Informazione


Inizio messaggio inoltrato:

Da: Fulvio <fuldigior @ gmail.com>
Data: 07 ottobre 2008 10:14:05 GMT+02:00
A: "Coord. Naz. per la Jugoslavia" 
Oggetto: Giovedì 9 ottobre Cineforum alla Forgia "La Battaglia della Neretva"





GIOVEDI 9 OTTOBRE ORE 22


LA BATTAGLIA DELLA NERETVA
di Veljko Bulajic

con Sylva Koscina, Curd Jurgens, Yul Brynner

Iugoslavia-Germania-Italia(1969)



Nell'inverno tra il 1942 e il 1943, Hitler ordina lo sterminio dei partigiani jugoslavi guidati dal generale Tito. Questi ultimi cercano rifugio verso Nord, nelle montagne bosniache: dopo aver sconfitto una divisione italiana, i partigiani - inseguiti dai tedeschi - si dirigono verso il fiume Neretva per attraversarlo, ma ad attenderli sull'altra riva ci sono anche gli ustascia e i cetnici...



SPAZIO POPOLARE LA FORGIA
via Mazzini 24
Bagnolo Cremasco(cr)





Da Vicenza un allarme e una opportunità

1) Vicenza: APPELLO DEI LAVORATORI CONTRO LA GUERRA
DOMENICA 5 DALLE 20 ALLA ROTONDA DI VIALE FERRARIN

2) Da Vicenza un allarme e una opportunità
Rilanciare la mobilitazione contro le basi militari e la NATO è possibile - Comunicato della Rete dei Comunisti


=== 1 ===

Vicenza

APPELLO DEI

LAVORATORI CONTRO LA GUERRA

  • A TUTTE/TUTTI COLORO CHE VOTANO SI’ ALLA CONSULTAZIONE sul "Dal Molin" domenica 5 ottobre.
  • A TUTTI COLORO CHE COMUNQUE si oppongono alla base militare
  • A CHI HA FIRMATO IL PROGETTO DI LEGGE QUADRO nazionale PER IL CONTROLLO POPOLARE SU TRATTATI INTERNAZIONALI, BASI E SERVITÙ MILITARI, contribuendo alla sua presentazione in Parlamento.
 
 

Il voto per difendere i beni comuni minacciati da un’altra base di guerra in un territorio già troppo militarizzato e per difendere lo stesso diritto di espressione democratica dalla prepotenza e dall’arroganza di chi pretende di rappresentare una società CIVILE (vedi Consiglio di Stato); così come la presentazione di una legge di iniziativa popolare (62 MILA FIRME) che contrasta totalmente le politiche e l’economia della guerra permanente: questi sono atti di cittadini liberi e solidali, non di sudditi e servi stupidi di un sistema iniquo e distruttivo.

Ma sappiamo tutti che LE OPINIONI NON BASTANO!

LA LOTTA PER ESTIRPARE LE CAUSE PROFONDE DELLA GUERRA E DELLO SFRUTTAMENTO PERVERSO DELLE RISORSE (COMPRESA LA VITA STESSA DEI LAVORATORI) da parte dei centri di potere e di privilegio NON PUÒ E NON DEVE ESAURIRSI IN ATTI DI DEMOCRAZIA FORMALE. DOBBIAMO RINFORZARLA CON LE MOBILITAZIONI, PER RIVENDICARE E COSTRUIRE IN PRATICA LE BASI DI UNA SOCIETÀ PIÙ GIUSTA.

COMINCIAMO DA ORA!


INVITIAMO TUTTI E TUTTE A TROVARCI

DOMENICA 5 DALLE 20

ALLA ROTONDA DI VIALE FERRARIN

PER ANDARE INSIEME VERSO

L’EX AEROPORTO CIVILE

A RIVENDICARE IL RISULTATO DELLA VOTAZIONE!

 

Presidio informativo e di vigilanza 5 ottobre

Patto permanente contro la guerra – Vicenza

www.disarmiamoli.org



=== 2 ===
Da Vicenza un allarme e una opportunità
Rilanciare la mobilitazione contro le basi militari e la NATO è possibile
 
Comunicato della Rete dei Comunisti
 
E’ gravissimo l’impedimento da parte del Consiglio di Stato di tenere il referendum sulla nuova base USA a Vicenza. Ma è anche un  atto paradigmatico per la  mobilitazione tesa allo smantellamento delle basi militari USA/NATO e per la democrazia nel nostro paese.
 
