Informazione

Abbiamo raccolto alcuni dei rarissimi - eppure a nostro parere
ottimi - contributi apparsi in Italia durante e dopo la
aggressione della NATO contro la RF di Jugoslavia del 1999
che interpretano "fuori dalle righe" la fase storica di
ripresa bellica e di involuzione culturale (le due cose vanno
a braccetto) che stiamo passando.
Sono testi di intellettuali che stigmatizzano l'atteggiamento
accomodante, servile, ipocrita, omertoso, talvolta persino
guerrafondaio di altri intellettuali (la grande maggioranza,
purtroppo) nei confronti della contemporanea deriva
neocolonialista ed imperialista del nostro paese.

Gli autori sono marxisti di varia estrazione; i loro
"bersagli" polemici sono ex-marxisti, ex-comunisti, persone di
ex-sinistra oggi del tutto interne all'establishment o che
mostrano comunque di aver dismesso certe chiavi di interpretazione
del reale.

Iniziamo la serie con la prefazione al libro "Il rovescio
internazionale", un instant-book uscito per Odradek mentre ancora
piovevano bombe "umanitarie".
La prefazione, scritta dall'editore Claudio Del Bello, viene da noi
divisa in due parti.

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IL ROVESCIO INTERNAZIONALE
(Odradek Editore, Roma 1999)

Introduzione


"Durante la guerra che il potere esecutivo dispiega la sua
più minacciosa energia... e il popolo dimentica le deliberazioni
che riguardano essenzialmente i suoi diritti civili e politici."

Maximilien Robespierre, 1791

Chiudiamo questo libro il 15 giugno, all'indomani della firma di un
accordo "di pace" che ripropone la trappola di Rambouillet,
quell'accordo
sotto cui nessuno - per riprendere la questione posta da Luciana
Castellina
su il manifesto - "avrebbe posto la propria firma". Pare dunque che la
guerra sia finita. Dopo i bombardamenti a tappeto riprenderanno a
lavorare
ai fianchi la Federazione jugoslava. I serbi si sono rivelati impotenti
a
fermare gli attacchi aerei. Ma hanno dimostrato una capacità di
resistenza
che ha sconsigliato i comandi Nato dal procedere disinvoltamente alla
fase
degli attacchi di terra, là dove la tecnologia superiore non garantisce
l'esenzione dalle perdite umane. I serbi si sono confermati così un
popolo
duro. Preferiranno logorarlo. Non è finita. Il dato importante - quasi
un
briciolo di speranza - è che la Nato non ha vinto. Gli obiettivi che si
era
data - occupazione del Kosovo a parte - sono in gran parte non
raggiunti.
Per poter firmare un accordo è stato necessario riportare in vita il
cadavere dell'Onu, riconoscere un ruolo a una Russia uscita
destabilizzata
al massimo e più antioccidentale che mai da 78 giorni di bombardamenti
su
un popolo slavo. È stato poi necessario riconoscere un ruolo alla Cina
dopo
averne bombardato intenzionalmente l'ambasciata, perché lo si intendesse
come un avvertimento per il futuro. È stato necessario porre termine
alla
guerra, infine, perché la tanto sbandierata unità dell'Alleanza era sul
punto di implodere tra governi europei sotto stress elettorale e una
moneta
unica affondata il giorno dopo il varo ufficiale (e dopo anni di
sacrifici
per raggiungere i mitici "parametri di Maastricht"). All'unicità del
comando militare non ha corrisposto l'unicità del comando politico;
quanto
all'economico, tocca dire, è proprio il terreno della massima
divaricazione
tra interessi europei e statunitensi, ben rappresentato dalla
divaricazione
delle monete relative.
Abbiamo preparato il materiale di questo libro considerando gli
sviluppi della guerra, e il suo esito quale che fosse, in larga misura
ininfluenti ai fini della sua comprensione.
Già dopo un mese era possibile registrare gli elementi di novità,
marcare
le modificazioni irreversibili nelle relazioni internazionali, e nella
coscienza dei più.
Usciamo quindi per cogliere questi elementi e sottoporli alla
riflessione, alla critica, al dibattito. Odradek del resto non è un
intellettuale da salotto buono. Non ha perciò bisogno di attendere che
gli
eventi si siano conclusi per poter calibrare una linea interpretativa,

sente la necessità di rispettare compatibilità con i pensieri correnti e
corrivi. Anzi. Raccoglie riflessioni prodotte a partire da background
teorici, filosofici - ideologici, se la parola non suonasse blasfema
oggi,
quando l'ideologia conformista trionfa quasi senza resistenze - diversi
tra
loro ma accomunati da una radicalità di critica. L'insieme compone un
quadro incompleto, forse, ma già ricco di punti di vista tali da
restituire
la struttura fondamentale del senso della guerra contro l'ex Jugoslavia.

0. Prologo

Diciamo subito che la fine non sarà interessante quanto
l'inizio. Quel che questa guerra ha già distrutto è qualcosa che
marcherà
il prossimo futuro. Questa guerra è la matrice delle prossime: vicine
nel
tempo, nello spazio, nel livello di coinvolgimento di questo
disorientato
paese.
Pubblichiamo intanto per sottolineare un punto: questa è una guerra e va
chiamata con questo nome. Non esiste nessun altro nome che possa
sostituire
la sospensione della politica e del diritto, quali che siano i rovesci -
direbbe quel Robespierre che abbiamo voluto citare - che l'hanno
determinata. Non sono legittime "approssimazioni" (conflitto, per
esempio)
né metafore tranquillizzanti (azione di polizia internazionale, meno di
qualunque altra). Le novità dirompenti che introduce sono di rilevanza
storica assoluta. Proprio per questo merita di essere chiamata con il
suo
nome molto più di quelle che l'hanno preceduta nell'ultimo ventennio. È
la
guerra che spazza via il moderno concetto di Stato. È la guerra che
sostituisce ai diritti del cittadino i più vaghi - o più elementari -
diritti umani. È la guerra che vanifica ogni ipotesi di ordine
internazionale costruito consensualmente, e che sostituisce con l'ordine
imposto da una forza che molti si sono affrettati a definire
"imperiale".
Cioè, mentre è chiaro ciò che è stato frantumato, non lo è per nulla ciò
che dovrebbe sostituirlo.
Usciamo differenzialmente rispetto ai tanti che hanno scritto o
scriveranno di questa guerra per dire sostanzialmente «avevo visto
giusto!», ovvero per ribadire o riproporre analisi già ammannite e
clamorosamente smentite dai fatti. E anche rispetto ai tanti che ne
attendono la fine per poter dire «che la politica riprende il posto di
comando», ovvero per ratificare i risultati acquistiti sul campo, senza
altra spiegazione.
Del resto sappiamo bene che anche dopo cinquant'anni, o dopo ottanta, si
può benissimo continuare a non trovare accordo sul secolo delle guerre
mondiali, su ciascuna guerra, neppure sulla valutazione da dare ai
documenti d'archivio. Anche se bisognerebbe ricordare che
l'archiviazione
della memoria è funzione precipua dello Stato-nazione, ovvero della
figura
che questa guerra ha distrutto definitivamente. Quali archivi
conterranno
l'innominabile di questa guerra? La Nato ha archivi? E, soprattutto, chi
disporrà delle chiavi d'accesso? A quale storico le consegneranno?
Esisteranno più gli storici? E quali saranno gli istituti preposti alla
loro formazione?
Un instant book autentico, dunque, non una fotografia affrettata e
sfocata
di un evento appena trascorso. Un instant book che, presupponendo
l'informazione diffusa, cerca di rilevarne i momenti più cospicui di
mistificazione.

