Informazione

PER GLI AMANTI DELLA LETTERATURA

Molte migliaia di libri in lingua serbocroata, sottratti dalla
biblioteca di Gnjilane in Kosovo-Metohija, sono stati ritrovati ieri
per caso nei cassonetti dell'immondizia della citta'.
Segnaliamo la notizia per tutti coloro i quali hanno a cuore la
cultura e la letteratura, anche se magari usano commuoversi di meno
per i monumenti di epoca bizantina rasi al suolo o per i morti
ammazzati nel corso della attuale epurazione etnica.


http://www.b92.net/english/news/index.php?lang=english&version=standard&my_categories_class='News'&nav_category=&nav_id=22538&order=priority&style=headlines

B92
April 24, 2003

Serbian language books thrown out of Kosovo
Beta

GNJILANE -- Thursday - Several thousand works of
literature have been thrown out of the Gnjilane city
library in the province of Kosovo.
The books, all printed in the Serbian language, were
thrown into rubbish bins before being taken to the
city dump by local refuse collectors.
Serb sources from Kosovo Pomoravlje informed agency
Beta, before reporting the incident to the local
Gnjilane police department.
Sources said that the works include some rare and
valuable Serbian history and literature books.

Gioia del Colle (BA)

Sabato 26 aprile - ore 18.00 -

Sala "De Deo" (di fronte al teatro Rossini)

nell'ambito delle iniziative promosse dal Comune di Gioia del Colle e
dal comitato permanente per la pace in commemorazione Don Tonino Bello

- "Medici di Guerra, inviati di Pace" - relazione di Vincenzo
Caruso (Emergency)

- Proiezione del film-documentario di Michel Collon e Vanessa
Stjilkovic "I dannati del Kosovo", presentato da Andrea
Catone (associazione "Most za Beograd")




Most za Beograd - Un ponte per Belgrado in terra di Bari

Associazione culturale di solidarietà con la popolazione jugoslava

via Abbrescia 97, 70121 BARI - CF:93242490725- tel. 0805562663

e-mail: most.za.beograd@...
conto corrente postale n. 13087754

--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., Radio Città Aperta ha scritto:

25 APRILE

La resistenza continua ... contro la guerra infinita

A Roma corteo con partenza da

Porta S. Paolo alle ore 10.00


La guerra e l'occupazione angloamericana dell'Irak hanno posto al
popolo iracheno e ai popoli arabi il problema della resistenza


A quanti aspirano al rispetto reciproco e alla condivisione umanistica
e cooperativa di questa terra, si pone il dovere della resistenza
contro la guerra


Manteniamo viva la memoria della resistenza ricordando che la nostra
libertà ce la siamo conquistata da soli e non ce l'hanno portata gli
americani.

Non solo gli americani, ma anche i sovietici, gli inglesi, i francesi
e tanti altri hanno contribuito a liberare l'Europa dal nazifascismo


Il governo Berlusconi sta tentando di far passare una legge che
equipara i fascisti di Salò ai partigiani. Questa provocazione è un
insulto alla memoria dei caduti della Resistenza e alla stessa
Repubblica.


Il 25 aprile tutti in piazza

La resistenza continua ... contro la guerra infinita

Appuntamento alle ore 10.00 a Porta S. Paolo

Per una manifestazione unitaria

--- Fine messaggio inoltrato ---

IL MANIFESTO DEI RESISTENTI

by I RESISTENTI
Wednesday April 23, 2003 at 12:19 PM (Fonte: Indymedia)



La nostra storia non è cominciata adesso. Le Resistenze
come alternativa possibile. Un Manifesto comune per tutti i Resistenti