1. Dal punto di vista “legale”, il Consiglio di Stato ha confermato una situazione politicamente e moralmente inaccettabile ma ineccepibile dal punto di vista della legislazione esistente in Italia.
In Italia, dal dopoguerra a oggi agisce un intero apparato legale, costituzionale e consuetudinario, che vieta che la popolazione possa esprimersi democraticamente in materia di Trattati internazionali e sulle loro conseguenze nel nostro territorio, ad esempio l’installazione di nuove basi militari straniere o la loro estensione.
Tutte le realtà sociali, i movimenti e le forze politiche impegnate contro la guerra, si trovano di fronte a due questioni decisive:
a)  il vulnus democratico rappresentato dall’apparato legale e istituzionale che rende i trattati internazionali e militari “insindacabili” dal punto di vista giuridico e democratico
 b)  la questione “politica” della subalternità dell’Italia alla NATO e agli USA con tutto il peso di militarizzazione del territorio e di rischi di coinvolgimento nelle guerre  che ciò comporta.
 
2. Sulla prima questione è doveroso segnalare l’importanza e la pertinenza della “Legge di Iniziativa Popolare sui Trattati, le basi e le servitù militari “che è stata consegnata in Parlamento a Luglio avendo raccolto le 60.000 firme necessarie. La legge in questione – approntata da alcune reti antimilitariste come Disarmiamoli, Semprecontrolaguerra, ed altre - chiede in sostanza che queste materie non siano più secretate e consentire così che Parlamento e comunità locali possano intervenire e dire la loro. Questa legge, mette i piedi nel piatto proprio sui meccanismi perversi che hanno consentito di impedire il referendum popolare a Vicenza. I movimenti no war e le realtà locali hanno uno strumento concreto in più per tenere aperta una battaglia di democrazia contro un governo autoritario e i suoi apparati legali.

3. La seconda questione attiene all’analisi della realtà internazionale e alle sue ricadute nel nostro paese. C’è ancora qualcuno che oggi vede la questione dell’uscita dalla NATO come un obiettivo politico obosoleto? Gli eventi di questa estate in Georgia ce ne hanno rivelato piuttosto tutta la sua attualità,  gravità e le contraddizioni. La NATO appare spesso come un dogma inamovibile e a fortissimo consenso bipartizan nel nostro paese. A sinistra pochi o nessuno se la sentono di riaprire la questione dell’adesione (e della subalternità) dell’Italia alla NATO. Alcuni per snobismo, altri per una sorta di pavida rassegnazione. Eppure le sue contraddizioni interne e le crepe che si delineano al suo interno sono reali. Gli effetti della crisi finanziaria negli USA rivelano le divergenze strategiche crescenti con le altre potenze europee. Tali divergenze sono emerse chiaramente anche dentro la NATO nei vertici di Riga e di Bucarest e nella gestione della crisi nel Caucaso. Non è errato affermare che oggi la NATO è in crisi così come lo sono gli istituti della concertazione internazionale tra le potenze capitalistiche (FMI, WTO, BM) che hanno agito sotto l’egemonia USA dal dopoguerra a oggi.

4. Rilanciando la mobilitazione affinchè le basi USA e NATO se ne vadano dai nostri territori contribuiamo, oltre a proteggere il nostro ambiente e la nostra immediata sicurezza dai pericoli delle armi di distruzione di massa lì stoccate, ci battiamo anche contro una concezione di dominio militare, politico, sociale e culturale . Questo resta il grande valore della battaglia a Vicenza ma anche nel resto del territorioSta a noi sconvolgere le retrovie della loro “guerra infinita”.
 
5. Nonostante una situazione di arretratezza ed egemonia reazionaria nel nostro paese, il cuore progressista del mondo continua a battere. In Ecuador la recente Costituzione approvata con un referendum popolare prevede il divieto di installare basi militari straniere e lo smantellamento della base USA di Manta.Il recente Forum Sociale Europeo di Malmoe ha deciso di convocare ad aprile 2009 – in occasione dei sessanta anni della nascita della NATO - una giornata internazionale di manifestazioni contro la NATO, le basi e i trattati militari. E’ una occasione e una scadenza eccellente per riaprire - e con forza - la questione anche nel nostro paese.
 
