Informazione
Il Ministero della Difesa dovrà pagare 447 mila euro a un soldato ammalatosi in guerra
Il dispositivo accoglie la richiesta del militare che e\' stato impiegato in una missione militare dall\'ottobre del 1996 al giugno del 2002. Un impegno che gli e\' costato la salute. In effetti, due anni piu\' tardi, nel 2004 il soldato si e\' visto diagnosticare un carcinoma papillare alla tiroide, per i quale e\' stato sottoposto a un intervento chirurgico di tiroidectomia totale. Il comitato di verifica ha stabilito, alcuni anni dopo, che le cause del tumore erano \"dipendenti da causa di servizio\" e \"riconducibili alle particolari condizioni ambientali ed operative di missione\".
Vale a dire, in missione il soldato e\' entrato a contatto con armamenti e proiettili a uranio impoverito senza le dovute informazioni o protezioni messe a disposizione dal ministero. I giudici amministrativi, guidati dal presidente del Tar della Toscana Armando Pozzi, hanno rigettato le tesi dell\'avvocatura dello Stato sia sulla mancata conoscenza al tempo della nocivita\' dell\'uso dell\'uranio impoverito sia su un carente nesso causale fra la malattia che e\' insorta al termine dell\'operazione e gli armamenti a rischio. Inoltre, per l\'avvocatura dello Stato il ministero avrebbe offerto sufficienti precauzioni per lenire la nocivita\' dell\'uso dell\'uranio sul campo di battaglia. Argomentazioni rigettate in toto dal giudice amministrativo.
Nella sentenza, il Tar ricorda come il massimo organismo previsto dalla pubblica amministrazione per decidere in merito, cioe\' il comitato di verifica delle cause di servizio nel 2008 abbia dato ragione al militare. Inoltre, che l\'uranio impoverito sia responsabile dei tumori alla tiroide e\' avvalorato da una \"sterminata letteratura\" scientifica, gia\' assimilata negli anni dalla giurisprudenza. Peraltro, sin dalla guerra nel Golfo del 1991 sono stati accertati casi di cancro riconducibili alla particolare miscela di proiettili e dal 1992 anche lo Stato italiano e\' stato messo al corrente delle contromisure adottate, per preservare la salute degli uomini in divisa, in ambito Onu e Nato. Il procedimento e\' stato particolarmente travagliato. Il ricorrente inizialmente ha incardinato la causa contro il ministero della Difesa in sede civile, dopodiche\' a seguito di una sentenza favorevole in primo grado, la Corte d\'appello di Firenze ha palesato la propria incompetenza giuridica a beneficio del Tar. Tuttavia, di quella fase processuale i giudici amministrativi hanno salvato un pezzo significativo: la perizia della Ctu con la monetizzazione
del danno riportato. Il soldato, che continua col grado di capitano a svolgere la propria mansione di paracadutista, si e\' visto riconoscere 27.250 euro derivanti dall\'invalidita\' temporanea, ulteriori 321.678 euro dall\'invalidita\' permanente e altri 98.850 euro per il mancato impiego nelle missioni svolte all\'estero del reggimento di appartenenza. Il ministero della Difesa e\' stato condannato, inoltre, a rifondere gli interessi maturati e 4.000 euro di spese legali.
Da Studio Cataldi
http://www.studiocataldi.it
21/11/16
Per le sezioni unite, sono vittime del dovere i militari morti per le malattie contratte dopo la missione in Bosnia
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno disposto, con la sentenza n. 23300/2016, che il militare colpito da patologia fatale causata dal contatto con l’uranio impoverito (sostanza notoriamente cancerogena), fa parte della categoria delle “vittime del dovere”.
La vicenda vede protagonista un militare ventisettenne che, in seguito a missioni in Somalia e Bosnia nell’anno 2000, muore a causa di un tumore. I giudici di secondo grado hanno riconosciuto la richiesta di risarcimento addotta dagli eredi del giovane militare ai sensi della Legge 266/05.
Il Ministero della Difesa contesta tale decisione e propone ricorso sostenendo che nella fattispecie si esclude il diritto soggettivo in ragione di ciò che si evince dalle valutazioni del comitato di verifica per le cause di servizio.
La Corte precisa, invece, che nel caso in specie i benefici accordati in favore alle vittime del terrorismo e della criminalità si estendono alle cosiddette “vittime del dovere”; detta estensione è dovuta alla disciplina dell’articolo 1 nei commi 562-565 della Legge 266/05.
Inoltre, viene sottolineato che si considerano “vittime del dovere” i soggetti indicati nell’articolo 3 della Legge 466/80 come disposto dal comma 563 della legge sopracitata del 2005.
In particolare si fa riferimento ai dipendenti pubblici deceduti o invalidi in maniera permanente a seguito di attività di servizio o nell’esercizio di funzioni di istituto conseguenti a lesioni derivanti da eventi verificatisi:
- nel contrasto a ogni tipo di criminalità;
- nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;
- nella vigilanza a infrastrutture civili e militari;
- in operazioni di soccorso;
- in attività di tutela della pubblica incolumità;
- a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteri di ostilità.
Altresì, i soggetti beneficiari sono, oltre ai soggetti di cui al comma 563, anche chi a seguito di missioni nazionali o internazionali, muoia o sia colpito da infermità permanente e ciò sia causato dalle condizioni ambientali e operative peculiari del servizio. Quindi, il comma 564 equipara tali soggetti a quelli di cui il comma precedente ampliando la categoria dei beneficiari.
Il giovane militare durante le missioni alle quali aveva preso parte era venuto a contatto più volte con uranio impoverito ritenuto la causa dell’insorgere della patologia e della relativa morte.
Orbene, il ricorso del Ministero della Difesa viene respinto proprio in ragione del nesso di causalità tra la sostanza ritenuta cancerogena e la patologia che ha causato la morte del militare.
Al rigetto del ricorso segue la condanna in capo al Ministero al pagamento delle spese giudiziarie.
Avvocato Gioia Fragiotta
gioiafra @hotmail.com
Condannato il ministero della Difesa
«I soldi? Non serviranno»
«Non saranno i soldi, se mai li dovessero dare, a colmare il dolore che ha lasciato Tore» commenta, emozionata, mamma Giuseppina, assistita dall’avvocato Angelo Fiore Tartaglia. «Avrebbe fatto 40 anni domenica scorsa. Anzi ha fatto 40 anni: per noi è sempre qui. Gli amici, come ogni anno nel giorno del suo compleanno, sono venuti a mangiare gli amaretti, a bere una birra. Era un ragazzone alto, 1,82, pesava 80 chili quando è partito per la Bosnia. Alla fine ne pesava 50. Sapeva che stava per morire. Ma scherzava, era sempre lui. Quando uscì l’ultima volta dalla dialisi che non ce la faceva più alzo il braccio e disse al babbo: “Batti il cinque”. Due giorni dopo non c’era più».
Dicevano: «Sta bene, non ha niente»
Negli occhi ancora quel ragazzone «coccolone, affettuoso, generoso con tutti». Nel cuore ancora la rabbia per la verità negata. «Dicevano: “sta bene, non ha niente”, anche quando lui dimagriva un chilo al giorno. Aveva la leucemia. Quando finalmente lo portarono al reparto oncologico la dottoressa grido: ‘Me lo avete portato già morto!”». E ancora: «Dopo cominciarono a dire che si erra ammalato in licenza. Ma dove avrebbe preso tutti quei metalli e quelle sostanze che aveva nel sangue qui a casa? Io ancora non sapevo nulla. Non sapevo dell’uranio che si irradia dai proiettili sparati. Tutti negavano. Sei mesi dopo Tore era già morto».