1. Sostanza e accidente

Ogni tanto una guerra. Per esempio questa.
Ogni volta a interrogarsi come fosse la prima, a indignarsi, a stupirsi,
come se la precedente aveva da essere l'ultima. Non si capisce per quale
garanzia.
Benché siano movimenti tellurici, preparati, provocati - e per lo più
dichiarati - ci si interroga sul modo di prevederli come se fossero
terremoti, lamentando intanto la stupidità, la malvagità, la follia, il
complotto, o l'insensatezza, come capita sempre più spesso di sentire,
quando non addirittura l'impreparazione (per via del fatto che non è
finita
così presto, contrariamente alle tronfie previsioni della vigilia:
«quindici giorni», per Madeleine Albright).
È il terzo conflitto in Jugoslavia, ennesimo in Europa orientale,
portato,
con ogni evidenza, del collasso dell'URSS ma anche della penetrazione
europea verso est, dell'unificazione europea oltre che del protagonismo
militare degli Usa.
Altro che pace perpetua. S'intravvedono le condizioni di una guerra
permanente, dopo questa rilegittimazione dei conflitti armati, delle
aggressioni unilaterali. Dopo il l989 le guerre si sono moltiplicate,
affinando - generalizzandolo, inflazionandolo - il principio della
guerra
come prosecuzione della politica, finendo col mettere in mora sia la
politica che il diritto, mostrando come ogni conflitto contenga il
principio "colpiscine uno per educarne cento". O, come più d'uno
sospetta,
visto il soggetto trainante di questa guerra, "colpiscine cento per
educarne uno".
La guerra è lo spostamento della lotta di classe, la sua sospensione e,
molto spesso, la sua narcosi. Ma quello che è avvenuto è uno
sconvolgimento
epocale, una catastrofe antropologica propiziata dalla frantumazione di
qualsiasi regola e che, in quanto tale, ha attraversato le società e le
culture sollecitando le coscienze a disporsi secondo le indicazioni del
più
formidabile apparato di guerra mediatica mai messo in campo.
Già, perché se la guerra è sempre stata luogo privilegiato della
propaganda, cioè dello scontro di opposte falsificazioni, questa ha
perfezionato e in qualche modo sancito il ruolo di contrappunto e di
ricapitolazione giornaliera dell'universo mediatico e della
rappresentazione virtuale.
Non è "sostanza", non è "accidente" quindi, concludono i tanti don
Ferrante, questa guerra non esiste. «Non chiamiamola guerra!», ha
ammonito
quotidianamente Sofri su tutti i giornali, di governo e d'opposizione,
di
ultradestra e di centrosinistra. D'altra parte i teorici della politica,
o
dell'autonomia del politico, giocoforza tacciono o dicono delle
banalità,
in attesa di poter liberare di nuovo la parola sull'arte del possibile.
nei
tre mesi in cui c'è stata la necessità, hanno preso tempo.
Non c'è nessun compiacimento da parte nostra nei confronti di questa
loro
impasse; anzi, si vorrebbe che i fini dicitori non si mortificassero per
questo. Potrebbero intanto analizzarla nei suoi aspetti "innovativi" e
ultimativi.
Già perché intanto questa non è una guerra come le altre; giunge alla
fine
di un processo costellato da una recrudescenza del ricorso alle armi, si
diceva. È una guerra che la Nato - e persino Veltroni l'ha capito! -
intende come un precedente, un punto di non ritorno, la fondazione di un
altro ordine mondiale, o quanto meno la messa a punto di un modello da
riproporre in ogni angolo del mondo a insindacabile giudizio della
comunità
occidentale (come ognuno ha potuto vedere, in realtà, dei soli Stati
uniti), unica titolare dell'uso legittimo della forza per imposizione
dei
diritti umani. Dove la forza e il suo titolare sono certi; i diritti, e
gli
autorizzati a esigerli, molto meno.

2. L'evento

La regione balcanica è stata attraversata da una serie
di conflitti e da una guerra. Il conflitto che ha opposto e oppone la
Federazione jugoslava e l'Uck è quello paradigmatico
dell'incompatibilità
tra centralismo e autodeterminazione. Decine di altri conflitti della
stessa natura insanguinano il mondo, spesso coinvolgendo popoli di
dimensioni enormemente superiori a quelle kosovare. Ma una guerra è
stata
decisa e attuata dalla Nato contro la Federazione delle Repubbliche
Jugoslave, Stato sovrano che si è trovato quindi a essere oggetto di
un'aggressione.
Una parte non irrilevante - per peso politico ed egemonia culturale -
degli intellettuali riformisti europei ha espresso consenso alla Nato
perché ritiene di poter ottenere, attraverso l'intervento militare
antiserbo, un'ingerenza cosiddetta umanitaria che fermi o limiti «le
indicibili sofferenze kosovare», e questo ben prima che quelle
sofferenze
diventassero sempre più indicibili per via del catastrofico "intervento
umanitario".
Sono, in tutta evidenza, argomentazioni sbagliate nell'unico senso in
cui
un'argomentazione può essere radicalmente sbagliata: rispetto
all'obiettivo
che si è data.
Qui si trascureranno infatti valutazioni di parte, che sono numerose,
pluriverse e definitive. Non è invece trascurabile il dato politico che
questo consenso descrive. Depurato da tutte le incrostazioni
opportunistiche, da esso si ricava l'impressione di una sostanziale
autenticità di pensiero, con tutti i corollari emotivi del caso.
Emerge dunque che una parte significativa, e forse maggioritaria, delle
"sinistre" europee - non i ceti politici di governo, ovvio, ma i loro
"compagni di strada" e la loro base elettorale di massa - è convinta o
convincibile che laddove sia cruentemente leso il principio
dell'autodeterminazione o della coesistenza, sia legittimo il ricorso
alla
forza militare di un ente superiore o immediatamente superiore, in
questo
caso l'Alleanza atlantica.
Pensiamo sia giusto raccogliere la sfida di questa logica, che è viziata
quanto seduttiva. Fa infatti ricorso a un argomento che, non a caso, si
implementa con successo nella "sinistra": la necessità di un approccio
militante - "militante dei diritti umani" - a una questione geopolitica.
Si
tratta, non neghiamolo, di un antico retaggio internazionalista che
pretende di travolgere mosse, pedine e scacchiere (per questo dà
fastidio a
Sergio Romano, sovranista della destra liberale tradizionale) in nome di
una generica ma suggestiva "battaglia per la vita".
Messa in questi termini, che sono metastorici e metapolitici, si tratta
di
un'allocuzione conclusa in sé, e perciò invincibile.
Ma sembra avere una debolezza intrinseca, che deflagra solo quando
l'operetta morale viene fatta calare nella storia e nella politica.
Ovvero
quando si riesca a provocare un dibattito.
Che significa: avere a disposizione dati e narrazioni non addomesticati;
verificare e poi diffondere notizie circa il conflitto etnico;
demistificare la natura dell'interesse euroamericano nei Balcani;
colpire e
affondare la retorica della "polizia internazionale", che è
semplicemente
il riflesso sovranazionale di ciò che, all'interno dei singoli stati, ma
con un arbitrio ben maggiore, rappresenta la delega alla magistratura e
l'accettazione del monopolio statale della violenza.
Il tutto al prezzo di una reintroduzione del razzismo, malamente
camuffato
da."etnicismo". Predicare la necessità di un Kosovo indipendente, come
loro
fanno, non è meno "etnicista" dell'anacronismo di una Grande Serbia. I
personaggi alla Cohn Bendit si troveranno anche in compagnia dei fautori
della Grande Albania, e francamente tutto quello che si può dire è che
se
lo meritano.
Davvero: hanno dalla loro la potenza economica, la forza militare, una
propaganda in grado di accendere, sussumere e dirottare l'emotività
pubblica, oltre che di essere metro e misura del contemporaneo. Eppure,
il
tempo non gioca a loro favore: persino la stampa confindustriale
italiana o
straniera non potrà omettere qualche servizio, spurio ma emblematico, in
grado di ridimensionare la portata della "pulizia etnica serba" e di
ridisegnare la mappa degli orrori in un contesto di guerra civile tra
bande
rivali. Sulle cifre, infine, ci conforti imperituro il ricordo di
Timisoara.

