Informazione

http://www.exju.org/comments/552_0_1_0_C/

un generale dell’esercito italiano esce allo scoperto e lancia il suo
pesante j’accuse: contro il ministero della difesa e la commissione
mandelli [http://www.uranioimpoverito.it/mandelli.htm%5d, nata con lo
scopo di far luce sull’uranio impoverito: e sugli effetti letali che il
dpu ha avuto sulla salute di molti militari, morti o ammalati. «tutti
quelli che hanno fatto il mio tipo di attività sono nelle condizioni di
inspirare tante altre polveri di metalli: che possono essere
direttamente o indirettamente collegate all’uranio impoverito. la mia
malattia è legata alla mia attività e alla luce di quello che mi hanno
trovato, è stata accertata la presenza di particelle di metalli
pesanti». «non sono mai stato visitato dalla “commissione mandelli”.
non so perché. non mi hanno chiamato. bisognerebbe chiederlo al
professor mandelli o a chi ha pilotato: la commissione. io sono uno dei
casi che pur facendo parte degli elenchi da sottoporre al controllo non
sono stato mai chiamato». il generale fernando termentini:, impegnato
in tutti i più importanti teatri di guerra, dal golfo e kuwait del 1991
ai balcani: nel 1999, in operazioni di bonifica dei territori
bombardati, contribuisce, con un’intervista rilasciata a sigfrido
ranucci, giornalista di rainews24 [http://www.rainews24.rai.it/%5d, a far
luce su un capitolo nero: del ministero della difesa...
il resto lo trovate su carmillaonline.com [vedi di seguito] ma anche,
nell’originale, su l’unità
[http://www.unita.it/
index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=30967] *grazie a paolo*

---

http://www.carmillaonline.com/archives/2003/12/000517.html

Dicembre 02, 2003
Uranio impoverito: scoppia il caso
[Valgano queste sconcertanti rivelazioni, del tutto già conosciute,
come risposta agli scetticismi che qualche isolato aveva sollevato a
proposito dell'intervento Body Bags]

da L'Unità, 1.12.03

L'accusa del generale con l'uranio in corpo

di MAURA GUALCO

Un generale dell’esercito italiano esce allo scoperto e lancia il suo
pesante j’accuse contro il ministero della Difesa e la commissione
Mandelli, nata con lo scopo di far luce sull’uranio impoverito e sugli
effetti letali che esso ha avuto sulla salute di molti militari, morti
o ammalati.
«Tutti quelli che hanno fatto il mio tipo di attività sono nelle
condizioni di inspirare tante altre polveri di metalli che possono
essere direttamente o indirettamente collegate all’uranio impoverito.
La mia malattia è legata alla mia attività e alla luce di quello che
mi hanno trovato, è stata accertata la presenza di particelle di
metalli pesanti».
«Non sono mai stato visitato dalla "commissione Mandelli”. Non so
perché. Non mi hanno chiamato bisognerebbe chiederlo al professor
Mandelli o a chi ha pilotato la commissione. Io sono uno dei casi che
pur facendo parte degli elenchi da sottoporre al controllo non sono
stato mai chiamato».
Il generale Fernando Termentini, impegnato in tutti i più importanti
teatri di guerra, dal Golfo e Kuwait del 1991 ai Balcani nel 1999, in
operazioni di bonifica dei territori bombardati, contribuisce, con
un'intervista rilasciata a Sigfrido Ranucci, giornalista di Rainews24,
a far luce su un capitolo nero del Ministero della Difesa.
Nell’organismo del militare, la dottoressa Antonietta Gatti
dell'Università di Modena, ha trovato micropolveri di metalli pesanti
inalati o ingeriti in conseguenza di esplosioni di materiali altamente
pirofili, quale proprio l'uranio impoverito. Esperta in nanopatologie
- malattie provocate da micro e nano particella - ha esaminato sangue
e sperma di alcuni soldati malati o deceduti e il risultato in tutti i
casi è stato: presenza di particelle pesanti (zinco, rame, zinconio,
ferro) che si ottengono soltanto ad altissime temperature
raggiungibili in presenza di uranio impoverito.
Microparticelle, dunque. Le stesse notate dalle autorità militari
statunitensi dopo alcuni esperimenti condotti nel 1977 nella base di
Eglin, in Florida. Dice, infatti, il generale Termentini: «Io dormirei
con un proiettile all’uranio sul comodino… non dormirei con la stessa
tranquillità in un punto dove è esploso in quanto potrei correre il
rischio di ingerire sostanze tossiche».
Il pericolo, per il generale Termentini, è «non dal punto di vista
radiologico ma dal punto di vista chimico». Poi ricorda: «Ho denunciato
il pericolo chimico dell’uranio impoverito e ho lanciato l’allarme,
oserei dire globale, perché ho detto attenzione che si conteranno i
fatti, le cause fra qualche anno sulla popolazione».
E mentre i soldati americani venivano addestrati a bonificare
proteggendosi con particolari maschere e tute, e a non mangiare o bere
in prossimità di siti bombardati dall'uranio impoverito, i nostri
militari bonificavano, invece, privi di qualsiasi accortezza. Perché?
«Non era la procedura». Come avvenivano operazioni di bonifica?
«Secondo i criteri normali - spiega il generale - trovavi la roba e la
distruggevi. Senza particolari protezioni: nella procedura non è
previsto».
Bombardare luoghi abitati dai civili, invece, era evidentemente
previsto. Così, chi è sopravvissuto alla pioggia di fuoco, in alcune
zone della Serbia sta morendo di cancro.
Come ad Hadzici, quartiere serbo bosniaco nelle vicinanze di Sarajevo,
dove sono stati sparati, come indicano le mappe della Nato, 3400
ordigni all'uranio impoverito soltanto tra il 5 e l'11 settembre del
'95. Ad Hadzici, una comunità di 5000 anime, ogni anno muoiono 150
persone di tumore.
Il professor Nedan Luijc, dell'ospedale civile “Banjica” di Belgrado,
si occupa del pazienti serbi provenienti dalle zone bombardate. «Un
paziente di 48 anni è venuto da me con tre tumori diversi, non ho mai
visto una cosa del genere. Non so se dipenda dall'uranio impoverito -
dice il professore - ma vi chiedo se nei paesi occidentali esiste una
comunità di 5000 persone, come quella di Hadzici, dove ogni anno
muoiono 150 persone di tumore».
In cinque anni, aggiunge il professor Branko Sbutega, primario del
reparto di ortopedia oncologica, «i casi di tumori sono aumentati del
70 per cento e i malati sono sempre più giovani di 20, 30 anni.
Abbiamo lanciato l'allarme in un convegno internazionale più di due
anni fa. Nessuno se n'è mai interessato».

