conflict in Kosovo spurred US into leading NATO in its intervention against Serbia in 1999, eventually paving the way to the secession of the province in 2008. 
    Thaci's remarks came amid a so far muted response in the Balkan region to the news of Holbrooke's death. 
    In Sarajevo, one reaction came from the international community's representative in Bosnia, Valentin Inzko, who credited Holbrooke for the Dayton peace accord. 
    In Belgrade, Serbian state television RTS only quoted Peter Robinson, a lawyer in The Hague for former Bosnian Serb leader Radovan Karadzic, as saying that Karadzic felt 'sorrow and regret' over the news of Holbrooke's death. 
    On trial facing genocide charges at the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia (ICTY), Karadzic has claimed that Holbrooke in 1996 had promised him immunity from prosecution for his actions during the Bosnian war. 
    Robinson said Karadzic was hoping to get Holbrooke to testify at the ICTY proceedings. 

    ---

    http://rustavi2.com/news/news_text.php?id_news=39678&pg=1&im=main&ct=0&wth=

    Rustavi 2 - December 16, 2010    

    Richard Hollbrooke posthumously awarded with Saint George’s Victory Order

    As per the decree of the President of Georgia, Richard Holbrooke, U.S. Special Envoy for Pakistan and Afghanistan, has been posthumously awarded with the Saint George’s Victory Order. 
    The statement published on the official website of the Administration says: ‘Due to the decision made by the President of Georgia, United States Special Envoy for Afghanistan and Pakistan Richard Holbrooke is awarded with Saint George`s Victory Order posthumously for promoting peace and democracy throughout the world, for his personal contribution to strengthening Georgian-U.S. relations, for his special support provided to Georgia’.
    The U.S. diplomat died at the age of 69.


    === 3 ===

    http://davidswanson.org/content/richard-holbrookes-deathbed-conversion

    David Swanson's Blog - December 14, 2010

    Richard Holbrooke's Deathbed Conversion
     
    For all the talk of strategic counterinsurgency that oozes out of Washington, and all the manuals explaining that 80% of our investment in a nation-building operation should be civilian, we've been investing about 3% of our efforts in Afghanistan into a civilian project the leader of which has described it as a way to support the military. That leader was, until he died yesterday, Richard Holbrooke.

    Asked at a U.S. Senate hearing earlier this year what in the world he was doing and toward what end in Afghanistan, Holbrooke repeatedly failed to produce an answer. That could explain his deathbed conversion and his final words to his surgeon: "You've got to stop this war in Afghanistan." As if his doctor could do what he refused to play any role in.
    Before any more makers of war break their own hearts and beg for forgiveness, they should follow the examples of people like Ann Wright and Matthew Hoh and get out of this dirty business themselves while they have some life left in them.
     
    This short excerpt from War Is A Lie is relevant here:
     
    When, in 1995, Croatia had slaughtered or “ethnically cleansed” Serbs with Washington’s blessing, driving 150,000 people from their homes, we weren’t supposed to notice, much less drop bombs to prevent it. The bombing was saved for Milosevic, who — we were told in 1999 — refused to negotiate peace and therefore had to be bombed. We were not told that the United States was insisting on an agreement that no nation in the world would voluntarily agree to, one giving NATO complete freedom to occupy all of Yugoslavia with absolute immunity from laws for all of its personnel.
     
    In the June 14, 1999, issue of The Nation, George Kenney, a former State Department Yugoslavia desk officer, reported:
     
    “An unimpeachable press source who regularly travels with Secretary of State Madeleine Albright told this [writer] that, swearing reporters to deep-background confi dentiality at the Rambouillet talks, a senior State Department official had bragged that the United States ‘deliberately set the bar higher than the Serbs could accept.’ The Serbs needed, according to the official, a little bombing to see reason.”
     
    Jim Jatras, a foreign policy aide to Senate Republicans, reported in a May 18, 1999, speech at the Cato Institute in Washington that he had it “on good authority” that a “senior Administration official told media at Rambouillet, under embargo” the following: “We intentionally set the bar too high for the Serbs to comply. They need some bombing, and that’s what they are going to get.”
     
    In interviews with FAIR (Fairness and Accuracy in Reporting), both Kenney and Jatras asserted that these were actual quotes transcribed by reporters who spoke with a U.S. official.
     
    Negotiating for the impossible, and falsely accusing the other side of noncooperation, is a handy way to launch a “defensive” war. Behind that scheme in 1999 was special U.S. envoy Richard Holbrooke.
    ***
    And here's something Sam Husseini wrote in December 2008:
     
    Shortly before the bombing of Yugoslavia began in late March 1999, Richard Holbrooke met with Yugoslav President Slobodan Milosevic. By his own account, Holbrooke delivered the final ultimatum to Milosevic -- that if Yugoslavia didn't agree to the Rambouillet text, NATO would begin bombing.
     
    The Rambouillet text called for a defacto occupation of Yugoslavia. On major U.S. media, after the bombing of Yugoslavia began, Holbrooke claimed that what was called for in the Rambouillet text, despite Serbian protests, "isn't an occupation". Several weeks later, when confronted by a journalist familiar with the Rambouillet text, Holbrooke claimed: "I never said that". This was a lie, it was also a tacit admission that the Rambouillet text did call for an occupation (why else would Holbrooke deny saying it when he had?) So the U.S. demanded that Yugoslavia submit to occupation or be bombed -- and Holbrooke lied about this crucial fact when questioned about the cause of the war.
     
    Here are the specifics:The Rambouillet text of Feb. 23, 1999, a month before NATO began bombing, contained provisions that provided for NATO to basically occupy the entire Federal Republic of Yugoslavia (FRY), not just Kosovo. Excerpts from Appendix (B) (I attempted to draw attention to this at the time when I became aware of it.):

    7. NATO personnel shall be immune from any form of arrest, investigation, or detention by the authorities in the FRY. 
    8. NATO personnel shall enjoy... free and unrestricted passage and unimpeded access throughout the FRY including associated airspace and territorial waters.
    11. NATO is granted the use of airports, roads, rails and ports without payment...
    15. [NATO shall have] the right to use all of the electromagnetic spectrum...
    On April 6, 1999, about two weeks after the bombing began, Holbrooke appeared on the Charlie Rose show and was asked about what started the war. (Video is here, approximate times in the interview are provided):

    [3:45] "The 81 pages of the Rambouillet agreement, which the Serbs rejected, contain all the elements of a really solid interim solution. ... Although Rambouillet itself was rejected, the principles embodied in the Rambouillet agreement make a hell of a lot of sense. ..." 
    [13:00] "The [Yugoslavian government] decision was to trigger the bombing of their own country instead of accepting this very reasonable political offer." ...
    [14:00] Asked how to explain the actions of the Serbs, Holbrooke claims the Serbs said: "The choice you've given us is to have our sacred soil violated by an invading force. I said this isn't an invasion, it isn't an occupation, it's an international peacekeeping force that will save the Serb minority in Kosovo. ..."
    [15:00] "We walked the last mile for peace."
    [17:00] "The bombing must continue and must intensify until the Yugoslav leadership realizes they have to change their positions."
    On April 23, 1999, journalist Jeremy Scahill of Democracy Now questioned Richard Holbrooke as he was leaving the Overseas Press Club's 60th anniversary dinner:
     
    Holbrooke: "One question." 
    Jeremy Scahill: "You've said, since you gave the ultimatum to President Milosevic, that the Rambouillet accords do not call for the occupation of Yugoslavia. In --"
    Holbrooke: "I never said that. That's the end of that. You got the wrong person and the wrong quote. That's your question."
    Scahill: "Do the Rambouillet accords ... Are the the Rambouillet accords a call for the occupation of Yugoslavia -- how do you reconcile that with Appendix B?"
    Holbrooke: "I was not at Rambouillet. You'll have to address it to the people --"
    Scahill: "You delivered the ultimatum, you're familiar with with the text --"
    Holbrooke: "I did not discuss that detail with him. That's your question."
    Scahill: "You haven't answered the question though."
    Holbrooke: "I have answered the question. Good night." (See the April 23, 1999 Democracy Now, especially beginning at 29:00.)
    It's tempting for many to think that the current Bush administration and the 2003 invasion of Iraq are totally unique. They're not, the methods of the U.S. government lying its way into a war are long standing and many of the culprits are still very much part of the political structure.


    === 4 ===

    http://www.b92.net/eng/news/world-article.php?yyyy=2010&mm=11&dd=25&nav_id=71118

    Danas - November 25, 2010

    Ex-UN envoy slams Holbrooke's Afghanistan approach 

    BELGRADE: America's special representative for Afghanistan is implementing wrong, "Bosnian" methods in Afghanistan, says a former UN envoy.
    Norwegian diplomat Kai Eide, who served as special UN envoy in Kabul until March 2010, told Belgrade's Danas newspaper that he unsuccessfully tried to spur Washington to sack Holbrooke.
    "Even though the (1995) Dayton negotiations were a precondition for peace in Bosnia-Herezgovina, Richard Holbrooke used intimidation methods during that process, and he is attempting to do the same in Afghanistan now," Eide noted. 
    The diplomat stated that Washington had "clearly made a mistake" when they appointed Holbrooke, describing him as a person who stands in the way of improved relations between the Afghan authorities and the international community. 
    "A person who implements such tactics gains lifelong enemies, considering that Afghanis, like people in the Balkans, are very proud. It's a pity that Holbrooke, who interfered in the election process in Afghanistan and who is attempting to bully the citizens of that country, still holds his position," said Eide. 
    The Norwegian diplomat also told the daily that he personally unsuccessfully tried to influence the U.S. State Department to sack their Afghanistan envoy. 
    Asked to appraise the current situation in Afghanistan, Eide said that it is "clear that neither NATO nor the Taliban can win", and that further military escalation represents "the wrong path". 
    "I believe that the only solution is a political dialogue with the rebels. First, a temporary ceasefire should be declared in some areas, since the existing strategy, that has been almost entirely militarized, is not working. In other words, unless different methods are used, there will be no success," Eide concluded.  

    ---

    http://www.focus- fen.net/? id=n111191

    Focus News Agency (Bulgaria) - April 29, 2007

    Kosovo to be independent with or without U.N. 

    BRUSSELS - Kosovo will be independent with or without
    a United Nations resolution, and Russia should back an
    agreement to protect the Kosovo Serb minority, the
    United States said on Saturday.
    Assistant Secretary of State Dan Fried said it was
    possible the latest Russian criticism of U.N. mediator
    Marti Ahtisaari's plan for the final status of the
    breakaway Serbian province meant Moscow intended to
    block a resolution.
    "We hope that Russia understands that Kosovo is going
    to be independent one way or another," Fried told
    Reuters in an interview at a Brussels Forum on
    transatlantic relations.
    "It will either be done in a controlled, supervised
    way that provides for the well-being of the Serbian
    people, or it will take place in an uncontrolled way
    and the Kosovo Serbs will suffer the most, which would
    be terrible."
    Moscow has repeatedly said it will not accept a
    solution which is unacceptable to Serbia, which is
    adamantly opposed to any form of independence for
    Kosovo.
    A U.N. Security Council fact-finding mission, which
    visited Kosovo at Russia's suggestion, wrapped up its
    visit on Saturday saying they would deliberate on the
    proposal for its independence without setting
    deadlines.
    "Deciding on important issues should never be hostage
    to predetermined deadlines," Belgian ambassador and
    mission head Johan Verbeke told a news conference in
    Pristina.
    Ahtisaari, a former Finnish president, proposes
    supervised independence with a strong role for an
    international presence to protect minority rights.
    Fried acknowledged the European Union could be split
    over whether or not to recognize Kosovo if there was
    no U.N. resolution and Kosovo's overwhelming Albanian
    majority declared independence unilaterally.
    "I see absolutely no advantage to doing this any other
    way than through a Security Council resolution. I see
    merely disadvantages," Fried said. "The alternatives
    are all worse.
    "A divided Europe is a bad thing in general and a
    terrible thing in this particular case."
    ....
    Kosovo has been an international protectorate since
    NATO waged an air war in 1999 to drive out Serbian
    forces...
    Some 90 percent of the province's 2 million population
    are Albanians.
    "Kosovo is in the list of problems that do not improve
    with age and neglect. The situation there is not
    inherently stable," said Fried.
    Former U.S. ambassador to the United Nations Richard
    Holbrooke told the Brussels Forum the next few weeks
    would be a fundamental test of Russian President
    Vladimir Putin's view of his role in the world.
    "If he vetoes the Ahtisaari plan in the Security
    Council, there will be a unilateral declaration of
    independence by Kosovo. The United States will
    recognize them, I hope the same day ....Some of the EU
    will, some won't," Holbrooke said.
    "There will probably be violence on the ground and it
    will be Russia's fault."
    Swedish Foreign Minister Carl Bildt told the Forum he
    expected a period of "diplomatic trench warfare" over
    Kosovo at the United Nations and suggested the EU
    should take the lead in seeking a compromise solution,
    which would take time.

