Informazione


Le nostre prossime iniziative

* Onna (L'Aquila), 22-30 aprile 2017: mostra TESTA PER DENTE
inaugurazione sabato 22 aprile ore 11
* Bologna, martedì 25 Aprile 2017: Jugocoord Onlus a PRATELLO R'ESISTE
* Bologna, venerdì 5 maggio 2017: INTERNAZIONALISMO PARTIGIANO
Sovietici e jugoslavi nella Resistenza in Emilia-Romagna


=== Onna (L'Aquila), 22-30 aprile 2017

presso Casa Onna (nuova sede municipale)

esposizione della mostra
TESTA PER DENTE
crimini fascisti in Jugoslavia 1941-1945

presentazione:
sabato 22 aprile ore 11
interventi:
Giustino Parisse, Andrea Martocchia , Sandi Volk

orari di apertura
sabato e giorni festivi 11:00-13:00 / 17:00 - 19:30
giorni feriali 17:00 - 19:30
info e visite concordate con gruppi e scolaresche tel. 3466720638

organizzano:
IASRIC – Istituto abruzzese per la Storia della Resistenza e dell'Italia Contemporanea
ANPI
ANPPIA
Jugocoord Onlus
Diecifebbraio.info
L'Aquilantifa



=== Bologna, martedì 25 Aprile 2017

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS sarà presente con un proprio banchetto martedì 25 Aprile 2017, Festa della Liberazione, in occasione del meeting antifascista Pratello R'Esiste a Bologna. Presso il banchetto, allestito in Via del Pratello all'altezza del civico 23/2, sarà possibile conoscersi, scambiare informazioni e acquistare libri e bandiere.

Il nostro Coordinamento (JUGOCOORD ONLUS) sostiene e collabora con il Comitato Ucraina Antifascista Bologna, impegnato a far conoscere le ragioni della opposizione al regime sciovinista-revanscista russofobo e filonazista instaurato in Ucraina a seguito del colpo di stato del febbraio 2014. In particolare, sarà possibile visitare il banchetto del Comitato Ucraina Antifascista Bologna vicino al nostro in Via del Pratello.


=== Bologna, venerdì 5 Maggio 2017

dalle ore 17:45 alle ore 20:00 presso la sala Tassinari (Palazzo D'Accursio, Piazza Maggiore 6)

ANPI com. prov. Bologna
Jugocoord Onlus
con la partecipazione di:
Comitato Ucraina Antifascista Bologna
Associazione culturale Russkij Mir (Torino)
Associazione culturale Portico delle Parole / corsi di russo, Bologna

organizzano il convegno:

INTERNAZIONALISMO PARTIGIANO
Sovietici e jugoslavi nella Resistenza in Emilia-Romagna


presiede: Anna Cocchi (ANPI prov. Bologna)

Ermenegildo Bugni "Arno" (partigiano): saluti

Anna Roberti (Ass. Russkij Mir): partigiani sovietici in Italia e in Emilia-Romagna
Ivan Serra (Jugocoord Onlus): sovietici caduti a Casteldebole e Casalecchio
Mirco Carrattieri (Museo della Resistenza di Montefiorino): il battaglione russo nella Repubblica di Montefiorino

Stralci dal video Bello Ciao sul Comandante Pereladov

Andrea Martocchia (Jugocoord Onlus): la presenza jugoslava sul territorio
Jadranka Bentini (ANPI Bologna): Ricordo di Vinka Kitarovic
Franco Sprega (Museo della Resistenza Piacentina): jugoslavi nel Piacentino

Eric Gobetti (storico): I partigiani italiani all'estero

per informazioni e contatti:
Jugocoord Onlus – jugocoord @ tiscali.it / C.P. 13114 (Uff. Roma 4), 00100 Roma
ANPI com. prov. Bologna – info @ anpi-anppia-bo.it / Via San Felice, 25, 40122 Bologna (BO)
scarica la locandina: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/bologna050517.pdf
evento facebook: https://www.facebook.com/events/1617502824943742/





... Nel frattempo "Igor il russo" è diventato "Norbert il serbo" – sic, come se "Norbert" fosse un nome serbo! Vale allora la pena ricordare la cronaca dei primi anni Novanta...


