Informazione

(slovenščina / hrvatskosrpski / italiano)

 
I "bimbi delle foibe" ed altri sintomi di impazzimento
 
1) Fojbe: Šarec proti Tajaniju / Foibe: Marjan Šarec [primo ministro sloveno] accusa Tajani
 
2) I Italija Sedlara za utrku ima: Pogledali smo film bizarnog naziva "Rosso Istria" (D. Rubeša / Novi List)
 
3) Parma, convegno "Foibe e fascismo", ANPI: "Dalle destre rincorsa grottesta e comica a spararla più grossa". Rizzo (PC): «L’ANPI sbaglia a dissociarsi»
 
4) Bolzano, sindaco PD Caramaschi: "Tra Auschwitz e foibe, nessuna differenza"
 
5) Le dichiarazioni istituzionali
DA BASOVIZZA: Si stima abbiano perso la vita oltre 300mila persone / Salvini: “I bimbi morti nelle foibe e i bimbi di Auschwitz sono uguali” / Tajani: “Non possiamo permettere che una dittatura efferata, che una dittatura comunista come quella di Tito, ripeta in Venezuela quello che è accaduto qui... Chi nega ciò che è accaduto è complice” / Fico: “Quella delle foibe è stata una delle pagine più drammatiche della storia del nostro Paese" / Salvini: "Chi nega uccide due volte" / Grasso: “Nel 1947 nostri connazionali di Istria, Fiume e Dalmazia furono costretti all’esilio e gettati nelle foibe." Immediato il commento di Maurizio Gasparri: “Ma come si fa a scrivere ‘nel 1947’, gli eccidi e l’esilio cominciarono molto prima" / Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza: "Subire ancora dei rigurgiti negazionisti da parte di alcune associazioni dell'ANPI... Il negazionismo può essere considerato lo stadio supremo del genocidio" / Giorgia Meloni: "Abbiamo vinto" / A celebrare la messa di suffragio a Basovizza l’arcivescovo di Trieste mons. Giampaolo Crepaldi / Schierati ... una rappresentanza delle X Mas... oltre quattrocento gli studenti / Tajani: "ai 97 Finanzieri che non avevano anche loro ammainato il Tricolore, buttati in una Foiba, e a Don Bonifacio, ucciso perchè non aveva ammainato la bandiera italiana"
DAL QUIRINALE: Mattarella: "una grande tragedia italiana" / "Non si trattò – come qualche storico negazionista o riduzionista ha voluto insinuare – di una ritorsione contro i torti del fascismo" / "innocenti, colpevoli solo di essere italiani e di essere visti come un ostacolo al disegno di conquista territoriale e di egemonia rivoluzionaria del comunismo titoista. Impiegati, militari, sacerdoti, donne, insegnanti, partigiani, antifascisti, persino militanti comunisti ... chi non si integrava nel nuovo ordine totalitario spariva, inghiottito nel nulla" / "solo dopo la caduta del muro di Berlino ... una paziente e coraggiosa opera di ricerca storiografica, non senza vani e inaccettabili tentativi di delegittimazione, ha fatto piena luce sulla tragedia delle foibe e sul successivo esodo" / "Ringrazio gli ambasciatori di Slovenia, di Croazia e del Montenegro per la loro presenza qui" / In precedenza il Presidente del Consiglio dei Ministri, coadiuvato dal Capo del Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Paola Paduano e dal Presidente della Federesuli, aveva consegnato le medaglie commemorative del "Giorno del Ricordo"
 
 
Si vedano anche:
 
Corriere della Sera, a confronto, 1944--2019
https://www.facebook.com/pg/diecifebbraio1947/posts/

Il giorno del cattivo ricordo (di Giorgio Cremaschi, 9.2.2019)
... Il 10 febbraio avrebbe potuto essere la data per ricordare che i costi delle guerre li pagano sempre gli innocenti e che le guerre sono un orrore da ripudiare sempre, come è scritto nella nostra Costituzione. Invece è divento il giorno con il quale Salvini e Casapound sostituiscono il 25 aprile. E questo per la malafede e l’opportunismo di tanti democratici, che volevano far bella mostra del loro anticomunismo e così hanno promosso una celebrazione revisionista falsa ed ignobile...
 
La tragedia delle foibe, quando il passato si piega alle esigenze del presente (di Matteo Zola, 10.2.2019)
... L’istituzione del Giorno del Ricordo, promossa dalle forze reazionarie e post-fasciste dell’allora governo Berlusconi, nasce con il duplice intento di trasformare i carnefici in vittime, glorificando l’italianità – fascista, all’epoca dei fatti – e reiterando il mito della barbarie slava; e di presentare il comunismo come ideologia criminale di cui, a 70 anni di distanza, la sinistra italiana sarebbe erede e quindi complice...
 
“Chi nega le foibe verrà denunciato” (di Daniele Camilli, 4 febbraio, 2019)
Viterbo - Il presidente provinciale del comitato 10 febbraio Maurizio Federici durante la presentazione della Giornata del ricordo
[Si noti in questo articolo che i 15 "infoibati" viterbesi sono piuttosto "fucilati o deceduti", uno ad esempio in un incidente in miniera: e non viene nemmeno lontanamente posto il quesito di che cosa ci stessero a fare tutti questi "cinque della guardia di finanza, 5 dell’arma dei carabinieri, 3 della polizia di stato, un impiegato della prefettura e un sergente dell’esercito" viterbesi (sic) in quelle terre in quegli anni]
 
=== 1 ===
 
 
Fojbe: Šarec proti Tajaniju

Kritični odmevi v slovenski politiki
Spletno Uredništvo | Slovenija | 11. Feb. 2019
 
»V soboto sem govoril o želji po potvarjanju zgodovine v Sloveniji. Enako se dogaja na italijanski strani meje. Žal s strani vidnih politikov, celo funkcionarjev EU. Zgodovinski revizionizem brez primere. Fašizem je bil dejstvo in imel je za cilj uničenje slovenskega naroda,« je na twitterju pred nekaj minutami zapisal predsednik slovenske vlade Marjan Šarec. Nanašal se je očitno na včerajšnjo prireditev na fojbi pri Bazovici in na sporni govor predsednika evropskega parlamenta Antonia Tajanija.
 
 
Ostro so se odzvali tudi nekateri slovenski in evropski poslanci. Tanja Fajon (SD) je napovedala, da bo od Tajanija zahtevala pojasnila na naslednjem zasedanju EU parlamenta. »Predsednik EP je zadnji, ki si lahko privošči, da nastopa z jezikom revizionizma zgodovine,« je bila jasna Fajon. Dodala je, da v Italiji več ne zastopa interesov institucije, ki jo vodi.
 
--- italiano:
 
TRAD.: 
 
Foibe: Sarec contro Tajani
 
Echi critici nella politica slovena – Primorski Dnevnik (Trieste), 11. feb. 2019
Fonte: https://www.primorski.eu/se/fojbe-sarec-proti-tajaniju-LN197159

"Sabato ho parlato del desiderio di deviare la storia in Slovenia. Lo stesso sta accadendo sul versante italiano del confine. Sfortunatamente, da politici di spicco, anche funzionari dell'UE. Un revisionismo storico senza precedenti. Il fascismo era un dato di fatto e mirava alla distruzione della nazione slovena", ha scritto il primo ministro della Repubblica di Slovenia, Marjan Šarec, su Twitter pochi minuti fa. Si riferiva ovviamente agli eventi di ieri a Basovizza e al discusso discorso della presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani.
Anche altri sloveni e membri del Parlamento europeo hanno reagito duramente. Tanja Fajon (SD) ha annunciato che chiederà chiarimenti a Tajani alla prossima sessione parlamentare dell'UE. "Il presidente del Parlamento europeo è l'ultimo che può permettersi di parlare con il linguaggio del revisionismo storico", ha chiarito Fajon. Ha aggiunto che egli in Italia non ha rappresentato gli interessi dell'istituzione che presiede. 
 
I Italija Sedlara za utrku ima: Pogledali smo film bizarnog naziva "Rosso Istria"
 
Autor: Dragan Rubeša
Objavljeno: 3. prosinac 2018.
 

U filmu nema ni riječi o rasnim zakonima, masakrima i nasilnoj talijanizaciji koju su provodili Mussolinijevi fašisti. Svu krivnju autor pripisuje Titovim partizanima kao simbolima najbestijalnijeg zla

Ovih dana Trstu se dogodila prva prava zimska bura. Da bismo se zaštitili od njenih refula, sakrili smo se u popularnu oštariju »Siora Rosa« na porciju vruće jote, listajući lokalni dnevnik. U njegovoj info rubrici zamijetili smo da se u kinu Fellini prikazuje komad bizarnog naziva »Rosso Istria« u režiji nama posve anonimnog sineaste Maximiliana Hernanda Bruna, čija imena ali i fizionomija prizivaju ljepuškastu vedetu meksičke sapunice.