La strage dei 333
«Questa sentenza mette la parola fine sul piu’ noto dei casi di quella che può essere considerata una strage: 333 militari morti e oltre 3600 malati» dichiara soddisfatto Domenico Leggiero, responsabile dell’Osservatorio militare, da sempre vicino alle vittime da uranio e ai loro familiari. E auspica che «dopo mille resistenze, ora potrà avere maggiore attenzione il lavoro svolto dalla commissione parlamentare guidata dall’onorevole Gian Piero Scanu, che ha riacceso le speranze delle famiglie che hanno perso il loro congiunto e delle migliaia che stanno soffrendo. La sentenza capita proprio al momento giusto: giovedì sarà audito in commissione il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che non potrà che prendere atto della sentenza».
I precedenti
Vacca era uno dei soldati italiani morti per malattie contratte dopo la partecipazione a missioni militari nei Balcani e in Albania. Tra gli altri Valery Melis, morto nel 2004 dopo una lunga malattia manifestatasi al ritorno dalla missione in Kosovo. Per questo episodio la Difesa era già stata condannata dal tribunale civile di Cagliari ad un risarcimento di 584 mila euro ai famigliari [ http://www.corriere.it/cronache/11_agosto_14/uranio-impoverito-risarcimento-soldato-morto-kosovo_11811274-c64d-11e0-a5f4-4ef1b4babb4e.shtml ]. Anche in quel caso il giudice aveva sottolineato la conoscenza da parte dei vertici militari della pericolosità dell’utilizzo di proiettili contenenti uranio impoverito e la mancanza di informazioni presso i soldati che non erano stati messi nelle condizioni di adottare precauzioni adeguate. Sempre per l’esposizione alla stessa sostanza era morto nel dicembre scorso, per tumore, Gianluca Danise [ http://www.corriere.it/cronache/15_dicembre_23/uranio-morto-militare-che-ricompose-resti-vittime-nassiriya-d0861a58-a973-11e5-8f07-76e7bd2ba963.shtml ], primo maresciallo incursore dell’Aereonautica Militare, veterano di tante missioni all’estero, che aveva anche partecipato alla ricomposizione dei corpi delle vittime dell’attentato di Nassiriya.
Uranio impoverito, Difesa condannata: “Sapeva dei rischi, soldati non tutelati”
DIFESA A RISCHIO In pratica, come spiega al ilfattoquotidiano.itl’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, che rappresentava in giudizio i familiari del sottufficiale morto dopo aver prestato servizio in Kosovo tra il 2002 e il 2003, la sentenza “ha accertato non solo che i vertici militari erano a conoscenza dei rischiderivanti dall’esposizione all’uranio impoverito, ma anche che non hanno fatto nulla per prevenirli“. E a niente sono valse, sul punto, le doglianze del ministero della Difesa. Perché perdere la vita in guerra per una pallottola -è il senso della sentenza- fa parte dei rischi del mestiere di un militare. Ma altro conto è morire contraendo un tumore per l’esposizione a sostanze tossicheignorandone i possibili effetti che, invece, come sostiene la sentenza, erano noti ai vertici della Difesa.
TUTTI IN PROCURA “Fino alla decisione della corte d’Appello, anche sulla base delle conclusioni delle varie commissioni parlamentari che si sono occupate dei casi di tumore da esposizione all’uranio impoverito che hanno coinvolto diversi militari italiani, il nesso di causalità era confinato nel campo della probabilità – aggiunge l’avvocato Tartaglia – Questa sentenza, invece, stabilisce il principio dell’inequivoca certezza, cioè che la causa della malattia contratta dal militare poi deceduto è proprio l’esposizione a questa sostanza”. Aprendo, adesso che è passata in giudicato, scenari giudiziari imprevedibili. “Perché si tratta di una decisione – prosegue il legale – che potrebbe dar luogo a responsabilità penale per reati gravi perseguibili anche d’ufficio”. Insomma, non è da escludere che la decisione del giudice civile e la condotta dei vertici militari diventino materia d’interesse anche per la Procura della Repubblica.
SILENZI COLPOSI Sia il giudice di primo grado che quello di secondo grado avevano ripercorso alcune tappe della vicenda legate alla missione in Kosovo poste poi a fondamento delle rispettive decisioni. L’utilizzo dei proiettili all’uranio impoverito (cosiddetti DU) “era stato confermato dal memorandum del Department of the Army – Office of Surgeon General” del 16 agosto 1993, “dalla Conferenza di Bagnoli del luglio 1995″, dalla “relazione della commissione d’inchiesta del Senato approvata in data 13 febbraio 2006″ e “dalla deposizione del dottor Armando Benedetti”, esperto qualificato in radio protezione del Cisam (il Centro interforze studi per le applicazioni militari) ascoltato proprio dalla commissione parlamentare in merito all’utilizzo del DU in Kosovo ed alla riscontrata presenza della sostanza nella catena alimentare. Tutti elementi dai quali «poteva evincersi che ilministero della Difesa fosse a conoscenza dell’esistenza dell’uranio impoverito durante la missione di pace o quanto meno sul serio rischio del suo utilizzo nell’area, nonché degli effetti del DU per la salute umana”. Insomma, secondo i giudici, sussistevano “tutti i requisiti per configurare una responsabilità del ministero della Difesa… per avere colposamente omessodi adottare tutte le opportune cautele atte a tutelare i propri militari dalle conseguenze dell’utilizzo dell’uranio impoverito”.
SCAMBI AL VERTICE Ma nella vicenda c’è anche un risvolto extragiudiziario sollevato da Domenico Leggiero, responsabile del comparto Difesa dell’Osservatorio militare del personale delle forze armate. Riguarda gli scambi di informazione che ci furono sul tema tra vertici militari e politici. E che interessa anche l’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella, prima vice presidente del Consiglio (dal 21 ottobre 1998 al 22 dicembre 1999) e poi ministro della Difesa (dal 22 dicembre 1999 all’11 giugno 2001) nei governi D’Alema e Amato.
Quando il militare deceduto, della cui vicenda si occupa la sentenza della Corte d’Appello, prestava servizio in Kosovo tra il 2002 e il 2003, l’attuale capo dello Stato non rivestiva più alcuna carica di governo. “Ma da ministro”, ricorda Leggiero, “sulla questione delle munizioni arricchite con uranio impoverito impiegate nella guerra dell’ex Jugoslavia era intervenuto più volte dopo i primi casi di leucemia che avevano iniziato ad abbattersi sui reduci delle missioni nei Balcani”. Il 27 settembre 2000, Mattarella in effettirispose in Parlamento ad un’interrogazione relativa a due episodi di decessi verificatisi tra i militari italiani. “Nel primo caso il giovane, vittima della malattia, non era mai stato impiegato all’estero – spiegò l’allora ministro della Difesa – Nel secondo caso il giovane militare era stato impiegato in Bosnia, a Sarajevoprecisamente, dove non vi è mai stato uso di uranio impoverito”. Circostanza poi rivelatasi non vera. Perché in Bosnia, zona diSarajevo compresa, gli aerei americani scaricarono 10.800 proiettili all’uranio impoverito. E lo stesso Mattarella, tre mesi dopo, il 21 dicembre 2000, ne prese atto.