    Asked about Holbrooke's scenario of unilateral
    independence, he said: "That is playing with fire."

    ---

    http://www.realitymacedonia.org.mk/web/news_page.asp?nid=2667

    Reality Macedonia - July 14, 2003

    Richard Holbrooke: 'Full Independence' For Kosovo, Montenegro

    http://www.ptd.net/webnews/wed/cd/Qkosovo-serbia-montenegro.RQm-_DlC.html

    Kosovo, Montenegro should be independent: former US
    envoy

    PRISTINA, Serbia-Montenegro, July 12 (AFP) - The
    UN-administered southern Serbian province of Kosovo
    should be fully independent, former US ambassador to
    the United Nations Richard Holbrooke said in an
    interview published Saturday.
    "The correct outcome is clear to me - it's full
    independence for Kosovo," Holbrooke told Kosovo's
    leading daily newspaper "Koha Ditore".
    The veteran diplomat, who served as the US envoy to
    the UN during Bill Clinton's presidency, was one of
    the architects of the 1995 Dayton accords which ended
    the war in Bosnia and drew up a ceasefire between
    Belgrade and pro-independence ethnic Albanians in the
    Kosovo war in 1998.
    Holbrooke told the daily that the province, under UN
    administration since the end of the war in 1999,
    should be an "independent state with UN membership."
    He suggested the status of Kosovo should be decided at
    an international conference "between Pristina and
    Belgrade with the support and assistance of the United
    States", the European Union, Russia and the United
    Nations.
    Holbrooke also said the loose union of Serbia and
    Montenegro that replaced rump Yugoslavia in February,
    "cannot continue to exist as a single international
    entity."
    "Montenegro does not listen to Belgrade, they don't
    even use the same currency. It's time for us to
    recognize the reality: Montenegro should become an
    independent country just as Kosovo should," Holbrooke
    told the daily.
    Kosovo has been under UN and NATO control since June
    1999 after a military campaign by NATO brought an end
    to a crackdown by Serb forces on the ethnic Albanian
    majority seeking independence from Belgrade.
    The province is legally part of Serbia and Montenegro,
    but its future political status is yet to be decided.
    Kosovo's ethnic Albanians, who make up 90 percent of
    the population of the province, seek full
    independence, while the minority Serbs and Belgrade
    want the province to remain part of Serbia.

    ---

    http://www.dw-world.de/english/0,3367,1429_W_918835,00.html

    Deutsche Welle - July 13, 2003

    Holbrooke calls for independent Kosovo

    The former American UN ambassador Richard Holbrooke
    has called for independence for the predominately
    Moslem Serb province of Kosovo. Holbrooke is quoted in
    the newspaper Koha Ditore in Pristina saying lasting
    peace required a separation from Serbia. Kosovo, which
    is 90 percent ethnic Albanian, has been administered
    by the U.N. since 1999. Holbrooke stressed, however,
    that the Serb minority there would need special
    protection. The U.S. diplomat negotiated the Dayton
    peace agreement in 1995 which ended the war in Bosnia.

    ---

    http://www.b92.net/english/news/index.php?&nav_category=&nav_id=23705&order=priority&style=headlines

    Beta - June 12, 2003

    Holbrook advocates independence for Kosovo

    PRISTINA -- Saturday - Richard Holbrook, the former US
    ambassador and negotiator prior to the bombing of
    Yugoslavia in 1999, said in comments published today
    that independence for Kosovo and membership of the
    United Nations is the only way to bring lasting peace
    to the region.
    In an interview with Pristina daily Koha Ditore,
    Holbrook said that four years had passed since the end
    of the conflict and in that Kosovo had developed its
    own independent character with the support of the
    international community. "Now its time to move to the
    second phase," he claimed.
    The former US ambassador to the UN said the Security
    Council would not rule on the final status of Kosovo.
    Instead, the future of the province should be decided
    by international mediation that will unfold between
    Pristina and Belgrade with the support and presence of
    America, the European Union and the UN, he explained.
    Holbrook added that, for him, the rights result is
    clear - "the total independence of Kosovo."


    === 5 ===

    WHO'S WHO IN THE BALKANS
    Doc. 2 - Richard Holbrooke
    Source: cdsmireland@... - 4/14/2004

    RICHARD HOLBROOKE

    Reprinted from 
    chronicles

    (Message over 64 KB, truncated)


    "Befreiter" Kosovo: Organhandel, Auftragsmorde, Apartheid

    1) Teil des Westens geworden (german-foreign-policy.com)

    2) KOMMENTARE:
    - Hashim Thaci von Schweiz aufgepäppelt (K. Trümpy)
    - Ein Verbrecher, aber unser Verbrecher (N. Mappes-Niediek)
    - Thaci ein gemeiner Verbrecher? (W. Pirker)
    - Kosovos Premier - Mafiaboss und Wahlbetrüger? (J. Paas)
    - Korruption, Erpressung und Organhandel. Für EU und USA dürfte der Fall Thaci eigentlich nicht neu sein (A. Förster)

    3) Thaci-Partei droht Sonderermittler Dick Marty (P. Mühlbauer)

    4) FLASHBACK:
    - Carla del Ponte verklagt (Vesna Peric Zomonjic und Cathrin Schütz, 3.4.08)
    - Stunde der Gangster (Werner Pirker, 5-6.4.2008)
    - "Heikle Aussagen" von Carla del Ponte (K.Trümpy, ICDSM Schweiz, 8.4.2008)


    Siehe auch: "Mafia-Vorwürfe gegen Hashim Thaci"

    === 1 ===


    Teil des Westens geworden
     
    16.12.2010

    PRISTINA/BERLIN
     
    (Eigener Bericht) - Zum wiederholten Male werden schwerste Vorwürfe gegen das von Berlin unterstützte Sezessionsregime im Kosovo laut. Wie der Sonderberichterstatter der Parlamentarischen Versammlung des Europarates, Dick Marty, in einer soeben veröffentlichten Untersuchung schreibt, ist der gegenwärtige Premierminister des Kosovo, Hashim Thaçi, nicht nur seit über zehn Jahren an führender Stelle in den Schmuggel von Waffen und Rauschgift involviert. Thaçi steht laut Marty darüber hinaus im Verdacht, am Handel mit menschlichen Organen beteiligt zu sein. Zu den Empfängern der Organe sollen auch Deutsche gehört haben. Als Verdächtiger wird zudem der Arzt Shaip Muja benannt, ein enger Berater von Thaçi. Beide waren bereits im Frühjahr 1999 gemeinsam in der Führung der UÇK-Miliz aktiv, als diese während des NATO-Überfalls auf Jugoslawien als Bodentruppe des westlichen Kriegsbündnisses operierte. Martys Bericht wirft nicht nur ein grelles Licht auf die inzwischen mehr als elfjährige Protektoratsherrschaft des Westens über das Kosovo, bei der Berlin eine zentrale Stellung innehat. Peinlich für die Bundesregierung ist auch, dass der Sonderberichterstatter sich auf ausführliche Quellen stützen kann, die ihr schon seit Jahren bekannt sind, ohne dass Konsequenzen gezogen worden wären - detaillierte Berichte der deutschen Auslandsspionage.

    Organhandel

    Auslöser der Untersuchung, mit der die Parlamentarische Versammlung des Europarates vor zwei Jahren den Schweizer Abgeordneten Dick Marty beauftragt hat, war eine Buchveröffentlichung der ehemaligen Chefanklägerin für das Internationale Jugoslawien-Tribunal Carla del Ponte. Del Ponte beschrieb in ihrem Buch, wie sie schon Anfang 2001 über glaubhafte Hinweise in Kenntnis gesetzt worden war, denen zufolge im Sommer 1999 nach der Besetzung des Kosovo durch die NATO zwischen 100 und 300 Menschen aus der serbischen Provinz in den Norden Albaniens verschleppt worden seien. Dort hätten ihnen Ärzte Organe entnommen. Die Organe seien über einen Flughafen nahe der albanischen Hauptstadt Tirana ins Ausland geschmuggelt, die Opfer ermordet worden.[1] Del Ponte gibt an, damals Untersuchungen aufgenommen zu haben, allerdings stets auf eine Mauer des Schweigens gestoßen zu sein - und dies nicht nur bei den Behörden in Tirana und bei Albanern im Kosovo, sondern auch bei den westlichen Besatzern. Das trifft auch auf die Jahre 2002 bis 2003 zu, als der jetzige Sonderbeauftragte der Bundesregierung für Afghanistan und Pakistan, Michael Steiner, als Chef der UN-Verwaltung im Kosovo (UNMIK) firmierte.

    Medicus

    Entscheidende Aufschlüsse für die Untersuchung brachte unter anderem ein Vorfall vom November 2008. Damals fiel auf dem Flughafen in der kosovarischen Hauptstadt Priština ein junger Mann aus der Türkei in Ohnmacht. Als Flughafenmitarbeiter ihn zu verarzten suchten, fanden sie auf seinem Unterleib eine frische, auffällige Narbe. Ermittler wurden eingeschaltet; am nächsten Tag entdeckte die Polizei nur wenige Kilometer entfernt eine "Klinik" mit dem Namen "Medicus", in der illegale Organentnahmen betrieben wurden. An diesem Dienstag hat in Priština der Prozess in dieser Sache begonnen. Unter den Personen, die von den Organentnahmen profitierten und sich in Priština neue Organe einsetzen ließen, sollen sich auch Deutsche befunden haben. Zu den Angeklagten gehören neben dem Arzt Yusuf Sonmez, den Beobachter als einen der berüchtigtsten Organhändler der Welt bezeichnen, vor allem bekannte Mediziner aus dem Kosovo, daneben ein hochrangiger Beamter aus dem kosovarischen Gesundheitsministerium.[2]

    Die "Drenica-Gruppe"

    Besondere Brisanz erhält das Verfahren durch den Bericht, den Dick Marty an diesem Donnerstag einem Ausschuss der Parlamentarischen Versammlung des Europarates vorstellen wird. Marty gibt an, über klare Hinweise zu verfügen, dass beide Fälle von Organhandel - der bereits von del Ponte beschriebene Fall vom Sommer 1999 und der Fall "Medicus" - miteinander zusammenhingen. Den Fall vom Sommer 1999 jedoch bringt Marty mit dem gegenwärtigen Premierminister des Kosovo, Hashim Thaçi, in Verbindung. Zum damaligen Zeitpunkt, berichtet er, stand ein Gefangenenlager der UÇK im albanischen Ort Fushë-Krujë unter der Kontrolle der "Drenica-Gruppe", einer die UÇK beherrschenden Clique, die als besonders brutal und in verschiedenen Geschäften der Organisierten Kriminalität höchst erfolgreich galt. Dieser Gruppe wurde schon damals unter anderem UÇK-Chef Thaçi zugerechnet. Die Gruppe habe in Fushë-Krujë die Organentnahmen und die anschließenden Morde organisiert und die Organe über den Flughafen der nahe gelegenen albanischen Hauptstadt Tirana abgewickelt, ergibt sich aus dem Marty-Bericht. Ihr gehöre auch der Arzt Dr. Shaip Muja an, der seit mehr als einem Jahrzehnt unter anderem in Organhändler-Netzwerke verstrickt sei. Muja ist heute enger Mitarbeiter von Premierminister Thaçi.[3]