Da Manolo lo “slavo” a Igor il “russo”: il nemico sulla porta di casa

di Leonardo Casetti, 18 aprile 2017

Qualcuno storcerà il naso come ai tempi della UNO bianca ma ciò che sta accadendo in queste ultime settimane in Emilia presenta alcune analogie con quel periodo dei primi anni 90. E' bene non esser fraintesi: stiamo parlando di alcune analogie perchè allora eravamo agli inizi di un percorso tutto in costruzione della “rivoluzione” del capitale dall'alto che doveva ridefinire ruoli e funzioni dopo il crollo dell'89.
La banda della UNO bianca era composta da poliziotti legati ai servizi segreti militari; una verità provata già dai tempi della controinformazione fatta da Lotta Continua sulla strage dell'Italicus in cui si parla chiaramente dell'esistenza di una struttura terroristica parallela all'interno della polizia.
La Uno bianca si macchiò di decine di omicidi e ferimenti contro obiettivi apparentemente diversi fra di loro: benzinai, tabaccai, passanti e testimoni; inoltre zingari e immigrati senza neanche il pretesto di pochi spiccioli da rapinare.
Il periodo di massima attività si colloca nella delicata fase di transizione dalla prima alla seconda repubblica (anticipata però già dalla fine degli anni'80 da diverse rapine con morti da parte della “banda delle coop”). Siamo in un momento di scontri senza esclusione di colpi fra apparati e servizi segreti legati alla vecchia classe politica (che subisce una sorte di golpe mediatico e giudiziario) e quelli legati ai poteri sovra-nazionali che spingono sull'acceleratore delle “riforme”.
E' proprio in questo periodo che cominciano ad apparire come funghi decine di “serial -killer”, mostri protagonisti di tanti eventi criminali di una ferocia inaudita e sempre come se fossero azioni coordinate fra loro. Ciò che li accomuna sono uno spropositato uso della violenza accompagnati dalla mancanza di moventi plausibili e l'indignazione popolare che riescono a scatenare. Ma su questo e meglio fermarsi perchè andrebbe aperto un altro capitolo .
Fra questi “serial” ce ne ricordiamo uno in particolare di quel periodo che coincide con la disgregazione della Yugoslavia e l'inizio di una guerra di aggressione da parte della NATO. Era il momento in cui si stavano gettando le basi propagandistiche di costruzione del “nemico” : i serbi . I serbi erano i “cattivi” ovunque e comunque. Il mantra della dis-informazione mondiale cominciava la sua inarrestabile nenia. Persino nei fumetti di Dylan Dog i serbi venivano raffigurati mentre uscivano dai tombini di Sarajevo con i denti da vampiro…
Come ai tempi dell'aggressione fascista all'Etiopia in cui la stampa italiana raccontava delle mogli dell'Imperatore che facevano il bagno in tinozze dorate colme di sangue caldo di povere ragazze vergini uccise…
E' proprio in questo momento che entra in scena “Manolo lo slavo” che riesce a fuggire misteriosamente dal carcere di Rimini e si mette a terrorizzare le campagne del Nord Italia vestito con pantaloni mimetici e anfibi . Proprio come Igor il russo…
Usa una 357 magnum per compiere rapine balorde presso case isolate di agricoltori “terminando” le sue vittime ; 9 morti ammazzati. Una volta catturato in Serbia confesserà di essere riuscito a fuggire dal carcere di Rimini grazie a “quelli della UNO bianca”.
(Consigliamo la bellissima inchiesta di Avvenimenti di allora su questa vicenda.)
Questo  evento associato al clima di propaganda guerrafondaia di allora contro i serbi suscitò per diversi mesi la psicosi collettiva su bande di serbi che scorrazzavano anche nella pianura Padana sgozzando e trucidando inermi contadini, così come stavano facendo in Bosnia e Croazia…
Se in quegli anni l'obiettivo era neutralizzare un'ostacolo , neanche piccolo, come poteva esserlo una Yugoslavia unita in quello che era la prospettiva di costruzione e allargamento della UE sotto il rigido controllo NATO oggi la posta in gioco è l'esistenza stessa di un sistema politico, militare ed ideologico e la sua inarrestabile caduta tendenziale del saggio di profitto di fronte a due elementi: la Russia e la Cina niente affatto disposti a rinunciare alla loro quota di capitalismo.
Stiamo attenti a non sottovalutare l'impegno e le forze che lo Stato sta impiegando sugli omicidi del “russo” (che poi russo non è) e delle operazioni in corso con i migliori reparti speciali della contro-guerriglia dell'Esercito Italiano. Non stanno giocando o addestrandosi: questa è vera puzza di guerra. E' lo squillo di tromba per gli addetti ai lavori per qualcosa di “grosso” che è in gestazione. E' un passaggio forzato per una uscita dalla crisi che non può essere né democratica né comprensiva di ragioni altrui. Forse è il momento, per tutti, di fermarsi un attimo e aprire una rapida fase di riflessione per capire seriamente se c'è un pericolo imminente e reale a breve di un conflitto di proporzioni indefinite e se si come possiamo anticipare le prossime mosse del capitale affinchè questo non avvenga ammesso che ciò sia possibile.


Il giorno 05 apr 2017 'Coord. Naz. per la Jugoslavia' ha scritto:


L'ARMATA ROSSA IN AZIONE IN FRAZIONE DI BUDRIO

Il quotidiano slavofobo e anticomunista Il Resto del Carlino non si è fatto sfuggire l'opportunità offerta dalla rapina in una tabaccheria presso Budrio (BO), terminata in tragedia con l'uccisione del proprietario, per ciurlare nel manico con i paginoni dedicati a "LA PISTA DELL'EST", come di rito. 
Il sospettato, un russo nato in Uzbekistan quaranta anni fa, vi è reiteratamente definito "ex soldato dell'Armata Rossa" – addirittura in un titolo a caratteri cubitali sul numero del 4 aprile 2017 a pagina 7. Peccato che l'Armata Rossa abbia cessato di esistere come denominazione formale dal 1946 e non esista più nemmeno per estensione, cioè nel significato di esercito dell'Unione Sovietica, dal 1991, vale a dire quando il sospettato aveva 13 anni.

(a cura di I.S.; su segnalazione di O.M., che ringraziamo)




(srpskohrvatski / castillano / italiano)

Altre note sull'Anniversario dei bombardamenti NATO

1) Bombardamenti N.A.T.O. sulla Jugoslavia: alcune note bibliografiche (Andrea Martocchia)
2) Red de Intelectuales, Artistas y Movimientos Sociales en Defensa de la Humanidad – capítulo Serbia
DECLARACIÓN SOBRE EL INTERVENCIONISMO GLOBAL Y LA AGRESIÓN DE LA OTAN SOBRE YUGOSLAVIA /
ДЕКЛАРАЦИЈA О ГЛОБАЛИСТИЧКОМ ИНТЕРВЕНЦИОНИЗМУ И НАТО АГРЕСИЈИ НА СР ЈУГОСЛАВИЈУ


Si vedano anche:

24 Marzo 1999 - Marzo 2017 : NOI NON DIMENTICHIAMO (di Enrico Vigna e Forum Belgrado Italia, 24 marzo 2017)

Un 24 Marzo, diciotto anni fa (di Gianmarco Pisa, 24 mar 2017)
Ebbero inizio proprio il 24 Marzo, nel 1999, diciotto anni fa, i bombardamenti su Belgrado e sulla Jugoslavia dell’epoca, da parte degli Stati Uniti e della Alleanza Atlantica, la NATO. Fu il primo di 78 giorni di guerra, una guerra che ha rappresentato un vero e proprio “paradigma”...


=== 1 ===

BOMBARDAMENTI N.A.T.O. SULLA JUGOSLAVIA: ALCUNE NOTE BIBLIOGRAFICHE

Il 24 marzo di quest'anno è caduto il 18.mo anniversario dall'inizio dell'attacco della N.A.T.O. contro la Repubblica Federale di Jugoslavia (1999). La ricorrenza continua ad essere celebrata e commentata in Serbia: si svolgono infatti ogni anno cerimonie – soprattutto deposizioni di fiori ai monumenti eretti alle vittime, civili e militari, nelle tante località colpite – e si organizzano conferenze di tema geopolitico e di analisi militare. 

