Informazione
Hans-Rüdiger Minow: Subjektiv ist es Zufall. In die Pariser Konzepte für einen "Plan B" war ich nicht einbezogen. Objektiv ist es sicher kein Zufall, da das Brüsseler Diktat gegen Griechenland vom Juli 2015 entweder ohnmächtig macht oder nach einem völlig anderen Europa-Konzept verlangt als nach dem der EU.
gfp.com: Sie behandeln die in der Bundesrepublik gängigen EU-Projektionen am Beispiel zweier prominenter Antagonisten: Wolfgang Schäuble und Jürgen Habermas. Warum?
Minow: Wolfgang Schäuble wird als Vertreter einer besonders rigiden EU-Fraktion angesehen und gibt den Europa-Takt von CDU/CSU vor. Jürgen Habermas versteht sich als Exponent eines "besseren" Deutschland in einer demokratisierten EU. Er wirbt für Positionen der SPD, von Bündnis 90/Die Grünen und anderen Teilen der parlamentarischen Opposition im Bundestag. Ich stelle die Europa-Konzepte von Schäuble und Habermas nebeneinander, um nach Unterschieden und Gemeinsamkeiten zu suchen.
gfp.com: Wie gravierend sind die Unterschiede?
Minow: Gravierend sind vor allem die Gemeinsamkeiten. Beide Protagonisten und Parteienlager fordern ein stark integriertes "Kerneuropa". Kern dieses Kerns ist Deutschland mit Frankreich als Flankenschutz. Habermas nennt das die EU-"Avantgarde", Schäuble will um diesen Kern eine Art Heiliges Römischen Reiches deutscher Nation bauen. Beide Konstrukte laufen machtpolitisch auf dasselbe hinaus. Der frühere Präsident der EU-Kommission Barroso hat dafür einen treffenden Namen vorgeschlagen: Imperium.
gfp.com: Und die Unterschiede?
Minow: Im Unterschied zu Schäuble, der autoritäre Methoden bevorzugt, propagiert Habermas einen demokratischen Zugang, um "Kerneuropa" zu etablieren. Sein kompliziertes Urnen-Modell setzt auf Wahlen zu Verfassungsorganen auf verschiedenen Ebenen. Wenn wir uns alle redlich bemühen, für eine sanfte, postnationale EU einzutreten, wird Europa bald ein pazifizierter Kontinent sein, von dem entscheidende Impulse für den globalen Frieden ausgehen, heißt es bei Habermas. Er sieht bereits Umrisse einer „Weltbürgerschaft“, während die wirkliche Welt in sich steigernden Kriegen um die letzten Ressourcen versinkt. Die ungesicherten Versprechen von Habermas überwölben die brutalen Tatsachen, die Schäuble schafft.
gfp.com: Das ist doch himmelweit von den Europa-Visionen der Pariser Konferenzteilnehmer entfernt.
Minow: Durchaus, sofern es um die diktatorialen, marktradikalen Positionen von Herrn Schäuble geht. Durchaus nicht, wenn man die Pariser Konferenzinhalte und die Inhalte bei Herrn Habermas vergleicht.
gfp.com: Inwiefern?
Minow: Die Initiatoren des "Plan B" wollen einen Bundesstaat namens EU gründen mit einer Avantgarde, in der Deutschland führend vertreten ist. Das stimmt mit den Absichten der Habermas-SPD weitgehend überein. Auch Schäuble kann sich eine Mehrstufigkeit des nationalen Marktzugangs in einem großen, durchrationalisierten Europa vorstellen. Grundsätzlich verschieden ist, dass sich die Initiatoren des "Plan B" dabei ausdrücklich auf sozialistische Fundamente berufen, die von europäischen Föderalisten in der Kriegs- und Nachkriegszeit entworfen worden sein sollen. Sogar von einer Anknüpfung an die Résistance ist die Rede. Bei allem Respekt ist das eine wirklich grobe und nicht hinnehmbare Irreführung.
gfp.com: In Paris war jetzt von einer Anknüpfung an die Union Europäischer Föderalisten (UEF) die Rede.
Minow: Dass ausgerechnet diese Organisation namentlich erwähnt und in einen Zusammenhang mit Widerstand und Sozialismus gebracht wird, hat mich empört. Die UEF ist von staatlichen Stellen gegründet und verdeckt finanziert worden, um soziale, entschieden marktkritische Alternativen im Nachkriegseuropa zu ersticken. Zur UEF gehört ein ganzes Bündel weiterer Sumpfblüten im damaligen Systemkampf um "Europa". Es wimmelte darin von Nazis.
gfp.com: Namen?
Minow: Europa-Union Deutschland, Deutscher Rat der Europäischen Bewegung usw. usf. Sie alle wurden vom Auswärtigen Amt, teilweise vom Bundeskanzleramt ausgehalten, als sich die transatlantischen Förderer bereits Anfang der 1950er Jahre schrittweise zurückzogen. Die Interessenverbände der westdeutschen Wirtschaft übernahmen diese Propagandaorganisationen für ein föderales Europa im Zuge ihrer grenzüberschreitenden Marktbereinigung des Kontinents. Diese Organisationen existieren teilweise bis heute und werben bis heute für einen "Bundesstaat EU", übrigens auch im Europäischen Parlament.
gfp.com: Trotzdem zielt der "Plan B" doch auf eine wirkliche Alternative.
Minow: Man möchte das hoffen. Aber auch der Austritt aus dem Euro ist keine Perspektive, wenn die sozialpolitischen und geostrategischen Fundamente dieselben bleiben. Überstaatliche Verschmelzungen in einem föderalen "Bundesstaat EU" bringen weder Frieden noch soziale Gerechtigkeit, solange das Grundübel, die Gesamtrationalisierung des Kontinents, unangetastet bleibt.
Zwei Wege - Eine Katastrophe. 164 Seiten. gfp.com-Flugschrift No.1. Redaktionsschluss: Januar 2016. Erscheint am 27. Januar 2016 als e-book (10,- Euro). Für gfp.com-Förderabonnenten ist die Flugschrift im pdf-Format kostenlos: info@ german-foreign-policy.com. Vorzugsausgabe im Printformat 18,90 Euro.
Venticinque anni fa, nelle prime ore del 17 gennaio 1991, iniziava l’operazione «Tempesta del deserto», la “guerra del golfo”. Si apriva così una fase storica. Oltre 5000 persone hanno manifestato a Roma e circa 2000 a Milano. Le piattaforme No Guerra No Nato e Eurostop sono state le promotrici della giornata di mobilitazione e anche a fronte di importanti differenze hanno promosso i cortei e la giornata di lotta...
Sabato 16 gennaio 2015 manifestazione nazionale contro la guerra, a 25 anni di distanza dalla prima guerra in Iraq...
VIDEO: http://www.pandoratv.it/?p=5809 oppure https://www.youtube.com/watch?v=6h_QtOsD8CM
Roma, 16 gennaion 2016. Mobilitazione nazionale contro la guerra e gli armamenti in occasione dei 25 anni dall'inizio della Guerra del Golfo. Alcuni momenti della manifestazione (A cura di Dario Lo Scalzo)
Vedute del corteo che si è snodato da piazza San Babila a Milano, lungo via Larga, piazza Fontana, piazza del Duomo, via Torino e corso di Porta Ticinese, fino ad arrivare alla Darsena dove si è concluso con il lancio di variopinte lanterne colorate...
http://www.triesteprima.it/cronaca/manifestazione-contro-guerre-quaranta-piazza-della-borsa-16-gennaio-2016.html
... Nella logica perversa della competizione globale, l'UE da un lato riversa le sue ambizioni coloniali nei paesi attorno a sé (l'area mediorientale ma anche l'Ucraina), dall'altra conduce da anni una guerra di classe dall'alto verso il basso nei confronti dei propri lavoratori e dei propri cittadini...
http://contropiano.org/interventi/item/34777-16-gennaio-no-war-non-avrete-la-vostra-generazione-bataclan
Migliaia in piazza contro la guerra a Roma e Milano. L’inerzia è finita
17 gennaio 2016
E’ finita la colpevole inerzia nella denuncia dei pericoli di guerra. In occasione del venticinquesimo anniversario della prima Guerra del Golfo (1991), oggi migliaia di persone, attivisti sociali, antimilitaristi, sindacalisti sono scesi in piazza a Roma, a Milano e in altre città, per dire No alla guerra che sta caratterizzando questo primo quindicennio del XXI Secolo. A Roma un corteo di massa, animato anche dalle orchestre popolari di diversi quartieri ha sfilato da Piazza Esquilino a Piazza Madonna di Loreto. A Milano il corteo è partito da Piazza San Babila arrivando fino alla Darsena dove sono state lanciate in cielo decine di lanterne. Altre manifestazioni locali più piccole si sono svolte a Trieste e a Sassari, un’altra ci svolgerà domenica mattina a Sigonella in Sicilia davanti alla base militare Usa.
In piazza, tra le numerose bandiere No War, palestinesi, siriane o del sindacato Usb, si sono visti anche molti immigrati africani e asiatici, le comunità palestinesi, libanesi e siriane che si oppongono al terrorismo dell’Isis ma anche all’intervento militare destabilizzante degli Usa, dell’Unione Europee e delle petromonarchie del Golfo. I cortei ha denunciato i pericoli di guerra che oggi indicano una escalation proprio nell’area mediterranea, sia est (in Siria e Iraq) sia a sud in Libia. Ed è proprio lo scenario libico quello che i manifestanti hanno denunciato con forza. L’Italia si appresta ad essere capofila dell’operazione di intervento militare in Libia e dall’Isis già giungono minacce su rappresaglie nelle città italiane. Ancora volta saranno le popolazioni, sia in Libia che in Italia, a pagare il prezzo di sangue più alto per le scelte dei governi. Negli interventi in piazza i partecipanti alle manifestazioni hanno denunciato la pericolosa connessione tra guerra esterna e guerra interna le cui prime avvisaglie sono lo stato d’emergenza costituzionalizzato in Francia e praticato in Italia, il via libera alle spese militari al di fuori del Patto di Stabilità imposto dalla Unione Europea che falcidia invece i servizi sociali, i salari, le pensioni, il lavoro. A Roma durante il corteo una bandiera dell’Unione Europea è stata bruciata dai manifestanti.
La giornata di mobilitazione di oggi è stata lanciata lo scorso 21 novembre dalla Piattaforma Sociale Eurostop nel corso della sua prima assemblea nazionale. Eurostop è nata per rompere con i “piloti automatici” – l’Unione Europea/Eurozona e la Nato – che stanno provocando una politica antipolare di austerity e crescenti pericoli di guerra. Si tratta di due apparati sovranazionali che trascinano i paesi aderenti dentro scelte pericolose e antisociali ormai visibili a tutti. La costituzionalizzazione dello stato d’emergenza in Francia indica come il clima di guerra cominci a ipotecare seriamente gli spazi democratici nei paesi coinvolti.
Oggi è stata una vera giornata di mobilitazione attesa da tempo per affermare che anche nel nostro paese c’è chi resiste contro la guerra, per combattere l’unica guerra giusta: quella contro la miseria e lo sfruttamento.
Piattaforma Sociale Eurostop
Info: www.eurostop.info
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http://www.comunisti-italiani.it/2016/01/18/porre-le-basi-pe-rlo-sviluppo-capillare-del-movimento-contro-la-guerra/
Porre le basi per lo sviluppo capillare del movimento contro la guerra
di Fausto Sorini, segreteria nazionale PCdI (responsabile esteri), coordinamento nazionale Associazione per la ricostruzione del partito comunista
Come comunisti consideriamo nell’insieme positivo il bilancio della giornata di lotta del 16 gennaio contro la guerra, con le manifestazioni di Milano, Roma e in altre città, promosse da un insieme di forze.
Anche se l’entità complessiva dei partecipanti è quello delle migliaia (non è il tempo delle folle oceaniche), va posto l’accento sul fatto che si è trattato – dopo molti anni di sostanziale assenza dalle piazze italiane – di un segno importante di ripresa militante e qualificata di un’embrionale ricostruzione di un movimento contro la guerra su posizioni avanzate.
Pur in presenza di analisi e posizionamenti diversi rispetto al quadro internazionale e alla individuazione delle responsabilità, esso ha posto in modo convergente il tema qualificante dell’uscita dell’Italia dalla Nato e dal sistema di guerra atlantico di cui essa fa parte; e che nel nostro Paese si concretizza nella presenza di oltre un centinaio di basi militari degli Usa e della Nato (non certo russe, cinesi, francesi o tedesche..), alcune delle quali con la presenza di armi nucleari e di sterminio di massa.
Il nostro partito e l’Associazione per la ricostruzione del partito comunista hanno dato un contributo significativo e convinto alla riuscita delle iniziative. Tale impegno, in corso da tempo, e che in alcune città (come ad esempio Milano) ha portato alla costruzione di importanti comitati locali contro la guerra, deve oggi continuare e tradursi nella costruzione sui territori di una rete più diffusa e permanente di Comitati unitari anti-guerra, a partire dalla nostra appartenenza comune e fin dalle sue origini al Movimento NO Guerra NO Nato: il più affine nell’analisi internazionale alle nostre valutazioni sulle ragioni della guerra, in quanto chiama le cose col loro nome e indica negli Stati Uniti e nella Nato – non già in un generico “scontro tra potenze” non meglio identificate – i principali responsabili della spinta alla guerra; e indica nei BRICS e nei paesi non allineati all’imperialismo americano ed euro-atlantico (e in particolare in alcuni di essi) il principale bastione e contrappeso mondiale all’imperialismo.
Tale impegno di ricostruzione di un movimento unitario contro la guerra deve svolgersi (come abbiamo cercato di fare anche in occasione del 16 gennaio) in convergenza unitaria con altre forze con cui ci accomunano non solo il richiamo rigoroso al rispetto dell’articolo 11 della Costituzione, ma anche la sottolineatura del carattere imperialista dell’Unione europea e le sue pesanti responsabilità nella partecipazione o connivenza nella più parte delle guerre degli ultimi 25 anni, tra cui la guerra contro la Libia e contro la Jugoslavia, in cui la partecipazione dei governi italiani è stata particolarmente diretta, operativa e odiosa. Trattandosi per giunta di paesi in cui l’Italia aveva svolto in passato e tornava a svolgere un ruolo oppressivo e coloniale, con connivenze indicibili, vergognose e criminali.
E’ a partire dal rapporto unitario con tutte le componenti più avanzate e consapevoli del movimento contro la guerra (ivi comprese quelle, importantissime, del mondo cattolico) che esso va sviluppato a livello popolare e capillare, sui territori, nelle scuole, nel mondo del lavoro, bandendo ogni settarismo o logica di gruppo o personalistica.
Non è solo a ristrette avanguardie, pur essenziali, che dobbiamo rivolgerci, come ci insegna la migliore tradizione del PCI, del movimento comunista internazionale e dei Partigiani della pace, ma all’insieme del nostro popolo; il quale, sia pure con diversi livelli di sensibilità e consapevolezza delle dinamiche del quadro mondiale, nella sua quasi totalità – al di là di differenze politiche, ideologiche, religiose – ripudia la guerra. Ed aspira ad una collocazione dell’Italia in un quadro di affermazione della propria sovranità nazionale e con una politica estera di cooperazione e di pace con tutti i paesi e i popoli del mondo: coerente coi principi e i valori della Costituzione
18 gennaio 2016
Il film è stato girato in Iraq durante la guerra del 2003 che ha inteso avviare la soluzione finale per la nazione irachena. Parla di informazione falsa e bugiarda, di un popolo forte, dignitoso, antico e fiero, decimato dalla barbarie occidentale, della sua resistenza, della sua indescrivibile sofferenza...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=RdRQzfCAxIw
Per sdegno nei confronti di un’Italia guerrafondaia, forse in molti furono attraversati dal pensiero dell’esilio: chiedere rifugio etico a un paese di pace, un paese che si fosse opposto a quella guerra, la prima di una lunga serie di aggressioni italiane dai nomi fantasiosi. Per mesi la piccola Cuba, membro di turno in Consiglio di Sicurezza, disse no fino alla fine, sola, insieme allo Yemen, disse no a mettere il mantello dell’Onu a una guerra statunitense. Perché non farsi accogliere a Cuba? Perché ostinarci a cercare di uccidere la guerra da qui, da una provincia dell’Impero diventata perfida, che di guerre ne avrebbe poi fatte molte altre?
Scoprimmo anche il malvagio potere della disinformazione di massa. Menzogne e omissioni. La bugia fondatrice delle incubatrici kuwaitiane. L’occultamento totale dei morti ammazzati iracheni, ignorati dai media che mandavano in onda fuochi d’artificio verdognoli sui cieli di Baghdad. Ci fu dunque chi decise di darsi, almeno in parte, al giornalismo. La disinformazione aiuta le guerre? Informiamo, dunque, per la pace.
Tuttavia, allora i pacifisti avevano una consolazione. A protestare erano in tanti. Una minoranza, certo, ma non piccola. In tanti modi si resisteva. Inventammo la Rete di informazione contro la guerra, che insieme alle radio popolari, al manifesto, ad avvenimenti, senza cellulari né internet né email né facebook teneva in collegamento centinaia di focolai di pace, centinaia di forme di protesta, per mesi e mesi in tutta Italia. Una buona parte di quelle iniziative fu raccolta in un dossier, salvato dalla polvere di 25 anni.
A leggere nel 2016 di tante e varie e fantasiose proteste, pare impossibile. (...)
da il manifesto, 16 gennaio 2015
Nelle prime ore del 17 gennaio 1991, inizia nel Golfo Persico l’operazione «Tempesta del deserto», la guerra contro l’Iraq che apre la fase storica che stiamo vivendo. Questa guerra viene lanciata nel momento in cui, dopo il crollo del Muro di Berlino, stanno per dissolversi il Patto di Varsavia e la stessa Unione Sovietica. Ciò crea, nella regione europea e centro-asiatica, una situazione geopolitica interamente nuova. E, su scala mondiale, scompare la superpotenza in grado di fronteggiare quella statunitense. «Il presidente Bush coglie questo cambiamento storico», racconta Colin Powell. Washington traccia subito «una nuova strategia della sicurezza nazionale e una strategia militare per sostenerla». L’attacco iracheno al Kuwait, ordinato da Saddam Hussein nell’agosto 1990, «fa sì che gli Stati uniti possano mettere in pratica la nuova strategia esattamente nel momento in cui cominciano a pubblicizzarla».
Il Saddam Hussein, che diventa «nemico numero uno», è lo stesso che gli Stati uniti hanno sostenuto negli anni Ottanta nella guerra contro l’Iran di Khomeini, allora «nemico numero uno» per gli interessi Usa in Medioriente. Ma quando nel 1988 termina la guerra con l’Iran, gli Usa temono che l’Iraq, grazie anche all’assistenza sovietica, acquisti un ruolo dominante nella regione.
Ricorrono quindi alla tradizionale politica del «divide et impera». Sotto regia di Washington, cambia anche l’atteggiamento del Kuwait: esso esige l’immediato rimborso del debito contratto dall’Iraq e, sfruttando il giacimento di Rumaila che si estende sotto ambedue i territori, porta la propria produzione petrolifera oltre la quota stabilita dall’Opec. Danneggia così l’Iraq, uscito dalla guerra con un debito estero di oltre 70 miliardi di dollari, 40 dei quali dovuti a Kuwait e Arabia Saudita. A questo punto Saddam Hussein pensa di uscire dall’impasse «riannettendosi» il territorio kuwaitiano che, in base ai confini tracciati nel 1922 dal proconsole britannico Sir Percy Cox, sbarra l’accesso dell’Iraq al Golfo.
Washington lascia credere a Baghdad di voler restare fuori dal contenzioso. Il 25 luglio 1990, mentre i satelliti del Pentagono mostrano che l’invasione è ormai imminente, l’ambasciatrice Usa a Baghdad, April Glaspie — come spiegò poi nella sua intervista a Jeune Afrique -, assicura Saddam Hussein che gli Stati uniti desiderano avere le migliori relazioni con l’Iraq e non intendono interferire nei conflitti inter-arabi. Saddam Hussein cade nella trappola: una settimana dopo, il 1° agosto 1990, le forze irachene invadono il Kuwait.
A questo punto Washington, formata una coalizione internazionale, invia nel Golfo una forza di 750 mila uomini, di cui il 70 per cento statunitensi, agli ordini del generale Schwarzkopf. Per 43 giorni, l’aviazione Usa e alleata effettua, con 2800 aerei, oltre 110 mila sortite, sganciando 250 mila bombe, tra cui quelle a grappolo che rilasciano oltre 10 milioni di submunizioni. Partecipano ai bombardamenti, insieme a quelle statunitensi, forze aeree e navali britanniche, francesi, italiane, greche, spagnole, portoghesi, belghe, olandesi, danesi, norvegesi e canadesi. Il 23 febbraio le truppe della coalizione, comprendenti oltre mezzo milione di soldati, lanciano l’offensiva terrestre. Essa termina il 28 febbraio con un «cessate-il-fuoco temporaneo» proclamato dal presidente Bush. Alla guerra segue l’embargo, che provoca nella popolazione irachena più vittime della guerra: oltre un milione, tra cui circa la metà bambini.
Subito dopo la guerra del Golfo, Washington lancia ad avversari e alleati un inequivocabile messaggio: «Gli Stati uniti rimangono il solo Stato con una forza, una portata e un’influenza in ogni dimensione – politica, economica e militare – realmente globali. Non esiste alcun sostituto alla leadership americana» (Strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, agosto 1991).
