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Ucraina ed Europa, che cosa fare?
Il finanziere e la riflessione sulle cinque crisi Ue (migranti, Grecia, euro, Ucraina, Brexit)
di George Soros, 26 settembre 2015
A causa dei difetti strutturali dell’euro, le autorità europee sono dovute diventare esperte nell’arte dell’arrangiarsi tra una crisi e l’altra. Tale pratica è conosciuta in gergo come “menare il can per l’aia”, anche se, ad essere precisi, il cane continua a ritornare indietro. Ma l’Europa ora deve affrontare per lo meno cinque crisi allo stesso momento: quattro interne - l’euro, la Grecia, i migranti e il referendum britannico sul rimanere o meno nell’UE - ed una esterna, l’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina. Le varie crisi tendono a rinforzarsi vicendevolmente. Sia le opinioni pubbliche che le autorità sono sopraffatte. Che si può fare per arrestare e invertire il processo di disintegrazione? E’ ovvio che non si riesce a risolvere cinque crisi tutte allo stesso momento. Bisogna in certo modo assegnare priorità ad alcune di esse senza però trascurarne nessuna. Io ho sempre sostenuto con forza che l’Ucraina merita priorità assoluta.
La Ue e le crisi interne
Le crisi interne tendono a dividere l’UE in paesi debitori e creditori, il Regno Unito e il resto d’Europa, nonché in paesi “arrivo” e paesi “destinazione”. D’altra parte, una minaccia esteriore come l’aggressione russa contro l’Ucraina dovrebbe unire l’UE. C’è una nuova Ucraina che è determinata a diventare l’opposto della vecchia Ucraina. La vecchia Ucraina aveva molto in comune con la vecchia Grecia, che si è rivelata così difficile da riformare: un’economia dominata da oligarchi ed una classe politica che sfruttava la sua posizione ai fini di guadagni personali piuttosto che del servizio pubblico. In contrasto, invece, la nuova Ucraina si ispira allo spirito della Rivolta di Piazza Maidan nel febbraio 2014 e cerca di riformare radicalmente il paese. Trattando l’Ucraina alla stregua di una Grecia di second’ordine, che non è nemmeno un membro dell’UE, l’Europa corre il rischio di far ridiventare la nuova Ucraina ancora una volta la vecchia Ucraina di sempre, e questo sarebbe un gravissimo errore, in quanto la nuova Ucraina è una delle risorse di maggior valore che l’Europa ha, sia per contrastare l’aggressione russa che per ritrovare lo spirito di solidarietà che caratterizzava l’Europa agli inizi. Ritengo di essere nella posizione di sostenere con forza questa tesi, dal momento che ho una profonda conoscenza della nuova Ucraina sia grazie alla mia Fondazione che al mio diretto coinvolgimento nel paese. All’inizio dell’anno ho sviluppato quella che ho chiamato “una strategia vincente per l’Ucraina” e l’ho distribuita tra le autorità europee. Ho anche descritto le linee della strategia in queste pagine. (* «A new policy to rescue Ucraine» The New York Review, 5 febbraio 2015) . Sostenevo che le sanzioni contro la Russia sono necessarie ma non sufficienti. Il presidente Vladimir Putin ha sviluppato una riuscita interpretazione dell’attuale situazione, con la quale difendersi dalle sanzioni. Sostiene infatti che tutte le difficoltà economiche e politiche che la Russia fronteggia sono dovute all’ostilità dei paesi occidentali, che vogliono negare alla Russia la sua dovuta posizione nel mondo.