PROTEZIONE ASSICURATA Il 10 gennaio 2001, Mattarella intervenne di nuovo al Senato: “Per quanto riguarda il Kosovo, come è noto da allora, la Nato, nel maggio 1999, ha fatto sapere di aver utilizzato in quella regione munizionamento all’uranio impoverito… L’ingresso delle nostre truppe in Kosovo è avvenuto successivamente alla notizia pubblica – ripeto – dell’uso di munizioni all’uranio impoverito… Di conseguenza, fin dall’ingresso dei nostri militari in Kosovo si sono potute adottare misure di protezione adeguate”. Messaggio rassicurante, ma che adesso non trova riscontro nella sentenza della Corte d’Appello di Roma passata in giudicato. Secondo la quale, anzi, il vertice militare ha “colposamente omesso” di adottare misure adeguate per tutelare i nostri soldati. Per cui, domanda Leggiero: “I vertici militari non hanno informato il ministro? Cosa molto probabile. Hanno sdrammatizzato la situazione convinti di controllare le conseguenze della vicenda? Cosa probabile. O, infine, i vertici militari hanno detto la verità al ministro, che quindi sapeva? Cosa molto poco probabile”.
INCONTRO DECLINATO Comunque siano andate le cose, Leggiero ha scritto una lettera al capo dello Stato per avere un incontro e discutere della vicenda dell’uranio impoverito.Richiesta però declinata da un suo collaboratore: “Sono spiacente di doverle comunicare”, recita la risposta dal Quirinale, “che l’agenda presidenziale, per i prossimi mesi, è fitta di impegni istituzionali”.
31 dicembre 2015
Poi ci sono quelli che, invece, non sono mai nati. Le loro madri hanno scelto di abortire. Una decisione straziante, per evitare che i neonati venissero al mondo in condizioni fisiche già pesantemente compromesse. Infine ci sono gravidanze che si sono interrotte da sole, dopo pochi mesi di gestazione. Lasciando nei genitori un grande vuoto e mille domande.
L’uranio impoverito continua la sua strage silenziosa. E\' di pochi giorni fa la notizia della morte del maresciallo incursore dell\'Aeronautica Gianluca Danise, che nel 2003 a Nassiriya ricompose i corpi dei suoi colleghi uccisi da un attentato terroristico, stroncato da un tumore alla rinofaringe e abbandonato dalle istituzioni - come lui stesso ha denunciato - nei lunghi anni di malattia.
Ma le vittime non si contano soltanto fra i nostri militari di ritorno dalle missioni all’estero – che ancora oggi a distanza di vent’anni continuano ad ammalarsi di tumori e leucemie – ma anche fra i loro figli. La lista dei bambini venuti al mondo con malformazioni e quella degli aborti terapeutici o spontanei continua a salire. Quantificarli con precisione è quasi impossibile, ma secondo le associazioni che da anni si battono per denunciare le conseguenze dei metalli pesanti sui soldati italiani si parla ormai di diverse decine di casi dichiarati.
Le chiamano “vittime terze”, perché le loro vite sono state pregiudicate e danneggiate indirettamente dalle esposizioni dei loro genitori. Fra questi ci sono anche figli di civili, che si sono ritrovati a vivere in prossimità di luoghi contaminati da uranio, torio, gas radon in aree dove si sperimentano gli armamenti, come Salto di Quirra, sede di un poligono interforze a disposizione della Nato.
A tutti gli effetti, si tratta di vittime invisibili. Per la prima volta, però, a occuparsi dei civili sarà la commissione d’inchiesta della Camera (promossa da Sel e Movimento 5 Stelle) incaricata di far luce sui mancati risarcimenti alle vittime dell’uranio, che sta cercando di partire fra mille intoppi e che in questi giorni sta tentando di mettere insieme i nomi delle persone coinvolte. Con un occhio di riguardo ai paesi sardi di Escalaplano, Capo Teulada e Perdarsefogu, che si trovano a pochi passi dai poligoni.
Ma la strada è tutta in salita. Fra i soldati c’è infatti chi è ancora in servizio e, temendo ritorsioni, preferisce non denunciare. E poi c’è chi semplicemente prova vergogna, e non vuole che la sua storia venga alla luce. Più spesso il problema è burocratico. Le anomalie genetiche non sono state denunciate alla nascita e quindi nelle statistiche sanitarie e nei registri della Asl praticamente non esistono. Tantomeno esistono per i tribunali, che non hanno fatto partire alcuna inchiesta.
Però le storie sono moltissime. E alcune delle vittime solo adesso trovano il coraggio di parlare in forma rigorosamente anonima. E’ in questi mesi, infatti, che si deciderà tutto. E solo se quest’ultima commissione d’inchiesta riuscirà a provare un nesso di causalità fra le anomalie genetiche dei bambini e le esposizioni da uranio dei loro genitori ci sarà possibilità di avere giustizia e un legittimo risarcimento economico.
IMPASSE BUROCRATICA
Ci ha provato, per esempio, S.I., figlia di un militare in forza al poligono di Teulada. “Per ben nove anni – è il resoconto della donna contenuto in una missiva destinata al ministero della Difesa – sono stata una residente del dovere, perché nel poligono ha prestato servizio per molto tempo mio padre, maresciallo dell’Esercito”. “Mi sono ammalata di due gravi malattie, il morbo di Basedow e una forma di sclerosi – spiega – e ho avuto un bambino nato con grossi problemi genetici, che purtroppo di recente è deceduto”.
Secondo la donna – assistita dall’associazione Anavafaf – a provocare le sue malattie e la disabilità del figlio sarebbe stata la prolungata esposizione a nanoparticelle di metalli pesanti. Non solo uranio impoverito ma anche radiazioni di torio, “perché nel poligono sono stati ampiamente utilizzati e sperimentati i missili Milan che contengono, appunto, torio”.
La sua casa sorgeva vicino a un territorio che oggi viene considerato “non più bonificabile e permanentemente interdetto alle abitazioni”. Nonostante questo, però, le sue richieste di risarcimento finora sono state sempre ignorate. E non perché non ci fosse un nesso fra la sua malattia e quella del figlio, ma per semplici intoppi burocratici. “Nonostante fosse chiaro a tutti che io ero una comune cittadina, il mio caso è stato preso in mano dal Comitato Cause di Servizio della Difesa, ovvero l’ufficio che si occupa dei militari, che poi mi ha risposto dicendo che non poteva occuparsi di me, in quanto non militare”.
Una situazione kafkiana, che finora non ha trovato soluzione. E che lascia nella donna un forte amaro in bocca: “Oltre ad aver perso mio figlio e ad aver pagato le spese delle cure di tasca nostra, mi sono trovata a dover subire un atteggiamento di diffidenza e sospetto: hanno persino affidato ai carabinieri locali un’indagine per accertare a quale distanza si trovasse il poligono rispetto all’alloggio nel quale risiedevo, nonostante fosse noto a tutti dove si trovassero le abitazioni per il personale di gestione del poligono”. “Credo che un minimo di rispetto fosse dovuto verso chi, con grandi rischi, è stato al servizio del Paese e verso chi, non facendo parte del corpo militare, non poteva nemmeno chiedere l’adozione di misure protettive, come semplici mascherine, per evitare di respirare quel veleno”, è l’amara conclusione della donna nella sua lettera al Ministero.
Interpellato da l\'Espresso (in data primo dicembre 2015, ndr) , fino a oggi il ministero della Difesa non ha risposto alle nostre domande che erano state poste per fornire una corretta ed equilibrata esposizione dei fatti.