La Rete dei Comunisti




Si veda anche il video dell'annuncio pubblico, da parte di Chavez, della espulsione dell'ambasciatore statunitense dal Venezuela:


I MERCENARI DEI DIRITTI UMANI

di Attilio Folliero 

Attilio Folliero, LPG, Caracas, 22/09/2008. Attualizzato il 23/09/2008


In giro ci sono veri e propri mercenari che si dedicano alla difesa dei diritti umani. E’ il caso dell’organizzazione Human Rights Watch con sede a Washington. Il direttore per le Americhe di questa ONG è il cileno José Miguel Vivanco. Puntualmente, ogni anno, il signor Vivanco si reca in Venezuela per presentare il solito informe sulla violazione dei diritti umani che qui - secondo HRW - si starebbero consumando.

Violazione della libertà di stampa; canali di televisione chiusi dal regime; persecuzioni; decine di prigionieri politici; violazione della libertà sindícale; migliaia di lavoratori, oppositori del regime, licenziati; tutti i poteri accentrati nelle mani del dittatore! Questo il Venezuela per Human Rights Watch. Ogni anno centinaia di pagine sulla violazione dei diritti umani in Venezuela; quest’anno, in occasione del decimo anniversario della Rivoluzione Bolivariana, HRW dedica un voluminoso documento di 273 pagine, intitolato "Dieci anni di Chávez". (Il documento puó essere letto in inglese o spagnolo).

Curioso, però il fatto che ogni anno, questo personaggio vada a Caracas a presentare il suo documento, davanti a centinaia di organi di informazione e televisisoni che poi ripetono pappagallescamente quanto riferisce!

Quest’anno, però c’è stato un imprevisto: il giorno dopo la presentazione del suo ennesimo documento sulla violazione dei diritti umani in Venezuela, il “regime” di Hugo Chávez, si è deciso ad espellerlo dal paese per violazione della legge del visto d’ingresso. Qualsiasi straniero che entra in un qualsiasi paese del mondo con visto turistico, qual’era il caso di Vivanco in Venezuela, non puó esercitare ne' attivita lavorativa, ne' tanto meno politica e diffamatoria ai danni del paese che lo ospita. Questa la motivazione alla base dell'espulsione di Vivanco. L'espulsione è avvenuta, sotto gli occhi delle telecamere, in modo del tutto civile; i funzionari incaricati di accompagnarlo all'aereoporto hanno concesso a Vivanco tutto il tempo necesario per riordinare le sue cose.

Video 

http://www.youtube.com/watch?v=9h1-moEh-i8&e

L'espulsione di Vivanco dal Venezuela (in spagnolo)

Ovviamente, dopo l'espulsione, Vivanco ha esternato nuovamente contro il Venezuela attraverso i principali media del mondo (CNN in primis): la sua espulsione sarebbe una ulteriore conferma della violazione dei diritti umani in Venezuela!


La ONG Human Rights Watch

Il famoso giornalista venezolano, Alberto Nolia, nella sua nota trasmissione di VTV "Los papeles de mandinga" ha vincolato il Vivanco con il golpe fascista di Pinochet e lo ha definido “mercenario” dei diritti umani, per essere la sua organizzazione finanziata dalla CIA e dal Dipartimento di Stato USA. E’ certo che il popolo venezuelano da Vivanco e dalla sua organizzazione sta ancora aspettando un pronunciamento sul colpo di stato fascista avvenuto nell’aprile del 2002.

Questa organizzazione con sede a Washington specializzata nella difesa dei diritti umani in realtà non fa altro che “costruire” espedienti propagandistici contro i governi che non godono la fiducia del suo finanziatore (il governo USA).

In tutto il mondo, quotidianamente vengono violati i diritti umani di centinaia, migliaia, milioni di persone inermi, ma questa organizzazione nulla dice o dice molto poco! Nulla dice delle violazioni nella base Usa di Guantánamo, nulla ha detto e nulla dice delle violazioni operate dai soldati delle varie forze di pace in Iraq, Afganistán, Yugoslavia … Unicamente è impegnata a costruire “violazioni” nei Paesi considerati nemici del governo USA! Hugo Chavez è per gli USA una vera minaccia, soprattutto negli ultimi tempi.

Il problema non è legato solamente al controllo delle matierie prime di cui il Vnezuela è ricco, ma anche alle politiche integrazioniste portate avanti da Hugo Chavez in America Latina.


