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mercoledì 26 novembre 2008

CURZI: VITA CON IL COMPAGNO COMODO

Sandro Curzi


















Agostino Saccà e Silvio Berlusconi



L’ambizione ha trascinato
molte persone a diventare falsari: hanno un pensiero fisso nel cuore un
altro pronto sulla lingua.
Sallustio

Parole bugiarde non sono solo il
male in sé, infettano del male l’anima.
Platone

Quando tutti pensano
la stessa cosa, nessuno pensa.
John Wooden



Io non sono, per
esperienza diretta, molto d’accordo col grande Brecht quando afferma
“beato il popolo che non ha bisogno di eroi”. O almeno non sono d’
accordo con coloro che ne deducono l’inutilità degli eroi in ogni caso
Ne ho visti troppi di eroi necessari, indispensabili, dalla Palestina
all’Iraq, dall’Eritrea alla Somalia al Vietnam. Di innumerevoli altri
ho sentito. Forse, se Berthold avesse scritto …”beato chi non ha
bisogno di eroi…fasulli”. Sono quelli che vengono celebrati e
incensati, perlopiù dopo morti, da peana bipartisan, anzi,
onnipartisan, che, come da scienza e logica risulta, sono peana i cui
direttori d’orchestra stanno sempre a destra. Obama, che è
malauguratamente vivo e lotta contro di noi, ne è l’esempio più
recente. E ne parleremo dopo. Il Dalai Lama, pure lui ahinoi
tossicamente vivo, è un altro. In campo giornalistico abbiamo due
esempi recenti: Enzo Biagi, qualunquista ed eroe del senso comune,
campione di salace e banale buonismo, che al massimo poteva dar
fastidio al guitto mannaro, uno che si adonta di chiunque non gli
lecchi il tacco rialzato. Con lui, tanti anni fa, andai a intervistare
il premier austriaco Bruno Kreisky a Vienna e mi trovai a girare con un
ometto che spurgava velenoso astio e spocchiosa irrisione su tutto e
tutti, dandosi da grande e volgare macho alla vista di ogni passaggio
di “culi e tette”. Ora tocca a Sandro Curzi e, meritatamente, i
coccodrilli più lacrimosi e osannanti glie li hanno fatti campioni dell’
etica, dell’idealismo, della coerenza, della professione, come
Bertinotti, Veltroni, Petruccioli. Dagli Usa hanno addirittura
riesumato Christiane Amanpour, vedette della CNN e concorrente di
Oriana Fallaci per chi le sparava più false, razziste e guerrafondaie.
Mancavano solo i mafiopizzinari D’Alema e La Torre, troppo affaccendati
nell’eterno, tanto fetido quanto grottesco, wrestling con Veltroni e
Bettini, a base di chi si fa inchiappettare meglio dai vari Finisconi.
Immaginatevi questa nauseante conventicola tutta riunita in un salone e
vi parrà di rivedere quel tremendo affresco che il più grande cineasta
politico italiano, Elio Petri, ha tratteggiato della criminalità
forchettara democristiana in “Todo modo”. Un osceno intruglio di facce
grifagne, trasudanti falsità e corruzione, pervasi da livorosa bulimia
predatrice, rotti a ogni vertice di ipocrisia clericale e a ogni abisso
di depravazione profana. Quelli, tra preti assassini e politici
ladroni, finirono col farsi fuori a vicenda. Un horror che il verminaio
uscito dalla covata togliattian-morotea ci ripropone oggi come remake a
livelli ultrà. Senza, per ora, l’esito positivo, letale, dell’
originale.

Questa è la gente che ha tessuto l’apologia del “grande
giornalista”, dell’”uomo di strada”, del “compagno scomodo”, come il
pelatone incazzoso ha avuto l’improntitudine di auto-onorarsi in un’
agiografia autobiografica. E questi erano i suoi amici, referenti,
compagni di bisbocce populistiche. Io ci ho lavorato, con Curzi, per la
maggior parte della sua monarchia assoluta al Tg3. Ed era in effetti un
TG3 fuori dal coro, nella misura in cui glielo consentiva prima un PCI,
non del tutto disancorato dalla sua base intellettuale e proletaria, e
poi un PDS-DS che dipendeva per le sue prospettive governiste dal voto
anche di chi, prima di essere addomesticato dall’imbonitore rinnegato
Bertinotti, credeva e voleva antagonista Rifondazione. Conviene dunque
che parli di Curzi partendo da me.