La guerra del Golfo è la prima guerra a cui partecipa sotto comando Usa la Repubblica italiana, violando l’articolo 11 della Costituzione. La Nato, pur non partecipando ufficialmente alla guerra, mette a disposizione sue forze e strutture per le operazioni militari. Pochi mesi dopo, nel novembre 1991, il Consiglio Atlantico vara, sulla scia della nuova strategia Usa, il «nuovo concetto strategico dell’Alleanza». Nello stesso anno in Italia viene varato il «nuovo modello di difesa» che, stravolgendo la Costituzione, indica quale missione delle forze armate «la tutela degli interessi nazionali ovunque sia necessario».
Nasce così con la guerra del Golfo la strategia che guida le successive guerre sotto comando Usa, presentate come «operazioni umanitarie di peacekeeping»: Jugoslavia 1999, Afghanistan 2001, Iraq 2003, Libia 2011, Siria dal 2013, accompagnate nello stesso quadro strategico dalle guerre di Israele contro il Libano e Gaza, della Turchia contro i curdi del Pkk, dell’Arabia Saudita contro lo Yemen, dalla formazione dell’Isis e altri gruppi terroristi funzionali alla strategia Usa/Nato, dall’uso di forze neonaziste per il colpo di stato in Ucraina funzionale alla nuova guerra fredda contro la Russia. Profetiche, ma in senso tragico, le parole del presidente Bush nell’agosto 1991: «La crisi del Golfo passerà alla storia come il crogiolo del nuovo ordine mondiale».
En français: Constitution italienne : commémoration de l’article 11 (par Manlio Dinucci, Il Manifesto 19.11.2016.)
Au lendemain de la Seconde Guerre mondiale, c’est-à-dire après l’épisode fasciste, la République italienne —comme le Japon et l’Allemagne fédérale— s’interdisait d’avoir recours à la guerre. Bien que toujours présent dans sa Constitution, cette prohibition a volé en éclats lors de la guerre du Golfe sans provoquer la moindre réaction des grands partis politiques...
http://www.voltairenet.org/article190003.html
di Manlio Dinucci
Un importante anniversario va ricordato nel quadro del 25° della prima guerra del Golfo: essa è la prima guerra a cui partecipa la Repubblica italiana, violando il principio, affermato dall’Articolo 11 della Costituzione, che «l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
Nel settembre 1990, su decisione del sesto governo Andreotti, l’Italia invia nella base di Al Dhafra negli Emirati Arabi Uniti una componente aerea di cacciabombardieri Tornado. Nella notte tra il 17 e il 18 gennaio 1991, 8 Tornado italiani decollano per bombardare obiettivi iracheni stabiliti dal comando Usa, in quella che l’Aeronautica ricorda ufficialmente come «la prima missione di guerra compiuta dall’Aeronautica italiana, 46 anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale».
A questa missione (durante la quale un Tornado viene abbattuto e i due piloti fatti prigionieri) seguono altre missioni di bombardamento sempre sotto comando Usa, per complessive 226 sortite, tutte «coronate da pieno successo». Si aggiungono 244 missioni italiane di velivoli da trasporto e 384 di velivoli da ricognizione, «operanti in Turchia nel quadro della Ace Mobile Force Nato» (a conferma che la Nato, pur senza intervenire ufficialmente, partecipa in realtà alla guerra con sue forze e basi).
Questa «prima missione di guerra» è decisiva per il varo del «nuovo modello di difesa» subito dopo la guerra del Golfo, sulla scia del riorientamento strategico Usa/Nato. Nell'ottobre 1991 il Ministero della difesa pubblica il rapporto «Modello di Difesa / Lineamenti di sviluppo delle FF.AA. negli anni '90». Il documento riconfigura la collocazione dell'Italia, definendola «elemento centrale dell'area geostrategica che si estende unitariamente dallo Stretto di Gibilterra fino al Mar Nero, collegandosi, attraverso Suez, col Mar Rosso, il Corno d'Africa e il Golfo Persico».
Stabilisce quindi che «gli obiettivi permanenti della politica di sicurezza italiana si configurano nella tutela degli interessi nazionali, nell'accezione più vasta di tali termini, ovunque sia necessario», in particolare di quegli interessi che «incidono sul sistema economico e sullo sviluppo del sistema produttivo».
Il «nuovo modello di difesa» passa quindi da un governo all’altro, senza che il parlamento lo discuta mai in quanto tale.
Nel 1993 – mentre l’Italia partecipa all’operazione militare lanciata dagli Usa in Somalia, e al governo Amato subentra quello Ciampi – lo Stato maggiore della difesa dichiara che «occorre essere pronti a proiettarsi a lungo raggio» per difendere ovunque gli «interessi vitali».
Nel 1995, durante il governo Dini, afferma che «la funzione delle forze armate trascende lo stretto ambito militare per assurgere a misura dello status del paese nel contesto internazionale». Nel 1996, durante il governo Prodi, si ribadisce che «la politica della difesa è strumento della politica estera».
Nel 2005, durante il governo Berlusconi, si precisa che le forze armate devono «salvaguardare gli interessi del paese nelle aree di interesse strategico», le quali comprendono, oltre alle aree Nato e Ue, i Balcani, l’Europa orientale, il Caucaso, l’Africa settentrionale, il Corno d’Africa, il Medio Oriente e il Golfo Persico.
Attraverso questi e successivi passaggi, si demolisce un pilastro fondamentale della Repubblica italiana, per mano dei governi di ogni tinta e con la complicità di un parlamento che, in stragrande maggioranza, acconsente o resta inerte. Mentre l’Italia, sempre sotto comando Usa direttamente o nel quadro Nato, passa di guerra in guerra.
Il quotidiano croato Slobodna Dalmacija pubblica nuove informazioni che evidenziano una responsabilità dello Stato francese negli attentati di gennaio e novembre 2015 a Parigi. Delle due l’una: o le autorità francesi, pur avendo infiltrato i gruppi che hanno compiuto gli attentati, non ne hanno impedito l’azione, oppure sono direttamente implicate nell’organizzazione degli attentati stessi. Comunque sia, resta da stabilire chi ha preso queste decisioni e se ha agito o meno in nome della Repubblica...
RETE VOLTAIRE | 16 GENNAIO 2016
Traduzione
Alessandro Lattanzio
(Sito Aurora)
Fonte
Slobodna Dalmacija (Croazia)
FRANCUSKE VLASTI ISTRAŽUJU
Oružje za Charlie Hebdo prodao hrvatski branitelj
Prethodno je istragom nedavnih pokolja u Parizu utvrđeno da su i ti teroristi koristili oružje proizvedeno prije rata u tvornici "Crvena zastava" u Kragujevcu.
Zbog prodaje puške pronađene kod Coulibalyja, ovih je dana u Francuskoj saslušan Claude Hermant, bivši legionar i deklarirani desničar koji je, kako također navode mediji, jedno vrijeme proveo u ratu na ovim prostorima boreći se kao dobrovoljac na hrvatskoj strani.
'Crvena zastava'
On je preko tvrtke registrirane na njegovu suprugu preko interneta od jedne slovačke tvrtke kupio veću količinu onesposobljenog oružja, koje je zatim u svojoj radionici popravljao i preprodavao. To je dokazano mikroskopskom analizom tragova na pušci koji odgovaraju tragovima koje ostavlja alat pronađen u Hermantovoj radionici.Dio oružja prodao je preko jednog poznanika kurdske nacionalnosti, koji je bio u vezi s islamističkim ekstremistima u Bruxellesu, pa je moguće i da je dio oružja korištenog u nedavnim napadima u Parizu do terorista stigao ovim kanalom.
Herman je zbog prodaje oružja završio u pritvoru nekoliko mjeseci prije napada na Charlie Hebdo, a ovih je dana ponovno saslušan nakon što je utvrđeno da je kalašnjikov iz pokolja u Hyper Hideu bio proizveden u "Crvenoj zastavi".
Činjenica je da su početkom 2012. godine i Hrvatska i Srbija prodale veće količine otpisanog oružja – hrvatski MUP objavio je prodaju 15.500 komada raznog oružja, uglavnog zaplijenjenog u raznim policijskim akcijama, a vojska susjedne države u isto je vrijeme na prodaju stavila čak 60.000 komada raznog oružja. Iz čijeg je arsenala sporno oružje, francuski mediji ne navode.
Ovakva trgovina nije neuobičajena u europskim zemljama, a nakon posljednjih terorističkih napada u Parizu Europska komisija najavila je restrikcije i strožu kontrolu u prodaji polovnog i onesposobljenog naoružanja. Kako je nedavno ustvrdio hrvatski MUP, do sada nije stigao ni jedan upit vezan uz onesposobljeno oružje koje je prodano iz naše zemlje.
Trgovina s Hrvatskom
Claude Hermant (52) iza sebe ima prilično burnu biografiju. Bio je padobranac u Legiji stranaca, iz koje izlazi 1982. godine, a poslije toga sudjelovao je u raznim ratnim previranjima. Osim Hrvatske, bio je angažiran i u Kongu i Angoli. I ovaj detalj iz biografije dijeli s mnogim hrvatskim bivšim legionarima. Poznato je da je James Cappiau, atentator na Vjeku Sliška, legionar i sudionik rata u Hrvatskoj, preko svoje tvrtke "Joy Slovakia" radio za Jacquesa Monsieura, jednog od najvećih trgovaca oružjem na svijetu.
Početkom dvijetisućitih Cappiau je vodio i angažiranje ljudi s vojnim iskustvom radi obuke snaga u Kongu. Hermant, prenose francuski mediji, tvrdi kako je bio suradnik francuske tajne službe, iste one pod čijim je blagoslovom Jacques Monsieur, kako se moglo čuti na suđenju nakon što je uhićen 2009. godine zbog kršenja embarga prema Iranu, prodavao oružje Hrvatskoj od 1991. do 1995. godine.
U godinama nakon završetka Domovinskog rata, imena pojedinih bivših legionara često su se pojavljivala u slučajevima krijumčarenja oružja s područja bivše Jugoslavije u Francusku. Tako je 2001. godine uhićena cijela skupina oko pukovnika Ante Zorice zbog preprodaje veće količine oružja, no optužbe su na sudu odbačene. No, jedan od glavnih aktera te priče, Zvonko Lukić iz Konjica, bivši legionar, uhićen je 2007. godine kao organizator skupine od 14 osoba koja je prodavala oružje raznim terorističkim skupinama. Tom je prilikom pronađeno 54 kalašnjikova i 350 kilograma eksploziva.
Nel solo Kosovo ci sono 900 foreign fighters e oltre cento hanno combattuto in Siria Timori per le rotte dell’immigrazione. Nel 2015 il Viminale ha espulso 65 estremisti...
L’Isis: “Attacchi nei Balcani per vendicare Srebrenica”
MAURIZIO MOLINARI
CORRISPONDENTE DA GERUSALEMME
L’Isis cerca reclutatori nei Balcani: “Devono conoscere l’italiano”
MARCO GRASSO
GENOVA
Велико признање – Објављено под Актуелно | 30. децембра 2015.
ПОВЕЉА СУБНОР-у СРБИЈЕ
СУБНОР Србије, традиционална слободарска антифашистичка организација са преко 130 хиљада чланова, један је од главних носилаца тек установљене Повеље Министарства радa, запошљавања, борачких и социјалних питања.
На новогодишњој свечаности, приређеној у великој дворани палате ”Србија” у Новом Београду, члан Владе Републике Србије, министар Александар Вулин, најпре је уручио признање Републичком одбору СУБНОР-а Србије које је примио председник Душан Чукић.
На свечаности, коју је иначе водио државни секретар за борачка питања Драган Поповић, био је и члан Председништва СУБНОР-а Србије генерал Видосав Ковачевић.
Повеља се додељује први пут за унапређење сарадње са удружењима основаним ради побољшања положаја бораца, војних инвалида, цивилних инвалида, породица палих бораца, унапређења области неговања традиција ослободилачких ратова Србије.
Нема сумње да је СУБНОР Србије, по трајању и бројности чланства, на основу програма и активности, значајем на друштвеној домаћој и политичкој међународној сцени у интересу бољитка наше отаџбине, убедљиво на челној позицији, па се после низа година потискивања, захваљујући у првим деценијама овог века ”демократским властима” које су се бескрупулозно обрачунавале са славном прошлошћу, вратио без одустајања од сопствених темеља на место које с правом има.
На свечаном чину додељивања Повеље говорио је министар Александар Вулин, посебно наглашавајући значај борачких организација које окупљају храбре људе спремне да часно чувају достојанство и слободу своје отаџбине.
– А предуго времена је прошло – нагласио је, обраћајући се званицама, члан Владе Републике Србије – откад се нисте састали са својом државом која је у обавези да искаже захвалност за дела и пружи помоћ и разумевање.
СУБНОР Србије је, са своје стране, захвалан за признање и остаје у уверењу да ће Влада Републике Србије изнаћи могућност да се област борачког организовања уреди даље по угледу на искуство сличних и приближних држава, не само у Европи, које ветеране и њихове потомке уважавају на достојан начин, прихватајући репрезентативност организација, домете од заједничког интереса или дају статус од посебног значаја за државу.
Свилајнац – Објављено под Актуелно | 24. децембра 2015.
РЕСАВЦИ ПРОТИВ КВИСЛИНГА
Потомци учесника НОР-а из Кушиљева, Црквенца и Свилајнца оштро су негодовали поводом покушаја рехабилитације председника квислиншке владе Србије током Другог светског рата Милана Недића. Припадници његове „државне страже“ су у центру Свилајнца обесили мртвог хероја Ресавског краја Лазара Стојановића, рођеног у селу Кушиљеву над којим су се претходно иживљавали пошто је био тешко рањен у борби са њима. Недићевци су га два пута стављали мртвог на вешала како би се додворили немачким газдама којима су служили.
Због свега тога како су истакли припадници СУБНОР-а, потомци бораца НОР-а, руководство СУБНОР-а Свилајнац на челу са председником Милетом Тошићем, дижу глас против срамних рехабилитација и дају безрезервну подршку СУБНОР-у Србије и његовом руководству у борби за очување антифашизма, патриотизма и љубави према Србији.
„Потомци славног војводе Синђелића, који је својим херојским чином показао како се воли своја земља на Чегру, потомци Ресаваца са Цера, Колубаре и албанске голготе, потомци бораца Ресавске партизанске чете, ресавских слободара оштро се противимо овом и сличним поступцима рехабилитације оних који су издавали, злостављали, прогонили и убијали свој народ као што су чинили Недић, Љотић, Бећаревић и други издајници српског народа“ – закључак је скупа.
Иначе у сали Културног центра у Свилајнцу, у организацији СУБНОР-а, Културног центра и МЗ „Кушиљево“, промовисана је књига „Кушиљево – село крај Мораве“ Милана Љубишиног Илића – Жеже, својеврсна хроника овог познатог села добрих домаћина, ратара али и ратника из свих ослободилачких ратова српског народа од Кочине крајине па до 1999. године. О књизи су говорили аутор, рецензент проф. пук. Жељко В. Зиројевић као и проф. Милорад Миловановић и Микица Микић, заменик председника општине Свилајнац.
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http://www.subnor.org.rs/negotin-377
Неготин – Објављено под Актуелно | 24. децембра 2015.
ИЗДРЖАЋЕМО СВЕ УДАРЕ
Интонирањем државне и химне СУБНОР-а Србије “По шумама и горама”, отворена је, у сали Дома “Станко Пауновић” у Неготину свечана академија посвећена Дану формирања Прве оперативне јединице НОВЈ.
На дане када је у жару борбе стасала славна југословенска армија, беседом је подсетила председница Секције потомака и поштоваоца професор Лидија Милосављевић.
Дан формирања Прве пролетерске бригаде јесте дан када је почела да стасава једна од највећих армија међу победницима. Од десетак партизанских одреда нарасла је армија која је у строју имала 800.000. прекаљених бораца.
Председник СУБНОР-а Неготин Драгољуб Филиповић рекао је: “СУБНОР траје и постојано опстаје на ветрометини бројних насртаја квази историчара и потомака квислинга и колаборациониста. Чврсто стојимо на темељима антифашизма и НОБ-а, коју је верификовао читав прогресивни и мирољубиви свет. Знамо ми, а уверени смо да и цео слободни свет зна, ко је с ким био под руку, зато нам нико не може продавати маглу.
Појединци, кратког сећања и памћења, задњих година успевају да у школске уџбенике прогурају неистине, да трују младе. Вајна “демократска” власт је у Србији од 2000. године успела да СУБНОР стрпа у исти кош с неким невладиним организацијама и потпуно све патриотске организације потисне са јавне сцене. Истрајношћу чланства са СУБНОР-ом то нису успели. Потврда томе јесу и наши скупови. Нема веће среће од чињенице да у једној оваквој свечаности учествује и млада генерација”.
Свечаној академији претходило је полагње венаца и цвећа на смомен обележју погинулим борцима .
Поред чланова СУБНОР- а свечаности су присуствовали и директори градских јавних установа, ученици средњих и основних школа и многобројни грађани.
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http://www.subnor.org.rs/tradicija-1411
Традиција – Објављено под Актуелно | 23. децембра 2015.
ДЕЛО СИЈА СВОМ СНАГОМ
Секција бораца, потомака и поштовалаца Прве пролетерске посетила је Рудо поводом 74 година од оснивања бригаде. Делегацију је предводио председник Секције пуковник авијације Зденко Дупланчић.
Окупиле су се бројне делегације из Србије, Федерације БиХ, Републике Српске. На Тргу слободе скуп је отворио организатор проф. Благоје Церовић.
Делегације су положиле венце и цвеће на споменик Првој пролетерској и на партизанском гробљу. Међу њима и Зденко Дупланчић, председник, Драгољуб Николић, председник Комисије за традиције и најмлађи члан Секције и СУБНОР-а Савски венац Север Трифуновић.
О борбеном путу Прве пролетерске бригаде говорио је Зденко Дупланчић. А затражио и да се главној улици у Рудом врати првобитни назив Прва пролетерска НОУ бригада уместо имена Драже Михаиловића. Тим пре што се идуће године обележава 75 година од формирања бригаде родоначелнице победоносне ЈНА у Другом светском рату где је место Рудо ушло у историју НОБ и антифашистичке борбе.
Председник Секције Зденко Дупланчић уручио је „Медаљу борца“ Благоју Церовићу којим га је Републички одбор СУБНОР-а Србије наградио поводом 70 година победе над фашизмом због заслуга на неговању и промовисању традиција НОБ.
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http://www.subnor.org.rs/vojvodina-1265
Војводина – Објављено под Актуелно | 22. децембра 2015.
СЛАВНИ ПУТ ПРОЛЕТЕРА
У организацији СУБНОР-а АП Војводине обележена је 74. годишњица формирања Прве пролетерске народноослободилачке ударне бригаде У Другом светском рату.
Свечаној академији су присуствовали бројни борци НОБ, међу којима и Перка Ђурчијански, носилац „Партизанске споменице 1941.“, припадници Војске Србије на челу са командантом Прве бригаде КоВ бригадним генералом Жељком Петровићем, председник Резервних војних старешина Бошко Пилиповић, председник војних пензионера Милорад Орељ. Посебно 40 ђака Основне школе „Jожеф Атила“ из Новог Сада, на челу са директором школе.
Поздрављајући борце, њихове потомке и госте у име СУБНОР-а Србије и Војводине, председник СУБНОР-а АП Војводине Светомир Атанацковић истакао је: „Бригаду је формирао и постројио Врховни командант НОВ И ПОЈ Јосип Броз Тито. Први командант прослављене Прве пролетерске бригаде био је Коча Поповић, а политички комесар Филип Фића Кљајић. Ратни пут бригаде био је дуг више од 20.000 километара, у њој се борило 22.000 бораца, од којих је трећина дала животе за слободу и сламање нацифашизма. Посебно је важно истаћи да је Прва пролетерска извела три по тешкоћама чувена марша. Посебно онај Игмански марш. Ратовала на Неретви, Сутјесци, посебно преласком у Србију, где учествује у Београдској операцији, ослобођењу Војводине и у пробоју Сремског фронта и даље кроз Славонију и Барању, све до Загреба у који улази 9. маја 1945. године.
Данас, пронацистичке колаборационистичке и квислиншке снаге спроводе намере и завет издаје. Све ово доказује и пре само неколико дана покренуто питање рехабилитације Милана Недића. Промотери желе пре свега да се домогну имовине. Заборављају жртве и заборавља се холокауст“.
Свечану академију увеличали су ђаци основне школе „Јожеф Атила“ и КУД „Вила“ играма из Војводине и Шумадије. Програм је водила глумица Српског народног позоришта Гордана Ђурђевић Димић.
Новогодишњи разговор – Објављено под Актуелно | 19. децембра 2015.
Ни за педаљ не одступамо од славне народноослободилачке партизанске антифашистичке борбе, али се морамо преусмерити и на нове обавезе наметнуте временом које у много чему није наклоњено.
Ево, на крају још једне године и с почетка нове, прилика је да се ”укњижи учинак” и прозбори о плановима и програму за време што предстоји.
У прошлом броју гласила наше организације написали смо да је покренут замајац за нове акције, па се и због тога обраћамо Душану Чукићу, председнику СУБНОР-а Србије, са питањем о основним правцима досадашњег и будућег рада.
