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7) ALTRI LINK
Arcore (MB), domenica 12 febbraio 2017
NUOVA LOGISTICA: alle ore 10.30 c/o ARCI BLOB, Via Casati 31, 20862 Arcore (MB)
(a pochissimi passi dalla stazione ferroviaria di Arcore)
OPERAZIONE FOIBE TRA STORIA E MITO
intervento di Claudia Cernigoi
Dopo le pressioni della destra più o meno estrema, il Comune di Arcore ha deciso di levare il patrocinio all’iniziativa che l’Anpi di Arcore aveva inizialmente organizzato con Claudia Cernigoi. Questo ha comportato la rinuncia di Anpi ad organizzare l’iniziativa…
nuovo evento FB // vecchio evento FB
Modena, domenica 19 febbraio 2017
alle ore 15.30 nella Sala Ulivi dell’Archivio Storico della Resistenza
FOIBE E CONFINI ORIENTALI: LE AMNESIE DELLA REPUBBLICA
intervento di Alessandra Kersevan
organizza: Rete Antifascista Modenese
10 Febbraio 2017
COMUNICATO STAMPA
Chi è Filippo Polito?
Ai famigliari di Filippo Polito è stata conferita una medaglia d'onore alla memoria dal Presidente della Repubblica il giorno 10 febbraio nella sala del Consiglio Comunale di Torino.
Il suo nome compare in parecchi elenchi:
1) Caduti e dispersi della Repubblica Sociale Italiana, a cura di L'Altra Verità
2) Albo caduti e dispersi della Repubblica Sociale Italiana, della Fondazione RSI, Istituto Storico
3) Elenco “Livio Valentini” caduti Repubblica Sociale Italiana
4) Concittadini Caduti infoibati o diversamente massacrati in tempo di guerra e da guerra terminata, comunicato di “Destra Per Reggio”, 10-2-2016
Negli elenchi compare la data di nascita, 18-8-1923 ad Ardore (RC), il ruolo di Guardia di Polizia Repubblicana, residente a Trieste, la data di morte in Trieste (2-5-1945), la qualità di disperso o deportato; in un solo caso risulta deceduto il 31-12-1945 come prigioniero Borovnica, Lubiana (Albo della Fondazione RSI).
L'articolo 3 comma 3 della Legge 30 marzo 2004 n. 92 recita: “Sono esclusi dal riconoscimento coloro che sono stati soppressi nei modi e nelle zone di cui ai commi 1 e 2 mentre facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell'Italia”.
Poiché il territorio dell'attuale Friuli-Venezia Giulia, l'Istria e la cosiddetta Provincia di Lubiana facevano parte all'epoca della Zona d'Operazioni Litorale Adriatico (ZOLA), costituita dai nazisti dopo l'8 settembre ‘43 e amministrata direttamente da un Supremo Commissario nazista nominato da Hitler, in cui la stessa RSI non aveva alcun potere e in cui le sue formazioni armate potevano entrare e operare solo ed esclusivamente con il permesso e sotto la direzione dei tedeschi, l'adesione alla RSI, in quanto agli ordini dei nazisti non può considerarsi “a servizio dell'Italia”.
La partecipazione volontaria alla RSI risulta dal fatto che il 12 novembre del '43 il Supremo Commissario nazista dispose che l'arruolamento nelle formazioni della RSI poteva avvenire solo “sulla base di presentazione volontaria” (“Il Piccolo”, 12 novembre '43, pagina 1).
Risultano pertanto due condizioni (il carattere volontarie e l'attività collaborazionista) che sulla base della legge ostano alla concessione della “insegna metallica con relativo diploma”.
Poiché la legge richiama una vicenda tragica, che comprende le foibe, e riguarda l'insieme dell'esodo e della complessa vicenda dei confini orientali, riteniamo che l'attribuzione della medaglia a Filippo Polito combattente volontario, a fianco dei nazisti, in terre da loro occupate, vada rivista.
La giornata del ricordo non può prestarsi ad utilizzi politici, in particolare da parte di risorgenti nostalgie fasciste, né può costituire riconoscimento di quanti hanno operato contro le libertà e a fianco delle barbarie naziste.
La Costituzione Italiana, nata dalla Resistenza, esclude dal panorama della democrazia ogni fascismo e il Giorno del Ricordo è una solennità civile della nostra democrazia.
Torino 10 febbraio 2017
La Presidenza dell'A.N.P.I. Provinciale
Maria Grazia Sestero
Palmiro Gonzato (Partigiano)
Cesare Alvazzi Dal Frate (Partigiano)
Renato Appiano
In Sala rossa il riconoscimento agli eredi, ma gli ex partigiani attaccano: "Ha combattuto con i nazisti". E l'erede si presenta in camicia nera
http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/02/10/news/foibe_polemiche_sulla_medaglia_a_filippo_polito-158012734/
<< L'aggressione fascista alla Jugoslavia non poté giustificare né la perdita dei territori né l'esodo degli istriani. >>
(Fassino in conferenza stampa a Trieste, 5 febbraio 2004)
<< L'espansionismo slavo ... nel vivo della lotta antifascista si era manifestato in comportamenti e linguaggi propri delle contese territoriali e nazionalistiche, presenti da decenni in quelle aree. Lo schema della lotta fra fascismo e antifascismo si mostrò inadeguato... >>
(Fassino: «Il Pci con gli esuli istriani sbagliò», su L'Unita', 06.02.2004 – https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/3167 )
<< Il segretario dei Ds Piero Fassino si è detto d'accordo sull'istituzione della giornata della memoria per gli esuli istriani, fiumani e dalmati, per superare "ogni forma di reticenza e rimozione... >>
(La Repubblica, 9 febbraio 2004 – https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/3170 )
<< Quello che avrei voluto dire il 6 febbraio di due anni fa a Fassino e Violante quando vennero a Trieste per aderire alla proposta di Roberto Menia (An) di istituire il 10 febbraio la giornata del ricordo dell'esodo e per attribuire al Pci di allora colpe ed errori di valutazione... >>
(Galliano Fogar su Il Manifesto del 10 febbraio 2006 – https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/4765 )
<< Ci stupisce che politici della statura di Fassino e di Violante abbiano aderito all'iniziativa di Alleanza Nazionale quando essi sanno benissimo che il presidente del consiglio Berlusconi considera questa ricorrenza come il giorno della «pulizia etnica comunista», dimenticando che le foibe e l'esodo dei giuliano-dalmati costituiscono una diretta eredità del ventennio fascista e dell'occupazione italiana dei Balcani durante la Seconda guerra mondiale. >>
(Angelo Del Boca su Il Manifesto del 14 febbraio 2006 – https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/4765 )