 
 

Ne, nije to bio još jedan komad s notornim predikatom »cinema a luci rosse«. Iako u njemu ima dovoljno (političkog) hardcore porna. Da bi paradoks bio veći, dotična oštarija smještena je nasuprot institucije poznatije kao »Civico Museo della Civilta Istriana, Fiumana e Dalmata«. Umjesto deserta, odlučili smo ignorirati njegove muzejske artefakte i pogledati Brunov komad. I bolje da nismo. Jer pojedini kadrovi »Crvene Istre«, ali i autorov odbojni revizonizam, skoro su nas natjerali da povratimo na crvenu fotelju kina kompletni sastav netom konzumirane slasne jote.

Apsolutno zlo 

Da bi paradoks bio veći, Bruno je dodijelio jednu od uloga i slavnoj Geraldine Chaplin. No programeri ovogodišnjeg ZFF-a koji su ugostili tu glumicu, očito nisu znali za njen opsukrni projekt. Ili su se pravili da ne znaju. Ostaje nepoznanica što je tu etabliranu glumicu natjeralo da se ukaže u »Crvenoj Istri«, iako je riječ o cameo ulozi. Jer, njen boravak u toj istoj »crvenoj Istri« (ovo je sada politička a ne filmska i geološka sintagma) dogodio se dolaskom na brijunski set komedije belgijskog tandema Brossens & Woodworth »The Barefoot Emperor« (Bosonogi car) koju je financirao i HAVC. Možda je sve to bio dio njena istarsko-frijulanskog itinerara, koji je uz Brijune uključio i tršćanski Magazzino 18. Na potonjoj lokaciji snimljena je sekvenca Brunova komada u kojoj ona kao odrasla Giuliana Visantrin vodi svog unuka na mjesto koje priziva esulske užase njene ratne prošlosti. Zato nam se na prvi pogled učinilo da je »Rosso Istria« nekakav lokalni remake Argentova »Profondo rosso«. Ubrzo smo shvatili da je njegov horor još jeziviji i morbidniji. Doduše, engleski naziv filma je »Red Land«, jer većina Amera očito nije u stanju na geografskoj karti locirati Croatiu, a kamoli Istriu.

Na sreću, HAVC ne stoji iza »Crvene Istre« kao akter u sferi manjinskih koprodukcija, iako nas sa obzirom na utjecaj koji u njemu trenutno imaju braniteljske udruge, ne bi čudilo da ih je napalila ta porno storija o talijanskom Bleiburgu. No Visantrin je u filmu samo jedna od žrtava »zločina« koje su »krvožedni« istarski partizani počinili u Brunovoj Vižinadi kao simboli apsolutnog zla. U fokusu je lik Giulianine prijateljice iz djetinjstva Norme Cossetto (glumi je Selene Gendini). A naziv filma odnosi se na njen diplomski rad koji se bavio istarskom crvenicom, dok je biciklom istraživala istarske arhive i crkve u potrazi za materijalom. Iako ta boja ima posve drukčije krvave konotacije. Nakon što su je Titovi partizani silovali u nepodnošljivo dugoj sekvenci, njeno će tijelo biti bačeno u fojbu blizu Ville Surani. Puno godina kasnije, sveučilište u Padovi koje je pohađala, uručit će joj počasnu titulu. A talijanski predsjednik Ciampi ju je 2005. odlikovao ordenom za građanske zasluge.

Fašist i revizionist 

Iako ju je predsjednik Federacije esula Antonio Ballarin prilično neumjesno i bez relevantnih dokaza opisao kao »talijansku Annu Frank«, svedenu na ultimativnu mučenicu, talijanski antifašisti su je prikazali kao fanatičnu sljedbenicu fašističkog režima. Kao što je i Bruno u njihovim reakcijama žigosan kao »fašist i revizionist«, neka vrsta talijanskog Sedlara, što je itekako blizu istini. U filmu naime nema ni riječi o rasnim zakonima, masakrima i nasilnoj talijanizaciji koju su provodili Mussolinijevi fašisti. Svu krivnju autor pripisuje Titovim partizanima kao simbolima najbestijalnijeg zla. U čitavom filmu, režiser je odvojio tek 10 minuta za njemačku okupaciju Vižinade. U toj okupaciji nisu ispalili nijedan metak, ne računjaući na egzekuciju manje grupe. »Fascisti? Comunisti? Siamo tutti noi«, kazat će u jednoj sceni lik profesora kojeg u filmu glumi Franco Nero, uz Chaplin još jedan poznati glumac kojem sve ovo nije trebalo. Jer, tragična sudbina mlade Cossetto postala je prvorazredna tema političkih prepucavanja i skupljanja predizbornih bodova.

Zato na partizanska »zlodjela« inkarnirana u liku komandanta i krvnika Mate (glumi ga Slovenac Romeo Grebenšek) otpada barem 130 minuta tog predugog filma. Paradoks je tim veći da ga je producirao talijanski RAI, koji se s obzirom na trenutnu talijansku političku klimu, u kojoj konce vuče ministar Salvini, sve više približava HTV-u (film je očito zamišljen kao mini TV serija od tri epizode). Zato nije ni čudo da je na tršćanskoj svečanoj projekciji Brunova filma bio nazočan i gradonačelnik Dipiazza, inače pripadnik notorne Lege Nord. Iako je redatelj »Crvene Istre« trebao biti stanoviti Antonello Belluco, sin riječkih esula i autor revizionističkog filma »Il segreto d'Italia« u kojem on tematizira »masakr« koji su partizani počinili 1945. u Codevigu blizu Chioggie.

Dobra je vijest da su na nedavnom tršćanskom maršu Case Pound, njihovi antifašistički protivnici bili brojniji. Što je u »Ružnoj našoj« nezamislivo. Kao što su u nas nezamislivi antifašistički filmovi poput Gianikianova »I diari di Angela – Noi due cineasti« ili Trevesova doksa »1938 Diversi« prikazani na lanjskoj venecijanskoj Mostri (potonji govori o rasnim zakonima fašističkog režima u Italiji). Na marginama te iste Mostre prikazan je na Lidu i Brunov komad, koji s razlogom nije bio uvršten u službeni festivalski program, na čijoj »ekskluzivnoj« projekciji nije bio dopušten ulaz akreditiranim novinarima. »Poznata mi je tragedija esula i fojbi jer mi je baka, porijeklom iz Dalmacije, bila u nemilosti Titovih partizana kad je na jednom zidu u Goriziji napisala Viva l'Italia«, kazala je patetična Gendini. Ali bila je to »ekskluzivna projekcija« strogo rezervirana za producente i lokalne glavešine Lege Nord. Zato ostaje pitanje dana kad će Brunov komad osvanuti na platnima riječkog Euroherca ili trsatskog svetišta, poslovično naklonjenim Sedlarovom recentnom opusu.

Nema sumnje da će iste rastvoriti crveni tepih za »Crvenu Istru«.

 
=== 3 ===
 
N.B. La dichiarazione di Carla Nespolo su Facebook ha scatenato un rigurgito fognario di botta-e-risposta con fascisti e revanscisti, ma nessun chiarimento nel merito:
https://www.facebook.com/anpinaz/posts/10156252596057903?__tn__=C-R

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10 FEBBRAIO 2019

Foibe e fascismo, Anpi Parma: "Dalle destre rincorsa grottesta e comica a spararla più grossa"

Dopo una settimana di dure polemiche, che hanno visto protagonista anche il ministro dell'Interno Matteo Salvini, si è svolta a Parma la 14esima edizione della manifestazione Foibe e fascismo a cui ha preso parte, come da programma, anche l'Anpi locale. Nel suo intervento, il presidente Aldo Montermini ha ribadito di non dover giustificare la presenza dell'Anpi all'appuntamento e ha ringraziato per gli attestati di solidarietà pervenuti all'associazione. Montermini ha inoltre criticato il consigliere regionale della Lega, Fabio Rainieri, che ha chiesto alla Regione di revocare i fondi all'Api: "Contributi che noi non riceviamo" ha sottolineato. L'incontro è stato introdotto da Pier Paolo Novari. Montermini, a margine del convegno, ha detto che ci sarà un incontro con la presidente nazionale Carla Nespolo che aveva parlato di iniziativa non condivisibile. Nel pomeriggio a Parma si è svolta una fiaccolata legata alla Giornata del Ricordo.
(Fra.Na)
 
 
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RIZZO (PC): «SU FOIBE CONTINUE FALSIFICAZIONI. L’ANPI SBAGLIA A DISSOCIARSI».
8 febbraio 2019
 
«Sulla vicenda delle foibe ormai è impossibile esprimere in Italia un giudizio legato alla verità storica e alla contestualizzazione degli eventi. Chiunque affermi il vero, e cioè che quello che è avvenuto non puo’ definirsi genocidio, nè pulizia etnica, e soprattutto che le vittime non erano nell’ordine nè delle centinaia di migliaia nè dei milioni come arrivano ad affermare settori di destra, viene tacciato di negazionismo. Sbaglia l’ANPI a dissociarsi da serie iniziative di storici che mirano a contrastare con il rigore della ricerca questo mare di propaganda» Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista. «Sulle vicende del confine orientale è stata costruita una narrazione che ha stravolto la realtà, che non fa i conti con le responsabilità dell’Italia fascista, alimenta il mito del “buon italiano”, utile alla propaganda nazionalista anche per l’oggi. Una cosa sono episodi di giustizia sommaria e rappresaglie, per quanto brutali, pero assai comuni durante la guerra, e nella maggior parte in risposta ai crimini perpetrati dalla colonizzazione fascista. Altro è quello che la propaganda revisionista afferma oggi a reti unificate. La costruzione della memoria collettiva è demandata a sceneggiati privi di reale riscontro storico come quello che andrà in onda sulla Rai questa sera. Si parla di ricerca della “memoria condivisa” ma in realtà si nobilita la falsificazione. La sinistra che ha appoggiato questa tendenza, è corresponsabile tanto quanto la destra, anzi forse di più. Al contrario – conclude Rizzo – difendere la verità storica significa evitare che narrazioni tossiche influenzino il senso comune, costruendo il terreno per nuove campagne belliciste che si profilano all’orizzonte e che nulla hanno a che fare con l’interesse dei popoli, a partire da quello italiano».
 