БОРАЦ: Није лако ни мањима, а како је тек организацији са преко 100.000 чланова и одборима у сваком месту Србије. Тим пре што клима, она политичка, нарочито због слепе идеолошке острашћености, захваљујући упорним фалсификаторима историје, можда разумљивог порива наследника колабораната у Другом светском рату, није често, и даље, наклоњена народноослободилачкој борби и антифашизму?
Душан Чукић: СУБНОР траје и издржаће налете без обзира на то са које стране долазе. Ни за педаљ не одступамо од славне традиције, дубоко смо програмски у темељима свугде и у свету признате партизанске победе над фашизмом, те странице историје су са разлогом и због истине одавно склопљене и нико и нигде не може међу разумним продавати рог за свећу. У слободним народима зна се ко је с ким био под руку, а још више су познати слободари из редова антихитлеровске коалиције.
Ко је још неук и није упућен шта су у Техерану рекли Рузвелт, Черчил и Стаљин, због тога се и млађани Петар одрекао из Лондона ”горских царева” и наложио поклоницама да пређу у партизанске редове, многи су то и учинили и сваки борац, без хипотеке недела, изједначен са онима што су се од првих јулских дана 1941. жртвовали за слободу и против окупаторске чизме.
Код нас су појединци, кад им треба, кратког памћења, успевају задњих година да и у школске уџбенике прогурају новопечене неистине, трују младу генерацију недоказивим причицама о непостојећој улози својих предака у сламању хитлеризма. Томе је штедро доприносила вајна демократска власт, чак је и законима хтела да елиминише са српског пространства традиционално патриотске организације попут субноровске и успела да је напросто угура у мање више измишљени невладин сектор и изједначи са низом неприкладних удружења са којима се, што народ каже, никад чорбе не би помешале.
Ту скоро, да и то испричам, био сам на неком скупу где ми угледни државни функционер рече, без и једне, сигуран сам, ружне примисли, како је СУБНОР Србије, по закону, исто што и тамо нека лидерка из окружења милог свима него ли нашем живљу. Шта сам одговорио? Камо среће да јесмо у тим тимовима, добијали бисмо и по 100 хиљда евра месечно из белог света и да нас бог види! А, нисмо, нећемо никад , СУБНОР ће и даље високо носити стег слободе и бити, као и наши оснивачи, узори новим генерацијама којих је све више, широм Србије, сваким даном, довољно да охрабри за будућност и узнемири измишљене и стварне мрзитеље.
УСЛОВИ ЗА СВЕ ГЕНЕРАЦИЈЕ
Б: Очигледно се и у нашим редовима осећа та традиционална борбеност. У чланству су стари ратници, њихови потомци, поштоваоци, сви људи, како имате обичај да кажете, добре воље, антифашисти на чијој се идеологији заснивају и принципи удруживања у Европи. Због тога се морају стварати услови за разне генерације, зар не?
Д.Ч: То је тачно. У обавези смо, не помодно већ стратешки неопходно, да због чланства, то тражи, прилагођавамо рад времену и условима у којим делујемо. Свака средина има и своје специфичности, локалне самоуправе су биране на слободним изборима и понашају се према нахођењу странака, наше није да се тиме бавимо, аплаудирамо или поричемо вољу гласача, али морамо да датим оквирима бранимо интересе нашег чланства и обезбеђујемо услове за несметано постојање по нашем програму. То није увек и свугде могуће, па има одбора који тешком муком опстају, поједине локалне средине се оглушују и о законске нормативе, намећу баснословне кирије за коришћење просторија, свесно заборављују датуме што се нико не одриче, има и директора школа који не дозвољавају да се реч прозбори међу њиховим зидовима ни о народном хероју чије име носе.
Знамо, с друге стране, доста градова и општина где је сарадња са СУБНОР-ом изванредна и у обостраном интересу и поред тога што нема, бар са наше стране, ни примисли о разликама јер је, то потенцирам, нама бољитак Србије посебно драгоцен, који се може остваривати уз јединство и, дакако, поштовање сопствених темељних принципа који се, понављам, не могу и неће мењати.
С тим у вези поменуо бих и неке детаље. Раније руководство је бар двапут, на пример, писменим путем тражило од Тадића, узгред сина носиоца Партизанске споменице 41, да разговара са представницама СУБНОР-а. Није им ни, реда ради, одговорио. А садашњи Председник Републике је самоиницијативно понудио састанак и делегација је имала занимљив и по нашу организацију користан сусрет, термин је, случајно или намерно изабрао домаћин, између Дана борца и Дана устанка. И још нешто. Не памти се да је и на скуп Републичког одбора дошао неки представник Владе, а ресорни министар Александар Вулин је на седници нашег Председништва говорио, никад нико тако из власти у задњој деценији и више дана, речима о значају СУБНОР-а и за будућност Србије.
То су само неки потези који нас, иначе, не уљушкују у уверењу да се општа клима мења поштовањем прошлости. Тим пре што још нема опипљивих доказа да ће се и законима регулисати положај овакве оганизације као што је наша и увести, као кад су синдикати у питању, принцип репрезентативности који су свесно укинули ранији политички састави да би стварањем конгломерата удружења основну полугу онемогућили у раду који се њима очигледно није из идеолошких разлога допадао и успели су да ”све из прошлости” уклоне.
Сада се говори да се репрезентативност и за борачку популацију може мењати кроз прописе о удружењима, али због чега онда не стигне такав предлог из власти која указује да у овој нашој области има око 850 разних организација и није, поред осталог, могуће да се успостави потребна координација.
СУБНОР Србије због тога из најбољих намера предлаже Влади Србији да иницира и у интересу баш Србије донесе пропис који ће и толико важну област, као у многим државама широм света, регулисати на тачан и правичан начин.
Наша намера је, свесни потреба времена и, према томе, нашег бројног чланства различитог узраста, да и новим програмским пројектом и измењеним статутарним одредбама, који ће, верујем, ступити на снагу с почетком 2016, допринесемо још већој компактности и ширини организовања. Ми смо отворени за сарадњу и већ у чланству имамо низ респектабилних колективних чланова, међу којима су и Београдски форум за свет равноправних, Клуб генерала и адмирала Србије, низ сталешких ранијих војних и цивилних удружења. Са нама су и борци који су бранили интегритет и целовитост раније државе, браниоци од натовске агресије, зашто не би под истим кровом били заједно и остали не губећи самосталност и евентуалне специфичности.
МУКЕ СА ФИНАСИЈАМА
Б: Познато је да сви имају муке са финасијама. Од општинских до Републичког одбора. Ни држава нема новца, буџет се креше, општа је стиска. Како даље?
Д.Ч: И нама приговарају да нам не мањка ”буџетска свест”. Није да и тога нема, али је истина да смо у, да тако кажем, централи, у Београду, максимално штедљиви, морамо да правдамо сваки динар који смо, на основу пројеката, добили од ресорног министарства. Свака ставка је под лупом, а неке делатности су посве избрисане. Немамо више могућности да шаљемо борце на лечење, обично би то била Сокобања чији смо оснивач. У Републичком одбору је само један стално запослен, право је чудо како завршавамо низ неопходних и захтевних послова. Максимално су ограничена плаћања за комуналије, нису одобрена средства за одржавање састанака, нема дневница за пут, одавно смо без аутомобила, пројекти не предвиђају ни међународну сарадњу…
По садашњим прописима, то ми стално истичу где год се буним, да удружења попут нашег рачуна на овакве и таквим редовима приходе: 1. из чланарине, 2. од прилога, 3. од донација, 4. захваљујући усвојеним пројектима.
Својевремено је Републички одбор донео одлуку да чланарина остаје свакој средини, а и то нису износи извесни и довољни. Са прилозима и донацијама знамо како ствари стоје. Остају пројекти. Бара је мала, каже пословица, а рефлектаната на буџет много. Због тога и тражимо ону фамозну репрезентативност да се утврди ко стварно постоји и шта значи у Србији.
При таквим садашњим околностима је право чудо како Председништво посебно успева да одржи темпо. Не жалим се, наравно, јер знам да ни одборима широм Србије није лако, често се јављају из разних места и питају за помоћ. Шта да одговорим?
Сви смо ми волонтери, на местима нас држи ентузијазам, истрајаћемо због прошлости којој смо привржени и убеђења да су нам старији и заслужнији другови напросто оставили у аманет да сачувамо славни СУБНОР за будућност у којој ће нове генерације имати боље услове да штафету предају својим наследницима.
Због тога сам и сигуран да ћемо издражати и поред, што да кријем, има доста и оних који би да нам виде крај. Сувише смо јаки да се то може догодити, разграната и монолитна организација је орах који нико не поломи. Нећемо се, будите сигурни, задовољити поновним високим протоколарним местом и учешћем, заједно са Владом Србије, у организовању државних свечаности. Претензије су јасне и у општем интересу, имамо памети и снаге, довољно младих, да остајемо на бранику часног имена нашег слободасрког народа.
Наше место у друштву, не само кад је у питању традиција, тешко може ко да надомести и у социјалној и здравственој бризи о борцима и уопште ветеранима којима је управо ових дана власт одредила и 4.децембар као свечани дан. О томе се посебно брине комисија у Председништву са групом прворазредних стручњака, крстаре Србијом и изналазе методе да се снаге уједине и пронађу нове путеве за неопходну и заслужену помоћ и заштиту.
ХВАЛА, СРБИЈО!
Б: Сведоци смо да СУБНОР има велики, како се то помодно вели, рејтинг у свету?
Д.Ч: И то је већ традиција! Србија је и у ветеранским организацијама широм планете одржала, слободан сам да устврдим, примат вредан изузетног поштовања. У Светској организација ветерана ФМАК (седиште је у Паризу), имамо своје представнике, такође и у Међународној асоцијацији покрета отпора ФИР из Берлина. На оба места смо цењени не само због тога што смо и оснивачи. Наши ставови су свугде радо прихваћени и због угледа земље и народа који је не само у Другом светском рату био на правој страни.
У првом реду смо увек где треба.Тако је и у Москви било приликом прославе седме деценије победе над фашизмом, на великом скупу преко 70 држава председнику СУБНОР-а Србије је дата реч одмах после поздрава изасланика покровитеља, председника Руске Федерације Путина. У монументалном комплексу музеја Поклонаја гора изнад Москве награђивани су средњошколци, студенти и полазници војних универзитета за неговање патриотизма.
Домаћин, председник Организације руских ветерана генерал армије Мојсејев, предложио је да уручим одличја кадетима чувене академије ”Суворов”. Младићи у парадним униформама прилазили су одсечним кораком, рапортирали чин и презиме, а потом сви скупа, из звуке маршева, свечано прошли поред нас поздрављајући из све гласа ”Хвала, Србијо”.
Било је то емотивно узбудљиво признање нашој земљи и нашем СУБНОР-у за традиционалну истрајност, частан пут, изградњу пријатељства и сарадње на равноправној основи разумевања. Неки месец позније, у Београду, на свечаности у Амбасади Руске Федерације, у присуству Председника Републике Србије Николића, изасланик Председника РФ Путина, амбасадор Чепурин, уручио је висока одликовања нашим борцима, а СУБНОР- у Србије Спомен плакету за заслуге у победи над фашизмом у Другом светском рату.
Иначе, готово да нема земље у Европи, много је и ван нашег континента, са којом нисмо у пријатељском контакту. Руководимо се паролом да нико као борци, наши преци, не знају шта су страхоте ратовања, сваки и климав мир бољи је од надметања оружјем којим човечанство и у данашње време угрожавају. Само разговори и поштовање других, макар колико стварно или привидно јесу слабији, одустајање од наметања воље и мешања у унутрашње ствари других држава, ширења побуна и мењање власти које одбијају туђе наредбе, јесу основни постулати у међународним односима којих се придржава и пропагира, преко пријатељских организација, СУБНОР Србије.
Добре намере, јединство и разумевање су окосница деловања сваког нашег одбора и на унутрашњој сцени. Због тога сам сигуран да ћемо и у 2016. години, као и досад, високо и поносно носити стег наше слободе и независности, држећи се за руке чврсто, ако треба, као што су то чинили и наши преци увек кад је у питању интерес отаџбине – рекао је Душан Чукић, председник СУБНОР-а Србије, у новогодишњем разговору за лист наше многобројне организације.
Иван Матовић
КАКО УЋИ У МЕДИЈЕ
Б: Водили сте својевремено више познатих и признатих друштвених организација, били указни амбасадор СРЈ, објавили неколико запажених књига, али и директоровали медијским кућама као што је Телевизија Србије и Вечерње новости. У СУБНОР-у председавате и Комисијом за информисање и Издавачким саветом ”Борца”. Због тога и постављам питање због чега се вести о нама тешко пробијају у јавност?
Д.Ч: Одговор није компликован. У ”демократским променама” је инаугурисано правило да све пре њих треба уништити. Променити камен на камену, идеолошки реваншизам је и борачку организацију уврстио у блок са којим се обавезно морају обрачунати. Нису могли да је ликвидирају, али су ревносни уредници, посебно у београдским медијима, одлучили да ни на који начин не пуштају чак ни вестицу у којој би се СУБНОР помињао.
То је тактика, чак до данашњих дана, да се није десило оно што није објављено. Због тога нема помена ни о свечаностима које, последњих годиница, организујемо са Владом Србије, не може ни случајно да се зна да је говорио и наш представник. Без обзира на то што многим збивањима, попут Сремског фронта или Седмог јула у Белој Цркви или обележавању Пријепољске битке, присуствују хиљаде људи који су занимљиви, ако ништа друго, као потенцијални читаоци или гледаоци.
Ретко кад се смилостиве, опет ти београдски професионалци, да неку реч пропусте из наших саопштења, али су дрчно објављивали неутемељене нападе на нашу организацију и опет невољно пуштали одговоре без обзира на то што смо се ”бранили” уљудно и аргументовано.
Републичком одбору и Председништву је остало као могућност да се оглашава путем ”Борца” чије је излажење ограничено, на жалост, недостатком средстава.
Ту је, међутим, портал СУБНОР-а на интернетској мрежи који је и наш велики продор у информативни свет. Свакодневно се, речју и слкиком, види богата лепеза дешавања у борачкој организацији и руководству.
Комплетну нашу разуђену активност је у кратком року видело ево већ ускоро 700 хиљада људи, а посебно радује што је забележено чак близу један милион и деветсто хиљада прегледа текстова. Број се, наравно, свакодневно увећава и доказује да је интересовање за СУБНОР Србије достојно сваке пажње. Зна се, у исто време, да су корисници интернетског информисања углавном, бар код нас, млађи људи, што опет, само по себи, потврђује колико се у задње време на укупној сцени неке ствари, без обзира на укупно ”слободно новинарство”, враћају захваљујући ни мало наивном интернету у нормалу.
Нашем порталу се све више прилагођавају многи одбори широм Србије и одмах по завршеном догађају шаљу текст и фотосе да се у широком кругу чује и види њихова делатност. То је у општем интересу и због тога и овим путем охрабрујем да им и портал СУБНОР-а буде обавеза.
Што се тиче информисања у локалним медијима, скреће пажњу да у разним местима нема тешкоћа. Утиска сам да је то заслуга професионалаца у редакцијама, али и доброј организованости наших руководстава на терену – тамо где схватају свакодневне контакте са редакцијама, ту је и заступљеност у медијским изворима на задовољавајућем нивоу.
http://www.subnor.org.rs/vojvodina-1234
Војводина – Објављено под Актуелно | 9. децембра 2015.
СРАМОТА СЕ НЕ МОЖЕ ОПРАТИ
У Србији се гласније чују, читају и преносе помпезно обавештења о предстојећом наводном рехабилитацији Милана Недића. Заборављају протагонисти да је Недић био слуга у колаборационој влади немачког Вермахта извршавајући и најгнуснија наређења окупаторске силе.
Недић је развио са својим идеолозима, неку врсту српског фашизма, ослањајући се посебно на истомишљеника Димитрија Љотића. Оснивајући низ установа по земљи Србији по узору нацистичке Немачке, посебно на националном, верском и расном пре свега, у којој би Срби били „аријевци“. Српски народ би требало да буде „позван да на Балкану буде чувар и жандарм за центар Европе, за Рајх и његове европске планове.“
Циљ и званични разлог формирања овако накарадно уређене Србије и владе Милана Недића била је потреба да се што пре угуши устанак у Србији. Била је потребна структура која ће се борити против „комунистичких партизанских банди“ и која ће за то употребити не само оружје, него и бити у стању да придобије поверење српског народа.
Разлози Недићеве рехабилитације су наравно политички и интересни – да се врати богатство наследницима. Историографија не може да рехабилитује Недића и фашисте.
СУБНОР и антифашистичка јавност нису беспомоћни и никако се неће помирити са повампиреним делом реваншиста који извитоперују истину и џелате стављају испред жртава.
СУБНОР се неће мешати у рад правосудних органа, али ће чврсто бранити тековине народноослободилачке антифашистичке борбе истином да ниједног тренутка не попусти пред насртајима потомака оних који су били слуге окупатора и злочинима према сопственом народу чинили највише зла током читавог Другог светског рата. То је записано у историју у тренутку догађања и никакав суд злочин не може умањити или поништити, злочин увек остаје злочин, срамота за памћење.
ПОКРАЈИНСКИ ОДБОР СУБНОР-а АП ВОЈВОДИНЕ
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http://www.subnor.org.rs/ostar-protest-3
Оштар протест – Објављено под Актуелно | 8. децембар 2015.
УПАМЕТ СЕ, СРБИЈО!
СУБНОР Србије, традиционална патриотска антифашистичка организација са преко 100.000 чланова, баштиник славних победника у Другом светском рату, протествује пред нашим и међународним слободарима због још једне несхватљиве намере да се изокрене историјска истина и на неправан начин, после седам деценија, оправдају колаборанти нацистичког окупатора.
Покушај наводне рехабилитације Милана Недића, председника такозване српске владе инсталиране по налогу и одобрењу нацистичке хитлеровске немачке армаде, доказ је повампирења, као и у неким ранијим примерима, ретроградних реваншистичких струја и појединаца који се коцкају угледом наше отаџбине и из себичних побуда настоје да пред човечанством збришу допринос српског народа у антихитлеровској коалицији.
Пред очима тог и таквог ”председника и ђенерала”, уз садејство завојевачких ескадрона смрти и његове ”државне страже”, убијане су хиљаде невиних родољуба у логору на Бањици, у Јајинцима, по сајмиштима и разним ”главњачама”. Страдали су Срби, Јевреји, Роми, на стрелишта одвођени само због тога што нису поклекли пред окупаторском чизмом и поклисарима из домаћих редова. Милан Недић је са својом инсталисаном влашћу верно извршавао немачке захтеве, дивио се Трећем рајху и, на тим тадашњим берлинским принципима, свим бићем желео да организује Србију. Побегао је са пријатељима Немцима у Аустрију, одакле су га западни савезници вратили у Београд и предали новим југословенским властима. Није дочекао суђење, у затвору се убио, што само по себи значи, тако право одређује, да не може бити обнављања процеса којег није ни било.
СУБНОР Србије се, наравно, не меша у рад правосудних органа, али не може да стоји по страни кад се већ више од деценије фалсификују историјске чињенице и чак вулгарни сарадници окупатора у Другом светском рату проглашавају за доброчинитеље и потом невине жртве. Зар би у Европи, којој припадамо и хрлимо, некоме пало на памат да рехабилитује маршала Петена, премијера Квислинга и сијасет других сарадника и извршитеља замисли нацисте злочинца Хитлера?
У Србији то већ увелико раде. Упамет се Србијо, крајње је време да се срамота заустави!
РЕПУБЛИЧКИ ОДБОР СУБНОР-а СРБИЈЕ
Реаговање – Објављено под Актуелно | 26. октобар 2015.
ЈОШ ЈЕДАН АТАК НА ЗДРАВ РАЗУМ
Поводом захтева за рехабилитацију Милана Недића, „тобожњег душебрижника“ српског народа и председника квислиншке владе Србије 1941 – 1944 године, СУБНОР Шумадије и Поморавља изражавају најоштрије негодовање.
Коме пада на памет да рехабилитује лице које је сарађивало са немачким Трећим Рајхом, које се бавило пронемачким, расистичким и антикомунистичком пропагандом, које се 18.9.1943. године састало са Хитлером и изразило спремност да помогне у борби против свог властитог народа?!
Зар је могуће заборавити да је Милан Недић под својом командом и под надлежношћу своје владе имао Српску државну стражу и Српски добровољачки корпус које су по злу познате због злочина и масовних стрељања у Краљеву и Крагујевцу и многим другим местима у Србији?
Зар је могуће заборавити његов II добровољачки одред којим је командовао ратни злочинац Марисав Петровић и у Крагујевцу учествовао у стрељању најбољих кћери и синова Србије, ученика, професора, Јевреја, Рома – малих чистача?
Зашто вајна „српска мајка“ није предузела ништа да се спрече погроми? Како објаснити јавности, историји и њеном неумитном суду, Бањички логор у који су органи те „Недићеве власти“ довели 6.746 људи, стрељали 1.586 од чега 124 деце од 7 – 17 година (укупан број стрељаних је 3.789 лица), послали у логоре широм Србије и Немачке 6.097 лица (од чега 703 Јевреја, 354 Србина, 56 Рома, 41 Хрват, 66 осталих, а за 22.373 нема података о националној припадности).
Закон о рехабилитацији (члан 2) јасно је прописао да се „не могу рехабилитовати и немају право на враћање имовине…припадници окупационих снага…и припадници квислиншких формација.