Riceviamo e volentieri giriamo alla lista:

---

“SUONI DAL DANUBIO”
CONCERTO LIRICO


MARTEDI 9 dicembre ’03, ORE 21
Libreria TIKKUN - via Montevideo 9 - MILANO


Soprano Olivera Mercurio
Pianoforte Natalija Gasi


· UKOR - Josif Marinkovi´c
(Rimprovero)

· TAMO, ZA TOM GOROM - Stanislav Binicki
(La, dietro quel monte)

· NIMFA - Petar Krsti´c
(Ninfa)

· SICILIJANSKA PESMA - Stanislav Binicki
(Canzone siciliana)

· STOJANKE - Josif Marinkovi´c

§

· RIBARCETA SAN - Stanojlo Rajici´c
(Sogno di un piccolo pescatore)

· KOGA DA LJUBIM - Djura Jakši´c
(Chi devo baciare)

· NANE, KAZI TAJKU - Petar Konjovi´c
(Mamma, dillo a papà)

· MOLITVA - Josif Marinkovi´c
(Preghiera)

· CEMPRES VITI - Stanislav Binicki
(Cipresso snello)


---


**CONSERVATORIO “GIUSEPPE VERDI”

Via Conservatorio, 12 – Milano
“Sala “Puccini”

V Vincitrice Del Concorso Internazionale
“MONTSERRAT CABALLE” 2000

KATARINA
JOVANOVIC soprano

MICHAEL
FULCHER pianista


G. Donizetti, V. Bellini, G. Verdi
W. A. Mozart, C. Gounod
J. Massenet, P. I. Tchaikovsky

CONCERTO

Giovedì 11 Dicembre 2003, ore 21.00
Ingresso euro 15.00


Prenotazioni: tel. 02 36 555 968

ASSOCIAZIONE dei SERBI in NORD ITALIA

PARTITO COMUNISTA DI GRECIA: INFORMATIVA SULLE DICHIARAZIONI
ANTICOMUNISTE DI PERSONALITA’ DELL’UE

www.solidnet.org

 

http://www.kke.gr , mailto: cpg@...

 

Cari compagni,

 

Probabilmente già sapete che, l’11 dicembre 2003, il vicepresidente del
Partito dei Lavoratori Ungherese, il compagno Attila Vajnai verrà
processato, perché durante una conferenza stampa ha messo all’occhiello
un distintivo con la stella rossa: come sapete, in Ungheria l’uso di
simboli del movimento operaio e comunista non viene consentito e viene
punito penalmente.