    Westliche Werte

    Sowohl Thaçi als auch Muja kooperieren spätestens seit 1999 mit den NATO-Staaten. Muja war im Frühjahr 1999 als Chef der UÇK-Logistik in Tirana tätig; über ihn konnte man damals in deutschen Medien erfahren, in seinem "eleganten, dunklen Anzug" wirke er "ausgesprochen zivil", er wolle nichts anderes, als im Kosovo den "westlichen Werten" Geltung zu verschaffen und ein "Teil des Westens" zu werden.[4] Thaçi arbeitete nicht nur während des NATO-Angriffs auf Jugoslawien mit den westlichen Kriegsmächten eng zusammen, er bereitete auch seine politische Karriere mit einem Besuch in Berlin vor. Anfang 2006 hielt er sich zu Verhandlungen in der deutschen Hauptstadt auf, unter anderem im Auswärtigen Amt. Eingeladen hatte ihn die Friedrich-Ebert-Stiftung (SPD). 2007 wurde er zum Premierminister des Kosovo gewählt. Erst letzten Sonntag fanden im Kosovo erneut Wahlen statt, die Thaçis Partei gewonnen haben will. Beobachter verweisen darauf, dass einzelne Wahllokale Wahlbeteiligungen von bis zu 149 Prozent verzeichneten. Treffen Martys Recherchen zu, handelt es sich bei solchen Merkwürdigkeiten jedoch um lächerliche Randerscheinungen.

    "Kein Interesse an staatlicher Ordnung"

    Über Thaçi kann sich Berlin nicht im Unklaren sein. Bereits im Jahr 2005 wurden Auszüge aus einem Bericht des Bundesnachrichtendienstes bekannt, in dem es hieß, über "Key-Player" wie ihn bestünden "engste Verflechtungen zwischen Politik, Wirtschaft und international operierenden OK-Strukturen im Kosovo". Die "dahinter stehenden Netzwerke" hätten keinerlei "Interesse am Aufbau einer funktionierenden staatlichen Ordnung, durch die ihre florierenden Geschäfte beeinträchtigt werden können."[5] Zwei Jahre später bestätigte eine im Auftrag der Bundeswehr verfasste Analyse diesen Befund.[6] Dass ein "Key-Player", dessen "Netzwerken" kein "Interesse am Aufbau einer funktionierenden staatlichen Ordnung" nachgesagt wird, auch im Amt des Premierministers von der Bundesrepublik Deutschland unterstützt wird, entbehrt nicht eines gewissen Zynismus: Schließlich gehört Berlin zu den tonangebenden Mächten unter den westlichen Besatzern des Kosovo, die vorgeben, dort staatliche Strukturen aufbauen zu wollen. Zuletzt hat die Bundesregierung dem Kosovo vor zwei Jahren umfangreichere Hilfe versprochen; zugesagt wurden 100 Millionen Euro. Der Nutzen der Finanztransfers bleibt im Dunkel: Die Arbeitslosigkeit im Kosovo ist mit offiziell 45 Prozent die höchste in ganz Europa, fast zwei Fünftel der Bevölkerung leben laut Angaben der Weltbank bis heute in Armut. Selbst das Bundesentwicklungsministerium gibt an, im Kosovo sei "wirtschaftlicher Aufschwung (...) noch nicht zu verzeichnen".[7]
    [1] Carla del Ponte: La Caccia. Io e i Criminali di Guerra, Milano 2008
    [2] At family farm, grim claims of organ culling from captured Serb soldiers; www.guardian.co.uk 25.11.2008. Kosovo physicians accused of illegal organs removal racket; www.guardian.co.uk 14.12.2010
    [3] Committee on Legal Affairs and Human Rights: Inhuman treatment of people and illicit trafficking in human organs in Kosovo. Draft report, 12 December 2010
    [4] "Wir wollen ein Teil des Westens werden"; Tagesspiegel 07.04.1999
    [5] Rechtsstaat? Lieber nicht!; Die Weltwoche 43/2005. S. dazu Die Mafia als Staat
    [6] s. dazu Aufs engste verflochten
    [7] Kosovo: Situation und Zusammenarbeit; www.bmz.de

    === 2 ===

    Hashim Thaci von Schweiz aufgepäppelt


    15 Dezember 2010


    Hashim Thaci wurde in der 90er-Jahren in der Schweiz von Serben-Hassern und sonstigen Ignoranten hingebungsvoll aufgepäppelt. Heute wurde nun bekannt, dass Thaci, vor einer Woche als Präsident des Kosovo wiedergewählt, in schwerste Verbrechen und mafiöse Machenschaften verwickelt war und dies weiterhin ist. Jedem einigermassen Wissbegierigen (Internet!) ist dies längst bekannt.
     
    Im Sommer 1999, nach dem Ende der NATO-Aggression gegen Serbien-Montenegro, wurde Thaci von Joseph Deiss, unserem damaligen Aussenminister, feierlich empfangen. Heute ist Deiss Präsidenten der UNO-Generalversammlung. Jean Ziegler, sonst ein fortschrittlicher Geselle, nimmt bezüglich Jugoslawien eine eindeutig NATO nahe Position ein. Von 2000 bis 2008 war er UN-Sonderberichterstatter für das Recht auf Nahrung. Heute sitzt er im Beratenden Ausschuss des UN-Menschenrechtsrats. Beide Politiker haben anscheinend den Wink aus den USA verstanden und sich entsprechend eingerichtet. Eine weitere Politikerin, die in diesem Sinne den USA sehr verständnisvoll gegenüber steht, ist unsere aktuell amtierende Aussenministerin Micheline Calmy-Rey. Als Vertreterin der neutralen Schweiz legte sie sich besonders vehement für die Abspaltung des Kosovo von Serbien ins Zeug. Mit welchem Posten sie später belohnt wird, weiss man noch nicht. Nicht vergessen sollte man Carla del Ponte, ihres Zeichens willige Vollstreckerin der NATO-Befehle am sogenannten Jugoslawien-Tribunal in Den Haag. Heute schiebt sie in Argentinien als Botschafterin eine ruhige Kugel.
     
    Eine ehrbare Ausnahme und Retter der Ehre der Schweiz ist Dick Marty.  Seine zukünftige Karriere, er ist seit 1998 Abgeordneter des Europarats, sehe ich weniger rosig. 2005 wurde Marty beauftragt, die Untersuchungen zu den vermuteten geheimen Gefangenentransporten und Gefangenenlagern in Europa zu leiten. Im Bericht des Tessiner FDP-Ständerats Dick Marty zuhanden des Europarats werden nun die Vorwürfe gegen Thaci publik gemacht.
     
    Kaspar Trümpy, ICDSM Schweiz

    ---


    Ein Verbrecher, aber unser Verbrecher

    Norbert Mappes-Niediek


    Was für ein Zufall: Kaum ist die Wahl im Kosovo vorbei, da holt die Vergangenheit den Sieger Hashim Thaci ein: Er soll in den Handel mit Organen gefangener Serben verwickelt gewesen sein. Ein paar Tage eher, und dieser Vorwurf hätte das politische Ende für den Mann samt seiner Leute bedeutet. Nun aber darf er weiter als Premier regieren. Die jetzt erhobenen Anschuldigungen des Europarat-Sonderberichterstatters Dick Marty müssen Thaci keineswegs den Kopf kosten. Eine kriminalistische Untersuchung ersetzt der Bericht nicht.

    Über Thaci kursieren seit mehr als zehn Jahren die schlimmsten Gerüchte. Ein Bericht des BND präsentiert ihn als "Kopf der Mafia". In zehn Jahren hat niemand die Vorwürfe gegen Thaci gründlich untersucht, weder die Uno noch Brüssel, obwohl die juristischen Mittel gegeben waren.

    Hinter dem Timing stehen die heimlichen Herren im Kosovo: die westlichen Botschafter. Sie wollen die fragwürdigen Figuren an der Staatsspitze zwar nicht loswerden, aber in Schach halten. Gefällige, erpressbare Figuren heranzuzüchten, ist allemal leichter, als funktionierende Institutionen aufzubauen. Für das Kosovo und ganz Südosteuropa sollte eigentlich ein demokratisches Muster zur Anwendung kommen. Dessen Risiken aber scheuen die Westmächte im Kosovo. Aber erst wenn die Bandenchefs den internationalen Rückhalt verlieren, haben die Kosovaren wirklich die Chance, ihre Quälgeister loszuwerden.

    ---

    Mafiastaat


    Thaci ein gemeiner Verbrecher?


    Von Werner Pirker

    junge Welt, 16.12.2010,  www.jungewelt.de

    Die selbsternannte Republik Kosovo ist ein Mafiastaat. Das wissen nicht nur die Gegner dieses illegalen Gebildes, sondern auch dessen Befürworter. Daß die organisierte Kriminalität die Staatsmacht am Amselfeld ausübt, ist eine kaum noch bestrittene Tatsache. Daß die aus den UCK-Strukturen hervorgegangenen Gangsterbanden vor keinem noch so scheußlichen Verbrechen zurückschrecken, hat sich ebenfalls schon herumgesprochen. Daß auch der Organhandel in den Geschäftsbereich der Unabhängigkeitspaten fällt, war schon seit langem vermutet worden. Nun hat der Schweizer Europaratsabgeordnete Dick Marty einen Bericht vorgelegt, in dem der kosovo-albanische Premier Hashim Thaci und weitere frühere UCK-Feldkommandeure beschuldigt werden, am Handel mit Organen serbischer Gefangener sowie an Auftragsmorden und anderen Verbrechen beteiligt gewesen zu sein.

    Welch eine Republik da heranwächst, war bereits unmittelbar nach dem NATO-Bombenkrieg gegen Jugoslawien zu erkennen gewesen, als die UCK den Abzug der serbischen Sicherheitskräfte dazu nutzte, wüste Pogrome gegen Serben und andere ethnische Minderheiten zu entfesseln. Zehntausende wurden drangsaliert und vertrieben, viele ermordet. Das Albanisierungsprogramm beinhaltete auch die Zerstörung unzähliger serbischer Kulturdenkmäler. Die KFOR-Truppen, die ihre Aufgabe wohl in der Verhinderung eines »serbischen Völkermordes an den Albanern« sahen, beobachteten dann auch entsprechend entspannt das mörderische Treiben der albanischen Mehrheitsbevölkerung gegen die Minderheiten.

    Hashim Thaci, der brutale Boß des Drenica-Clans, und nicht der urbane Schöngeist Ibrahim Rugova war in Rambouillet von der antiserbischen Kriegsallianz zum Chefalbaner ausersehen worden. Vom bewaffneten Dorflumpen zum Staatsmann. Ein Bandit ist Thaci indes immer geblieben.

    Daß sich im zurückgebliebensten Winkel des Balkans der Kampf um die Neuverteilung des Eigentums auf wenig zivilisierte Weise abspielen würde, war vorhersehbar. Auch daß die Clanstrukturen sich zu Ma fiastrukturen auswachsen würde. Hashim Thaci wird von Marty, einem früheren Staatsanwalt, als Chef einer »kleinen, aber unvorstellbar mächtigen Gruppe von UCK-Mitgliedern« bezeichnet, die seit 1998 die organisierte Kriminalität unter ihre Kontrolle gebracht habe. Die Hauptantriebskraft des bewaffneten Sezessionskampfes der Kosovo-Albaner war somit die kriminelle Energie. Es ging um die Aneignung des verselbständigten Gesellschaftseigentums. Hinter schwülstiger nationalistischer Romantik verbirgt sich nackter, in jeder Hinsicht krimineller Eigennutz. Das war der Grund, warum Thaci und Kumpane zu keiner anderen Lösung als der vollständigen Unabhängigkeit von Serbien bereit waren, obwohl der Kosovo-Bevölkerung von Belgrad ein äußerst großzügiges Autonomieangebot gemacht wurde. Das wiederum war der Grund, warum die Aggressionsgemeinschaft auf die Thacis setzte. Mit denen aber immer weniger Staat zu machen ist.
     