Сасв
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Tregnago (VR): Zanella Guido, 2012
188 p. : ill. ; 22 cm - ISBN: 978-88-907543-0-2 -- euro 12,00 - Per acquisti: gg.zanella @ gmail.com
regia Velimir Stojanovic, interpreti: VUJOVICS, Peter; TADIC, Ljuba; DJORDJEVIC-SONDA, Dusan; BIJELIC, Severin; VUJISIC, Pavle
Dopo la capitolazione d’Italia, i prigionieri politici sull’isola Campo Mamula, in Montenegro, si trovano in condizioni ancora peggiori. L’occupatore tedesco li costringe di disattivare le mine, promettendo la libertà di un prigioniero ogni dieci mine disattivate...
al Centro Russo di Scienza e Cultura
Piazza Benedetto Cairoli, 6
“COME L’ARMATA ROSSA LIBERÒ AUSCHWITZ”
Il Centro Russo di Scienza e Cultura a Roma vi invita a prendere parte alla conferenza «Come l’Armata Rossa liberò Auschwitz» che si terrà il 27 gennaio alle ore 10:00. Si presenterà il progetto «Auschwitz Liberation» e si analizzerà la liberazione del campo di sterminio da parte dell’Armata Rossa.
Interverranno il Dott. Oleg Ossipov, Direttore del Centro Russo di Scienza e Cultura e Primo Segretario dell'Ambasciata della Federazione Russa; il Prof. Massimo Pieri, Presidente della COBASE Associazione Tecnico Scientifica di Base (ECOSOC); l’Arch. Valentina Sereni, Presidente di Gherush92 Committee for Human Rights (ECOSOC); la Dott.ssa Delfina Piu, Project Director per i programmi di Gherush92; Rav Carucci Viterbi, Preside del Liceo Renzo Levi. Si prevede la partecipazione di storici, rappresentanti del corpo diplomatico, imprenditori, istituzioni nazionali e cittadine.
Si intende ricostruire le vicende della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz e narrare le sorti dei combattenti dell'Armata Rossa che, mentre liberano Russia, Ucraina e Polonia dall'invasore nazista e percorrono la strada nel cuore del Reich, scoprono gli orrori della Shoà e l’assassinio di massa dei prigionieri di guerra sovietici. Si racconta una storia di guerra di liberazione contro i nazisti che in gran parte mise fine alla seconda guerra mondiale, una storia poco conosciuta che qualcuno oggi vuole minimizzare o cancellare.
L’operazione per la liberazione di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa durante la controffensiva delle truppe sovietiche in marcia verso Berlino, non è ancora stata studiata a fondo; restano da chiarire fondamentali aspetti politici, militari ed umanitari degli eventi di quei giorni. Lo scopo del programma è quello di contrastare i gravi tentativi revisionisti e negazionisti oggi in atto che mirano a distorcere gli eventi e i risultati della liberazione dell’Europa. L’Armata Rossa che salvò l’Europa dal nazifascismo, costituì, di fatto, l’ultima speranza della gente rinchiusa nei ghetti e nei campi di sterminio.
PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA
SOLIDARIETA’ AI COMUNISTI UCRAINI
Mentre in Ucraina è in corso una persecuzione contro coloro che si sono opposti al colpo di Stato promosso e sostenuto da USA e UE, in occidente si tenta, richiamando l'allarme terrorismo, di restringere l'agibilità politica e le libertà individuali. Il pericolo è il ritorno alla reazione nazifascista, come negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso.
Nella Giornata della Memoria possiamo ben dire che in Europa il vento della smemoratezza soffia impetuoso.
Il 24 dicembre i più importanti comitati, strutture politiche e organizzazioni militanti comuniste hanno sottoscritto un appello di solidarietà alle vittime delle violazioni dei diritti umani in Ucraina e ai compagni perseguitati dal regime fascista di Kiev.
Noi non dimentichiamo i crimini del fascismo e non dimentichiamo che il 27 gennaio è il giorno simbolo della vittoria della libertà e della democrazia sulla barbarie nazifascista, giorno in cui l'Armata Rossa liberò i prigionieri del campo di concentramento di Auschwitz. La lotta di ieri è la stessa di oggi, la lotta perché venga restituita la libertà ai compagni ucraini: la loro libertà è anche la nostra.
Per info:
comitatocontrolaguerramilano@...
comitatocontrolaguerramilano.wordpress.com
www.facebook.com/comitato.milano.5
cell. 3383899559
In Italia ci sono città in cui all'interno del PD fa discutere la richiesta di revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini, non scandalizza invece nessuno l'efficienza e l'ignoranza con cui il nostro governo PD ha chiuso la annosa vicenda del Memoriale Italiano del Blocco 21, procedendo alla sua rimozione dal sito per cui era stato realizzato.
Opera d'arte site-specific, cioè specifica di quel sito, il memoriale italiano è un’opera d’arte pensata per inserirsi in quel preciso luogo. Realizzata grazie alla collaborazione di Lodovico Belgiojoso, Primo Levi, Nelo Risi, Pupino Samonà, Luigi Nono, il memoriale rappresentava in Auschwitz la deportazione italiana nel suo intreccio di storie diverse e ricordava che l'antifascismo era la radice dell'Italia che rinasceva dopo la dittatura fascista.
E' questa eredità che viene sfrattata oggi da Auschwitz, eredità di cultura e di pensiero che oggi appare a chi ha il potere in questo paese imbarazzante e da relegare ai margini dell'attenzione. Il memoriale sarà riallestito in un piazzale del parcheggio di una Ipercoop alla periferia di Firenze grazie agli oneri di urbanizzazione dell'ipermercato.
La cosa più triste è che ci racconteranno che non è una scelta del nostro Presidente del Consiglio, né del Ministro dei Beni Culturali, né di quello degli Esteri, che anzi le nostre autorità hanno fatto tutto il possibile: la colpa è della Dirigenza polacca del Museo di Auschwitz-Birkenau. Insomma i cattivi sono i polacchi ? ... Ma non tutti gli italiani sono diventati bambolotti da televisione, non tutti hanno perso la voglia di ragionare con la propria testa e di sapere, capire, cercare la verità.
Non solo: c'è chi ricorda che quel Memoriale proprio per il suo spirito antiretorico già nel 1979 rischiava di essere sfrattato dalla autorità del Museo di Auschwitz e l'allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti lo difese e ne garantì la permanenza in Auschwitz. Non solo: c'è chi sa che all'interno del Blocco 21 l'autorità è italiana e che il Museo ha criticato e richiamato l'Italia per l'incuria in cui era stato abbandonato il suo Memoriale. La manutenzione garantita dall'Aned fino alla caduta del Muro è stata poi completamente trascurata. C'è soprattutto chi non smette di chiedere perché oggi questo sfratto, perché la diplomazia italiana non ha saputo parlare con i polacchi? Perché investiamo tanti soldi per garantire due musei (allora non è vero che non ci sono i soldi?) – uno nel piazzale dell'Ipercoop e l'altro da farsi nel Blocco 21 – invece di ristrutturare il memoriale di Belgiojoso e di Levi in loco? Perchè non ripartire da quel progetto di aggiornamento dei dati storici (Progetto Glossa) presentato all’attenzione di tutti dall’Accademia di Brera-Isrec, approvato dall'Aned e non escluso dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, e caldeggiato ben due volte dal Consiglio Superiore dei Beni Culturali? E infine chi e cosa entrerà nel Blocco 21? Possibile che si lasci un luogo senza avere prima deciso cosa diventerà poi?
Il 2015 anno del Settantesimo della Liberazione del nostro paese dal nazifascismo finisce con lo sfratto dell'antifascismo italiano da Auschwitz, luogo oggi per eccellenza simbolo della coscienza europea.
Come possiamo augurarvi un buon 2016?
Giovanna Grenga
Elisabetta Ruffini, Direttrice dell'Istituto Bergamasco per la Storia della Resistenza e dell'età contemporanea
Тако су у заборав утерана и многа слободарска дела по којима смо препознавани и уважавани у планетарној антифашистичкој коалицији којој је, народноослободилачка партизанска борба чију седамдесетопетогодишњицу управо ове 2016. прослављавамо, Србија приложила немерљив допринос.
У поплави рехабилитовања колабораната из Другог светског рата мало је сада или готово нема места за истинске победнике, па због тога радује кад се појави на медијској сцени, посебно београдској, макар у писмима читалаца истина о времену херојства. Због тога и преносимо писмо Драгана Угарчина из Чачка.
”Ових дана, тачније у недељу 17. јануара, навршава се 20 година од када нас је напустила др Саша Божовић. Преминула је 1996. године у Београду, а сахрањена у селу Лисовић код Барајева. Рођена је 4.августа 1912. године у свештеничко-официрској породици Магазиновића из Београда. Завршилаје медицински факултет и удала се за колегу др Борислава Божовића.
После бомбардовања Београда 6.априла 1941. са супругом бежи у Подгорицу, где супруг ступа у НОР, а Сашу хапси италијанска војска и одводи у логор у Албанију, где рађа девојчицу којој је дала име Долорес по познатој шпанској револуционарки Долорес Ибарури.
Каснија мајка и дете бивају размењене са италијанским официрима и стижу у Црну Гору где их дочекује супруг, али и Блажо Јовановић, организатор устанка. Саша се са маленом Долорес прикључује НОР-у као ратни лекар.
Све што је преживела у ратним годинама описала је у књизи ”Теби, моја Долорес”. Посвећену кћерки која је настрадала крај Неретве од мраза док је млада лекарка помагала рањеним борцима.
Док је обављала дужност ратног лекара напали су је четници. Том приликом је убијен Бошко Буха и возач камионета Радан, док је Саша била рањена.
У ослобођеном Београду, од јесени 1944, прихватила се нових обавеза, збрињавала ратну сирочад, организовала рад народних кухиња. Касније ради на ВМА на месту начелника грудног оделења и заменика управника. По одласку у пензију посећује многе градове по Југославији, често у друштву са Јаром Рибникар и глумицом Ружицом Сокић која је говорила делове из књиге ”Теби, моја Долорес”.
Саша Божовић је објавила још шест књига са темом ратних година. Друштво ”Др Саша Божовић” обележиће годишњицу њене смрти. У припреми је четврти зборник песама и кратких прича ”Стазама љубави”, а покренута је и иницијатива преко општине Врачар да се на кући у Београду (на углу Лењинградске и Тополске – прим.уред.) где је Саша живела постави пригодна спомен плоча.
Саша Божовић је Милунка Савић Другог светског рата. Милунка се борила с пушком у руци, а Саша је спасавала рањене борце од смрти”.
Ecco come la Bulgaria ha fornito droga e armi ad Al-Qa’ida e a Daesh
I migliori segreti hanno uno scopo. Il cartello mafioso che governa la Bulgaria si è fatto beccare mentre forniva, su richiesta della CIA, droga e armi ad Al-Qa’ida e a Daesh, sia in Libia che in Siria. Il caso è tanto più grave in quanto la Bulgaria è un membro della NATO e dell’Unione Europea.
Traduzione
Matzu Yagi
[1] “Bulgaria’s most popular politician: great hopes, murky ties”, John Beyrle, May 9, 2006.
[2] “Bush’s Bulgarian Partner in the Terror War Has Mob History, Investigators Say”, Jeff Stein, U.S. Congressional Quarterly, May 2007.
[3] Die neuen Dämonen, Jürgen Roth, 2008.
[4] The Assassins: A Radical Sect in Islam, Bernard Lewis, Weidenfeld & Nicolson, 1967.
[5] “La Bulgaria non ritiene Hezbollah responsabile dell’attentato di Burgas”, Rete Voltaire, 7 giugno 2013.
[6] « Mise à jour d’une nouvelle filière de trafic d’armes pour les jihadistes », par Valentin Vasilescu, Traduction Avic, Réseau Voltaire, 24 décembre 2015.
[7] “Chi ha sabotato il gasdotto South Stream”, di Manlio Dinucci, Tommaso di Francesco, Il Manifesto (Italia), Rete Voltaire, 10 giugno 2014.
[8] « US Strategy Plan Calls For Insuring No Rivals Develop » and « Excerpts from Pentagon’s Plan : "Prevent the Re-Emergence of a New Rival » », Patrick E. Tyler, New York Times, March 8, 1992. « Keeping the US First, Pentagon Would preclude a Rival Superpower », Barton Gellman, The Washington Post, March 11, 1992.
[9] “Blocco del South Stream, lo «schiaffo» degli Usa all’Europa”, di Manlio Dinucci, Il Manifesto (Italia), Rete Voltaire, 5 dicembre 2014.
[10] “La Siria al centro della guerra del gas nel Medio Oriente”, di Imad Fawzi Shueibi, Traduzione di Alessandro Lattanzio, Rete Voltaire, 10 maggio 2012.
CGIL di Trieste
Coordinamento nazionale per la Jugoslavia ONLUS
Partito comunista d'Italia
Rifondazione comunista
USB
GIOVEDI' 14 GENNAIO ALLE ORE 11 PRESSO IL KNULP (via Madonna del Mare 7
Il 26 e 27 settembre la citta' di Trieste ha ospitato i concerti del Coro dell'Armata Rossa. Abbiamo approfittato dell'occasione per realizzare un piccolo esperimento, che consisteva nel fare le stesse domande sia agli spettatori dello spettacolo, sia ai cittadini di Trieste che incrociavamo per strada. Nella scelta degli intervistati abbiamo cercato di rispettare l'eterogeneita' della popolazione. Non abbiamo tagliato alcuna risposta scomoda. Ecco il risultato. Buona visione!
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=r7YYSCtYzMw
Interverranno l’autore Luciano Patat e il segretario del Centro Gasparini Dario Mattiussi
Glasbena spremljava/Commento musicale: NO-BEL
A Gorizia per l'ennesima volta avviene celebrazione della XaMas e battaglia di Tarnova
Già rimosso il golpe dell'immacolata? Certo, a dover ricordare la lunghezza di quel nome, la cosa può essere anche comprensibile. Così come poter associare un golpe al giorno dell'Immacolata? Eppure... Come si può ricevere con ufficialità chi ha collaborato con i nazisti e fascisti? Si risponderà, hanno combattuto per l'italianità di Gorizia. E quindi tutto il resto deve passare in ultimissimo piano. Erano 214 quelli del battaglione Fulmine, ha combattuto per un paio di giorni contro l'esercito di liberazione Jugoslavo. E ne hanno prese anche tante. Non a caso quella battaglia, fulminea, ha evidenziato tutte le debolezze della Xa.
Quando fai una passeggiata in Istria, od a Zara, od in quella che è stata buona parte dell'ex provincia di Gorizia, molti italiani ti diranno, questa è stata terra nostra. E' vero. Lo sono state per un periodo inferiore agli anni di Cristo, ma le pietre sicuramente non parlavano e se parlavano non parlavano solo italiano, anzi. Terre occupate e conquistate nella grande carneficina che è stata la prima guerra mondiale. Discorso diverso per Fiume ( http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=15535 ), occupata con la nota marcia reazionaria, razzista, eversiva e militarista di D'Annunzio ed annessa all'Italia nel 1924 da e per Mussolini, per il tramite del burattino Re d'Italia. Ma l'Italia fin dal suo avvento ha non tanto sbagliato strategia, ma mostrato il suo lato peggiore, disumano, bestiale. Paese giovane, nato da e per diverse guerre, nato sotto il segno del sangue, quel sangue che verrà fatto sputare al popolo slavo. Sarà sotto il nazionalismo italiano che avverrà il simbolo delle persecuzioni contro gli sloveni, l'assalto del Narodni Dom, emulato poi a Pola. Ed il tutto ancora prima della marcia su Roma, anche se anticipata nella sostanza da quella su Fiume del 1919. E sarà in pieno fascismo che avverrà la stessa cosa a Gorizia, nel giorno della vittoria ( http://xcolpevolex.blogspot.it/2015/10/la-faziosita-storica-del-comune-di.html ), nel 1926, colpendo il Trgovski Dom. Nazionalismo e fascismo, una continuità unica, che è stata la causa del male dell'Italia, il cancro di questo Paese. Il nazionalfascismo è stata la causa principale della "perdita" di quelle terre occupate e conquistate nella prima guerra mondiale, che di grande ha avuto solo il prezzo delle vite umane massacrate per qualche fazzoletto di terra di cui i soldati non conoscevano neanche l'esistenza. Ma nella storiografia del sistema, nelle canzoni, negli spettacoli, ed anche nei film che sono in arrivo, che trattano tale questione, non emerge alcun mea culpa. No. Un solo filo conduttore continua ad animare il tutto, che la colpa è stata degli altri non dell'Italia e del suo nazionalfascismo. Nazionalismo? Non pervenuto. Fascismo? Non pervenuto. La colpa è solo dei nazisti, la colpa è solo dei cattivi "schiavi slavo comunisti", o dei francesi, e degli americani, o degli inglesi, o dei neozelandesi, o dell'ex Unione Sovietica, o dei comunisti italiani filo-jugoslavi reputati traditori della patria e della Costituzione, ancor prima della nascita della nostra Costituzione. Eppure nel Paese che vive nell'apparenza della dottrina dei vangeli, pur essendo utopicamente Laico, ha continuato a gettare la prima pietra, come se fosse senza peccato, pur avendo da sempre peccato un peccato che non ha mai confessato e mai confesserà, perché per confessarlo è necessario un bagno di umiltà. Ricevere con ufficialità la XaMas, come previsto nella mattinata di sabato 16 gennaio, al quale seguirà anche una messa nella Chiesa dei Cappuccini in piazza S. Francesco(!) significa semplicemente voler continuare ad errare per mantenere un desolante status quo. Significa preservare nel peccato. Un peccato che pagherà, come sempre, Gorizia.
Marco Barone
https://www.cnj.it/documentazione/eversione.htm
University of Pennsylvania Press, 2014
256 pages | 6 x 9 | 6 illus. | ISBN 978-0-8122-4645-2
Marlene Spoerri is United Nations Officer at Independent Diplomat in New York City.
Pour le second mois consécutif, le mouvement de revendication populaire poursuit son avance, passant à travers tous les obstacles que l’oligarchie financière libanaise –représentée par les pouvoirs politiques- tente de mettre sur sa route, à commencer par les campagnes de désinformation contre certaines de ses composantes, la répression, les arrestations arbitraires et, surtout, les menaces proférées contre les fonctionnaires qui ont rejoint ses rangs...
http://www.michelcollon.info/Le-mouvement-populaire-libanais-et.html?lang=fr
LIBAN 2005-2015 : D’UNE « RÉVOLUTION » COLORÉE À L’AUTRE (Ahmed Bensaada, 8 octobre 2015)
En 2011, en pleine effervescence sur la place Tahrir, on questionna Srdja Popovic sur les activités de formations révolutionnaires du centre CANVAS (Center for Applied Non Violent Action and Strategies) qu’il dirige à Belgrade. Il s’empressa de répondre, non sans une petite pointe de fierté : « Nous travaillons avec 37 pays. Après la révolution serbe, nous avons eu cinq succès : en Géorgie, en Ukraine, au Liban et aux Maldives »...
http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=323:liban-2005-2015-dune-l-revolution-r-coloree-a-une-autre&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119
oppure http://www.michelcollon.info/Liban-2005-2015-d-une-revolution.html?lang=fr
oppure http://fr.calameo.com/read/000366846977c5c2f325b
oppure http://fr.calameo.com/read/0003668465dbea75bc603
La Rivoluzione della Monnezza
Nel 2011, mentre piazza Tahrir era in piena effervescenza, Srdja Popovic venne interpellato sulle attività di formazione rivoluzionaria del centro CANVAS (Center for Applied Non Violent Action and Strategies) che egli dirige a Belgrado. Si affrettò a rispondere, non senza una piccola punta di orgoglio: “Noi lavoriamo con 37 paesi. Dopo la rivoluzione serba, abbiamo ottenuto cinque successi: in Georgia, in Ucraina, in Libano e alle Maldive”. Nella fretta dimenticò di menzionare il quinto paese, il Kirghizistan. Aggiunse però: “E adesso l’Egitto, la Tunisia, e la lista si va allungando. Non abbiamo alcuna idea del numero dei paesi in cui è stato utilizzato il pugno di Otpor, forse una dozzina…” (1) Si tratta di una dichiarazione significativa, dimostra l’evidente relazione esistente tra le rivoluzioni colorate dei diversi movimenti di contestazione che hanno toccato il Medio Oriente, fino alla cosiddetta “primavera” araba.
Le rivoluzioni colorate
Queste rivoluzioni, che devono la loro denominazione ai nomi con i quali esse sono state battezzate (rosa, arancione, tulipano, ecc) sono rivolte che hanno sovvertito certi paesi dell’est o ex Repubbliche sovietiche agli inizi del 21° secolo. E’ il caso della Serbia (2000), della Georgia (2003), dell’Ucraina (2004) e del Kirghizistan (2005).