Noi Resistenti abbiamo cominciato presto a guardare in faccia
il nostro vero nemico. Eravamo già attivi nella resistenza spagnola
che mise in fuga i mamelucchi di Murat e fece impazzire i generali di
Napoleone. Ci riconoscerete dipinti da Goya ne "La fucilazione alla
montagna del Principe Pio" e nella urla di gioia che accompagnarono la
fuga dei francesi nel 1813. Nasce da qui l'onda lunga che ha portato
alla Repubblica del '36 e alla resistenza antifranchista fino ai
nostri giorni.
Ci siamo aperti la strada con le armi in pugno insieme a
Garibaldi, mentre cadeva la Repubblica romana ed Antonio Brunetti -
Ciceruacchio per il suo popolo - insieme al figlio Lorenzo cadeva
sotto il plotone di esecuzione. Ma, come fece Gasparazzo contadino
indomito, non ci siamo fidati dei garibaldini di Nino Bixio che in
Sicilia fucilarono la nostra gente a Bronte, ed insieme a Gasparazzo
ci siamo dati alla macchia rendendo per anni la vita difficile ai
piemontesi, ai nuovi padroni e ai proprietari terrieri.
A metà dell'ottocento ebbero tanto paura delle nostre
barricate che il prefetto Haussman dovette rifare Parigi da capo a
piedi. Sventrarono i vicoli e costruirono i grandi boulevard come
"strade di una caserma opportunamente ampliata" perché i padroni
temevano di incontrare in strade troppo strette i Resistenti come
Charles Delescluze o Flourens. Venti anni dopo le barricate
infiammarono di nuovo la Parigi della Comune e noi Resistenti fummo
conosciuti come "Communards". I soldati del gen. Lacombe furono
mandati contro di noi a Montmartre, ma si rifiutarono di sparare sul
popolo ed alla fine rivolsero i fucili contro il generale stesso, sono
formidabili Resistenti coloro che sanno comprendere chi è il vero
nemico.
Ci scatenarono contro altri soldati e i cannoni messi a
disposizione dai prussiani, ci fucilarono a migliaia o ci deportarono
alla Cayenna. Eppure, come disse l'uomo di Treviri - la testa migliore
degli ultimi due secoli - "dopo la Pentecoste del 1871 non ci può
essere né pace né tregua tra gli operai francesi e gli appropriatori
del prodotto del loro lavoro". Capite adesso perchè lo sciopero dei
lavoratori in Francia andò così bene anche nel 1995?
Ma noi Resistenti non siamo e non eravamo solo sulle barricate
e nelle officine delle grandi metropoli. Nascevamo e crescevamo anche
nelle nuove colonie di quello che diventerà l'imperialismo moderno.
Eravamo nel deserto algerino e sui Monti dell'Atlante con Abd el Kader
che tenne alla larga i turchi e umiliò per anni i legionari del
generale francese Bugeaud.
Eravamo nascosti nel pubblico e ci tormentavamo le mani,
impotenti in quella occasione, quando gli invasori italiani,
nell'ottobre del 1912, fucilarono a Tripoli l'arabo Husein. Ci vollero
tre scariche della fucileria del plotone d'esecuzione per vederlo
cadere a terra. Husein e i suoi Resistenti avevano fatto impazzire i
militari italiani nelle uadi o sulle strade carovaniere. Per rabbia e
per rappresaglia gli italiani fucilarono centinaia di persone e ne
deportarono 3.053 nelle isole Tremiti, a Ustica, a Favignana, a Ponza
e a Gaeta.
"Non ci inganna che si dica un'epoca di progresso. Quel che
dicono è invero la peggiore delle menzogne" tuonavano i versi del
poeta arabo Macruf ar Rusufi " Non li vedi tra l'Egitto e la Tunisia
violare con stragi e massacri il sacro suolo dell'Islam? E non sia
addossata la colpa ai soli italiani ma tutto l'occidente sia
considerato colpevole".
Nelle colonie pensavano di aver vinto, legando i sepoys alle
bocche dei cannoni e facendo fuoco come fecero gli inglesi in India o
fucilando e impiccandoci a decine come fecero gli italiani in Libia.
Ma gli arabi hanno un cuore indomito e venti anni dopo il Leone del
deserto, Omar Al Muktar tornò a seminare il panico tra i soldati e le
camicie nere che occupavano la Libia. Il generale fascista Graziani,
quello che aveva massacrato con i gas gli etiopi, fece impiccare Omar
Al Muktar. Ma il suo fantasma inquieta così tanto gli eredi di
Graziani da impedire che in Italia si possa vedere il film che parla
della sua storia. Fanno paura anche da morti i Resistenti!!!
Mentre il capitalismo si annunciava con i mercanti, noi
Resistenti eravamo già dovunque e da tempo. Avevamo viaggiato sulle
loro navi con le catene ai piedi e ai polsi. A cominciare la
resistenza furono proprio gli schiavi neri deportati in Brasile che
fondarono la loro repubblica a Quilombo e resistettero fino al 1697
contro i colonialisti portoghesi. Cento anni dopo, i nipoti di quegli
schiavi, diventati creoli o rimasti neri come i loro antenati, si
ribellarono a Bahia, la disinibita città degli incanti e del candomblé
cantata dalle pagine di Jorge Amado. Ma eravamo anche più a Nord,
eravamo nella selva e sulle Ande con la resistenza di Tupac Amaru. Gli
spagnoli lo hanno squartato con i cavalli per smembrarne il corpo ma
duecento anni dopo il suo nome ha fatto tremare i governanti corrotti
di Lima e Montevideo chiamando alla lotta nella selva e nelle città.
Eravamo a cavalcare al fianco di Artigas nelle grandi pianure
della Banda Oriental ed eravamo al fianco del creolo Simon Bolivàr tra
selve e paludi per gridare a schiavi, creoli, indigeni e popoli che
volevamo una sola nazione, "la Nuestra America. E potevate vederci
insieme a José, Antonio e Felipe, senza scarpe e senza saper leggere
quando a Morelos Emiliano Zapata lesse il programma che scosse le
montagne e mise i brividi ai latifondisti. Tante volte abbiamo
resistito, accerchiati dai rurales e dai federales, tante volte li
abbiamo umiliati trasformando le sconfitte in vittorie. E ci avete
visto anche sessanta anni dopo. Eravamo di nuovo là, nel Guerrero, a
Oaxaca, nei Loxichas a fare scudo a Lucio Gutierrez, vendicando con la
coerenza tra parole e fatti gli studenti massacrati a Città del
Messico o il lento genocidio di indios e campesinos. E venti anni più
tardi eravamo tra quelli che dopo il massacro di Aguas Blancas
giurarono di fargliela pagare agli assassini.
Eravamo in Bolivia con l'acqua fino alla cintura al guado del
Yeso quando l'imboscata dei militari uccise sette di noi tra cui
Tamara Burke "Tania". Diciotto giorni dopo nel canalone di "El Yuro"
veniva ferito e poi assassinato Ernesto Guevara detto "Il Che" insieme
al Chino e a Willy. Quando due anni fa ci siamo rivoltati a Cochabamba
contro la privatizzazione dell'acqua, avevano la sua immagine sulle
nostre bandiere, la stessa immagine e le stesse bandiere che
sventolano sulle terre occupate del Brasile dei Sem Terra, nelle zone
liberate dalla FARC in Colombia tra i piqueteros in Argentina. I
militari, gli jacuncos o quei perros degli "aucisti", sentono un
brivido lungo la schiena quando invece di indios e campesinos
impauriti si trovano di fronte i Resistenti.
Ci avrete visto anche più a Nord, ma non ci avete
riconosciuto. Eravamo sulle sponde del Rosebud ed avevamo il viso
pitturato con i colori di guerra quando insieme al capo Gall abbiamo
difeso i teepee degli Hunkpapa e dei Santee dai soldati in giacca blu
del colonnello Reno. Li abbiamo battuti e messi in fuga nel giugno del
1876 permettendo così alle altre tribù di sconfiggere il generale
Custer a Little Big Horn. Nelle riserve o nella cella di Leonard
Peltier ancora si racconta della nostra resistenza.
Ed eravamo ben presenti tra i siderugici dello sciopero di
Homestead quando furono messi in fuga gli agenti assoldati
dall'agenzia Pinkerton e i padroni dell'acciaio scoprirono che gli
immigrati, diventati operai, sapevano unirsi e tenere duro.
E quasi settanta anni dopo i poliziotti bianchi impallidirono
quando i nostri fratelli neri opposero resistenza nel ghetto di Wyatt
o misero a soqquadro il tribunale di Soledad e le celle di Attica e S.
Quintino. George, Dramgo e Jonathan Jackson sono stati un incubo per
l'America dei Wasp, bianchi, anglosassoni e protestanti, di
conseguenza....razzisti. Mumia Abu Jamal é ancora vivo perchè i
Resistenti non mollano tanto facilmente, hanno la pelle dura e sanno
guardare ben oltre le sbarre della loro cella.
Ma le pagine più belle della nostra storia di Resistenti le
abbiamo scritte nel cuore dell'Europa messa a ferro e fuoco dal
nazifascismo. Le abbiamo scritte tra le macerie della fabbrica di
Trattori a Stalingrado. "I nazisti, non potendo prenderci vivi
volevano ridurci in cenere" ha scritto Aleksej Ockin il più giovane di
noi. Insieme a lui ed a noi c'erano Stepan Kukhta e il vecchio
Pivoravov veterano cinquantenne. Li abbiamo tenuti in scacco per mesi
e mesi e alla fine li abbiamo battuti. La nostra resistenza diede
coraggio a tutti gli altri e accese il fuoco che portò le nostre
bandiere a sventolare fin sopra il tetto del Reichstag di Berlino.
Eravamo invincibili, eravamo gli eredi di Kamo, che fece impazzire la
polizia zarista e fornì quanto serviva alla rivoluzione dell'Ottobre.
"Il mio insostituibile Kamo" diceva Ulianov preparando il primo
assalto al cielo.
Ma eravamo anche a Varsavia, nascosti dopo aver esaurito le
munizioni nelle fogne e nelle cantine del ghetto. Eravamo anche lì,
insieme a Emmanuel Ringelbaum e a Mordechai Anielewicz che si suicidò
per non arrendersi ai nazisti che stavano rastrellando il ghetto in
rivolta. Resistenti per sopravvivere alla deportazione e ai campi di
concentramento ma anche per riscattare la vergogna dei
collaborazionisti dello Judenrat.
Ma eravamo anche nel cuore della Jugoslavia quando sulla
Neretva abbiamo umiliato le armate dei nazisti, dei fascisti e degli
ustascia croati mandate ad annientarci. Ivo Lola Ribar hanno dovuto
ucciderlo e così Joakim Rakovac, ma i Resistenti jugoslavi
dimostrarono ai nemici e agli amici che sapevano farcela da soli.
Per anni serbi, croati, sloveni, bosniaci hanno saputo
combattere fianco a fianco, per anni abbiamo sfidato la storia tenendo
insieme un paese che volevano lacerato. Eravamo pronti anche alla fine
del secolo scorso a resistere contro i contingenti inviati dalla NATO
ma i dirigenti scelsero altre strade, scelsero la strada che porta in
occidente, la stessa che ha mandato in frantumi il nostro paese.
"Banditi" così ci chiamavano in Italia i nazisti e i fascisti
ma la gente era con noi Resistenti. Erano con noi i ferrovieri e gli
operai di Milano, Genova e Torino, erano con noi i popolani della
periferia romana e i contadini emiliani o dell'Oltrepò pavese. C'è una
canzone che narra di come ancora oggi i fascisti temano il fantasma
del partigiano Dante Di Nanni che gira fischiettando per Milano.
"Cammina frut" scriveva Amerigo che fu Resistente sul fronte difficile
della frontiera con l'Est. E piano piano eravamo ovunque: Maquis in
Francia, partigiani nella pianura belga e olandese o sulle montagne
greche.
Tanti di noi si erano "fatti le ossa" nella guerra di Spagna,
affrontando le armate franchiste, i legionari fascisti e i
bombardamenti tedeschi. Con l'immagine delle rovine di Guernica negli
occhi, abbiamo resistito oltre ogni limite, lasciati soli dalle
democrazie europee che temevano il nazifascismo ma temevano ancora di
più la rivoluzione popolare e l'onda lunga dell'ottobre sovietico.
Quando finì la guerra non eravamo tutti convinti che fosse finita
veramente. In Emilia-Romagna - come dice Vitaliano che fu partigiano e
vietcong- non consentimmo ai fascisti di cavaresela a buon mercato e
in Grecia resistemmo con le armi in pugno contro gli inglesi e gli
americani che ci volevano, noi che avevamo combattuto contro i
tedeschi e gli italiani, servi di un nuovo padrone. I Resistenti di
Euskadi non considerano ancora chiusa la partita con gli eredi del
franchismo in Spagna. Vi meravigliate ancora perchè in Italia, in
Spagna e in Grecia ci sono ancora i movimenti di lotta più forti e
decisi d'Europa?
Ma noi Resistenti ci siamo diffusi in tutto il mondo. Eravamo
Umkomto We Sizwe, la Lancia della Nazione che i negri sudafricani
hanno impugnato per decenni contro il regime razzista, siamo stati i
Mau Mau e i fratelli di Lumumba, abbiamo saputo essere poeti come
Amilcare Cabral, colpendo, subendo e vincendo il dominio coloniale
degli inglesi, dei portoghesi e dei belgi. Ce l'hanno fatta pagare
lasciandoci un continente devastato dalle epidemie, dalla fame, dai
saccheggi delle nostre risorse, ma nelle terre dell'Africa siamo
arrivati dopo, ci prenderemo tutto il tempo che ci serve e poi ci
riprenderemo tutto ciò che é nostro, a cominciare dalla dignità.
E poi avete cominciati a vederci ovunque, noi Resistenti.
L'arrivo della televisione ci ha mostrato come "barbudos" a Cuba, con
la kefija dei feddayn in Palestina e in Libano, piccoli e veloci
contro i giganteschi marines, il loro napalm e i loro B 52 nelle
giungle del Vietnam. L'immagine del piccolo Truong che scorta
prigioniero un marines grande come una montagna ha tormentato i sonni
degli uomini della Casa Bianca per decenni. I Resistenti non hanno mai
molte cose a loro disposizione, ma per noi, come dice Truong Son "il
poco diviene molto, la debolezza si trasforma in forza e un vantaggio
si moltiplica per dieci".
Per cancellare questa immagine sono quindici anni che gli
americani scatenano guerre contro avversari immensamente più deboli e
vincono guerre facili.
Ad Al Karameh, nel 1965, eravamo molti di meno e peggio armati
dei soldati israeliani ma li abbiamo sconfitti perchè noi Resistenti
siamo fortemente motivati e loro non lo erano. Non lo erano neanche
gli eserciti arabi messi in piedi da governi indecisi e spesso
corrotti che riuscirono perdere due guerre in sette anni.
A Beirut, ad esempio, nonostante le cannonate della corazzata
americana New Jersey abbiamo resistito e abbiamo cacciato via prima
gli israeliani e poi gli americani, i francesi e gli italiani e poi lo
hanno fatto quelli di noi che erano a Mogadiscio. In Nicaragua eravamo
giovanissimi e stavamo mangiando carne di scimmia quando abbattemmo un
elicottero e prendemmo prigioniero il consigliere della CIA Hasenfus
rivelando al mondo l'aggressione statunitense contro un piccolo e
coraggioso paese.
E poi sono arrivate le nuove generazioni di Resistenti, come
quelli che hanno cacciato dal Libano del sud gli israeliani o che
hanno animato la prima e la seconda Intifada. Le loro pietre pesano
come macigni sull'occupazione israeliana e sulla cattiva coscienza
dell'occidente. C'erano dei giovani e giovanissimi Resistenti nelle
giornate di Napoli e di Genova, uno di essi, Carlo Giuliani, è caduto
ma il suo volto da ragazzo si è moltiplicato su quelli di migliaia di
ragazzi come lui, nuovi Resistenti che hanno bisogno di sapere, di
conoscere, di mettere fine agli inganni e alle rimozioni che li
circondano, che sfidano i potenti con la determinazione di Rachel
Corrie.
Infine, ed è straordinario, sono sorti dei Resistenti anche in
Iraq. Hanno sorpreso molti, soprattutto i loro nemici. Il vecchio
Pietro ha riscattato in dieci righe la sua vita di tentennamenti
scrivendo che la "Resistenza contro l'invasione è la prima condizione
per la pace". I Resistenti sono ormai dovunque, sono diffusi in questo
mondo reso più piccolo dalla globalizzazione e più insicuro
dall'imperialismo e dalla guerra. E' arrivato il momento di unirli, di
dargli una identità comune e condivisa, di riconoscerli e farli
riconoscere a chi - da Bogotà a Manila, da Nablus a Salonicco, da
Seattle a Durban - si è rimesso in marcia per rendere possibile un
altro mondo. Fin quando ha agito la legalità formale delle democrazie
è stato possibile disobbedire, ma alla guerra e all'imperialismo
occorre resistere, improvvisare e disobbedire non basta più, oltre ai
corpi serve la testa e una visione aggiornata della nostra storia.
Alla democrazia fondata sulle bombe noi opponiamo il regno della
libertà, all'idea di libertà fondata sull'homo economicus noi
proponiamo all'umanità il passo avanti della liberazione. Per noi, il
poco sta diventando molto, la debolezza si sta trasformando in forza,
un vantaggio si sta moltiplicando per dieci. L'epoca delle Resistenze
è cominciata.
Aprile 2003, terzo anno della guerra infinita
I Resistenti