A Curzi, quando ancora imperversava
con la sua iperpopulista “ggente” (altro che lotta di classe), gli
stessi che in morte lo hanno beatificato davano del “trombone, da quel
fragoroso vuoto a rendere per ogni stagione che era. Durante i cinque
anni che trascorsi a “Paese Sera”, corrispondente da Londra e poi
inviato di guerra, lo vidi una sola volta. Era un vicedirettore
totalmente oscurato e inerte sotto la ferula di due direttori che
avevano inventato il migliore giornale italiano: Fausto Coen,
detronizzato per filosionismo quando dalla Guerra dei Sei Giorni ebbi
modo di raccontare le efferatezze di quello Stato razzista e
fascistoide, e poi Giorgio Cingoli. Mi rivolsi a lui per un sostegno
contro le critiche che mi piovevano da Cingoli per essere nei miei
reportage troppo schierato con il movimento del ’68, odioso all’editore
di riferimento, il PCI. Curzi si mostrò comprensivo e partecipe e… non
mosse un dito, dando prova di quell’atteggiamento bifronte e bipartisan
di cui avrei avuto conferma vent’anni più tardi.

Lo ritrovai nel 1989
quando, assunto in Rai al Tg3, ero stato parcheggiato prima a “Uno
Mattina” del TG1, e poi all’”Evelina”, un ufficio pseudogiornalistico
che smistava le immagini dalle e alle televisioni estere. Mi ci vollero
due anni, con l’appoggio del sindacato di Beppe Giulietti, per
convincere il direttore del telegiornale di sinistra, al quale avevo
chiesto l’assunzione, di accettarmi nella sua redazione. Una redazione
infarcita di piccisti, come di socialisti, democristiani, liberali,
sionisti (sull’entrata alla redazione esteri campeggiava la scritta
“Questa è una redazione filoisraeliana”), in perfetto sincronismo con
gli equilibri politici in atto, seppure nell’intesa che il Tg3 sarebbe
stato quello di “sinistra”, a fronte del socialista e del
democristiano. Appunto “Telekabul”, ma poi presto, cacciati i sovietici
dall’Afghanistan, ahinoi “Telepapa”, con quel Benedetti all’orecchio di
Woytila e del catto-Cia Walesa, che venne fatto passare per “grande
vaticanista”. Qualche credenziale, per la verità, al Tg3 la portavo:
cinque anni alla BBC, anni di inviato per alcune grandi testate
nazionali e straniere, quattro lingue (l’inglese non lo sapeva
nessuno), esperienza di quattro continenti e molte guerre e
rivoluzioni, tre anni da inviato ambientalista al Tg1… Modestamente,
per il telegiornale un po’ burino di allora, quasi una scala reale. Ma
mi mancava l’asso: la tessera, la casella. Non ero iscritto a nessun
partito e nemmeno alla parrocchia, nessun boiardo di Stato si dava la
minima cura di me. Così sguarnito degli attributi richiesti, alla
faccia della professionalità. non solo gli risultavo umanamente
sgradevole, ma avrei scombinato il meticoloso mosaico di caselle che
garantivano la sua direzione e tenevano soddisfatti i vari sponsor e
padrini.