Diversi i movimenti che le hanno guidate: “Otpor” (Resistenza) in Serbia, “Kmara” (E’ abbastanza!) in Georgia, “Pora” (E’ l’ora!) in Ucraina e “Kelkel” (Rinascita) in Kirghizistan. Il primo tra tutti, Otpor, è quello che ha provocato la caduta del regime serbo di Slobodan Milosevic. Dopo questo successo, Popovic (uno dei fondatori di Otpor) ha creato CANVAS, con l’aiuto di attivisti del movimento serbo. Come ha ammesso lo stesso Popovic, il Centro ha aiutato, consigliato e formato tutti gli altri movimenti successivi. CANVAS ha formato dissidenti in erba in tutto il mondo, soprattutto nel mondo arabo, alla pratica della resistenza individuale non violenta, ideologia teorizzata dal filosofo e politologo statunitense Gene Sharp, il cui saggio “From Dictatorship to Democracy” (Dalla Dittatura alla Democrazia) è stato il supporto ideologico di tutte le rivoluzioni colorate e della “primavera” araba (2)
Sia CANVAS che i vari movimenti dissidenti dei paesi dell’est o delle ex Repubbliche sovietiche hanno beneficiato dell’aiuto di numerose organizzazioni statunitensi di “esportazione” della democrazia, come l’USAID (United States Agency for International Development), la NED (National Endowment for Democracy), l’IRI (International Republican Institute), il NDI (National Democratic Institute for International Affairs), Freedom House e l’OSI (Open Society Institute). Queste organizzazioni vengono finanziate dal bilancio USA o da capitali privati statunitensi, Per esempio, la NED riceve stanziamenti votati dal Congresso e i fondi vengono gestiti da un Consiglio di amministrazione nel quale sono rappresentati il Partito Repubblicano, il Partito Democratico, la Camera di Commercio degli Stati Uniti e il sindacato USA American Federation of Labour-Congress of Industrial Organization (AFL-CIO), mentre l’OSI è legata alla Fondazione Soros, dal nome del fondatore, George Soros, il miliardario statunitense, illustre speculatore finanziario (3).
E’ dimostrato che queste stesse organizzazioni hanno aiutato, formato e messo in rete i cyber-dissidenti arabi, protagonisti della famosa “primavera” che ha sovvertito i loro paesi (4). Si rilevano peraltro le “impronte” di queste organizzazioni negli avvenimenti di Teheran (Rivoluzione verde, 2009) (5), dell’Euromaidan (Ucraina, 2013-2014) (6) e, più recentemente, a Hong Kong (Rivoluzione degli ombrelli, 2014) (7).
La rivoluzione del Cedro
Secondo qualcuno, il più grande successo di CANVAS nella regione MENA (Middle East and North Africa) è stato certamente il Libano (Rivoluzione del Cedro, 2005) e il fallimento peggiore l’Iran (8). Ciò che spiega perché Popovic abbia fieramente menzionato il Libano come un trofeo del suo carniere “rivoluzionario” e non abbia fiatato sull’Iran.
La Rivoluzione del Cedro è stata un preludio della “primavera” araba, e dunque il primo paese arabo a conoscere questa “stagione” è stato il Libano. Si trattò di una serie di manifestazioni ammirevolmente bene organizzate che, agli inizi del 2005, chiedevano – tra l’altro – il ritiro delle truppe siriane dopo l’assassinio, il 14 febbraio 2014, del Primo Ministro libanese dell’epoca, Rafiq Hariri.
Eppure Shamine Nawani spiega, in un circostanziato articolo sul tema, che questa “rivoluzione” era stata già pianificata, quasi un anno prima della morte di Hariri. La cellula decisionale comprendeva un nocciolo duro di attivisti formato da tre amici: Eli Khoury, un esperto di comunicazione e marketing che lavora per Quantum e Saatchi & Saatchi, Samir Kassir, un saggista che dirige il Movimento della sinistra democratica (MGD), fondato nel settembre 2004 e il giornalista Samir Frangieh (9).
Insieme ad essi, i nomi di altri attivisti che hanno svolto un ruolo importante: Nora Joumblatt (moglie del leader druso, Walid Joumblatt), Asma Andraous (del gruppo 05AMAM, fondato dopo il 14 febbraio 2005), Gebran Tueni (all’epoca direttore del giornale An-Nahar) e Michel Elefteriades (musicista, produttore e uomo d’affari greco-libanese).
Gli stretti rapporti tra gli attivisti della Rivoluzione del Cedro e le organizzazioni statunitensi di promozione della democrazia sono stati spesso evocati.
Infatti il New York Post ha scritto (nel 2005) che, secondo fonti dei servizi di informazione USA, la CIA e altri organismi di intelligence europea hanno fornito denaro e sostegno logistico agli organizzatori delle manifestazioni anti-siriane per potenziare la pressione sul presidente siriano Bachar el-Assad e costringerlo a lasciare completamente il Libano. Secondo tali fonti, questo programma segreto era simile a quello messo in campo precedentemente dalla CIA per sostenere i movimenti “pro-democrazia” in Georgia e in Ucraina e che avevano anch’essi realizzato delle impressionanti manifestazioni pacifiche (10).
Alcuni attivisti, come Bassem Chit (morto nel 2014), hanno ammesso di essere stati contattati da Freedom House nell’ambito dei suoi progetti di “finanziamento di movimenti giovanili per contribuire al processo di democratizzazione”. Secondo Bassem Chit, Jeffrey Feltman, all’epoca ambasciatore USA, ha invitato molti dirigenti del movimento anti-siriano a pranzo, e ciò proprio durante la rivoluzione del Cedro. Afferma anche che l’ambasciata statunitense ha direttamente fomentato le manifestazioni anti-siriane (11).
Sharmine Narwani precisa, nell’articolo citato in precedenza, che Gebran Tueni era in contatto con Frances Abouzeid, direttrice di Freedom House ad Ammam (Giordania). E’ su suo consiglio che Tueni ha invitato i formatori di CANVAS a Beirut. E’ importante sottolineare che Freedom House è il più importante finanziatore del centro di formazione serbo.
I serbi di CANVAS hanno formato gli attivisti libanesi nei locali del giornale An-Nahar. Ivan Marovic, cofondatore di CANVAS, ha personalmente tenuto dei corsi di formazione alla resistenza non violenta.
Michel Elefteriades ha incontrato Marovic e i suoi colleghi ben prima del 14 marzo 2005: “Gebran Tueni mi telefonò per dirmi che doveva dare una mano a un gruppo di Serbi che venivano ad aiutarci. Questi avevano un’aria iper-professionale rispetto a quanto intendevano fare. Io vedevo la loro mano in tutto quello che succedeva. Erano degli specialisti delle rivoluzioni colorate”. E ha aggiunto: “Poi hanno cominciato a dirci che cosa bisognava fare e cosa no. Io li ho accompagnati a degli incontri con dei giornalisti – solo di media internazionali – coi quali si sono coordinati. Si conoscevano tutti molto bene (…). Ci hanno fornito una lista di slogan che dovevano essere trasmessi dalle televisioni occidentali. Ci hanno detto, a noi e ai giornalisti occidentali, dove collocare i nostri striscioni, quando sollevarli, e perfino quali dimensioni dovevano avere. Per esempio, chiedevano ai giornalisti di avvertirli delle fasce orarie in cui sarebbero passati, poi ci dicevano di regolare gli orologi e di brandire i cartelloni esattamente alle 15.05, l’ora nella quale i canali televisivi trasmettevano in diretta da Beirut. Era una sceneggiata assoluta” (12).
Da parte sua, Asma Andraous afferma che “tutte le organizzazioni statunitensi per la democrazia stavano là. Hanno insegnato ai giovani come fare attività di mobilitazione, cosa fare coi militanti fermati, erano tutti molto entusiasti” (13).
Qualche attivista ha dichiarato di essersi tenuto alla larga o di avere mantenuto le distanze dalle organizzazioni statunitensi o filo-statunitensi di promozione della democrazia. E’ il caso di Michel Elefteriades, che si sarebbe rifiutato di continuare a collaborare coi formatori di CANVAS, o di Bassem Chit, che avrebbe declinato le generose offerte di Freedom House. Altri hanno tentato di minimizzare il ruolo svolto da queste organizzazioni o sostenuto che esse erano entrate in campo solo in un momento successivo (14).
Tuttavia il modus operandi della rivoluzione del Cedro segue minuziosamente il protocollo delle rivoluzioni colorate organizzate da CANVAS. Tra i 199 metodi di azione non violenta elencati nel manuale di CANVAS (distribuito gratuitamente attraverso internet) citiamo a titolo di esempio la numero 33: “La fraternizzazione col nemico”, che si realizza sul campo attraverso l’offerta di fiori alle forze dell’ordine (in generale da parte di giovani e belle ragazze) (15). Tale azione si è riscontrata in tutte le rivoluzioni colorate, nei paesi arabi “primaverizzati” come nelle piazze di Hong Kong, durante la rivoluzione “degli ombrelli” (16).
D’altronde Aleksandar Maric, l’ex attivista di Otpor e formatore di CANVAS, non ha forse dichiarato che la sua organizzazione aveva stabilito contatti con i dissidenti libanesi, prima della rivoluzione del Cedro (17)? Questa precisazione ha il merito di confermare quanto riferito da Sharmine Narwani a proposito della pianificazione della “rivoluzione” ben prima dell’assassinio di Hariri.
Tutti inoltre hanno modo di vedere che il “Movimento del 14 marzo”, coalizione delle forze che si opponevano alla Siria creata dopo l’uccisione del Primo Ministro libanese, ha scelto come logo il pugno di Otpor, leggermente modificato con l’aggiunta di un ramo verde.
Ricordiamo che il pugno di Otpor è stato ampiamente utilizzato in diverse rivoluzione colorate e nelle manifestazioni che hanno contrassegnato la “primavera” araba (18).
Una curiosità riguarda il fatto che il nome “rivoluzione del Cedro” non è quello usato all’inizio dagli attivisti libanesi. Questi avevano scelto invece nomi come “intifada dell’indipendenza”, “intifada del Cedro”, “primavera del Libano” o “primavera del Cedro”.
Michel Elefteriades racconta che la parola “intifada”, che allude alle rivolte palestinesi, non piaceva agli specialisti di CANVAS: “Fin dal primo giorno, mi hanno detto che non dovevamo chiamare il nostro movimento ‘intifada del Cedro’, perché in Occidente la parola ‘intifada’ non gode di molta simpatia. Dicevano che l’opinione pubblica araba non è importante, che quella che conta è l’opinione pubblica occidentale. Allora hanno detto ai giornalisti di non usare la parola intifada” (19).
Infatti l’espressione “rivoluzione del Cedro” era più gradita alle orecchie dell’amministrazione Bush. Secondo il giornalista Jefferson Morley del Washington Post, il nome è stato inventato da Paula J. Dobriansky, la sotto segretaria di Stato alla democrazia e agli affari internazionali (2001-2009) durante le amministrazioni di Bush figlio. Esaltando la politica estera del presidente Bush, nel corso di una conferenza stampa tenuta il 28 febbraio 2005, ha dichiarato: “In Libano vediamo affermarsi una Rivoluzione del Cedro che unisce i cittadini di questa nazione nell’obiettivo di realizzare la vera democrazia e di liberarsi dall’influenza straniera. Segni di speranza si manifestano in tutto il mondo e non dovrebbe esservi dubbio che i prossimi anni saranno importanti per la causa della libertà” (20).
Tale identità di vedute tra CANVAS e l’amministrazione USA dimostra (una volta di più) una evidente concertazione, tenuto anche conto che il centro di formazione serba è prevalentemente finanziato da organizzazioni statunitensi di “esportazione” della democrazia, soprattutto Freedom House, IRI e OSI (21).
Occorre ricordare che Paula J. Dobriansky è non solo componete del CA di Freedom House, ma anche titolare della cattedra di Sicurezza Nazionale all’US Naval Academy. E’ anche socio fondatore del think tank neoconservatore “Project for the New American Century” (PNAC) che ebbe una notevole influenza sull’amministrazione di Bush figlio. Il suo nome compare tra i 75 firmatari di una lettera inviata nell’agosto 2013 al presidente Obama, che raccomandava al presidente di attaccare la Siria di “Bachar”, invitandolo a “rispondere in maniera decisiva e ad imporre misure che avessero delle conseguenze significative sul regime di Assad” (22).
Si ritrova il nome di Eli Khouri nella lista degli invitati ad una conferenza internazionale su “Democrazia e sicurezza”, tenuta a Praga (Repubblica Ceca) dal 5 al 6 giugno 2007. Un incontro che ha visto insieme molte celebrità nel campo della dissidenza, dello spionaggio, della politica e dell’accademia. Citiamo a caso l’ex presidente ceco Vaclav Havel, l’ex Primo Ministro spagnolo José Maria Aznar, il senatore USA Joseph Lieberman, l’ex direttore di Freedom House, Peter Ackerman, l’ispiratrice della rivoluzione arancione ed ex primo ministro ucraino Yulia Tymoshenko o il neocon Joshua Muravchik, anch’egli membro del PNAC (23). Nel corso della conferenza, Khoury ha avuto anche occasione di intrattenersi con l’attivista egiziano Saad Eddin Ibrahim, col dissidente sovietico (attualmente israeliano), anticomunista e sionista, Natan Sharansky e con l’oppositore russo Garri Kasparov.
Ma quel che colpisce in questa lista, è il gran numero di partecipanti di primo piano provenienti da Israele; tra essi, l’ambasciatore israeliano nella Repubblica Ceca, Arie Arazi, e il suo omologo ceco, Michael Zantovsky, il responsabile economico dell’ambasciata israeliana negli Stati Uniti, Ron Dermer, oltre a molti universitari israeliani.
E tuttavia il clou della conferenza si è avuto, indubbiamente, con la presenza del presidente G.W.Bush, che ha approfittato dell’occasione per fare un discorso sulla libertà, la democrazia e l’attivismo politico (25).
La conferenza venne organizzata dalla “Prague Security Studies Institute” (PSSI) e lo “Adelson Institute for Strategic Studies” (25).
Finanziato, tra gli altri, dall’OSI, il PSSI conta tra i suoi consiglieri anche James Woolsey, ex direttore della CIA (ed ex presidente del CA di Freedom House), e Madeleine Albright, la 64° segretaria di Stato USA e, a tempo perso, presidente del CA di NDI (27).
Lo “Adelson Institute for Strategic Studies” è un istituto di ricerca creato con un generoso dono di “Adelson Family Foundation” (Miriam and Sheldon G. Adelson). Ha come finalità ”la valutazione delle sfide mondiali cui devono fare fronte Israele e l’Occidente” e lo studio delle questioni legate al progresso della democrazia e della libertà in Medio Oriente (28). Ricordiamo che Sheldon G. Adelson è un miliardario statunitense di origine ebrea e ucraina (come Natan Sharansky). Considerato uno dei più grandi mecenati dello Stato di Israele, egli finanzia, a colpi di milioni di dollari, viaggi di ebrei in Israele, con l’obiettivo di rafforzare i legami tra Israele e la diaspora (29). Infatti la principale mission della sua fondazione è quella di “rafforzare lo Stato di Israele e il popolo ebraico” (30). Secondo il giornalista Nathan Guttman, l’ideologia di Sheldon G. Andelson è un insieme di sostegno al Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, di simpatia per il movimento dei coloni e di ostilità verso l’Autorità Palestinese” (31).
Di fatto Eli Khouri non è uno sconosciuto per l’amministrazione statunitense. Il cablo Wikileaks “06Beirut1544_a” ci rivela che circa un anno prima di questa conferenza egli fu tra gli invitati ad un pranzo offerto dall’ambasciatore statunitense in occasione della visita di Kristen Silverberg, segretario di Stato aggiunto alle organizzazioni internazionali. Jeffrey Feitman indica Khouri come direttore generale di Saatchi & Saatchi (una compagnia pubblicitaria) e lo descrive come uno “stratega della pubblicità e un esperto creativo” che ha contribuito al “branding” della rivoluzione del Cedro (32). In realtà il ruolo di questa compagnia è stato tanto importante che qualcuno non esita a definire la rivoluzione del Cedro come la “rivoluzione Saatchi” (33) o anche, tenuto conto del ruolo avuto anche dalle organizzazioni statunitensi, di “rivoluzione patrocinata da USAID e da Saatchi & Saatchi” (34).
E non è tutto. Eli Khoury è cofondatore di “Lebanon Renaissance Foundation” (LRF), una ONG fondata nel 2007 a Washington, che si definisce “una organizzazione educativa indipendente, non governativa e non settaria, i cui fondatori sono stati coinvolti in ragione delle rispettive attività professionali nella promozione della pratica della non violenza e dell’attivismo democratico” (35). Si ritrovano in questa descrizione le espressioni care ai “profeti” delle rivoluzione colorate, Srdja Popovic e Gene Sharp.
Questa fondazione è una “organizzazione che riceve una parte sostanziale di mezzi da un governo (USA) o dal grande pubblico” (36). Dopo avere ricevuto sostanzialmente fondi governativi statunitensi, finanzia a sua volta diversi programmi o organizzazioni con sede in Libano. Citiamo a titolo di esempio il “Sustainable Democracy Center”, una ONG libanese che è finanziata anche da USAID e NED (2003 e 2005) (37) o l’ ONG MARCH che anch’essa riceve, direttamente o indirettamente, sovvenzioni provenienti da diverse organizzazioni statunitensi per la democrazia (NED, USAID, ecc). Maggiori dettagli saranno dati su queste due ONG libanesi nella sezione seguente.
Secondo quanto risulta dalla sua dichiarazione dei redditi 2013 (38), LRF ha finanziato il “Lebanese Advocacy and Legal Advice Center” (LALAC), una organizzazione di lotta contro la corruzione che riceve fondi anche dal “Center for International Private Enterprise” (CIPE) (39), uno dei quattro satelliti della NED (40). Bisogna sapere che il centro LALAC è una iniziativa del “Lebanese Transparency Association” (LTA), una ONG libanese fondata nel 1999 e che è sovvenzionata dal CIPE, dal NDI, dal MEPI e dall’OSI (41). Il MEPI (Middle East Partnership Initiative) è un programma che dipende direttamente dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti attraverso l’Ufficio per gli Affari del Medio Oriente (42).
Infine è importante ricordare che Samir Kassir e Gebran Tueni non hanno sfortunatamente avuto la possibilità di partecipare al pranzo offerto dall’ambasciatore Feltman, né alla conferenza internazionale su “Democrazia e Sicurezza”: sono stati assassinati, rispettivamente, il 2 giugno 2005 e il 12 dicembre 2005.
Come nel caso dell’Ucraina dopo la rivoluzione arancione (43), le organizzazioni statunitensi di “esportazione” della democrazia non hanno lasciato il Libano dopo la rivoluzione del Cedro, al contrario. I rapporti della NED dimostrano che, tra il 2005 e il 2014, questa organizzazione ha distribuito più di 7 milioni di dollari alle ONG libanesi. Tra il 2005 e il 2012, solo la NDI ha ricevuto più di 2 milioni di dollari per finanziare le proprie attività in Libano.
La formazione e la messa in rete dei cyber-attivisti arabi ha portato alla creazione di quello che il giornalista francese Pierre Boisselet ha definito la “Lega araba del net” (44). Molte riunioni tra gli attivisti-blogger arabi sono state organizzate prima e dopo la “primavera araba”. I due primi “Arab Bloggers Meeting” si sono tenuti a Beirut. Il primo (dal 22 al 24 agosto 2008) ha riunito 29 blogger provenienti da 9 paesi arabi (Libano, Egitto, Tunisia, Marocco, Arabia Saudita, Bahrein, Palestina, Iraq e Siria (45). Nel secondo meeting, che si è svolto dall’8 al 12 dicembre 2009, il numero dei cyber-attivisti arabi ha superato 60 (46). Si sono incontrate le vedette arabe del net; i tunisini Sami Ben Gharbia, Slim Ammamou e Lina Ben Mhenni, gli egiziani Alaa Abdelfattah e Wael Abbas, il mauritano Nasser Weddady, il bariano Ali Abdulemam, il marocchino Hisham AlMiraat (alias Khribchi), il sudanese Amir Ahamad Nasr, la siriana Eazan Ghazzaoui, ecc (47)
La serie di manifestazioni che si sono svolte in Libano durante l’estate 2015 è stata chiamata da qualcuno “crisi dei rifiuti”, rivoluzione della “monnezza” o della “spazzatura” da altri. E’ nata a causa di un problema nella raccolta e nella gestione della spazzatura, ma le rivendicazioni dei manifestanti si sono rapidamente allargate e hanno preso di mira il governo, denunciando la corruzione e l’inerzia dello Stato.
Tra i leader più mediatizzati di questo movimento di contestazione, ricordiamo Imad Bazzi, Marwan Maalouf, Assaad Thebian e Lucien Bourijeilly.
Bazzi ha preso parte a diverse conferenze sul cyber-attivismo. Nel corso di una di queste, ha conosciuto i cyber-attivisti egiziani del “Movimento del 6 aprile” che hanno giocato un ruolo innegabile nella caduta del presidente Mubarak (Bassem Samir, Israa Abdel Fattah…) e le cui attività sono state finanziate da diverse organizzazioni statunitensi di promozione della democrazia (54). Questa conferenza era co-sponsorizzata da Google e Freedom House (55).
Nel 2011, l’università statunitense di Beirut ha organizzato la 16° conferenza annuale dell’ “Arab-US Association of Communication Educators” (AUSACE) (56). In questa iniziativa finanziata dall’OSI di Soros, Imad Bazzi era abbinato a Sami Ben Gharbia nel medesimo gruppo. Ricordiamo che Sami Ben Gharbia, co-fondatore del sito Nawaat, è un cyber-attivista tunisino di primo piano, molto impegnato nella “primaverizzazione” della Tunisia” (57).
Ricordiamo che Imad Bazzi è anche stato “program fellow” di Freedom House (58) e direttore del progetto “Sustainable Democracy Center”, precedentemente citato (59).