Particolarmente attivo su quest'ultimo fronte è stato in tutti questi anni e continua ad essere il "Forum di Belgrado per un mondo di eguali" (1), organizzazione non governativa presieduta dall'ex Ministro degli Esteri jugoslavo Zivadin Jovanović. Il Forum, nato durante l'ultima presidenza di Milošević per promuovere una rete di collegamenti e solidarietà internazionale attorno al paese subito dopo i bombardamenti, ha prodotto una significativa mole di Atti di tali conferenze ed ha promosso la pubblicazione di alcuni studi e saggi tematici, che dalla fattispecie della aggressione della N.A.T.O., delle sue cause e delle sue conseguenze, estendono la ricerca in altre direzioni contigue: il problema politico-strategico del Kosovo, l'"impazzimento" della politica occidentale e la crisi di identità delle sinistre, la storia militare della Serbia (spec. con riferimento alla I Guerra Mondiale), i rapporti con la N.A.T.O. e la "nuova guerra fredda", la genesi della crisi jugoslava in generale. Su quest'ultimo tema merita di essere segnalato ad esempio il volume del 2016 "Sul carattere delle guerre per la distruzione della Jugoslavia" del prof. Radovan Radinović, generale dell'esercito in pensione (2).
Il Forum di Belgrado si è soprattutto cimentato nella collaborazione a livello internazionale. Il suo presidente Jovanović è diventato un assiduo frequentatore della Cina, dove partecipa a conferenze di geopolitica e macroeconomia e dove rilascia interviste agli organi di stampa principali opportunamente analizzando le trasformazioni in atto verso un mondo multipolare. Da qualche anno, inoltre, il Forum registra l'interessamento e coinvolgimento crescente del mondo russo, segno della nuova fase sotto la presidenza di Putin. È stato costituito a Mosca un "Centro per lo studio della crisi balcanica contemporanea" all'interno dell'Istituto di Studi Slavi della Accademia Russa delle Scienze, animato dalla professoressa Elena Guskova, che con il suo fluente serbocroato assiduamente interviene alle conferenze organizzate dal Forum. Mentre a Belgrado gli interventi della professoressa sono fortemente apprezzati e applauditi dall'uditorio, a Mosca si infittiscono le iniziative editoriali e giornalistiche su questi temi. È di pochi mesi fa, ad esempio, l'uscita di un volume di più autori – "La crisi balcanica" – curato dalla stessa Guskova, contenente contributi di autori serbi e russi (3). 

Quello che però viene lamentato anche in Serbia è la difficoltà a produrre studi specifici sulle conseguenze materiali dei bombardamenti. Dopo le sintesi pubblicate in medias res (cioè già durante quella funesta primavera 1999) o subito dopo (4), non è stato dato seguito con opere di saggistica che potessero fornire un bilancio onnicomprensivo, soprattutto relativamente ai numeri delle vittime sul medio e lungo termine, dovute alle ferite e alle malattie spec. oncologiche. Con il colpo di Stato dell'ottobre 2000, che usufruendo della "manovalanza" di Otpor e affini ha cercato di imporre, con relativo successo, un nuovo corso liberista ed euro-atlantico al paese, è mancata la volontà politica di organizzare i necessari studi epidemiologici, che evidenziassero gli aumenti dei decessi per malattie da stress post-traumatico, spec. cardiovascolari, ma soprattutto per cancro. Ricordiamo che la N.A.T.O. nel '99 ha intenzionalmente colpito depositi di materiali chimici venefici, come il cloruro di vinile monomero delle raffinerie di Pančevo, ed ha cosparso Kosovo, Serbia e Montenegro di uranio depleto, usato per rendere più perforanti i proiettili, con sicuro grave effetto cancerogeno. Sugli aumenti dei decessi esistono pochi articoli sparsi e provvisori, soprattutto in lingua inglese, insufficienti a rendere il quadro definitivo.

In Italia l'interesse per questi argomenti è costantemente e fortemente scemato negli anni, parallelamente al moltiplicarsi delle aggressioni della N.A.T.O. contro i paesi e i popoli "canaglia", che hanno costretto i militanti anti-guerra a disperdere l'attenzione e le informazioni tra troppi scenari diversi; d'altronde, ha pesato e pesa drammaticamente la stessa crisi del movimento contro la guerra, che ha accompagnato la crisi delle sinistre e della politica più in generale. In ambito accademico – contesto che è di per sé in grave crisi per ragioni che esulano dalle tematiche che stiamo affrontando, e su cui non ci soffermiamo – in tutti questi anni sono state prodotte poche tesi e non è stata promossa alcuna attività pubblica a livello istituzionale; a testimonianza di un momento felice dell'impegno e del cimento scientifico che fu, restano i volumi e le iniziative del Comitato Scienziate/i contro la guerra, che però interruppe le attività, per divergenze interne, appena dopo la aggressione all'Iraq (5).

A parte il lavoro scientifico e di saggistica, sui bombardamenti della N.A.T.O. esiste una produzione, meno rilevante, di carattere memorialistico e letterario, prevalentemente segnata dalle prospettive individuali-personali e da una scarsa qualità di scrittura. In lingua italiana sotto questo profilo sono state pubblicate alcune cose interessanti spec. dalle edizioni La Città del Sole di Napoli (6), che comunque non sono focalizzate solamente su quella drammatica primavera, bensì di solito spaziano su archi temporali ben più ampi: si tratta in ogni caso di testimonianze dirette. 
Recentemente siamo venuti a conoscenza della pubblicazione di un romanzo di uno scrittore serbo, tale Saša Stojanović (7), che non abbiamo potuto leggere ma che viene presentato sui siti mainstream di informazione sulla situazione nel sud-est europeo, come Osservatorio Balcani Caucaso, in maniera da rendercelo subito indigesto e sgradito: la difesa dalla aggressione della N.A.T.O. del 1999 è liquidata come una ingiustificata avventura voluta da un "governo che li aveva mandati a uccidere ed essere uccisi" e che "non si prende briga dei suoi uomini". Non è tentata alcuna spiegazione o analisi degli eventi se non "la totale mancanza di senso in quello che accade"... Complimenti! Un simile qualunquismo è un pessimo servizio reso alle vittime: se il romanzo davvero contiene questo, non possiamo che sconsigliarne fortemente l'acquisto.