Il controllo delle materia prime

Fino all’avvento di Hugo Chavez l’ingente ricchezza petrolifera e di tutte le principali materia prime di cui è ricchissimo il suolo venezuelano erano completamente nelle mani dell’oligarchia locale, che faceta capo alle multinazionali. In sostanza l’enorme richhezza del Venezuela beneficiava le compagnie straniere e l’oligarchia venezuelana. L’80% della popolazione venezuelana viveva nella più completa miseria. In particolare per la principale risorsa, il petrolio, nazionalizzato fin dal 1976 c’era un piano per privatizzarlo e consegnarlo alle multinazionali. L’industria petrolifera nazionale fu ridotta a pezzi ed il prezzo del petrolio venezuelano era sceso a 7 dollari il barile. Non solo: non era neppure di conoscimento pubblico (era secretamente conosciuto solamente dalle grande multinazionali) che la riserva petrolifera venezuelana certa ed utilizzabile era la più ricca del mondo, con oltre 300.000 milioni di barili stimati. Ovviamente le multinazionali se ne guardavano bene dal rivelare la esatta ricchezza petrolifera esistente in Venezuela, anzi hanno sempre e solo parlato di petrolio di pessima qualità, di petrolio pesante. Solo con l'avvento di Chávez è diventata di dominio pubblico l'esatta quantità di petrolio esistente in Venezuela: oltre 300.000 milioni di barili estraibili ed un altro lago di petrolio ammontante ad oltre 1.000.000 di milioni di barili (avete letto bene: un milione di milioni di barili) al momento non estraibili in quanto la tecnologia umana attuale non è in grado di arrivare a certe profondità.

La politica energetica del governo di Hugo Chávez ha condotto lo stato a riprendere totalmente il controllo dell’indiustria petrolifera, i cui ingenti proventi vengono utilizzati per finanziare programmi sociali. inoltre, attraverso i contatti con i pricipali paesi produttori dell’OPEC ha ridato importanza a questa organizzazione ormai in fase di smanetellamento.

Ovviamente gli USA e le multinazionali petrolifere che contavano con la principale riserva petrolifera del mondo a costi bassissimi, sono state le principali vittime di questa politica, ragione sufficiente, ma non unica per cercare di far fuori Hugo Chávez.


L’integrazione latinoamericana

Gli Stati Uniti, in virtú del proprio capitalismo e del consumismo sfrenato, hanno totalmente consumato le ingenti quantità di materia prime di cui era ricco il proprio territorio, mettendo poi gli occhi sulle materia prime dell’America Latina.

L’America Latina è diventato per gli USA il retroterra per rifocillarsi a prezzi bassissimi delle materia prime; ma è anche il principale mercato di sbocco delle proprie merci. Ancora oggi, per fare un esempio, i negozi venezuelani (ma anche di tutti gli altri Paesi dell’America Latina) sono ricchi di merci “made in Usa”. Riassumendo, in una frase, l’America Latina è “el patio trasero de los estados Unidos”.

Con l’avvento di Hugo Chávez in Venezuela, gli Usa non solo perdono il controllo delle materie prime venezuelane, ma in virtù della politica di Chávez iniziano ad essere spiazzati da tutta la regione. Le sue politiche integrazioniste finiscono per influenzare gli altri paesi, in molti dei quali arrivano al governo uomini vicini alle sue idee, come in Bolivia, Ecuador, Nicarugua, Paraguay, Argentina.

La politica integrazionista sta portando all'unificazione dell'America Latina; ovvero il sogno di Bolivar di una Patria Grande dal Messico alla Terra del Fuoco.  La strada è ancora lunga, però in questi dieci anni di Governo di Hugo Chávez sono stati fatti notevoli passi avanti: UNASUR (Unione degli Stati del Sud) è una realtà; cosi come pure il Banco del Sur e tante altre istizioni che vanno esattamente nella direzione dell’integrazione (l'ALBA, Telesur, Petrocaribe, Universidad del sur, il grande  oleodotto che porterà gas a tutta l’America Latina ecc…).

Man mano che si procede con l’integrazione, perde importanza il predominio USA. Materialmente l’integrazione significa che i Paesi del sud avranno sempre meno bisogno degli USA ed intercambieranno fra di loro i beni e servizi di cui necessitano.