LA LIBERAZIONE DI TRIESTE


Testimonianza di Milka Cok (Ljuba) di Longera

«Il primo bunker venne costruito nell'estate del '44 sotto
casa nostra, che si trovava proprio dietro quello che adesso
è l'asilo di Longera, una vecchia osteria dove allora si erano
insediati i tedeschi. La gente entrava davanti ed usciva dietro,
sulla campagna, era in una posizione ideale per quel tipo di
movimenti.
Poi ci accorgemmo di essere spiati, ed un altro bunker venne
costruito più su, dove ora c'è il monumento. Consisteva in una
piccolissima stanza, dove potevano stare da 4 a 6 persone, ed un
piccolissimo cunicolo che portava sul monte. Il bunker serviva
come base per partigiani che stavano lì nascosti di giorno e che
uscivano la notte per compiere le loro missioni.

Allora avevo sedici anni, facevo parte dello S.K.O.J. [1]; noi
ragazzi avevamo ognuno una zona della città dove andavamo di
notte a scrivere con vernice e pennello; la mattina, invece di
andare a scuola, nascondevamo tra i libri, nelle borse, i volantini
che venivano da Gropada [2] e li portavamo in città. Poi
accompagnavamo in Carso i giovani che volevano unirsi ai partigiani:
davamo loro degli attrezzi agricoli e li portavamo attraverso Monte
Spaccato, dove lavoravano quelli della Todt [il servizio obbligatorio
istituito dai nazisti, n.d.a.] a fare fortificazioni, dicendo a
questi che i ragazzi andavano a lavorare in campagna. Passavamo
oltre, dopo un poco abbandonavamo gli arnesi ed i giovani andavano
fino a Gropada, da dove poi si sarebbero uniti ai partigiani.

Il giorno del rastrellamento e del massacro (21.3.1945, n.d.a.)
venne su a Longera la "banda Collotti" con Collotti in persona.
La gente sospetta e schedata venne prelevata e condotta al centro
del dopolavoro che si trovava in fondo al paese. C'ero anch'io con
la mia famiglia, avevo due fratelli partigiani, eravamo "sospetti".
Verso le 11 sentimmo i primi spari, mitraglie, bombe a mano. Capii
subito che si trattava del bunker: qualcuno aveva fatto la spia. Mi
disse poi proprio uno della "banda Collotti" che c'era in paese
uno spione che andava di notte ad origliare sotto le finestre dei
compaesani.

Quelli della "banda Collotti" portarono tre compagni incatenati,
tra cui anche il padre di Danilo, che aveva il figlio nel bunker.
Volevano che lo aprisse, ma lui si rifiutò e lo uccisero. Danilo mi
raccontò poi che loro, nel bunker, avevano deciso, se fossero stati
attaccati, di attaccare a loro volta e di non lasciarsi prendere
vivi dai fascisti. Durante l'attacco al bunker morirono Pavel, che
era il comandante, Stojan e Radivoj [3]. Gli altri tre si salvarono
nascondendosi dietro la nostra casa e si rifugiarono a Gropada.

Al dopolavoro chiamarono fuori la mia famiglia e ci portarono tutti
fino al bunker, dov'erano stati messi in fila i quattro morti, anche
il papà di Danilo. Volevano che dicessi i nomi dei morti, ma mi
rifiutai, allora mi fecero andare tra i corpi e mi minacciarono di
uccidermi. Credetti davvero che sarei morta, ma spararono solo una
raffica che non mi colpì e svenni. Mi riportarono poi a casa e di
nuovo al bunker e poi ancora di nuovo al dopolavoro. Lì vidi anche
i loro feriti (della P.S., n.d.a.), che vennero portati via subito.

Al pomeriggio mi chiamò Collotti in persona; io non volevo andare
perché avevo visto Slavko (uno dei costruttori del bunker) che era
stato torturato ed era ancora fuori di sé, diceva che non aveva
potuto sopportare le torture, era irriconoscibile.

Collotti mi disse che sapeva tutto di me, di quello che avevo fatto,
del cibo che portavo nel bunker, di ciò che facevo a Borst e a
Gropada. Io negai di essere la figlia di Rodolfo Cok, lui fece
per picchiarmi ma si fece male da solo... allora mi fecero ruzzolare
giù per un piano di scale. La sera poi ci portarono in via Cologna.

Fu proprio il giorno delle Palme che mi portarono nella stanza
della tortura: mi legarono ad una sedia, mi torturarono con
l'elettricità, mi bruciarono con le sigarette, mi picchiarono, mi
tirarono su con una corda legata alle spalle torcendomi le braccia...
una ragazza ebbe le braccia spezzate, un compagno morì poco dopo.
Nonostante tutto non parlai e dopo dieci giorni ci portarono al
Coroneo dove ci passarono alle S.S.; là vennero anche mia madre ed
altri di Longera.
Sentivamo di notte i camion che venivano a prendere la gente per
portarla in Risiera, ma anche al Coroneo riuscivano a girare i fogli
partigiani e questo ci dava coraggio.

Erano gli ultimi giorni di guerra e ci dissero che ci avrebbero
portato in Germania. Ci condussero a piedi fino a Roiano: lì gli
uomini vennero caricati su un camion mentre noi aspettammo tutto
il giorno che venissero altri camion per portarci via, ma non venne
nessuno, perche a nord le strade erano già bloccate. Così
ci riportarono al Coroneo e dopo ci rimandarono a casa.

A Longera la nostra casa era distrutta: una notte che pioveva e
non potevamo dormire ci eravamo messi di guardia contro i tedeschi:
ma ad un certo punto vedemmo arrivare i partigiani, da tutte le
parti venivano fuori i partigiani e questa è stata una gioia così
grande che non la posso descrivere».