Il 5 settembre 2011, solo qualche mese dopo la caduta di Mubarak, Bazzi venne arrestato dalla polizia egiziana all’aeroporto del Cairo. Ha dichiarato alla fondazione “Maharat” (una ONG libanese finanziata dalla NED che milita per i diritti dei giornalisti)(60) che si stava recando in Egitto in quanto aveva ricevuto un incarico di consulenza da parte di una istituzione. E’ stato trattenuto per più di dieci ore, ed è stato interrogato sui rapporti con i cyber attivisti egiziani come Wael Abbas, In seguito è stato espulso e rispedito a Beirut (61).
Per concludere il ritratto, segnaliamo che Bazzi è membro del forum “Fikra”, un forum creato dalla lobbie filo-israeliana. Tra i partecipanti si ritrovano parecchi cyber attivisti arabi, come Bassem Samir, Israa Abdel Fattah o Saad Eddin Ibrahim nonché i dissidenti siriani Radwan Ziadeh e Ausama Monajed (ex componente del Consiglio nazionale siriano – CNS). E’ inutile dire che tutti questi “interventori” sono finanziati dalle organizzazioni statunitensi di “esportazione” della democrazia (62). Vi sono anche dei falchi neocon come Joshua Muravchik (ex collega di Paula J. Dobriansky) e anche il dr. Josef Olmert, fratello dell’ex primo ministro israeliano Ehud Olmert (63).
Infatti dal 2008 al 2011 è stato direttore di programmi per Freedom House a Washington, addetto alla regione MENA, e particolarmente alla Siria, Tunisia e Algeria. Si è poi trasferito in Tunisia (dal 2012 al 2013) per dirigervi “l’Institute for War and Peace Reporting” (IWPR) (65). Questa istituzione, che “sostiene i reporter locali, i giornalisti cittadini e la società civile” e contribuisce “alla pace e al buon governo rafforzando le capacità dei media e della società civile a prendere la parola” (66) viene finanziato da diverse organizzazioni come la NED, l’USAID e il Dipartimento di Stato (attraverso l’ambasciata degli Stati Uniti a Tunisi e il programma MEPI) (67).
Secondo Martin Armstrong, giornalista britannico che lavora a Beirut, Assaad Thebian è il co-fondatore e il portavoce del movimento “Voi puzzate!”, oltre al principale organizzatore delle attuali manifestazioni (69).
Il 29 gennaio 2014 l’associazione libanese degli ex del MEPI ha organizzato un evento a Beirut, in presenza dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Libano, David Hale. Si trattava, in occasione del 10° anniversario del MEPI, di “rendere onore ai risultati eccezionali” di dieci “ex” del ramo libanese. Evidentemente Assaad Thebian faceva parte del gruppo (72). In tale veste, appoggiato il trofeo al pulpito, ha preso la parola per lanciare qualche frecciata al governo libanese, mentre il sig. Hale applaudiva (73). Un preludio della rivoluzione “ della spazzatura”?
Dal 2011 Thebian lavora come consulente nel campo dei media digitali e della comunicazione. Tra i suoi clienti figurano molte ONG, come la “Lebanese Association for Democracy of Elections” (LADE) e la “Civil Campaign for Electoral Reform” (CCER) (74). Una breve scorsa al sito del NDI permette di scoprire che questa organizzazione di “esportazione” della democrazia ha un partenariato di 17 anni con la LADE e lavora a stretto contatto con la CCER (75).
A differenza degli altri leader del movimento “Voi puzzate!”, Lucien Bourjeily è un uomo d’arte. Scrittore e regista è stato segnalato nel 2012 dalla CNN come una delle 8 personalità culturali più importanti in Libano. (76).
Nel 2013 sfidò il governo libanese con una pièce teatrale che criticava severamente la censura statale. La pièce intitolata « Bto2ta3 Aw Ma Bto2ta3 » (letteralmente “Tagli o non ti Tagli ?”) è stata censurata e questo le ha procurato una immensa pubblicità. Nel 2014 Bourjeily ha avuto altri problemi con le autorità libanesi per una storia di rinnovo del passaporto, incidente che ha agitato la blogsfera (77).
Il rapporto annuale 2014 della NED riferisce con chiarezza che obiettivo di MARCH è di “mettere su una produzione di « Bto2ta3 Aw Ma Bto2ta3 » e di documentare il lavoro svolto per ottenere l’approvazione di una pièce da parte della censura “(80) Missione compiuta: il divieto di rappresentazione della pièce è stato revocato il 25 settembre 2014 e la notizia è stata fortemente mediatizzata (81).
SKeyes è l’acronimo stilizzato di “Samir Kassir Eyes “ (Gli occhi di Samir Kassir, il leader della rivoluzione del Cedro). Il Centro è stato fondato a Beirut nel novembre 2007, dopo l’uccisione di Samir Kassir. Per quanto viene riferito nel suo sito, “il Centro intende essere un occhio vigile sulle violazioni della libertà di stampa e culturale; intende anche difendere i diritti dei giornalisti e degli intellettuali e la loro libertà di espressione” (82). Molti documenti dimostrano che SKeyes è finanziata dalla NED e dal NDI (83). D’altronde, prima di diventare direttore esecutivo di SKeyes nel 2011) Ayman Mhanna aveva lavorato per la NDI come direttore di programmi (2007-2011) (84).
Piccola precisazione: Lucien Bourjeily e Imad Bazzi sono entrambi componenti del consiglio consultivo di MARCH (85).
Gli attivisti di cui abbiamo parlato sono tra le figure più mediatizzate della rivoluzione della “spazzatura”, e la lista non si esaurisce qui. Ma il dissidente che rappresenta il trait d’union tra la rivoluzione del Cedro e quella della “spazzatura” è sicuramente Michel Elefteriades, una sorta di “anello mancante” del Libano rivoluzionario colorato. Dieci anni dopo, colui che fu in stretto contatto con gli specialisti della resistenza non violenta di CANVAS ritorna alla ribalta della contestazione popolare.
E utilizza il linguaggio apparentemente ingenuo del “profano” quando spiega la rivoluzione della “spazzatura”. “E’ una specie di rivoluzione popolare, un melange di molti movimenti – una dose di anarchia nel senso buono filosofico come l’insofferenza per ogni forma di centralizzazione del potere – è veramente un movimento popolare, quindi non penso che si fermerà”, ha dichiarato.
Per poi contraddirsi poco dopo: “Ci sono degli intellettuali e dei leader di opinione che monitorano (le proteste). Noi stiamo lì a verificare che non si prendano derive né che si intrometta qualche intruso per cercare di deviare le manifestazioni in altre direzioni”. (86).
Sull’onda della rivoluzione della “spazzatura”, Michel Elefteriades ha fondato “Harakat El Girfanine” (il movimento dei disgustati”) (87). Prova che non ha dimenticato le lezioni di CANVAS, Il logo di questo movimento, infatti, è appunto il pugno di Otpor e il nome ricorda quello dei cyber dissidenti sudanesi “Grifna” (ci siamo disgustati) (88).
Tanto più se si pensi che il Libano è un paese chiave nell’equazione mediorientale a cagione della sua vicinanza a Israele, le sue relazioni geopolitiche con l’esangue Siria e la presenza di un elemento di forte irritazione per gli Occidentali: Hezbollah.
E’ infine interessante fare un parallelo tra il Libano e l’Ucraina. Con un intervallo di circa dieci anni, entrambi i paesi sono stati teatro di due rivoluzioni “infiltrate”; le loro popolazioni non presentano uniformità nazionale (etnica, culturale o linguistica); sono geograficamente vicini a paesi di grande importanza politica per l’Occidente (Israele/Siria da un lato e Russia dall’altro) in modo da potere essere utilizzati come cavalli di Troia per raggiungere obiettivi geostrategici.
Le rivoluzioni arancione (2004) e del Cedro (2005) sono state tra i più grandi successi di CANVAS, Il coinvolgimento pianificato di violenti gruppi neonazisti durante l’Euromaidan (2013-2014) ha provocato drammatici sovvertimenti in Ucraina.
In Libano puzze “colorate” esalano dai mucchi di rifiuti che si ammassano nelle strade. E una questione si pone: che cosa partorirà la rivoluzione della “spazzatura”?
1) Journeyman Pictures, Documentario « The Revolution Business », data di uscita: 27 maggio 2011, Produzione ORF, Ref. : 5171, http://journeyman.tv/62012/short-films/the-revolution-business.html
2) Ahmed Bensaada, « Arabesque américaine : Le rôle des États-Unis dans les révoltes de la rue arabe », Éditions Michel Brûlé, Montréal (2011), Éditions Synergie, Alger (2012).
3) Idem
4) Idem
5) William J. Dobson, « The Dictator's Learning Curve: Inside the Global Battle for Democracy », Random House Canada Limited, Toronto, 2012.
6) Ahmed Bensaada, « Ucraina : autopsia di un colpo di Stato », parte 1° e parte 2°, in www.ossin,org, aprile 2014
http://www.ossin.org/ucraina/1548-ucraina-autopsia-di-un-colpo-di-stato-parte-i
http://www.ossin.org/ucraina/1549-ucraina-autopsia-di-un-colpo-di-stato-parte-ii
7) Ahmed Bensaada, « Hong Kong : un virus sotto l’ombrello », www.ossin.org, ottobre 2014
http://www.ossin.org/reportage-dal-mondo/reportage-estremo-oriente/56-cina2/1626-hong-kong-un-virus-sotto-lombrello
8) Tina Rosenberg, « Revolution U », Foreign Policy, 16 febbraio 2011, http://www.foreignpolicy.com/articles/2011/02/16/revolution_u
9) Sharmine Narwani, « Ten years on, Lebanon's 'Cedar Revolution'», RT, 13 marzo 2015, http://www.rt.com/op-edge/240365-lebanon-revolution-anniversary-cedar-2005/
10) Niles Lathem, « Give Us Leb-erty! Protesters Slam Syria In Massive Beirut Rally», New York Post, 8 marzo 2005, http://nypost.com/2005/03/08/give-us-leb-erty-protesters-slam-syria-in-massive-beirut-rally/
11) Bassem Chit, « Lebanon: Some Things That Money Can't Buy », Socialist Review, n°306, maggio 2006, http://socialistreview.org.uk/306/lebanon-some-things-money-cant-buy
12) Vedi riferimento 9
13) Idem
14) Rita Chemaly, « Le printemps 2005 au Liban : Entre mythes et réalités », L'Harmattan, Paris, gennaio 2009
15) BBC News, « In Pictures : Beyrouth Protest », 28 febbraio 2005, http://news.bbc.co.uk/2/hi/in_pictures/4304639.stm
16) Vedi riferimento 7
17) Milos Krivokapic, « Les faiseurs de révolutions : entretien avec Aleksandar Maric », Politique internationale, n°106, inverno 2004-2005, http://www.politiqueinternationale.com/revue/read2.php?id_revue=20&id=77&content=texte&search=
18) Vedi riferimento 2
19) Vedi riferimento 9
20) Idem
21) Ahmed Bensaada, « Arabesque$: Enquête sur le rôle des États-Unis dans les révoltes arabes », Éditions Investig’Action, Bruxelles, 2015, cap.1
22) Ahmed Bensaada, « Siria, il dandy e i falchi », www.ossin.org, settembre 2013
http://www.ossin.org/crisi-siria/1462-il-dandy-e-i-falchi
23) Democracy & Security International Conference, « List of participants », Praga 5-6 giugno 2007, http://www.democracyandsecurity.org/doc/List_of_Participants.pdf
24) Vedi riferimento 21 cap.4
25) FORA TV, « George W. Bush on Democracy and Security », http://library.fora.tv/2007/06/05/George_W__Bush_on_Democracy_and_Security
26) Democracy & Security International Conference, « Organizers », Praga 5-6 giugno 2007, http://www.democracyandsecurity.org/organizers.htm
27) Prague Security Studies Institute , « International Advisory Board », http://www.pssi.cz/pssi-boards/international-advisory-board
28) Vedi riferimento 26
29) Ynet News, « Richest US Jew pledges USD 25 million to Taglit - birthright Israel », 2 giugno 2007, http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-3361888,00.html
30) Adelson Family Foundation, « Welcome », http://www.adelsonfoundation.org/AFF/index.html
31) Nathan Guttman, « Sheldon Adelson Is a Philanthropist Like No Other », Forward, 3 novembre 2014, http://forward.com/news/israel/208220/sheldon-adelson-is-a-philanthropist-like-no-other/
32) WikiLeaks, « Câble 06BEIRUT1544_a », https://www.wikileaks.org/plusd/cables/06BEIRUT1544_a.html
33) Michael Emerson et Senem Aydın, « Democratisation in the European Neighbourhood », CEPS, Bruxelles, 2005, p. 3.
34) Nabil Chehade, « Political Illustration : Lebanon and Beyond - Interview of Daniel Drennan », Design Altruism Project, 7 dicembre 2011, http://design-altruism-project.org/2011/12/07/political-illustration-lebanon-and-beyond/
35) Lebanon Renaissance Foundation, « Who We Are », http://www.lebanonrenaissance.org/whoweare
36) Melissa Data, « Lebanon Renaissance Foundation », http://www.melissadata.com/lookups/np.asp?mp=p&ein=910190501
37) SourceWatch, « Sustainable Democracy Center », http://www.sourcewatch.org/index.php/Sustainable_Democracy_Center
38) ProRepublica, « Research Tax-Exempt Organizations - Lebanon Renaissance Foundation », https://projects.propublica.org/nonprofits/organizations/910190501
39) Lebanon Renaissance Foundation, « Education », http://www.lebanonrenaissance.org/alteducation
40) Vedi riferimento 21, capitolo 2
41) The Libanese Transparency Association, « Annual Report 2008-2009 », http://transparency-lebanon.org/Modules/PressRoom/Reports/UploadFile/5719_31,07,YYannualreport.pdf
42) Per maggiori informazioni sul MEPI, vedi riferimento 21, capitolo 5
43) Vedi riferimento 6
44) Pierre Boisselet, « La “ligue arabe” du Net », Jeune Afrique, 15 marzo 2011, http://www.jeuneafrique.com/192403/politique/la-ligue-arabe-du-net/
45) Heinrich-Böll-Stiftung, « First Arab Bloggers Meeting 2008 », 22-24 agosto 2008, http://ps.boell.org/en/2013/11/05/first-arab-bloggers-meeting-2008-democracy
46) Heinrich-Böll-Stiftung, « Second Arab Bloggers Meeting 2009 », 8-12 dicembre 2009, http://lb.boell.org/en/2014/03/03/second-arab-bloggers-meeting-statehood-participation
47) Per guardare le foto del « Second Arab Bloggers Meeting 2009 » : https://www.flickr.com/groups/1272165@N24/pool/with/4193262712/
48) Per conoscere la relazione tra gli « Stiftung » tedeschi e la NED, vedi riferimento 21, capitolo 2
49) Heinrich-Böll-Stiftung, « Bloggers meeting report 2009 - Blogging out of Repression and Passivity, into Democracy and Change », 8-12 dicembre 2009, https://lb.boell.org/sites/default/files/downloads/Bloggers_Meeting_Report_2009.pdf
50) Global Voices Advocacy, « Interview with Jacob Appelbaum from TOR », 14 dicembre 2009, https://advocacy.globalvoicesonline.org/2009/12/14/interview-with-jacob-appelbaum-from-tor/
51) Per un approfondimento su TOR, vedi riferimento 21, capitolo 3
52) Nicolas Dot-Pouillard, « Une « révolution des ordures » au Liban ? », ORIENT XXI, 2 settembre 2015, http://orientxxi.info/magazine/une-revolution-des-ordures-au-liban,1005
53) Alia Ibrahim, « Arab cyberactivists rapidly gain traction as crises continue », Al Arabiya News, 9 aprile 2011, http://english.alarabiya.net/articles/2011/04/09/144862.html
54) Per un approfondimento sui cyber attivisti egiziani, vedi riferimento 21, capitolo 4
55) IkhwanWeb, « Blogging Truth to Power in the Middle East », 3 marzo 2010, http://www.ikhwanweb.com/article.php?id=23498
56) AUSACE 2011, « Conference Program- Digital and Media Literacy: New Directions », 28-31 ottobre 2011, https://docs.google.com/spreadsheet/pub?hl=en_US&hl=en_US&key=0AkRlm628pZ6ddG9QbDdzbHNxajY4aktkMmp1UWNwNVE&single=true&gid=3&range =A1%3AB250&output=html
57) Mezri Haddad, « La face cachée de la révolution tunisienne », Éditions Apopsix, Paris, 2011.
58) Fikra Forum, « Imad Bazzi », http://fikraforum.org/?page_id=1783&lang=en&cid=62
59) LinkedIn, « Imad Bazzi – Anchor at Aljadeed FM », https://www.linkedin.com/pub/imad-bazzi/24/454/9b3
60) NED, 2014 Annual Report « Lebanon », http://www.ned.org/region/middle-east-and-northern-africa/lebanon-2014/
61) Maharat Foundation, « Lebanese blogger arrested in Egypt, deported to Beirut », 12 settembre 2011, http://www.ifex.org/lebanon/2011/09/12/bazi_denied_entry/
62) Ahmed Bensaada, « Gli attivisti della primavera araba e la lobbie filo-israeliana », www.ossin.org, settembre 2013 http://www.ossin.org/uno-sguardo-al-mondo/analisi/1472-gli-attivisti-della-primavera-araba-e-la-lobbie-filo-israeliana
63) Idem
64) Scarlett Haddad, « Marwan Maalouf, la tête dans les nuages et les pieds sur terre », L’Orient le Jour, 4 settembre 2015, http://www.lorientlejour.com/article/942496/marwan-maalouf-la-tete-dans-les-nuages-et-les-pieds-sur-terre.html
65) LinkedIn, « Marwan Maalouf – Human Right Lawyer », https://www.linkedin.com/pub/marwan-maalouf/1a/722/856
66) IWPR, « What we do », https://iwpr.net/what-we-do
67) IWPR, « Donors/Funders », https://iwpr.net/about-us/supporters
68) Menapolis, « Clients », http://menapolis.net/clients.php
69) Martin Armstrong, « Thousands rally in Beirut as trash piles up », Middle East Eye, 30 agosto 2015, http://www.middleeasteye.net/news/thousands-demonstrate-beirut-government-reforms-639890316
70) LinkedIn, « Assaad Thebian - Marketing & Digital Media Consultant », https://www.linkedin.com/in/assaadthebian
71) LinkedIn, « MEPI Alumni Lebanon Chapter », https://www.linkedin.com/groups?gid=3662444&goback=%2Enppvan_assaadthebian&trk=prof-groups-membership-logo
72) Kesserwen, « MEPI LAA Newsletter », 30 gennaio 2014, http://www.kesserwen.org/n/news.php?id=37804
73) YouTube, « Assaad Thebian: MEPI LAA Annual Dinner Speech », 29 febbraio 2014, https://www.youtube.com/watch?v=b2D2G_edbYk
74) United Nations Alliance of Civilizations, « Digital Tools for Newsgathering and Reporting Across Cultures Training Participant Bios », Aprile 2013, http://www.unaoc.org/wp-content/uploads/Digital-Tools-Training-Participant-Bios.pdf
75) NDI, « Where We Work - Lebanon », https://www.ndi.org/lebanon
76) Kesserwen, « 8 leading lights in Lebanese culture », 18 agosto 2012, http://www.kesserwen.org/n/news.php?id=22592
77) Nour Braïdy, « l’acteur Lucien Bourjeily récupère son passeport et crie victoire », Asdaa’, 24 mai 2014, http://asdaa.eu/2013-10-30-12-58-41/18-2013-10-31-11-02-33/808-l-acteur-lucien-bourjeily-recupere-son-passeport-et-crie-victoire
78) Vedi riferimento 60
79) MARCH, « Resources – Partners », http://www.marchlebanon.org/en/Resources-Partners
80) Vedi riferimento 60
81) Facebook, « MARCH », 16 octobre 2014, https://www.facebook.com/marchlebanon/photos/a.397998033570929.77264.348852438485489/741637102540352/?type=1
82) SKeyes, « Qui sommes-nous ? », http://www.skeyesmedia.org/fr/Who-We-Are
83) Vedi per esempio: Frank Smyth, « Animated journalist survival guide looks ahead », Committee to Protect Journalists (CPJ), 22 agosto 2013, https://cpj.org/blog/2013/08/animated-journalist-survival-guide-looks-ahead.php
84) LinkedIn, « Ayman Mhanna - Executive Director at Samir Kassir Foundation », https://www.linkedin.com/in/aymangmhanna
85) MARCH, « Missions and Objectives », http://www.marchlebanon.org/en/About-Us
86) Elsa Buchanan, « Lebanon You Stink protests: We are not Egypt, claims activist Michel Elefteriades », IBTimes, 25 agosto 2015, http://www.ibtimes.co.uk/lebanon-you-stink-protests-we-are-not-egypt-claims-activist-michel-elefteriades-1517010
87) Al Joumhouria, « Michel Elefteriades est “dégoûté et descend se promener à la place des Martyrs” », 24 agosto 2015, http://www.aljoumhouria.com/news/index/255178
88) Siavash Golzadeh, « Girifna – a part of Sudan’s non-violent history », Peace Monitor, 10 settembre 2013, http://peacemonitor.org/?p=836
A Christian boy, determined to create a proper community burial for his late grandfather, crosses enemy lines and makes friends among the Muslim majority in deeply divided, war-torn Kosovo.