<< Riguardo alla data, Fassino ha spiegato che loro avevano pensato al 20 marzo (data dell’ultimo viaggio del Tuscania, la nave che trasportò gli esuli dall’Istria in Italia), mentre le federazioni degli esuli avevano proposto il 10 febbraio (data della firma del trattato di pace del 1947); loro accolgono questa proposta di “giorno della memoria dell’esodo” perché l’enormità delle sofferenza patite dagli italiani non permette una disputa tra le date, la storia del paese deve essere patrimonio comune, in quanto “siamo tutti figli della storia”. >>
(Claudia Cernigoi: "Ricordiamo la genesi del Giorno del Ricordo", febbraio 2009 – http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-ricordando_la_genesi_del_%93giorno_del_ricordo%94..php )
<< Nel lontano 1997, quando ancora erano pochi coloro che si occupavano di foibe, ebbi modo di consegnare personalmente all'allora non so che ruolo ricopriva Piero Fassino, una mia analisi sulle falsità a proposito di foibe diffuse all'epoca dal mancato golpista (con Borghese) Marco Pirina, che in collaborazione con l'avvocato piduista Augusto Sinagra ed al magistrato che si faceva intervistare dal Secolo d'Italia Giuseppe Pititto, stava organizzando il processo contro gli "infoibatori" (poi conclusosi in una bolla di sapone, com'era prevedibile, ma che ci fece tribolare per diversi anni). Quindi Fassino non può dire di non sapere, ciò che fa lo fa perché ha consapevolmente scelto di farlo. >>
Claudia Cernigoi, 12.2.2016
<< Non ha lasciato spazio il sindaco Fassino agli attacchi che puntuali, anche quest’anno hanno cercato di inquinare il «Giorno del ricordo». Fassino si è accodato con queste parole all’allarme lanciato da Antonio Vatta, presidente della Consulta regionale dell’Anvgd... Fassino ha sottolineato che «siamo qui per riaffermare l’inaccettabilità di ogni forma di negazionismo e di riscrittura della storia. E per riaffermare che al ricordo si deve accompagnare l’impegno di evitare che tragedie simili si ripetano, cosa non scontata come dimostra la storia recente». Il sindaco di Torino ha ribadito che dopo anni di silenzio «si è presa coscienza che una nazione ha il dovere di assumere sulle proprie spalle ogni pagina della sua storia e non c’è pagina che possa esser cancellata e negata. Chi fu ucciso nelle foibe e chi fu cacciato dalla sua terra lo fu solo perché italiano in quella che fu un’operazione di pulizia etnica» >>
(La Stampa, 10/02/2016 – http://www.lastampa.it/2016/02/10/cronaca/fassino-vergognoso-lattacco-dellanpi-alla-giornata-del-ricordo-EWPD3Zkk3RCvTFpI7pF76O/pagina.html )
Ino, martire delle foibe. Una via avrà il suo nome
La vicenda del martire è stata tolta dal dimenticatoio grazie a una ricerca appena conclusa da Maria Rosa Bonamini, insegnante alla scuola media Altichiero, ora in pensione. La professoressa ha attinto il più possibile da fonti dirette. Da Giuseppe Bazzoni, da Filippo Avesani, nel frattempo scomparso, e dai discendenti di Mercanti.
Da Boscochiesanuova dove vivevano, papà Michele e mamma Eleonora Campedelli, con i loro quattro figli - Ines, Amerigo, Zeffira e, appunto, Ino - si trasferirono a Zevio nel 1911. Dopo un po’ Ino andò a vivere con la sorella Ines, sposatasi con Giuseppe Malgarise, titolare fino alla fine degli anni ’50 di un’osteria in piazza Santa Toscana, che all’epoca si chiamava piazza Vittorio Emanuele.
Grazie al suo carattere vivace, gioviale e un po’ mattacchione, Ino andò a gestire l’osteria all’Omo, dal nome della pianta ritenuta emblema della libertà, che i soldati di Napoleone piantavano nei crocicchi stradali, compreso il trivio per Volon tra le vie Stefano da Zevio e corso Cavour. Nel suo locale, Ino organizzava lunghi tornei di bocce e programmava feste in onore della patrona del paese, Santa Toscana. La professoressa Bonamini spiega che nel 1936, con Raffaello Conti, Angelo Dall’Oca Bianca, Giuseppe Sinibaldi, Zelio Grella e altri, Ino partì per la guerra civile in Spagna, in aiuto al «generalissimo» Francisco Franco, che si rifaceva all’ideologia fascista. Ritornò a Zevio nel 1940, e ripartì poi per lavoro per la Slovenia, a Villa del Nevoso (ora Iliska Bistrica), località all'epoca compresa nei confini italiani.
«Su come sia andata successivamente, i parenti hanno scarsissime notizia, essendo fra l’altro passati 70 anni e tre generazioni», annota la professoressa. Che aggiunge: «Comunque dagli elementi emersi, sembra certo che Ino fu barbaramente ucciso dai soldati titini», dal nome di Tito, il capo dei partigiani comunisti jugoslavi che successivamente diventerà governatore dello Stato. Bonamini rivela particolari terribili sulla fine di Mercanti: «Probabilmente morì dopo un'agonia di due giorni, per essere stato crocefisso a testa in giù ed evirato in un bosco a una decina di chilometri a nord di Pola. Il suo cadavere fu infine fatto sparire nelle foibe». A guerra ultimata i famigliari fecero l'impossibile per ottenere dettagli sulla spaventosa fine del congiunto. E produssero tutte le pratiche necessarie alla restituzione dei resti.
La sorella Zaira approfondì le ricerche recandosi in Jugoslavia. Qualcuno le indicò il luogo in cui trovare il cadavere del fratello, con l'avvertenza di non fermarsi e farsi riconoscere, visto che era ancora presente il regime comunista. Tanta ostinata ricerca della verità sfociò, nel 1962, nel recupero delle spoglie del martire, ora sepolte nel cimitero del capoluogo.
Enzo Sonato, apprezzato poeta, scrittore e politico zeviano scomparso qualche decennio fa, ha lasciato un amaro componimento che riassume l'oblio che ha avvolto tante vite spezzate dalla volontà di predominio dell'uomo sull'uomo: «Chi legge il tuo nome/ Chi legge il tuo nome/ il trentunesimo di ottanta/ nella lunga fila/ dei nomi neri/ sulla lapide bianca/ del monumento ai morti in guerra?/ C'è forse chi arriva al quinto/ un giorno che non abbia fretta».
Piero Taddei
Da: Fabio Muzzolon <fabio.muzzolon @ alice.it>
Oggetto: a Zevio una via a un fascista infoibato
Data: 9 febbraio 2017 16:17:57 CET
A: corriere <lettere@corriere>, corrierediverona@..., jugocoord
Con richiesta di pubblicazione. Per il Corriere, all'attenzione di Alessandro Fulloni
A Zevio, centro di 15.000 abitanti a Sud-Est di Verona, si vuole dedicare una via a un fascista che aveva anche combattuto in Spagna a fianco del Generalissimo Franco e finì poi dentro una foiba a Dignano d'Istria. Una via dunque tutta per il "martire", oltre alla già esistente via Martiri delle Foibe...
Ringrazio il giornalista di Zevio de “L’Arena” e la professoressa ricercatrice per aver messo in luce l’episodio di un infoibato zeviano, che non conoscevo. Se mi è permesso provo a sottolineare alcuni punti.