TUMORI INFANTILI
E nessun interesse da parte delle istituzioni - denunciano le associazioni - sembrerebbe esserci stato verso quei genitori che hanno visto, misteriosamente, i figli morire a causa di tumori infantili a poche settimane o addirittura a poche ore dal parto, alcuni di loro nati senza parte del cervello. Casi clinici inspiegabili, capitati fra persone senza precedenti simili nella loro storia familiare. A rompere un dolorosissimo silenzio lungo vent’anni c’è, per esempio, un capitano dell’Aeronautica che oggi chiede di sapere perché suo figlio, concepito dopo sei anni di servizio al poligono interforze di Salto di Quirra, sia nato con un tumore al rene. Per quel bambino non c’è stato scampo: è morto 30 giorni dopo essere venuto al mondo.
Gravi malformazioni sono state registrate alla nascita anche nel figlio di Vincenzo Z., maresciallo dell’Esercito che ha prestato servizio in Bosnia nei primi anni Duemila e che ha effettuato numerose esercitazioni a Capo Teulada.
Affetto da una grave forma di idrocefalia anche il bambino di E.D., un ex soldato reduce da missioni nei Balcani, che oggi chiede di conoscere la verità. Mentre una lunga lista di aborti (terapeutici e non) è stata registrata fra le mogli dei soldati che, nei Balcani e in Kosovo, erano addetti alle bonifiche del terreno dove erano stati esplosi proiettili all’uranio impoverito. Raccontano oggi alcuni di loro: “I nostri superiori erano stati molto chiari: ci avevano consigliato di non fare figli per almeno tre anni dalla fine della missione all’estero”. “Una testimonianza inquietante – conferma l’ammiraglio Falco Accame a capo dell’associazione Anavafaf – che emerse, riferita dagli onorevoli Pisa e Angioni, anche nel corso dell’audizione del generale Michele Donvito alla commissione Difesa della Camera il 29 giugno del 2004”.
“L’emergenza uranio non è finita e le conseguenze continuiamo a pagarle, visto che ancora oggi riceviamo lettere disperate di genitori con figli portatori di anomalie genetiche – spiega Accame – Queste persone meritano, una volta per tutte, che sia data loro una risposta”.
“NASCONDETELI IN CASA”
Chi è in grado di spiegare questa situazione in tutta la sua cruda semplicità è Mariella Cao, battagliera fondatrice del comitato sardo Gettiamo le Basi, che da anni lotta perché l’opinione pubblica sia informata su quello che succede attorno ai poligoni di tiro della Sardegna.
“I casi sono molto più numerosi di quelli che sono stati raccontati finora – è la premessa della donna – solo che da parte dei genitori di questi bambini c’è sempre stata una forte reticenza a parlare, dettata soprattutto dalla paura di subire ritorsioni o addirittura di perdere il proprio impiego nell’Esercito”. E non solo da parte dei militari, visto che l’eventuale chiusura di una base interforze porterebbe alla perdita di lavoro anche per centinaia di civili.
Nel paese di Escalaplano, per esempio, a una manciata di chilometri dal poligono di Quirra, dove in 2.600 abitanti nei primi anni Duemila si è raggiunto un picco di 14 bambini con gravissime malformazioni genetiche, la regola ufficiale era quella di tacere. Qualsiasi cosa accadesse. E dunque, se i casi non venivano denunciati negli ospedali, era come se non fossero mai esistiti. Un copione che si è ripetuto anche nei comuni di Jerzu, Ballao e Tertenia.
“Alle mamme di questi bambini veniva detto senza tanti giri di parole: nascondeteli in casa”, racconta oggi Mariella Cao. E così loro, un po’ per paura un po’ per vergona, eseguivano.
“Chi non ha trovato il coraggio di parlare, o si è ostinato a sostenere che le anomalie genetiche fossero soltanto un caso, non è però da biasimare – riflette la fondatrice di Gettiamo le Basi – immaginate cosa significa, per la madre di un bambino che sta morendo, prendere coscienza che la malattia di suo figlio non è dovuta a una coincidenza o a una tremenda sfortuna, ma a dei responsabili in carne e ossa, che guadagnano su questa situazione. Rendersene conto può portare alla disperazione. O alla follia”.
Non hanno taciuto, ma hanno gridato tutta la loro rabbia e il loro dolore, invece, l
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18 ans après les opérations militaires en ex-Yougoslavie, la Serbie a décidé de poursuivre les pays de la coalition menée par les Etats-Unis.
La population continue de souffrir des conséquences de l\'utilisation de munitions à l\'uranium appauvri. La Serbie a annoncé son intention de poursuivre en justice les pays de l\'OTAN pour l\'intervention de 1999 en ex-Yougoslavie. A l\'initiative de l\'Académie serbe des sciences et des arts, une équipe de juristes internationale se prépare à saisir les autorités judiciaires de chacun de ces pays, parmi lesquels les Etats-Unis et le Royaume-Uni. « Entre dix et 15 tonnes d\'uranium appauvri ont été utilisés lors des bombardements de l\'OTAN en Serbie en 1999 », rappelle Srdjan Aleksic, l\'un des avocats qui supervise la procédure légale. « A cause de cela, chaque année, 33 000 personnes tombent malades en Serbie. Cela représente un enfant par jour », a-t-il ajouté.
Dr Danica Grujičić uverena: Neće postojati zakon niti sila koje će sprečiti tužbu NATO-a zbog 1999. godine!
Javlja se svakodnevno veliki broj vojnih lica, naučnika, lekara koji imaju podatke, ekonomista i pravnika koji su spremni da učestvuju u ovom poduhvatu - otkriva dr Grujičić
- Nećemo odustati od zahteva da se formira koordinaciono telo koje će ispitati sve posledice. I naravno, ako se precizno matematički dokaže da smo u pravu, neće postojati zakon niti sila koje će sprečiti tužbu NATO paktu, da li pojedinačno zemlje članice ili alijansu to je pitanje za pravnike. Javlja se svakodnevno veliki broj vojnih lica, naučnika, lekara koji imaju podatke, ekonomista i pravnika koji su spremni da učestvuju u ovom poduhvatu - piše opanak.net.
Podaci BATUTA više su nego zabrinjavajući:
– Registrovani maligni tumori 2001 godine – 30 744
– Registrovani maligni tumori 2014 godine – 35 319 (+15%)
– Umrlo od karcinoma 2001 – 16 776
– Umrlo od karcinoma 2014 – 21 322 (27%)
– Od sist. maligniteta (leukemije/limfomi) oboleli 2001 – 734
– Od sist. malig. (leuk./limfomi)oboleli 2014 – 1539 (+110%)
– Umrlo od sistemskih maligniteta 2001 – 468
– Umrlo od sistemskih maligniteta 2014 – 1216 (+160%)
– Od 2001 do 2014 u Srbiji od sistemskih malignih neoplazmi umrlo je 12 585. Sistemski maligni tumori cine svega 5% od ukupnog broja svih tumora.
– VAŽNO! NATO je 1999. godine na Srbiju i Crnu Goru prosuo 186 Gbq (gigabekerela) uranijuma 238 čije je vreme poluraspada 4,5 milijardi godina. To je 18600 bekerela po jednom stanovniku. Dozvoljena doza je 80 bekerela godišnje po stanovniku. I da vas podsetim to je samo priča oko OU a pored toga se nalazi posebno zagađenje hemijom, gasovima, itd.
NATO počinio genocid nad zdravljem građana Srbije
Ovako za \"Novosti\" govori profesorka dr Danica Grujičić, jedan od naših najboljih neurohirurga, načelnik Odeljenja neurohirurgije u Kliničkom centru Srbije.
Na posledice bombardovanja SRJ, 17 godina kasnije, dok stručna javnost, sa izuzetkom prof. dr Slobodana Čikarića, predsednika Društva Srbije za borbu protiv raka, uglavnom, \"zaobilazi\" ovu temu, prof. Grujičić upozorava na društvenim mrežama, u video-prilozima, na javnim tribinama...