La Russia
La Russia è pertanto la vittima di tale aggressione. Questa tesi piace alla popolazione patriota, cui viene richiesto di sopportare le difficoltà in termini di instabilità finanziaria e scarsità di beni causate dalle sanzioni. In realtà, tali difficoltà rafforzano la sua tesi, e l’unico vero modo di smentire Putin è il migliorare l’equilibrio tra le sanzioni contro la Russia e l’appoggio all’Ucraina. La mia “strategia vincente” implica un’efficace assistenza finanziaria all’Ucraina, che abbinerebbe un supporto budgettario di larga scala ed un’abbordabile assicurazione contro il rischio politico, nonché vari incentivi per il settore privato. Combinate alla radicale riforma politica ed economica che la nuova Ucraina è intenzionata ad introdurre, queste misure le consentirebbero di diventare un paese interessante ai fini degli investimenti. Il cardine delle riforme economiche è la ristrutturazione di Naftogaz, azienda statale che detiene il monopolio del gas. Ci si sposterebbe dagli attuali prezzi mantenuti artificialmente bassi a veri prezzi di mercato e si introdurrebbero aiuti alle famiglie bisognose per l’acquisto del gas. Le riforme politiche sono incentrate sul creare un sistema giudiziario e dei mass-media che siano onesti, indipendenti e competenti, il lottare contro la corruzione, nonché l’istituire una pubblica amministrazione che sia al servizio della gente piuttosto che al suo sfruttamento. Queste riforme sarebbero anche gradite a una grande fetta della popolazione russa, che esigerebbe un simile approccio, e questo aspetto è precisamente quello che Putin teme. E’ proprio per questa ragione che ha tentato così radicalmente di destabilizzare la nuova Ucraina.
Ucraina
Se gli alleati dell’Ucraina abbinassero le sanzioni contro la Russia ad un effettivo sostegno alla nuova Ucraina, non ci potrebbe essere propaganda che oscurasse il fatto che i problemi economici e politici russi non sono che il risultato delle politiche di Putin. Naturalmente, in diretta violazione dell’accordo Minsk-2 dell’11 febbraio 2015, Putin potrebbe impedire il successo della nuova Ucraina con un intervento militare di larga portata, ma ciò segnerebbe una sua sconfitta politica, esporrebbe la falsità della sua interpretazione del conflitto ucraino; inoltre, la conquista militare di parte dell’est dell’Ucraina sottoporrebbe la Russia ad un notevole onere economico e politico. Il presidente Putin ha guadagnato un temporaneo vantaggio tattico sull’Ucraina perché è pronto a rischiare una guerra di larga scala e perfino nucleare, mentre gli alleati dell’Ucraina sono determinati ad evitare il conflitto militare diretto con la Russia. Ciò gli ha consentito di alternare a suo piacimento una sorta di pace ibrida e di guerra altrettanto ibrida, ed egli ha totalmente sfruttato tale vantaggio. L’Ucraina non può prevalere militarmente sulla Russia in quanto il presidente Putin può mobilizzare sul campo di battaglia forze armate che sono maggiori e meglio attrezzate di quelle a disposizione dell’Ucraina e dei suoi alleati. Il presidente ucraino Petro Poroshenko ha dovuto imparare la lezione a sue spese. Ma sicuramente l’Europa e gli USA possono superare la Russia finanziariamente. Queste considerazioni a favore di un sostegno europeo e statunitense hanno avuto un certo impatto sugli alleati dell’Ucraina ma la mia affermazione circa la loro volontà di fornire un sostegno finanziario di larga portata si è rivelata errata, almeno fino ad ora. Attribuisco questo fatto a due fattori: il primo è la crisi greca, una diretta conseguenza della crisi dell’euro ed un cattivo esempio per l’Unione Europea da seguire in Ucraina.