 

In questa occasione, intendiamo attirare la vostra attenzione su alcuni
sviluppi negativi che si sono registrati in materia di diritti
democratici e anticomunismo nell’Unione Europea.

 

Il 30 ottobre, il Presidente della Commissione Europea, Sig. Romano
Prodi, rispondendo all’europarlamentare del Partito Comunista di Grecia
Stratis Korakas ha affermato che “la messa al bando del Partito
Comunista in un paese che sta per entrare nell’UE, in nessun caso può
rappresentare causa di particolare dibattito o critiche nell’ambito dei
criteri politici prima menzionati” (il riferimento è ai criteri di
Copenhagen).

 

La risposta del Sig. Prodi è da riferirsi alla lettera che il
parlamentare europeo gli ha indirizzato, protestando per la presa di
posizione del Commissario dell’UE Sig. Verheugen, nella discussione
avvenuta il 30 settembre 2003 nel corso della seduta del Comitato per
gli affari esteri del Parlamento Europeo. Rispondendo a una domanda
circa le clausole che mettono fuori legge i partiti comunisti e i loro
simboli, ha detto: “Se mi è consentito esprimere un commento politico,
posso affermare che se personalmente avessi sperimentato ciò che i
popoli hanno sperimentato in Europa Orientale, sarei il primo a
chiedere che il Partito Comunista sia messo al bando in quei paesi”.

 

Tali posizioni anticomuniste, assunte da personalità ufficiali dell’UE,
costituiscono entrambe una provocazione verso i sentimenti democratici
dei popoli dell’Europa e una minaccia per i diritti democratici
nell’Unione Europea e nei suoi stati membri.

 

Pensiamo che queste dichiarazioni non solo legittimano le clausole non
democratiche, anticomuniste, le interdizioni e le persecuzioni in una
serie di stati membri dell’UE, ma creano le condizioni per una
potenziale estensione di tali misure agli altri stati membri, dal
momento che introducono l’idea che la democrazia e la messa al bando
dei partiti comunisti sono compatibili.

 

E’ interessante notare che questi sviluppi hanno luogo nel momento in
cui l’UE sta elaborando la cosiddetta “Costituzione Europea”, alla
vigilia delle elezioni per il Parlamento Europeo.

 

La Sezione Internazionale del Partito Comunista di Grecia

 

Traduzione di Mauro Gemma       

> Da: Marco Trotta
> Data: Gio 4 Dic 2003 19:48:58 Europe/Rome
> A: balcani@...
> Oggetto: Kossovo: Le verità nascoste dall'occidente
>
> KOSOVO
>
> Le verità nascoste dall'occidente

> Molti vecchi dirigenti dell'era Milosevic sono dietro le sbarre, ma
> l'occidente continua a rifiutarsi di riconoscere i crimini commessi
> dagli estremisti albanesi appartenenti alle milizie kosovare e
> considerano ancora «riuscita» la missione internazionale nell'ex
> provincia della Repubblica jugoslava. Ci sono voluminose
> documentazioni sui crimini commessi
> dall'esercito serbo sulla popolazione albanese in Kosovo, ma nessuno
> sembra voler indagare sulle persecuzioni etniche perpetrate dagli
> albanesi dopo la partenza dell'esercito serbo. Il Tribunale
> internazionale dell'Aia sostiene di non avere prove al riguardo, ma è
> difficile credere che le varie missioni internazionali presenti sul
> territorio non siano a conoscenza dell'oscuro passato degli attuali
> leader di Pristina.
> Le Courrier des Balkans, Francia [in francese]
> http://www.balkans.eu.org/article3875.html
>
> --
> Mailing list Balcani dell'associazione PeaceLink.
> Per ISCRIZIONI/CANCELLAZIONI:
> http://www.peacelink.it/mailing_admin.html
> Archivio messaggi:
> http://www.peacelink.it/webgate/balcani/maillist.html
> Si sottintende l'accettazione della Policy Generale:
> http://www.peacelink.it/associazione/html/policy_generale.html


http://www.balkans.eu.org/article3875.html

DANAS

Kosovo : les vérités inavouées de l’ONU

TRADUIT PAR PERSA ALIGRUDIC
Publié dans la presse : 29 novembre 2003
Mise en ligne : mercredi 3 décembre 2003


Alors que les dirigeants de l’époque de Milosevic sont aujourd’hui
presque tous derrière les barreaux, l’Occident s’entête à « pactiser
avec le diable » au Kosovo, en refusant de reconnaître les exactions
commises par les extrémistes albanais et en considérant toujours la
mission internationale au Kosovo comme étant « réussie ». Le point de
vue du Père Sava Janjic, publié par le quotidien Danas.