Andrea Martocchia


(2) Radovan Radinović: "Karakter ratova za razbijanje Jugoslavije". Beograd: Beogradski Forum za svet ravnopravih, 2016 (in cirillico).
(3) Elena Guskova (a cura di): "Balkanska kriza". Moskva: Slovenski institut Ruske akademije nauka (RAN), Centar za izućavanje cabremene balkanske krize, 2016 (ref. in serbocroato ma il libro è in russo).
(4) Ci riferiamo ovviamente innanzitutto ai "Libri bianchi" di fonte governativa ("NATO Crimes in Yugoslavia - Documentary Evidence") e poi alle altre opere edite "a caldo", anche in Italia, delle quali è possibile trovare tutti i riferimenti alla pagina: https://www.cnj.it/24MARZO99/index.htm#biblio
(5) Copia del vecchio sito del Comitato è disponibile all'indirizzo: https://www.cnj.it/scienzaepace/ .
(6) In merito si consiglia di scorrere la pagina https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia.htm .
(7) Saša Stojanović: "Var". Ensemble edizioni, 2015 (trad. Anita Vuco).


=== 2 ===

Mreža intelektualaca, umetnika i društvenih pokreta za odbranu čovečanstva


ДЕКЛАРАЦИЈA

О ГЛОБАЛИСТИЧКОМ ИНТЕРВЕНЦИОНИЗМУ И НАТО АГРЕСИЈИ НА СР ЈУГОСЛАВИЈУ

I

Већ три деценије у свету се успоставља и све чешће примењује модел  глобалног интервенционизма. Инструмент који се користи у свим агресијама, од Србије (СР Југославије), Авганистана, Ирака, Либије, до Малија и Сирије, представља НАТО алијанса. Ова стратегија је званично инаугурисана на састанку НАТО-а у Вашингтону 25. априла 1999. године, у време агресије на СРЈ. Са том чињеницом је отпочео двадесет први век и трећи миленијум. 

Уместо прогресивне мобилизације, човечанству се намећу глобалистички монизам, неоимперијализам и колонијализам, где НАТО преузима освајачку улогу и улогу  заступника интереса мултинационалног капитала и војно-индустријског комплекса глобалне олигархије. Упоредо са порастом броја и обима интервенција, одвија се експанзија НАТО-а према Истоку. Иза сваке НАТО интервенције остајали су стравични призори, жртве, миграције, разарања привреде и културне баштине, девастирана друштва, унутрашњи сукоби, пљачке и неописиве патње људи. Научне дисциплине попут међународног права, историје дипломатије, спољне политике или ратоводства и интелектуални кругови показале су фрапантну инертност за разумевање настајућих интервенционизама, динамичних промена међународних односа и противуречности савремене глобализације, а повремено су и сами стављани у службу обликовања јавног мњења сагласно империјалистичким интересима. 

II

Мрежа интелектуалаца, уметника и друштвених покрета за одбрану човечанства – огранак у Србији, изражава своју забринутост због  гажења успостављених међународних норми, урушавања суверених држава које се опиру наметнутој глобалистичкој матрици, експанзије насиља, тероризма и на тим основама раста антизападног расположења. Зато, желимо учинити доступним основне чињенице о ратним злочинима и тешким повредама међународног права  почињених у периоду од 24. марта до 10. јуна 1999. године од стране НАТО алијансе, пред којом је капитулирао део светских интелектуалаца одричући се жеље за разумевањем карактера, циљева и последица агресије.

III

Агресија НАТО против Србије (СР Југославије), марта 1999. године, предтавља  прекретницу употребе ове војне алијансе у међународним односима. Наметнут је рат независној, сувереној европској држави, на самој граници НАТО зоне, грубим кршењем основних принципа међународног права, а пре свега, Повеље УН и Завршног документа из Хелсинкија. Aгресија je изведена без сагласности и супротно мандату СБ УН, чиме је извршен атентат на темеље саме ОУН и негирање њихове улоге. Наређење америчком генералу Веслију Кларку о нападу на СР Југославију, у то време команданту савезничких снага, дао је генерални секретар НАТО Хавијер Солана, попримивши карактеристике  терористичке кампање усмерене против српског народа и његовог политичког вођства. Такав поступак представља злочин против мира и човечности, који је за последицу имао низ других злочина. Овим преседаном је успостављен  модел интервенционизма који се примењује у свим агресијама ради отимања државне територије , успостављања војних база за даљу експанзију и освајање, за контролу и коришћење стратешких праваца, природних ресурса и главних енергетских токова. Отимањем Косова и Метохије од Србије створени су услови убрзане експанзија САД/НАТО/ЕУ на исток и милитаризацију Европе. Тиме је обесмишљено свако образложење агресије и позивање на „хуманитарне разлоге“ или алтруизам Запада на челу са САД.

Током агресије уз ангажовање 19 чланица НАТО алијансе, убијено је око 3.500, а рањено 12.500 грађана. Од тога, према званичном, објављеном списку, у редовима војске и полиције погинуло је 1.008 бораца, од којих 659 војника и 349 полицајаца. Ракетама и бомбама НАТО оштећено је 25.000 кућа и стамбених зграда и уништено 470 километара путева и 595 километара железничких шина. Оштећено је 14 аеродрома, као и 19 болница, 20 домова здравља, 18 вртића, 69 школа, 176 споменика културе и 44 моста, док је још 38 мостова било потпуно уништено. Потпуно је разорио 7 индустријских и привредних објеката, 11 енергетских постројења, 28 радио и ТВ-репетитора, 29 манастира и 35 цркава. Изведено је 2.300 налета у нападима на 995 објеката по Србији, док је 1.150 борбених авиона испалило скоро 420.000 пројектила укупне масе од 22.000 тона. НАТО је испалио 1.300 крстарећих ракета, бацио 37.000 касетних бомби које су убиле око 200 људи и повредиле још неколико стотина.