Tra l’altro cessa anche l’influenza del dollaro e probabilemnte questo è il principale problema degli USA. Tutta l’economia USA si basa sullo strapotere del dollaro, moneta utilizzata internazionalmente nelle transazioni commerciali, in particolare per l’interscambio delle materie energetiche e del petrolio. Il possibile abbandono del dollaro, come moneta di riferimento per gli scambi commerciali mondiali, costrinegerà i vari Paesi del mondo a riconvertire le proprie riserve di dollari in un’altra moneta, che potrebbe essere l’euro, il rublo, lo yen, l’oro o qiualsiasi altra moneta o un paniere di monete. L’abbandono del dollaro, significherà il tracollo dell’economia USA. Per approfondimenti sul tema vedasi "Il dollaro, l'euro, il petrolio e l'invasione nordamericana".

Con la nascita del Banco del Sur, la politica di Chávez e degli altri governanti latinoamericani è diretta anche a diventare “padróni” delle prorie ingenti riserve. Il Venezuela, al 18 settembre 2008 ha una riserva valutaria di 39.196 milioni di dollari, mentre la riserva totale dell’America Latina e Caraibiascende a circa 300.000 milioni di dollari. Questa enorme quantità di denaro attualmente è depositata nelle grandi banche dei nord america. Tra gli obiettivi del Banco del Sur c'è quello di riportare questi soldi in America Latina al fin di utilizzarli per finanziare progetti di natura sociale.

Spesso accade che i Paesi dell’America Latina sono costretti a chiedere prestiti alle banche del nord ad interessi che son il doppio o il triplo di quanto ricevono per i propri depositi. Chávez in particolare in questi ultimi anni ha premuto per la nascita del Banco del Sur, ed oggi che tale entità è una realtà, sta premendo per riportare a casa i soldi dell’America Latina. Tra l'altro con la crisi del sistema finanziario USA, c'è il rischio che questi soldi vadano in parte persi.

Togliere dalle banche USA, una tale quantità di denaro, rappresenta un ulteriore duro colpo alla già critica situazione economica di questo paese. Di questo Hugo Chávez ne ha parlato anche recentemente.

Video

http://www.youtube.com/watch?v=Ao2LnIwCdVk&e

Hugo Chávez parla del Banco del Sur in Aló Presidente del 21/09/2008 (in spagnolo)

Si comprende dunque, che le politiche proposte da Hugo Chavez in beneficio della regione latinoamericana danneggiano fortemente gli interessi economici degli USA. Di qua la necessità, per gli USA, di sbarazzarsi di Chávez.


Fare fuori Hugo Chávez

Per farlo fuori gli USA hanno fatto ricorso a tutti i mezzi possibili: colpi di stato, tentativo di omicidio (su tutti proponiamo uno dei tanti, denunciato da Rebellion), sabotaggio economico ecc…. Ovviamente per farlo fuori avevano bisogno di creare un clima internazionale avverso a Chávez. In questi anni la politica comunicazionale dei grande media mondiali, nelle mani di poche famiglie capitaliste, ha avuto il compito di presentare il presidente venezuelano, il principale artefice delle politiche integrazioniste in America Latina, come un dittatore ed il suo paese, il Venezuela, lo Stato dove sistematicamente si violano i diritti umani.

A tale scopo ci si è serviti anche dei mercenari dei diritti umani, delle ONG come Human Rights Watch e dei burattini di turno, come il cileno José Miguel Vivanco, che ogni anno preparano appositi voluminosi documenti sulla violazione dei diritti umani in Venezuela.


I supposti diritti violati in venezuela

Hugo Chávez un dittatore? E' una strana dittatura quella venezuelana, dove si svolgono elezioni a qualsiasi livello e in alcuni casi le proposte di Hugo Chávez vengono anche rigettate dal popolo. Già parlare di dittatura in un paese dove avvengono elezioni è assurdo, se poi "il dittatore" le perde pure, diventa una ridicolaggine.

Hugo Chávez è un presidente eletto democraticamente, la prima volta nel dicembre 1998 ed insediatosi al governo nel febbraio 1999. Dopo l’approvazione della nuova costiztuzione del paese ha deciso di rimettere il mandato e di sottoporsi ad elezione in base alle nuove norme. La nuova Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela prevede l’elezione del presidente per 6 anni e la posibilità di essere rieletto una sola volta. Tra l’altro, tra le pochissime costituzioni al mondo, prevede, a metà del mandato presidenziale, la possibilità di indire un referéndum revocatorio; tale possibilità è prevista per tutte le cariche di natura elettiva.