L’ambiente non contava una mazza nel giornalismo di allora.
Ma WWF, Legambiente, Italia Nostra, Greenpeace e movimenti di base
andavano guadagnando interesse e consenso di elettori e spettatori. Su
loro sollecitazione, Curzi iniziò ad occuparsi, di malavoglia, di
ambiente. Era dunque la cenerentola tra le tematiche redazionali e così
risultò opportuno rinchiudere il sottoscritto nella nuova, marginale,
collocazione di “esperto ecologico”, togliendomi da quella redazione
“filoisraeliana” a cui Curzi era arrivato a rendere commosso omaggio
per come aveva sostenuto, papisticamente e colonialisticamente, la
“liberazione” della secessionista Croazia mentre praticava il genocidio
della Jugoslavia e dei serbi che si trovavano alla sua mercè. Mi
inventai una rubrica chiamata “I tempi che corrono”, nella quale
raccontavo il tempo meteorologico alla luce dei tempi climatici e
sociali che dal Nord si abbattevano sul pianeta. La conduttrice del
programma di cui avevo una rubrica, Donatella Raffai, si adombrò perché
in una puntata avevo, turbando le sue gioconde facezie, inserito
qualche bambino rinsecchito dalla desertificazione euro-indotta dell’
Africa. Senza battere ciglio, fui esorcizzato e sbattuto in Cronaca
Nera. Ma lo stesso Curzi venne impietosamente cacciato dai suoi boss
diessini quando, avanzati nel voto, pensavano di poter sostituire al
minuscolo Tg3 il ben più remunerativo Tg1. Operazione che figurati se i
volponi dell’altra parte, già intrisi di spirito santo berlusconiano,
avrebbero consentito. Il detronizzato finì a dirigere il giornaletto
del PRC, “Liberazione”. Per un destino sardonico, ci saremmo rivisti
anche lì.

Fu il successore di Curzi, grigio, accomodante e
democristiano, a ridarmi, sotto pressione di un mondo ambientalista
sempre più autorevole e istituzionalizzato, nonchè di una stampa
benevola, una rubrica di traino al Tg3 delle 19.00: “Vivere!”. Non durò
mica tanto. In concomitanza con il lento declino della lotta contro la
distruzione del pianeta in termini climatici, parallela all’accentuarsi
della distruzione sociale e bellica, la rubrica perse di interesse,
sebbene più per la classe politica che per la “ggente”. Fu nuovamente
cassata e tornai agli esteri. Tra la proliferazione incontrollata dei
successori di Curzi, diretta conseguenza di equilibri politico-
economici-clericali non assestati (siamo nella seconda metà degli anni ’
90), piombò anche la vernacolare dalemian-agnelliana Lucia Annunziata.
La ricordo giusto per avermi intimato, se proprio volevo fare delle
corrispondenze dall’Iraq divorato dalla prima guerra del Golfo, dall’
embargo e da incessanti bombardamenti, di non osare di presentarmi con
immagini di bimbetti devastati dall’uranio, o uccisi da fame o diarrea.
“Mica vogliamo fare un favore a quel delinquente di Saddam e un torto
ai nostri amici!”, ingiunse. “Fammi vedere i palmeti di datteri, le
rovine di Babilonia, un po’ di colore mesopotamico…”

Amico e compare
degli amici come dei “nemici”, sodale, nella corporazione dei
giornalisti, di chiunque avesse influenza, dall’estrema destra all’
estrema sinistra, primo sdoganatore del MSI ancora bandito dall’Arco
Costituzionale formalmente antifascista, trombettiere di tutte le false
cause “umanitarie”, da Sarajevo a Tien An Men, assuntore di figli e
congiunti dei potenti, Curzi, tuttavia, nello spazio garantitogli dall’
allora forza compartecipe della gestione tangentopolista del paese,
aveva con sé un gruppetto di giovani che i suoi proclami buonsensisti
li traducevano in giornalismo eterodosso, a volte audace, contaminato
dalla contigua “Samarcanda” di Santoro. Finchè durò. Non si ripetè
questa qualità a “Liberazione”, giornale in cui entrai in fuga dal
servilismo euro-atlantico-papista che il Tg3 manifestò in occasione dei
crimini di guerra dalemiani in Jugoslavia. Per la verità, lo scafato
marpione mi accolse a braccia aperte e subito mi spedì a Belgrado, poi
in Palestina, poi in Iraq, poi a Cuba: uno del Tg3, anche abbastanza
noto, non era acquisto da poco per il giornaletto del monarca
Bertinotti. Con quest’ultimo, in travolgente corsa verso compiacenze
padronali e imperiali e conseguenti elevati scranni, mi trovai ben
presto in divergenza. Mi si tollerava perché la base del partito pareva
essermi affezionata. In particolare l’ala di sinistra, che faceva capo
all’”Ernesto”. Quello che scrivevo dai paesi elencati non quadrava con
gli stereotipi dell’intossicazione mediatica ufficiale: come ci si
poteva permettere di contrastare la versione dei serbi etnopulitori e
ipernazionalisti, come la presa di distanza dai combattenti
palestinesi, come la satanizzazione di Saddam e di tutto il “terrorismo
islamico”? Perché ci si ostinava a parlare di un imperialismo e di
lotte di liberazione e di classe, quando tutto questo il pontefice
cashmirato aveva archiviato negli scaffali del “sanguinario Novecento”?