3. Perché questo libro

Organizzare un libro istantaneo e farlo
uscire prima che gli esiti si siano stabilizzati vuol dire che questo
libro
- onestà intellettuale degli autori! - vuole essere una considerazione
sul
tema della guerra, in situazione, candidandosi a essere il vademecum per
quella futura.
Questo libro, d'altra parte, non può sostituire l'unico strumento utile
e
decisivo rappresentato da una cronologia ragionata degli ultimi 15 anni.
Ma
più che di controinformazione - per paradossale che possa sembrare di
fronte al muro di disinformazione che si è levato tra noi e la guerra -
crediamo che ci sia più bisogno di controdeduzioni concettuali, che
occorra
rilevare la fallacia sistematica delle giustificazioni e anche delle
comode
dicotomie offerte ("né con la Nato, né con Milosevic") e loro varianti
("lei è favorevole o contrario?") ricostruendo concettualmente i
processi.
Rilevare quelle modificazioni nel sentire comune (dalla svalutazione del
proporzionale, all'assuefazione alla "tolleranza zero") che
costituiscono
la trasformazione più notevole e preparatoria all'accettazione di uno
stato
di guerra, perpetua e illegale quanto non dichiarata.
Ci disponiamo allora a rilevare gli elementi più cospicui, risultato di
una sorta di bradisismo semantico, che hanno funzionato da detonatore
nelle
coscienze.
Una catastrofica e repentina inversione figura/sfondo - propiziata dai
media, e da chi se no? - che ha portato in primo piano neoformazioni
quali
"pulizia etnica", "ingerenza umanitaria" ("catastrofe umanitaria" merita
un
discorso a parte), "diritti umani", "etnia" ed "etnicità" scaraventando
sullo sfondo "diritto internazionale", "sovranità degli Stati", "diritti
di
cittadinanza", "multiculturalismo" e perché no?, "sviluppo".
C'è molto da dire su questa guerra e sui suoi primati da Guinness, e
molto
è stato detto: che è la più ingiusta (perché condanna alla pena capitale
le
popolazioni civili, preservando i militari), la più illegale (anche se
condotta per motivi umanitari, e forse proprio per questo), la più
sporca
per via del fatto che colpisce indiscriminatamente, la più pericolosa
per
l'ambiente, la più catastrofica nei confronti dei diritti acquisiti, dei
livelli d'integrazione raggiunti, per gli scenari angosciosi che vanno
oltre la morte e le distruzioni materiali, per via delle convivenze
compromesse ben oltre la sua fine.
E che a fronte di questa enormità non c'è stata s
ollevazione popolare, scarsa essendo stata la reazione dei cittadini,
degli
studenti, degli ambientalisti, dei cattolici, dei pacifisti, dei
lavoratori
e dei loro sindacati, delle donne, come se, appunto, la guerra, la sua
stessa possibilità, sia stata rimossa senza essere sostituita, peraltro,
da
una cultura della pace, o quanto meno da una ragionata interdizione.
Per non parlare della destra di questo paese. In oltre due mesi e mezzo,
la destra all'opposizione non ha prodotto un solo documento, un solo
manifesto sulla guerra.
E più in generale, per quanto riguarda l'Europa, anche la sinistra
antagonista (quella non influenzata dalla sinistra al governo, come in
Francia e in Germania), oltre ai Verdi, ha chiesto l'intervento di
terra.
Perché?
Si tratta di adesione a progetti di ricomposizione etnica perseguiti
contro la sovranità degli Stati nonostante comportino l'affossamento
dell'Onu, l'anarchia totale nelle relazioni internazionali, la
regionalizzazione delle decisioni (sorta di deregulation giuridica: chi
potrà chiedere a chicchessia - India, Cina, Pakistan, ecc - di
rinunciare
all'atomica?) e, soprattutto la svalutazione di ogni progetto di
convivenza
e di integrazione tra culture diverse.
Ma è sugli elementi di novità che vogliamo soffermarci, per marcare i
punti di non ritorno, le modificazioni irreversibili nelle relazioni e
nella coscienza, in tutti e in ciascuno.
L'elemento di novità non è certamente la reazione sentimentale degli
intellettuali alla guerra - italiani in testa - ma lo stupore di
qualcuno
nei confronti del loro generale mettersi l'elmetto, l'accettazione dello
stato di necessità, lo studiarsi di trovare una parte nel teatrino.
Non è un elemento di novità il richiamo antico, il servilismo mai
seppellito. Da sempre gli intellettuali si sono messi l'elmetto
studiandosi
di trovare le ragioni delle guerre dichiarate dalla borghesia, di
renderle
accettabili; hanno giustificato anche le guerre coloniali perché
portavano
la civiltà! E ora, anche ora, eccoli lì a portare il loro contributo, a
scrivere il loro compitino pescando nelle loro cassette, nei loro
cataloghi
di retorica di pronta consultazione.

4. La parola

Dopotutto la guerra non è che una parola. O
innanzitutto. Come mostrano di credere i bravi giornalisti che,
Zingarelli
o Devoto-Oli alla mano, cercano di orientarsi per iniziare il loro
pezzullo. Come ogni parola, "guerra" può essere sottoposta al catalogo
dei
trattamenti e delle manipolazioni della retorica. Tema di un gioco
linguistico collettivo. Un gioco elusivo o consolatorio. Di qui la
valanga
di contraddizioni in termini, di ossimori ("contingente necessità"),
metafore ("varco aperto nel sacro recinto della sovranità nazionale"),
eufemismi (soprattutto: "danni collaterali"), equilibrismi lirici
("scommessa arbitraria sulla legittimità futura"), truismi, fino alle
tautologie alla D'Alema ("la guerra è la guerra", cioè, "gli affari sono
affari").E non sono mancati riferimenti all'attualità, fino agli omaggi
alla "teoria del caos".
Il messaggio è che questa guerra è strana, imperscrutabile, nuova. Forse
è
altro. Quale divario tra le sicurezze arroganti di ieri e l'imbarazzo di
oggi. Tutti a testimoniare di saper di non sapere, una volta scartate le
spiegazioni convenzionali come "ciarpame marxista" e "realpolitik".
"Non chiamiamola guerra!". In fondo le parole non sono che stipulazioni
tra parlanti. Basta mettersi d'accordo. Ma l'accordo non viene.
Sembrano mettersi d'accordo sulla circostanza che è l'assenza di regole
a
prendere il sopravvento, e quindi ecco balenare l'idea della "scommessa
sul
futuro", della creatività, del cambio di paradigma (che è quasi una
rivoluzione, sia pure solo semantica).
Ma oltre alla formidabile produzione di retorica, rimane la possibilità
di
cogliere le riflessioni, le contorsioni e le convulsioni nella
coscienza;
di apprezzare gli aggiustamenti e gli spostamenti progressivi che l'uso
combinato di immagini, propaganda e allocuzioni di maîtres à penser
stanno
producendo sull'intellettualità di massa, su quell'insieme plastico per
cui
è finalmente lecito parlare di "general intellect".
Un "intelletto" leggero, esercitatosi ultimamente nei movimenti del
"politically correct", cioè nella sottrazione sistematica di senso.
"Intelletto" selezionato con cura nelle redazioni dei giornali, nelle
televisioni, nelle case editrici e in quel che rimane dell'università;
"intelletto" secondo cui il massimo della professionalità intellettuale
consiste nel non avere opinioni divergenti.