Dunque, eletto nel 2000, sulla base della nuova costituzione, è stato riconfermato nel dicembre del 2006; nell’agosto del 2004 è stato sottoposto al referéndum revocatorio, proposto dalle opposizioni, uscendone indenne.

Chávez è il presidente costituzionale del Venezuela eletto sempre con non meno del 60/65% dei voti, quindi con una grossa maggioranza e sempre il doppio dei voti rispetto al più immediato avversario di turno.

Tutti i poteri accentrati in una sola persona? Altra grande falsità contenuta proprio nell’ultimo informe di Vivanco. In Venezuela esiste la divisione dei poteri ed ognuno è autonomo ed indipendente. Chávez non solo non controlla gli altri poteri, ad esempio il giudiziario, ma proprio quest'ultimo sta svolgendo una politica ostruzionistica al governo; basta pensare all'impunità esistente in questo paese: si può fare un colpo di stato, si può vilipendiare il presidente, si può assalire una ambasciata, si può chiudere arbitrariamente la televisione dello Stato, si può ammazzare il giudice che conduce le indagini sul golpe ... e nessuno o pochi finiscono in carcere, pur vivendo molti di questi reati, commessi dall'opposizione, sotto gli occhi delle telecamere! Come mai la magistratura non attua?

Basta ascoltare quotidianamente su VTV, la trasmissione "Los papeles de mandinga" di Alberto Noliaper rendersi conto di quanto il potere giuduziario avversi il governo. Non solo: l'evasione fiscale è un crimine, in Venezuela, come in tutti paesi del mondo. Proprio recentemente, Alberto Nolia ha denunziatol'evasione fiscale milionaria da parte di alcuni squallidi personaggi dell'opposizione. In Venezuela si arriva al paradosso che si permette evadere le tasse ai riccaccioni di questo paese. Dove sono le autorità? E Chávez controllerebbe tutti i poteri?

Video

http://www.youtube.com/watch?v=SRUDojAlBcU&e

Alberto Nolia denuncia l'evasione fiscale di Zuloaga e Ravell (in spagnolo)

Ma l’accusa che Chávez controllerebbe tutti i poteri cade da sola, semplicemente ricordando che lo stesso Hugo Chávez aveva proposto una riforma della Costituzione ed il referendum sovoltosi nel dicembre del 2007 non è passato. Se controllasse veramente gli altri poteri (in questo caso il Tribunale Supremo, l’equivalente della Corte Costituzionale italiana ed il Consiglio Elettorale, non avrebbe certo “perso” un referéndum su cui aveva puntato molto.

Le Leggi abilitanti un esempio di despotismo. Tante accuse sono piovute sul mandatario venezuelano per via delle Leggi abilitanti, ossia la possibilità di legiferare (competenza spettante in via di principio al Parlamento). Tale podestà innanzitutto è limitata nel tempo, riguarda solo determinate materie e comunque ogni legge emanata dal Presidente deve trovare l'approvazione del Parlamento. Non sono altro che i Decreti Legge esistenti in Italia.

Le altre accuse sono sempre le stesse da 6/7 anni a questa parte, come la violazione dei diritti sindacali. Grande falsità riferita al licenziamento dei circa 18.000 lavoratori dell’impresa petrolifera. I 18.000 lavoratori, quasi esclusivamente dirigenti ed alti funzionari, non sono stati licenziati, ma semplicemente hanno abbandonato il proprio posto durante il sabotaggio petrolifero attuato dal 2 dicembre 2002 al 2 febbraio 2003. In quei due mesi, proprio per l’abbandono ed il sabotaggio di questi dirigenti, la produzione petrolifera venezuelana scese dai 2,5 milioni di barili giornalieri a praticamente zero, provocando al paese un danno economico enorme, valutabile in decine di miglia di milioni di dollari.

Così come la violazione della liberta di stampa e di opinione, la chiusura di canali televisivi e medio informativi. Tutto falso. Il riferimento è sempre e solo a RCTV, televisione che non è mai stata chiusa ed infatti continua regolarmente a trasmettere. Lo Stato venezuelano ha semplicemnte deciso di non rinnovare il contratto che prevedeva l’assegnazione delle frequenze a questa televisione, la quale continua a trasmettere via cavo. Lo Stato venezuelano, cosi come lo Stato italiano o qualiasi altro Stato del mondo, può decidere liberamente di asegnare le frequenze.