 
=== 4 ===
 
Bolzano: Sindaco PD Caramaschi equipara "Foibe" e Auschwitz... a braccetto con Benussi, esule istriano ed ex candidato sindaco di CasaPound
 
Fonte: pagina FB "ControInformazione Alto Adige - Südtirol", 11.2.2019
 
 
La saga sulla giornata del ricordo si arricchisce di un nuova perla del sindaco di Bolzano Caramaschi. In questa foto è ritratto insieme a Ivan Benussi, ex candidato sindaco di CasaPound nonchè esponente della comunità degli esuli istriani in Alto Adige. Arrivare a paragonare le vendette che portarono all'infoibamento di alcune centinaia di persone, in gran parte fasciste e con evidenti responsabilità nei crimini compiuti contro la popolazione slava, con la macchina industriale di morte che era Auschwitz...
 
 
 
=== 5 ===
 
*** DA BASOVIZZA:
 
Si veda anche: SALVINI ALLA FOIBA DI BASOVIZZA (10.02.19, pagina FB di Matteo Salvini)

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Foibe, il giorno del ricordo: Salvini e Tajani a Basovizza. Il ministro: “Non esistono martiri di serie A e di serie B”
 
Istituita nel 2004, la commemorazione celebra le vittime delle foibe, l’esodo giuliano-dalmata e le drammatiche vicende del confine orientale negli anni a cavallo del secondo dopoguerra. Il presidente del Parlamento europeo: "Non possiamo permettere che una dittatura efferata ripeta in Venezuela quello che è accaduto qui". Roberto Fico: "Solo mantenendo vivo il ricordo contribuiremo a costruire un futuro in cui simili tragedie non si ripetano mai più"

di F. Q. | 10 Febbraio 2019
 
 
 
[[TEXT REMOVED FOR COPYRIGHT, TRY LINK ABOVE OR: https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/9004 ]] 
 
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Salvini a Basovizza: "Bimbi morti nelle foibe e ad Auschwitz sono uguali" 
Il vice premier nel Giorno del Ricordo a Trieste: "Non esistono martiri di serie A e vittime di serie B". Presenti anche il presidente del Parlamento europeo Tajani, la presidente FdI Meloni, il vicepresidente della Camera Rosato, il presidente della Regione Fedriga, il sindaco Dipiazza 

10 FEBBRAIO 2019
 
 
[[TEXT REMOVED FOR COPYRIGHT, TRY LINK ABOVE OR: https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/9004 ]] 
 
 
*** DAL QUIRINALE:
 
 
 
 

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della celebrazione del ‘Giorno del Ricordo’

 

Palazzo del Quirinale, 09/02/2019

  Benvenuti al Quirinale. Rivolgo un saluto al Presidente della Camera dei Deputati, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Corte costituzionale e al Vice Presidente del Senato.

  Un ringraziamento a quanti sono intervenuti, contribuendo in maniera efficace a illustrare, a far rivivere e a comprendere il senso di questa giornata del Ricordo.

  Celebrare il Giorno del Ricordo significa rivivere una grande tragedia italiana, vissuta allo snodo del passaggio tra la II guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda. Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente. Mentre, infatti, sul territorio italiano, in larga parte, la conclusione del conflitto contro i nazifascisti sanciva la fine dell’oppressione e il graduale ritorno alla libertà e alla democrazia, un destino di ulteriore sofferenza attendeva gli Italiani nelle zone occupate dalle truppe jugoslave.

  Un destino comune a molti popoli dell’Est Europeo: quello di passare, direttamente, dalla oppressione nazista a quella comunista. E di sperimentare, sulla propria vita, tutto il repertorio disumanizzante dei grandi totalitarismi del Novecento, diversi nell’ideologia, ma così simili nei metodi di persecuzione, controllo, repressione, eliminazione dei dissidenti. 

  Un destino crudele per gli italiani dell’Istria, della Dalmazia, della Venezia Giulia, attestato dalla presenza, contemporanea, nello stesso territorio, di due simboli dell’orrore: la Risiera di San Sabba e le Foibe.

  La zona al confine orientale dell’Italia, già martoriata dai durissimi combattimenti della Prima Guerra mondiale, assoggettata alla brutalità del fascismo contro le minoranze slave e alla feroce occupazione tedesca, divenne, su iniziativa dei comunisti jugoslavi, un nuovo teatro di violenze, uccisioni, rappresaglie, vendette contro gli italiani, lì da sempre residenti. Non si trattò – come qualche storico negazionista o riduzionista ha voluto insinuare – di una ritorsione contro i torti del fascismo. Perché tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni.

  Tanti innocenti, colpevoli solo di essere italiani e di essere visti come un ostacolo al disegno di conquista territoriale e di egemonia rivoluzionaria del comunismo titoista. Impiegati, militari, sacerdoti, donne, insegnanti, partigiani, antifascisti, persino militanti comunisti conclusero tragicamente la loro esistenza nei durissimi campi di detenzione, uccisi in esecuzioni sommarie o addirittura gettati, vivi o morti, nelle profondità delle foibe. Il catalogo degli orrori del ‘900 si arricchiva così del termine, spaventoso, di “infoibato”.

  La tragedia delle popolazioni italiane non si esaurì in quei barbari eccidi, concentratisi, con eccezionale virulenza, nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945.

  Alla fine del conflitto, l’Italia si presentava nella doppia veste di Paese sconfitto nella sciagurata guerra voluta dal fascismo e, insieme, di cobelligerante. Mentre il Nord Italia era governato dalla Repubblica di Salò, i territori a est di Trieste erano stati formalmente annessi al Reich tedesco e, successivamente, vennero direttamente occupati dai partigiani delle formazioni comuniste jugoslave.

  Ma le mire territoriali di queste si estendevano anche su Trieste e Gorizia. Un progetto di annessione rispetto al quale gli Alleati mostravano una certa condiscendenza e che, per fortuna, venne sventato dall’impegno dei governi italiani.

  Certo, non tutto andò secondo gli auspici e quanto richiesto e desiderato. Molti italiani rimasero oltre la cortina di ferro. L’aggressività del nuovo regime comunista li costrinse, con il terrore e la persecuzione, ad abbandonare le proprie case, le proprie aziende, le proprie terre. Chi resisteva, chi si opponeva, chi non si integrava nel nuovo ordine totalitario spariva, inghiottito nel nulla. Essere italiano, difendere le proprie tradizioni, la propria cultura, la propria religione, la propria lingua era motivo di sospetto e di persecuzione. Cominciò il drammatico esodo verso l’Italia: uno stillicidio, durato un decennio. Paesi e città si spopolavano dalla secolare presenza italiana, sparivano lingua, dialetti e cultura millenaria, venivano smantellate reti familiari, sociali ed economiche.

  Il braccio violento del regime comunista si abbatteva furiosamente cancellando storia, diversità, pluralismo, convivenza, sotto una cupa cappa di omologazione e di terrore.

  Ma quei circa duecentocinquantamila italiani profughi, che tutto avevano perduto, e che guardavano alla madrepatria con speranza e fiducia non sempre trovarono in Italia la comprensione e il sostegno dovuti. Ci furono - è vero - grandi atti di solidarietà. Ma la macchina dell’accoglienza e dell’assistenza si mise in moto con lentezza, specialmente durante i primi anni, provocando agli esuli disagi e privazioni. Molti di loro presero la via dell’emigrazione, verso continenti lontani. E alle difficoltà materiali in Patria si univano, spesso, quelle morali: certa propaganda legata al comunismo internazionale dipingeva gli esuli come traditori, come nemici del popolo che rifiutavano l’avvento del regime comunista, come una massa indistinta di fascisti in fuga. Non era così, erano semplicemente italiani.

  La guerra fredda, con le sue durissime contrapposizioni ideologiche e militari, fece prevalere, in quegli anni, la real-politik. L’Occidente finì per guardare con un certo favore al regime del maresciallo Tito, considerato come un contenimento della aggressività della Russia sovietica. Per una serie di coincidenti circostanze, interne ed esterne, sugli orrori commessi contro gli italiani istriani, dalmati e fiumani, cadde una ingiustificabile cortina di silenzio, aumentando le sofferenze degli esuli, cui veniva così precluso perfino il conforto della memoria.