[1] Savez Komunisticne Omladine Jugoslavije (Lega della Gioventù
Comunista Jugoslava).

[2] Piccolo paese carsico tra Bazovica-Basovizza e Padrice-Padriciano.

[3] I caduti del bunker, i cui nomi sono ricordati nel cippo di
Longera, sono: Andrej Pertot, Pavel Petvar, Angel Masten ed Evald
Antoncic.


(Tratto da: Claudia Cernigoi, "Operazione foibe a Trieste. Come si
crea una mistificazione storica: dalla propaganda nazifascista
attraverso la guerra fredda fino al neoirredentismo". Edizioni Kappa
Vu, Udine 1997.)

JUGOSLOVENSKOJ I SVETSKOJ JAVNOSTI

Borba koju ovde vodim tice se istine i slobode. To zna cela
planeta.

Ovaj nelegalni sud dozivljava svakodnevni fijasko. I to u svom
sopstvenom poluvremenu. U poluvremenu u kojem nastupa njihova
lazna tuzba i njihovi lazni svedoci. To traje vec drugu
godinu. Oni ne smeju ni da misle kako ce izgledati moje poluvreme,
u kojem govorim ja, u kojem govore svedoci koje ja pozovem.

Protiv mene su upotrebili sva sredstva politickog, medijskog,
psiholoskog i fizickog pritiska. NEUSPESNO.

Sada su pristupili brutalnom progonu koristeci se bezocnim
lazima. Taj progon je i fizicki i pracen je medijskom kampanjom.

A cela javnost vidi da su pocinioci zlocina, koje su pohapsili,
upravo isti oni kojima je aktuelna vlast odavala priznanje za
"doprinos" pucu od 05. oktobra, koji su, sa carapama na glavama
preskakali ogradu rezidencije, koji su me uhapsili i kidnapovali
za njihov racun.

Brutalnom progonu moje supruge i sina pristupili su iskljucivo
zbog mene. Zato sto ne mogu da me slome.
Zato sto sam svakako moralni pobednik. Zato sto je istina na
mojoj strani.

Zbog tog progona, ja vec trecu godinu nisam video sina, a od
skora ni suprugu. To im i jeste cilj, da mi onemoguce svaki kontakt.
To pravo ovde nikome nije, niti moze biti, uskraceno. Zato su i
odlucili da ga meni uskrate na ovako necastan nacin.

Trazim da prestane progon moje supruge i sina jer je iskljucivo
politicki motivisan i u funkciji onemogucavanja borbe koju vodim i
pravdanja zlocina nad Jugoslavijom i njenim gradjanima.


Hag, 23. aprila 2003.

Slobodan Milosevic

NEL 2018 I SERBI SARANNO MINORANZA ETNICA ANCHE IN SERBIA



Da li su Srbi, izmedju dva popisa stanovnistva, etnicki
ocistili gradjane drugih nacionalnosti

Srbi u Srbiji manjina 2018.

Neki narodi bi se i bez ratova i migracija smanjivali, jer su jos
1991. bili staraècke nacije s malim natalitetom. Iako je rat napunio
Srbiju izbeglicama Srbima, srpsko stanovnistvo poraslo samo jedan
odsto

Hrvati, Madjari, Bugari, Vlasi, Bosnjaci... Gotovo da nema nacionalne
manjine u Srbiji koja se nije pozalila na popis 2002. Nacionalno telo,
tvrde predstavnici tih manjina, osipa se iz ovih ili onih razloga -
ali uvek zbog Srba i Milosevicevog rezima.
Istina je da je popis pokazao da je Hrvata u Srbiji manje nego 1991.
godine 25 odsto, a Madjara i Bugara 13 odsto. Upuæeni, meðutim,
tvrde da bi do toga doslo i da nije bilo ratova i migracija, jer su i
u popisu od pre 11 godina imali staracko stanovnistvo i negativan
prirodni prirastaj.
Ipak, bez obzira na statistiku, Jozef Kasa, lider Saveza vojvodjanskih
Madjara i potpredsednik srpske Vlade, kako sam kaze, spreman je da
pred Haskim tibunalom posvedoci da je za proteklih deset godina u
Srbiji bilo etnickog ciscenja.
I predstavnici vlaske i rumunske manjine, pozivajuci se na popis
stanovnistva iz 2001, oglasili su se tvrdeci da "postoje ozbiljne
sumnje da su popisivaci, uz pomoc grafitnih olovaka i naknadnog
prepravljanja podataka, bitno uticali da broj ljudi koji su se
izjasnili kao Rumuni -Vlasi bude daleko manji od stvarnog stanja na
terenu".

Bebe i nacija

Istovremeno, srpsko stanovni¹tvo u centralnoj Srbiji u poslednjoj
deceniji se uvecalo za samo jedan odsto. U Vojvodini, koja je etnicki
heterogena, ali u kojoj su Srbi i 1991. cinili 57 odsto stanovnistva,
danas je 200.000 pripadnika vise, te sada cine 65 odsto satnovnistva.
Goran Penev, iz Centra za demografska istrazivanja, uporedjujuci
stanje izmedju dva popisa kaze da je mnogo vise onih koji su umrli kao
Srbi, nego beba koje su rodile majke srpske nacionalnosti.
- Popis je pokazao da se i ukupno stanovnistvo centralne Srbije i
Vojvodine, ukljucujuci tu i Srbe i druge etnicke i nacionalne manjine,
smanjilo za 51.000 u odnosu na 1991, a da je to posledica imigracije,
doseljavanja, odseljavanja i negativnog prirodnog prirastaja, koji
imaju svi sem Roma, Albanaca i muslimana - kaze Penev.
Bez obzira na te cinjenice, dr Sandor Pal, predsednik Demokratske
zajednice vojvodjanskih Madjara, poslanik u Skupstini Srbije (DOS),
kaze da je bilo otvorenog, grubog i manje otvorenog, finog psiholo¹kog
pritiska. Zbog toga se deo Madjara, kaze Pal, iselio.
- I to oni najbolji, u najboljim godinama, s malom decom - sa
zaljenjem kaze Pal.
I Josip Gabric, potpredsednik Demokratskog saveza Hrvata Vojvodine,
kategorican je u tvrdnji da su Hrvati iz Vojvodine proterani, i to
35.000 do 40.000, i da je upravo to glavni razlog smanjenja ove
nacionalne manjine u Srbiji. Dragomir Dragic, predsednik Foruma za
kulturu Vlaha, pak, smatra da se, kad je ova manjina u pitanju, ne
moze govoriti o etnickom ciscenju u izvornom smislu, ali da je "Vlah
prihvatljiv samo u varijanti kao Srbin".
Vlasi su se, prema Penevu, uvecali za 25.000 pripadnika manjine u
odnosu na 1991, ¹to je oko 160 odsto, a to se nikako ne mze pripisati
prirodnom prirastaju, vec takozvanom etnickom transferu.
- Karakteristika poslednjeg popisa je sto se mnogo ljudi nije
izjasnilo o svojoj nacionalnosti. Takvih je sada deset puta vise nego
1991. - tada ih je bilo samo 10.000. U toj grupi mogu biti i
prestavnici vecinskog srpskog naroda, ali i nacionalnih manjina. I to
je ono sto mi demografi ne mozemo nikako da utvrdimo na osnovu popisa
- veruje Penev.