Straordinario Curzi. Bertinotti gli ingiungeva di mettermi il morso e
tirarmi le briglie e lui mi convocava per chiedermi in tono querulo
“fai attenzione, non eccedere, prova a moderarti, io ti capisco (faceva
finta di parteggiare per “L’Ernesto”), la penso come te, ti difendo,
non rendermi la vita difficile, gli equilibri sono quelli che sono,
vedrai domani… Accanto aveva Claudio Grassi, leader dell’”Ernesto”, che
annuiva solidale. Pareva di essere tra gli olimpionici dell’ipocrisia
di “Todo Modo”. Un istante dopo avrebbe sbattuto per Bertinotti i
tacchi e disteso quel suo sorriso da coccodrillo addomesticato. Tutto
questo ebbe la sua summa nel maggio del 2003, quando, insieme a un
drappello di irriducibili della deontologia professionale, prima ancora
che della solidarietà politica, tentammo di inserire spilli nel pallone
delle false accuse a Cuba. Bertinotti aveva deciso che conveniva far da
prestigioso solista nel coro di coloro che onoravano terroristi cubani,
dirottatori e mercenari prezzolati dalla potenza assediante, della
qualifica di “intellettuali dissidenti”. Come Bush e la mafia di Miami
dettavano. Da conclamato amico e difensore di Cuba, il “compagno
scomodo” subito si accomodò nell’operazione ordita dal terrorismo di
Stato Usa e rilanciata dal suo principale. Un rapporto professionale e
umano durato dal 1967 al 2003 fu incenerito nell’autodafé del mio
licenziamento in 24 ore (Il PRC e “Liberazione” erano coerentemente
impegnati nella difesa a oltranza dell’Articolo 18), senza neanche la
letterina di prammatica del direttore: “Dobbiamo purtroppo rinunciare
alle tue prestazioni, bla bla bla, ti ringraziamo, bla bla bla. La
decapitazione mi fu comunicata dall’amministratore per telefono. L’
input era stato chiaramente del futuro presidente della Camera.
Qualcuno si sollevò contro questa smagliante osservanza della libertà d’
espressione, duemila firme di iscritti bersagliarono il palazzo di Via
del Policlinico. Curzi e la sua iperbertinottesca, ma anche dalemista
vice, Rina Gagliardi, si affannarono sul giornale a spiegare che ero io
il responsabile della rottura, visto che non solo non mi ero attenuto
strettamente all’esclusivo tema ambientalista (mai assegnatomi), ma
avevo anche trasgredito la “linea del partito”. Mi chiedo cosa dovrebbe
fare oggi il povero Ferrero, segretario di un partito che si chiama
della Rifondazione Comunista, di un Sansonetti-Sionetti che, da
dichiarato non comunista, passa la giornata al videogioco intitolato
“Come si rema contro la linea del partito”.

Affrontai il tiro a due
della carrozza bertinottiana in occasione di un incontro “sulla libertà
di stampa” (pensate!) alla Festa di Liberazione. Semplicemente con un
bavaglio sulla bocca. I due si infuriarono oltre ogni modo e,
sentendomi gratificato dall’applauso di qualcuno nel pubblico che non
gradiva bollettini e censure aziendali, si misero a urlare scomposti
“provocatore, non è che un provocatore!” Un po’ come Lama definiva
noialtri di Lotta Continua. Me la dovevo aspettare.