 Коришћени су пројектили пуњени осиромашеним уранијумом који трајно угрожава земљиште, воду и ваздух, улази у ланац исхране и изазива далекосежне последице по здравље људи и живих бића уопште. Србија је током бомбардовања засипана и другим отровима а контаминацији су допринела и оштећења индустријских постројења. Дејство загађивача резултирало је чињеницом  да је данас Србија прва у Европи по броју оболелих и умрлих од малигних болести у дечијем узрасту.  Ово је био тихи атомски рат, чије последице ћемо сагледати за 600 година.

 Уништена је једна трећина електроенергетских капацитета у земљи, бомбардоване су две рафинерије нафте, у Панчеву и Новом Саду, а снаге НАТО употребиле су први пут и такозване графитне бомбе нарушавајући функционисање електроенергетског система. НАТО је свесно лишавао снабдевања струјом домаћинства, болнице, породилишта, дечје вртиће, пекаре...

IV

Како се ради о неспорном и грубом кршењу основних норми међународног права, земље чланице НАTO сносе сваку одговорност за ту агресију, укључујући и одговорност за накнаду штете, процењену на износ од преко 100 милијарди САД долара. Одговорни су за коришћење оружја са осиромашеним уранијумом и других недозвољених средстава за масовно уништавање. У вези с тим, сматрамо да Србија има сва права да, пред одговарајућим међународним институцијама, покрене поступак против НАTO пакта и држава чланица, које су учествовале у  агресији, у циљу остваривања права на надокнаду ратне штете, као и појединцима који су били жртве агресије. Тај процес би представљао допринос  демократизацији међународних односа, ојачао улогу Уједињених нација и поштовања принципа суверенитета и равноправности народа.

Мреже за одбрану човечанства – огранак за Србију, очекује подршку својој оцени израженој у овој декларацији, од стране свих независних и слободољубивих удружења и друштвених покрета широм света, као одговор на све облике међународног насиља и кршења међународног и националног права и цивилизацијских тековина. 

Београд 24.фебруар 2017.године

 

                                                                                      ПРЕДСЕДНИК ИО МОЧ

                                                                                           Ратко Крсмановић

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La Red de Intelectuales, Artistas y Movimientos Sociales en Defensa de la Humanidad – capítulo Serbia

 
 

DECLARACIÓN

SOBRE EL INTERVENCIONISMO GLOBAL Y LA AGRESIÓN DE LA OTAN SOBRE YUGOSLAVIA

 

I

Durante tres décadas se aplica el modelo del intervencionismo global. El instrumento usado en todas las agresiones, desde Serbia (ex Yugoslavia), a través de Afghanistán, Iraq, Libia, hasta Mali y Siria, es la OTAN. Esta estrategia fue oficialmente inaugurada en la reunión de la OTAN en Washington, el 25 de abril de 1999, durante el bombardeo de Yugoslavia. Este hecho marcó el inicio del tercer milenio y el siglo XXI.

En vez del progreso, a la humanidad se impone el monismo global, neoimperialismo y colonialismo, donde la OTAN se convierte en un conquistador, defendor de los intereses del capitalismo multinacional y en el complejo militar de la oligarquía global. Junto con el aumento en el número y las proporciones de las intervenciones, se realiza la expansión de la OTAN hacia el Este. Cada intervención de la OTAN fue marcada por las escenas horribles, víctimas, migraciones, la industria y la cultura devastada, sociedad destruida, los conflictos internos, saqueos y el sufrimiento humano inenarrable.

II

La Red de Intelectuales, Artistas y Movimientos Sociales en Defensa de la Humanidad – capítulo Serbia expresa su preocupación por la violación de normas internacionales establecidas, la destrucción de los estados soberanos que se oponen a opresión de la matriz globalista, la expansión de violencia y terrorismo. Por lo tanto queremos hacer disponibles los hechos básicos sobre los crímenes de guerra y las violaciones  graves del derecho internacional, cometidos por la OTAN en el periodo entre 24 de marzo hasta el 10 de junio del 1999, frente la que se entregaron los intelectuales mundiales y renunciaron del deseo para entender el carácter, el objetivo y las consecuencias de la agresión.

III

La agresión de la OTAN contra Serbia en el mes de marzo de 1999 representa un hito histórico en el uso de esta alianza militar en las relaciones internacionales. Violando flagrantemente todos los principios del derecho internacional, y, en primer lugar, la Carta de las Naciones Unidas y el Acta Final de Helsinki, las fuerzas occidentales impusieron la guerra a un estado europeo independiente y soberano que se encontraba en la frontera de la zona de la OTAN. Esta agresión se llevó a cabo sin el consentimiento y en contra del mandato del Consejo de Seguridad de la ONU,  lo cual constituye  un asesinato de los cimientos de la propia ONU, asi como la negación del papel que juega esta organización. El secretario General de la OTAN, Javier Solana, dio la orden para atacar Serbia al general estadounidense, Wesley Clark, quien desempeñó el cargo de Comandante de las Fuerzas Aliadas, convirtiendo esta decisión en una campaña terrorista dirigida contra el pueblo serbio y su liderazgo político. Ese hecho representa un crimen contra la humanidad y la paz, lo cual dio lugar a una serie de otros delitos. Debido a este precedente histórico, fue establecido el modelo intervencionista que se aplica a todas las agresiones que pretenden despojar a los pueblos soberanos de su territorio nacional, y también se hizo posible la creación de bases militares con la finalidad de conquistar, controlar y aprovecharse de los puntos estratégicos importantes, asi como de los recursos naturales y energéticos de dichos pueblos. La violenta e inconstitucional separación de Kosovo y Metohija del territorio serbio creó condiciones para una rápida expansión los EE.UU, la OTAN y la Union Europea hacia el este de Europa y para la militarización del “viejo continente”, por lo cual se hizo imposible justificar dicha agresión por razones “humanitarias o altruistas”.