Etnicki transfer

Onih koji su se izjasnjavali kao Jugosloveni manje je cak 74 odsto,
ili 230.000. To se moze tumaciti kao etnicki tansfer. Pored stanovnika
koji su se zvali prema drzavi koja je nestala, i Crnogorci su se, sa
118.000 sveli na 69.000. Bugarska nacionalna manjina, nastanjena
uglavnom u dve opstine - Dimitrovgrad i Bosilegrad, takoðe ima nizak
prirodni prirastaj i veliku stopu smtrnosti. Pre 11 godina, u Srbiji
je bilo oko 26 hiljada Bugara, a sada ih je oko 6.000 manje.
U samom Dimitrovgradu, na primer, danas je od oko 13.500 zitelja, 49
odsto Bugara. I predstavnici ove manjine navode visestruka rasipanja
pripadnika nacije: ekonomsko, politicko. Sama atmosfera je bila takva,
kazu oni, da je bila potrebna i svojevrsna mimikrija kako bi se
prezivelo. I da se zbog toga mnogo Bugara izjasnjavalo kao
Jugosloveni, ili se uopste nisu izjasnjavali.
Ipak, Penev tvrdi da je metodologija popisa takva da se ne moze sa
sigurnoscu utvrditi ni stvaran broj vecinskog stanovnistva, a kamoli
nacionalnih manjina.
Na osnovu cega onda prvi ljudi manjina tvrde da je u Srbiji bilo
etnickog ciscenja?
- Taj izraz znaci da se jedno podrucje ocisti od jedne nacionalnosti,
sto se ovde nije desilo. Iako nekih etnickih grupa ima manje nego u
predhodnom popisu, to ne mo¾e da znaci etnicko ciscenje. Obja¹njenja
ima vise. Recimo, kod zivorodjene dece u obrazac se upisuje
nacionalnost majke, a to ne mora da znaci da ce kasnije biti i
nacionalnost deteta. Drugo, za decu do 14 godina roditelji se
izjasnjavaju o nacionalnosti. Trece, nije retko da se umrlima menja
nacionalnost. Odnosno, dogadja se da se prilikom evidentiranja umrlog
podatak cesto razlikuje od onog koje je pokojnik dao za zivota -
objasnjava Penev.
A ako Srbi, veruju upuceni, nastave da se ovim tempom osipaju, za 15
godina ce postai manjina u sopstvenoj zemlji. I danas su od stotinu
rodjene dece u Srbiji tek 36 Srbi, a ostali su druge vere i nacije.
Dr Pal pak, objasnjava da su oni Madjari koji nisu hteli da idu u rat
bili sikanirani, bacane su im bombe na kuce, otpustani su sa posla. U
sela gde su Madjari vecinsko stanovnistvo, kaze on, naseljavane su
izbeglice.
- Tako je promenjen etnicki sastav stanovnistva, a to se kosi sa svim
medjunarodnim konvencijma. Prave se kuce o drzavnom trosku, ali u njih
se nece vratiti Madjari koji su otisli. Cak mislim da su svi prepadi,
u neku ruku bili organizovani i smisljeni, samo da bi se nasi
sunarodnici strahom naterali da odu iz zemlje - veruje dr Pal.
Gabric, kao i predstavnici bugarske manjine, problem Hrvata u
Vojvodini vide i u tome sto su, opet zbog politicke prisile, morali da
se izjasnjavaju kao Jugosloveni, a da je, prema njegovoj evidenciji,
tako prikrivenih Hrvata bilo i vise od 380.000, na celoj teritoriji
danasnje Srbije i Crne Gore. Taj strah od izjasnjavanja o nacionalnoj
pripadnosti i danas postoji, pa je mnogo onih koji uop¹te nije hteo da
se popise.
A nacionalne manjine su, kao sto je poznato, veoma disciplinovano
politièko telo. One, koje za razliku od srpskih biraca, kad dobiju
jasnu poruku od svojih politickih lidera, ispunjavaju gradjansku
duznost. To je pokazala i situacija na nedavno ponovljenim izborima za
predsednika Srbije. Tada se ispostavilo da su nacionalne manjine u
vecoj meri glasale nego Srbi.
Neki zapadni teoreticari, kao Dalijel Gros, na primer, veruju da ce na
Balkanu "preziveti samo one drzave u kojima vecinski narod bude cinio
najmanje 90 odsto stanovnistva". Ovo upozorenje kao da je poslu¹ala
samo Hrvatska, jer je uspela da ocisti manjine, pa danas ima vise od
90 odsto hrvatskog stanovnistva. Ova ZSCG, kao i ostale zemlje u
okruzenju, nastoji da prezivi kao visenacionalna i tolerantna sredina.

BRANKICA RISTIc

Glas Javnosti,
Sreda, 16. 4. 2003.


http://www.glas-javnosti.co.yu/danas/srpski/T03041501.shtml

*** Kosmet: privatizing the State-owned enterprises ***

About the privatizations and the robbery of refugees properties see
also:

Vecernje Novosti Daily: Billions given to Albanians as gift
(by Z. Aracki)
http://www.kosovo.com/erpkim16apr03.html#4

Vecernje Novine Daily: Ancestral homes not for sale
(by D. Damjanovic)
http://groups.yahoo.com/group/decani/message/74440


===


ERP KIM Newsletter 15-04-03b
http://www.kosovo.com/erpkim15apr03b.html


STOP TO ROBBERY OF SERBIAN PROPERTY
If an additional 20 billion in state-owned property is taken from it
by the Albanians, it turns out that Serbia has thrown billions down
the river. No one normal in the world would allow this and neither
will we, says Engineer Dragan Markovic, the long-term director of
"Elektro Kosmet"

Vecernje Novosti Daily, Belgrade
April 13, 2003

By Dragan Damjanovic

(photo: the power plant in Obilic)

PRISTINA - "Tenders cannot be published for about 400 socially
owned firms in Kosovo and Metohija until the expelled Serbs
and Montenegrins who used to work in them return. No one,
except the state, has the right to sell someone else's property as
their own; consequently, UNMIK, KFOR and the Kosovo Government must
stop the announced privatization of collectives in the Province." This
excerpt from a letter from the world association of syndicate workers
with over 130 million members was sent to the aforementioned Pristina
addresses. Blazo Milosavljevic, the chair of the Union of Syndicates
of Kosovo and Metohija, informed reporters in Kosovska Mitrovica of
the fact, adding that representatives of the world syndicate would
arrive in the Province next week.

UNMIK's decree on privatization legalizes the usurpation of Serbian
firms in the Province. According to Goran Bogdanovic, minister in the
Kosovo Government and member of the board of directors of the trust
agency, so far 16 firms have been commercialized, including "Progres"
in Prizren, "Sar" in Djeneral Jankovic, "Pivara" in Pec... where
approximately 5,000 are employed, and not one Serb or Montenegrin.

SERBIA "THREW AWAY" BILLIONS

In addition to the previously mentioned 400 socially owned firms and
75 corporations, Serbia contributed 60 percent of the total investment
in the Fund for Underdeveloped [Regions] and Kosmet [Kosovo and
Metohija]. Four years ago, these firms were turned over to UNMIK for
administration, says Engineer Dragan Markovic, the long-term director
of "Elektro Kosmet". At the same time, the state suffered damage
because of the Albanians during the bombing of almost 30 billion
dollars. If an additional 20 billion in state-owned property is taken
from it by the Albanians, it turns out that Serbia has thrown billions
down the river. No one normal in the world would allow this and
neither will we.

An increasing number of Kosmet businessmen, Serbs and Montenegrins, as
well as Bosniacs, Turks and Goranis, is convinced that the announced
privatization is the product of "Steiner's haste" due to promises
given to the Albanians, as well as deferment of accumulated problems.
This would serve to fulfill at least part of what was promised to the
Albanians, while the Serbs and Montenegrins, instead of talks on
returns, need to be further subjected to this suffering, too.

"If Mr. Steiner's message is that it is too early to decide on the
final status of Kosovo, while at the same time transferring some of
his authorities to provincial provisional institutions, then it is not
too early to begin defining what belongs to whom in this province,"
says Arif Sulja, a Gorani businessman from Prizren. Sulja, like other
businessmen, believes that it would come as no surprise if other
former republics of the Socialist Federal Republic of Yugoslavia as
for "their piece of the pie" upon launching tenders in the province.
Macedonia alone, for example, invested millions of German marks in the
construction of a TE Kosovo block for the use of the Skopje steel
plant.

YUGOSLAVIA ALSO INVESTED

(photo: Trepca smelting plant in Zvecan, near Kosovska Mitrovica)

Firms in the province were built by the former Yugoslavia;
consequently, it is impossible to calculate at this time how much of
the Yugoslav budget went into the Pristina till. Data indicates that
Serbia earmarked a fifth of its foreign debt for a budget from which
money was withdrawn for the construction of Kosmet firms.

"A lot was invested here. Instead of working in those firms, today
Albanians are working in commerce: smuggling drugs, weapons, white
slaves, various goods... Unemployment is close to 70 percent. The
giant "Trepca", which once employed 12,000 people, has stopped all
operations since it was taken over by KFOR on August 14, 2000. The
same thing happened with "Feronikal" and other big firms," stresses
Engineer Radomir Kilibarda, a respected businessman.

Stopping work at "Trepca" included stopping work at all 13 of its
mines, the lead and zinc smelting plant and the battery factory in
Kosovska Mitrovica.

"There are some indications that the English, who held Trepca prior to
World War II, are interested in continuing its operations," emphasizes
Engineer Branislav Kokeric, one of the former directors. He adds that
there are also rumors that it has also attracted the attention of some
businessman from Germany, so it's not hard to determine why the head
of the UNMIK administration is hurrying into privatization.

Even though something huge is brewing in Kosmet, say the Serb and
Montenegrin businessmen, it is nevertheless important that the
representatives of the world syndicate have understood that
state-owned property cannot belong to everyone, especially not those
who worked on destroying the state and today seek in that state, on
its territory and with its money to create their own state and fill
their own pockets.

NO JOBS

"Approximately 50,000 Serbs and Montenegrins formerly employed in
Kosmet lack basic means of sustenance today. These are primarily heads
of households where few people in the family are working," says Blazo
Milosavljevic, the chair of the Union of Syndicates of Kosmet. He adds
that some of the workers, thanks to the Serbian Government's
assistance, are receiving part of their wages as if they were working,
while many are considered to be temporarily laid off (na sistemu
cekanja).

PLAN

According to Goran Bogdanovic, in its plan UNMIK foresees the
privatization of all 400 state-owned firms in the province which once
employed 130,000 people. According to UNMIK, this change is to occur
through transformation, redistribution of the means of production and
reorganization.