    ---

    Marty-Bericht im Rechtsausschuss des Europarats

    Kosovos Premier - Mafiaboss und Wahlbetrüger?

    Organhandel, Auftragsmorde, Folter - für all diese Verbrechen soll der jüngst gewählte kosovarische Ministerpräsident Thaci verantwortlich sein, als er Ende der 90er-Jahre die Rebellenarmee UCK anführte. Der Europaratsabgeordnete Marty erhebt in seinem Bericht schwerste Vorwürfe, mit denen sich heute der Rechtsausschuss des Europarats befasst.

    Von Jörg Paas, BR-Hörfunkstudio Wien

    Ein schlichtes Wohngebäude mit gelbem Anstrich irgendwo in Nordalbanien, in Medienberichten gelegentlich das "Gelbe Haus" genannt: Hier soll es vor mehr als zehn Jahren zu unvorstellbaren Gräueltaten der kosovarischen Rebellenarmee UCK gekommen sein. Gefangene wurden angeblich getötet, den Leichen Organe entnommen und diese dann auf dem Schwarzmarkt verkauft. Verantwortlich für all dies soll, wie der Schweizer Europaratsabgeordnete Dick Marty schreibt, der damalige Rebellenführer und heutige Premier des Kosovo, Hashim Thaci, sein.

    "Glauben Sie nicht solche Dummheiten!"

    Die Anschuldigungen sind nicht neu - weder was den Sachverhalt noch was die Person betrifft. Immer wieder taucht das "Gelbe Haus" in den Medien auf, Politiker werden danach gefragt. Im März zum Beispiel der damalige französische Außenminister Bernard Kouchner. Zur fraglichen Zeit Ende der 90er-Jahre war er Sondergesandter der Vereinten Nationen im Kosovo. "Herr Minister, was wissen Sie über das 'Gelbe Haus' und über Organhandel?" Seine Antwort - lautes Gelächter: "Was? Organhandel? Sind Sie krank, Monsieur?  Glauben Sie nicht solche Dummheiten!"
    Tatsächlich ist schwer vorstellbar, dass ausgerechnet im unterentwickelten Norden Albaniens medizinisch höchst aufwendige Organentnahmen stattgefunden haben könnten. Aber wer weiß? Im Kosovo sind die Lebensbedingungen kaum besser, und dort ist vor kurzem eine private Klinik unter dem Vorwurf des Organhandels geschlossen worden.

    Organisiertes Verbrechen - Thaci mittendrin

    Dass der einstige Rebellenführer Thaci Kontakte zum organisierten Verbrechen unterhält und diese auch nach seinem Eintritt in die hohe Politik und Diplomatie nie wirklich aufgegeben hat, steht für viele Beobachter im Kosovo völlig außer Frage - auch wenn er nach außen den freundlichen Staatsmann gibt, der sich für gute Beziehungen mit jedermann einsetzt.
    Dick Marty, der Berichterstatter des Europarates, wirft der internationalen Gemeinschaft vor, im Wunsch nach der Schaffung von Stabilität im Kosovo die Augen vor dem kriminellen Hintergrund einiger Politiker zu verschließen - insbesondere offenbar beim Premierminister. Als im Kosovo noch serbische Gerichte das Sagen hatten, 1998, wurde Thaci wegen Terrorismus und der Beteiligung an mehreren Morden in Abwesenheit zu zehn Jahren Haft verurteilt. Aus serbischer Sicht ist er also auf jeden Fall ein Verbrecher.

    Serbien und Kosovo vor schwierigen Verhandlungen

    Was alle anderen Vorwürfe betrifft, mangelte es in der Vergangenheit noch stets an Zeugen und an Beweisen. Dennoch ist der Flurschaden für die aktuelle Politik schon jetzt groß: Serbien und Kosovo sollen schon bald Verhandlungen über technische Fragen beginnen. Dazu zählt auch das Schicksal der Vermissten. Wie soll das gehen, wenn der Premier auf der einen Seite angeklagt ist, für die Vermissten selbst verantwortlich zu sein.
    Die Anschuldigungen kommen für Thaci außerdem zu einem äußerst ungünstigen Zeitpunkt. Zwar ging seine Demokratische Partei PDK aus der Parlamentswahl am Sonntag wieder als stärkste politische Kraft hervor, aber die Manipulationen durch Doppelwähler und Stimmenkauf ausgerechnet in Thacis Heimatwahlkreis Skenderaj waren einfach zu offensichtlich. Jetzt steht er gleich doppelt in schlechtem Licht da - als mutmaßlicher Mafiaboss und Wahlbetrüger.

    ---


    Für EU und USA dürfte der Fall Thaci eigentlich nicht neu sein

    Andreas Förster

    BERLIN. Ist der wiedergewählte kosovarische Ministerpräsident Hashim Thaci
    Kopf einer Mafia-Bande, die an Morden, illegalem Organhandel und anderen
    schweren Verbrechen beteiligt ist? Auf entsprechende Vorwürfe, die in einem
    jetzt vorgelegten Bericht des Europarats zusammengefasst sind, haben
    EU-Politiker und die US-Regierung verwundert reagiert. Dabei müssten sie
    angesichts der seit Jahren von westlichen Geheimdiensten und Denkfabriken
    angefertigten Berichte über die Verquickung von Politik und Organisierter
    Kriminalität im Kosovo doch bestens im Bilde sein.

    Der Schweizer Jurist Dick Marty hatte in der vergangenen Woche einen im
    Auftrag des Europarats verfassten Bericht veröffentlicht, in dem er Thaci
    und andere Führer der kosovarischen Befreiungsarmee UCK beschuldigt, in den
    Jahren 1998 bis 2000 am Handel mit Organen serbischer Gefangener beteiligt
    gewesen zu sein. Am Samstag kündigte Serbien an, Thaci wegen der Vorwürfe
    nicht anklagen zu wollen. Er selbst weist die Anschuldigungen zurück.

    Nichts wirklich Neues: Schon ein im Jahr 2007 vom Institut für europäische
    Politik (IEP) verfasster Report über die Sicherheitslage im westlichen
    Balkan etwa kommt zu dem Schluss, dass besonders im Kosovo engste
    Verbindungen zwischen führenden politischen Entscheidungsträgern und den
    dominierenden kriminellen Clans der Provinz existieren, die nahezu alle
    wesentlichen gesellschaftlichen Schlüsselpositionen besetzt halten.
    Ausdrücklich erwähnt wird hier neben zwei anderen Spitzenpolitikern auch
    Thaci, der "auf internationaler Ebene über weit reichende kriminelle
    Netzwerke verfügt".

    Das in Berlin ansässige und von der Europäischen Kommission mitfinanzierte
    IEP hatte für seinen von der Bundeswehr in Auftrag gegebenen Bericht 70
    deutsche und internationale Balkan-Experten, EU-Beamte, Angehörige von
    Polizei, Nachrichtendiensten und Streitkräften sowie politische
    Entscheidungsträger befragt. Aus deren Aussagen ergibt sich im IEP-Bericht
    ein niederschmetterndes Bild der gesellschaftlichen, wirtschaftlichen und
    politischen Situation des Kosovo: Das multiethnische Gesellschaftsmodell sei
    gescheitert, es herrsche ein "enorme Armutsdimension", der Justizbereich
    gelte als hoch korrupt. Eine nachhaltige Wirtschaftsbelebung des zerrütteten
    Landes sei unrealistisch, weil ausländische Investoren abgeschreckt werden
    von "der grassierenden Korruption, der teilweise offenen
    Schutzgelderpressung sowie der breiten Übernahme staatlicher
    Kontrollfunktionen seitens krimineller Akteure", heißt es im IEP-Bericht.
    Hinzu käme, das international verflochtene Gruppen der Organisierten
    Kriminalität (OK) vom Kosovo aus ihre Aktivitäten in ganz Westeuropa
    steuern.

    Die Studie zitiert eine Untersuchung des Europarats, wonach
    "kosovo-albanische OK-Elemente ... die überwiegend in den Bereichen
    Drogenschmuggel, Menschenhandel und Geldwäsche aktiv (sind), eine
    'ernsthafte Bedrohung für die EU' darstellen". Nach seriösen Schätzungen
    belaufe sich der Umsatz der kosovarischen OK-Gruppen auf 1,5 Millionen Euro
    pro Tag, was aufs Jahr gerechnet einem Viertel des durch internationale
    Gebertransfers künstlich hochgehaltenen Bruttosozialproduktes des Landes
    entspreche. Unter den Augen der internationalen Gemeinschaft hätten sich so
    aus früheren UCK-Strukturen Multi-Millionen-Euro-Organisationen entwickeln
    können, die sowohl über Guerilla-Erfahrung als auch über
    Geheimdienstexpertise verfügen, so das bittere Fazit.


    === 3 ===

    Thaci-Partei droht Sonderermittler Dick Marty

    Peter Mühlbauer 17.12.2010

    Trotz der durch den Europarats-Bericht gefestigten Erkenntnisse zu Menschenschlachtungen, Organhandel und der Kontrolle des Kosovo durch das Organisierte Verbrechen weigert sich die EU-Außenbeauftragte, strafrechtliche Ermittlungen einzuleiten

    Das, was der Europarats-Sonderbeauftragte Dick Marty (1), der 2006 (2) mit einem bemerkenswerten Befund zu CIA-Geheimgefängnissen Aufsehen erregte hatte, gestern in einem Berichtsentwurf (3) zum Organhandel im Kosovo vorstellte (4), ist größtenteils nicht neu (5): Whistleblower, NGOs und kritische Medien berichteten seit Langem davon, dass in dem Gebiet mit völkerrechtlich umstrittenen Status das Organisierte Verbrechen herrscht. Neu ist, dass diese Erkenntnis nun auch von offizieller Stelle so formuliert wurde, dass sich die Partei des Ministerpräsidenten Hashim Thaci bemüßigt fühlte, zu drohen, man werde "alle möglichen und notwendigen Schritte" gegen die "Verleumdung" einleiten.

    Allerdings ist wahrscheinlicher, dass Thaci eine Anwaltskanzlei mit besten Kontakten zu deutschen Politikern und zu Albanerclans beauftragt, als dass er Marty enden lässt wie die serbischen Kriegsgefangenen und Zivilisten, die man zum Zwecke des Organverkaufs wie Schlachtvieh tötete und ausnahm, was der ehemalige Staatsanwalt in seinem Bericht jetzt offiziell bestätigte.
    Einer der Köpfe, die die Verbrechen zu verantworten haben, ist dem Berichtsentwurf nach der Ministerpräsident des Kosovo, der sich vor wenigen Tagen zum Sieger der am 12. Dezember abgehaltenen Parlamentswahl erklärte. 

    Dem offiziellen Wahlergebnis (6) nach siegte Thacis "Demokratische Partei" PDK mit etwa 36 Prozent der Stimmen. Die bisher mit ihr koalierende "Demokratische Liga" (LDK) kam danach auf knapp 24, die extremnationalistische Großalbanienpartei Vetëvendosje (7) auf über 12, die "Allianz für die Zukunft des Kosovo" (AAK) des in Den Haag als Kriegsverbrecher angeklagten (8) Ramush Haradinaj (9) auf ungefähr 11 und die vom Oligarchen Behgjet Pacolli geführte "Allianz für ein neues Kosovo" (AKR) auf sieben Prozent. Alle diese Parteien sind mehr oder weniger eng mit dem Organisierten Verbrechen verbunden, weshalb ein hochrangiger BND-Mitarbeiter 2008 (10) von "Organisierter Kriminalität als Staatsform" sprach. 