* Mnoge vaše kolege tvrde da ćute zato što se porast obolevanja od raka u Srbiji ne može direktno dovesti u vezu za bombardovanjem?
- Činjenice su tu. Svedoci smo svakodnevno pojave sve većeg broja solidnih tumora koji se javljaju 15 do 20 godina nakon bombardovanja. Pored toga što se javljaju u većem broju, tumori su i agresivniji i to je razlog što se po smrtnosti od malignih bolesti nalazimo u samom vrhu Evrope. Samo starošću populacije i pušenjem se to ne može objasniti.
* Šta vas podstiče da sada ukazujete na posledice NATO bombardovanja 1999. godine?
- Načinjena je ogromna šteta životnoj sredini. U Srbiji je 1999. godine počinjen ekocid, štetne materije, ne samo osiromašeni uranijum nego i brojni produkti postrojenja hemijske industrije koja su bombardovana otišli su u velikim koncentracijama u vazduh, vodu, zemljište i ušli u lanac ishrane. Građani Srbije o tome ne znaju ništa, pre svega zato što vlasti do sada nikada nisu o tome govorile. Podaci postoje i neophodno je da građani Srbije znaju kolika i kakva šteta im je naneta.
* Zašto?
- Ako ni zbog čega drugog, onda bar zbog preventive. Sve vlasti Srbije od 2000. su se ogrešile o stanovnike ovih krajeva jer nisu nikada formirale nikakvu komisiju od nezavisnih stručnjaka, opremile ih odgovarajućim laboratorijama i omogućile da nam tačno kažu šta je zagađeno, a šta ne. Ponašanje NATO je bilo nedopustivo, pre svega zato što su bombardovali sva hemijska postrojenja koja su se nalazila na mapama hazarda, što znači da su bila uredno obeležena. Namerno su ih gađali, što je samo dokaz da je njihova namera bila genocidna - zagaditi životnu sredinu građana Srbije.
* Da li zbog toga što govorite trpite neku vrstu pritisaka?
- Ne. Nisam nikada trpela, a ni sada ne trpim nikakve pritiske zato što pričam ono što mislim.
* Neke vaše kolege, međutim, tvrde da se čitava priča o posledicama NATO bombardovanja preuveličava, i da se osiromašenog uranijuma koji je tada bačen u Srbiji treba plašiti \"taman koliko kobri i krokodila\".
- To su ljudi koji ne znaju šta je kancerogeneza i kako rak nastaje, pa o tome ne treba ni da pričaju. Šteta je naneta u trenutku kada je bilo bombardovanje, to je ono što tvrdimo mi koji se zalažemo za istinu. Alfa čestice su ušle u naše organizme i šteta je napravljena. Nju jeste teško, ali nije nemoguće dokazati. Umesto da se svi zalažemo da se to ispita, postoje kolege koje pokušavaju na sve načine da dokažu suprotno. Koji su njihovi motivi ne znam. Da je u pitanju želja za istinom, sumnjam.
NEBEZBEDNA MESTA ZA ŽIVOT
* Posledice bombardovanja po životnu sredinu i stanovništvo ne mogu se, ipak, tumačiti samo kroz uticaj osiromašenog uranijuma?
- Uništavanje naftnih skladišta je dovelo do oslobađanja ogromnih količina ugljen-dioksida, ali i posebne grupe visoko kancerogenih jedinjenja koja predstavljaju policiklične aromatične ugljo-vodonike. Povišene količine dioksina i furana su registrovane čak u Trakiji u Grčkoj u aprilu 1999. U Bariču je u Savu ispušteno 165 tona fluorovodonične kiseline. U Pančevu i Novom Sadu u Dunav je otišlo tri tone žive. Srbija i Crna Gora su predstavljale jedan od šest evropskih centara raznovrsnosti, a mnoge životinje i biljke koje nisu bile ugrožene pre bombardovanja, to su postale. Novi Sad, Bor, Kragujevac i Pančevo su proglašeni nebezbednim mestima za život.
* Da li vas kao lekara koji se svakodnevno suočava sa obolelima od najtžih tumora, i lično, takvi stavovi vređaju?
- Svako ima pravo na svoje mišljenje kao i pravo da dokazuje ono što govori. Ne vređaju me ljudi koji ne znaju šta je kancerogeneza.
* Čini se da smo 17 godina kasnije nekako, bar u većini, postali pomirljivi, kao da su nas bombardovali \"šarenim bombonama\".
- \"Problem\" sa građanima Srbije je što i pored najgore moguće propagande, većina, ipak, misli svojom glavom i ima odličan osećaj za pravednost. Smatram da većina građana Srbije sluti šta je ovde urađeno i zato i ne veruje \"zvaničnicima\". Pored toga, postoji nešto što se zove i lično iskustvo - ne samo maligne bolesti, u porastu su i autoimune bolesti o kojima niko ne govori, pa onda i sve veći broj parova koji se leče zbog steriliteta...
* I sve to se može direktno povezati sa bombardovanjem?
- Naravno da nije samo bombardovanje krivo za sve, ali je njegov udeo u svemu ovome i te kako merljiv. Naleti NATO avijacije su potrošili kiseonika koliko sva živa bića u Srbiji potroše za 50 godina, iz svog prirodnog ležišta je izbačeno oko 3,8 milijardi kilograma zemlje. Sad se pitajte odakle ovoliko klizišta. Samo tri tone žive je otišlo u Dunav, 165 tona fluorovodonične kiseline...
* Da li, onda, posledice te ekološke katastrofe izlaze i van granica Srbije?
- Pošto iz Dunava dobijaju vodu i pojedine članice NATO, kao što su Bugarska i Rumunija, očito da i unutar NATO postoje značajnije i manje značajne zemlje i nacije. Ćutanje o svemu ovome odgovara samo NATO plaćenicima, onim nesrećnicima kojima je sopstveni džep važniji i od države, i od nacije, i od komšija, kao i samom NATO, jer ako se o tome ne govori nema ni odštete koju bi ti zlikovci morali da plate i ne samo nama, već i Iraku, Siriji, Libiji.....
* Vi se zalažete za formiranje neutralne komisije koja bi ispitala posledice bombardovanja?
- Samo neutralna komisija sastavljena od domaćih i stranih stručnjaka bi mogla da pruži sve informacije. Ljudi od struke se nigde u svetu ne plaše da kažu svoje mišljenje. Najbolji primer za to vam je Senegalac Bakari Kante koji je u aprilu 1999. bio u Srbiji i napisao izveštaj za UN koji je kasnije sklonjen od očiju javnosti, gde je jasno rekao da je napravljena ekološka katastrofa. Do tih podataka je naknadno došao američki novinar Robert Parson, kome možemo da zahvalimo što uopšte bilo šta znamo iz tog izveštaja.
* Šta takva komisija može da uradi?
- Nije dovoljno samo formirati komisiju, uz komisiju mora ići odgovarajuća laboratorija koja će biti u stanju da analizira sve što je potrebno. Komisija mora imati odgovarajući budžet, jer analize određenih hemijskih materija nisu uvek jeftine. Prema tome, Srbija mora imati laboratoriju koja je u stanju da identifikuje svaku supstancu, da se ne bi ponavljala situacija kao sa aflatoksinom pre neku godinu. Samo tako će formiranje komisije imati smisla. Baz toga, komisija ne može mnogo da uradi.