Par le père Sava Janjic

Finalement, après quatre ans, la MINUK et les représentants du
ministère de l’Intérieur (MUP) de Serbie commencent à enquêter sur les
crimes commis au Kosovo pendant et après les conflits armés. Après le
renversement du régime de Slobodan Mislosevic, le ministère de la
Justice, avec Vladan Batic à sa tête, a adressé aux représentants de la
MINUK et du Tribunal de La Haye (TPI) une documentation volumineuse
concernant les crimes perpétrés sur les Serbes et les autres
populations non-albanaises.

Le MUP de Serbie, grâce à l’intervention du général Sreten Lucic, s’est
engagé activement dans la recherche de crimes commis par certains
membres de la police et de l’armée de Yougoslavie, ce qui a grandement
contribué à élucider la disparition d’Albanais. Or, les mois passent et
les représentants de la MINUK et du TPI affirment qu’ils ne possèdent
pas de preuves réelles des crimes commis par les extrémistes albanais,
dont la compagne de terreur ethnique se poursuit avec une violence
accrue en prenant son tribut sanglant, « payé » par les enfants de
Gorazdevac et le massacre des membres de la famille Stolic de la région
d’Obilic.

Cette collaboration de la MINUK et de Belgrade fait probablement suite
au texte récemment publié dans Vecernje Novosti, avec les photographies
des représentants de l’UCK (Armée de libération du Kosovo) tenant dans
leurs mains les têtes coupées des prisonniers serbes. L’enquête de
cette affaire a commencé au mois d’août dernier, après que ces
photographies aient été trouvées dans une maison albanaise abandonnée
du village de Prilep, près de Decani.

Certains représentants de la MINUK pensent qu’il est plus facile de
tenir les Albanais sous contrôle dans la mesure où leurs chefs savent
que les actes d’accusation contre eux peuvent être lancés dès qu’ils
arrêtent de coopérer. Cependant, les événements sur le terrain montrent
que ces leaders ont compris la stratégie de la MINUK comme un signe de
faiblesse et comme une garantie de leur propre immunité, de sorte
qu’ils ont continué à coordonner les attaques extrémistes en n’hésitant
pas à menacer ouvertement les plus hauts représentants de la mission,
en profitant de la situation à leur avantage. C’est précisément sous la
menace des anciennes structures de l’UCK que Hans Haeckerup, un des
chefs de la MINUK, a brusquement quitté le Kosovo ; les milieux
albanais lui reprochaient son étroite collaboration avec Belgrade et la
disparition du « courant pro-albanais » que prônait Bernard Kouchner.

« Pacte avec le diable »

Il est difficile de croire que les services secrets de la MINUK et de
la KFOR ne soient pas informés du passé douteux et obscur des actuels
leaders albanais, alors que de nombreux analystes estiment que la
tolérance internationale exagérée est, entre autres, la conséquence de
leur collaboration active avec les forces du Traité de l’Alliance Nord
Atlantique (OTAN) pendant les bombardements de la Yougoslavie en 1999.

Nous ne pouvons oublier qu’un semblable « pacte avec le diable » avait
été autrefois conclu avec Ousama ben Laden au cours de la guerre en
Afghanistan, dans les années ‘80, lorsque les instructeurs militaires
occidentaux entraînaient Ben Laden et ses moudjahidines sur la manière
de lutter contre les forces russes. On peut également ajouter à cela
l’aveu involontaire de Richard Holbrooke qui, dans ses mémoires, écrit
qu’un tel « pacte avec le diable » avait été fait pendant la guerre en
Bosnie lorsque les services secrets occidentaux avaient organisé ou
permis la venue de moudjahidines en Bosnie afin de consolider les
forces d’Alija Izetbegovic.

Depuis, cette situation a changé radicalement. Les Russes ne sont plus
les ennemis de l’Occident, tandis que Ben Laden et ses « combattants
pour la liberté » sont devenus l’ennemi numéro 1 des USA et du monde
occidental, surtout après les attentats du 11 septembre 2001. Milosevic
n’est plus la terreur des Balkans et la Serbie s’approche de plus en
plus de l’intégration euro-atlantique, tout comme les autres anciennes
républiques yougoslaves. Ce ne sont peut-être que les dinosaures de
cette époque qui sont restés au Kosovo, où les leaders albanais ne
peuvent comprendre qu’ils sont captifs de leurs propres idées
anachroniques et nationalistes dont l’Europe n’a plus besoin.