1. “Il cadavere finì in una voragine di Dignano”. Dignano, in croato Vodnjan, è in effetti uno dei centri dell’Istria dove la comunità italiana (o istro-veneta) è tuttora più presente e culturalmente vivace, come del resto lo fu durante il comunismo.
2. “Era il 13 settembre 1943 quando il cadavere finì” in una foiba. Si era cioè al vertice di una guerra atroce, mossa nel ‘41 dall’esercito italiano contro la Jugoslavia, al termine della quale lo Stato vicino contò oltre un milione di morti.
3. “Fra il ‘43 e il ’47 furono gettati circa 10.000 italiani”. Il maggior studioso italiano Raoul Pupo, moderato, prof.all’Università di Trieste parla di 4 o 5.000. La loro identificazione è avvenuta finora per alcune centinaia. Mi rendo conto che non è facile capire la verità, ed è anche difficile stabilire se fossero italiani o slavi: in Istria c’è una varietà estrema di mistilingue; inoltre nel precedente periodo di annessione italiana dopo la prima guerra, tutti i nomi slavi, tedeschi e perfino veneti e friulani vennero italianizzati con la forza.
4. “Scattò l’esodo verso l’Italia di 350.000 persone”, anche se sembra cifra eccessiva, giustamente Taddei non dice “italiani”, perché tra loro ci furono anche genti di lingue e cognomi slavi, uniti dal desiderio di cercare fortuna all’estero, come anche dalle Venezie partirono in massa. A differenza di altri Stati socialisti la Jugoslavia permetteva l’emigrazione.
5. “Nel ’36... Ino partì per la guerra civile in Spagna, in aiuto al generalissimo Franco, che si rifaceva all’ideologia fascista”. Quindi come riconosce onestamente il cronista, il nostro martire non era propriamente un italiano estraneo all’agone politico del tempo, ma un fascista combattente.
6. “La pulizia etnica di Tito punta a eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti”.
Si deduce che essendo volta a epurazioni di carattere politico non si può chiamare pulizia etnica.
Fabio Muzzolon, S.G. Lupatoto
sul Piccolo di ieri, l'articolo in pagina cultura sul Giorno del ricordo è stato scritto da Gianni Oliva, che è considerato uno storico "serio" e non un "negazionista" cui deve essere impedito di parlare.
La serietà di Oliva si manifesta, ad esempio, nel suo "Foibe" del 2002, quando parla di Giuseppe Cernecca, segretario generale del comune di Gimino, che nel settembre del 1943 fu arrestato dai partigiani e di lui non si seppe più nulla. Scrive che Cernecca sarebbe stato lapidato e poi decapitato e che le prove della “lapidazione di Cernecca” risulterebbero “dall’autopsia effettuata”. Ora, stando che la stessa figlia ha più volte ribadito che il corpo del padre non fu mai ritrovato, sarebbe davvero interessante sapere di quale autopsia parli lo storico Oliva.
Quando poi parla della foiba di Basovizza riporta un passo del romanzo “La foiba grande” di Carlo Sgorlon, che essendo romanzo è appunto opera di fantasia, fatto che Oliva non specifica quando cita: “Nella foiba di Basovizza, vicina a Trieste, era stato buttato un feudatario odioso, un uomo carico di delitti, al tempo del patriarca di Aquileia, Marquardo, cui allora l’Istria apparteneva”.
Peccato che il patriarca Marquardo rimase in carica dal 1365 al 1381 (anno in cui morì) e che la “foiba” di Basovizza non è una cavità naturale ma un pozzo di ispezione di miniera, scavato dalla ditta Skoda tra il 1901 ed il 1908. Se non si può pretendere da Sgorlon, che ha scritto un romanzo, coerenza dal punto di vista storico, invece uno storico dovrebbe, prima di dare alle stampe un’opera (sia pure di divulgazione) scientifica, verificare che ciò che scrive abbia attinenza col vero e non limitarsi a citare brani tratti di qua e di là senza un minimo di controllo.
Peccato che tutta la descrizione che fa è falsa dalla prima all'ultima parola.
Non solo per il fatto che in quel luogo non sono state gettate "centinaia di persone" nel maggio 1945, ma perché il suo illazionare che i prigionieri sarebbero stati legati uno ad uno col filo di ferro e poi, sparando al primo della fila, sarebbero precipitati a decine nel pozzo, è una cosa fisicamente impossibile considerando le dimensioni dell'apertura del pozzo, come vedete nella foto (tratta dagli archivi comunali).
Così come è una mera menzogna il fatto che fosse stato gettato sopra i cadaveri un cane nero, mitologia che è nata perché UNA volta in UNA foiba fu trovato anche un cane nero (che probabilmente vi era caduto per sbaglio) e da questo i propagandisti hanno creato la leggenda che si tratta di un'usanza balcanica di spregio per i morti (ovviamente anche questo non ha alcun fondamento di verità).
Ma Polidori non è contento di inventare cose di sana pianta (o, forse, scopiazzando nel web di qua e di là scegliendo le bufale più accattivanti per lui ed il suo pubblico), alla fine di questa serie di bugie ha il coraggio di attaccare, con parole che dovrebbero far vergognare chiunque abbia il senso della decenza, una studiosa come Alessandra Kersevan che ha passato anni ad analizzare documenti e fare ricerca storica, e che se parla lo fa con cogn
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Preambolo
L’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord, gli Stati Uniti d’America, la Cina, la Francia, l’Australia, il Belgio, la Repubblica Socialista Sovietica di Bielorussia, il Brasile, il Canada, la Cecoslovacchia, l’Etiopia, la Grecia, l’India, i Paesi Bassi, la Nuova Zelanda, la Polonia, la Repubblica Socialista Sovietica d’Ucraina, l’Unione del Sud Africa, la Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia, in appresso designate “Le Potenze Alleate ed Associate” da una parte e l’Italia dall’altra parte:
PREMESSO CHE l’Italia sotto il regime fascista ha partecipato al Patto Tripartito con la Germania ed il Giappone, ha intrapreso una guerra di aggressione ed ha in tal modo provocato uno stato di guerra con tutte le Potenze Alleate ed Associate e con altre fra le Nazioni Unite e che ad essa spetta la sua parte di responsabilità della guerra; e
PREMESSO CHE a seguito delle vittorie delle Forze alleate e con l’aiuto degli elementi democratici del popolo italiano, il regime fascista venne rovesciato il 25 luglio 1943 e l’Italia, essendosi arresa senza condizioni, firmò i patti d’armistizio del 3 e del 29 settembre del medesimo anno; e
PREMESSO CHE dopo l’armistizio suddetto Forze Armate italiane, sia quelle governative che quelle appartenenti al Movimento della Resistenza, presero parte attiva alla guerra contro la Germania, l’Italia dichiarò guerra alla Germania alla data del 13 ottobre 1943 e così divenne cobelligerante nella guerra contro la Germania stessa; e
PREMESSO CHE le Potenze Alleate ed Associate e l’Italia desiderano concludere un trattato di pace che, conformandosi ai principi di giustizia, regoli le questioni che ancora sono pendenti a seguito degli avvenimenti di cui nelle premesse che precedono, e che costituisca la base di amichevoli relazioni fra di esse, permettendo così alle Potenze Alleate ed Associate di appoggiare le domande che l’Italia presenterà per entrare a far parte delle Nazioni Unite ed anche per aderire a qualsiasi convenzione stipulata sotto gli auspici delle predette Nazioni Unite;
HANNO PERTANTO CONVENUTO di dichiarare la cessazione dello stato di guerra e di concludere a tal fine il presente Trattato di Pace ed hanno di conseguenza nominato i plenipotenziari sottoscritti, i quali dopo aver presentato i loro pieni poteri, che vennero trovati in buona e debita forma, hanno concordato le condizioni seguenti:
PARTE I
CLAUSOLE TERRITORIALI
SEZIONE I -FRONTIERE
Art. 3.