Rivelazione choc da maresciallo Finanza: uranio in Italia già dal 1994
La rivelazione è arrivata durante un\'audizione alla Commissione Parlamentare Uranio Impoverito, con le parole del maresciallo in pensione Giuseppe Carofiglio, ex addetto all\'armeria della X legione della Guardia di Finanza.
I cittadini italiani hanno così appreso, ufficialmente, che nel 1994 in Italia erano presenti oltre 20 casse di munizioni all\'uranio impoverito, di cui il maresciallo è stato testimone oculare. Per la prima volta viene rivelato ciò che per anni in tanti, tacciati di complottismo, hanno sostenuto: l\'uranio impoverito in Italia c\'era eccome.
Il M5S, come sempre, vuole andare fino in fondo. Chiediamo l\'immediato intervento delle autorità giudiziarie competenti e lo ribadiremo al presidente Scanu: è più che mai importante agire subito, affinché eventuali prove, anche documentali, che persistano nei depositi di Pozzuoli e presumibilmente di La Spezia non vengano inquinate e si possa ulteriormente acquisire quante più notizie ed informazioni su quanto dichiarato dal maresciallo Carofiglio.
Vogliamo anche sapere se la Breda, azienda italiana, ha prodotto tali proiettili, dove sono stati eventualmente prodotti, e con quale destinazione. Soprattutto: come faceva ad avere uranio impoverito, che si ricava dallo scarto di centrali nucleari? Chi gliel\'ha venduto, chi ha autorizzato l\'acquisto?
Se tutto ciò che il maresciallo afferma troverà ulteriori riscontri, sarà necessario riportare indietro di 20 anni anche le eventuali responsabilità politiche e militaridi tutti quegli esponenti che hanno sempre negato la presenza di tali munizionamenti \"pesanti\" in Italia.
E si tratta di nomi, anch\'essi, piuttosto pesanti.
Scritto da M5S Camera News pubblicato il 28.06.17
... In questa legislatura dal 2015 è stata insediata una nuova Commissione Parlamentare di indagine sugli effetti dell’utilizzo dell’uranio impoverito, presieduta dal democratico sardo Gian Luigi Scanu, Commissione che ad oggi ha certificato 7.000 militari ammalati e 344 decessi dovuti a neoplasie connesse all’esposizione agli agenti nocivi liberati dall’uranio 238 9.
Il maresciallo Giuseppe Carofiglio conferma: “Quei colpi anche in Italia”. La Difesa: “Mai nelle forze armate”
Un ex maresciallo: “Fotografai quei proiettili nel 1994 in un deposito a Pozzuoli, li spararono i finanzieri tra Ponza e Ventotene”. I ministri, compreso Mattarella, hanno sempre detto: “Mai avuti”
Uranio impoverito: i soldati denunciano
Edizioni Ambiente, 2009
«I soldati americani erano equipaggiati diversamente. Prima di entrare in una zona considerata a rischio indossavano tute protettive, guanti speciali, maschere con filtro. Noi invece lavoravamo a mani nude, le nostre maschere, quando ce le davano, erano di carta, tute niente».
di Maurizio Torrealta
Operazione vulcano
Caporalmaggiore Luca Sepe
Emergenza Croce Rossa
Gli aspetti scientifici
Sopravvivere di surgelati
L’isola dei poligoni
Scienziati contro la guerra
Causa di servizio
Fonti
Ringraziamenti
Nota sugli autori
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... Elle vise à effacer de la mémoire collective toute référence à la Pologne populaire (1944 – 1989) et aux indéniables avancées sociales dont elle a été porteuse (pouvoir ouvrier dans les entreprises, accès à l’éducation et à la culture, santé gratuite, redistribution des terres aux paysans)...
Traduzione di Marx21.it
Sull\'iniziativa anticomunista dell\'Unione Europea del 23 agosto in Estonia
Comunicato del Partito Comunista Portoghese (PCP)
Il Partito Comunista Portoghese denuncia e condanna con forte indignazione la promozione, da parte della presidenza estone dell\'Unione Europea, il 23 agosto, a Tallin, capitale dell\'Estonia, un\'altra grave manifestazione di anticomunismo e revisionismo storico.
Con il pretesto della celebrazione dell\'autoproclamata e provocatoria “Giornata europea della memoria delle vittime di tutti i regimi autoritari e totalitari”, l\'Unione Europea promuove, identificandosi con esse, le più reazionarie concezioni e falsificazioni della storia contemporanea, calunnia senza scrupoli le esperienze del socialismo e in modo deplorevole equipara fascismo e comunismo, assolvendo e passando sotto silenzio i crimini del nazifascismo e le responsabilità delle grandi potenze capitaliste che – con il Trattato di Monaco, che aveva legittimato l\'annessione della Cecoslovacchia da parte della Germania nazista – hanno aperto la strada all\'inizio della Seconda Guerra Mondiale e all\'invasione dell\'Unione Sovietica da parte delle orde hitleriane.
Si tratta di un\'iniziativa ancor più deplorevole, in quanto in paesi che fanno parte dell\'Unione Europea – come nel caso dell\'Estonia – crescono il razzismo e la xenofobia, si perseguitano e proibiscono i partiti comunisti e si criminalizza l\'ideologia comunista, si riabilitano criminali fascisti, si distruggono simboli della lotta antifascista e della vittoria ottenuta, con il contributo determinante dell\'Unione Sovietica, sul nazi-fascismo – senza dimenticare che in Ucraina l\'elogio del fascismo e dell\'anticomunismo è diventato la politica del potere golpista.
Il PCP ritiene necessario non passare sotto silenzio tutto ciò e protestare energicamente contro una così grave manifestazione di oscurantismo anticomunista, tanto più quando questa è promossa da un\'entità che, pretendendo di dare al mondo lezioni di “democrazia” e “diritti umani”, si pone al servizio del grande capitale e delle grandi potenze e pratica la politica delle imposizioni sovranazionali, dell\'aggressione e limitazione della sovranità nazionale e della democrazia, dell\'intensificazione dello sfruttamento, dell\'attacco ai diritti sociali e lavorativi, e in cui si stanno sviluppando tendenze e pratiche repressive di limitazione di diritti e libertà fondamentali, e militariste.
Il PCP, che pretende dal governo portoghese una chiara presa di distanze da questo tipo di operazioni di falsificazione della storia e anticomuniste, non permetterà che si copra di candore il fascismo e si criminalizzi l\'ideale e il progetto comunista, si penalizzi il decisivo contributo dei comunisti e del sistema socialista alla sconfitta dei tenebrosi progetti del nazi-fascismo e alle grandi avanzate progressiste e rivoluzionarie nel XX secolo
I Partiti Comunisti e Operai di tutto il mondo denunciano l\'evento anticomunista organizzato dalla presidenza estone dell\'Unione Europea
solidnet.org
I Partiti Comunisti e Operai denunciano l\'evento anticomunista organizzato dalla presidenza estone dell\'Unione Europea, nell\'ambito della cosiddetta “Giornata europea della memoria delle vittime dei regimi totalitari”, che l\'Unione Europea, negli ultimi anni, ha stabilito per il 23 agosto.
L\'incontro anticomunista si propone di calunniare il socialismo e le sue conquiste senza precedenti per i lavoratori, di falsificare la storia, di equiparare inaccettabilmente e senza alcun fondamento storico il comunismo con il mostro del fascismo e le sue atrocità.
L\'equiparazione provocatoria del fascismo con il comunismo significa assolvere il fascismo e il ventre che lo genera e alimenta, vale a dire il sistema di sfruttamento capitalista. E per questo che, mentre i comunisti sono perseguitati e condannati, mentre i partiti comunisti di diversi paesi dell\'UE vengono proibiti, allo stesso tempo si rende onore e si concedono pensioni ai collaboratori dei nazisti e ai loro eredi politici.