  Solo dopo la caduta del muro di Berlino – il più vistoso, ma purtroppo non l’unico simbolo della divisione europea - una paziente e coraggiosa opera di ricerca storiografica, non senza vani e inaccettabili tentativi di delegittimazione, ha fatto piena luce sulla tragedia delle foibe e sul successivo esodo, restituendo questa pagina strappata alla storia e all’identità della nazione.

  L’istituzione, nel 2004, del Giorno del ricordo, votato a larghissima maggioranza dal Parlamento, dopo un dibattito approfondito e di alto livello, ha suggellato questa ricomposizione nelle istituzioni e nella coscienza popolare.

  Ricomposizione che è avvenuta anche a livello internazionale, con i Paesi amici di Slovenia e Croazia, nel comune ripudio di ogni ideologia totalitaria, nella condivisa necessità di rispettare sempre i diritti della persona e di rifiutare l’estremismo nazionalista. Oggi, in quei territori, da sempre punto di incontro di etnie, lingue, culture, con secolari reciproche influenze, non ci sono più cortine, né frontiere, né guerre. Oggi la città di Gorizia non è più divisa in due dai reticolati.

  Al loro posto c’è l’Europa, spazio comune di integrazione, di dialogo, di promozione dei diritti, che ha eliminato al suo interno muri e guerre. Oggi popoli amici e fratelli collaborano insieme nell’Unione Europea per la pace, il progresso, la difesa della democrazia, la prosperità.

  Ringrazio gli ambasciatori di Slovenia, di Croazia e del Montenegro per la loro presenza qui, che attesta la grande amicizia che lega oggi i nostri popoli in un comune destino. Ringrazio l’on. Furio Radìn, Vice Presidente del Parlamento Croato, in cui è stato eletto come rappresentante della Comunità nazionale italiana di Croazia; e l’on. Felice Ziza, deputato all’Assemblea Nazionale Slovena, ove è stato eletto come rappresentante della Comunità nazionale italiana di Slovenia.

  Desidero ricordare qui le parole di una dichiarazione congiunta tra il mio predecessore, il Presidente Giorgio Napolitano, che tanto ha fatto per ristabilire verità su quei tragici avvenimenti, e l’allora Presidente della Repubblica di Croazia Ivo Josipović del settembre 2011:

“Gli atroci crimini commessi non hanno giustificazione alcuna. Essi non potranno ripetersi nell'Europa unita, mai più. Condanniamo ancora una volta le ideologie totalitarie che hanno soppresso crudelmente la libertà e conculcato il diritto dell'individuo di essere diverso, per nascita o per scelta”.

  L’ideale di Europa è nata tra le tragiche macerie della guerra, tra le stragi e le persecuzioni, tra i fili spinati dei campi della morte. Si è sviluppata in un continente diviso in blocchi contrapposti, nel costante pericolo di conflitti armati: per dire mai più guerra, mai più fanatismi nazionalistici, mai più volontà di dominio e di sopraffazione. L’ideale europeo, e la sua realizzazione nell’Unione, è stato - ed è tuttora - per tutto il mondo, un faro del diritto, delle libertà, del dialogo, della pace. Un modo di vivere e di concepire la democrazia che va incoraggiato, rafforzato e protetto dalle numerose insidie contemporanee, che vanno dalle guerre commerciali, spesso causa di altri conflitti, alle negazioni dei diritti universali, al pericoloso processo di riarmo nucleare, al terrorismo fondamentalista di matrice islamista, alle tentazioni di risolvere la complessità dei problemi attraverso scorciatoie autoritarie.

  Molti tra i presenti, figli e discendenti di quegli italiani dolenti, perseguitati e fuggiaschi, portano nell’animo le cicatrici delle vicende storica che colpì i loro padri e le loro madri. Ma quella ferita, oggi, è ferita di tutto il popolo italiano, che guarda a quelle vicende con la sofferenza, il dolore, la solidarietà e il rispetto dovuti alle vittime innocenti di una tragedia nazionale, per troppo tempo accantonata.

 
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Mattarella: «L'istituzione del Giorno del Ricordo, votato a larghissima maggioranza in Parlamento, ha suggellato ricomposizione nelle istituzioni e nella coscienza popolare»
 
Si è svolta al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la celebrazione del "Giorno del Ricordo".
Nel corso della cerimonia, aperta dalla proiezione di un video di Rai Storia, sono intervenuti: il Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati, Antonio Ballarin, lo Storico Giuseppe Parlato, il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Enzo Moavero Milanesi e il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Marco Bussetti. 
Il Prof. Giuseppe De Vergottini, esule di prima generazione, ha portato la sua testimonianza ed è stato successivamente intervistato da due ragazzi.
Due studenti hanno letto una pagina di "Addio alla Città di Pola" di Monsignor Antonio Santin e un brano tratto dal romanzo "Verde Acqua" di Marisa Madieri. Successivamente il Presidente Mattarella ha pronunciato un discorso.
Al termine il Capo dello Stato, coadiuvato dal Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, ha consegnato i premi alle scuole vincitrici del concorso nazionale "Fiume e l'Adriatico orientale. Identità, culture, autonomia e nuovi confini nel panorama europeo alla fine della Prima guerra mondiale".
Erano presenti alla cerimonia il Presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, il Presidente della Corte Costituzionale, Giorgio Lattanzi, il Vice Presidente del Senato della Repubblica, Ignazio La Russa, rappresentanti del Governo, del Parlamento, autorità civili ed esponenti delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati.
In precedenza il Presidente del Consiglio dei Ministri, coadiuvato dal Capo del Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Paola Paduano e dal Presidente della Federesuli, aveva consegnato le medaglie commemorative del "Giorno del Ricordo".

Roma, 09/02/2019
 
 
(english / italiano)
 
Skoplje-Caracas-Washington, la NATO dispone
 
1) Washington, la ragione della forza (di Manlio Dinucci, 05.02.2019)
2) Macedonia signs key NATO membership text as ratification process begins (RT, 6 Feb, 2019)
3) Il mosaico etnico macedone verso la Nato (S. Cantone / EuroNews, 08/02/2019)
4) Macedonia: il cambio del nome apre le porte della NATO (M. Siragusa, 11.2.2019)
 
 
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Washington, la ragione della forza

L’escalation Usa, dall’incoronazione di Guaidò alla sospensione del Trattato Inf
 
di Manlio Dinucci, su Il Manifesto del 05.02..2019
 

Due settimane fa Washington ha incoronato presidente del Venezuela Juan Guaidò, pur non avendo questi neppure partecipato alle elezioni presidenziali, e ha dichiarato illegittimo il presidente Maduro, regolarmente eletto, preannunciando la sua deportazione a Guantanamo. La scorsa settimana ha annunciato la sospensione Usa del Trattato Inf, attribuendone la responsabilità alla Russia, e ha in tal modo aperto una ancora più pericolosa fase della corsa agli armamenti nucleari. Questa settimana Washington compie un altro passo: domani 6 febbraio, la Nato sotto comando Usa si allarga ulteriormente, con la firma del protocollo di adesione della Macedonia del Nord quale 30° membro.

Non sappiamo quale altro passo farà Washington la settimana prossima, ma sappiamo qual è la direzione: una sempre più rapida successione di atti di forza con cui gli Usa e le altre potenze dell’Occidente cercano di mantenere il predominio unipolare in un mondo che sta divenendo multipolare. Tale strategia – espressione non di forza ma di debolezza, tuttavia non meno pericolosa – calpesta le più elementari norme di diritto internazionale. Caso emblematico è il varo di nuove sanzioni Usa contro il Venezuela, con il «congelamento» di beni per 7 miliardi di dollari appartenenti alla compagnia petrolifera di Stato, allo scopo dichiarato di impedire al Venezuela, il paese con le maggiori riserve petrolifere del mondo, di esportare petrolio.

Il Venezuela, oltre a essere uno dei sette paesi del mondo con riserve di coltan, è ricco anche di oro, con riserve stimate in oltre 15 mila tonnellate, usato dallo Stato per procurarsi valuta pregiata e acquistare farmaci, prodotti alimentari e altri generi di prima necessità. Per questo il Dipartimento del Tesoro Usa, di concerto con i ministri delle Finanze e i governatori delle Banche Centrali di Unione europea e Giappone, ha condotto una operazione segreta di «esproprio internazionale» (documentata da Il Sole 24 Ore). Ha sequestrato 31 tonnellate di lingotti d’oro appartenenti allo Stato venezuelano: 14 tonnellate depositate presso la Banca d’Inghilterra, più altre 17 tonnellate trasferite a questa banca dalla tedesca Deutsche Bank che li aveva avuti in pegno a garanzia di un prestito, totalmente rimborsato dal Venezuela in valuta pregiata. Una vera e propria rapina, sullo stile di quella che nel 2011 ha portato al «congelamento» di 150 miliardi di dollari di fondi sovrani libici (ormai in gran parte spariti), con la differenza che quella contro l’oro venezuelano è stata condotta segretamente. Lo scopo è lo stesso: strangolare economicamente lo Stato-bersaglio per accelerarne il collasso, fomentando l’opposizione interna, e, se ciò non basta, attaccarlo militarmente dall’esterno.