My answer is crystal clear: hated based on fear of what’s different and diverse still lingers between the two ethnic communities.
And fear is the absence of love…
That’s why the hero in this story is a ten-year old boy who dares to do something unimaginable for both communities in Kosovo – Christian and Muslim: to gain a friend on the opposite side!
I wanted to make an antiwar film based on the eternal and edifying story about forgiveness and love.
– Goran Radovanović, Director –
Serbia’s nomination for best foreign-language Oscar turns clichés about the bitter civil war in Yugoslavia on their head.
Focused on a tiny Serb community living in a UN-protected enclave in Muslim Kosovo, Enclave – Goran Radovanovic’s second feature – looks at the legacy of ethnic cleansing and internecine conflict through the eyes of a small boy, Nenad.
Every day Nenad is taken to school from his father’s farm in a KFOR armored car to study alone in a school with no other pupils. Like any other boy of his age, all Nenad wants are some friends his own age. Each day, through narrow observation slits in the military vehicle he sees two Albanian boys and a shepherd boy – who has lost his father in the war and hates Serbs.
The film won an audience award last June after a competition screening at the Moscow International Film Festival.
– Source: HollywoodReporter
Reportaža RTS o protestu kosovskih Albanaca u Dečanima 18. decembra 2015. godine.
Kosovo Albanian nationalists staged a protest today in Dečani claiming that 50% of the Monastery land must be confiscated from the Monastery which is one of 4 UNESCO sites in Kosovo. The protesters were chanting UCK (the name of Kosovo Albanian war time militia)...
Nouveau coup dur pour le Kosovo : le Conseil de l’Union européenne a refusé, mardi 15 décembre, de donner son accord à la libéralisation du régime des visas. Une mauvaise nouvelle de plus, alors que le pays est en pleine crise politique...
Le Tribunal spécial chargé de juger les crimes commis par l’Armée de libération du Kosovo (UÇK) pendant la guerre de 1998-99 doit ouvrir en 2016. Le Parlement de Pristina a d’ailleurs approuvé cette décision en août. Mais depuis rien n’a avancé et les internationaux s’agacent...
Xhemshit Krasniqi, ancien soldat de l’UÇK, a été arrêté mardi lors d’une vaste opération d’Eulex et des unités des forces spéciales de la police du Kosovo à Prizren. Il est accusé de crimes de guerre commis au printemps 1999...
Oliver Ivanović, dirigeant serbe du nord du Kosovo favorable au dialogue et adversaire résolu des actuelles autorités de Belgrade, a été placé en résidence surveillée au terme de vingt mois de détention et de plus de six semaines de grève de la faim. Il est accusé de crimes de guerre, commis en 1999-2000 contre des civils albanais...
Con gli accordi Pristina- Belgrado del 25 agosto, le municipalità kosovare a maggioranza serba si uniranno in un'Associazione. Uno sviluppo che si presta a letture contrastanti...
C’est le prisonnier le plus célèbre d’Eulex. Depuis janvier 2014, le politicien serbe du Kosovo Oliver Ivanović, soupçonné de crimes de guerre, est en détention provisoire. Il a entamé une grève de la faim et vient d’être placé en soins semi-intensifs à l’hôpital de Mitrovica...
Posted on September 5, 2015 by Grey Carter
Serbian girl Jovana was only 11 years old when Albanian terrorists captured, beaten and detained iher together with rest of the family.
They were taken in a camp in the village of Klecka , Lipljan , along with her mother and grandmother . The camp was under direct rule and control of Fatmir Limaj (acquitted by the Hague cangaroo court) and Hashim Thaci.
Hasim Taci used to visit the camp. One day little Jvana was taken by the Albanian KLA bandits, Luan and Bekim Mazrreku, who, before the eyes of her mother and grandmother raped the eleven years old girl.
They tortured her, cutting her body parts for hour and forcing mother and grandmother to watch and listen…
When little Jovana was almost dead, they burned her alive, in the sight of the unfortunate mother and grandmother .
On 27 August, in the region of Klecka, at the height of 1,044 meters enabling the control of much of the region, the police uncovered a base of Albanian terrorists and a crematorium with the remnants of burned bodies.
According to witness accounts of captured Albanian terrorists Ljuan and Bekim Mazrek from Orahovac, those are the bodies of Serbs kidnapped by the terrorists in June. The terrorists abducted at the time close to one hundred citizens of Serb nationality – in the streets, in the fields, in the hospital, in pharmacies, but also in their homes and apartments. They have taken them in buses to Klecka and imprisoned them in improvised camps. >
There is reason to believe that most of the Serbs abducted in previous months have been killed there. It will be difficult to determine the number because the victims’ bodies were burned. So far, the remnants of 22 bodies were found. In one group of those shot, there were three elderly and two younger men, three women of the age of around thirty and two children aged seven to eleven. According to the accounts of captured terrorists, the KLA bandits have set up firing squadrons, numbering up to twenty “soldiers”. Following the pattern of Fascist reprisals, they tied the people, aligned them and shot them. Then they threw their bodies in a lime processing plant, an improvised crematorium.
“From a group of kidnapped persons, we snatched a girl. I heard someone calling her Jovana. I do not know if that was her mother. I was ordered to hold her while they raped her. Then one of the three commanders, Gani Krasnici told me to rape her. She was crying and screaming while we raped her, mumbling something in Serbian. We did not understand anything. Those who looked on were crying. Then we were told to take all women side and then gang raped them. Then Gani told us to mutilate them. The boy was around 8 years old. They were Serbs. At first, I did not want to do it, but later I had to. I cut off a woman’s ear and did not want to touch the child. The others did just about everything. They cut off their ears, gouged their eyes out and cut off their hands. I saw them gouging a woman’s eyes, both arms and then cutting both ears. I saw Skender Krasnici cutting off body parts, but I do no remember if it was a woman or a man. After that, the twenty of us were ordered to lign up and shot them. I was third in the group. In the firing squad there were also Dardan Krasnici, Skumbin Krasnici, Nebin, Ismet, Basken and Bekim Mazreku, Besim and Abazi Betici and Skender Krasnici. I do not remember the others.
The person’s arms were tied up in one group. When we were ordered to shoot, I said no, I could not. The girl I raped and a woman with a child, whose ear I cut off, came before me. When I saw them, I lifted the gun and said I was not going to shoot them, I have had enough. Daniel hit me over the face and took my automatic rifle away. He took me to the group that was to be shot and said I was to be shot too. Hasni Kidaj and Skender Krasnici came, pointing a gun at me and took me out from the group. All the time Gani was standing behind, holding a gun with a tromblone mine and said that I would be shot unless I shoot them. I did not have any choice, I had to shoot.
The man they called Tiger gave them order to shoot. Get ready, get ready, shoot. We all shot at once at the group. We were shooting while ammunition lasted. We checked whether they were dead and then shot again. There have been some 100 people in the camp, abducted Serbs and Albanians. I do not know how many, but they were mostly Serbs. There were less Albanians. Among those abducted, there were several policemen. All of them were previously mutilated or massacred before being shot. They were individually buried in graves, along the roads exiting Klecka, on the way to Sedlar village. The graves have not been marked at all.” Aslan Klecka was in charge of teaching us to pray and worship. He told us that after the banishment of Serbs the Albanians will be the most devoted of Moslems in the world”
On the scene of the monstrous crime the police had found a small cut off arm of Jovana, cut away from the elbow and partially burned …
[Zlocini brace Mazreku, pripadnika OVK, nad neduznim Srpskim civilima! Video svedocanstvo o zlocinima brace Mazreku.
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=NBQNYRq82aY ]
Spasm of the little fingers seemed like begging for help and waving to mother and grandmother . When asked by Judge Danica Marinkovic how they found out that the girl who was raped and murdered was Jovana, one of the Mazrreku brothers said:
” When I ripped the girl from the hands of the mother , the woman was calling that name untill we finally executed her; and the old woman died too. Instantly . ”
Members of Serbian police in addition to other terrorists arrested and the two villains. The Mazreku brothers recognized and described the crimes that were committed in Klecka, and all what they did to little Orthodox Christian girl Jovana. All this was recorded by Judge Danica Marinkovic; they took statements , the cameras filmed the crime scene and the villains;
The Court pronounced the verdict and sent the monsters to prison . But the West made a strong diplomatic and non diplomatic pressure after the fall of Slobodan Milosevic; and they were – acquitted!! – with the generous support of some blackmailed and corrupted Serbs: Biljana Kovacevic -Vuco , Natasa Kandic , Sonja Biserko , Cedomir Jovanovic , Natasa Micic , Borka Pavicevic , Miljenko Dereta and other well-wishers to Albanian narco supliers, these criminals are free . I spoke about the little girl Jovana hundred times; I’m trying to record the names of the martyrs, who died for Orthodoxy, in order to save them for oblivion.
PHOTO: The collection of poems “Jovana”, written by Slavko Nikic, was named after the girl Jovania who was barely 11 years old when Albanian terrorists kidnappped, raped and killed in the most monstrous way in the village of Klecka in Kosmet. Together with her mother Albanian bandits hem into live fire. What is most amazing here, is the fact that the monsters were released from the Nis prison and acquitted.
My silent hope is that some Serbs, certainly better that us, picture Jovana on an icon, in front of which we all could pray .
Grey Carter
Posted on August 29, 2015 by Grey Carter
The Albanians who gathered to protest threw firecrackers and red paint at the police, RTS is reporting.
While three buses carrying the Serbs were leaving the monastery’s yard, a sizable group of people gathered at the end of the former Srpska Street, shouting slogans against Serbs and throwing firecrackers. The slogans included “Serbia cannot pass here,” and, “No reconciliation without justice.”
The police used tear gas and prevented them from approaching the IDPs as they were leaving the monastery. One person was detained during the breaking through the police cordon.
After a short while, the Albanians dispersed while the IDPs left the town safely with strong police escort, and headed toward the monastery of Visoki Decani.
Beside the numerous Kosovo police members who secured the monastery in Djakovica today, Italian soldiers from KFOR had also been deployed. The entrance to the street was closed to traffic.
Djakovica Mayor Mimoza Kusari Lila spoke with the police before the buses arrived “to make sure everything is ready for the visit.”
And it was.
Rocks, crowd, and Albanian mob eager to lynch…
As always the Albanian occupiers defend their criminal misdeed always by the same excuse: The War! The Albanians suffered!
(Reminder: In 2014 in some of the surrounding villages a mass grave with murdered Serbs was investigated, The human remains were discovered, and it was comfirmed that they belonged to victims of the KLA from the Albanian death camp for Serbs, “Likovci”.
EULEX Prosecution has brought an order for exhumation, autopsy and identification of the discovered remains. Before the Albanian and NATO occupation, there were thousands of Serbs living in Djakovica and the surrounding area.
Still, the Albanian ‘mayor’ shamelesly continues with propaganda:
“This municipality suffered a lot during the war and that must be respected – but we of course know that is according to the law, and we are ready for the believers to come in peace and we know they come because of religion, and not for other reasons. When we take into account there are many in our municipality still listed as missing and all the sufferings and the situation here, it is not easy,” said she.
There Must be Justice.
source: Blic
Kancelarija za KiM: Kamenovanje autobusa i napad na dečake upozorenje o bezbednosti Srba
Tanjug | 25. 10. 2015. – Kancelarija za Kosovo i Metohiju Vlade Srbije upozorila je danas da je kamenovanje autobusa sa srpskim hodočasnicima u Peći, prilikom obilaska crkve Svetog Jovana - Mitropolije u centru ovog mesta, "gromoglasno upozorenje" o stanju bezbednosti Srba i srpskih svetinja u našoj južnoj pokrajini.
Napad, koji je srećom prošao bez povređenih, dogodio se manje od 24 časa posle nasrtaja na grupu srpskih dečaka u selu Gornje Kusce, i pitamo se li je u ovim slučajevima reč o organizovanim nastojanjima da se Srbi na KiM zastraše, navodi se u saopštenju Kancelarije za KiM.
- Činjenica da se napad dogodio u prisustvu kosovske policije, svedoči o intenzitetu mržnje koja stoji iza incidenta i smelosti napadača. Ovakvi događaji, takodje, predočavaju na koliko je niskom nivou bezbednost Srba na Kosovu i Metohiji i poštovanje prava na slobodu kretanja i prava na veroispovest u južnoj srpskoj pokrajini - dodaje Današnji napad na hodočasnike, u trenutku kada se odlučuje o tome da li će samoproglašeno Kosovo biti članica Uneska, još jedno je upozorenje kakva sudbina može zadesiti srpske svetinje, sveštenstvo i vernike ukoliko se taj plan i ostvari, jer oni koji danas upravljaju tim delom naše teritorije očigledno ne žele ili nisu sposobni da stvore normalno i tolerantno društvo, poručuju iz kancelarije za KiM.
Kancelarija za Kosovu i Metohiju apeluje na nadležne organe i političke aktere u pokrajini, ali i međunarodnu zajednicu, da preduzmu odlučne mere kako bi se eskalacija nasilja zaustavila i prestalo sa stvaranjem takve političke klime koja očigledno inspiriše nejekstremnije među kosovskim Albancima na najgori moguć način.
Poslanička grupa Srpska lista, takođe je osudila kamenovanje autobusa sa srpskim vernicima u Peći, upozorivši da to već predstavlja kontinuirani talas nasilja nad Srbima.
- Juče su napadnuta srpska maloletna deca, danas je kamenovan autobus, šta je sledeće, šta je sutra? Ovo je već kontinuirani talas nasilja nad Srbima - navodi se u saopštenju Srpske liste.
I kosovski ministar za zajednice i povratak Dalibor Jevtić najoštrije je osudio ovaj, drugi incident u samo dva dana.
Bus with a group of Orthodox Christian pilgrims from central Serbia, was stoned during the visit to Metropolis in the center of Pec.
The bus was stoned at the moment believers came out of the church.
“In the presence of two patrols, that followed the bus, in front of the church of St. John in the center of Pec the bus windows were broken, and no one was injured,” Panić says.
Yesterday four Kosovo Serbian boys have been injured and beaten by a group of Albanians yesterday on their way from school near Kusce, Novo Brdo, One of the attackers has been arrested.
http://informer.rs/vesti/srbija/38242/ALBANCI-NAPALI-MOTKAMA-SRPSKE-DECAKE-Cetvorica-povredjena-jedan-u-bolnici-u-Gracanici
The prosecutor sentenced the suspect to 48 hours of detention, the Kosovo police from Pec said in the release.
Nobody was injured in the incident which occurred on Sunday at 2.15 p.m. but considerable material damage was inflicted to the bus.
The incident occurred despite of the presence of Kosovo police patrols, the witnesses said.
Kao i sve, tako je i pravda za preostale Srbe na Kosovu i Metohiji sporo dostižna. Toliko, da su od nje digli ruke.
Baka Persa je osuđena za remećenja javnog reda i mira i svakog dana čeka da joj policija zakuca na vrata i povede je u zatvor jer, kako kaže za “Alo!”, ni u ludilu neće da plati kaznu.
- Skoro celo imanje su nam uzurpirali. Ostalo nam je nešto malo, svega desetak ari, i sad oni dovode stoku na našu zemlju štetu da nam prave. Žive pet-šest kilometara od nas, a stoku sve dovode u našu mahalu. Stoka sve pogazila, pojela povrće, probila ogradu. Istrčala sam da je poteram iz svog dvorišta kad me je jedan od trojice braće dohvatio i motkom izudarao po butini. Njihov lekar Albanac me je pregledao, imala sam ogroman hematom. I sada ja da platim što sam branila svoje imanje. Ma neću iz principa, nego idem u apsu. Sin kaže da platimo jer pravde za nas Srbe dole nema, ali ja ne odustajem. Ako treba i sudu u Strazburu ću se žaliti - priča baka Persa, koja je o tada više puta bila na meti porodice Ibiši. Oni godinama vrše tetor nad gotovo svim Srbima u selu, otimaju im i uništavaju imanja, više puta su uhvaćeni u bespravnoj seči šuma, ali im, kako kažu meštani, niko ne može ništa.
- Svaki put kad me vide, pokazuju rukom preko grla i dobacuju da će biti krvi. Prošle godine me je najmlađi od njih uhvatio i pola sata mi držao sekiru iznad glave. Slučaj nije pokrenut jer tužilaštvo navodno nije imalo dovoljno elemenata za pokretanje. Komšija ne sme iz kuće od njih, ja ponekad izađem da naberem šljive, natočim vode i skupim granje za potpalu, ali sve u strahu. A oni mi dobacuju: „Šta si došla da nam smetaš.“ „Ma kome smetam, ovo je moje dvorište, moja kuća“, odgovorim im, a oni se smeju i kažu: „Kao što je tvoja i država.“ Prete i sinovima. Strah me je jer deca rade, pa često ostajem sama. Ja dok živim - živim, al’ za njih mi je najgore - zavšava nesrećna žena.
Desetine prijava nasilnika
Svetislav Ivanović, prvi čovek opštine Novo Brdo, kaže da porodici Ibiši niko ne može ništa. - U policiji protiv njih ima desetak prijava, za mnogo toga nisu odgovarali ili bi im sudija odredio najblažu moguću kaznu. Šta to vredi kada nastavljaju da kradu, tuku Srbe i otimaju im imovinu. Da stvar bude gora, mnogi trpe maltretiranje braće i ne prijavljuju ih plašeći se da će tek onda početi da se iživljavaju. Jednostavno, ovde ljudi više ne veruju u pravdu - priča Ivanović. U ovom selu je do 1999. živelo je više od pet stotina Srba, a sada ih je ostalo svega stotinak.
Sava Janjic – Decani, Serbia – 7.12.2015.
Јутрос 7. децембра у 2.50 непозната лица отворила су рафалну ватру из аутомобила који је пролазио кроз српско село Гораждевац у општини Пећ. Према речима једног од очевидаца реч је о џипу који је возио 10-15 км на сат. Нападачи су најпре пуцали на споменик жртвама рата и страдалим дечацима пострадалим у терористичком нападу на реци Бистрици 2003. године, наневши велика оштећења. Настављајући пут кроз село отворили су ватру на аутомобил Србољуба Колашинца који је у потпуности изгорео, а потом су осули паљбу на кућу Саше Петровића. Нападачи су пуцали на више других објеката и једну трафику. Полиција и ватрогасци су одмах изашли на лицу места. Иако нико у овом терористичком нападу није повређен, житељи овог српског села су озбиљно узнемирени јер се сличан напад догодио пре 9. јула ове године када је такође из аутомобила у покрету нападнут споменик жртвама рата на који је бачен Молотовљев коктел. Починиоци овог као и бројних других напада на ово село и друга српска насеља и повратничке куће на простору Пећког округа никада нису пронађени.
Gli autori di questo, come anche di altri attacchi in questa cittadina e contro le case d'intorno, nel circondario di Peć, non sono mai stati identificati.
Albanians "personally responsible for safety of Serbs"
SOURCE: BETA, TANJUG TUESDAY, DECEMBER 8, 2015
07/12/2015
Kosovo Albanian ultra nationalists led by opposition party Self-Determination staged protest in Djakovica this morning in order to prevent a group of Serb pilgrims and refugees to visit their church for Orthodox Christmas holidays. Kosovo police prevented protesters to block the church and preserved order...
SOURCE: TANJUG WEDNESDAY, JANUARY 6, 2016
The protesters gathered several dozen meters from the church and waited for three hours, in bad weather and rain, for the Serbs to arrive. They stood in front of a police cordon deployed there.
Last year and the year before, displaced Serbs were unable to visit the church and a monastery in Djakovica on Christmas due to the opposition of local Albanians, as some of them used stones to attack their buses.
According to reports, there were no major incidents today - "other than the eggs, snowballs and apples" that the protesters threw in the direction of the Serbs who were "not in their buses at the time, and were out of the range."
The Kosovo police said later on Wednesday that the protest was organized by the Self-Determination Movement and ended without incidents, and that the Serbs' visit to the town went peacefully.
Tanjug reported earlier on Wednesday there was "strong police presence along the streets leading to the church," and that the protesters at one point shouted, “This is Djakovica - no room for Serbs," along with anti-Serb insults.
A large number of reporters gathered in the town today.
Last year, displaced Serbs visiting their town on Orthodox Christmas Even were attacked by ethnic Albanians who used stones.
Some 12,000 Serbs lived in Djakovica before the war, while there are only four Serb nuns living there now.
President of an association gathering Serbs displaced from Djakovica, Djokica Stanojevic, said that Orthodox Christmas was once respected by everyone, and that Albanians would wish Serbs a happy holiday.
"I am sad, because I have been traveling 800 kilometers to reach my town, my street, only to pass by my house that is 100 meters from here," he told reporters in the church's yard.
He stressed that all those who "made mistakes in the past should be held responsible" but that "it should be known that Serbs, too, are a part of this town," and added that IDPs had filed requests to authorities to return to their town.
The Serb (Srpska) List president, Slavko Simic, also arrived today on the bus that traveled from Decani, and told Tanjug the visit was not meant to provoke anyone or cause incidents, but had the goal of sending "a message of peace."
He said Albanians should not protest but welcome their fellow Djakovica-residents "cordially" and in that way show they want the town to once again be multi-ethnic.
We would like to thank everyone who signed our #NoKosovoUnesco petition on iPetitions, as well as all those who have contributed towards spreading the word about the petition on social networks and the media!