    Eine für das deutsche Verteidigungsministerium angefertigt und als "Verschlusssache" eingestufte Studie des Instituts für Europäische Politik (IEP) (11) kam bereits Anfang 2007 zu dem Schluss, dass das Kosovo "fest in der Hand der Organisierten Kriminalität" ist, die "weitgehende Kontrolle über den Regierungsapparat" hat. Dieser Studie zufolge gilt Thaci in Sicherheitskreisen als "noch wesentlich gefährlicher als Haradinaj", da der einstige UCK-Chef auf internationaler Ebene über weiter reichende kriminelle Netzwerke verfügt". Die Studie führt aus, wie "parallel zum öffentlichen Ordnungswesen" die "Dominanz des clanbasierten und auf den Grundprinzipien patriarchaler Altersautorität fußenden Herrschaftssystems" wuchs, während der NATO-Angriffe einen "exponentiellen Machtzuwachs erfuhr, und nach dem Zusammenbruch der jugoslawischen Ordnung zur alleinigen gesellschaftlichen Autorität im Kosovo avancierte." Anschließend kam es zur Herausbildung von clangesteuerten politkriminellen Netzwerken, die seither maßgeblich die ökonomischen Geschicke des Kosovo kontrollieren und konkurrierende legal aufwachsende Strukturen notfalls mit Waffengewalt eliminieren [...] Unter dem Deckmantel der Etablierung politischer Parteien verfestigten rivalisierende Clans [ihre] Machtstrukturen und konnten in Folge mehrerer Wahlen sowie aufgrund der politischen Anerkennung seitens internationaler Institutionen wie UNMIK und KFOR eine bislang unübertroffene Machtfülle erlangen.

    Zu ähnlichen Einschätzungen kommt auch der gestern offiziell vorgestellte Berichtsentwurf, der sich unter anderem auf Augenzeugenberichte und polizeiliche Erkenntnisse aus fünf Ländern stützt. Eine relativ neue Erkenntnis aus den zweijährigen Ermittlungen des Sonderermittlers ist lediglich, dass der Organhandel bis heute andauert. 

    In der Schweiz, dem Heimatland Martys, überlegt (12) man nach der Veröffentlichung des Berichtsentwurfs, die diplomatische Anerkennung des Kosovo rückgängig zu machen. Die EU-Außenbeauftragte Catherine Ashton sieht dagegen keinen Anlass zum Handeln. Auch strafrechtliche Ermittlungen, wie sie der Europarat fordert (13), plant man weder in Brüssel noch im Kosovo, dessen Justizsystem Norbert Mappes-Niediek 2002 wie folgt (14) beschrieb: "Wenn Kriminalität überhaupt bekämpft wird, dann von der jeweils gegnerischen Bande, die sich gerade die Kontrolle über die Staatsorgane gesichert hat". 

    _____  

    Links

    (1) http://www.dickmarty.ch/
    (2) http://www.coe.int/T/D/Kommunikation_und_politische_Forschung/Presse_und_Online_Info/Presseinfos/2006/20060607-329-PV-Marty.asp
    (3) http://assembly.coe.int/ASP/APFeaturesManager/defaultArtSiteView.asp?ID=964
    (4) mms://coenews.coe.int/vod/20101216_01_w.wmv
    (5) http://www.heise.de/tp/r4/artikel/27/27883/1.html
    (6) http://www.kqz-ks.org/SKQZ-WEB/al/zgjedhjetekosoves/materiale/rezultatet/rezultatetfinaleperkuvendtekosoves.pdf
    (7) http://www.eurasischesmagazin.de/artikel/?artikelID=20060705
    (8) http://www.icty.org/cases/party/698/4
    (9) http://www.heise.de/tp/r4/artikel/24/24748/1.html
    (10) http://www.welt.de/politik/article2803781/Der-BND-in-den-Untiefen-des-Kosovo.html
    (11) http://www.iep-berlin.de/
    (12) http://www.tagesschau.sf.tv/Nachrichten/Archiv/2010/12/15/Schweiz/Schweizer-Politiker-stellen-Anerkennung-des-Kosovo-in-Frage
    (13) https://wcd.coe.int/wcd/ViewDoc.jsp?Ref=PR971%282010%29&Language=lanGerman&Ver=original&Site=DC&BackColorInternet=F5CA75&BackColorIntranet=F5CA75&BackColorLogged=A9BACE
    (14) http://www.zeit.de/2002/46/Der_Geschmack_von_Freiheit_und_Anarchie

    Telepolis Artikel-URL: http://www.heise.de/tp/r4/artikel/33/33867/1.html 
    Copyright © Heise Zeitschriften Verlag 


    === 4: FLASHBACK ===

    Carla del Ponte verklagt

    Von Vesna Peric Zomonjic (IPS), Belgrad und Cathrin Schütz
    Junge Welt, 3.4.08
     
    Die Geschichte klingt ungeheuerlich und empört seit Tagen die serbische Öffentlichkeit. Sie handelt von 300 jungen Serben und Roma, die im Sommer 1999, kurz nach dem NATO-Krieg gegen Jugoslawien, mutmaßlich von der Terrororganisation UCK (Kosovo-Befreiungsarmee) aus dem Kosovo entführt und nach Burrell in Albanien verschleppt wurden. Dort wurden die jungen Männer ermordet, ihre Körper regelrecht ausgeweidet und die Organe über Händler nach Westeuropa verkauft. 

    »Wir prüfen die Angaben und leiten eine offizielle Untersuchung ein«, erklärte nun der für Kriegsverbrechen zuständige serbische Staatsanwalt Wladimir Vukcevic. Er reagierte damit auf Veröffentlichungen der unabhängigen serbischen Nachrichtenagentur Beta. Diese hatte entsprechende Passagen aus dem auf italienisch publizierten Buch »Die Jagd: Ich und die Kriegsverbrecher« zitiert und damit für einen öffentlichen Aufschrei gesorgt.

    Die Buchautorin heißt Carla del Ponte, ehemals Chefanklägerin des Tribunals über Kriegsverbrechen im ehemaligen Jugoslawien (ICTY) und jetzige Botschafterin der Schweiz in Argentinien. Sie berichtet davon, wie sie und ihr Team beim ICTY 2001 Informationen über den Tod der rund 300 Serben und Roma erhielten und ihnen auch nachgingen. Die Rede sei davon gewesen, daß man den Entführten in einem gelben Haus außerhalb der Ortschaft Burrell Organe entnommen habe. Das beschriebene, inzwischen weiß getünchte Haus sei 2003 ausfindig gemacht und untersucht worden. Entdeckt habe man Blutspuren und diverse benutzte medizinische Utensilien, darunter Mull, eine Spritze, zwei Infusionsbeutel und leere Flaschen, die einst unter anderem Mittel zur Muskelrelaxation enthalten hätten. »Wir beschlossen, daß die Beweise nicht ausreichen. Ohne Leichname oder andere belastbare Hinweise, die zu Verdächtigen hätten führen können, gab es für die Anklage keine Möglichkeit zu weiteren Untersuchungen«, schreibt Del Ponte.

    Es sind diese Sätze, die Simo Spasic wütend machen. Spasic, Sprecher einer serbischen Vermißtenorganisation, erhob nun schwere Vorwürfe gegen Del Ponte. Er habe sie und ihr Team 2001 mehrfach getroffen und Beweise für die Verschleppung junger Kosovo-Serben und deren Ermordung in kosovo-albanischen Lagern vorgelegt. 2004 habe ihm das Büro der Chefanklägerin mitgeteilt, daß all die Menschen, nach denen er suche, tot seien. »So einfach war das«, kritisierte Spasic und kündigte eine Klage gegen Del Ponte an. Viele der Familien in seiner Organisation seien schockiert, weil Del Ponte erst heute mit ihrem Bericht über die Folter und Ermordung von Serben und den Organhandel an die Öffentlichkeit gegangen sei. 

    Del Ponte selbst nahm dazu jüngst in einem Interview der italienischen Tageszeitung La Stampa Stellung. Die Verfolgung von Kriegsverbrechen sei in der »modernen Welt« eine politische Angelegenheit, so Del Ponte. Deswegen sei es auch »kein Zufall«, daß das Buch erst herauskommt, nachdem der Kosovo seine Unabhängigkeit proklamiert hat. 

    In der Tat führt die Spur des Verbrechens in die kosovarische Hauptstadt Pristina. Dort regiert mit Hashim Thaci einer der ehemaligen UCK-Führer als Premierminister das seit Anfang März unabhängige Kosovo. Von ihm wird laut der Belgrader Zeitung The Press gesagt, daß er in der Vergangenheit höchstpersönlich kriminelle Geschäfte kontrolliert habe. Laut der russischen Zeitung Prawda »verdiente er Millionen von Dollar durch den Organhandel«.

    ---

    DEN HAAG IM »BEWEISNOTSTAND«
     
    Stunde der Gangster
     
    Von Werner Pirker
     
    Im Triumphzug ist Ramush Haradinaj, der in Den Haag wegen Kriegsverbrechen angeklagt war und »mangels an Beweisen« freigesprochen wurde, in das Kosovo zurückgekehrt. Ein anderes Urteil war bei diesem Tribunal, das seine Parteilichkeit längst hinreichend unter Beweis gestellt hat, auch nicht zu erwarten gewesen. Am albanischen Opfermythos darf nicht gerüttelt werden. Lediglich einem einzigen Mitglied der Terrorgruppe UCK wurden bisher seine Kriegsverbrechen mit sechs Jahren Haft in Rechnung gestellt.
    Eine Verurteilung Haradinajs, des geheimen Herrschers über die kriminelle Freihandelszone Kosovo und deren ehemaligen »Ministerpräsidenten«, aber hätte den Staat von Washingtons und Brüssels Gnaden in seiner Gangsterstruktur bloßgestellt. Aus dem gleichen Grund, aus dem Slobodan Milosevic vom Haager Tribunal in den Tod getrieben werden mußte, um die Wahrheit über die kriminelle Verschwörung gegen Jugoslawien nicht ans Licht kommen zu lassen, werden UCK-Banditen freigesprochen: Die verbrecherischen Voraussetzungen der albanischen Staatsgründung auf serbischem Boden sollen nicht ins öffentliche Bewußtsein dringen.
    Dabei wissen es die Verantwortlichen im Westen längst ganz genau, welche Schlange sie an ihrer Brust genährt haben. In einem internen UN-KFOR-Bericht wird die Gruppe Haradinaj als die mächtigste kriminelle Organisation im Kosovo bewertet. Ihr werden Drogen- und Waffenschmuggel sowie Menschenhandel vorgeworfen. Die albanische Bevölkerung in der vom Haradinaj-Clan beherrschten Region schwanke zwischen Heldenverehrung und ständiger Angst vor Repressalien, wird vermerkt. Das ließe sich vor allem daraus erklären, daß die UCK in ihrem »Unabhängigkeitskampf« mehr Albaner als Serben umgebracht hat.
    Das alles sah das Haager Tribunal als nicht erwiesen an. So wie Signora del Ponte die Ermordung von 300 jungen Roma und Serben, deren Eingeweide dem internationalen Organmarkt zugeführt wurden, trotz deutlicher Spurenhinweise nicht zur Kenntnis nehmen wollte. Die Schweizerin und ihr Apparat, die selbst den absurdesten Hinweisen auf serbische Verbrechen nachgingen und sie der antiserbischen Propaganda zukommen ließen, zeigten nicht nur an der Aufklärung dieses Verbrechens keinerlei Interesse, sondern waren auch um dessen Vertuschung bemüht. Del Ponte machte die serbischen Vorwürfe in ihren Memoiren bekannt, die erst erschienen sind, als die Organhändler einen Staat ihr eigen nennen durften. Zu ihnen gesellt sich nun auch Ramush Haradinaj. Eine wirklich friedliche Zukunft dürfte dem Kosovo damit nicht beschieden sein.
    Während fast die gesamte politische und militärische Führung Serbiens aus der Zeit des NATO-Krieges gegen Jugoslawien in Den Haag einsitzt, werden geschäftsstörende Maßnahmen gegen albanische Politgangster schnellstens wieder aufgehoben. Und den Serben wird ein Hang zu narzißtischer Kränkung vorgehalten, wenn sie sich ungerecht behandelt fühlen.
     
    junge Welt, 5./6. April 2008

    ---

    -------- Original-Nachricht --------
    Datum: Tue, 8 Apr 2008 00:24:14 +0200
    Von: "Y.&K.Truempy"
    Betreff: "Heikle Aussagen" von Carla del Ponte

    Wenn es um den Kosovo geht, werden Informationen selektiv weitergegeben:

    A.) 7. April 2008, 20:44, NZZ Online

    Del Ponte darf nicht an Buchpräsentation teilnehmen

    Heikle Aussagen der früheren Chefanklägerin

    Das eidgenössische Departement für auswärtige Angelegenheiten (EDA) lässt die frühere Chefanklägerin des Uno-Kriegsverbrechertribunals in Den Haag, Carla Del Ponte, nicht für ihr umstrittenes Buch werben. Es gebe darin Aussagen, die von einer Vertreterin der Schweizerischen Regierung nicht gemacht werden könnten, teilte das EDA am Montag mit.