L’euro
L’altro fattore è l’accordo di Minsk stesso che, per ragioni che spiego oltre, ha indotto le autorità europee a continuare a mantenere l’Ucraina in condizioni finanziarie di ristrettezza. La crisi dell’euro ha determinato una grave scarsità di fondi a scopo di budget. Il budget europeo di 145 miliardi di euro è solo all’incirca l’uno per cento del PIL degli stati membri, ma la crescita dell’Europa è assolutamente minima e i gli stati membri stanno ventilando di ridurre i propri contributi al bilancio europeo. La carenza di fondi si fa sentire più acuta nella zona euro, che non ha un bilancio a sè stante. Le autorità europee, sotto la guida della Germania, hanno mal gestito la crisi greca; all’inizio hanno erogato prestiti di emergenza a tassi di interesse molto elevati, hanno imposto il loro programma di riforme e lo hanno micro gestito invece di lasciare che fosse la Grecia stessa a prendersi la responsabilità ed il controllo delle riforme - e sempre i prestiti sono risultati inadeguati nell’ammontare ed erogati troppo tardi. Le autorità greche non sono peraltro esenti da responsabilità, anche se la colpa principale rimane della Germania, in funzione della sua leadership. Il debito nazionale greco è diventato insostenibile ma le autorità europee non sono disposte a ridurre i loro prestiti alla Grecia. Su questo punto, una disputa tra gli stati membri e il Fondo Monetario Internazionale ha fortemente complicato le negoziazioni recenti ed attuali. Le autorità hanno corretto alcuni dei loro errori, quali ad esempio l’insistenza nel richiedere il “bail in”, la riduzione del valore dell’obbligazione, piuttosto che il “bail out”, il salvataggio. Ma continuano a ripetere altri errori. Il più grave di questi è stato il trattare l’Ucraina come fosse la Grecia. La nuova Ucraina sta cercando di essere il contrario della Grecia e, nonostante non sia uno stato membro, sta attivamente difendendo l’Unione Europea contro la minaccia militare e politica russa. Come ho sostenuto nella mia proposta originale per una strategia vincente, gli aiuti all’Ucraina dovrebbero essere considerati a stregua di spese per la difesa. In questa luce, l’attuale contributo di 3.4 miliardi di euro da parte dell’UE al pacchetto di aiuti del FMI a favore dell’Ucraina è assolutamente inadeguato.
Lo strumento fiscale Ue
L’UE ha lo strumento fiscale adatto (il meccanismo dell’assistenza macro finanziaria) che, una volta apportate le necessarie modifiche, potrebbe venire utilizzato per superare la mancanza di fondi nel bilancio europeo. Tale meccanismo consente all’UE di prendere fondi a prestito sui mercati finanziari, utilizzando il suo quasi inutilizzato rating a tripla A. Il budget dell’UE deve stanziare solo il 9% dell’ammontare dei prestiti all’Ucraina come riserva non cash obbligatoria a fronte della possibilità di una futura inadempienza. A paragone, le regole di bilancio statunitense prevedono un 44% di riserva non cash obbligatoria sulla recente garanzia sul credito di 1 miliardo di dollari che gli USA hanno fatto all’Ucraina. Pertanto l’onere di budget sul contributo di 2 miliardi di dollari al pacchetto di aiuti del FMI è in realtà più grande di quello dell’UE. Ma l’accordo sul meccanismo di assistenza macro finanziaria è scaduto nel 2009, coll’introduzione del trattato di Lisbona, e necessita di essere rinnovato per un uso su più larga scala. Lo stanziamento dell’1 per cento del bilancio europeo a favore della difesa dell’Ucraina sembra adeguato; ciò consentirebbe all’UE di contribuire fino a 14 miliardi di euro all’anno al pacchetto di aiuti del FMI ed il contributo sarebbe sufficiente a che l’Europa possa fare “tutto ciò che è necessario” a sostegno del successo ucraino. L’accordo Minsk-2 del febbraio 2015 ha fatto seguito ad una pesante sconfitta inflitta all’Ucraina da parte dei separatisti, largamente assistiti dalla Russia. L’Ucraina cercava un cessate il fuoco e ha negoziato in condizioni di coercizione.