Mais le problème au Kosovo réside dans le fait que l’Occident n’a pas
vraiment le choix. Une nouvelle élite politique n’a pas été créée à
temps, ce qui aurait pu donner au Kosovo une apparence européenne. A
vrai dire, les anciens chefs de l’UCK qui, après la guerre ont pris le
pouvoir, ne semblent pas du tout prêts à le laisser aux autres et
perdre ainsi le contrôle des transactions illégales et du trafic de la
drogue qui leur rapportent des millions d’euros. Le Kosovo se trouve de
nouveau dans une impasse et l’Europe préférerait plutôt cacher le
problème sous le tapis, s’il n’était pas si proche des pays européens
occidentaux dans lesquels la mafia albanaise tient le monopole de la
prostitution et du trafic des stupéfiants.

Fin de la « Lune de miel »

Quatre ans ont passé sans qu’un seul représentant de la MINUK ou de la
KFOR n’ait reconnu publiquement les erreurs commises dans les premiers
mois de la mission, lorsqu’un grand nombre d’innocents ont péri ou
disparu. Bien qu’ils soient nombreux à l’OTAN à reconnaître dans des
discussions d’ordre privé que « la lune de miel avec les Albanais est
terminée », le Kosovo est toujours officiellement une « histoire
réussie ». Pour justifier leurs échecs et d’assurer le soutien de
l’opinion publique pour que la mission se poursuive, quelques films ont
même été tournés qui tendent à représenter les membres de la MINUK et
de la KFOR comme de courageux combattants qui séparent les forces
paramilitaires serbes et albanaises. La vérité est qu’à l’arrivée de la
KFOR au Kosovo il y avait d’une part les membres de l’UCK et divers
clans de la mafia, et d’autre part des civils serbes et d’autres
populations non-albanaises sans protection, enfermés dans leurs
enclaves. C’est cette vérité qu’on dissimule avec tant d’insistance.

C’est pourquoi il fallait équilibrer les crimes, de sorte que la partie
serbe de [Kosovska] Mitrovica était montrée dans la presse et les
rapports de la MINUK comme le foyer « des extrémistes serbes les plus
dangereux ». Alors qu’en fait, tout leur « extrémisme » se bornait à ne
pas subir le même sort que les autres villes kosovares ayant fait
l’objet d’un nettoyage ethnique ; ils ont donc spontanément organisé
une résistance contre la percée albanaise au nord de la province, en
majorité peuplée de Serbes

Quoique personne ne peut nier l’existence d’éléments radicaux restés
dans les enclaves kosovares, le nord de Mitrovica, paradoxalement, est
une ville multiethnique plus que toute autre ville de la province où
les Albanais kosovars sont en majorité. Or, la mission aurait dû
trouver une justification à tout prix non seulement à cause de la
présence militaire continue au Kosovo mais aussi à cause des besoins de
plus en grand d’engager les forces armées occidentales dans les
missions pacifiques en Afghanistan et en Irak. L’échec des missions
pacifiques en Bosnie et au Kosovo mettrait en danger d’autres missions
ainsi que toute idée « d’intervention humanitaire » qui, au
Proche-Orient, s’est transformée en prétexte pour un nouvel
« impérialisme pétrolier ». A cause de tout cela, il faut que la vérité
sur la situation véritable au Kosovo soit tenue suffisamment loin des
yeux de l’opinion publique.

Actuellement, quasiment tous les dirigeants de l’ancien régime de
Milosevic sont à La Haye, alors que les initiateurs et les principaux
acteurs de la campagne kosovare de terreur ethnique jouissent des
lauriers du vainqueur. Il n’est pas rare d’entendre certains diplomates
occidentaux les flatter en disant que ce sont eux qui doivent emmener
le Kosovo vers l’Europe. Il ne nous reste qu’à espérer que cette
injustice et le manque d’une approche objective au problème kosovar ne
durera pas longtemps et que tous les criminels, quelle que soit leur
appartenance ethnique, comparaîtront devant la justice. C’est le moins
qu’on puisse faire pour les milliers d’innocents qui ont perdu la vie
pendant et après le conflit kosovar uniquement parce qu’ils ne
voulaient pas que le chauvinisme et la haine soient leur raison de
vivre.


© Tous droits réservés Danas
© Le Courrier des Balkans pour la traduction