Poco tempo prima,
sprovveduti e bravi compagni lombardi mi avevano candidato al Senato.
Mentre battevamo palmo per palmo, mercato per mercato, bar per bar, la
sconfinata bassa del Po, arrivavano, seppi più tardi, ansiosi
avvertimenti da Roma perché non ci si desse “troppo da fare per la
vittoria di Grimaldi, non è gradita”. Vinse Forza Italia. A me
mancarono 200 voti su 18mila. Come si era meritato ampiamente, mentre
il suo mentore e sovrano ascendeva al terzo scranno della Repubblica,
in sintonia Curzi fu elevato al consiglio d’amministrazione della Rai.
E qui, visto che ormai non c’era più niente da perdere o da guadagnare,
il “compagno” di una mai esplicitata Resistenza si rivelò finalmente al
volgo e all’inclita, insomma alla “ggente” nella sua vera natura,
scevra, per cura bertinottiana, di ogni fisima di parte, cioè di quella
parte. Fu quando il cda venne chiamato dal direttore generale Cappon a
pronunciarsi sulla sua richiesta di sbattere fuori dalle palle Agostino
Saccà, l’uomo-fiction del Servizio Pubblico che, intercettato mentre
leccava i piedi a un Berlusconi in fregola di sistemare le sue
cortigiane, si era fatto “scendiletto delle brame più basse del
padrone” (Tafanus). Votarono per la cacciata dell’immondo personaggio i
consiglieri del centrosinistra, contro, quelli di un’opposizione con
gli aculei sullo stomaco. Curzi, il postcomunista, si astenne. E lo
salvò. Coronamento di un’onorata carriera.

Voglio chiudere con un po’
di quel “colore” che tanto si è fatto strada nei tg da allora. Sandro
Curzi compie 70 anni e lo si festeggia nel loft del Palazzo delle
Esposizioni. Siamo invitati in 400. Noialtri ai tavolini nei remoti
margini, A cerchi concentrici verso il protagonista in sollucchero l’
intera combriccola della paludata malainformazione nazionale. Bonzi e
palloni gonfiati, venerandi maestri e pennivendoli in auge. Mentitori
di professione. Emissioni impure dalle froge dei licantropi. Ma questo
è niente. Colui al quale “il manifesto” titola due paginoni con
“Sandro, scomodo, prezioso compagno” aveva organizzato una coreografia
che la parata ddl Columbus Day a New York è niente al confronto. Sul
palazzone di fronte, a frotte di romani e turisti sbigottiti, veniva
proiettata, dal calar del buio a notte e festeggiamenti inoltrati, il
colossal della vita e delle imprese di Sandro Curzi. Lo stesso su una
dozzina di schermi all’interno. Un Curzi panottico, in cinerama, da
consegna, se non all’eternità, ai posteri. D’Annunzio a Fiume, Augusto
sul Campidoglio, Gesù in croce e in gloria. Curzi con Togliatti, Curzi
con Moro, Curzi con Brezhnev e Gorbaciov, Curzi, scendendo rapidamente,
nella dispensa di Bertinotti, Curzi a Praga, Curzi con la mosca al naso
e con il naso a Mosca, Curzi a Las Vegas, Curzi in salotto, Curzi sul
cavallo della Rai, Curzi in tuta, Curzi in pigiama, Curzi con fiche,
Curzi con la consorte, di profilo, a figura intera, nel vento, nella
neve, immacolato, smagliante, svettante. La chiusa non avrebbe potuto
che essere, e forse lo sarà, Curzi sepolto nel Pantheon.