5. Intorno alle cause

Le cause individuate dal pensiero "critico"
della guerra sono qui elencate un po' alla rinfusa. Tutte egualmente
"vere"
e manchevoli allo stesso tempo. Il travaglio di ricondurre l'ignoto al
noto
avviene anche nella sinistra non omologata, e forte risulta la
tentazione
di considerare quella contro la Jugoslavia "una guerra come le altre".
- Il tradizionale "imperialismo Usa" con le sue strategie geopolitiche
globali, il ruolo del complesso militar-industriale, i nuovi compiti
offensivi affidati alla Nato (espansione verso l'Est per recuperare e
integrare la fascia degli "ex paesi cuscinetto" e isolare e ridurre le
eventuali velleità di una futura "potenza slava" a centralità russa, una
volta che le economie capitaliste di questi paesi si siano stabilizzate
e
abbiano avviato dei cicli espansivi); l'idea di fare della Nato
addirittura
un organismo a vocazione globale alternativo all'Onu per sottrarsi
definitivamente ai veti vincolanti dei paesi componenti il Consiglio
permanente di sicurezza.
- Il progetto di "difesa europea" (una Nato senza Usa) concorrenziale, e
su una lunga prospettiva rivale, della Nato con gli Usa, che
attribuirebbe
nell'immediato un maggiore protagonismo internazionale all'Unione
europea,
non solo commerciale ma anche politico-militare e dunque di imperialismo
per il momento regionale. Queste tensioni, causa di attriti e frizioni,
traversano la Nato attuale e la condotta "militarmente insensata" (a
detta
di numerosi ex militari ed esperti di strategia francesi, inglesi e
americani) di questa guerra. L'Europa (la Germania che si gusta il
piacere
della rivincita, la Gran Bretagna e la Francia) non ha subìto questa
guerra
ma l'ha voluta almeno quanto gli Usa.
- Il "panpenalismo internazionale". Si tratta di una ideologia autonoma,
nel senso che non è emanazione di uno Stato particolare, che poggia però
su
una rete burocratica di strutture amministrative internazionali
("Tribunale
internazionale contro i crimini di guerra e i crimini contro
l'umanità"),
su alcune grosse Ong, su un personale di giuristi dei diritti dell'uomo,
esperti di diritto internazionale, ex sessantottini riciclati nel
giustizialismo del diritto d'ingerenza umanitario, seguaci del ius
cogens,
che ha diramazioni nei singoli governi essenzialmente europei.
Allargando
su scala internazionale il paradigma emergenzialista, costoro si
presentano
come gli interpreti genuini di una presunta "società civile
internazionale"
trasversale agli Stati sovrani. Gli Usa fanno un uso puramente
pretestuoso
dell'ideologia panpenalista, lì dove vi trovano una convenienza
congiunturale, pur non essendo panpenalisti strutturalmente. Sono
l'unico
paese a non aver aderito al "Tribunale internazionale", diffidano e
detestano un organismo transnazionale che si potrebbe rivelare una
variabile incontrollabile e che rischierebbe di mettere in questione la
sovranità della loro politica internazionale che risponde a dei puri
criterii di "realismo politico" (tutela dei proprii interessi di ogni
ordine e grado con tutti i mezzi leciti e illeciti possibili attualmente
esistenti e da inventare). I panpenalisti, a loro volta, non sopportano
gli
Usa; ma non perché considerino questo paese un violatore sistematico di
accordi e convenzioni internazionali, oltre che responsabile di infiniti
crimini di guerra e contro l'umanità. La loro è una
ostilità/fascinazione.
Si sentono rifiutati (da qui l'ostilità) da una grande potenza militare
che
potrebbe essere l'invincibile braccio armato (da qui il fascino) della
loro
giustiziauniversale "quotata a Wall Street" (come sostiene Scalzone).
- La variabile panpenalista si interseca e in parte si sovrappone con
una
seconda variabile, quella della "sinistra di governo", detta anche
"sinistra mondiale", quella del caminetto di Clinton. Una parte del
personale politico della generazione del '68 gestisce oggi le leve
mondiali
della politica: Clinton (il figlio dei fiori), Blair, Schroeder, Jospin,
D'Alema (che tirava molotov) e Solana (che faceva la guerra ai Pershing
e
ai Cruise). Gli effetti sinistri di questa sinistra sono stati il
rifiuto
cinico di affrontare la questione kurda, la prima guerra europea contro
un
paese che non aveva dichiarato guerra a nessuno Stato (ma a un popolo),
l'apertura continua di focolai che rischiano di incendiare l'intera
regione
dei Balcani. Nullaggine diplomatica e insulsaggine militare di una
guerra
aerea: un errore di supponenza che nessuna "destra realista" avrebbe mai
commesso. Doppiopesismo sfacciato nell'evocazione dell'argomento della
violazione dei diritti umani. Infine panpenalismo, cioè il giudiziario
come
regolatore dei rapporti internazionali. Ma non il diritto. Proprio come
in
Italia.
Cause, come si vede, certamente importanti e rintracciabili nei fatti.
Così come quelle sui "corridoi" di passaggio del greggio caucasico,
caspico
o mediorientale; sulle aree di influenza di questo e quel paese su
qualcun
altro.
Ma nessuna appare esaustiva. Né da sola, né tutte assieme riescono a
spiegare il senso di questa guerra.
Che, ci sembra, può essere intesa nella sua interezza solo come momento
di
decisione. La posta in gioco è fin dall'inizio politica. Ovvero:chi
comanda
oggi nel mondo. Non un organismo consensuale, ma una macchina da guerra
totale. Per questo la Nato non si era data altra opzione se non quella
del
prevalere a ogni costo. Fuori e contro ogni altro organismo, fosse
questo
l'Onu, il G8 o qualsiasi altra cosa. Fuori e contro l'Europa, in primo
luogo, unica aggregazione economica a livello mondiale potenzialmente in
grado di competere con il nordamerica sul piano dell'egemonia
capitalistica. L'Europa che aveva scelto un senso di marcia opposto
rispetto alle fondazioni di comunità "potenti": prima l'integrazione
monetaria e la libera circolazione delle merci, poi quella politica e,
infine, in un lontano futuro, quella militare. Senso di marcia su cui ha
sùbito incontrato - contromano - il tir impazzito degli Usa unica
iperpotenza militar-tecnologica, ritrovandosi così a essere entusiastica
autrice del proprio fallimento come "alternativa capitalistica". Il
vassallaggio europeo può essere tutto ritrovato nelle parole con cui
Massimo D'Alema enfatizza «l'accresciuta considerazione internazionale
dell'Italia»: un "alleato" prima sempre oscillante e tentato
dall'autonomia
che ora diventa servo zelante ed entusiasta.

(1/2, continua)


--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
e-mail: crj@... - URL: http://marx2001.org/crj
http://www.egroups.com/group/crj-mailinglist/
------------------------------------------------------------

13 LUGLIO

1941: sollevazione del Montenegro contro le truppe di occupazione
italiane.