Le frontiere fra l’Italia e la Jugoslavia saranno determinate nel modo seguente:
- Il nuovo confine seguirà una linea che parte dal punto di congiunzione delle frontiere dell’Austria, Italia e Jugoslavia, quali esistevano al 1º gennaio 1938 e procederà verso sud, seguendo il confine del 1938 fra la Jugoslavia e l’Italia fino alla congiunzione di detto confine con la linea di demarcazione amministrativa fra le province italiane del Friuli (Udine) e di Gorizia;
- da questo punto la linea di confine coincide con la predetta linea di demarcazione fino ad un punto che trovasi approssimativamente a mezzo chilometro a nord del villaggio di Memico nella Valle dell’Iudrio;nikolic.mica1
- abbandonando a questo punto la linea di demarcazione, fra le province italiane del Friuli e di Gorizia, la frontiera si prolunga verso oriente fino ad un punto situato approssimativamente a mezzo chilometro ad ovest del villaggio in Vercoglia di Cosbana e quindi verso sud fra le valli del Quarnizzo e della Cosbana fino ad un punto a circa 1 chilometro a sud-ovest del villaggio di Fleana, piegandosi in modo da intersecare il fiume Recca ad un punto a circa un chilometro e mezzo ad est del Iudrio, lasciando ad est la strada che allaccia Cosbana a Castel Dobra, per via di Nebola;
- la linea quindi continua verso sud-est, passando immediatamente a sud della strada fra le quote 111 e 172, poi a sud della strada da Vipulzano ad Uclanzi, passando per le quote 57 e 122, quindi intersecando quest’ultima strada a circa 100 metri ad est della quota 122, e piegando verso nord in direzione di un punto situato a 350 metri a sud-est della quota 266;
- passando a circa mezzo chilometro a nord del villaggio di San Floriano, la linea si estende verso oriente al Monte Sabotino (quota 610) lasciando a nord il villaggio di Poggio San Valentino;
- dal Monte Sabotino la linea si prolunga verso sud, taglia il fiume Isonzo (Soca) all’altezza della città di Salcano, che rimane in Jugoslavia e corre immediatamente ad ovest della linea ferroviaria da Canale d’Isonzo a Montespino fino ad un punto a circa 750 metri a sud della strada Gorizia-Aisovizza;
- allontanandosi dalla ferrovia, la linea quindi piega a sud-ovest, lasciando alla Jugoslavia la citttà di San Pietro ed all’Italia l’ospizio e la strada che lo costeggia ed a circa 700 metri dalla stazione di Gorizia-S. Marco, taglia il raccordo ferroviario fra la ferrovia predetta e la ferrovia Sagrado-Cormons, costeggia il Cimitero di Gorizia, che rimane all’Italia, passa fra la Strada Nazionale n. 55 fra Gorizia e Trieste, che resta in Italia, ed il crocevia alla quota 54, lasciando alla Jugoslavia le città di Vertoiba e Merna, e raggiunge un punto situato approssimativamente alla quota 49;
- di là, la linea continua in direzione di mezzogiorno attraverso l’altipiano del Carso, a circa un chilometro ad est della Strada Nazionale n. 55, lasciando ad est il villaggio di Opacchiasella ed a ovest il villaggio di Iamiano;
- partendo da un punto a circa 1 chilometro ad est di Iamiano, il confine segue la linea di demarcazione amministrativa fra le province di Gorizia e di Trieste fino ad un punto a circa 2 chilometri a nord-est del villaggio di San Giovanni ed a circa mezzo chilometro a nord-ovest di quota 208, che segna il punto di incontro fra le frontiere della Jugoslavia, dell’Italia e del Territorio Libero di Trieste.
La carta, alla quale la presente descrizione si riferisce, fa parte dell’Allegato I.
Art. 4.
I confini fra l’Italia ed il Territorio Libero di Trieste saranno fissati come segue:
- la linea di confine parte da un punto situato sulla linea di demarcazione amministrativa fra le province di Gorizia e di Trieste, a circa 2 chilometri a nord-est del villaggio San Giovanni ed a circa mezzo chilometro a nord-ovest della quota 208, che segna il punto d’incontro, delle frontiere della Jugoslavia, dell’Italia e del Territorio Libero di Trieste e corre in direzione di sud-ovest fino ad un punto adiacente alla Strada Nazionale n. 14 ed a circa un chilometro a nord-ovest della congiunzione fra le strade Nazionali n. 55 e 14, che conducono rispettivamente da Gorizia e da Monfalcone a Trieste;
- la linea si prolunga quindi in direzione di mezzogiorno fino ad un punto nel golfo di Panzano, che è equidistante dalla Punta Sdobba alla foce del fiume Isonzo (Soca) e da Castel Vecchio a Duino, a circa chilometri 3,3 a sud dal punto dove si allontana dalla linea costiera, che è ad approssimativamente 2 chilometri a nord ovest dalla città di Duino;
- il tracciato quindi raggiunge il mare aperto, seguendo una linea situata ad eguale distanza dalla costa d’Italia e da quella del Territorio Libero di Trieste.
La carta alla quale la descrizione presente si riferisce, fa parte dell’allegato I.
Art. 5.
- Il preciso tracciato di confine delle nuove frontiere fissate negli articoli 2, 3, 4 e 22 del presente Trattato sarà stabilito sul posto dalle Commissioni confinarie composte dei rappresentanti dei due Governi interessati.
- Le Commissioni inizieranno i loro lavori immediatamente dopo l’entrata in vigore del presente Trattato e li porteranno a termine al più presto possibile e comunque entro un termine di sei mesi.
- Qualsiasi questione sulla quale le Commisioni siano incapaci di raggiungere un accordo sarà sottoposta ai quattro Ambasciatori a Roma della Unione Sovietica, del Regno Unito, degli Stati Uniti d’America e della Francia, i quali, procedendo nel modo previsto all’articolo 86, la risolveranno in modo definitivo, seguendo i metodi che piacerà loro di determinare, ivi compreso, occorrendo, quello della nomina di un terzo Commissario imparziale.
- Le spese della Commissione confinaria saranno sopportate in parti eguali dai due Governi interessati.