We’ve collected over 100,000 signatures is less than 72 hours, submitted the signatures together with a cover letter signed by 28. Jun President Filip Filipi and Serbian-Canadian Filmmaker Boris Malagurski to UNESCO Director General Irina Bokova at UNESCO’s headquarters in Paris and are now aiming at reaching our next goal: 200,000 signatures by the start of UNESCO’s Annual Conference on November 3, 2015, during which a decision will be made on whether Kosovo will be granted UNESCO membership.
Please sign the petition and share with all your friends:
www.ipetitions.com/petition/NoKosovoUnesco
28. Jun President
Boris Malagurski
Serbian-Canadian Filmmaker
Dacic: No decision can erase history
Serbia will continue the struggle for preservation of its cultural heritage regardless of the Wednesday decision of the UNESCO Executive Board concerning Kosovo’s membership, Serbian Minister of Foreign Affairs Ivica Dacic said on Wednesday.
We need to continue advocating preservation and protection of the cultural heritage of the Serbian Orthodox Church, Serb people and Serbia in Kosovo-Metohija and we will do so at the UNSECO General Conference due to take place in November and through all other political and diplomatic activities in the time to come, Dacic told reporters in the Serbian Ministry of Foreign Affairs.
The UNESCO Executive Board can adopt the decision as they see fit, but they cannot erase history because this has always been and will continue to be Serb cultural and religious heritage in Kosovo-Metohija, Dacic said.
A total of 27 members voted in favour and 14 members were against the proposition, while 14 members refrained from voting, including Japan.
Let us hope that a mutually acceptable solution would be found to ensure protection for the cultural heritage in Kosovo, Takahara said.
On Thursday, Takahara delivered a donation of the Japanese government to utility company Morava in Svilajnac.
Can those, who tore down the Church of the Holy Trinity in Djakovica in 1999 and built a park in its place, be entrusted with protection of Serbian holy sites, the banished citizens of Djakovica said in the letter.
Mayor expressed his disapproval of any type of abuse of UNESCO, especially for political purposes, which he said was obvious in a proposal put forward by Albania, the Serbian president’s press office said in a release.
President Nikolic asked Mayor to make effort at UNESCO to remove the question of Pristina’s membership of the organization from the agenda until further notice, the release said.
Former Director-General of UNESCO Federico Mayor opposes Kosovo's membership in the organization, and stresses that the UN is in need of deep reforms...
(Servilismo: fratelli jugoslavi votano contro la Serbia)
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The Munich Agreement of September 30, 1938, concluded by Europe's major powers with Adolf Hitler, allowed the Nazis to absorb parts of Czechoslovakia and hammered the final nail in the coffin of the concept of European collective security pushed ahead by the USSR, Canadian professor of history Michael Jabara Carley told Sputnik...
http://russeurope.hypotheses.org/3778
Piu di 75 anni fa, il 23 agosto 1939, venne firmato uno dei più famosi documenti diplomatici nella storia dell'umanità, il Patto sovietico-tedesco di non aggressione...
oppure https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8380
Stalin e la geopolitica del revisionismo storico
Non sarebbe superfluo ripetere che il mondo è oggi di fronte la minaccia di una grande guerra, ben oltre contraddizioni parrocchiali come Ucraina, Medio Oriente e periodiche incomprensioni nel Mar Cinese Meridionale. Come è noto, la guerra è la politica con altri mezzi. E la politica della guerra mondiale in qualsiasi momento, come nel nostro tempo, consiste nella massa critica di influenti attori globali che cessa di mantenere l’ordine mondiale stabilito. I giganti indeboliti non rinunciano ai propri privilegi e i nuovi arrivati che acquistano slancio non possono migliorare status ed autorità senza combattere.
Il problema, o meglio, il segno dei nostri tempi è che viviamo ancora nel mondo di Jalta-Potsdam, lo stesso mondo che i Paesi vincitori della seconda guerra mondiale hanno creato, le cui regole hanno scritto, e le cui frontiere letteralmente e in senso figurato hanno delineato. Quindi, puntano verso questo nuovo ordine mondiale. E’ vero che dopo che i sistemi coloniali inglese e francese furono smantellati, Unione Sovietica e Stati Uniti li ereditarono, ma il resto del mondo non è cambiato molto. Il sistema di Bretton Woods e il dollaro come valuta di riserva sono rimasti, insieme a parità nucleare, limitazione della sovranità di Giappone e Germania, e mantenimento da parte della Russia di uno status elevato, anche dopo il crollo dell’URSS. Germania e Giappone, tra le principali potenze mondiali, sono già stufe della situazione. Molti vorrebbero ridurre status e autorità della Russia, ma gli Stati Uniti vogliono essere ufficialmente i leader mondiali. De jure, per così dire, e non solo de facto. La situazione dell’Asia, liberata da colonialismo e drammaticamente ferita, è stata quasi ignorata nel vecchio sistema. Dopo la guerra per l’eredità dell’Unione Sovietica, i Paesi del Patto di Varsavia furono in guerra per le repubbliche ex-sovietiche. Così, nel 1997, l’Atto istitutivo sulle relazioni reciproche Russia-NATO, in cui i Paesi dell’alleanza dichiaravano di non avere alcuna intenzione di schierare grandi contingenti militari sul territorio dei nuovi membri dell’alleanza, fu firmato. Ma dopo il vertice del Galles nel 2014, la NATO ha deciso di non rispettarlo.
Una lunga lista di contraddizioni globali e regionali può essere stilata. In realtà, le parole “siamo sull’orlo della guerra” sono piuttosto riduttive della situazione reale. Il potenziale militare di Russia e Stati Uniti non ha precedenti nella storia del mondo, e ancora oggi ciò ci tiene “sulla soglia”, e in ogni caso la guerra è già da tempo iniziata, e mai finita. Tutta la nostra vita tranquilla è una vita di debiti. Tutto il nostro benessere è a credito. Ne consegue che il tributo sarà pagato da coloro che vogliono vedere il mondo così com’è, senza lenti rosa. Se le contraddizioni non vengono risolte, la guerra inizierà comunque, non dobbiamo pensare che qualcuno possa abbandonare i propri arsenali nucleari. In realtà, le esercitazioni della NATO sul territorio europeo in questo momento riguardano direttamente scenari di guerra con la Russia in questi Paesi. Leggendo queste righe e torcendosi le mani, si potrebbe esclamare: “Che sciocchezze! Beh, ‘inverno nucleare!’ Distruzione reciproca””. I militari in questo momento già lavorano sugli scenari reali di questa guerra, che “semplicemente non può scoppiare”. Tra l’altro, prima dell’inizio della seconda guerra mondiale, la maggior parte dei Paesi più forti aveva enormi scorte di armi chimiche, più efficaci di quelle attuali. E come sappiamo, semplicemente non furono utilizzate. Firmarono capitolazioni e si arresero all’occupazione, ma (queste armi) semplicemente non furono utilizzate. Non ne consegue che non saranno utilizzate le armi nucleari, ma a giudicare dall’esperienza storica, è possibile.
I risultati della seconda guerra mondiale furono alla base dell’ordine mondiale esistente, e coloro che cercano di distruggerlo sono coloro che di questo ordine mondiale non sono contenti, in un modo o nell’altro. Sì, parliamo della famigerata “revisione dei risultati della seconda guerra mondiale”, che tutto l'”occidente civilizzato” afferma incessantemente essere inaccettabile, e in ciò s’è impegnato costantemente negli ultimi venti anni. L’esperto di relazioni internazionali, il politologo Aleksej Fenenko, dice: “L’amministrazione Clinton ha proclamato il concetto dell'”espansione della democrazia”, l’accettazione dei Paesi ex-socialisti e delle repubbliche dell’ex-Unione Sovietica (tranne la Russia) nelle istituzioni transatlantiche comuni. Gli statunitensi, in tal modo, si assicurano i risultati geopolitici del crollo del Patto di Varsavia e dell’URSS. Questo fu sostenuto da un segmento dell’élite di quei Paesi che sostenevano il massimo distacco dalla Russia. Ecco perché la diplomazia statunitense chiude un occhio alla rinascita di movimenti nazionalisti e anche apertamente filo-fascisti negli Stati baltici, Ucraina e Georgia: per la Casa Bianca la cosa principale è ridurre l’influenza russa nell’ex-blocco sovietico“. In tale ragionamento ovvio c’è un’ulteriore verità: una nuova percezione della seconda guerra mondiale si assesta nella coscienza delle masse, in cui la Russia svolge il ruolo dell’aggressore, nonostante il fatto che fummo vittime di un’aggressione. S’insegna diligentemente che la guerra con l’Unione Sovietica e la collaborazione con l’esercito nazista in quella guerra furono buone e giuste. E’ lecito sfidare le sentenze dei processi di Norimberga e tenere parate dei veterani delle SS. L’occidente ha bisogno semplicemente di un motivo per ridurre lo status della Russia, giustamente meritato dai risultati della seconda guerra mondiale. Per farlo, le interpretazioni gesuitiche dei fatti storici e la menzogna totale, impregnate dal silenzio totale su molti lerci episodi della politica europea di questi anni, vengono diffuse. Ma il ruolo principale qui è la demonizzazione dell’URSS e di Stalin quale leader nel periodo precedente e successivo la guerra.
Qui si arriva al punto chiave: l’era di Stalin e la valutazione degli eventi che ebbero luogo in quel momento. Abbiamo a lungo e con affetto creduto che fu proprio questo il nostro problema interno, valutando figure e fatti storici, traendo conclusioni, monumenti e nomi delle strade. Sembra che non valga neanche la pena di scriverne. Ma! La verità dietro le cose di solito è molto più interessante. Ecco cosa ha detto Aleksej Fenenko sulle conseguenze globali di tali decisioni: “La legittimità del moderno ordine mondiale è legata ai risultati della seconda guerra mondiale. Se i Paesi occidentali perseguono la politica di eliminare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nell’attuale composizione (e ci sono segni di ciò), allora è necessario crearne le basi ideologiche. Perché il tema dello stalinismo, anche se Stalin morì a metà del secolo scorso, è così popolare in occidente? Perché è la base per trasformare le Nazioni Unite. Se per un momento si ammette che “Stalin e Hitler erano ugualmente responsabili della guerra”, allora la questione viene immediatamente sollevata: cosa esattamente ci fa la Russia nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite? In Germania e in Giappone, credo, un’altra questione si pone, la mera questione dell’esistenza o meno dei confini organizzati dal solo Stalin“. E poi si trae tale conclusione dall’analisi politica del problema: “Qualcosa di molto simile già successe nella storia. Nel 19° secolo, non meno di una frattura fu causato dalla figura di Napoleone Bonaparte. L’imperatore battuto fu adorato e fortemente romanzato in Francia, Paese che volle rivedere i risultati del Congresso di Vienna del 1815. I movimenti nazionali idolatravano Bonaparte, tra cui, polacchi ungheresi irlandesi ed italiani che non avrebbero avuto la possibilità di creare i propri Stati senza nuovi fermenti in Europa. E viceversa le potenze vincitrici, Russia, Gran Bretagna e Austria, non gradivano Bonaparte. Il punto non era nemmeno Napoleone, ma piuttosto le controversie sulla necessità di rivedere i risultati del Congresso di Vienna. Oggi sentiamo un pericolo simile provenire dalle dispute sullo stalinismo e l’inizio della seconda guerra mondiale: non parliamo di Stalin in quanto tale, ma della trasformazione del Consiglio di sicurezza dell’ONU a svantaggio oggettivo della Russia”.
Le relazioni internazionali contemporanee sono caratterizzate da un’attività senza precedenti dei principali attori nella dinamica vita attiva. Ciò è dimostrato da sorprendente impegno e, in altri casi, da incredibile flessibilità. Il punto è che nella maggior parte delle capitali non s’è dimenticato che tipo di “gioia” sia la guerra mondiale, e cercano di evitarla. Ciò distrugge vecchie alleanze e ne crea di nuove, del tutto inaspettate, come ad esempio la convergenza tra monarchie arabe e Mosca e il netto peggioramento delle loro relazioni con Washington. La famosa mossa in cui i capi di quattro di tali Stati non parteciparono a una cena pianificata con Obama, è più che eloquente. Mentre le guerre regionali già cominciano a diffondersi in molte parti del mondo, e i nostri “partner” d’oltremare sono troppo felici di soffiare sul fuoco, Europa continentale (il Regno Unito, a tal proposito, cessa di appartenere all’Europa), Medio Oriente e Asia cercano di uscire da questa situazione. Perché non iniziare a vendere il nostro petrolio in rubli? Perché non traduciamo i nostri calcoli in yuan cinese? Perché non lasciamo il Consiglio d’Europa? Perché non fare più stupide ma efficaci manovre populiste? Perché ognuno capisca che, da un lato gli Stati Uniti semplicemente non rinunciano a dollaro come moneta mondiale, sistema di Bretton Woods e predomino nel FMI e altre organizzazioni senza una guerra, una vera e propria guerra calda. Dall’altra tutti possono vedere che il corso oggettivo della storia mondale alimenta i problemi interni degli Stati Uniti, gradualmente minandone il potere e, quindi riducendo con il passare del tempo la capacità di scatenare una grande guerra a proprio vantaggio. In tale situazione, Stalin è molto più di un paio di capitoli di un libro di storia. I numeri della “destalinizzazione”, la “riabilitazione” e altre questioni che con insistenza ci vengono imposte dall’occidente vanno considerati non solo piccoli ritocchi sui temi per stabilire la verità storica, ma come i nostri “cari soci” pensano, sono l’arma più forte nel grande gioco geopolitico che con inaudita ferocia si svolge sul pianeta.
[2] In Kupisch 1965, pp. 256-58.
[3] Losurdo 2007, cap. V, § 1.
[4] Hitler 1965, p. 238 (così si esprime il curatore).
[5] Shirer 1974, p. 453.
[6] Baumont 1969, p. 161.
[7] Riportato in Goebbels 1992, p. 867 (nota 22 del curatore).
[8] Baumont 1969, pp. 92-93 e 281.
[9] Taylor 1996, p. 259.
[10] Wolkogonow 1989, p. 468.
[11] In Gardner 1993, pp. 36 e 44.
[12] Wolkogonow 1989, pp. 465 e 460.
[13] Brecher 1965, pp. 89-90.
[14] Gandhi 1969-2001, vol. 80, p. 200 (Answers to Questions, 25 aprile 1941) e vol. 86, p. 223 (intervista a Ralph Coniston dell’aprile 1945).
[15] Gandhi 1969-2001, vol. 98, p. 293.
[16] Roberts 2006, p. 5.
[17] Mao Zedong 1969-75, vol. 2, pp. 271 e 275.
[18] Coox 1990, pp. 898 e 900.
[19] Romein 1969, p. 261.
[20] In Nolte 1987, pp. 313-14.
http://sputniknews.com/politics/20150823/1026098760/molotov-ribbentrop-pact-untold-story.html
La storia mai raccontata del Patto Molotov-Ribbentrop
Gli storici concordano sul fatto che le élite conservatrici europee vedevano in Adolf Hitler un “male” minore della Russia sovietica. Inoltre, secondo l’economista statunitense Guido Giacomo Preparata, per le istituzioni inglesi e statunitensi il nazismo era una forza trainante in grado di smantellare l’Unione Sovietica, finendo ciò che fu avviato dalla prima guerra mondiale, la completa dissoluzione dell’ex-impero russo. “A Churchill, (Stanley) Baldwin (primo ministro del Regno Unito) così riassunse nel luglio 1936: ‘Se c’è una lotta in Europa da fare, vedrei i bolscevichi (bolscevichi) e nazisti farla'”, ha scritto Preparata nel suo libro “Congiurando con Hitler: come Gran Bretagna e USA crearono il Terzo Reich“. Nel frattempo, le élite europee e statunitensi non erano solo disposte a creare eventuali alleanze contro l’Unione Sovietica, ma anche finanziarono l’economia della Germania nazista, favorendo la costruzione della macchina da guerra nazista. La prestigiosa industria bellica inglese Vickers-Armstrong fornì armi pesanti a Berlino, mentre le aziende statunitensi Pratt&Whitney, Douglas, Bendix Aviation, per citarne solo alcune, rifornirono aziende tedesche, BMW, Siemens e altre, di brevetti, segreti militari e avanzati motori aerei, sottolinea Preparata.
Secondo Andrej Fursov, a Monaco di Baviera le quattro potenze crearono un “blocco proto-NATO” contro l’URSS. Il complesso industriale della Cecoslovacchia doveva facilitare la crescita della potenza militare tedesca e garantirne la capacità di scatenare una grande guerra contro i “bolscevichi” in Oriente, al fine di estendere il Lebensraum tedesco. E le élite europee erano interessate a tale guerra, che avrebbe esaurito Germania e Russia. Alla luce di ciò, l’unica mossa per minare questo piano e rimandarne la realizzazione fu concludere un simile patto di non aggressione tra URSS e Germania. Inoltre, il ritardo aiutò l’Unione Sovietica ad accumulare risorse al fronte per l’invasione inevitabile da occidente. Michael Jabara Carley cita Winston Churchill, allora Primo Lord dell’Ammiragliato, che disse il 1° ottobre 1939, in un’intervista all’emittente nazionale inglese, che l’azione sovietica “era chiaramente necessaria per la sicurezza della Russia contro la minaccia nazista“. Perché allora l’occidente fa ogni sforzo per demonizzare il trattato di non aggressione sovietico-tedesco, il patto Molotov-Ribbentrop? Il professor Carley nota che sia un vano tentativo di banalizzare i gravi errori nell’Europa degli anni ’30, vale a dire l’incapacità (o non volontà?) di arrestare l’avanzata della Germania nazista e di creare un’alleanza anti-hitleriana nei primi anni ’30. “Oggi i governi occidentali e i giornalisti da essi ‘ispirati’, se si possono chiamare giornalisti, non si badano agli argomenti ‘tendenziosi’ quando si tratta d’infangare la Federazione Russa. Tutto è permesso. Dovremmo lasciarli equiparare il ruolo di URSS e Germania nazista nell’avvio della seconda guerra mondiale? Certamente no. Fu Hitler che voleva la guerra, e francesi e inglesi, in particolare questi ultimi, più volte ne furono strumento rifiutando le proposte sovietiche sulla sicurezza collettiva e spingendo la Francia a fare lo stesso“, osserva il professor Carley.
http://sputniknews.com/politics/20150825/1026165590/why-does-west-hate-stalin.html
Perché l’occidente odia Stalin?
Il professore ha sottolineato che lo storico Robert Conquest (autore de “Il Grande Terrore: le purghe di Stalin negli anni ’30” deceduto il 3 agosto 2015) aveva lavorato per l’Information Research Department (IRD) inglese dalla creazione al 1956. L’IRD, originariamente chiamato Communist Information Bureau, fu fondato nel 1947, quando la guerra fredda iniziò. “Il compito principale era combattere l’influenza comunista nel mondo diffondendo storie tramite politici, giornalisti e altri in grado d’influenzare l’opinione pubblica”, ha spiegato il Professor Furr. Il lavoro di Conquest era contribuire alla cosiddetta “storia nera” dell’Unione Sovietica, ha osservato il professore, “in altre parole, diffondere storie false tra giornalisti e altri in grado d’influenzare l’opinione pubblica”. “Il suo libro Il Grande Terrore, testo anticomunista sul tema della lotta di potere in Unione Sovietica nel 1937, in realtà lo compilò quando lavorava per i servizi segreti. Il libro fu pubblicato con l’aiuto dell’IRD. La terza edizione fu opera della Praeger Press che pubblicava testi provenienti dalla CIA“, ha sottolineato il Professor Furr, che osserva che oggi Conquest rimane una delle più importanti fonti sull’Unione Sovietica degli storici anticomunisti e russofobi. La propaganda era mascherata da borsa di studio contro l’URSS e coordinata dai servizi segreti anglostatunitensi. Furr nota che Conquest riceveva periodicamente pesanti critiche da eminenti studiosi occidentali, che l’accusavano di “falsificazioni consapevoli” sull’Unione Sovietica. Infatti Conquest usò qualsiasi fonte ostile a Stalin e all’URSS, chiudendo un occhio sul fatto se fosse affidabile o meno. Inutile dire che lo storico anglo-statunitense Robert Conquest ha molti “seguaci”, soprattutto oggi, quando le relazioni russo-occidentali sono peggiorate enormemente. La palese falsificazione della storia è uno strumento tradizionale della guerra fredda che viene rivitalizzato. “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato“, come George Orwell scrisse nel suo famoso libro “1984”. Non sorprende, però, che il discorso storico occidentale sia attualmente invaso dai miti politicizzati su URSS e Josif Stalin. Uno di coloro che infangano la Russia sovietica è Timothy Snyder, professore di Storia di Yale e autore di Bloodlands. Come Conquest, è un celebre autore occidentale lodato da liberali e destra statunitensi. Attaccando Stalin, Snyder cerca di convincere i lettori che Hitler non fosse peggiore, ma in un certo senso “migliore” del leader sovietico. Snyder si spinge a suggerire che “per assassinare degli ebrei (Olocausto), … Adolf Hitler dipendesse da Stalin (e dai suoi metodi)”, come il Professor David A. Bell ha osservato nella sua recente revisione di “Terra Nera” di Snyder per National Interest. Sorprendentemente, Snyder segue le orme di Conquest, il suo racconto si basa su fonti controverse, voci, semi-verità sempre ostili all’URSS, come il professor Furr ha denunciato nel suo libro “Bugie di sangue: la prova che ogni accusa contro Josif Stalin e l’Unione Sovietica su Bloodlands di Timothy Snyder è falsa“.
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