La popolazione montenegrina si sollevo' presto contro l'occupatore
fascista italiano pagando a caro prezzo in termini di morti e di
distruzioni ma accendendo una luce di speranza che divenne presto
l'incendio di tutta la Jugoslavia, liberata dalle formazioni partigiane
di tutte le nazionalita', balcaniche e non solo: anche tanti italiani si
unirono alla Resistenza jugoslava dopo l'8 settembre 1943. Sotto la
guida di Josip Broz "Tito" la Guerra Popolare di Liberazione (Narodna
Oslobodilacka Borba, NOB) assunse immediatamente un carattere di massa,
spazzo' via i nazifascisti ed i loro servi locali e pose le fondamenta
per la ricostruzione di un paese indipendente, multinazionale,
socialista.

VIVA LA RESISTENZA ANTIFASCISTA DELLE POPOLAZIONI JUGOSLAVE!
VIVA LA PACE E LA FRATELLANZA FRA I POPOLI!
UNITI PER UNA NUOVA RESISTENZA CONTRO L'IMPERIALISMO E LA NATO!
SMRT FASIZMU - SLOBODA NARODU!


> MONTENEGRIN UPRISING DAY
>
> MILOSEVIC EXTENDS FELICITATIONS ON MONTENEGRIN UPRISING DAY
> BELGRADE, July 12 (Tanjug) Yugoslav President Slobodan Milosevic
> has extended cordial felicitations to Montenegrin citizens on the occasion
> of July 13 Uprising Day of the Montenegrin people.
> "The people of Montenegro rose against fascism on July 13, 1941,
> and, together with patriots of other Yugoslav people, won a victory over
> the fascist forces of occupation and their domestic helpers. With massive
> participation and courage in the ranks of the Yugoslav National Liberation
> Army, Montenegrin veterans made a great contribution to our country's
> liberation in the Second World War.
> "I wish to the Montenegrin people to continue with success to wage
> the struggle for freedom, national dignity, against fascism, for a common
> life with Serbia, for a happy life in Yugoslavia," said President Milosevic.
>
> BULATOVIC EXTENDS FELICITATIONS ON MONTENEGRIN UPRISING DAY
> BELGRADE, July 12 (Tanjug) Yugoslav Prime Minister Momir
> Bulatovic has extended cordial felicitations to Montenegrin citizens on the
> occasion of July 13 Uprising Day of the Montenegrin people, on behalf of
> the federal government and in his own name. The note said:
> "The uprising of July 13 is a brilliant example of the
> Montenegrins' ancestral struggle for freedom, and against any force or
> injustice, no matter how powerful it is at present. The general popular
> antifascist uprising in Montenegro will remain a lasting model for present
> and future generations in their aspirations toward freedom.
> "On this occasion, once again, I reiterate best wishes for the
> successful overall development of the Republic of Montenegro and for a
> peaceful, richer and happier life of all its citizens, and for the
> strengthening and prosperity of our common state the Federal Republic of
> Yugoslavia."
>
> GEN. PAVKOVIC EXTENDS CONGRATULATIONS ON MONTENEGRIN UPRISING DAY
> BELGRADE, July 12 (Tanjug) Yugoslav Army Chief of General Staff,
> Gen. Nebojsa Pavkovic on Wednesday sent a note of congratulations to
> veteran organization SUBNOR Montenegrin Committee President Bosko Golovic
> on the occasion of July 13 Uprising Day of the Montenegrin people in WWII.
> The note, addressed to veterans of the National Liberation Wars
> and all citizens, said the Yugoslav Army, as a joint armed force of all
> Yugoslav citizens, would continue unwaveringly to protect and develop the
> values selflessly created over centuries by the country's most glorious
> generations.


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13 LUGLIO

1949: l'"Acta Apostolicae Sedis" (Bollettino della Santa Sede) pubblica
il Decreto della Congregazione del Santo Uffizio di cui riproduciamo il
testo di seguito, con l'approvazione di Pio XII.


AVVISO SACRO

Fa peccato mortale e non puo' essere assolto:
1) chi e' iscritto al Partito Comunista
2) chi ne fa propaganda in qualsiasi modo
3) chi vota per esso o per i suoi candidati
4) chi scrive, legge o diffonde la stampa comunista
5) chi rimane nella organizzazioni comuniste: Camera del Lavoro,
Federterra, Fronte della Gioventu', CGIL, UDI, API, eccetera

E' scomunicato e apostata:
chi e' iscritto al Partito Comunista, ne accetta la dottrina atea e
anticristiana, chi la difende.

Queste sanzioni sono estese anche a quei partiti che fanno causa comune
con il comunismo.


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* Emil Vlajki sulla secessione del Montenegro e l'assassinio di Zugic
* Djukanovic: "L'indipendenza e' piu' vicina che mai"
* Importanti link per documentarsi


===


Fermiamo la guerra civile in Montenegro prima che cominci.

Emil Vlajki 6/7/2000
(Testo originale su The Emperor’s New Clothes: http://www.tenc.net)

Emil Vlajki è Croato; è stato professore di scienze
politiche all’università di Sarajevo; ora insegna
all’università di Ottawa.

1. The deadly picture

Le ultime elezioni in Montenegro rappresentano
certamente una vittoria morale tra le più importanti
per i popoli di questa regione sull’imperialismo degli
Stati Uniti. Centinaia di migliaia di dollari sono
stati iniettati nel Montenegro in questi ultimi due
anni con lo scopo di incoraggiare la popolazione di
questa repubblica jugoslava a votare in favore di una
“sovranità” filo-occidentale. Questo è stato uno
scacco completo, e ciò prova che resta ancora un
posto nel mondo dove è impossibile corrompere il
popolo con grandi quantità di dollari USA. Il
presidente montenegrino, Milo Djukanovic e
l’opposizione serba dovrebbero tenerlo presente.

E' diventato del tutto chiaro che il referendum
sull'indipendenza non può essere vinto da Djukanovic,
a meno che non venga basato su un'immensa frode
elettorale. E' quindi improbabile che questo
referendum venga fatto.

Quali sono le altre opzioni? La "comunità
internazionale" non è un esercito di liberazione e non
è pronta a continuare a dispensare del denaro per
niente. Essendo fallito il tentativo di corruzione,
non resta che un'unica soluzione: applicare il modello
sloveno, croato, bosniaco e kosovaro.

Utilizzando lo scenario già visto, poiché Stati
Uniti, Unione Europea e NATO hanno l'intenzione di
agire manipolando frazioni montenegrine per
l'"indipendenza", ci si può attendere che nei mesi
prossimi abbiano luogo frequenti provocazioni contro
l'esercito jugoslavo. Tutto ciò potrebbe essere fatto
in combinazione, come lo è stato nel caso del mercato
di Sarajevo, con dei reali massacri di montenegrini,
messi in scena dalla "comunità internazionale".

Sicuramente, questo sarebbe sostenuto dalla maggior
parte dei media occidentali, implicando una nuova
demonizzazione dei Serbi e della Serbia. Infine,
applicando lo schema del Kosovo, i Serbi sarebbero
accusati di queste atrocità e la NATO riprenderebbe i
bombardamenti sulla Serbia, fino alla ritirata
dell'esercito jugoslavo da questa repubblica e
l'occupazione della costa montenegrina da parte dei
"peacekeepers" della NATO.

2. Indicazioni di un nuovo genocidio

Coloro che non credono a un tale scenario dovrebbero
considerare gli elementi seguenti.