L’accordo Minsk-2
L’accordo Minsk-2 garantiva uno stato speciale alle enclave separatiste nella regione del Donbass nell’est dell’Ucraina e prevedeva anche che l’Ucraina le sovvenzionasse. Il presidente Putin seppe sfruttare il suo vantaggio e mantenne deliberatamente ambiguo il testo dell’accordo, che richiedeva che il governo ucraino negoziasse con rappresentanti della regione del Donbass, pur senza precisare chi fossero. L’accordo fu firmato dai presidenti Putin, Poroshenko e François Hollande nonché dalla Cancelliera Angela Merkel. Ciò costituì una trappola per questi ultimi due, che volevano che un accordo che portasse le loro firme tenesse; in caso di fallimento, doveva essere la Russia ad esserne responsabile, non l’Ucraina. Erano anche ansiosi di evitare il confronto militare. Questo atteggiamento li portò a tollerare violazioni della tregua da parte dei Russi e dei separatisti e, nel mentre, insistere che l’Ucraina dovesse seguire gli accordi presi alla lettera. Nell’assumere una posizione neutrale sulla questione del come il presidente Poroshenko avrebbe potuto rispettare le richieste dell’ambiguo accordo, Hollande e la Merkel hanno di fatto rinforzato il vantaggio di Putin. Dopo il raggiungimento dell’accordo, l’Ucraina ha sfiorato il collasso finanziario a causa del ritardo con cui fu erogato, l’11 marzo 2015, il secondo pacchetto di aiuti finanziari del FMI. Il punto massimo della crisi fu raggiunto in febbraio, quando il popolo ucraino perse la fiducia nella moneta nazionale, la grivnia. Le transazioni ufficiali vennero sospese e la quotazione in quel momento sul mercato nero era tra 30 e 40 grivnie per un dollaro. Da allora, la moneta ha recuperato e ora il valore è di circa 20-25 grivnie per un dollaro.
Fattori economici
Una precaria stabilità finanziaria è stata pertanto ristabilita, ma solo al prezzo di una accelerata contrazione economica. Il crollo improvviso del valore di scambio ha comportato un aumento dell’inflazione, il peggioramento della qualità di vita e un sostanziale calo delle importazioni; questo ha influito positivamente sulla riduzione del deficit import/export. Contemporaneamente il bilancio ha risentito positivamente delle minori spese in oneri sociali per la popolazione e stipendi per la pubblica amministrazione. Quando ho visitato l’Ucraina lo scorso aprile, ho notato un’allarmante contraddizione tra la realtà oggettiva, che stava chiaramente deteriorando, e lo zelo riformista della nuova Ucraina che era sotto enorme pressione economica, politica e militare ma che ancora procedeva con le riforme, che stavano raggiungendo effetti cumulativi. Durante il 2014 il programma di riforme per una nuova Ucraina era allo stato di progetto; solo nel 2015 si è visto il risultato di un notevole numero di leggi approvate al fine di soddisfare i requisiti imposti dal FMI e, più recentemente, l’accordo di Minsk. Ciò nonostante, gli oligarchi - quegli industriali che utilizzano la loro influenza politica per arricchirsi - erano più esperti nel difendere i propri interessi di quanto lo fossero i riformisti nel frenarli. Proprio quando l’economia era sull’orlo del baratro e le tensioni politiche a livelli altissimi, il governo ha dovuto far fronte alla sfida del più potente oligarca, Igor Kolomoisky, che ha cercato di usare la sua personale forza militare per mantenere il suo controllo di una società del gruppo Naftogaz.
Gli oligarchi
Il governo fu messo in condizione di opporre resistenza e riuscì a sconfiggerlo. Quello fu un punto di svolta. Da allora, la banca centrale ha esercitato uno stretto controllo del Sistema creditizio, anche se per la ricapitalizzazione degli istituti di credito ci vorrà del tempo. Altri oligarchi, tra cui principalmente Dmytro Firtash e Rinat Akhmetov, sono stati richiamati all’ordine. Purtroppo questo avviene per casi specifici e non per diretta applicazione di leggi al riguardo. Tentativi di riformare la polizia, introdurre servizi online nel governo e trasparenza nelle acquisizioni e appalti ufficiali stanno facendo progressi. Ma i riformatori stando incontrando difficoltà ad ogni passo e la popolazione in generale è sempre più scontenta della lentezza delle riforme e del continuo peggioramento della qualità della vita. Pertanto la pressione sotto cui operano i riformatori continua ad aumentare e può raggiungere un punto di rottura in qualsiasi momento. La crisi greca ha grandemente intensificato i problemi ucraini col distrarre l’attenzione delle autorità europee dall’Ucraina e col rinforzare la loro tendenza a trattarla come fosse un’altra Grecia. L’effetto sulla cancelliera Merkel è stato particolarmente deleterio. Lei si è comportata come una vera leader europea nel fronteggiare il presidente Putin ma allo stesso tempo è rimasta esitante sul dare un sincero aiuto all’Ucraina. Quando si è trattato della Grecia, ha abbandonato la sua caratteristica cautela allo scopo di evitare che la Grecia uscisse dalla zona euro. Questa posizione le ha causato conflitti con il proprio partito e il suo Ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, che aveva il sostegno del suo partito.