Insomma, che
vogliamo, visto che a sinistra, sempre con culto bipartisan, ci si
inebria di Obama, un qualche alloro a Curzi lo si potrà pur concedere.
E se Curzi, tromboneggia sui diritti dei lavoratori e poi mette in
mezzo a una strada i giornalisti scomodi, privilegiando gli amici degli
amici, i figli dei padri e della nomenclatura, eppure si merita gli
appassionati elogi del “manifesto”, perché stupirsi se lo stesso
“giornale comunista” conferma con il titolo “Il team dei migliori” le
agghiaccianti scelte reazionar-clintoniane del novello profeta nero per
la sua camarilla di governo. Segretario di Stato Hillary Clinton, co-
stragista di serbi, palestinesi e iracheni, creatura più simile alla
Medusa rettilo-chiomata che a femmina umana; del sionista ultrà,
terrorista figlio di terroristi israeliani, Rahm Emmanuel, capo dello
staff e che rimproverò Bush di non essere sufficientemente
filoisraeliano, s’è già detto in passato; anche della sua conventicola
di banchieri bancarottieri, vezzeggiata con il voto a favore degli 850
miliardi di salvataggio, capeggiata da quel lobbista ebraico di Robert
Rubin, mallevadore sotto Clinton di un neoliberismo privatizzatore,
deregolante e predatore che neppure Reagan si era sognato. Ci sono
tutti, sembra di stare nei saloni di Vlad, in Transilvania. Tutti nel
segno della stella di Davide: i Goldman Sachs, i Lehman Brothers, i
Warburg, i Chase Manhattan, I Rothschild, i Lazard Fréres, la fallita
(nonostante le operazioni planetarie sulla droga, insieme alla Cia e
alla Dea) Citybank. E poi i militari, garanti dell’espansione dell’
impero, dal superfalco generale Larry Jones, neoconsigliere nazionale
per la Sicurezza (quello dello stato di polizia a casa e dei genocidi
fuori), all’apparentemente confermato ministro della guerra a mezzo
mondo, Robert Gates.

Ce ne sono altri, ve li risparmio, e non c’è
neanche la punta della scarpa di uno non conservatore, non di destra,
non dell’establishment (il quale establishment non per nulla gli ha
dato più quattrini di qualsiasi presidente della storia Usa),
espressione di quel movimento di massa che dal compagno Barack pensava
di essere traghettato a nuova vita. E’ il CAMBIAMENTO, bellezza. Yes we
can fuck you, brutti cretini. E noi, brutti cretini, a farci spremere
gli ultimi sghei dal “manifesto”, sebbene non più privato dell’obolo di
Stato, per farci rifilare questa pillola di cianuro indorata.
Naturalmente l’agente Cia Al Zawahiri gli ha subito dato il conforto
delle sue minacce e del suo anatema. Ci possiamo aspettare altri
cataclismi “antiterroristici” e antislamici.

Un’ultima chicca. Chi
sono i prescelti dall’illusionista nero per rivedere l’intero apparto
di intelligence e reimpostare i 14 servizi segreti, cruciali per la
guerra infinita, interna ed esterna? John Brennan e Jami Miscik, già
funzionari Cia sotto il bushista George Tenet che, rispettivamente,
hanno collaborato alle intercettazioni illegali a 360 gradi, ai
rapimenti e alle torture delle extraordinary renditions, e alla
costruzione della bufala delle armi di distruzione di massa di Saddam.
Sullo sfondo, ma nel ruolo di supervisori del tutto, i protagonisti del
roll back , cioè dell’"arrotolamento", dell’Unione Sovietico e oggi
dello scontro con la Russia per il dominio in Asia: Madeleine Albright,
Zbigniew Brzezinski, lo stesso Gates e tutti i loro accoliti nel
Pentagono. E la CONTINUITA’ bellezza.

Qualcuno, anche i neokeynesiani
del “manifesto”, parla di un nuovo Roosevelt, di un altro New Deal,
dimenticando che il capitalismo Usa oggi è assai più debole. Allora c’
era una nazione creditrice, con attivi commerciali e la manifattura che
dominava i mercati globali. Cionostante, fu soltanto sotto la pressione
di lotte semi-insurrezionali, come lo sciopero di Toledo Autolite, lo
sciopero generale di Minneapolis, di San Francisco e dell’industria
automobilistica e grazie alla seconda guerra mondiale, con i milioni di
persone tolte di mezzo, che il paese uscì dalla crisi. La crisi di oggi
è il risultato di un declino protratto del capitalismo nordamericano,
di debiti le cui cifre non si possono contenere in una riga di A4, la
decimazione della sua base produttiva e il cui sistema finanziario è
diventato la locomotiva di una recessione planetaria. Allora Roosevelt,
assistito da sindacati gialli e da un PC come al solito
stalinisticamente moderato e compiacente, riuscì a uscire dalla crisi
ed evitare una rivoluzione socialista. Oggi, non fosse per la
sciagurata dispersione o complicità delle sinistre, la situazione
sarebbe più favorevole al cambiamento. Osama lo brandisce proprio per
esorcizzarlo. Attenti ai colpi di coda.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi
alle ore 16.58