I lavoratori e i popoli possono già trarre conclusioni dal fatto che l\'intensificazione dell\'anticomunismo è il segnale del rafforzamento delle misure antipopolari, della restrizione dei diritti dei lavoratori, dello scatenamento di nuove guerre imperialiste.
La verità presto si farà luce. 100 anni dopo la Grande Rivoluzione Socialista d\'Ottobre, la superiorità del sistema socialista non può essere nascosta, anche se oggi esso è investito da tonnellate di fango. I popoli, attraverso le loro lotte, troveranno il cammino per conquistare una società in cui la ricchezza appartenga a chi la produce, il socialismo e il comunismo.
I Partiti della rete Solidnet (in attesa di ulteriori adesioni):
Partito Algerino per la Democrazia e il Socialismo (PADS)
Partito Comunista di Australia
Partito del Lavoro dell\'Austria
Partito Comunista dell\'Azerbaigian
Partito Comunista del Bangladesh
Partito Comunista Brasiliano
Partito Comunista del Brasile
Partito Comunista della Gran Bretagna
Partito Socialista dei Lavoratori della Croazia
AKEL, Cipro
Partito Comunista di Boemia e Moravia
Partito Comunista della Danimarca
Partito Comunista in Danimarca
Partito Comunista dell\'Estonia
Partito Comunista della Finlandia
Partito Comunista Tedesco
Partito Comunista Unificato della Georgia
Partito Comunista di Grecia
Partito Operaio Ungherese
Partito Comunista dell\'India
Partito Comunista dell\'India (Marxista)
Partito Comunista di Irlanda
Partito dei Lavoratori dell\'Irlanda
Partito Comunista di Israele
Partito Comunista (Italia)
Movimento Socialista del Kazakistan
Partito Socialista della Lettonia
Partito Comunista del Lussemburgo
Partito Comunista di Malta
Partito Comunista del Messico
Partito Socialista Popolare del Messico
Nuovo Partito Comunista dei Paesi Bassi
Partito Comunista Palestinese
Partito Comunista Paraguayano
Partito Comunista Peruviano
Partito Comunista della Polonia
Partito Socialista della Romania
Partito Comunista della Federazione Russa
Unione dei Partiti Comunisti - Partito Comunista dell\'Unione Sovietica
Partito Comunista Russo dei Lavoratori
Partito Comunista dello Sri Lanka
Partito Comunista dei Popoli di Spagna
Partito Comunista della Svezia
Partito Comunista Siriano
Partito Comunista del Tagikistan
Partito Comunista della Turchia
Partito comunista di Ucraina
Unione dei comunisti in Ucraina
Altri partiti
Partito Comunista dei Lavoratori Bielorusso - Sezione del CPSU
Partito dei Lavoratori Comunisti per la Pace e il Socialismo (Finlandia)
Palo di Rinascita Comunista in Francia
Partito Comunista Rivoluzionario (Francia)
Partito Rivoluzionario Comunista di Francia
Partito Comunista del Kazakistan - sezione del CPSU
Partito Comunista della Lettonia - sezione del CPSU
Partito Comunista della Moldova - Sezione del CPSU
Partito Comunista di Puerto Rico
Partito Comunista Romeno
Partito comunista della Transnistria-sezione del CPSU
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“Initiative Communiste”, mensile del Polo di Rinascita Comunista in Francia
Traduzione di Marx21.it
Nel 1973, il colpo di stato del generale Pinochet contro il Governo di Unità Popolare in Cile provocò un’ondata di indignazione senza precedenti nei settori progressisti del mondo intero. La sinistra europea ne fece il simbolo del cinismo delle classi dominanti che avevano appoggiato questo “pronunciamiento”. Accusò Washington, complice del futuro dittatore, di aver ucciso la democrazia armando le braccia assassine dei militari golpisti. Nel 2017, al contrario, i tentativi di destabilizzazione del potere legittimo in Venezuela hanno raccolto nel migliore dei casi un silenzio infastidito, un sermone moralizzatore, quando non una diatriba antichavista da parte degli ambienti di sinistra, che si trattasse di responsabili politici, di intellettuali che godono di appoggi o di organi di stampa a grande tiratura.
Dal Ps all’estrema sinistra (ad eccezione del “Pôle de renaissance communiste en France”, che ha le idee chiare), si rimesta, si mette insieme capra e cavoli, si rimprovera al Presidente Maduro il suo “autoritarismo” il tutto mentre si accusa l’opposizione di mostrarsi intransigente. Nel caso migliore, si chiede al potere legale di fare dei compromessi, nel peggiore si esige che si dimetta. Manuel Valls, ex primo ministro “socialista”, denuncia la “dittatura di Maduro”. Il suo omologo spagnolo, Felipe Gonzalez, trova scandaloso l’appello alle urne, e incrimina “il montaggio truccato della Costituente”. Il movimento diretto dalla deputata della France Insoumise, Clementine Autain, “Ensemble” condanna il “caudillismo”del potere chiavista. Eric Coquerel, anche lui deputato della France Insoumise e portavoce del Parti de Gauche (il partito fondato da Mélenchon NdT) mette fianco a fianco i violenti che sarebbero dai due lati, pur avvertendo ingenuamente che “non vuole criticare Maduro”.
Cos’è successo tra il 1973 e il 2017? Mezzo secolo fa, la sinistra francese ed europea era generalmente solidale – almeno a parole – con i progressisti e i rivoluzionari dei paesi del Sud. Senza ignorare gli errori commessi e le difficoltà impreviste, non sparava alla schiena dei compagni latinoamericani. Non distribuiva responsabilità ai golpisti e alle loro vittime con giudizi salomonici. Si schierava, a costo di sbagliare, e non praticava, come fa la sinistra attuale, l’autocensura codarda e la concessione all’avversario a mo’ di difesa. Non diceva: tutto questo è molto brutto, e ognuno ha la sua parte di responsabilità in queste violenze riprovevoli. La sinistra francese ed europea degli anni ‘70 era certamente ingenua, ma non aveva paura della sua ombra, e non beatificava a ogni piè sospinto quando si trattava di analizzare una situazione concreta. È incredibile, ma pure i socialisti, come Salvador Allende, pensavano di essere socialisti al punto da rimetterci la vita.
A guardare l’ampiezza del fossato che ci separa da quell’epoca, si hanno le vertigini. La crisi venezuelana fornisce un comodo esempio di questa regressione perché si presta a un confronto con il Cile del 1973. Ma se si allarga lo spettro dell’analisi, si vede bene che il decadimento ideologico è generale, che attraversa le frontiere. Nel momento della liberazione di Aleppo da parte dell’esercito nazionale siriana, nel Dicembre 2016, gli stessi “progressisti” che facevano gli schizzinosi davanti alla difficoltà del chavismo, hanno cantato insieme ai media detenuti dall’oligarchia per accusare Mosca e Damasco delle peggiori atrocità. E la maggior parte dei “partiti di sinistra” francese (Ps, PCF, Parti de Gauche, Npa, Ensemble, i Verdi) hanno organizzato una manifestazione davanti all’ambasciata russa a Parigi, per protestare contro il “massacro”dei civili “presi in ostaggio” nella capitale economica del paese.