Con lo stesso dispregio delle più elementari norme di condotta nei rapporti internazionali, gli Stati uniti e i loro alleati accusano la Russia di violare il Trattato Inf, senza portare alcuna prova, mentre ignorano le foto satellitari diffuse da Mosca le quali provano che gli Stati uniti avevano cominciato a preparare la produzione di missili nucleari proibiti dal Trattato, in un impianto della Raytheon, due anni prima che accusassero la Russia di violare il Trattato. Riguardo infine all’ulteriore allargamento della Nato, che sarà sancito domani, va ricordato che nel 1990, alla vigilia dello scioglimento del Patto di Varsavia, il Segretario di stato Usa James Baker assicurava il Presidente dell’Urss Mikhail Gorbaciov che «la Nato non si estenderà di un solo pollice ad Est». In vent’anni, dopo aver demolito con la guerra la Federazione Jugoslava, la Nato si è estesa da 16 a 30 paesi, espandendosi sempre più ad Est verso la Russia.

 
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Macedonia signs key NATO membership text as ratification process begins 
 
RT, 6 Feb, 2019 – NATO Secretary-General Jens Stoltenberg and Macedonian Foreign Minister Nikola Dimitrov signed accession papers in Brussels on Wednesday. The move is seen as a big step for the small Balkan country toward becoming the 30th member of NATO and it also marks the end of a long dispute with Greece over Macedonia’s name. The country is expected to join the alliance under the name of North Macedonia, possibly later this year or in early 2020, AP said. US President Donald Trump and his NATO counterparts are due to hold a summit in London in December. The meeting, to mark NATO’s 70th anniversary, could formally welcome North Macedonia should the ratification process be completed.
 
 
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Il mosaico etnico macedone verso la Nato
Sergio Cantone, 08/02/2019
 
La complessità multietnica della Macedonia del Nord alla prova dei primi passi verso la Nato. Il paese balcanico dovrà infatti ratificare il protocollo di adesione all'Alleanza atlantica. Voto delicato, considerando le sensibilità filo russe e filo serbe esistenti del paese.
Dice la ministra della difesa, Radmila Shekerinska:
"Non c'è un'Europa stabile, senza dei Balcani stabili e orientati verso la prosperità. Crediamo che diventare membri della Nato, mostrerà che i paesi balcanici fanno progressi. E che la regione dell'Europa sudorientale si sta pacificando e sta diventando più prospera".
L'esercito Macedone deve svolgere un delicato ruolo di integrazione delle componenti, nella storia a tratti antagoniste, di un paese dalla struttura multietnica variegata. Questa repubblica della ex Jugoslavia sfuggì per poco ai sanguinosi conflitti Balcanici degli anni '90, e questo, nonostante la sua complessità. È anche il risultato della cooperazione delle sue forze armate con la Nato, non appena divenne indipendente, ormai più che ventennale.
"La Macedonia è stata una partner della Nato per molti anni. E anche senza averne fatto parte abbiamo contribuito con oltre 4000 effettivi a diverse missioni guidate dalla Nato, queste unità rappresentano la metà del totale del nostro esercito. Anche i piccoli paesi possono dare il loro contributo" aggiunge la ministra. 
Soldati macedoni hanno ad esempio partecipato alla missione Nato in Afghanistan, spiega il maggiore dell'esercito macedone Vlatko Shteriovski, che precisa: 
"I membri dell'esercito della Macedonia del Nord, sono professionisti integri e responsabili, hanno dimostrato standard simili a quelli degli eserciti Nato e di altre forze armate". 
Ora si attendono le ratifiche di tutti gli altri membri della Nato.
 
 
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MACEDONIA: IL CAMBIO DEL NOME APRE LE PORTE DELLA NATO
 
di Marco Siragusa, 10.2.2019
 

Ventotto anni dopo la dichiarazione di indipendenza della Macedonia dalla Jugoslavia, sembra finalmente giunta a conclusione la questione relativa al nome del paese. Il nome provvisorio di Former Yugoslav Republic of Macedonia (FYROM), adottato nel 1993 a causa dell’opposizione della Grecia all’utilizzo del nome Macedonia, considerato esclusivo della propria regione settentrionale, cesserà a breve di esistere. I due paesi hanno difatti raggiunto un compromesso che mette d’accordo (quasi) tutti: il nome ufficiale sarà Repubblica di Macedonia del Nord. Il raggiungimento dell’intesa ha aperto per Skopje le porte della NATO con la firma, mercoledì 6 febbraio, del protocollo di adesione.

I recenti sviluppi

Il 17 giugno 2018 il governo macedone e quello greco firmarono un accordo storico che apriva le porte alla risoluzione della lunga controversia legata al nome dell’ex repubblica jugoslava. L’intesa, conosciuta come Accordo di Prespa dal nome della località dove è stata firmata, prevedeva l’utilizzo del nome Repubblica di Macedonia del Nord. Nonostante il mancato raggiungimento del quorum nel referendum svoltosi a settembre in Macedonia, lo scorso 11 gennaio il governo socialdemocratico di Zoran Zaev ha ottenuto il voto favorevole del parlamento per la riforma della Costituzione necessaria a recepire il cambio di nome.

Il 25 gennaio il parlamento greco ha a sua volta approvato quanto previsto dall’Accordo di Prespa con il sostegno di 153 deputati su 300. I voti necessari alla ratifica sono arrivati dal partito di governo SYRIZA guidato dal premier Alexis Tsipras e da alcuni membri dell’opposizione appartenenti, o appena espulsi, al partito nazionalista ANEL e a quello centrista To Potami. In occasione del lungo dibattito parlamentare, durato ben tre giorni, non sono mancate le proteste, come quella che domenica 20 gennaio ha visto migliaia di manifestanti radunarsi a Piazza Syntagma, dove si sono verificati duri scontri con la polizia, seguita quattro giorni dopo da numerose manifestazioni in tutto il paese e al valico di Evzones al confine con la Macedonia, il cui passaggio è stato bloccato per diverse ore. Nonostante le proteste, con questo voto la Grecia si è impegnata a ritirare il veto che impediva alla Macedonia di dare avvio al processo di adesione all’Unione europea e alla NATO.

L’adesione alla NATO e all’UE

Superato lo scoglio relativo alla ratifica dell’Accordo di Prespa, la Macedonia del Nord può dare il via definitivo ai processi di adesione all’UE e alla NATO. Per l’accoglimento di nuovi membri nell’Alleanza atlantica è previsto l’accordo unanime di tutti gli Stati membri. Il primo passo è stato compiuto il 6 febbraio a Bruxelles dal Segretario generale Jens Stoltenberg e dal ministro degli Esteri Nikola Dimitrov con la firma del protocollo di adesione della Macedonia del Nord. Per il definitivo riconoscimento del paese come trentesimo membro della NATO è necessaria la ratifica del protocollo da parte di tutti gli altri paesi. A conferma dell’impegno preso, la prima ad approvarlo è stata la Grecia che venerdì 8 febbraio ha dato il proprio via libera con 153 voti favorevoli. In attesa che anche gli altri membri compiano questo passo, Skopje può partecipare ai lavori dell’Alleanza come paese invitato. Per Stoltenberg la firma ha segnato “una giornata storica che porterà stabilità e prosperità all’intera regione”.

Più lungo e complicato il percorso che dovrebbe portare all’adesione all’UE. Al prossimo summit dei ministri che si svolgerà a giugno dovrebbero essere avviate le trattative sui capitoli negoziali, i cosiddetti criteri di Copenaghen, necessari ad armonizzare la legislazione nazionale a quella europea. Questa rappresenta la fase più lunga e complicata di tutto il processo. La Croazia, ad esempio, ha impiegato ben otto anni prima di aderire ufficialmente mentre la Serbia, dopo cinque anni, si trova ancora a metà del percorso.

I prossimi passi

Per l’esordio del nuovo nome sullo scenario interno ed internazionale, al governo macedone spettano adesso solo alcuni adempimenti formali. Il primo e più importante è legato all’attuazione degli emendamenti costituzionali per rendere ufficiale il cambio di nome. Dopo il definitivo inserimento in Costituzione, il governo è tenuto a modificare le targhe delle auto governative, i nomi delle proprie istituzioni e ad utilizzare il nuovo nome in tutti i documenti ufficiali del paese, compresi quelli prodotti fino ad oggi. A livello internazionale, la nuova denominazione non richiede particolari procedure, spettando ai singoli Stati l’utilizzo o meno del nuovo nome. Dato il generale sostegno alla risoluzione della questione, appare scontato l’utilizzo del nuovo nome da parte della comunità internazionale.

Risolto definitivamente il problema del nome, per la Macedonia del Nord il successo del processo di adesione dipenderà ora dalla capacità di portare avanti le riforme in grado di adeguare il proprio sistema a quello europeo ma anche, e forse soprattutto, dallo stato di salute e dalle future evoluzioni dell’Unione stessa.

 

 

Roma, domenica 24 febbraio 2019
presso il Teatro di Porta Portese, Via Portuense 102

 

RESISTENZA JUGOSLAVA: FOIBE O FRATELLANZA?