    B.) Der Tagesanzeiger und Radio DRS werden schon konkreter:

    Die Veröffentlichung von Ausschnitten aus dem Buch hatte in der serbischen Presse für Aufregung gesorgt. Dabei ging es unter anderem um den von Del Ponte geäusserten Verdacht, wonach die Kosovo-Befreiungsarmee UCK Serben verschleppt und ihnen Organe entnommen haben soll. Hashim Thaci habe davon gewusst.

    C.) Leser der jungen Welt (auch auf diesem Kanal) wissen noch mehr:

    Hashim Thaci habe dabei Millionen verdient 

    Unsere famose Aussenministerin Micheline Calmy-Rey (Kosenamen: la vache qui rit) hat unsere hyper-kinetische Carla del Ponte (neuerdings Botschafterin in Argentinien) panikartig zurückgepfiffen, da der von der Schweiz gehätschelte Hashis Thaci betroffen ist. Zukünftige Interviews müssten mit dem EDA einzeln abgesprochen werden.

    Der vorauszusehende (Kronzeuge wurde in Montenegro von Kosovo-Mafia umgelegt, usw.) und jetzt tatsächlich erfolgte Freispruch des UCK-Kommandanten und ehemalige Kosovo-Premierminister Ramush Haradinaj am Kriegsverbrechertribunal in Den Haag hat bei Del Ponte offensichtlich letzte Reflexe eines übrig gebliebenen Gerechtigkeitssinns aktiviert (natürlich erst dann, wenn schon alles gelaufen ist..) Nachzulesen in: "La caccia. Io e i criminali di guerra" (Die Jagd - Ich und die Kriegsverbrecher)

    K.Trümpy, ICDSM Schweiz



    (francais / italiano)

    Traffico di organi umani in Kosovo

    1) Guerra umanitaria in Kosovo? Hanno espiantato organi e trafficato droga
    (Alessandro Marescotti)

    2) Hashim Thaci : Un chef mafieux à la tête du Kosovo
    (Daniel Salvatore Schiffer)

    3) Il capo del governo del Kosovo guidava il traffico di organi

    4) Sulla inchiesta della UE (Procuratore Jonathan Ratel) a proposito dello stesso traffico

    5) DUE DOCUMENTARI SUGLI ESPIANTI CLANDESTINI IN KOSOVO

    6) FLASHBACK:
    Le premier ministre kosovar accusé de trafic d'organes (lefigaro.fr / AFP 14/04/2008)


    A lire aussi / altri link:

    Inhuman treatment of people and illicit trafficking in human organs in Kosovo
    by Dick Marty, Rapporteur Mr Dick Marty, Switzerland, Alliance of Liberals and Democrats for Europe 
    http://kitmantv.blogspot.com/2010/12/kosovo-pm-hashim-thachi-head-of-organ.html or
    http://www.nspm.rs/dokumenti/inhuman-treatment-of-people-and-illicit-trafficking-in-human-organs-in-kosovo.html

    Il ministro Bernard Kouchner nega l'esistenza del problema del traffico di organi gestito dall'UCK e irride chi gliene chiede conto:
    http://www.youtube.com/watch?v=7Y5cLMl7ZcA
    Kosovo : Kouchner voit rouge, « j’ai une tête à vendre des organes, moi ? »
    Trafic d'organes de l'UÇK : Bernard Kouchner est « sceptique »

    « Tout le monde au Kosovo sait ce qui s’est passé. Par peur, ils se taisent »

    Trafic d'organes de l'UÇK : « Le rapport ne dit rien de nouveau »

    Trafic d'organes de l'UCK : un scandale mondial

    Trafic d’organes : une bombe pour le Kosovo ?

    Kosovo : Thaçi impliqué dans l’organisation du trafic d’organes
     
    Trafic d’organes : le représentant du Conseil de l’Europe enquête au Kosovo 


    === 1 ===


    La verità nascosta

    Guerra umanitaria in Kosovo? Hanno espiantato organi e trafficato droga


    Una guerra voluta dalla Nato e che D'Alema difese perfino in un libro titolato "Gli italiani e la guerra"

    15 dicembre 2010 - Alessandro Marescotti


    E così oggi sappiamo che abbiamo fatto la guerra del Kosovo per far vincere i peggiori criminali.

    Lo dicevamo già da tempo, ma a darcene conferma oggi è il Consiglio d'Europa.

    "I leader di etnia albanese dell’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck) erano responsabili dei traffici di organi umani alla fine degli anni novanta. Lo afferma nel suo ultimo rapporto Dick Marty, che indaga su tali crimini per conto del Consiglio d’Europa".

    E questa non è una notizia "tendenziosa" lanciata da un giornale pacifista. La troviamo oggi sul sito web del quotidiano La Stampa.

    Che cosa è accaduto? "I membri indipendentisti dell’Uck rapivano serbi e altri civili per condurli in Albania, dove venivano loro espiantati gli organi che venivano poi venduti al mercato nero", continuiamo a leggere online su http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/380073

    Ci hanno raccontato nel 1999 che andavamo a fare una guerra umanitaria per liberare il Kosovo dalla "pulizia etnica".

    Ma ci siamo alleati con i trafficanti di droga dell'Uck, l'esercito indipedentista kosovaro che chiedeva a gran voce la "guerra umanitaria".

    I boss della droga hanno partecipato alle trattative prima della guerra.

    Ai negoziati francesi che portarono alla guerra c'era proprio Hashim Thaci, accusato si essere coinvolto anche in un traffico di armi e di droga.  E' oggi ritenuto un boss mafioso - secondo l'inchiesta del Consiglio d'Europa sul crimine organizzato che oggi campeggia su tutte le informazioni stampa (si veda http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo498267.shtml).

    Tachi dette un contributo determinante alla "guerra umanitaria" e in questo momento governa il Kosovo.

    Che nell'Uck ci fossero dei trafficanti di droga lo si sapeva ma lo si è taciuto perché mica potevamo dire che si faceva una guerra umanitaria con dei delinquenti incalliti.  Racconta Ennio Remondino, giornalista RAI autore del libro "La televisione va alla guerra" (ed. RAI-ERI), che fu trovata una notevole quantità di "polvere bianca" nel bagaglio di uno dei delegati kosovari dell'Uck a Rambouillet, durante le trattative svolte in Francia che decretarono il via libera alla guerra. "Non era farina o borotalco", annota Remondino nel capitolo "Borotalco" che nel libro è dedicato a questa paradossale vicenda. [Il testo al link: https://www.cnj.it/documentazione/kosova.htm#polverebianca ]

    Ma era bene tacere e non indagare oltre.

    Si andava verso una guerra "giusta" e nessun dubbio doveva tormentare la coscienza degli italiani.

    D'Alema difese l'intervento armato perfino in un libro titotalo "Gli italiani e la guerra".

    Ancora oggi sul sito web di D'Alema si legge che con quella guerra l'Italia veniva "restituita al ruolo e al prestigio internazionali che merita; i cittadini italiani hanno dimostrato, ancora una volta, quanto profonda e radicata sia in loro la vocazione alla solidarietà".

    Lo si legge su http://www.massimodalema.it/pubblicazioni/kosovo.asp

    E così con quella guerra si è affermato Hashim Thaci, ora capo di governo.

    "Il capo del governo del Kosovo - anticipano il Guardian e la Bbc - viene indicato come il boss di un racket che ha iniziato le sue attività criminali nel corso della guerra del Kosovo proseguendole nel decennio successivo. Il rapporto, che conclude due anni di indagini e cita fra le sue fonti l'Fbi e altri servizi di intelligence, scrive che Thaci ha esercitato un "controllo violento" nell'ultimo decennio sul commercio di eroina" (cfr.http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo498267.shtm).

    Secondo le testimonianze raccolte dal rapporto del Consiglio d’Europa (Ce), venivano uccisi con un colpo di arma da fuoco alla testa i prigionieri di guerra serbi e altri civili vittime del traffico di organi di cui sarebbero responsabili i leader di etnia albanese dell’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck).

    Forse sarebbe utile una nuova edizione aggiornata del libro di D'Alema sul Kosovo.


    === 2 ===

    http://www.agoravox.fr/actualites/international/article/hashim-thaci-un-chef-mafieux-a-la-86042

    Texte également paru, conjointement, sur deux autres sites français: à la une de "Mediapart" (lié au journal "Le Monde") et sur le blog de Daniel Salvatore Schiffer dans l'hebdomadaire du Nouvel Observateur ("NouvelOBs.com", blog "La Vérité des Masques").


    par Daniel Salvatore Schiffer

    jeudi 16 décembre 2010

    Hashim Thaci : Un chef mafieux à la tête du Kosovo



    Il n’est jamais trop tard, même s’il s’agissait là, pour ceux qui s’intéressent d’un peu plus près à la guerre en ex-Yougoslavie, d’un secret de polichinelle. Hashim Thaci, ex-commandant en chef de l’ancienne Armée de Libération du Kosovo (UCK) et actuel Premier Ministre, fraîchement réélu, de ce même pays, vient d’être très officiellement accusé, dans un rapport rédigé par le sénateur suisse Dick Marty pour le compte du très respectable Conseil de l’Europe, d’être le « parrain », certes caché mais d’autant plus redoutable, d’un réseau impliqué depuis 1999, date à laquelle s’intensifia l’offensive serbe dans cette région meurtrie des Balkans et en réponse à quoi l’OTAN mena alors sa campagne de bombardements, dans les pires trafics : d’ignobles et sanglants trafics d’armes, de drogue (héroïne et cocaïne) et d’organes, eux-mêmes prélevés, ignominie d’entre les ignominies, sur des prisonniers, civils pour la plupart, serbes. Ne manque plus en cette macabre et terrible liste, mais probablement est-ce là un oubli de la part du rédacteur de cet accablant rapport, que le trafic, peut-être plus abominable encore, d’êtres humains, dont on sait que la prostitution, y compris aux dépens de filles mineures, représente, pour la mafia albanaise, l’un des commerces les plus honteusement lucratifs.