Certo, questa indignazione morale a senso unico nascondeva il vero significato di una “presa di ostaggi”che c’è stata, in effetti, ma da parte delle milizie islamiste, e non da parte delle forze siriane. Lo si è visto non appena sono stati creati i primi corridoi umanitari da parte delle autorità legali: i civili sono fuggiti in massa verso le zone governative, a volte sotto le pallottole dei loro gentili protettori in “casco bianco” che giocavano ai barellieri da una parte, e ai jihadisti dall’altra. Per la sinistra, il milione di siriani di Aleppo Ovest bombardata dagli estremisti abbigliati da “ribelli moderati” di Aleppo Est non contano, la sovranità della Siria nemmeno. La liberazione di Aleppo resterà negli annali come un tornante della guerra per procura combattuta contro la Siria. Il destino ha voluto che, purtroppo, segnasse un salto qualitativo nel degrado cerebrale della sinistra francese.
Siria, Venezuela: questi due esempi illustrano le devastazione causati dalla mancanza di analisi unita alla codardia politica. Tutto avviene come se le forze vive di questo paese fossero state anestetizzate da chissà quale sedativo. Partito dalle sfere della “sinistra di governo”, l’allineamento alla doxa diffusa dai media dominanti è generale. Convertita al neoliberismo mondializzato, la vecchia socialdemocrazia non si è accontentata di sparare alla schiena degli ex compagni del Sud, si è anche sparata nei piedi. Trasformata in corrente minoritaria – socialiberale – dentro una destra francese più devota che mai al capitale, il Ps si è lasciato sbranare da Macron, il tutto fare dell’oligarchia capitalista euroatlantica. Negli anni ‘70, la stessa destra francese “chiaramente liberale”, con Giscard d’Estaing”, era più a sinistra del Ps di oggi, e di questo residuo verminoso la cui unica funzione è quella di distribuire scranni ai fuggitivi dell’hollandismo.
Una volta voltata la pagina di Via Solferino (la sede del Ps NdT), si poteva sperare che la “sinistra radicale”ne avrebbe raccolto il testimone, saldando il conto con gli errori passati. Ma la “France Insoumise”, nonostante il suo successo elettorale del 23 Aprile 2017, è un grande corpo molle, senza colonna vertebrale. Si trovano alcuni che pensano che Maduro è un dittatore e altri che pensano che difende il popolo. Quelli che denunciano l’adesione della Francia alla Nato piangevano lacrimoni per la sorte dei mercenari wahabiti di Aleppo. Con la mano sul cuore, si proclama contro l’ingerenza straniera e l’arroganza neocoloniale in Medio Oriente, ma vuole “mandare Assad davanti alla Corte Penale Internazionale”, questo tribunale speciale riservato ai paria del nuovo ordine mondiale. Il Presidente siriano, ci hanno detto, è un “criminale”, ma ci si affida comunque al sacrificio dei suoi soldati per eliminare l’Isis e Al-Qaeda. Queste contraddizioni sarebbero risibili, se non testimoniassero un decadimento più profondo, un vero collasso ideologico.
Potrà anche rompere con la socialdemocrazia, ma questa sinistra aderisce alla visione occidentale del mondo e al suo dirittumanismo a geometria variabile. La sua visione delle relazioni internazionali è direttamente importata dalla doxa pseudo-umanista che divide il mondo in simpatiche democrazie (i nostri amici) e abominevoli dittature (i nostri nemici). Etnocentrica, guarda dall’alto l’antimperialismo lascito del nazionalismo rivoluzionario del Terzo Mondo e del movimento comunista internazionale. Invece studiare Ho Chi Min, Lumumba, Mandela, Castro, Nasser, Che Guevara, Chavez, Morales, legge “Marianne”(una sorta di “l’Espresso” francese NdT) e guarda France 24 (la rainews 24 francese NdT). Pensa che ci siano i buoni e i cattivi, che i buoni ci somigliano e che bisogna bastonare i cattivi. È indignata – o disturbata –quando un capo della destra venezuelana, formata negli Usa dai neoconservatori per eliminare il chavismo, viene incarcerato per aver tentato un colpo di stato. Ma è incapace di spiegare le ragioni della crisi economica e politica del Venezuela. Per evitare le critiche, è restia a spiegare come il blocco degli approvvigionamenti sia stato provocato da una borghesia importatrice che traffica con i dollari e organizza la paralisi delle reti di distribuzione sperando di abbattere il legittimo presidente Maduro.
Indifferente ai movimenti di fondo, questa sinistra si contenta di partecipare all’agitazione di superficie. In preda a una sorta di scherzo pascaliano che la distrae dall’essenziale, essa ignora il peso delle strutture. Per lei, la politica non è un campo di forze, ma un teatro di ombre. Parteggia per le minoranze oppresse di tutto il mondo dimenticando di domandarsi perché certe sono visibili e altre no. Preferisce i curdi siriani ai siriani tout court perché sono una minoranza, senza vedere che questa preferenza serve alla loro strumentalizzazione da parte di Washington che ne fa delle suppellettili e prepara uno smembramento della Siria conformemente al progetto neo-conservatore. Rifiuta di vedere che il rispetto della sovranità degli Stati non è una questione accessoria, che è la rivendicazione principale dei popoli di fronte alle pretese egemoniche di un occidente vassallo di Washington, e che l’ideologia dei diritti umani e la difesa del LGBT serve spesso come paravento per un interventismo occidentale che si interessa soprattutto agli idrocarburi e alle ricchezze minerarie.
Si potrebbe cercare a lungo, nella produzione letteraria di questa sinistra che si dice radicale, degli articoli che spieghino perché a Cuba, malgrado il blocco, il tasso di mortalità infantile sia inferiore a quello degli Usa, la speranza di vita è quella di un paese sviluppato, l’alfabetizzazione è al 98% e ci sono il 48% di donne all’Assemblea del potere popolare. Non leggeremo mai, nemmeno perché il Kerala, questo stato di 33 milioni di abitanti diretto dai comunisti e dai loro alleati dagli anni ‘50, ha l’indice di sviluppo umano di lunga più elevati dell’Unione Indiana, e per quale ragione le donne giocano qui un ruolo sociale e politico di primo piano. Perché le esperienze di sviluppo autonomo e di trasformazione sociale costruiti lontano dai riflettori in angoli esotici non interessano affatto i nostri progressisti, affascinati dalla spuma televisiva e dalle peripezie del circo politico.
Drogata di “moralina”, intossicata da formalismo piccolo-borghese, la sinistra radical-chic firma petizioni, intenta processi e lancia anatemi contro i capi di stato che hanno la brutta abitudine di difendere la sovranità del proprio paese. Questo manicheismo le impedisce il compito di analizzare ciascuna situazione concreta e di guardare oltre il proprio naso. Pensa che il mondo sia uno, omogeneo, attraversato dalle stesse idee, come se tutte le società obbedissero agli stessi principi antropologici, evolvessero secondo gli stessi ritmi. Confonde volentieri il diritto dei popoli all’autodeterminazione e il dovere degli stati di conformarsi ai requisiti di un Occidente che si erge a giudice supremo. Fa pensare all’abolizionismo europeo del XIX secolo, che voleva sopprimere la schiavitù presso gli indigeni, portando la luce della civiltà con la canna del fucile. La sinistra dovrebbe sapere che l’inferno dell’imperialismo oggi, come il colonialismo ieri, è sempre lastricato di buone intenzioni. Nel momento dell’invasione occidentale dell’Afghanistan, nel 2001, non abbiamo mai letto tanti articoli, nella stampa progressista, sull’oppressione delle donne afghane e sull’imperativo morale della loro liberazione. Dopo 15 anni di emancipazione femminile al cannone 105, queste sono più coperte e analfabete che mai.
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