- Al fine di determinare sul posto le esatte frontiere fissate dagli articoli 3, 4 e 22, i Commissari avranno facoltà di allontanarsi di mezzo chilometro dalla linea di confine fissata nel presente Trattato per adeguare la frontiera alle condizioni geografiche ed economiche locali, ma ciò alla condizione che nessun villaggio o città di più di 500 abitanti, nessuna ferrovia o strada importante, e nessuna importante sorgente di energia elettrica o d’acqua venga ad essere sottoposta in tal modo ad una sovranità che non sia quella risultante dalle delimitazioni stabilite dal presente Trattato.
SEZIONE IV – REPUBBLICA FEDERALE POPOLARE DI JUGOSLAVIA (CLAUSOLE SPECIALI)
Art. 11.
- L’Italia cede, mediante il presente Trattato, in piena sovranità alla Jugoslavia il territorio situato fra i nuovi confini della Jugoslavia, come sono definiti dagli articoli 3 e 22 ed i confini italo-jugoslavi, quali esistevano il 1º gennaio 1938, come pure il comune di Zara e tutte le isole e isolette adiacenti, che sono comprese nelle zone seguenti:
- La zona delimitata:
- al nord dal parallelo 42º50’N;
- al sud dal parallelo 42º42’N;
- all’est dal meridiano 17º10’E;
- all’ovest dal meridiano 16º25’E;
- La zona delimitata:
- al nord da una linea che passa attraverso il Porto del Quieto, equidistante dalla costa del Territorio Libero di Trieste e da quella della Jugoslavia, e di là raggiunge il punto 45º15’N – 13º24’E.
- al sud dal parallelo 44º23’N;
- all’ovest da una linea che congiunge i punti seguenti:
- 45º15’N – 13º24′ E
- 44º51’N – 13º37′ E
- 44º23’N – 14º18’30E
- ad oriente dalla costa occidentale dell’Istria, le isole ed il territorio continentale della Jugoslavia.
Una carta di queste zone figura nell’Allegato I.
2. L’Italia cede alla Jugoslavia in piena sovranità l’Isola di Pelagosa e le isolette adiacenti.
L’Isola di Pelagosa rimarrà smilitarizzata.
I pescatori italiani godranno a Pelagosa e nelle acque circostanti degli stessi diritti di cui godevano i pescatori jugoslavi prima del 6 aprile 1941.
Art. 12.
- L’Italia restituirà alla Jugoslavia tutti gli oggetti di carattere artistico, storico, scientifico, educativo o religioso (compresi tutti gli atti, manoscritti, documenti e materiale bibliografico) come pure gli archivi amministrativi (pratiche, registri, piani e documenti di qualunque specie) che, per effetto dell’occupazione italiana, vennero rimossi fra il 4 novembre 1918 ed il 2 marzo 1924 dai territori ceduti alla Jugoslavia in base ai Trattati firmati a Rapallo il 12 novembre 1920 ed a Roma il 27 gennaio 1924. L’Italia restituirà pure tutti gli oggetti appartenenti ai detti territori e facenti parte delle categorie di cui sopra, rimossi dalla Missione italiana di armistizio che sedette a Vienna dopo la prima guerra mondiale.
- L’Italia consegnerà alla Jugoslavia tutti gli oggetti aventi giuridicamente carattere di beni pubblici e facenti parte delle categorie di cui al paragrafo 1 dell’articolo presente, rimossi a partire dal 4 novembre 1918 dal territorio che, in base al presente Trattato, viene ceduto alla Jugoslavia e quelli, relativi al detto territorio, che l’Italia ricevette dall’Austria e dall’Ungheria per effetto dei Trattati di pace firmati a St. Germain il 10 settembre 1919 ed al Trianon il 4 giugno 1920 ed in base alla Convenzione fra l’Austria e l’Italia firmata a Vienna il 4 maggio 1920.
- Se, in determinati casi, l’Italia si trovasse nell’impossibilità di restituire o consegnare alla Jugoslavia gli oggetti di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, l’Italia consegnerà alla Jugoslavia oggetti dello stesso genere e di valore approssimativamente equivalente a quello degli oggetti rimossi, in quanto siffatti oggetti possano trovarsi in Italia.
Art. 13.
L’approvvigionamento dell’acqua per Gorizia ed i suoi dintorni sarà regolato a norma delle disposizioni dell’Allegato V.
PARTE II
CLAUSOLE POLITICHE
SEZIONE I -CLAUSOLE GENERALI
Art. 15.
L’Italia prenderà tutte le misure necessarie per assicurare a tutte le persone soggette alla sua giurisdizione, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione, di godimento dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ivi compresa la libertà d’espressione, di stampa e di diffusione, di culto, di opinione politica e di pubblica riunione.
Art. 16.
L’Italia non incriminerà né altrimenti perseguiterà alcun cittadino italiano, compresi gli appartenenti alle forze armate, per solo fatto di avere, durante il periodo di tempo corrente dal 10 giugno 1940 all’entrata in vigore del presente Trattato, espressa simpatia od avere agito in favore della causa delle Potenze Alleate ed Associate.
Art. 17.
L’Italia, la quale, in conformità dell’articolo 30 della Convenzione di Armistizio, ha preso misure per sciogliere le organizzazioni fasciste in Italia, non permetterà, in territorio italiano, la rinascita di simili organizzazioni, siano esse politiche, militari o militarizzate, che abbiano per oggetto di privare il popolo dei suoi diritti democratici.
SEZIONE II – NAZIONALITA’ – DIRITTI CIVILI E POLITICI
Art. 19.
- I cittadini italiani che, al 10 giugno 1940, erano domiciliati in territorio ceduto dall’Italia ad un altro Stato per effetto del presente Trattato, ed i loro figli nati dopo quella data diverranno, sotto riserva di quanto dispone il paragrafo seguente, cittadini godenti di pieni diritti civili e politici dello Stato al quale il territorio viene ceduto, secondo le leggi che a tale fine dovranno essere emanate dallo Stato medesimo entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato. Essi perderanno la loro cittadinanza italiana al momento in cui diverranno cittadini dello Stato subentrante.
- Il Governo dello Stato al quale il territorio è trasferito, dovrà disporre, mediante appropriata legislazione entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato, perché tutte le persone di cui al paragrafo 1, di età superiore ai diciotto anni (e tutte le persone coniugate, siano esse al disotto od al disopra di tale età) la cui lingua usuale è l’italiano, abbiano facoltà di optare per la cittadinanza italiana entro il termine di un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato. Qualunque persona che opti in tal senso conserverà la cittadinanza italiana e non si considererà avere acquistato la cittadinanza dello Stato al quale il territorio viene trasferito. L’opzione esercitata dal marito non verrà considerata opzione da parte della moglie. L’opzione esercitata dal padre, o se il padre non è vivente, dalla madre, si estenderà tuttavia automaticamente a tutti i figli non coniugati, di età inferiore ai diciotto anni.
- Lo Stato al quale il territorio è ceduto potrà esigere che coloro che si avvalgono dell’opzione, si trasferiscano in Italia entro un anno dalla data in cui l’opzione venne esercitata.