Durante la agresión que contó con la participación de 19 miembros de la alianza de la OTAN, fueron asesinados alrededor de 3.500 ciudadanos serbios, y hubo más de 12.500 personas heridas. Según los datos oficiales, en las filas del ejército y de la policía murieron 1.008 luchadores, entre los cuales 659 soldados y 349 oficiales de la policía. Las bombas y misiles de la OTAN causaron daño a más de 25.000 casas y edificios, y destruyeron 470 kilómetros de carreteras y 595 kilómetros de vías férreas. Aparte de eso, 14 aeropuertos, 19 hospitales, 20 centros de salud, 18 guarderías infantiles, 69 colegios, 176 monumentos culturales y 44 puentes sufrieron un daño siginicativo, mientras que 38 puentes fueron completamente destruidos en el bombardeo, asi como 7 complejos industriales y comerciales, 11 centrales eléctricas, 28 transmisores de radio y televisión, 29 monasterios y 35 iglesias. Se llevaron a cabo 2.300 ataques contra diferentes instalaciones a lo largo del territorio serbio. Cerca de 1.150 aviones de combate pertenecientes a la OTAN  dispararon  más de 1.300 misiles de crucero y lanzaron 37.000 bombas de racimo que mataron a 200 personas e hirieron a cientos más.

Fueron también utlizados los proyectiles cargados con uranio empobrecido, el cual permanentemente contamina la tierra, el agua y el aire, entrando en la cadena de alimentación y dejando consecuencias de largo alcance para los seres vivos y la salud humana en general. El resultado de esta intoxicación se ve reflejado en el hecho de que hoy en dia Serbia ocupa el ptimer lugar en Europa en el número de pacientes con cáncer y personas fallecidas por enfermedades malignas en la infancia. Esta fue una guerra nuclear silenciosa, cuyas consecuencias se mostrarán en los próximos 600 años.

IV

Dado que se trata de una violación grave e indiscutible del derecho internacional, los países miembros de la OTAN llevan la responsabilidad para esa agresión, incluyendo la indemnización por daños de guerra estimada en más de 100 mil millones de dólares. Son responsables para el uso de armas de uranio empobrecido y otras armas de destrucción masiva ilícitas. En este sentido consideramos que Serbia tiene todo el derecho a, previo a las instituciones internacionales pertinentes, iniciar un procedimiento contra la OTAN y sus países miembros, que participaron en la agresión, con el fin de ejercer el derecho a una indemnización por daños de guerra, así como por las personas que fueron víctimas de la agresión. Ese proceso representaría una contribución a la democratización de las relaciones internacionales y fortalecería el papel de la ONU y el respeto a los principios de la soberanía y la igualdad entre pueblos.

La Red de Intelectuales, Artistas y Movimientos Sociales en Defensa de la Humanidad – capítulo Serbia espera el apoyo, para sus posturas expresadas en esta declaracion, de todas las organizaciones independientes y amantes de la libertad y de los movimientos sociales de todo el mundo, en respuesta a todas las formas de violencia internacional y violaciónes del derecho internacional y nacional y del patrimonio de la civilización.

 

Belgrado, 24 de febrero de 2017

 
Presidente de la RedH-capítulo Serbia
Ratko Krsmanovic




CRONACA DI UNA MANIFESTAZIONE

A proposito del corteo contro la Unione Europea tenuto con successo a Roma il 25 marzo 2017 nonostante la accuratissima "copertura" da parte dei media e del Ministero dell'Interno ("copertura" in senso stretto...) 

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Cosa ci gridano i media? “Tremate lo stesso, cacateve addosso…”

di Alessandro Avvisato, 24 marzo 2017

Sabato previsti settordicimila tra Ostrogoti, Tervingi e Vandali pronti a calare su Roma e porla a ferro et foco…

Giornali e tv mainstream in questi giorni sembrano menestrelli medioevali impegnati nel cantare le epiche gesta di un signorotto un po’ infingardo, che non vince una guerra da secoli e il massimo successo militare che può vantare è la fustigazione pubblica dei sudditi. Naturalmente, se il committente è di così basso lignaggio militare, bisognerà esaltare le virtù guerriere de lo inimico, in modo che la sicura vittoria risalti maggiormente. Il fascino della divisa soccorre il redattore in crisi di fantasia, che si esalta perciò anche per i black bloc. 

Un briciolo di rassegna stampa serve a dare l’idea.

L’oscar della compassione è vinto alla grande da La Stampa, quotidiano di casa Fiat amichevolmente soprannominata dai torinesi doc la busiarda. Titolo raccapricciante: Roma, scatta l’allerta terrorismo, ma fanno più paura i black blocSe si potesse usare la logica, con una frase simile, dovremmo chiedere un Tso urgente per il titolista, perché nessuno può seriamente avere più “paura” di quattro sciamannati di incerta provenienza, abili al massimo in danneggiamenti di poco conto (un bancomat, un’automobile, qualche vetrina, molto fumo e poco arrosto), rispetto a soggetti determinati a seminare il più alto numero di morti possibile.

Ma nel quotidiano diretto da Maurizio Molinari nulla è impossibile. Infatti nel catenaccio ci rivela che “In campo anche Scotland Yard”. E dire che la Gran Bretagna in questo vertice europeo non c’è più (ha vinto la Brexit, le procedure ufficiali partiranno mercoledì prossimo)… 

L’apice dell’ignoranza viene però toccato nel secondo pezzo, dedicato alla “galassia antagonista, timori per i duri del Nord-Est”. Solito elenco di “centri sociali”, No Tav, ecc, e improvvisamente uno scoop: “Un nutrito gruppo è attesa da Venezia: Cacciari e Rivolta più frange anarchiche”. Il Cacciari citato non è infatti un “centro sociale”, ma un noto esponente dell’area Global Project. Ma chissenefrega della qualità dell’informazione, vero? Tanto stiamo soltanto pompando un clima “da paura” per giustificare qualsiasi operazione politica la polizia vorrà mettere in atto…

Non vanno meglio giornali che si pretendono “d’opposizione”, come Il Fatto Quotidianoche nella sua versione online sembra fagocitato dalla sua antica vena manettara: “Trattati di Roma, il corteo di Eurostop e il rischio per la fontana simbolo di Testaccio”Forse pesava il ricordo della Barcaccia di piazza di Spagna, danneggiata da tifosi olandesi in trasferta, ma fa comunque ridere l’immagine dei giornalisti costretti a spremersi il cervello per individuare una bene archeologico importante da “salvare dai barbari”… Più sobria la versione cartacea, che almeno dà conto del messaggio agli abitanti di Testaccio diffuso ieri da Eurostop.