 

Una conferenza di Sandi Volk e la pièce teatrale DRUG GOJKO. Per contrastare il revisionismo ed il negazionismo di chi getta fango sulla Lotta Popolare di Liberazione dei partigiani e sul suo carattere internazionalista


ore 16:30 Conferenza
– Andrea Martocchia: "Giorno del ricordo", dove sta il problema?
– Sandi Volk: "Giorno del ricordo", un bilancio 
ore 17:45 Discussione 
ore 18:30 Teatro
DRUG GOJKO di e con Pietro Benedetti
Monologo ispirato alle vicende di Nello Marignoli, partigiano nell'Esercito popolare di liberazione jugoslavo


Promuove: Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS
ENTRATA A SOTTOSCRIZIONE LIBERA


LE REALTA' ANTIFASCISTE INTERESSATE AD ADERIRE E INTERVENIRE POSSONO CONTATTARCI FINO AL 20 FEBBRAIO: jugocoord@...

 

 

 

Evento facebook

Eventuali aggiornamenti saranno riportati anche sulla pagina della iniziativa

 

Sullo spettacolo DRUG GOJKO si veda anche la nostra pagina dedicata

 

[[ https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/9002 ]]

 
Le iniziative del 10 Febbraio
 
1) Trieste, tre iniziative controcorrente
2) Porano (TR): DRUG GOJKO
3) A Montebelluna e in Veneto per Norma Cossetto
4) Brugherio (MB), cronache della dissidenza
 
 
Ricordiamo anche:
Parma, domenica 10 febbraio 2019
alle ore 10:30 presso il Cinema Astra, Piazzale Volta 3
FOIBE E FASCISMO 2019
Conferenza di Sandi Volk, testimonianze e video
a cura del Comitato Antifascista Antimperialista e per la Memoria Storica con l'adesione di ANPI e ANPPIA
evento FB: https://www.facebook.com/events/227663108112168/
manifesto della iniziativa: https://www.cnj.it/home/images/INIZIATIVE/parma100219.jpg
Sulle polemiche in merito si vedano:
 
 
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Nel frattempo, sempre a Trieste... Dalla pagina FB di David Danev, 6 febbraio 2018:

Nič novega v Trstu. Oziroma je vedno slabše!
Niente de novo a Trieste.. Anzi pezo del pezo con discriminazioni raziali a go-go.
Siamo in Italia e si parla Italiano! Detta da un poliziotto nel centro de Trieste il 6 febbraio 2019 no nel 1919.. Dove xe la legalità, dove il rispetto delle leggi che regola gli accordi post-bellici firmati dall'Italia? Me porte a Bazovica a fucilarme perchè domando che veni rispetado un DIRITTO UMANO?
 
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Da: Detg Tik <detonitito  @gmail.com>
Oggetto: 10 febbraio a Basovizza (Trieste) per i caduti antifascisti
Data: 7 febbraio 2019 22:42:09 CET
 
In opposizione alla marea reazionaria e fascista del 10 febbraio, alcune compagne e compagni antifasciste triestine hanno deciso di condurre una minima iniziativa di mobilitazione, in difesa della memoria della lotta di liberazione.
In data 10 febbraio dalle 10.00 alle 12.00 saremo perciò a Basovizza (Trieste) presso il monumento ai caduti della guerra di liberazione in via Gruden (di fianco alla chiesa, difronte alla gelateria) per un presidio-volantinaggio.
Chiediamo il contributo di tutti e tutte, anche solo con un fiore per i nostri caduti.
Ci vediamo il 10
saluti antifascisti
 
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Trieste,  domenica 10 febbraio 2019
alle ore 12:00 in San Giusto, via Capitolina alla base della grande Alabarda floreale
 
Riprendiamoci il 10 Febbraio
Ritrovo pubblico per ridare il giusto significato per Trieste a questa data. Nell'occasione verrà letto un breve discorso nelle lingue del Territorio Libero e pianteremo fiori. Seguirà rinfresco.

10 febbraio 2019: celebrazione della firma del Trattato di pace di Parigi determinante l'esistenza del Territorio Libero di Trieste e la sua internazionalità.
10 febbraio 1947: le Potenze "alleate ed associate" vincitrici della seconda guerra mondiale imposero il Trattato di pace di Parigi all'Italia (ex) fascista, riconosciuta responsabile assieme a Germania e Giappone dello scatenamento della seconda guerra mondiale.
Il 30 marzo 2004 l'Italia, caso unico in Europa, stravolgendo il chiaro significato di questa data, ha istituito per il 10 febbraio il "giorno del ricordo", in rievocazione "delle vittime delle foibe", sovrapponendo così dolore nazionale revanscistico al senso della sconfitta subita negli anni '40. 
Per Trieste, quindi è giusto ricordare che il Trattato di pace di Parigi ha determinato invece, la Fine della Guerra, la Pace tra i Popoli e la costituzione ed il riconoscimento da parte dei 21 firmatari e di tutta la comunità internazionale, Italia compresa, del Territorio Libero di Trieste e del nostro Porto libero internazionale. Quanto di più lontano possa idealmente esserci dal nazionalismo italiano e dalla propaganda politica, con-cause della seconda guerra mondiale e della profonda crisi in cui dal 1954 ad oggi è sprofondata Trieste.
 
Organizzano: Territorio Libero di Trieste - Svobodno ozemlje - Free Territory of Trieste e TRIEST NGO
 
 
---3)
 

NON SOLO SALVINI E TAJANI A TRIESTE

10 FEBBRAIO: GIORNATA DEL RICORDO, MA DI TUTTE LE VITTIME E NELLA VERITÀ E NON SOLO FOIBE

Per non dimenticare, affinché i giovani sappiano!

Testimoniate con la vostra presenza

invito-vabilo  

Il 10 febbraio alle 12 invitiamo la cittadinanza in piazza Oberdan accanto al “Cantico dei Cantici”, il celebre monumento di Marcello Mascherini le cui figure affusolate si allungano a toccare il cielo sovrastando le acque della fontana.

La gente chiama quest'opera il “monumento ai fidanzatini”, per un fatto accaduto durante la seconda guerra mondiale rimasto a ricordo e simbolo degli innumerevoli torturati e uccisi a Trieste dai fascisti e dai nazisti.

Il 19 marzo 1945 su quella piazza il giovane triestino Pino Robusti, che attende la sua fidanzata, viene fermato ed arrestato dalle SS e condotto alla Risiera di San Sabba, dove verrà assassinato. Verranno lette sotto il monumento le lettere che scrisse ai genitori ed alla fidanzata poco prima di morire.

Quanto alla vicenda delle foibe, cavità naturali delle regioni carsiche di queste terre, vennero usate come fosse comuni prima dai nazionalisti e dai fascisti italiani tra le due guerre mondiali, e poi durante la seconda guerra mondiale che contrappose qui a fascisti e nazisti le forze di liberazione slovene, croate e italiane.

Molti, in questi giorni, restano gli interrogativi: ma è giusto parlare solamente di foibe di un determinato periodo? quando si è iniziato a usare le foibe? Ancora oggi si discute su quante siano le vittime finite nelle foibe in un'area molto vasta che comprende Venezia giulia, Slovenia, Istria e Croazia

Come mai non c’è spazio per una documentazione o una volontà di ricerca credibile sull’effettivo numero di persone scomparse? La tecnologia odierna inoltre probabilmente consentirebbe un 'identificazione certa delle salme.

Come mai nonostante i mezzi a disposizione negli apparati civili e militari, non si prova giungere a una definitiva e riconosciuta conta su numeri e persone?

Perché la politica impegnata a trovare le verità storiche, non fa chiarezza e non insiste nel far richieste di questo tipo? E come mai a quasi 75 anni di distanza non l’ha attuata?

La repubblica nasce dalla resistenza antifascista e si basa su una costituzione fondata sul rispetto della dignità dell’uomo. Una vita vale il mondo, quindi il numero di vittime potrebbe essere relativo, ma non in questo caso data l’importanza e valenza politica e storica che questi numeri hanno avuto.

Apriamo le tombe! Il periodo buio che ha portato il fascismo in Italia con particolari caratteristiche ed eccessi in queste terre, ha istigato l'odio etnico e promulgato leggi razziali che assieme ad altri fattori ed intrecci di carattere internazionale hanno reso quest’area geografica la più esposta ai tragici eventi che qui si sono verificati, risiera compresa.

Ai piedi del monumento “cantico dei cantici”, verrà collocata una composizione floreale a simboleggiare il grande cuore di Trieste, città che nella sua storia è sempre stata d’accoglienza di genti di diversa provenienza.

Nel corso dell’evento verranno osservati tre motivati minuti di silenzio al suono della tromba fuori ordinanza.

In caso di maltempo l’evento si terrà sotto il porticato del palazzo al n. 4 della piazza, ex sede della Polizia SS che vi compiva interrogatori e torture.

p.s. verranno inoltre trattati argomenti d’attualità inerenti al decreto sicurezza.

 

Comitato pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci

comitatodanilodolci@...

fb: Comitato Pace Danilo Dolci – Trieste

 
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"Lettera dello studente Pino Robusti ai genitori, dalle carceri del Coroneo di Trieste, pochi giorni prima di essere ucciso."