Accordo ambiguo
Nonostante sia riuscita, almeno per il momento, a mantenere la Grecia in zona euro, ha investito molto del suo capitale politico nel processo. La sua mancanza sarà molto sentita dalla nuova Ucraina, che necessita di tutto il sostegno che riesce ad ottenere per aderire alle richieste degli accordi di Minsk. L’ambiguità dell’accordo ha forzato entrambe le parti in una farsa dove il compito è passare all’altra parte la patata bollente (l’obbligo di fare la mossa successiva). Kiev ha imparato la lezione velocemente. Su spinta dei suoi alleati, ha istituito lo stato speciale delle enclave della Donbass passando una legge che faceva riferimento all’ambiguo testo dell’accordo di Minsk, parola per parola. Questo ha creato problemi finanziari al presidente Putin, privando le enclave di finanziamenti fino a quando non fossero disposte ad indire elezioni in linea con la legge ucraina. Ma sarebbe rischioso da parte degli alleati dell’Ucraina di spingere troppo il presidente Poroshenko a fare concessioni unilaterali ai separatisti. Come recentemente dimostrato dallo spargimento di sangue di fronte al parlamento ucraino, gli elementi ultranazionalisti sono sul punto di ribellarsi. In breve, la condizione politica ed economica della nuova Ucraina è estremamente precaria. Un esame critico dei recenti negoziati con la Grecia rivela dove questi abbiano fallito. La Grecia non avrebbe dovuto avere precedenza sull’Ucraina e l’Ucraina non avrebbe dovuto essere trattata come ancora un’altra Grecia. Una simile analisi dell’accordo di Minsk conduce ad una conclusione più equivoca. Gli alleati europei dell’Ucraina sono caduti in una trappola ma la conseguente situazione di impasse ha portato un importante beneficio: ha bloccato la Russia dal portare le sue violazioni del cessate il fuoco oltre il punto in cui possa negarle. Sarebbe un peccato perdere tale vantaggio.
L’Ue e l’Ucraina
Questa analisi conduce logicamente ad una nuova strategia vincente per l’Ucraina, che merita di ritornare in cima alla lista delle priorità europee proprio perché la nuova Ucraina è una delle sue grandi risorse. Si dovrebbe cercare in tutti i modi non solo di mantenere la nuova Ucraina, ma di assicurarne il successo. Se grazie agli aiuti all’Ucraina l’UE riuscisse a respingere in modo effettivo la minaccia russa, allora gran parte degli altri problemi dell’UE si sistemerebbero; se fallisse, gli altri obiettivi si allontanerebbero sempre di più. Come si può assicurare il successo della nuova Ucraina? L’analisi sulla quale si basava l’originale strategia vincente è tuttora valida. E’ sempre stato ed è tuttora chiaro che il presidente Putin può sempre dimostrare alla Russia di essere più potente dell’Ucraina e dei suoi alleati, incrementando il suo utilizzo della forza. L’Ucraina non è in grado di prevalere militarmente sulla Russia. Ciò significa che non può riappropriarsi del territorio perso, per lo meno nel breve periodo, ma può mantenere la sua integrità morale e politica. E quando si è davanti ad una tale scelta, la seconda opzione è di gran lunga la più importante. La nuova Ucraina è impaziente di imbarcarsi in radicali riforme politico-economiche. Dispone di una vasta popolazione e di un esercito di provata efficienza desideroso di difendere l’Unione Europea per il tramite della autodifesa. Inoltre, lo spirito di volontariato e di sacrificio personale, sul quale si fonda la nuova Ucraina, è un bene altamente deperibile: una volta perso, ci vorrà almeno una generazione per ripristinarlo.