Nulla vieta che lo Stato italiano, allo scadere del contratto con Mediaset (ad esempio), possa decidere di non rinnovare il contratto ad una o a tutte e tre le televisioni appartenenti a questo gruppo. Può accadere e sicuramente nessuno in Italia si sognerebbe di gridare alla dittatura.

Nessun canale, nssun organo di informazione è stato mai chiuso in Venezuela. Aggiungiamo, malgrado i gravissimi e ripetuti reati commessi da questi organi, tra l'altro il vilipendio al Capo dello Stato, nessun responsabile di canale o giornalista è mai stato sottoposto a giudizio da parte di qualche giudice. La giustizia venezuelana, sotto questo punto di vista è veramente vergognosa. In Italia un comico per qualche batuta sul papa viene subito incrimninato di Vilipendio. E' il caso di Sabina Guzzanti. In Venezuela mai nessun giudice si è sognato di incriminare dei giornalisti per vilipendio!

Violazione delle libertà religiose? Tutte le religioni sono libere ed ammese. Nessuna religione viene proibita in Venezuela. Girando per Caracas, qualsaisi persona può rendersi conto di quanti predicatori esercitano liberamente in mezzo alle strade, nelle piazze. Chávez, fervente cattolico, che spesso appare in TV mostrando la croce, non ha mai proibito alcuna pratica religiosa. Anzi - e chiunque visita il Venezuela può comprovarlo - le messe, praticamente quasi tutte le messe cattoliche finiscono per essere sermoni contro il governo. E’ veramente assurdo il modo in cui attua la Chiesa Cattolica venezuelana, che trasforma la messa in comizi politici contro il Governo.

Nixon Moreno e gli altri presunti perseguitati e prigionieri politici del regime? L’opposizione venezuelana ha un sito web (www.venezuelavigilante.com) dove propone l’elenco dei proigionieri politici! Niente di più falso: nessuno di questi può essere considerato un prigioniero politico. Si tratta di delinquenti e presunti delinquenti, sottoposti a giudizio per gravissimi reati. Per esempio, Henry Vivas o Ivan Simonovis, tra i pochissimi responsabili del golpe finiti in carcere, stanno scontando delle pene per il reato di omicidio: sono i responsabili delle decine di vittime durante il Golpe del 2002.

Tutti quelli indicati in questo sito sono accusati di reati gravissimi. In quanto a Nixon Moreno, povero studente di opposizione perseguitato dal regime e sepolto vivo nella nunziatura apostolica (come lo presenta La Stampa) è ricercato dalla giustizia venezuelana per gravissimi reati comuni (tentado omicio e stupro, tra gli altri).


Vivanco, il mercenario dei diritti umani

Vivanco, dunque è a buon ragione da considerarsi un mercenario dei diritti umani. Nulla dice circa le vere violazioni dei diritti umani dove veramente avvengono, per esempio in USA a Guantánamo e “costruisce” le violazioni in Venezuela con l’unico scopo di screditare il presidente venezuelano. La sua azione, come detto, si inserisce in un più ampio progetto di discredito internazionale, messo in atto dalla CIA e dal Governo USA, contro coluí che maggiormanete sta favorendo gli interessi nazionali latinoamericani e penalizzando le ruberie operate fino ad ora, in America Latina dagli USA.




http://en.rian. ru/analysis/ 20081001/ 117364733. html

Russian Information Agency Novosti
October 1, 2008

From Munich to Kosovo 

John Laughland


The 70th anniversary of the Munich agreement, reached
on 30th September 1938, opens what will doubtless now
be many years of formal reminiscence about the Second
World War. 

As the events of the 1930s and 1940s recede in time,
indeed, the shadows they cast over the present seem to
grow ever longer. Contemporary politics is now guided
by only a single (and negative) moral lodestar: the
black hole of Nazism. 

The memory of Munich is therefore very important. 

The agreement between Britain, France and Fascist
Italy to allow Nazi Germany to annex the Sudetenland
(the Western, German-inhabited parts of
Czechoslovakia) was the fruit of that policy known as
appeasement by which London and Paris tried to mollify
Hitler. The failure of this policy became
spectacularly obvious when Hitler occupied all of the
Czech lands in March 1939 and then attacked Poland on
1st September 1939. 

As a result, Munich stands as a symbol for shameful
capitulation towards aggression. 