Alla pari con il “dramma della fontana” c’è forse soltanto il post dal sito della questura di Roma – ripreso anche nell’articolo – che parla di “clima di piena collaborazione” con gli organizzatori accompagnandola però con una foto “da paura”

Lo schema imposto dal ministero dell’interno – mescolare nella stessa notizia il pericolo “terrorismo” e quello dei black bloc – è assunto con entusiasmo anche da Repubblica: “Misure antiterrorismo e l’incubo dei black bloc. Sorvegliati speciali i social”. Nel pezzo, la volenterosa cronista riprende scrupolosamente le veline che parlano di agenti e riprese sui tetti, i tavoli tecnici con le autorità del I Municipio, e a un certo punto viene infilata un’operazione in cui “agenti della Dia hanno smantellato un’organizzazione criminale impegnata nel traffico di esseri umani”. Notizie di un certo interesse, certamente, ma che in questo modo si perde in un “pastone” immondo che neanche all’ufficio stampa della Digos avranno apprezzato…

Andiamo avanti. Da giorni tutti parlano di “200 black bloc in arrivo”. La cifra è stata del resto fatta dalla Questura e nessuno ha ritenuto utile modificarla. Fa eccezione la cronaca romana del Corriere della sera, che ritiene di dover dare un contributo originale alla “fabbrica della paura” sparandola più grossa degli altri: “Sabato in arrivo 800 black bloc”. Attendiamo pazientemente il rilancio di qualcun altro in questa singolare asta della cazzata. E siamo certi che ci sarà…

Qualche nota di merito? Una volta tanto per il manifesto, che si smarca dalla canea e dedica quasi una pagina alla manifestazione di Eurostop: "Sul corteo creato ad arte un clima di paura".

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Due parole sul corteo di sabato

di Carlo Formenti, 26 marzo 2017

Due parole sul corteo contro la Ue indetto da Eurostop ieri a Roma (in attesa di tornare con più calma sull'argomento) . Tutti i media hanno sostenuto la tesi della polizia, secondo cui le cose sono andate bene solo grazie alla loro azione di prevenzione mentre vi sono le prove che esisteva un piano per "devastare la città". 
E' vero, ma quel piano lo avevano studiato loro: il mostruoso schieramento di forze, le ripetute provocazioni (dal "sequestro" di più di cento manifestanti, trattenuti per ore in un centro di identificazione, alla rottura in due spezzoni del corteo alla fine del percorso: al primo dei quali si è cercato di impedire di defluire pacificamente secondo gli accordi, mentre il secondo veniva circondato e bloccato senza che fosse stato lanciato nemmeno un tappo di bottiglia – e solo grazie alla pazienza e all'atteggiamento collaborativo degli organizzatori la situazione si è sbloccata senza incidenti) stanno lì a dimostrare che esisteva una precisa volontà di provocare lo scontro, trasformando gli annunci di sventura che i media avevano lanciato nei giorni precedenti all'evento in una profezia autoavverantesi (centinaia di telecamere ci hanno accompagnato nella speranza di poter documentare il sangue versato e i danni alla città). 
Ciò detto va sottolineato il comportamento ignobile dei media del giorno dopo: a partire dai numeri falsi, per esempio si è parlato di fallimento della mobilitazione, dicendo che i manifestanti erano 2000 o 3000 (con ridicole contraddizioni, tipo che erano stati effettuati duemila controlli e che nel secondo spezzone c'erano duemila facinorosi pronti alla devastazione: insomma duemila carri armati di Mussolini che giravano avanti e indietro ricoprendo tutti i ruoli?) mentre la verità è che il corteo non aveva meno di 8/10.000 persone: tantissime ove si consideri la campagna terroristica di dissuasione e comunque assai di più di quelli dei rachitici cortei pro euro di destra (federalisti) e "sinistra" (Sinistra Italiana e altri). 
Una bellissima giornata di mobilitazione in una città desertificata per creare una vasta area protetta a tutela dei 27 signori racchiusi nel palazzo per firmare una nuova sacra alleanza contro i rispettivi popoli. 

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Manifestazione Eurostop: cronaca di una provocazione non raccolta

di Redazione Contropiano, 27 marzo 2017 / da http://www.perunaltracitta.org – Firenze

Il 25 marzo Roma è stata messa sotto assedio, non dal pericoloso blocco nero – che sempre torna alla ribalta delle testate giornalistiche quando c’è una manifestazione di protesta – ma dalle forze dell’ordine, utilizzate in maniera a dir poco spropositata. Da giorni gran parte dei mass media hanno iniziato una campagna di terrore sul presunto arrivo del terribile blocco nero nella manifestazione di protesta organizzata da Eurostop.

Già al concentramento a Piramide si susseguono voci tra i manifestanti: controlli serratissimi e daspo cittadini dati nella notte, pullman fermati per controlli e manifestanti portati ad un centro di identificazione perché trovati in possesso di “indumenti atti ad occultare l’identità ed impedire l’identificazione”. Felpe, kway e giubbotti, per dirlo fuor di metafora.

Il concentramento inizia ad infoltirsi e tuttavia non parte: l’intervento di Nicoletta Dosio, militante dei Notav arrivata in treno dalla Val di Susa spiega il perché: tre pullman sono stati fermati e – senza che fossero stati trovati effettivi motivi per procedere ad un fermo – più di centocinquanta persone sono state portate in un centro d’identificazione a Tor Cervara. A loro sarà di fatto negato il diritto di manifestare, perché nonostante non ci fosse nessun motivo valido, saranno rilasciati solo dopo la fine della manifestazione.