- Lo Stato al quale il territorio è ceduto dovrà assicurare, conformemente alle sue leggi fondamentali, a tutte le persone che si trovano nel territorio stesso, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione, il godimento dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ivi comprese la libertà di espressione, di stampa e di diffusione, di culto, di opinione politica, e di pubblica riunione.
Art. 20.
- Entro il termine di un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato, i cittadini italiani di oltre 18 anni di età (e quelli coniugati, siano essi al disotto od al disopra di tale età), la cui lingua usuale è una delle lingue jugoslave (serbo, croato o sloveno) e che sono domiciliati in territorio italiano, potranno, facendone domanda ad un rappresentante diplomatico o consolare jugoslavo in Italia, acquistare la nazionalità jugoslava, se le autorità jugoslave accetteranno la loro istanza.
- In siffatti casi il Governo jugoslavo, comunicherà al Governo italiano, per via diplomatica gli elenchi delle persone che avranno così acquistato la nazionalità jugoslava. Le persone indicate in tali elenchi perderanno la loro nazionalità italiana alla data della suddetta comunicazione ufficiale.
- Il Governo italiano potrà esigere che tali persone trasferiscano la loro residenza in Jugoslavia entro il termine di un anno dalla data della suddetta comunicazione ufficiale.
- Ai fini del presente articolo varranno le medesime norme, relative all’effetto delle opzioni rispetto alle mogli ed ai figli, contenute nell’articolo 19, paragrafo 2.
- Le disposizioni dell’Allegato XIV, paragrafo 10 del presente Trattato, che si applicano al trasferimento dei beni appartenenti alle persone che optano per la nazionalità italiana, si applicheranno egualmente al trasferimento dei beni tenenti alle persone che optano per la nazionalità jugoslava, in base al presente articolo.
SEZIONE III – TERRITORIO LIBERO DI TRIESTE
Art. 21.
- È costituito in forza del presente Trattato il Territorio Libero di Trieste, consistente dell’area che giace fra il mare Adriatico ed i confini definiti negli articoli 4 e 22 del presente Trattato. Il Territorio Libero di Trieste è riconosciuto dalle Potenze Alleate ed Associate e dall’Italia, le quali convengono, che la sua integrità e indipendenza saranno assicurate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
- La sovranità italiana sulla zona costituente il Territorio Libero di Trieste, così come esso è sopra definito, cesserà con l’entrata in vigore del presente Trattato.
- Dal momento in cui la sovranità italiana sulla predetta zona avrà cessato d’esistere il Territorio Libero di Trieste sarà governato in conformità di uno Strumento per il regime provvisorio, redatto dal Consiglio dei Ministri degli Esteri e approvato dal Consiglio di Sicurezza. Detto Strumento resterà in vigore fino alla data che il Consiglio di Sicurezza determinerà per l’entrata in vigore dello Statuto Permanente, che dovrà essere stato da esso Consiglio approvato. A decorrere da tale data, il Territorio Libero sarà govemato secondo le disposizioni dello Statuto Permanente. I testi dello Statuto permanente e dello Strumento per il regime provvisorio sono contenuti negli Allegati VI e VII.
- Il Territorio Libero di Trieste non sarà considerato come territorio ceduto, ai sensi dell’articolo 19 e dell’Allegato XIV del presente Trattato.
- L’Italia e la Jugoslavia s’impegnano a dare al Territorio Libero di Trieste, le garanzie di cui all’Allegato IX.
Art. 22.
La frontiera fra Jugoslavia ed il Territorio Libero di Trieste sarà fissata come segue:
- Il confine parte da un punto situato sulla linea di demarcazione amministrativa che separa le province di Gorizia e di Trieste, a circa 2 chilometri a nord-est del villaggio di S. Giovanni e a circa mezzo chilometro a nord-ovest di quota 208, che costituisce il punto d’incontro delle frontiere della Jugoslavia, dell’Italia e del Territorio Libero di Trieste; segue la detta linea di demarcazione fino a Monte Lanaro (quota 546); continua a sud-est fino a Monte Cocusso (quota 672) passando per le quote 461, Meducia (quota 475), Monte dei Pini (quota 476) e quota 407, che taglia la Strada Nazionale n. 58, che va da Trieste a Sesana, a circa 3,3 chilometri a sud-ovest di detta città e lasciando ad est i villaggi di Vogliano e di Orle e a circa 0,4 chilometri ad ovest, il villaggio di Zolla.
- Da Monte Cocusso, la linea, continuando in direzione sud-est lascia ad ovest il villaggio di Grozzana, raggiunge il Monte Goli (quota 621), poi, proseguendo verso sud-ovest, taglia la strada tra Trieste e Cosina alla quota 455 e la linea ferroviaria alla quota 485; passa per le quote 416 e 326, lasciando i villaggi di Beca e Castel in territorio jugoslavo, taglia la strada tra Ospo e Gabrovizza d’Istria a circa 100 metri a sud-est di Ospo; taglia poi il fiume Risana e la strada fra Villa Decani e Risano ad un punto a circa 350 metri ad ovest di Risano, lasciando in territorio jugoslavo il villaggio di Rosario e la strada tra Risano e San Sergio. Da questo punto la linea procede fino al crocevia situato a circa 1 chilometro a nord-est della quota 362, passando per le quote 285 e 354.
- Di qui, la linea prosegue fino ad un punto a circa mezzo chilometro ad est del villaggio di Cernova, tagliando il fiume Dragogna a circa 1 chilometro a nord di detto villaggio, lasciando ad ovest i villaggi di Bucciai e Truscolo e ad est il villaggio di Tersecco; di qui, procede in direzione di sud-ovest a sud-est della strada che congiunge i villaggi di Cernova e Chervoi, lasciando questa strada a 0,8 chilometri a est del villaggio di Cucciani; prosegue poi in direzione generale di sud, sud-ovest, passando a circa 0,4 chilometri ad est del monte Braico e a circa 0,4 chilometri ad ovest del villaggio di Sterna Filaria, lasciando ad oriente la strada che va da detto villaggio a Piemonte, passando a circa 0,4 chilometri ad ovest della città di Piemonte e a circa mezzo chilometro ad est della città di Castagna e raggiungendo il fiume Quieto ad un punto a 1,6 chilometri circa, a sud-ovest della città di Castagna.
- Di qui il tracciato segue il canale principale rettificato del Quieto fino alla foce, e, passando attraverso Porta del Quieto, raggiunge il mare aperto, seguendo una linea ad eguale distanza dalla costa del Territorio Libero di Trieste e da quella della Jugoslavia.
La carta alla quale la descrizione presente si riferisce, fa parte dell’Allegato I.
PARTE III
CRIMINALI DI GUERRA
Art. 45.
- L’Italia prenderà tutte le misure necessarie per assicurare l’arresto e la consegna ai fini di un successivo giudizio:
- delle persone accusate di aver commesso od ordinato crimini di guerra e crimini contro la pace o l’umanità, o di complicità in siffatti crimini;
- dei sudditi delle Potenze Alleate od Associate, accusati di aver violato le leggi del proprio paese, per aver commesso atti di tradimento o di collaborazione con il nemico, durante la guerra.