Durante i dieci anni passati dalla distruzione della
Jugoslavia, la coalizione USA-NATO-UE ha sostenuto
attivamente, in nome della democrazia, tutti i
separatisti jugoslavi dando loro denaro,
riconoscimento internazionale, armi, supporto
logistico e aiutandoli direttamente con interventi
militari.
In tutti gli esempi, i separatisti sono stati trattati
dalla "comunità internazionale" come nobili
combattenti per la libertà, nel mentre che quelli che
volevano mantenere la Jugoslavia erano etichettati
"comunisti", "Nazisti", pro-Milosevic, etc.,
"ultra-nazionalisti", "estremisti".
Tutti i movimenti separatisti jugoslavi hanno
provocato una serie di guerre civili e nella maggior
parte dei casi un intervento militare esterno, seguito
dall'occupazione e la creazione di protettorati
coloniali.
In questo momento in Montenegro si hanno esattamente
gli stessi elementi: sostegno diplomatico dei
separatisti da parte della "comunità internazionale",
iniezioni di denaro, addestramento della polizia
pro-Djukanovic e di truppe paramilitari, azioni
segrete fatte dalla CIA, e frequenti "avvertimenti"
(minacce) della NATO all'esercito jugoslavo e alla
Serbia.
Così, se tutto il resto è identico, la conclusione (la
guerra civile) deve per logica essere inclusa in
questa descrizione. La coalizione USA-UE-NATO non è
molto creativa. Questo scenario "umanitario" è
riuscito nei casi precedenti, e lo spirito pragmatico
dei nuovi padroni del mondo non ha alcuna ragione di
concepire qualcosa di meglio.

3. In apparenza, gli Stati Uniti vogliono
l'indipendenza del Montenegro, ma in realtà preparano
una guerra civile.
Ultimo, ma non meno importante, elemento: secondo
gli standard occidentali il Montenegro è divenuto la
regione più democratica del mondo. I media sono sotto
il controllo di Djukanovic, nessuno si lamenta della
vita parlamentare e delle elezioni, tutti i legami con
la Serbia sono stati praticamente rotti, e l'economia
è completamente indipendente. Il mondo occidentale
dovrebbe essere soddisfatto di questo grado di
"democratizzazione", nella speranza che il resto della
Jugoslavia faccia le stesse cose. Tuttavia la
pressione sul governo federale e la demonizzazione del
ruolo della Serbia in Montenegro non cessa di
crescere. Perché?

La risposta è semplice. Gli Stati Uniti, che dominano
il mondo occidentale, non si preoccupano per niente
dei Serbi, dei Musulmani, dei Croati, degli Albanesi,
dei Montenegrini, etc. Il loro gioco geo-strategico ha
come scopo di impedire l'unificazione dell'Europa
utilizzando tre tattiche complementari:

a) creazione di conflitti permanenti e di guerre nei
Balcani
b) creazione di Stati musulmani in Europa
c) ritorno alla guerra fredda con la Russia

Creando questi "disordini razionali", che hanno già
provocato centinaia di migliaia di vittime, gli Stati
Uniti, che dominano la NATO, impongono le proprie
regole all'Europa.

E adesso viene il punto essenziale di una assurdità
“umanitaria” premeditata. Lo scopo degli Stati Uniti
non è (solamente) di arrivare all’indipendenza del
Montenegro, ma (anche) di provocare una nuova guerra
civile in questa regione.

Per una migliore comprensione di questo tentativo
morboso, bisogna ricordarsi della Croazia e della
Bosnia. In entrambi i casi, dopo lo svolgimento di un
referendum, è scoppiata la guerra civile. Era evidente
che i Serbi, che costituivano la sola nazione della
defunta Jugoslavia senza diritto
all’auto-determinazione, desideravano continuare la
coesistenza dentro uno stesso Stato. La creazione di
nuovi stati che trasformavano i Serbi in minoranza
etnica, in cittadini di second’ordine, conduceva
inevitabilmente alla guerra civile.

La situazione in Montenegro è molto simile. Almeno la
metà dei Montenegrini pensano che i Serbi e loro
stessi formano un solo e unico popolo. Quindi, la
popolazione del Montenegro è divisa in due parti
molto ostili l’una verso l’altra. Referendum o no,
questo fatto non può essere cambiato. Questo significa
che anche se Djukanovic vincesse il referendum, la
divisione del paese avrebbe comunque luogo e
comincerebbe la guerra civile. Gli Stati Uniti lo
sanno. Meglio, ci contano.

Il solo vantaggio di una vittoria al referendum del
movimento filo-occidentale in Montenegro sarebbe
l’illusione dell’esistenza di un presupposto morale
per gli Stati Uniti per iniziare una nuova campagna
di bombardamenti in Serbia.
Sfortunatamente, anche senza una vittoria al
referendum, gli Stati Uniti si sentirebbero
ugualmente obbligati ad attaccare la Serbia, senza
alcuna allusione a una base morale o legale.
L’assenza di legalità o di moralità nel passato non
ha impedito il proseguimento dei loro interventi
militari imperialisti.

In più, la ragione per iniziare una guerra civile in
Montenegro il prossimo autunno è legata alla corsa per
la Presidenza negli Stati Uniti. Vale a dire, quando
un presidente americano si imbarca in una oscura
piccola guerra, la sua quota di popolarità aumenta
bruscamente. Clinton conta su questo, per cercare di
influenzare gli elettori in favore di Al Gore.

4. Menzogne sulla “dittatura ultra-nazionalista” in
Serbia

Molte persone credono che Milosevic sia responsabile
dell’aggressione militare occidentale e della politica
di ostilità verso la Serbia. Milosevic è incolpato
dalla “comunità internazionale” per crimini di guerra
perché avrebbe organizzato la pulizia etnica e i
massacri di Albanesi del Kosovo nel 1998 e 1999.
Eppure:
- non c’é stata pulizia etnica contro gli Albanesi
- durante gli anni 98-99 il numero di persone spostate
e assassinate in Kosovo, Serbi e Albanesi, sono stati
essenzialmente causati dai combattimenti delle
autorità serbe contro i terroristi dell’UCK,
- il “massacro di Racak”, il pretesto per
l’aggressione della NATO nel marzo 1999, è stata una
messa in scena e molto probabilmente fabbricata dai
servizi segreti USA
- la Serbia è una delle comunità più multi-etniche del
mondo

Dunque, Milosevic potrà anche essere responsabile di
molte cose, ma certamente non di ciò di cui la
“comunità internazionale” lo accusa. Al contrario, la
sola pulizia etnica che abbia avuto luogo in Kosovo, è
quella contro i Serbi e i non-Albanesi.

Curiosamente, molte persone sono incapaci di stabilire
una distinzione tra aggressore e vittima. In altre
parole, non è la Serbia che ha attaccato gli Stati
Uniti, la Gran Bretgna, la Germania e gli altri paesi
della NATO, uccidendo i loro civili, in particolare
bambini, distruggendo le installazioni civili, i
ponti, gli edifici della TV, gli ospedali, le
fabbriche ... a colpi di missili Cruise, di bombe a
frammetazione, di uranio impoverito, etc...

Quale tipo di legge internazionale e “umanitaria”
permette alla NATO di distruggere la Jugoslavia? In
nome di quali principi “umanitari” più di 700 bambini
serbi sono stati uccisi durante la campagna di
bombardamenti della NATO? In nome di quali principi
“umanitari” gli Stati Uniti uccidono 1 milione e
mezzo di persone in Irak? In nome di quale principio
“umanitario” gli Stati Uniti hanno ucciso 3 milioni
di persone in Vietnam? In nome di quali principi gli
Stati Uniti hanno fatto circa 400 interventi militari
diretti e innumerevoli azioni segrete nel mondo intero
dopo la seconda guerra mondiale?

E’ dunque chiaro che la distruzione della Jugoslavia e
la guerra civile pianificata in Montenegro non ha
niente a vedere con la “dittatura ultra-nazionalista
di Milosevic”, ma fa evidentemente parte
dell’imperialismo della “comunità internazionale”, che
non ha il minimo rispetto delle leggi internazionali e
umanitarie.