Pasqua 1945

Carissimi
Questa giornata è stata come una sorpresa per tutti noi "politici".
Ogni ceto, classe, età, accomunati in una sola vera fede, in una sofferenza unica e distinta per ognuno di noi eppure per tutti uguale. Ci siamo ritrovati tutti, stamane in chiesa, italiani, slavi, americani, russi tutti uguali dinanzi al cappellano, uomini e donne. Il discorso del prete è stato grandioso come grandioso il "grazioso" sorriso che da qualche giorno infiora la fetida bocca dei carcerieri. Si scusano di tenerci qui, ma come si fa… il dovere…!

Fifa, miei cari, fifa bella e buona! Poi in cortile, tutti insieme abbiamo cantato l’inno partigiano e gli slavi sono maestri del canto. Bisognava vedere la faccia del maresciallo tedesco che osservava la scena. Nulla ci è mancato, né vino, né sigarette e neppure fiori e che eleganza stamattina. Insomma la miglior dimostrazione di strafottenza più schietta e manifesta. Spero che anche voi avrete passato questo giorno con quella letizia che permettono le circostanze attuali (illeggibile) meglio non pensarci (illeggibile). State in pace e ricordatevi come io ricordo che l’ora del (illeggibile) è sempre più vicina per qualcuno che io conosco. Baci a tutti.

Pino

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"Lettera dello studente Pino Robusti alla fidanzata dalle carceri del Coroneo di Trieste il 5 aprile 1945. Il giorno dopo egli veniva ucciso e bruciato nel forno della Risiera."

Trieste, 5 aprile 1945

Laura mia,

mi decido di scrivere queste pagine in previsione di un epilogo fatale e impreveduto. Da due giorni partono a decine uomini e donne per ignota destinazione. Può anche essere la mia ora. In tale eventualità io trovo il dovere di lasciarti come mio unico ricordo queste righe.

Tu sai, Laura mia, se mi è stato doloroso il distaccarmi, sia pure forzatamente da te, tu mi conosci e mi puoi con i miei genitori, voi soli, giustamente giudicare. Se quanto temo dovrà accadere sarò una delle centinaia di migliaia di vittime che con sommaria giustizia in un campo e nell’altro sono state mietute. Per voi sarà cosa tremenda, per la massa sarà il nulla, un’unità in più in una cifra seguita da molti zeri. Ormai l’umanità si è abituata a vivere nel sangue. Io credo che tutto ciò che tra noi v’è stato, non sia altro che normale e conseguente alla nostra età, e son certo che con me non avrai imparato nulla che possa nuocerti né dal lato morale, né dal lato fisico. Ti raccomando perciò, come mio ultimo desiderio, che tu non voglia o per debolezza o per dolore sbandarti e uscire da quella via che con tanto amore, cura e passione ti ho modestamente insegnato.

Mi pare strano, mentre ti scrivo, che tra poche ore una scarica potrebbe stendermi per sempre, mi sento calmo, direi quasi sereno, solo l’animo mi duole di non aver potuto cogliere degnamente, come avrei voluto, il fiore della tua giovinezza, l’unico e più ambito premio di questa mia esistenza.

Credimi, Laura mia, anche se io non dovessi esserci più, ti seguirò sempre e quando andrai a trovare i tuoi genitori, io sarò là, presso la loro tomba ad aiutarti e consigliarti.

L’esperienza che sto provando, credimi, è terribile. Sapere che da un’ora all’altra tutto può finire, essere salvo e vedermi purtroppo avvinghiato senza scampo dall’immane polipo che cala nel baratro.

E’ come divenir ciechi poco per volta. Ora, con te sono stato in dovere di mandarti un ultimo saluto, ma con i miei me ne manca l’animo, quello che dovrei dire a loro è troppo atroce perché io possa avere la forza di dar loro un dolore di tale misura. Comprenderanno, è l’unica cosa che spero. Comprenderanno.

Addio, Laura adorata, io vado verso l’ignoto, la gloria o l’oblio, sii forte, onesta, generosa, inflessibile, Laura santa. Il mio ultimo bacio a te che comprende tutti gli affetti miei, la famiglia, la casa, la patria, i figli.

Addio

Pino
 
 
=== 2 ===
 
Porano (TR), domenica 10 febbraio 2019
alle ore 17 nella Sala Malerba

DRUG GOJKO 
 
di e con Pietro Benedetti
organizza: Alternativa per Porano
prenotazione obbligatoria – si veda la locandina:
 
 
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10 FEBBRAIO, NORMA COSSETTO IN VENETO E A MONTEBELLUNA
 
di Francesco Cecchini – 7 Febbraio 2019
 
NORMA COSSETTO IN VENETO
In occasione del Giorno del Ricordo, il 10 febbraio, la Regione Veneto, in collaborazione con lUfficio scolastico regionale, lassociazione Venezia Giulia e Dalmazia e la federazione delle associazioni degli esuli, distribuirà nelle scuole medie il fumetto Foiba Rossa, la storia a fumetti di Norma Cossetto, e un opuscolo di Guido Rumici. Liniziativa è finanziata con 15 mila euro dalla Giunta regionale. Responsabile e promotrice è Elena Donazzan, Assessore all’ Istruzione, Formazione, Lavoro, Trasporti nella Giunta Zaia.
 
ELENA DONAZZAN, CUORE NERO
[FOTO: Elena Donazzan con la t-shirt "Cuore Nero"
http://www.ancorafischiailvento.org/wp-content/uploads/2019/02/CUORE-NERO.jpg ]
Elena Donazzan figlia di repubblichini e nostalgica di anni neri, non è nuova ad iniziative del genere. Nel novembre del 2010 quando la Regione Veneto approvò la legge sulla valorizzazione dell’antifascismo e della Resistenza votò contro con motivazioni assurde. Nel settembre 2015 partecipò a Valdobbiadene a una cerimonia di inaugurazione di una lapide in onore della Decima Mas. Giacomo Vendrame segretario della CGIL commentò così: Credo che questa cerimonia si possa configurare come apologia del fascismo. Commemorare la Decima flottiglia Mas, in una sorta di bieco revisionismo storico, è vergognoso, una grave mancanza di rispetto per i nostri caduti della resistenza, coloro che si sono battuti contro la dittatura per la libertà e per la democrazia.” Ora Elena Donazzan ha chiesto al Presidente della Repubblica Mattarella di sciogliere l’ANPI, per la sua posizione su confine orientale, foibe ed esodo dalmata istriano, che l’ Assessore alla cutura falsifica. Il fumetto Foiba Rossa che la Donazzan distribuirà agli studenti veneti di scuola media distorce la drammatica vicenda di Norma Cossetto.
 
NORMA COSSETTO NON FU ASSASSINATA PER ESSERSI RIFIUTATA DI ESSERE JUGOSLAVA E COMUNISTA. I SUOI ASSASSINI NON FURONO SOLDATI DELL’ESERCITO DI LIBERAZIONE JUGOSLAVO
Norma Cossetto a 24 anni fu uccisa e infoibata ad Antignana, il 4 o 5 ottobre 1943. Qualsiasi tragica morte suscita orrore, e Norma Cossetto, per la sua orrenda morte, merita onore e ricordo. Concetto Marchesi, comunista e rettore dell’Università di Padova, conferendogli nel 1947 una laurea honoris causa e Azeglio Ciampi decorandola con una medaglia doro hanno onorato la sua memoria. 

ANCHE LA VERITA’, PERO’, MERITA RISPETTO
Norma Cossetto era iscritta alla Gioventù Universitaria Fascista in Istria e figlia di Giuseppe Cossetto un ricco possidente fascista, che fu anche Commissario governativo delle Casse Rurali della Provincia dIstria, che espropiò centinaia contadini slavi dellIstria delle loro terre. Ad assassinarla non furono partigiani slavi, ma degli italiani. Il Circolo Norma Cossetto, qualche anno fa, pubblicò un documento nel quale si afferma che Norma fu invitata a presentarsi al Comando partigiano del luogo, fu interrogata e rilasciata. In seguito però cadde nelle mani di alcuni italiani, tre o quattro, dei cani sciolti, che la condussero a Parenzo, da dove fu portata ad Antignana, violentata, uccisa e infoibata. Costoro furono presi da fascisti italiani alla fine dellottobre 1943 e, insieme con altri, per lo più innocenti e tutti italiani, in tutto diciassette, furono massacrati a raffiche di mitra, senza alcun processo e furono gettati nella stessa foiba di Norma Cossetto. Il corpo di Norma Cossetto, stando al verbale dei Vigili del Fuoco di Pola che lo estrassero, si presentava intatto, senza segni di sevizie. Inoltre vi è la testimonianza di Arnaldo Harzarich Vigili del fuoco di Pola, che si trova in Foibe di Papo, ed è citata anche nel Bollettino dellUnione degli Istriani n. 28, sett. dic. 1998, pag. 5, che conferma il verbale dei Vigili del Fuoco di Pola. Soltanto dopo, in una serie infinita di ricostruzioni, peraltro contraddittorie, si cominciò a parlare di torture, di seni ed organi genitali straziati, etc., etc. Anche lo storico triestino Roberto Spazzali, nel suo lavoro Foibe, un dibattito ancora aperto edito nel 1996 dalla Lega Nazionale di Trieste, dunque da unassociazione non partigiana, ha scritto: Lampia letteratura di quegli anni e del dopoguerra dedicherà un consistente spazio alla morte e al rinvenimento di Norma Cossetto, intrecciando incontrollate fantasie e presunte testimonianze.