    Ces informations, Carla Del Ponte, ex-procureure du Tribunal Pénal International pour l’ex-Yougoslavie (TPIY), les avaient certes déjà révélées en 2008. Mais avec les conséquences, extrêmement néfastes pour elle, que l’on sait : très sévèrement critiquée pour sa liberté de parole, elle fut aussitôt rappelée à l’ordre, sinon carrément réprimandée, par sa hiérarchie politico administrative (le département helvétique des affaires étrangères) et son livre, publié dans une maison d’édition italienne, ne trouva guère d’écho auprès des grands éditeurs européens. Censure !

    Pis : ce fut l’inénarrable docteur Bernard Kouchner en personne, alors responsable du Quai d’Orsay avant que d’y avoir fait lamentablement naufrage, qui, soucieux de préserver son ancienne image d’administrateur du Kosovo (où il fut, de juillet 1999 à janvier 2001, le Haut Représentant de l’ONU, baptisée en la circonstance « MINUK »), fit l’impossible pour démentir à tout prix, n’hésitant pas pour cela à manipuler l’opinion publique tout autant que les sphères médiatiques, les propos, pourtant déjà corroborés par d’indéniables preuves, de celle (Carla Del Ponte, précisément) dont, son désormais légendaire opportunisme ne lui faisant craindre ni la contradiction ni la vergogne, il avait cependant vanté les mérites, quelques années auparavant, lorsqu’elle fit arrêter, puis incarcérer dans la prison de La Haye, les criminels de guerre serbes (Milosevic et autre Karadzic).

    Davantage (et oserais-je le dire maintenant qu’il vient, il y a quelques jours à peine, de trépasser ?) : il n’est pas jusqu’à Richard Holbrooke, le fameux artisan des très bancaux mais néanmoins bienvenus Accords de Dayton (ceux-là mêmes qui mirent fin, en 1995, à la guerre de Bosnie) et célèbre diplomate américain dont Barack Obama s’est empressé de faire tout récemment l’éloge funèbre, qui, désireux lui aussi de ne pas entacher son œuvre au Kosovo (c’est en grande partie à lui, alors envoyé spécial de Bill Clinton dans les Balkans, que l’on doit les bombardements de l’OTAN contre la Serbie), ne se démenât comme un beau diable pour faire museler l’ex-procureure du TPIY, l’empêchant ainsi de s’adonner à toute ultérieure et embarrassante fuite quant aux turpitudes de ce Hashim Thaci au sein d’un Kosovo à l’indépendance alors naissante mais constituant surtout, pour une Amérique dont le pragmatisme politique n’a trop souvent que faire des valeurs morales, une importante place géostratégique dans cette partie de l’Europe.

    Car telle est bien, hélas pour notre sens éthique comme pour notre volonté démocratique, la vérité, aussi simple à avouer que difficile à admettre : c’est avec cet argent, particulièrement sale, que l’UCK a financé sa guérilla contre les Serbes. Pis : ce sont ces innommables crimes, les pires que l’(in)humanité puisse connaître - trafics d’armes, de drogue et d’organes, auxquels il conviendrait donc d’ajouter l’encore plus abjecte traite d’êtres humains, forme moderne d’esclavage - que bon nombre de gouvernements occidentaux se sont échinés à taire, sinon occulter, pendant plus de dix ans, avec la complicité de certaines chancelleries ou personnalités corrompues, pour mettre en œuvre leur efficace mais basse stratégie géopolitique.

    Du reste, ces accusations portées à l’encontre de Hashim Thaci ne sont, comme je l’ai suggéré plus haut, pas neuves. En l’an 2003 déjà, après que Belgrade eut lancé contre lui un mandat d’arrêt international, via Interpol, pour trafic de drogue justement, il fut brièvement arrêté à l’aéroport de Budapest, en Hongrie, avant que le Ministère français des Affaires Etrangères, encore lui, ne le fasse libérer sur le champ, contrevenant lui-même ainsi, pour corser l’affaire, aux lois de la justice internationale. Puis il y eut 2005, année où il fut enfin ouvertement soupçonné, par le TPIY cette fois, de crimes de guerre. Et ce parallèlement à l’arrestation, par cette même institution, de trois de ses principaux lieutenants lorsqu’il était à la tête de la milice kosovare (la tristement célèbre UCK, donc). Mais ce fut alors Madeleine Albright, ancienne Secrétaire d’Etat sous Bill Clinton, qui, l’ayant toujours protégé depuis qu’elle l’imposa lors des négociations, au château de Rambouillet, sur une éventuelle partition du Kosovo entre Serbes et Albanais, empêcha que ledit dossier d’inculpation suive, normalement, son cours politico-judiciaire.

    C’est dire, en effet, si la diplomatie occidentale, dont le sens de l’honneur lui fait parfois cruellement défaut, est au courant, depuis bien longtemps, des crimes et autres malversations, gravissimes s’il en est, de ce personnage, particulièrement peu recommandable et hautement infréquentable, qu’est
    Hashim Thaci.

    Mais il est vrai, malheureusement pour la vérité historique elle-même, qu’il n’y avait pas encore, à l’époque, WikiLeaks, ni un quelconque Julian Assange, pour oser dévoiler au grand jour, et se risquer à mettre ainsi en pleine quoique sombre lumière, les inqualifiables iniquités des puissants de ce monde !

    DANIEL SALVATORE SCHIFFER*

    * Philosophe, écrivain, auteur de « Requiem pour l’Europe - Zagreb, Belgrade, Sarajevo » (Ed. L’Âge d’Homme, 1993, où l’auteur relate notamment sa libération du camp de Manjaca, en Bosnie, où étaient retenus prisonniers, par les Serbes, près de 3.000 Bosno-Musulmans et quelques centaines de croates), « Les Intellos ou la dérive d’une caste - de Dreyfus à Sarajevo » (Ed. L’Âge d’Homme, 1995), « Les Ruines de l’intelligence - Les intellectuels et la guerre en ex-Yougoslavie » (Ed. Wern, 1997), « Les Déshérités ou le testament du Kosovo » (inédit, à paraître).


    === 3 ===

    Accuse del consiglio d’Europa

    Il capo del governo del Kosovo guidava il traffico di organi

    Boss di un racket disumano avviato durante la guerra»: uccidevano i prigionieri con un colpo di pistola alla testa


    MILANO - Il capo del governo del Kosovo, Hashim Thaci, sarebbe il boss di un racket che ha iniziato le sue attività criminali nel corso della guerra del Kosovo proseguendole nel decennio successivo. Secondo il rapporto stilato dalla commissione d’inchiesta del Consiglio d’Europa sul crimine organizzato il premier kosovaro sarebbe a capo di un gruppo mafioso albanese responsabile del traffico di armi, di droga e di organi umani nell’Europa dell’Est. Il rapporto, che conclude due anni di indagini e cita fra le sue fonti l’Fbi e altri servizi di intelligence, scrive che Thaci ha esercitato un «controllo violento» nell’ultimo decennio sul commercio di eroina. Uomini della sua cerchia sono accusati di aver rapito uomini e donne serbe al confine con l’Albania per ucciderli e privarli dei reni, venduti poi al mercato nero. Nel suo rapporto, lo svizzero Dick Marty - deputato elvetico all'Assemblea Parlamentare del Consiglio ed ex procuratore del Canton Ticino ora relatore per i diritti umani e le questioni giuridiche del Consiglio d'Europa - afferma che gli indipendentisti kosovari dell'Uck hanno gestito alla fine degli anni Novanta un traffico di organi ai danni di prigionieri serbi. Secondo Marty, tale traffico era controllato da una formazione dell'Uck denomonata «Gruppo di Drenica», capeggiata dall'attuale primo ministro kosovaro, Hashim Thaci. E vi sarebbero «numerosi indizi» che «gli organi venissero estratti da prigionieri di una clinica in territorio albanese, nei pressi di Fushe-Kruje (20 km a nord di Tirana)».

    RENI, EROINA E ARMI - Nel testo, disponibile su internet, si ricorda che del traffico di organi espiantati a prigionieri di guerra serbi fa menzione Carla Del Ponte, l'ex-procuratore del Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia, nel suo libro pubblicato in prima battuta in Italia La caccia - Io e i criminali di guerra. Un secondo e ultimo riferimento all'Italia fatto dal rapporto riguarda «analisti» del Sismi, il servizio segreto militare, e dell'intelligence tedesca, britannica, greca e della Nato che definirebbero «abitualmente» l'attuale premier kosovaro Hashim Thaci come «il più pericoloso tra i padrini della mala dell'Uck». I responsabili di questi traffici sarebbero i leader di etnia albanese dell'Esercito di liberazione del Kosovo (Uck). Secondo le testimonianze raccolte dal rapporto del Consiglio d'Europa, i prigionieri di guerra serbi e altri civili venivano uccisi con un colpo di arma da fuoco alla testa. Gli affari si facevano soprattutto con reni, venduti a cliniche private straniere. Un ruolo fondamentale avrebbe avuto in tutta la vicenda Shaip Muja, anch'egli ex comandante dell'Uck e ancora oggi stretto collaboratore politico di Thaci, responsabile delle questioni sanitarie.

    LO SDEGNO DI PRISTINA - A Pristina, dove Thaci con il suo Partito democratico del Kosovo ha vinto le elezioni legislative anticipate di domenica scorsa, il governo ha smentito seccamente il contenuto del rapporto di Dick Marty. Respingendo le accuse, una nota governativa lo ha definito «senza fondamento». Si tratterebbe di «invenzioni» finalizzate a coprire «di obbrobrio l'Uck e i suoi dirigenti». In una nota pubblicata nella notte si legge: «È evidente che qualcuno vuol fare del male al primo ministro Thaci dopo che i cittadini del Kosovo gli hanno dato chiaramente la loro fiducia per continuare il programma di sviluppo del Paese». Il governo ha quindi annunciato l'intenzione di adottare «tutte le misure possibili e necessarie per rispondere alle invenzioni e alle calunnie di Dick Marty, ivi comprese misure giudiziarie e politiche». In un comunicato il premier di Pristina preannuncia «tutti i passi necessari, compreso il ricorso a mezzi legali e politici» nei confronti dell'autore della relazione, Dick Marty.

    NEMICI DELL'INDIPENDENZA - «Faremo squalificare le calunnie del signor Marty», ammonisce il comunicato ufficiale, in cui si addebitano le accuse contenute nel rapporto ai «nemici dell'indipendenza» dell'ex regione serba a maggioranza albanese. «I cittadini kosovari e l'opinione pubblica internazionale nel suo complesso non credono alle diffamazioni messe in circolazione da chi si oppone all'indipendenza e alla sovranità del nostro Paese», si afferma, «e non permetteranno in alcun modo che certi demagoghi macchino la limpida lotta dell'Esercito di Liberazione del Kosovo e il sacrificio di tutti i cittadini della nostra patria». L'Esercito di Liberazione o Kla, di cui Thaci era comandante, sarebbe servito da copertura per gli affari illeciti da questi portati avanti prima, durante e dopo la guerra. Il comunicato governativo si conclude con un appello a tutti i 47 Stati membri del Consiglio d'Europa, ai quali mercoledì a Parigi verrà presentato il Rapporto, affinchè «si oppongano con forza a questo documento diffamatorio».

    IL RICONOSCIMENTO - Il Pdk (Partito Democratico del Kosovo) guidato da Thaci, pur in calo di consensi, ha ottenuto il maggior numero di voti nelle elezioni anticipate di domenica scorsa nell'ex regione serba a maggioranza albanese. Per quanto difficile appaia la formazione di un nuovo esecutivo di coalizione a Pristina, l'incarico dovrebbe essere riconferito a Thaci e, una volta formata la compagine, si ripresenterà la questione dei negoziati con la Serbia, che continua a non riconoscere l'indipendenza kosovara, proclamata unilateralmente nel febbraio 2008.