5 Appello: è meglio prevenire che risanare

Se quando è iniziata la distruzione della Jugoslavia
da parte della “comunità internazionale” molte cose
non erano chiare, oggi noi ne sappiamo molto di più
circa le azioni criminali della NATO e tutto indica
che la guerra civile in Montenegro è imminente.
Inoltre, dopo lo scoppio delle guerre nei Balcani
dieci anni orsono, è la prima volta che abbiamo
l’occasione di agire contro il nuovo disastro prima
che le cose accadano.

Per il bene della Jugoslavia e della Serbia, smettiamo
di pensare: “può darsi che questa volta non accada”;
al contrario, facciamo tutto il possibile per evitare
il futuro atteso. I nuovi dirigenti totalitari del
mondo non hanno ne’ compassione ne’ scrupoli. Come
sappiamo, se gli eventi scoppiano, i nostri sforzi
post-mortem di prevenire il dispositivo di distruzione
della NATO, saranno nulli, e l’opinione pubblica sarà
di nuovo schiacciata, manipolata dalla NATO, la CIA,
il Pentagono, e i principali organi della propaganda
occidentale.
Dunque, nei prossimi mesi, focalizziamoci sulla
situazione del Montenegro, spiegando in tutti i modi
possibili all’opinione pubblica mondiale la nuova
aggressione pianificata dalla NATO e denunciando le
prossime menzogne sulla responsabilità della Serbia
nello scoppio della guerra civile attesa.


[un ringraziamento ad Alessandra per averci fornito la traduzione!]


---


The "international community" strikes again

"DEJA VUE" or Here We Go Again!!!

The murder of Goran Zugic, national security adviser of Montenegro,
possibly
indicates the
beginning of violence and civil war in Montenegro
By Emil Vlajki

There is no coincidence in politics, particularly when it is a question
of
deadly deeds of the so-called "international community". During the last
ten
years of the destruction of Yugoslavia, the US-NATO machinery was
provoking
murders and telling lies each time it wanted to achieve some political
goal.
Western secret services were involved in the bread-line massacres in
Sarajevo, they invented "Serb concentration and rape camps" in Bosnia,
arranged "Racak massacre", lied about 100 000 dead ethnic Albanians
"murdered by the Serbs" in Kosovo, etc. And each of these (real or
imaginary) bloody events has led to a higher degree of military and
economic
colonization of the Balkans.

The next step planned by the "international community" is to occupy,
"for
humanitarian purposes", the Montenegrin coast. To achieve this goal it
is
acting in three combined ways:
-It encourages the independence of Montenegro;
-It incites ethnic Albanians to attack the southern Serbian region
(Bujanovac, Presevo, Medvedja);
-It organizes a series of political murders in order to destabilize
Yugoslavia and Serbia.

"Elementary…"
The logic behind these "rational" assassinations, massacres and lies is
quite simple. Because "it is obvious" that Serbs under the rule of
Milosevic
are nothing but "brutal killers", it is "only natural" that their "evil
instincts" push them permanently into committing murders. For example,
in
Sarajevo controlled by Muslims, "it was obvious" that the bread-line
massacres "could not have been committed by anybody but the Serbs". Now
it
is also "clear" that the murder of Goran Zugic, the close friend of
Djukanovic, "was certainly ordered" by Milosevic.

However, considering the political context, this assumption is
completely
erroneous. One week from now, two important local elections (in the
towns of
Podgorica and Hercegnovi) will be held in Montenegro. It is extremely
important for the "international community" to see Djukanovic as a
winner.
If so, it would be proof that billions of dollars recently invested in
this
Yugoslav republic in order to bribe its population, has been justified.
Thus
the referendum on independence could be announced soon. To increase
chances
of electoral victory, the murder of Goran Zugic is quite useful for the
ruling Montenegro establishment. For instance, it could influence the
final
vote of about one to two percent of the still undecided Montenegrins.
They
would think that this murder was committed by Milosevic and, by
protesting
against this brutal policy, they could vote in favor of Djukanovic. That
would be just enough to assure electoral victory.
On the other hand, the pro-Serb tendency in Montenegro, or Milosevic
himself, have no reason to assassinate anybody close to Djukanovic. A
week
before the most crucial election in Podgorica and Hercegnovi, they know
very
well that they would be immediately accused of the murder and would risk
losing an important percentage of voters.

The civil war is knocking on the door

Once again, through the murder of Goran Zugic, it shows how the
"international community" is continuing brutally and shamelessly the
dissolution of Yugoslavia and Serbia. This is only the beginning of what
will probably follow in the autumn (regardless of the referendum): a
deadly
split of the Montenegrin population, provocation of the army, new
arranged
massacres, new lies about the "evil Serbs", renewed bombing of Serbia
and,
finally, the occupation of Montenegro's Adriatic coast by the US-NATO-EC
coalition. I am aware that nobody believes this scenario and I
understand
that it is probably quite human not to do so. I am also aware that when
these tragic events start many people will find again Milosevic
responsible
for the new genocide of the Serbs. Feeling frightened and impotent, they
will not be able to open their eyes and see those ruling the new
totalitarian world through economic and military power, through bombing,
lies, destruction, genocide, occupation and neo-colonial exploitation of
the
poor countries. God have mercy on their bribed and pitiful souls.


===


Montenegro nearer independence than ever-Djukanovic

By Davor Huic


DUBROVNIK, Croatia, July 11 (Reuters) - Montenegrin President Milo
Djukanovic
said on Tuesday his republic was closer than ever to calling a
referendum on
independence and urged the West to help avoid a military conflict with
Serbia.

``Unfortunately, Belgrade's irresponsible behaviour brings us closer to
that
option (of calling a referendum) every day,'' Djukanovic told reporters
after
meeting his counterparts from Croatia, Slovenia and the Czech Republic.

``Today we are closer to becoming an independent state than we were
yesterday,'' he added.

Western leaders have cautioned Montenegro against calling an
independence
referendum, fearful that it could lead to a new conflict in the Balkans.

But the Western-leaning reformist Montenegrin president said the
international community's ``policies and honour'' were at stake over
Montenegro and called for Western help.

Czech President Vaclav Havel urged NATO to stage a show of force to
prevent
Yugoslav President Slobodan Milosevic from using his troops to crack
down on
Montenegro.

``Apart from political options, there are alternatives, which consist of
a
demonstration of force,'' he said, adding that he was speaking as a
leader of
a NATO member country.

``The international community looked on events (in former Yugoslavia)
with
surprise and abhorrence and reacted too late. It should not be repeated
a
fifth time,'' he said in reference to bloody conflicts in Slovenia,
Croatia,
Bosnia and Kosovo which followed Yugoslavia's disintegration.

PATIENCE RUNNING OUT

The four presidents, who also included Croatia's Stipe Mesic and
Slovenia's
Milan Kucan, backed the Montenegrin parliament's recent decision to
boycott
federal elections.

Montenegro rejected fresh changes to the Yugoslav constitution under
which
the federal president -- currently Milosevic -- and the upper chamber of
parliament would be directly elected, thereby bypassing Montenegrin
parliament.

The changes would enable Milosevic, indicted for war crimes by a U.N.
tribunal, to extend his rule for another mandate.

Djukanovic told reporters the constitutional changes effectively
destroyed
the Yugoslav federation and Montenegro might now have to fend for
itself.

``We have been patient out of respect for the world's wish not to stir
things
up and because we wanted to democratise the country. But there are
limits to
our patience as well,'' he said.

``Montenegro is not going to sacrifice its future so that the dictator
in
Belgrade can rule forever.''

Djukanovic, who has threatened a referendum for almost a year but held
back
from naming a date, said Montenegro would be ``very careful'' in
choosing the
right moment and would exercise maximum restraint.