Si decide di non partire prima che ai manifestanti in stato di fermo sia restituito il diritto di esprimere il dissenso e mentre avvocati e una delegazione di manifestanti, tra cui Nicoletta Dosio e l’europarlamentare Eleonora Forenza, si reca a Tor Cervara, il corteo aspetta di poter partire: attesa, incertezza per quanto stava effettivamente accadendo e per la sorte dei compagni e delle compagne fermate non hanno contribuito certo a distendere il clima.

Quando finalmente il corteo si muove, con due ore di ritardo, attraversa il quartiere di Testaccio: negozi serrati, nessuno in strada e soprattutto ogni strada laterale a quella del percorso del corteo chiusa da agenti in assetto antisommossa: uno schieramento di forze dell’ordine smisurato.

Il corteo tuttavia prosegue senza problemi: molte persone alle finestre registrano, scattano foto, qualcuna applaude e sostiene il corteo, che arriva sul Lungotevere Aventino. È da qui è ancora più chiaro che poliziotti, carabinieri, guardia di finanza sono molti più di quanti si potesse immaginare: dall’altra sponda del Tevere, infatti, c’è un concentramento di agenti, camionette, idranti che assomiglia ad un esercito in attesa, c’è persino qualche gommone della polizia che attraversa il Tevere.

Il corteo arriva senza nessuna tensione dall’interno a Piazza Bocca della verità, ma nessuna uscita dalla piazza è libera: tutte le strade sono sbarrate da polizia in assetto antisommossa. E mentre gli organizzatori cercano di capire in che modo sciogliersi, con una manovra gli agenti chiudono anche la parte della piazza da cui la prima parte dei manifestanti è entrata, spezzando così in due il corteo. Infatti lo spezzone dei movimenti e dei centri sociali era qualche centinaio di metri dietro.

Una provocazione gratuita, ma non nuova (basti pensare a quanto successo durante il corteo dei licenziati Almaviva, sempre a Roma) messa in atto dalla polizia che ha approfittato che i due spezzoni fossero distanti, per provare a separare e caricare l’ultima parte e dare finalmente vita ad copione già scritto – quello dei manifestanti cattivi che devastano la città e della macelleria messicana che ne consegue – che stava tardando a concretizzarsi: gli scontri non ci sono stati, perché nessuno ha raccolto questa vergognosa provocazione anche grazie all’intervento degli organizzatori, che non hanno permesso che il corteo venisse diviso.

Non è servita la campagna mediatica di paura, non sono servite le provocazioni e la presunzione di colpevolezza con cui è stato impedito a centinaia di cittadini di esercitare il proprio diritto a manifestare. Non è servito l’uso delle forze dell’ordine per reprimere il legittimo dissenso: la manifestazione si è conclusa senza che i manifestanti rispondessero alle provocazioni. Con la delusione abbastanza evidente di un altro piccolo esercito presente in piazza, quello dei giornalisti, molti di loro più in attesa dello scoop che seriamente interessato alle motivazioni della manifestazione.

Ed infatti, come spesso accade, la paura degli scontri, le dichiarazioni dei politici contro chi usa la violenza, il tentativo mediatico fallito di dividere la piazza in buoni e cattivi, ha tolto spazio ai contenuti della piazza, al grido di protesta di migliaia di persone che tutte insieme hanno detto no all’Europa dei poteri forti e trasversali, dei muri contro i flussi di migranti, dell’impoverimento della classe lavoratrice, e che chiedono la libera circolazione delle persone, non delle merci.

Celebrare i 60 anni dell’Unione Europea, scrivere una dichiarazione dai toni trionfalistici in cui si celebra la costruzione di “[…] una comunità di pace, libertà, democrazie, diritti umani e governo della legge, un potere economico senza precedenti e un livello impareggiabile di protezione sociale e welfare” e farlo asserragliati in un palazzo, mentre nel resto della città si assiste alla sospensione del diritto di manifestare portandosi con sé un kway in caso di pioggia. Questo è quello che hanno fatto i 27 capi di stato europei e questo significa essere completamente scollati dal paese reale, non ascoltare assolutamente la voce di chi vive sulla propria pelle tutte le ingiustizie e le contraddizioni di un’Europa che nonostante i tentativi di presentarsi pulita, democratica, serena mostra invece le sue storture con i trattati di Dublino che umiliano i migranti, le politiche di austerity che schiacciano lavoratori e cittadini, le politiche di guerra che la rendono complice nei teatri di guerra del mondo.

Noi, insieme alle migliaia che hanno sfilato per le strade di Roma il 25 marzo, sappiamo da che parte stare e siamo solidali con chi è stato trattenuto e identificato solo per voler esercitare il diritto a manifestare il proprio dissenso.

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SI VEDANO ANCHE:

Eurostop, gli «scontri» erano una fake news. Sospeso il diritto di manifestare (Roberto Ciccarelli - su il manifesto del 26.3.2017)
Contro il vertice Ue. Sfila da Testaccio a Bocca della verità il corteo “Eurostop”. Lo spezzone più stigmatizzato circondato a Bocca della Verità in una città militarizzata e deserta. 122 manifestanti provenienti da Piemonte, Nord Est e Marche trattenuti per ore a Tor Cervara. Gli è stato negato il diritto di manifestare...

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... i peggiori black block che Roma ha visto in questi anni sono proprio i capi di stato europei riunitisi in Campidoglio. Le devastazioni e i saccheggi che hanno provocato non hanno paragoni...

Eurostop, quel fattaccio di Tor Cervara (dI Alba Vastano  01/04/2017)
Intervista a Eleonora Forenza (Prc), eurodeputata Gue. Il suo intervento al Cie di Tor Cervara per liberare dal sequestro i manifestanti di Eurostop, provenienti dalla Val Susa e rinchiusi per ore nel centro, solo per “suspicione”...
https://www.lacittafutura.it/interni/eurostop-quel-fattaccio-di-tor-cervara.html
 
I VIDEO:

LIVE: ‘Eurostop’ rally to take place in Rome (RT, 25 mar 2017 – 3h40m)

Manifestazione no euro roma 2017 (la Città Futura, 1 apr 2017)
il 25 marzo si è tenuta una partecipata manifestazione NO EURO. questo breve video racconta in sintesi la giornata...