    LA SODDISFAZIONE DI BELGRADO - Dal canto suo, Belgrado ha espresso grande soddisfazione per il Rapporto del Consiglio d'Europa sul presunto traffico di organi umani ai danni di cittadini serbi. Tale rapporto, ha detto il viceprocuratore serbo per i crimini di guerra, Bruno Vekaric, «è una grande vittoria della Serbia nella lotta per la verità e la giustizia». «Grazie all'aiuto del presidente, Boris Tadic, e agli sforzi continui degli organi giudiziari serbi, abbiamo conseguito la vittoria e abbiamo restituito la speranza alle famiglie delle persone rapite o dei dispersi», ha aggiunto Vekaric auspicando che la pubblicazione del rapporto del Consiglio d'Europa, «estremamente positivo», consentirà l'apertura di numerose inchieste sui traffici di organi in Kosovo e Albania, dove le autorità giudiziarie hanno ignorato per anni gli appelli a far luce su tale problema.

    I DUBBI DI MOSCA - In visita ufficiale a Mosca, il ministro degli esteri serbo Vuk Jeremic ha messo in dubbio che vi sia un futuro politico per Hashim Thaci. Secondo Jeremic il documento rivelerebbe «la terribile realtà» kosovara: «È un segnale che mostra come sia ormai tempo per il mondo civilizzato di smetterla di voltarle le spalle», ha detto. «Questo rapporto svela che cosa è il Kosovo, e chi è che lo guida». Dello stesso avviso di Jeremic è l'omologo russo Serghei Lavrov, il cui Paese parimenti non riconosce il Kosovo come Stato sovrano. Lavrov ha affermato di essere «molto allarmato» per quanto emerge dal rapporto Marty che, ha sottolineato, «non può restare secretato» poiché «tutti dobbiamo assicurare che gli sia data la più ampia diffusione possibile». Il capo della diplomazia russa ha quindi ribadito la posizione di Mosca, che si rifà ancora alla risoluzione adottata nel 1999 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in cui si faceva del Kosovo una sorta di area neutrale sotto l'amministrazione del Palazzo di Vetro. «Noi», ha affermato ancora Lavrov, «sosteniamo la necessità di un dialogo diretto tra le autorità di Belgrado e quelle di Pristina, soltanto nel cui ambito è possibile trovare una soluzione a lungo termine per il Kosovo, fondata su un reale compromesso accettabile reciprocamente da ambedue le parti. In tale processo», ha ammonito, «qualsiasi intervento straniero va accuratamente valutato e soppesato».

    Redazione Online
    15 dicembre 2010


    === 4 ===


    Un procuratore dell’Unione Europea ha accusato cinque albanesi del Kosovo, un turco ed un israeliano di far parte di una rete internazionale impegnata nel traffico di organi umani.

    Nel documento, il procuratore Jonathan Ratel scrive che il gruppo criminale ha gestito un traffico di persone verso il Kosovo allo scopo di “rimuovere i loro organi per poi trapiantarli in altre persone”. L’inchiesta ha accertato che, soltanto nel 2008, venti cittadini stranieri sono stati fatti entrare nel paese con false promesse. “Le vittime venivano reclutate in altri paesi e portate in Kosovo attraverso l’aeroporto di Pristina dietro la falsa promessa che avrebbero ricevuto un compenso in denaro in cambio della rimozione in un rene”. Le cifre arrivavano fino 14mila euro, mentre invece gli acquirenti dovevano sborsare tra gli 80mila e i 100mila euro. I paesi di provenienza delle vittime sarebbero Moldavia, Kazakistan, Russia e Turchia. Tutte vivevano in condizioni di estrema povertà o difficoltà economica.

    Cinque albanesi del Kosovo, tra cui un ex funzionario del ministero della Sanità, sono ora accusati di traffico di esseri umani, esercizio abusivo dell’attività medica e abuso di potere. Nessuno di questi si trova in custodia cautelare, per il momento. Due stranieri – il medico turco Yusuf Sonmez e il cittadino israeliano Moshe Harel – sono ricercati dall’Interpol. Sonmez è ricercato e indagato in diverse altre nazioni, tra cui la Turchia, per traffico di esseri umani e rimozione di organi. Secondo il documento della UE uno dei cinque kosovari, il chirurgo Lutfi Dervishi, “era il leader” dell’organizzazione, insieme a Sonmez e Harel. Dervishi avrebbe organizzato una conferenza a Istanbul nel 2006, chiedendo se qualcuno dei partecipanti fosse in grado di trapiantare degli organi, e venne contattato da Sonmez sei mesi dopo.

    Dervishi e Sonmez avrebbero portato avanti le operazioni in una clinica privata di Pristina gestita dal figlio di Dervishi, Arban Dervishi, anche lui accusato di far parte della banda. Harel aveva il compito di “identificare, reclutare e trasportare le vittime”, e “assicurarsi che i pagamenti fossero stati eseguiti” prima degli interventi chirurgici. Sono indagati altri due medici, Sokol Hajdini e Driton Jilta.

    La clinica privata è stata chiusa nel 2008 in seguito a una prima inchiesta sulla banda, sospettando che un uomo turco avesse venduto il suo rene. Tutte le persone coinvolte e fermate si dichiararono innocenti. Poco dopo, il quotidiano di Belgrado Blic accusò Dervishi di avere a che fare con i sospetti che l’Esercito di liberazione del Kosovo fosse dietro il rapimento e l’uccisione e di civili serbi allo scopo di espiantare i loro organi. Le accuse derivavano dal contenuto del libro di Carla Dal Ponte, ex procuratore delle Nazioni Unite per crimini di guerra.


    === 5 ===


    TRAFFICO D'ORGANI: IL MISTERO DELLA CASA DI BURREL

    di Mario Sanna

    Traffico d'organi in Albania dopo la fine della guerra del Kosovo. E' questa una delle novita' piu' clamorose contenute nel libro 'La Caccia' dell'ex procuratore del Tribunale dell'Aja contro i crimini di guerra Carla Del Ponte. La Del Ponte nel libro scrive che "da fonti giornalistiche affidabili" il suo team investigativo è venuto a sapere che circa trecento serbi del Kosovo, rapiti durante la primavera del 1999, furono trasferiti nel nord dell'Albania. Questi prigionieri all'inizio furono rinchiusi in campi in luoghi come Kukes e Tropoje.
    Secondo le fonti giornalistiche, i prigionieri più giovani e vitali furono trasferiti nel carcere della cittadina di Burrel a nord di Tirana. Un gruppo di prigionieri fu incarcerato in una baracca dentro una "casa gialla" nelle campagne di Burrel, e una stanza di questa "casa gialla", come hanno descritto i giornalisti, serviva da sala operatoria in cui i chirurghi estraevano gli organi ai prigionieri. Gli organi in seguito, attraverso l'aeroporto di Rinas nei pressi di Tirana, venivano inviati alle cliniche chirurgiche all'estero dove venivano impiegati per essere impiantati ai clienti paganti. Gli esperti del tribunale dell'Aja hanno perquisito la casa sospetta di Burrel nel febbraio del 2004. Il gruppo investigativo di Rainews24 e' riuscito a raggiungere la casa oggetto dell'investigazione degli esperti del tribunale dell'Aja. L'inchiesta di Rainews24, attraverso le interviste dei protagonisti ricostruisce i passaggi salienti di questa storia. Nell'inchiesta vengono riportate anche le reazioni degli esperti serbi che hanno avviato ricerche sui loro connazionali scomparsi in Albania


    ---



    Il documentario di Cristian Elia e Nicola Sessa si intitola “La casa gialla” ed è la storia delle persone scomparse in Kosovo durante il conflitto del 1999. Un lavoro che si concentra sul dubbio, che rende se possibile ancora più dolorosa la perdita, che alcune persone scomparse siano state vittime di un traffico di organi.

    “Si tratta di famiglie serbe, prima usate dalla propaganda di Belgrado, poi dimenticate e sacrificate in nome della ragion di Stato – spiega Elia, uno dei registi, 34 anni, inviato di PeaceReporter, già inviato in Medio Oriente e Balcani – Questo lavoro vuole essere una riflessione sull’assenza, sul vuoto doloroso che la scomparsa di una persona cara lascia nelle vite di chi lo ha amato. I protagonisti potrebbero essere di qualsiasi Paese del mondo che ha conosciuto il dramma delle persone scomparse”.

    “Io ero già là del ’99 – prosegue il coregista – e abbiamo deciso di riprendere questa storia. Dopo tanti anni la parte di indagine era molto complicata; quello che diventava interessante era raccontare la storia delle famiglie di queste persone scomparse. È peggio della morte per loro”.

    La vicenda della casa gialla, ripresa nel titolo, è l’edificio dove avvenivano gli espianti. Nell’impianto accusatorio del film viene tutto esplicitato. “Oggi ci vive una famiglia – continua Elia – che nega tutto. Sono state rilevate molte tracce di sangue nella casa, ma loro si sono sempre difesi dicendo che macellavano animali in casa. Hanno preferito dimenticare tutti questa storia perché le persone che verrebbero inquisite sono oggi nella classe dirigente del Kosovo. Chi avrebbe la responsabilità intellettuale di questo non si è mai assunto la responsabilità. Ma questa è una storia che non si può dimenticare”.


    === 6: FLASHBACK ===

    Le premier ministre kosovar accusé de trafic d'organes 


    S.L. (lefigaro.fr) avec AFP
    14/04/2008 | Mise à jour : 15:10 | Commentaires  110


    Selon l'ex-procureure du Tribunal pénal international pour l'ex-Yougoslavie Carla Del Ponte, de hauts responsables albanais du Kosovo ont organisé le meurtre de centaines de prisonniers serbes, dont les organes étaient ensuite revendus. La Serbie souhaite une enquête.

    Des prisonniers systématiquement dépouillés de leurs organes quitte à les tuer, leurs reins, leurs poumons revendus à l'international, c'est le scénario de film d'horreur que révèle l'ex-procureure du Tribunal pénal pour l'ex-Yougoslavie Carla Del Ponte dans un livre à paraître dans le mois.

    Selon la procureure, qui a traqué durant huit ans les criminels de guerre de l'ex-Yougoslavie, environ 300 prisonniers, dont des femmes, des Serbes et d'autres ressortissants slaves, ont été transportés au courant de l'été 1999 depuis le Kosovo jusqu'en Albanie où ils étaient enfermés dans une sorte de prison.

    Là, «des chirurgiens prélevaient leurs organes. «Ces organes étaient ensuite envoyés depuis l'aéroport de Tirana vers des cliniques à l'étranger pour être implantés sur des patients qui payaient», écrit Carla del Ponte dans «La chasse, moi et les criminels de guerre». Et, précise-t-elle, leurs bourreaux n'hésitaient pas à aller plus loin. «Les victimes privées d'un rein étaient de nouveau enfermées dans une baraque jusqu'au moment où elles étaient tuées pour d'autres organes».


    De hauts dirigeants Albanais du Kosovo impliqués


    Toujours selon Carla del Ponte, «les dirigeants d'un niveau intermédiaire et élevé de l'UCK étaient au courant et étaient impliqués de manière active dans la contrebande des organes». Or, les responsables de l'organisation indépendantiste kosovare à l'été 1999 étaient Agim Ceku, premier ministre du Kosovo de mars 2006 jusqu'en janvier 2008, et Hashim Thaçi, actuel Premier ministre.

    Si les informations de la procureure sont exactes, le scandale est donc énorme. Mais, comme elle l'avoue elle-même, ses sources, des «journalistes fiables» et des membres de l'ONU, ne suffisent pas à enquêter. Elle déplore d'ailleurs, les «violences contre les témoins» prêts à évoquer les crimes de l'UCK durant la guerre du Kosovo.

    La Serbie annonce lundi après-midi qu'elle va demander au Tribunal pénal international (TPI) d'ouvrir «très rapidement» une enquête. A défaut, Begrade enquêtera de son propre chef.

    Le livre de Carla Del Ponte a déjà fait du bruit. Notamment en Suisse, dont l'ex-procureure est ambassadrice en Argentine. Berne a interdit à Del Ponte de présenter son ouvrage en Italie, estimant qu'il était incompatible avec son statut.