``We shall do everything we can to avoid a new conflict, but it is not
only
up to Montenegro...If there is a conflict we shall be able to defend
ourselves.''

The four presidents signed a joint statement saying the latest events in
Yugoslavia were seriously threatening democracy and putting Montenegro
at a
disadvantage within the federation.

The statement also defended Montenegro's right to self-determination.

09:16 07-11-00


===


IMPORTANTE DOCUMENTAZIONE SUL MONTENEGRO E DINTORNI SECONDO GLI USA

http://www.usip.org/library/regions/montenegro.html

United States Institute of Peace Library

-

Library's Internet Links

Montenegro Web Links

Below are links by topical categories to resources primarily in English
providing information on Montenegro, one of two republics comprising the
Federal Republic of Yugoslavia. For related web links, see Regional
Resources: Europe. For a comprehensive list of work on the Balkans
produced by the Institute, see The Balkans: In-Depth.

General Resources
Government Agencies and International Organizations
Human Rights and Refugees
Maps and Guides
Media and News Sources
These links complement the USIP Special Report: Montenegro--and more--at
risk in html and PDF (requires Adobe® Acrobat® Reader to view).


General Resources
The sites below collect links to other Internet resources which describe
the background, history politics of Montenegro.


INCORE guide to Internet sources on conflict and ethnicity in Serbia and
Montenegro
A selective collection of annotated links to sources for news, articles
and documents, NGOs, maps, etc. from the Initiative on Conflict
Resolution
& Ethnicity.

International Cultural Center (ICC) Library--Eastern Europe Links:
Montenegro
>From Texas Tech University, annotated links to government, internet search
tools (with automatic searches from three search engines), and other
useful general resources.
Montenegrin Association of America
Links to information on Montenegro covering geography, history,
religion,
politics and other topics.

Slavophilia: Slavic and East European Resources
Web site contains an extensive collection of links, many of them
annotated, accessed through a subject index, country index and search
engine. Yugoslavia links are organized by subject category, with the
language of each external web site (Bosnian, English, etc.) identified.
Sources on the Balkan Peninsula: Yugoslavia
A collection of links compiled by the Hellenic Resources Institute and
posted on their network, covering news sources, agencies, organizations,
political parties, and lists of links from commercial search engines
such
as Yahoo! and Alta Vista.


Government Agencies and International Organizations
Federal Republic of Yugoslavia
Constitution of the Federal Republic of Yugoslavia
Text of the Constitution from the Federal Ministry for Foreign Affairs,
Federal Republic of Yugoslavia.

Constitution of the Republic of Montenegro
Text of the Constitution from the Federal Ministry for Foreign Affairs,
Federal Republic of Yugoslavia.

Facts about Montenegro
Information on the assembly, president and government of the Republic of
Montenegro from the Federal Ministry for Foreign Affairs, Federal
Republic
of Yugoslavia.

Federal Republic of Yugoslavia Official Web Site
News, information and press statements from the Secretariat of
Information, Federal Republic of Yugoslavia.

Organization for Security and Cooperation in Europe (OSCE)
Organization for Security and Cooperation in Europe (OSCE)
Web site of the OSCE includes news, a newsletter, journals, press
releases, and a documents archive. Includes a link to Montenegro under
the
Office for Democratic Institutions and Human Rights, describing the
action
plan for 2000.

United Nations
United Nations Resolution 1207 (1998)
Security Council Resolution 1207 (1998) on the Letters from the
President
of the International Tribunal for the Former Yugoslavia to the President
of the Security Council, adopted by the Security Council at its 3944th
meeting, on 17 November 1998.

United States
U.S. Agency for International Development (USAID)
A search for "montenegro" on the web site for USAID yields a January 31,
2000 press release on a grant to Montenegro and a Serbia and Montenegro
Situation Report from the Office of Transition Initiatives dated
September
27, 1999, among other documents.

U.S. Department of State, International Information Programs: Washington
File Archives
A keyword search on "montenegro" yields documents from the Public
Diplomacy Query (PDQ) database, including State Department press
briefings
and travel warnings, White House statements and a wide-range of U.S.
agency-produced documents.

U.S. Department of State: Serbia and Montenegro
U.S.Department of State's site to official statements and press
briefings
on Serbia and Montenegro, including specific statements on Secretary
Albright meeting Prime Minister Vujanovic from February 3, 2000 and
stability in Montenegro from March 30, 1999.

U.S. European Command: Serbia and Montenegro
United States European Command links to country information, briefings
and
statements from the Dept. of State, the White House, NATO, and other
groups, and a link to the U.S. Embassy in Belgrade, among others.
Includes
a description of the Synthetic Environments for National Security
Estimates (SENSE) exercise with Montengro, February 22-26, 1999.


Human Rights and Refugees
Annual Report 1999: Federal Republic of Yugoslavia (Serbia and
Montenegro)
>From the International Helsinki Federation for Human Rights, this
comprehensive report focuses on Serbia, Kosovo and Montengro, with
sections on independence of the judiciary, protection of minorities and
accountability for war crimes.

Montenegrin Helsinki Committee for Human Rights
>From the International Helsinki Federation for Human Rights, this web page
provides background information, contacts and a description of current
projects.

Refugees in the Federal Republic of Yugoslavia
Contains statements from the Secretariat of Information, Federal
Republic
of Yugoslavia on the refugee problem in the FRY with reference to Annex
VII of the Dayton Agreement.

1999 Country Report on Human Rights Practices :Serbia-Montenegro
Extensive report from the Bureau of Democracy, Human Rights, and Labor
of
the U.S. Department of State.

Yugoslavia Human Rights
Contains statements from the Secretariat of Information, Federal
Republic
of Yugoslavia on the rights of the members of national minorities, the
constitutional and legal regulations, and international treaties, with
reference to the Constitution of the Federal Republic of Yugoslavia.


Maps and Guides
CIA Factbook: Serbia and Montenegro
Basic facts on Serbia and Montenegro prepared by the U.S. Central
Intelligence Agency.

Political Map of Serbia
Maps detailing political, ethnic, economic, etc. terrain in Serbia,
prepared by the U.S. Central Intelligence Agency. Part of the larger
Balkans Regional Atlas, which also covers Bosnia and Herzegovina,
Croatia
and the Former Yugoslav Republic of Macedonia.

Serbia Maps
Maps from the Perry-Castaneda Library Map Collection of the University
of
Texas at Austin. These maps were produced by the U.S. Central
Intelligence
Agency and the Defense Mapping Agency.


Media and News Sources
Radio B92
Radio B92 was closed down and sealed off April 2, 1999 by the Serbian
authorities. The English language service on the web site has been
suspended. The web site links to the latest English bulletin before the
ban and and archives in Real Audio, HTML text or PDF. Includes
information
in English and Serbian.

Balkan Media & Policy Monitor
The Balkan Media & Policy Monitor is a digest, culling artcles from
other
publications, with links to full text in cited publications.

Eurasia Research Center Balkan News Page: Montenegro
Good links to selected news sources and search engines which perform an
automated search for news stories on Montenegro.

Montenegro Journal of Foreign Policy
Published by the Association for the Study of Foreign Policy in Kotor,
Montenegro, coverage includes foreign policy research on Southeastern
Europe, with links to full text articles.

Radio Antena M
Radio Antena M, independent radio network and described as "the free
voice
of Montenegro." Requires Real Player.

Radio Free Europe/Radio Liberty
The RFE/RL Newsline for Southeastern Europe, a daily report of
developments in the region, contains news covering Montenegro.
Subscription through e-mail is also avaiable.

REECA Web: Electronic Resources on the Balkans
Links to several Serbian and Montenegrin newspapers, journal and
magazines.



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