Merkel
La cancelliera Merkel ha posto l’integrità politica e morale della nuova Ucraina sotto enorme pressione forzando il presidente Poroshenko ad osservare l’accordo di Minsk alla lettera, anche se il presidente Putin non lo fa. Peraltro la conseguenza positiva è il contenimento del conflitto armato, e tale buon risultato deve essere mantenuto. Il raggiungimento di un certo grado di stabilità politica e militare deve essere uno degli obiettivi di una strategia vincente. E’ la seconda parte della strategia vincente che manca. Gli alleati dell’Ucraina devono decidere e dichiarare che faranno “tutto ciò che è necessario” per consentire all’Ucraina non solo di sopravvivere, ma di introdurre lungimiranti riforme politico-economiche e prosperare, nonostante l’opposizione del presidente Putin. Questo approccio necessiterebbe di sostanziali maggiori finanziamenti di quelli disponibili nel budget europeo. I due rami di questa “strategia vincente” aggiornata - il mantenere il conflitto militare sotto controllo e l’erogare adeguati finanziamenti all’Ucraina per compiere riforme radicali - devono venire gestiti con cautela, in quanto potrebbero interferire tra loro. La strategia originale richiedeva agli alleati dell’Ucraina di dichiarare il loro impegno a fare “tutto ciò che è necessario” alla fine di giugno, in concomitanza all’estensione delle sanzioni contro la Russia. L’UE ha mancato quella scadenza. La prossima occasione si presenterà alla fine dell’anno e dovrebbe essere condizionata alla promessa di ridurre le sanzioni se la Russia rispetta gli obblighi secondo gli accordi di Minsk. L’offerta di una significativa ricompensa materiale alla Russia per rispettare gli accordi di Minsk, nonché l’uscita salva faccia dal conflitto con l’Ucraina accresceranno le possibilità di successo. Negli ultimi mesi, la prospettiva che l’accordo di Minsk possa tenere è visibilmente migliorata. La debolezza dei prezzi del petrolio e l’ulteriore ribasso del rublo hanno ulteriormente posto pressione sull’economia russa. Ma il fattore decisivo è stato il declino nella produzione russa di petrolio, che è costantemente calata anno dopo anno e, per la prima volta, sia la quantità che la qualità della produzione petrolifera è calata quest’anno nei mesi di giugno e luglio.
Effetto delle sanzioni
Questo significa che le sanzioni stanno avendo effetto e che la mancanza di parti di ricambio porta ad un accelerato esaurimento delle esistenti aree petrolifere. Putin potrebbe risarcire i suoi compari per le loro perdite finanziarie, permettendo loro di prendersi le proprietà degli oligarchi meno affidabili; ma l’unica via per arrestare il generale declino dell’industria petrolifera è riuscire a far rimuovere alcune delle sanzioni dall’occidente. Questa considerazione ha ora maggior peso della minaccia costituita dalla futura prosperità ucraina. Il fatto che il periodo di massima tensione sia passato senza un attacco militare di larga scala indica che Putin ha deciso di utilizzare mezzi più sofisticati per destabilizzare la nuova Ucraina. E’ perciò ancora più essenziale che gli alleati dell’Ucraina adottino la strategia vincente modificata che ho qui delineato. Il cambiamento nell’atteggiamento di Putin dà loro un più ampio margine di manovra. Gli alleati possono fornire un immediato sostegno finanziario all’Ucraina, così da alleviarne la pressione economica e politica, senza provocare contromosse da parte della Russia. E devono altresì preparare il terreno per una dichiarazione entro la fine dell’anno che prometta di fare il necessario per assicurare il successo della nuova Ucraina. Ciò significa che devono cominciare a stabilire un piano di lavori per un nuovo Meccanismo di Assistenza Macro finanziaria ora, in quanto ci vorranno parecchi mesi per completare il processo, che non può cominciare senza la previa approvazione del Ministro delle Finanze tedesco. Ci sono dei positivi segni che la cancelliera Merkel si sta muovendo nella giusta direzione. Lei si è spinta ben oltre i canoni dell’opinione pubblica tedesca e del mondo industriale e finanziario quando ha usato la sua posizione di potere nel forgiare l’unanimità europea sull’imposizione di sanzioni alla Russia. L’opinione pubblica tedesca si riallineò con lei solo dopo che l’aereo malese precipitò in Ucraina. Decise di assumersi un rischio politico non caratteristico con il fine di mantenere la Grecia in zona euro. Dovette fronteggiare un’intensa opposizione interna, ma ciò non le impedì di compiere un altro coraggioso passo annunciando che la Germania avrebbe accolto e gestito non meno di 800.000 migranti nel 2015. Facendo questo, la Germania ha dato un positivo esempio da seguire da parte degli altri stati membri; ha anche implicitamente abbandonato il Regolamento di Dublino, che impone ai richiedenti asilo di essere registrati e di rimanere nel paese di ingresso, causando pertanto attrito tra i paesi di “arrivo” e “destinazione”.