- A richiesta del Governo delle Nazioni Unite interessata, l’Italia dovrà assicurare inoltre la comparizione come testimoni delle persone sottoposte alla sua giurisdizione, le cui deposizioni siano necessarie per poter giudicare le persone di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
- Ogni divergenza concernente l’applicazione delle disposizioni dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo sarà sottoposta da uno qualsiasi dei Governi interessati agli Ambasciatori a Roma dell’Unione Sovietica, del Regno Unito, degli Stati Uniti d’America e della Francia, i quali dovranno raggiungere un accordo sulla questione oggetto della divergenza.
SEZIONE VII – AZIONE PREVENTIVA CONTRO IL RIARMO DELLA GERMANIA E DEL GIAPPONE
Art. 68.
L’Italia s’impegna a prestare alle Potenze Alleate e Associate tutta la sua collaborazione, allo scopo di mettere la Germania e il Giappone in condizione di non poter adottare, fuori dei territori della Germania e del Giappone, misure tendenti al proprio riarmo.
Art. 69.
L’Italia s’impegna a non permettere l’impiego o l’allenamento in Italia di tecnici, compreso il personale dell’aviazione militare o civile, che siano o siano stati sudditi della Germania o del Giappone.
Art. 70.
L’Italia s’impegna a non acquistare e a non fabbricare alcun apparecchio civile che sia di disegno tedesco o giapponese o che comporti importanti elementi di fabbricazione o di disegno tedesco o giapponese.
PARTE VI
INDENNITA’ IN CONSEGUENZA DELLA GUERRA
SEZIONE I – RIPARAZIONI
Art. 74.
- L’Italia pagherà riparazioni a favore dei seguenti Stati:
- Albania, per un ammontare di 5.000.000 di dollari;
- Etiopia, per un ammontare di 25.000.000 di dollari;
- Grecia, per un ammontare di 105.000.000 di dollari;
- Jugoslavia, per un ammontare di 125.000.000 di dollari.
Tali pagamenti saranno effettuati nello spazio di 7 anni, a decorrere dall’entrata in vigore del presente Trattato. Durante i primi due anni non si farà luogo a prestazioni tratte dalla produzione italiana corrente.
SEZIONE III – RINUNCIA A RAGIONI DA PARTE DELL’ITALIA
Art. 76.
- L’Italia rinuncia a far valere contro le Potenze Alleate ed Associate, ogni ragione di qualsiasi natura, da parte del Governo o di cittadini italiani, che possa sorgere direttamente dal fatto della guerra o dai provvedimenti adottati a seguito dell’esistenza di uno stato di guerra in Europa, dopo il 1º settembre 1939, indipendentemente dai fatto che la Potenza Alleata o Associata interessata fosse o non fosse in guerra non l’Italia a quella data. Sono comprese in tale rinuncia:
- le domande pel risarcimento di perdite o danni subiti in conseguenza di atti delle Forze Armate o delle autorità di Potenze Alleate o Associate;
- le ragioni risultanti dalla presenza, dalle operazioni o dalle azioni delle Forze Armate od autorità di Potenze Alleate o Associate in territorio italiano;
- le doglianze rispetto a decreti ed ordinanze dei tribunali delle Prede di Potenze Alleate o Associate, impegnandosi l’Italia a riconoscere come validi e aventi forza esecutiva tutti i decreti e le ordinanze di detti tribunali emessi alla data del 1º settembre 1939 o successivamente e concernenti navi italiane, merci italiane o il pagamento delle spese;
- le ragioni risultanti dall’esercizio o dall’asserto esercizio di diritti di belligeranza.
- Le disposizioni del presente articolo precluderanno, completamente e definitivamente, ogni domanda della specie di quelle a cui questo articolo si riferisce, che rimarrà da questo momento estinta, quali che siano le parti interessate. Il Governo italiano accetta di corrispondere equa indennità in lire alle persone che abbiano fornito, a seguito di requisizione, merci o servizi a favore delle Forze Armate di Potenze Alleate o Associate in territorio italiano e per soddisfare le domande avanzate contro le Forze Armate di Potenze Alleate o Associate relative a danni causati in territorio italiano e non provenienti da fatti di guerra.
- L’Italia rinuncia ugualmente a fare valere domande della specie di quelle previste dal paragrafo 1 del presente articolo, da parte del Governo o cittadini italiani contro una qualsiasi delle Nazioni Unite, che abbia rotto le relazioni diplomatiche con l’Italia e che abbia adottato provvedimenti in collaborazione con le Potenze Alleate ed Associate.
- Il Governo italiano assumerà piena responsabilità della valuta militare alleata emessa in Italia dalle autorità militari alleate, compresa tutta la valuta in circolazione alla data dell’entrata in vigore del presente Trattato.
- La rinuncia da parte dell’Italia, ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, si estende ad ogni domanda nascente dai provvedimenti adottati da qualunque delle Potenze Alleate ed Associate nei confronti delle navi italiane, tra il 1º settembre 1939 e la data di entrata in vigore del presente Trattato e ad ogni domanda o debito risultante dalle Convenzioni sui prigionieri di guerra, attualmente in vigore.
- Le disposizioni del presente articolo non dovranno essere interpretate nel senso di recare pregiudizio ai diritti di proprietà sui cavi sottomarini, che, allo scoppio delle ostilità, appartenevano al Governo italiano od a cittadini italiani. Il presente paragrafo non precluderà l’applicazione, nei riguardi dei cavi sottomarini, dell’articolo 79 e dell’Allegato XIV.
PARTE VII
BENI, DIRITTI ED INTERESSI
SEZIONE II – BENI ITALIANI SITUATI NEL TERRITORIO DELLE POTENZE ALLEATE E ASSOCIATE
Art. 79.
- Ciascuna delle Potenze Alleate e Associate avrà il diritto di requisire, detenere, liquidare o prendere ogni altra azione nei confronti di tutti i beni, diritti e interessi, che, alla data dell’entrata in vigore del presente Trattato si trovino entro il suo territorio che appartengano all’Italia o a cittadini italiani e avrà inoltre il diritto di utilizzare tali beni o proventi della loro liquidazione per quei fini che riterrà opportuni, entro il limite dell’ammontare delle sue domande o di quelle dei suoi cittadini contro l’Italia o i cittadini italiani, ivi compresi i crediti che non siano stati interamente regolati in base ad altri articoli del presente Trattato. Tutti i beni italiani od i proventi della loro liquidazione, che eccedano l’ammontare di dette domande, saranno restituiti.
- La liquidazione dei beni italiani e le misure in base alle quali ne verrà disposto, dovranno essere attuate in conformità della legislazione delle Potenze Alleate o Associate interessate. Per quanto riguarda detti beni, il proprietario italiano non avrà altri diritti che quelli che a lui possa concedere la legislazione suddetta.
- Il Governo italiano s’impegna a indennizzare i cittadini italiani, i cui beni saranno confiscati ai sensi del presente articolo e non saranno loro restituiti.