Translation by S.L.


===


+++SERBEN ZUM VERKAUF IHRER HÄUSER GEZWUNGEN
BELGRAD. In der serbischen Provinz Kosovo und Metochien wurden seit
der Besatzung durch die NATO mehr als 15 000 Immobilien serbischer
Vertriebener an die ethnischen Albaner verkauft. Die UN-Mission in der
serbischen Provinz bezeichnet diese Verkäufe als "freiwillig". Das
Leben und Eigentum serbischer Vertriebener wird weder von der
UN-Polizei noch von den NATO-Soldaten geschützt und so sind die
vertriebenen Serben gezwungen ihren Eigentum an die ethnischen Albaner
zu verkaufen.
Trotz dieser Verkäufe besitzen die Serben immer noch 62% an Grund und
Boden in Kosovo und Metochien. STIMME KOSOVOS+++
Balkan-Telegramm 5/3/2003 - www.amselfeld.com


===


http://news.bbc.co.uk/1/hi/business/2836447.stm

BBC Business News
March 10, 2003

UN plans Kosovo asset sell-off
By Stefan Armbruster
BBC News Online business reporter


Of about 350 socially-owned enterprises (SOEs) - a
type of social ownership unique to the Communist-era
Yugoslavia - 50 will be sold and another 300 shut
down, Ms Hackaj said.


Kosovo's UN-run administration is preparing the first
privatisation of the protectorate's assets, but admits
that it does not know their worth.
The sales, which have been opposed by Serbia and local
trade unions, are described by the UN Interim
Administration Mission in Kosovo (UNMIK) as vital for
restarting the economy.

"We need to move the economy on, and the sales are
covered by (UN) resolution number 1244," UNMIK
spokeswoman Sarah Hackaj told BBC News Online.

Of about 350 socially-owned enterprises (SOEs) - a
type of social ownership unique to the Communist-era
Yugoslavia - 50 will be sold and another 300 shut
down, Ms Hackaj said.

She said the UN had no valuations for the assets,
which would be "left up to the market".

Kosovo is one of the poorest regions of Europe, the
majority of the working population is unemployed and
foreign donor support has dwindled in recent years.

Belgrade's opposition

Western analysts say the privatisation is vital for
attracting investment to reinvigorate the economy
after years of neglect by the former Yugoslav
government.

In June last year, Serbia asked the UN Security
Council to suspend the privatisation programme in
Kosovo because of lack of consultation with Belgrade.

Legally, Kosovo remains a part of Serbia.

Belgrade has said it does not oppose privatisations
but wants Serbian interests to be protected.

The Serbian Government is particularly concerned about
$1.4bn in international debts it has guaranteed but
are owed by Kosovo's businesses.

A special chamber of the Kosovo Supreme Court will
deal with any outstanding claims and ownership
disputes.

"They (Serbia) would have to go through the special
chamber," Ms Hackaj said.

Land rights

The sale of six companies, which were to have been
advertised this week, have been delayed because the UN
in New York has not passed special "land use"
regulations covering disputed or unclear titles.

"The regulation will allow people to use land, but if
there is no clear law which allow us to sell to
private businesses, then the whole process is
pointless," Ms Hackaj said.

"Once the regulation has been approved, it will be
full-steam ahead with the advertisements."

The six businesses are described as medium-size
businesses, with about 100 employees, in sectors
ranging from brickworks to refrigeration.

Kosovo became a UN protectorate in June 1999 after an
11 week bombing campaign by Nato led to a Serbian
withdrawal.

While the province remains part of the union of Serbia
and Montenegro, its majority-Albanian population is
seeking independence.

More companies are expected to be offered for sale
later this year.

Rapporto UNEP sull'U238 in Bosnia (italiano / english / deutsch)


Dopo piu' di sette anni dai fatti l'agenzia ONU per l'ambiente UNEP ha
confermato la persistenza di contaminazione da uranio "impoverito"
(U238 o DU) in Bosnia-Erzegovina.
Ricordiamo che la presenza di U238 sul terreno e' dovuta ai
bombardamenti sulla Repubblica Serba di Bosnia, effettuati da aerei
NATO partiti da basi in territorio italiano allo scopo di imporre
condizioni favorevoli alla parte croato-musulmana nei futuri accordi
di pace di Dayton.

Per inciso, quanto avvenuto in Bosnia e poi in Serbia-Montenegro
rispetto alle armi all'U238 e' poca cosa se paragonato ai micidiali
bombardamenti che gli occidentali hanno effettuato in Iraq, gia' nel
1991 e poi di nuovo massicciamente nei giorni scorsi. Il nostro
pensiero va dunque innanzitutto alla popolazione dell'Iraq vittima
degli stessi interessi e delle stesse pratiche criminali usate dai
paesi della NATO.

CNJ


=== RAPPORTO UNEP REPORT ===


Depleted Uranium Post-Conflict Environmental Assessment

http://www.unep.org/Documents/
Default.asp?DocumentID=309&ArticleID=3952

DU contamination found in Bosnia and Herzegovina

http://www.unep.org/Documents/
Default.asp?DocumentID=298&ArticleID=3926

UNEP final report on DU in Bosnia and Herzeg. (23/3/03)

http://postconflict.unep.ch/publications/BiH_DU_report.pdf


FYI:
SARAJEVO, Bosnia-Herzegovina, March 25, 2003 (ENS) - For the first
time, a United Nations research team has confirmed that depleted
uranium from weapons used in Bosnia and Herzegovina in 1994 and 1995
has contaminated local supplies of drinking water, and can still be
found in dust particles suspended in the air. Depleted uranium is
used in armour penetrating military ordinance because of its high
density, and also in the manufacture of defensive armor plate.
Check
http://www.mapcruzin.com/news/war032503a.htm
for full articleand links to UNEP report.


===


PRC: VENDOLA, DOVE SONO CADUTE BOMBE URANIO IN BOSNIA?

(ANSA) - ROMA, 11 FEB - Ad oggi non sono stati ancora
resi noti i punti di caduta anche se questi dati risultano
dai rapporti di volo dei piloti che hanno effettuato i raids
partendo soprattutto dalla base di Aviano. E' il quesito
che Nichi Vendola (Prc) rivolge in una lettera al
ministro Martino dopo una risposta, ritenuta insoddisfacente,
data ad una sua interrogazione parlamentare. Vendola parla
delle bombe all'uranio impoverito usate in Bosnia e ai relativi
rischi di contaminazione e di malattie per i nostri soldati di
cui si e' interessata anche la commissione Mandelli con
una serie di relazioni.
''E' ovviamente del massimo interesse conoscere a quali
distanze si sono trovati i nostri reparti dai punti di esplosione.
Ritengo davvero importante che al Parlamento sia reso noto
l'elenco di coloro che sono stati presenti in Bosnia unitamente
alle mappe delle localita' interessate all'esposizione al
rischio di contaminazione'' , scrive Vendola.
''Il personale che si reca in transito a Tirana, a
Skopjie, a Valona o in altri luoghi dei Balcani, con
soste magari di un solo giorno o qualche ora, non puo'
essere certamente considerato come esposto a radiazioni
da uranio impoverito e quindi non interessa ovviamente i
calcoli della Relazione Mandelli ed e' percio' estraneo a quanto
da me richiesto nella interrogazione presentata''.
''Ritengo quindi vi sia stata una serie di malintesi e
torno a richiederLe il numero dei militari presenti nelle zone
di esposizione e le localita' che sono state interessate, sempre
con riferimento al personale che non ha adottato misure di
protezione.'' (ANSA). CP 11/02/2003 15:21
http://www.ansa.it/balcani/bosnia/20030211152132470742.html


===


GALILEO - GIORNALE DI SCIENZA E PROBLEMI GLOBALI
http://www.galileonet.it


URANIO IMPOVERITO

Bosnia Erzegovina, sei anni dopo


In Bosnia Herzegovina deve essere mantenuto alto il livello di guardia
per le acque sotterranee e potabili e per il suolo contaminati
dall'uranio impoverito dei bombardamenti del 1994 e del 1995. Lo
afferma un nuovo rapporto dell'Unep, l'agenzia Onu per l'ambiente,
che riporta i risultati di campionature effettuate nell'ottobre 2002.
Il documento dipinge una situazione analoga a quella rilevata da
precedenti studi realizzati dall'agenzia in Kosovo (2001), in Serbia e
in Montenegro (2002). ma fornisce anche nuovi elementi per la
valutazione del rischio ambientale deivato dall'impiego bellico di
uranio impoverito. In primo luogo, che la contaminazione del suolo nei
15 siti presi in considerazione si ferma a 1-2 metri di profondità.
Secondo, che i proiettili rimasti sotto terra si sono corrosi
rapidamente, perdendo in sei anni circa il 25 per cento della loro
massa. E ciò significa che nel giro di 25-30 anni si saranno
completamente dissolti andando a contaminare ulteriormente le falde
acquifere. Infine, in due casi è stata rilevata anche una
contaminazione atmosferica, in particolare all'interno di alcuni
edifici all'epoca colpiti dai bombardamenti e oggi ancora utilizzati.
L'inquinamento sarebbe dovuto al sollevamento da parte del vento o di
interventi umani di particelle di uranio rilasciate nelle esplosioni.
Nonostante non abbia potuto stabilire una correlazione diretta tra
l'esposizione all'uranio impoverito e la comparsa di specifiche forme
tumorali sulla popolazione, gli esperti raccomandano la bonifica dei
siti contaminati. Per esempio, con la raccolta dei resti delle
munizioni e la copertura dei suoli contaminati con asfalto o
terra pulita. (s.ca.)