Migranti
Questo ha comportato un sostanziale cambiamento nell’atteggiamento pubblico verso i richiedenti asilo. C’è stata un’effusione di compassione che, scaturita in Germania, si è diffusa nel resto d’Europa. Se questa tendenza si rafforzasse, potrebbe portare a una positiva risoluzione della crisi dei migranti. La cancelliera Merkel ha correttamente osservato che la crisi dei migranti avrebbe potuto distruggere l’UE, in primo luogo decretando il fallimento degli accordi di Schengen, che sanciscono la libera circolazione all’interno dell’unione, ed in fase successiva danneggiando il mercato comune. Una continuazione idonea delle sue recenti assunzioni di rischi sarebbe l’abbinamento di fermezza nei confronti della Russia con maggiore fiducia e sostegno all’Ucraina. Gli USA sono già maggiormente dediti alla nuova Ucraina che la maggior parte dei governi europei; il presidente Obama potrebbe avere un ruolo molto importante nel persuadere la cancelliera Merkel a muoversi in tale direzione. Con il loro sostegno abbinato, la nuova strategia vincente per l’Ucraina ha una realistica possibilità di successo. E il successo dell’Ucraina dovrebbe fornire l’impulso all’UE a trovare una soluzione positiva agli altri problemi che deve affrontare. La coraggiosa iniziativa della cancelliera Merkel nei confronti dei richiedenti asilo potrebbe avere degli effetti di lunga gittata. Ha sfidato il partito tedesco opposto all’euro, ma tale partito era già diviso sull’opposizione all’immigrazione ed è probabile che possa sciogliersi, vista l’enorme compassione pubblica per i richiedenti asilo. A sua volta, questo potrebbe incoraggiare il presidente Hollande a sfidare il Fronte Nazionale in Francia, partito diviso dall’ostilità tra il suo fondatore e la figlia; e potrebbe ispirare il primo ministro Cameron a placare con successo l’agitazione anti-immigratoria dello UKIP. Lo scenario politico europeo potrebbe trasformarsi. C’è il pericolo che la preoccupazione europea per la crisi dei migranti possa ancora una volta distogliere l’attenzione da quella che, a mio parere, è una questione ancora più importante: il destino della nuova Ucraina. Questo costituirebbe un tragico errore. Come ho spiegato qui, la nuova Ucraina è la più importante delle risorse che l’Europa ha, la sua perdita comporterebbe un danno irreparabile: potrebbe crearsi uno stato fallito di più di 40 milioni di abitanti, che diventerebbe un’altra fonte di rifugiati politici. Invece, aiutando la nuova Ucraina, l’Unione Europea potrebbe salvare se stessa. Facendo “tutto quello che è necessario” per aiutare la nuova Ucraina non solo a sopravvivere ma a prosperare, l’UE raggiungerebbe due obiettivi: si tutelerebbe dalla Russia di Putin e ritroverebbe lo spirito di cooperazione e solidarietà che alimentava i sogni e gli ideali dei popoli europei quando l’unione fu costituita. La cancelliera Merkel ha già riacceso quello spirito nei confronti dei migranti. Salvare la nuova Ucraina davvero trasformerebbe il paesaggio politico europeo.