NORMA COSSETTO A MONTEBELLUNA
In occasione del 10 febbraio a Montebelluna verrà inaugurata ufficialmente una via dedicata a Norma Cossetto. La storia del 10 febbraio a Montebelluna non brilla per verità storica e democrazia. Il 10 febbraio 2012 l’amministrazione comunale sponorizzò un evento organizzato dal Comitato Provinciale di Treviso dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia che parlava di genocidio (sic!)di istriani, giuliani e dalmati. Presentò l’avv. Maria Bortoletto. Il 10 febbraio 2013 l’amministrazione comunale impedì ,togliendo l’ Auditorium della Biblioteca Comunale precedentemente concesso, un convegno organizzato dallAnpi di Montebelluna su fascismo, confine orientale e foibe con la partecipazione delle storiche Monica Emmanuelli ed Alessandra Kersevan. Decisivo fu allora Claudio Borgia, collega politico di Elena Donazzan simpatizzante di Mussolini, che lo appoggia ed ora assessore all’istruzione e alle politiche familiari.
 
Claudio Borgia davanti alla sede ANPI a Montebelluna nel 2013
Oratori ufficiali saranno il sindaco Marzio Favero e Alma Brussi dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmati.
Il sindaco, obiettore di coscienza e antifascista, ha chiarito tempo fa in un’intervista dell’ aprile 2018 alla telvisione Antenna 3 la sua posizione su via Norma Cossetto. Vedere il video dell’intervista. 

VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=_0l4rPZpFys
 
Le sue parole sono contro speculazioni politiche e quindi non proprio coincidenti con quanto scritto da Treviso today dell’ 8 maggio 2017: La nuova via della frazione sarà infatti dedicata a Norma Cossetto, studentessa italiana, istriana, vittima dellesercito popolare di liberazione della Iugoslavia del maresciallo Tito. Venne torturata, violentata e gettata in una foiba nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943.”
Alma Brussi, nata a Pola, di solito presenta un documentario Pola una città che muore e parla di esodo forzato. Pola, città cantata anche dalla canzone 1947 di Sergio Endrigo, non è morta, anzi, ed esodo forzato in ogni caso non è il genocidio di cui ha parlato l’avvocato Maria Bortoletto.
All’inaugurazione ufficiale è stata invitata l’ANPI di Montebelluna. Se l’ ANPI accetterà di essere presente sarà un’accasione per affermare qual’è la sua reale posizione sulle drammatiche vicende del confine orientale. Vedere dichiarazioni recenti ad Antenna 3 del presidente dell’ANPI provinciale di Treviso, Giuliano Varnier. 

VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=uhrkjxvfbuQ
 
 
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Sulla iniziativa di Brugherio (spostata da Cologno Monzese a causa della censura istituzionale) si veda:
e le fotografie:
 
 
Introduzione della Rete per Foibe e confine orientale 1920-1947
8 febbraio 2019
Rete Antifascista Cologno
 

Riportiamo di seguito la traccia scritta della nostra introduzione all’incontro Le foibe nelle complesse vicende del confine orientale (1920-1947), svoltasi presso la Casa del Popolo di Brugherio il 7 febbraio 2019.

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Questa è la prima assemblea pubblica della Rete antifascista Cologno. Siamo una rete composta da singoli cittadini, organizzazioni partitiche, sindacali, associazioni, liste civiche e singoli cittadine e cittadini. Ci siamo aggregati nell’aprile 2018 per dare una risposta popolare, di piazza, pacifica ma determinata alla cosiddetta “rievocazione storica” di un campo dell’esercito della Germania nazista voluta dall’amministrazione comunale della nostra città e svoltasi a giugno scorso (prevista inizialmente a ridosso del 25 aprile e con esplicito riferimento alla Liberazione).

Pensiamo che oggi, in Italia e in Europa ci sia bisogno di antifascismo.
Intendiamoci, non pensiamo che il fascismo storico, inteso come regime (1922-1945), possa facilmente tornare. Intendiamo il fascismo come il “fascismo perenne” di cui parlava Umberto Eco, un fascismo come visione del mondo, discorso pubblico e pratiche politiche conseguenti. Elementi oggi vivi e vegeti anche in leader e formazioni politiche che vanno oltre il perimetro della galassia della destra neo-fascista (che comunque è aggressiva, pericolosa e va contrastata).
L’Amministrazione Comunale di Cologno ha dato prova di essere infetta da questo “virus” attraverso una serie di atti concreti tra cui la concessione di spazi pubblici a formazioni neofasciste e l’adozione di provvedimenti a sfondo razzista come la chiusura della Scuola di Italiano per Stranieri e l’ordinanza discriminatoria sull’ospitalità ai migranti per cui il Comune di Cologno è stato recentemente condannato dal Tribunale di Milano.
Per fermare il “fascismo perenne” occorre andare oltre un antifascismo ingessato e rituale, quello dei discorsi e delle cerimonie. Serve sporcarsi le mani con iniziative di piazza e se occorre di protesta; serve anche fare battaglia di idee. Ed è per questo che siamo qui.

Negli ultimi tre anni e mezzo, l’amministrazione comunale di Cologno ha enfatizzato il Giorno del ricordo delle vittime delle foibe. Spettacoli teatrali, conferenze, persino un monumento davanti al municipio. A cui si aggiunge l’attivismo del consigliere comunale di Casapound (ex capogruppo della Lega), che ha preso parola due-tre volte in consiglio comunale, di cui una per chiedere di intitolare una via ai “martiri delle foibe” e un’altra per stigmatizzare la presenza dell’ANPI nelle scuole colognesi (in cui la giunta ha incoraggiato nell’anno scolastico 2018-19 conferenze solo dell’ANVGD-Associazione nazionale Venezia Giulia Dalmazia). Quest’anno, in più, la giunta ha deciso di proiettare al cineteatro comunale “Red Land/Rosso Istria”, un film assurto all’onore delle critiche per le evidenti falsità storiche . Ci sembra
significativo che nel 2019 ci siano state tre iniziative istituzionali per il Giorno della Memoria per le vittime degli stermini nazifascisti e quattro per il Giorno del Ricordo.

Perché questa enfasi? La nostra idea è che, da circa 15 anni (2004, legge che istituisce il Giorno del ricordo), le vicende del confine orientale tra il 1943 e il 1945 (assassinii e sepolture di fortuna nelle cavità carsiche) siano state strumentalizzate per ragioni politiche.. Per cancellare la responsabilità storica e i crimini compiuti dal regime fascista italiano e dai suoi sostenitori. Nulla nasce nel vuoto. Le reazioni alla repressione di circoli, scuole, organizzazioni (spesso di lavoratori) di lingua slava, le reazioni all’italianizzazione forzata (cambio nomi e toponimi) e allo squadrismo, non nascono nel vuoto, ma sono appunto una risposta al razzismo e alle violenze dei fascisti (dagli anni ’20) e dei nazisti (dal 1943).
Intorno al tema foibe si sono scatenate una gran quantità di narrazioni tossiche che confondono volutamente le acque: diluiscono la categoria di fascisti e collaborazionisti in quella generica di “italiani”, solleticando un vittimismo irrazionale e il vecchio stereotipo (storicamente falso) degli “italiani brava gente” durante occupazioni e regimi coloniali. I crimini del fascismo, nelle terre del confine orientale così come in Africa orientale, Jugoslavia, Grecia, Albania sono un gigantesco rimosso di cui si deve tornare a parlare.
A che scopo? Secondo noi per una sorta di vendetta storica che parli al presente: attaccare la Resistenza e la lotta antifascista di Liberazione, dipingere i partigiani (soprattutto se jugoslavi e/o comunisti) come belve assetate di sangue, ritagliare spazi di agibilità politica e presunta autorevolezza storico-morale per organizzazioni post/para/neo fasciste.

Questa strategia di confusione e riscrittura della storia, però, ha un punto debole: la ricerca storiografica fatta come si deve. Quella che non gonfia i numeri delle vittime, quella che usa i documenti processuali e le testimonianze dell’epoca (e non di figli e nipoti che raccontano storie filtrate dai decenni, dai racconti, dal vissuto emotivo familiare), quella che inquadra i singoli episodi in cornici storiche più ampie, quella che non
mescola eventi storici diversi e complessi. Non si inventa nulla e non si guarda solo a quel che si vuole vedere, insomma. Non si nega, non si giustifica ma si contestualizza.

Per questo siamo qui stasera. Per dare alla nostra cassetta degli attrezzi una serie di strumenti per la battaglia di idee che vogliamo portare avanti. Con l’orizzonte contribuire a costruire città accoglienti, senza razzismo, fascismo, sessismo né alcuna forma di ingiustizie e oppressione.