- Il presente articolo non pone l’obbligo per alcuna delle Potenze Alleate o Associate, di restituire al Governo italiano od ai cittadini italiani, diritti di proprietà industriale, né di contare tali diritti nei calcolo delle somme, che potranno essere trattenute, ai sensi del paragrafo 1 del prese
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Lettera Aperta al Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
alla vigilia del 10 febbraio “Giorno del Ricordo”
Gentile Ministro,
a fine febbraio dell’anno scorso sono stati prorogati per dieci anni i termini per il conferimento di riconoscimenti e medaglie a vittime (ai loro congiunti) delle foibe del ’43 e del ’45, in base alla legge 92 del 2004 che ha istituito il «Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale» per il 10 febbraio di ogni anno.
Ma quanti e chi sono stati coloro che hanno ricevuto riconoscimenti e medaglie nei primi dieci anni di applicazione della legge?
La domanda è tanto più importante alla luce del “caso Mori”, il caso del parmense Paride Mori fascista repubblichino volontario al confine nordorientale col grado di capitano del Battaglione Bersaglieri “Mussolini” ucciso nel ’44 con armi da fuoco dai partigiani jugoslavi, al quale le massime autorità della Repubblica il 10 febbraio 2015 hanno conferito la medaglia da vittima delle foibe e poi l’hanno revocata in seguito alle proteste antifasciste.
Non esiste un elenco ufficiale centrale; secondo ricerche e studi storici recenti (in particolare di Sandi Volk, all’indirizzo web www.diecifebbraio.info/2017/01/truffe-fuffe-e-fascisti-i-premiati-del-giorno-del-ricordo-un-bilancio-provvisorio/) le persone insignite di medaglie, pur nell’accezione molto ampia del termine “infoibato” introdotto nella legge 92/2004, risultano appena poco più di trecento, 323, un numero assai inferiore a quello delle migliaia e decine di migliaia di “infoibati” sostenuto dai promotori della legge 92, di cui la gran parte, 250 (77%), sono state appartenenti a formazioni armate dell’Italia fascista e personale politico fascista.
Sulla base di questi numeri - ma anche ipotizzando l’esistenza di altre vittime non presenti fra i beneficiari del riconoscimento, dispersi, scomparsi o fatti prigionieri dagli jugoslavi al momento della Liberazione (maggio’45), anche considerando il fenomeno stesso dell’esodo da Istria e Dalmazia in Italia, che ha riguardato 200.000÷250.000 persone compresa una parte per quanto piccola di sloveni e croati, è avvenuto nel corso di oltre un decennio, e (a differenza di fenomeni analoghi avvenuti altrove) non è stato imposto dalle autorità jugoslave con provvedimenti di espulsione - è insostenibile la tesi che vi sia stato nei confronti dell’Italia e degli italiani un «disegno annessionistico slavo» che «assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica» come disse il Presidente Napolitano il 10 febbraio 2007.
Semmai disegno annessionistico e sprezzante razzismo nei confronti delle popolazioni slave vi fu da parte del fascismo e di Mussolini. Con la guerra d’aggressione e d’occupazione della Jugoslavia, che nulla aveva fatto all’Italia, condotta al fianco dell’alleato nazista, con l’italianizzazione forzata nel corso del ventennio precedente di zone del confine abitate da sloveni e croati, con le violenze squadriste dei primi anni ’20 nei loro confronti. Il razzismo del fascismo si manifestò la prima volta, quasi vent’anni prima delle leggi contro gli ebrei, nel ’20 a Pola con le parole di Mussolini: «Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino ma quella del bastone».
Con la legge 92/2004 che ha attribuito medaglie della Repubblica immeritate, che ha istituito un giorno di solennità civile nazionale il 10 febbraio, che ha introdotto anche nelle scuole racconti del passato parziali e incompleti, si è generato un revisionismo storico del tutto inaccettabile. I soggetti vengono considerati in modo rovesciato rispetto alla realtà storica, in definitiva facendo dell’aggressore, l’Italia fascista, la vittima, e dell’aggredito, le popolazioni dell’ex Jugoslavia, il carnefice.
Nella scuola della Repubblica vanno fatte ricostruzioni storiche corrette, ben più documentate e complete di quanto è stato negli ultimi dieci anni in occasione del 10 febbraio.
Alla vigilia del 10 febbraio alle autorità scolastiche e a Lei stessa sig. Ministro dell’Istruzione Università e Ricerca chiediamo: che nelle scuole rievocazioni e iniziative sui fatti e i temi oggetto della legge 92/2004 non siano lasciate in modo esclusivo alle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, alle quali in questi anni sono stati dati consistenti finanziamenti pubblici, ma vedano coinvolti anche studiosi, storici, associazioni culturali, istituti storici, ecc., impegnati nel dibattito e nella ricerca in merito; che vengano non più sottaciuti ma adeguatamente fatti conoscere i crimini dell’Italia fascista nei Balcani e in Jugoslavia (con morti delle popolazioni jugoslave non solo precedenti i morti delle foibe ma di numero di più ordini di grandezza superiore a questi); che venga proiettato l’istruttivo al riguardo film documentario inglese della BBC «Fascist Legacy» acquistato dalla RAI; che vengano ricordate e commemorate le tante migliaia di soldati italiani, i quarantamila soldati italiani, che in Jugoslavia l’indomani dell’8 settembre ’43 scelsero di combattere come partigiani insieme con la Resistenza Jugoslava contro il nazifascismo e in ventimila morirono in questa guerra di liberazione transnazionale, così riscattando l’Italia dall’onta in cui il fascismo l’aveva gettata.
Giuseppe Aragno storico, Napoli
Boris Bellone Segretario ANPPIA provinciale Torino
Andrea Catone Direttore della rivista “MarxVentuno”
Claudia Cernigoi giornalista e ricercatrice storica, Trieste
Serena Colonna Segretaria Nazionale ANPPIA
Davide Conti storico e consulente dell’Archivio Storico del Senato, Roma
Angelo Del Boca storico, Università di Torino
Angelo D'Orsi storico, Università di Torino
Sante Giovannetti partigiano, Roma
Eric Gobetti storico freelance, Torino
Alexander Hobel ricercatore di storia contemporanea e saggista, Roma
Alessandra Kersevan storica ed editrice, Udine
Umberto Lorenzoni partigiano, Presidente ANPI provinciale Treviso
Gabriella Manelli già Preside Liceo Classico ed ex Presidente ANPI provinciale Parma
Rita Martufi ricercatrice, direttrice CESTES
Raul Mordenti docente, Università Tor Vergata Roma
Carla Nespolo membro del Comitato Nazionale ANPI
Miriam Pellegrini Ferri partigiana, Roma
Vito Francesco Polcaro ricercatore, Roma
Giacomo Scotti scrittore e storico, Fiume - Trieste
Roberto Spocci Presidente ANPPIA Parma
Luciano Vasapollo docente, Università La Sapienza Roma
Alessandro (Sandi) Volk storico, Trieste
Roma, 9 febbraio 2017
per contatti: diecifeb @ diecifebbraio.info