(mercoledì 26 marzo)


===


+++NATO HAT REPUBLIK SRPSKA UND KOSOVO RADIOAKTIV VERSEUCHT

NAIROBI. Ein aktueller Bericht des UN-Umweltprogramms UNEP bestätigt
erstmals, dass abgereichertes Uran durch im Krieg der NATO gegen die
Serben verwendete Waffen die lokale Trinkwasserversorgung
kontaminierte. Die Kontamination sei sehr gering und stellte kein
unmittelbares Risiko für Mensch und Umwelt dar. Die Ergebnisse in
Republik Srpska stimmen mit Studien der UNEP in der serbischen Provinz
Kosovo und Metochien 2001 bzw. Serbien und Montenegro im Jahr 2002
überein. Im Oktober 2002 wählte die UNEP 15 Regionen in Republik
Srpska für Untersuchungen aus. In fünf dieser Gebiete kam laut
Informationen der NATO abgereichertes Uran (DU; depleted uranium)
zum Einsatz. Mit hochempfindlichen Instrumenten wurden von einem
17-köpfigen Expertenteam Messungen der Oberflächen-Radioaktivität
vorgenommen. Die Kontaminationsstellen fanden sich alle in der
Ortschaft Hadzici. Die serbischen Behörden hatten schon im Herbst 1995
von erheblich erhöhter radioaktiver Strahlung in Hadzici und Umgebung
berichtet. Eine mehr als ausreichende Anzahl von wissenschaftlichen
Ergebnissen belegt, dass radioaktive DU-Aerosole sich vom "Punkt der
Freisetzung" aus über eine große Fläche ausbreiten. Dies bedeutet,
dass große Teile der serbischen Provinz Kosovo und Metochien verseucht
sind. http://www.unep.org+++


===


http://www.ptd.net/webnews/wed/ax/
Qbosnia-environment-nato.RTx__DMP.html

[From UNEP, so downplays dangers]

Traces of war-related uranium found in Bosnia: UN

-It is highly likely that majority of DU ammunition
hit the ground and remained hidden under the surface,
where it "may constitute a risk of future groundwater
and drinking water contamination," the report said,
suggesting annual testing of underground water.
According to NATO, each of the two areas -- Hadzici
and Han Pijesak -- was hit by 200 depleted uranium
shells.
During air strikes against Bosnian Serbs in 1994 and
1995 Bosnia was hit by a total of three tonnes of
depleted uranium NATO shells.


Traces of war-related uranium found in Bosnia: UN

SARAJEVO, March 25 (AFP) - Traces of depleted uranium
have been found in three sites hit in Bosnia by the
NATO air strikes of the 1990's, a report from the UN
Environment Programme (UNEP) said Tuesday, urging
local authorities in the Balkan country to undertake
decontamination measures.

The presence of depleted uranium (DU), used in
armour-piercing western munitions, was confirmed in a
former tank repair factory and an ammunition storage
facility in the Sarajevo suburb of Hadzici and in an
artillery storage in Han Pijesak in eastern Bosnia,
the report said.

"None of the sites showed signs of widespread
contamination of the ground surface," it said.

The report presents findings of DU testing conducted
by a 17-member UNEP team last October at 15 sites
across the country. The team took and tested some 130
samples of soil, water, air and other substances from
the sites.

"The only risk of any potential significance would be
though touching contamination point, thereby
contaminating the body," the report said.

There are "tens" of DU ammunition fragments found on
the ground at the three sites, Pekka Haavisto, the
UNEP team leader, said.

The report recommended decontamination of the sites by
local authorities.

It stressed that NATO coordinates of six other
DU-attack sites in vicinity of Sarajevo were "still
missing" and "should be disclosed to the
Bosnia-Hercegovina authorities without delay."

It is highly likely that majority of DU ammunition hit
the ground and remained hidden under the surface,
where it "may constitute a risk of future groundwater
and drinking water contamination," the report said,
suggesting annual testing of underground water.

According to NATO, each of the two areas -- Hadzici
and Han Pijesak -- was hit by 200 depleted uranium
shells.

During air strikes against Bosnian Serbs in 1994 and
1995 Bosnia was hit by a total of three tonnes of
depleted uranium NATO shells.

In early 2001 many NATO and non-NATO countries raised
concern over a possible link between the use of
depleted uranium munitions in the Balkans and
increased cancer rates among soldiers who had taken
part in peacekeeping operations in Bosnia and the
Serbian province of Kosovo.

A NATO committee has said that scientific and medical
research has so far not shown any link between
depleted uranium and reported health problems.

However, UNEP has warned that slightly radioactive and
toxic DU may have a long-term negative effect if
carried close to the body or if DU dust has been
inhaled, which may cause kidney problems.


===


Subject: [yugoslaviainfo] [DU-WATCH] Balkans - Depleted uranium
pollution continues -- study
Date: Wed, 26 Mar 2003 23:47:26 -0600 (CST)
From: Predrag Tosic
To: yugoslaviainfo <Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.>


[From Greenwire, via du-watch forum. ]


Wednesday, March 26, 2003

BALKANS

Depleted uranium pollution continues -- study
Depleted uranium (DU) ammunition, which coalition
forces have used in Iraq, continues to pollute the air
and water in Bosnia-Herzegovina, according to a United
Nations Environment Programme report released this
month.

Nato forces used DU, a metal that is 1.7 times as
dense as lead and can punch through armour and tanks,
in the Balkans in the mid-1990s. The UNEP report
discovered DU groundwater pollution for the first
time, as well as air contamination and low levels of
ground contamination where fragments of DU have
penetrated. Levels of pollution warrant caution and
the continued monitoring of ground and drinking water,
but "these findings must not be seen as a cause for
alarm," said Klaus Toepfer, executive director of
UNEP.

DU rods have been blamed for illnesses in Gulf War
veterans and health problems in the Balkans. Iraqi
doctors have attributed an increased rate of cancer in
the country to DU bombs dropped during the 1991
Persian Gulf War. Iraqi cancer specialist Jawad al-Ali
said the cancer rate in the heavily targeted city of
Basra, Iraq, rose from 11 cases per 100,000 people in
the city in 1988 to 116 per 100,000 in 2001. The
United States and other western countries have
repeatedly denied that DU shells cause any health or
environmental hazards (Greenwire, Jan. 27).

The UNEP report said, "The existing scientific data
... indicate that it is highly unlikely that DU could
be associated with any of the reported health
problems." But Pekko Haavisto, chair of UNEP's DU
projects, said there is not much comprehensive cancer
data. She said finding DU in groundwater made her "a
bit concerned." Haavisto: "If DU is used in Iraq I
think the consequences will be similar. It's something
that should be followed very closely" (Alex Kirby, BBC
online, March 25).

Click here to download a copy of the UNEP report. --
AAF

NATIONAL GEOGRAPHIC: DA RIVISTA SCIENTIFICA
A VELINA PROPAGANDISTICA DEL COLONIALISMO U.S.A.

La National Geographic Society e' stata fondata a Washington D.C. come
associazione scientifica e pedagogica "senza fini di lucro". Dal 1888
la Society ha sostenuto "7000 esplorazioni e progetti di ricerca" per
contribuire alla "conoscenza" della terra, dei mari e del cielo. Ma la
concezione del mondo diffusa dalla rivista della Society lascia spesso
adito a giustificate critiche, soprattutto quando popoli e paesi sono
presentati attraverso la lente della piu' tradizionale e bieca
ideologia colonialista occidentale.
Gia' nel 1999 avevamo notato e fatto notare articoli sul
Kosovo-Metohija di infimo livello scientifico, atti a presentare una
"realta' antropologica" di maniera, tutta funzionale alla propaganda
della guerra della NATO (e nessun cenno sul patrimonio
artistico-culturale cristiano-ortodosso!). Non passano poi inosservati
i toni insistenti e compiaciuti su realta' come quella tibetana, che
gli strateghi del Pentagono cercano di usare come piede di porco per
iniziare la demolizione della scomoda potenza cinese.
Oggi, attraverso il suo forum online
(http://magma.nationalgeographic.com/ngm/0304/feature3/index.html) la
rivista riapre all'attenzione mondiale la secessione corsa, in diretta
risposta alla non adesione della Francia all'aggressione bellica
contro l'Iraq, volta all'appropriazione delle riserve petrolifere del
paese.
Si sta dunque riaprendo, dopo il Kosovo, un nuovo fronte per la
destabilizzazione dell'Europa, con il sostegno USA, sempre facendo
leva sul differenzialismo etnico... E per una impresa del genere il
servizio che puo' essere reso da antropologi e scienziati compiacenti,
come sempre, e' prezioso. D'altronde, la Francia ha ben poco di cui
lamentarsi, visto che ha anch'essa appoggiato con zelo lo squartamento
della RFS di Jugoslavia con il sostegno dato ai settori neofascisti e
micronazionalisti in tutti i Balcani. Chi di spada ferisce...
(I. Slavo. Da una segnalazione di M. Cristaldi su "La Voce del
GAMADI", maggio 2003)

http://www.antiwar.com/malic/m-col.html

ANTIWAR, Thursday, April 17, 2003

Balkan Express
by Nebojsa Malic
Antiwar.com

Empire's 'Liberation'