Faced with the threat of the use of force by Hitler,
the Western powers agreed to destroy the very state
they had themselves created at Versailles only twenty
years previously. Czechoslovakia' s immediate
neighbours behaved no better: Poland, which later
succeeded in presenting itself as the supreme victim
of World War II, annexed the territory around Teschen,
while Hungary occupied parts of Southern and Eastern
Slovakia. 

Munich is therefore frequently invoked, especially by
American neo-conservatives, in justification of
contemporary wars which, they say, are also responses
to aggression. Whether it is with respect to the
Yugoslavia of Slobodan Milosevic in 1999, the Iraq of
Saddam Hussein in 2003, or almost any country or
situation in the world, the mantra is that the
mistakes of 1938 must never be repeated. 

How strange, therefore, that in the 70th anniversary
year of Munich, the Western powers have indeed
precisely repeated it. 

In February 2008, in the face of the threat of the use
of force by Albanian separatists in Serbia, the United
States and the European Union recognised the
independence of Kosovo. 

They had in fact strongly encouraged the original
proclamation of independence, and indeed the use of
force itself to the extent that they attacked
Yugoslavia in 1999 in support of the Albanian cause. 

They thereby unilaterally destroyed the territorial
integrity of Serbia, just as the integrity of
Czechoslovakia was destroyed 70 years ago. 

The EU then immediately dispatched a 2,000 strong team
of administrators to run the province, which in any
case is already home to a massive United States
military base housing thousands of GIs. 

To that extent, the "independence" of Kosovo resembles
the bogus "independence" of Slovakia under the puppet
regime of Monsignor Tiso, which Hitler encouraged Tiso
to proclaim in March 1939 and which he used as a
pretext for the simultaneous German occupation of the
Czech lands. 

Both recognitions destroyed the governments of the
countries affected. 

In 1938, Munich led to the immediate collapse of the
patriotic government of President Edvard Benes; in
2008, the recognition of Kosovo immediately destroyed
the government of Vojislav Kostunica, the very man the
West hailed as a great democrat in 2000 when he
toppled Sloboan Milosevic from power. 

In Prague in 1938, a collaborationist government took
power under Emil Hacha, who promised to try to protect
Czechoslovakia' s position in the New European Order
which was then emerging. (Many of his ministers were
convicted as war criminals in 1946.) 

In 2008, the new Belgrade government under the
leadership of the Democratic Party President, Boris
Tadic, has similarly confirmed that Serbia's
"principal strategic goal" is to become a member of
the European Union - the same organisation which now
illegally administers Kosovo. (The EU administration
is illegal because United Nations Security Council
1244, passed in the aftermath of the NATO attack on
Yugoslavia, reaffirmed that Kosovo is part of Serbia
and that it is administered by the UN; its existence
emphasises that the so-called "independence" of Kosovo
is, in reality, a kind of annexation.) 

The parallel even extends to the last-ditch attempts
made respectively by Prague and Belgrade to hold on to
their territories. 

President Benes negotiated with Konrad Henlein, the
Sudeten German leader, and promised both substantial
autonomy for the German-inhabited parts of the country
and a cabinet post for Henlein himself. 

The government of Vojislav Kostunica was prepared to
give so much autonomy to Kosovo that the province
would have been freer in Serbia than it now is as a
US-EU protectorate. 

In both 1938 and 2008, more importantly, the domestic
negotiations then under way were deliberately wrecked
by outside intervention. 

Hitler's occupation of the Czech lands in March 1939,
on the basis that the "artificial state" of
Czechoslovakia had collapsed and that Germany needed
to preserve peace and stability, then invoked exactly
the same logic as the Western interventions in the
former Yugoslavia today. 

It is obvious that the EU and the US, unlike Nazi
Germany, do not secretly harbour any plans for
wholesale genocide. 

The evil they have perpetrated is therefore not in the
same league as Hitler's. 

But it is evil nonetheless, in particular because it
represents a unilateral abrogation, backed by military
force, of international laws (general principles of
law as well as UN Security Council resolutions) to
which these powers have themselves signed up. 

It is here that the similarity with Munich is
strongest. As for the consequences of the Kosovo
recognition, it appears, also like Munich, to have
started a dangerous ball rolling in the Caucasus. It
must be our fervent hope that the parallels stop now. 


John Laughland, a British historian and journalist, is
director of studies at the Institute of Democracy and
Cooperation in Paris.