The Opposite of Liberty

Last week's "liberation" of Iraq bore
a striking resemblance to the
"liberation" of Kosovo four years ago,
or the continuing "freedom" Bosnia
enjoys, replete with the Imperial
occupation troops, a viceroy, general
devastation and cultural destruction.
Empire's quest for a global Balkans
grows more apparent by the day. The
polls may indicate that most Americans
are happy with the Brave New World
thrust upon them, but the wise are
already wondering if what has emerged
could be better called Communist,
Fascist or something else altogether.
In any case, not the Republic
envisioned by its Founders.
Nor are its occupied territories and
vassal domains in the Balkans anything
like the public has been led to
believe. Bosnia has been writhing in torment
for over a decade, in a Hell partly of
its own making, but now run by an
Imperial viceroy. Kosovo is a land of
darkness and despair, mired in terror
and lies. Serbia has fallen under a
reign of terror cleverly disguised as a
"war on crime." But at least they all
have democracy seeping out of every
wound, and isn't it grand?
Illusions of truth, perversions of
justice, and a demonic sort of
"democracy" are today's Balkans
reality, and the coming reality of
"liberated" Iraq.

Truth?

The "liberated" Kosovo is an example
of many things: naked aggression posing
as humanitarianism; ethnic cleansing
and cultural persecution posing as
multi-cultural tolerance; an
occupation posing as freedom. It is also a
symbol of the way the Empire decides
what is reality: whatever it says it
is. One could talk about the way NATO
fabricated pretexts and justifications
for its invasion, or how it twisted
the armistice to mean unconditional
surrender, or how it "interprets" the
fig-leaf UN mandate to do whatever it
wants.
Or one could just read the recent news
reports about a string of terrorist
attacks by an "Albanian National Army"
(AKSh), whose very existence NATO and
its flunkies hotly deny. So a northern
Kosovo railroad track blew itself up
this weekend, and the two terrorists
who died in the explosion did not
really exist. The non-existent
organization certainly doesn't have a
web site. The simultaneous bombing of two
police stations in Pristina last
month? Never happened. And the
February bombing of a court house in
Struga, Macedonia? Figment of someone's
imagination.
This deliberate denial of the obvious
is staggering. A major witness against
KLA officers charged with murder,
torture and abductions is gunned down in a
family car, yet the UN police say they
"do not know" who did it, "nor the
motive." The pinnacle of outrage
surely must be the insinuation by Empire's
propaganda vehicle, Radio Free
Europe/Radio Liberty, which blamed Serbs
for many deaths of Albanian civilians and
KLA officers in the first year of
Kosovo's occupation. But for all the
Empire has done, and is doing, in
Kosovo, that should not come as a
surprise.
To the Indispensable Nation, truth is
a matter of convenience.

Justice?

News came from Bosnia last Friday that
Naser Oric, former commander of
Muslim forces in Srebrenica, was
seized and shipped off to the Hague
Inquisition, on charges of war crimes.
Oric was the notorious warlord who
abused Srebrenica's status as a UN "safe
haven" to launch raids on nearby Serb
villages, and is directly responsible
for hundreds of murders. He even
videotaped some, and those videos are
evidence beyond reasonable doubt that
the man ordered and committed
atrocities. All of which makes his
indictment by the Inquisition even more
insidious.
"Serbs begin believing in justice and
The Hague" read a headline in
Sarajevo's daily Oslobodjenje on
Monday, the paper unwittingly revealing
the real reason behind Oric's arrest. The
illegal and illegitimate Hague
"tribunal" is desperate to create a
perception among all Balkans peoples,
but mainly the Serbs that it is really
a legal, legitimate institution,
meritorious to decide whether war
crimes happened and who was responsible
for them. Occasional arrests and
convictions of non-Serbs are supposed
to serve this important credibility
effort. Meanwhile, the Inquisition's
actual goal to fabricate charges of a
"joint criminal enterprise" of Serbian
leadership to foment and conduct the
Balkan wars and commit atrocities
therein can proceed unchallenged.
People like Oric, or the Celebici
torturers, or Stela and Tuta, are but
sacrifices. Whether they committed
atrocities or not is irrelevant to
the Big Picture, which demands their
conviction for the sake of "bagging"
the Serbs. In fact, the Inquisition is
really not interested in establishing
whether its Serb detainees actually
committed the atrocities they stand
accused of. Their very indictment is
proof enough, and the conviction merely
a preordained matter of procedure.
There has been word of possible US
military tribunals trying Iraqi officers
and officials for "crimes" committed
under the rule of Saddam Hussein,
as a "sovereign right" of the conqueror.
Between The Hague Inquisition and
this, it is obvious that any pretense of
justice has been perverted and corrupted
to serve the interests of power.

Democracy Incarnate

Purges initiated by the Serbian
government after the assassination of
Prime Minister Djindjic last month continue
unabated, targeting the regime's
political rivals even as the new Prime
Minister denied such a thing was
happening.
Following the lead of His Most
Democratic Majesty, Zivkovic offered
no argument beyond his assertions.
"Because I say so" seems to be the popular
argument these days. Unsurprisingly,
the supine media took his word for
it, and ran headlines proclaiming "No
repression in Serbia" or some such.
Ah, freedom at work! At the same time,
Zivkovic indicated that "it may happen"
that top opposition politicians would
be found guilty of crime connections.
Well, how convenient.
The Serbian parliament - a mockery of
that institution if there ever was one
- recently passed new laws allowing
the police to detain people up to 60
days without charges, legal counsel or
visitation, all in the name of
"fighting crime," of course. A
comparison with the intent, if not extent, of
the USA Patriot Act would be tempting,
except that the term "patriot" has
been banned in Serbian public
discourse, and will likely be replaced
by "democrat." Furthermore, there is
nothing patriotic about the amendments
to the extradition law, passed purely to
appease the Empire.
But none of it matters, because the
people overwhelmingly support the
government - or so the government
says. DOS' approval rates match those of
His Imperial Majesty so much that they
might have been cribbed from American
pollsters. But any media examination
of these claims is, of course, banned
under the State of Emergency Act.

Culture Cleansing

Another disturbing trend in Serbian
purges is the emerging Kulturkampf
component. The arrest of folk singer
Ceca Raznatovic for weapons possession
and alleged links to the Djindjic
assassination prompted a condemnation
of the "symbiosis" between Serbian
popular culture, crime, and the
[former/evil - as opposed to current/good]
Government.
Proponents of "cultural cleansing" who
fashion themselves Serbia's "civil
society" don't have a problem with
government manipulating the popular
culture, as long as it is the culture
they approve of. Their sentiments
go beyond the dislike of some
contemporary trends of truly questionable
quality, but actually represent a
fiery hatred of all Serbian folk culture
as lowly, unworthy, primitive and
"retrograde."
The next step is, logically, the
elimination of Serbian folk culture in
favor of a more "progressive" set of
values, imposed by the all-benevolent
State for everyone's benefit, under
the pretext of "de-Nazification" and
"lustration." After surviving almost
60 years of social engineering, the
Serbian society would be finished off
by the modern managerial State and
its faithful flunkies.

The Real Liberation

One libertarian columnist recently
remarked that the young countries can
prosper only in the climate of
"culture-driven self-government, absent
outside military interference and
manipulation from great powers and
entangling alliances. It's kind of
like what the founding fathers envisioned
for this country. A variation of
national socialism, administered by
outsiders or their handpicked minions,
will stifle and annoy any country,
but especially one that has been
promised 'liberation'."

Empire's "liberation" is the actual
polar opposite of liberty.

Based on just the examples cited
above, the truth of this proposition
has already been decisively demonstrated
in the Balkans. It will be demonstrated
again in Iraq. The Empire has denied
it, and will continue to deny it,
because this truth is inconvenient,
but it is truth nonetheless. So long
as we refuse to accept it, we will
continue to be in thrall to Empire's
lies - as well as our own.

"PRESSTITUTE"

Con riferimento al lavoro svolto da tanti reporter di guerra - molto
piu' simile a quello delle meretrici che a quello dei professionisti
dell'informazione - e' stato coniato il termine "presstitution", che
lega insieme concettualmente la "press" e la "prostituzione"
(si veda: http://wnd.com/news/article.asp?ARTICLE_ID=32079 )