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Che la signora Jean Toschi Marazzani non sia mai stata a Sarajevo è una

balla grossolana.
In più di un'occasione la accompagnai io
personalmente e garantisco che
pagò di sua tasca gli alberghi e la sua
parte del viaggio. Ho
documentazione fotografica ecc. Uberto Tommasi

C.
N.J. ha scritto:
>
> Ho letto con piacere la lettera di Jean M.T.V.
Ivan
>
> -----
> Original Message -----
> From: Coord. Naz. per la
Jugoslavia
> To:
> Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli. <mailto:jugoinfo%
40yahoogroups.com> ;
> Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli. <mailto:crj-
mailinglist%40yahoogroups.com>
> Sent:
> Monday, November 24, 2008 9:15
PM
> Subject: [JUGOINFO] Re: Lettera
> Raccomandata ad Osservatorio
Balcani
>
> Studio Avvocato Enzo Lepre
>
> Corso Venezia, 12 – 20122
Milano – tel. 02.76013175
>
> RACCOMANDATA RR
>
> Al Direttore di
Osservatorio Balcani
> LUCA
> RASTELLO
> Piazza S. Marco, 7
> 38068
Rovereto (TN)
>
> Milano, 21 novembre 2008
>
> Egregio Direttore,
>
prendo atto della
> sua lettera del 21 ottobre u.s. con le scuse della
sua testata. Accetto
> che pubblichiate la mia lettera, la vostra
risposta e la mia replica.
>
> Apprezzo la vostra politica di favorire
il dibattito aperto, quando
> questo, però, rimane nell’ambito dello
scambio di opinioni e non si
> trasforma in un’aggressione personale,
fantasiosa. Questa è una forma
> di reazione primitiva di fronte a tesi
non conformi a quelle imposte ma
> pur sempre realistiche, parlo del
Dossier Srebrenica da me tradotto.
>
> Ho letto Gente di Srebrenica di
Azra Nuhefendic', da voi inviatomi.
> Questo articolo ha apparentemente
scatenato la polemica e il commento
> punitivo nei miei confronti. Mi
sento quindi autorizzata a commentarlo.
>
> L’articolo, ovviamente
soggettivo, ha un tono simile a quello che
> impiegherebbe un bosniaco
serbo o un bosniaco croato. E’ triste che
> tredici anni dopo la fine
della guerra civile in Bosnia gli animi siano
> ancora pieni di rancore
e rabbia verso l’altro, quando in realtà sono
> stati tutti pedine di
una politica imposta da fuori.
> Rilevo alcuni
> punti dell’articolo.
Quando l’autrice parla del comandante Nenad, che
> ha abbandonato i
Serbi di Ilijaš e si è comportato da profittatore di
> guerra, –
curioso, è la stessa accusa fatta a me – dimentica che Naser
> Oric',
comandante della 28a Legione Musulmana di stanza a Srebrenica ha
>
abbandonato la città pochi giorni prima del fatidico 11 luglio 1995 con

> tutto il suo stato maggiore. La difesa di Srebrenica è stata lasciata

> ad ufficiali di grado inferiore spaventati ed impreparati. Oric' vive

> felicemente a Tuzla o lì presso e non ha subito alcun giudizio per i

> circa 3500 civili serbi depredati e uccisi per suo ordine nei
villaggi
> della regione dal 1992 al 1995.
> L’autrice parla anche di
fanatici
> ultrà serbi che sfilano per Srebrenica. E i gruppuscoli di
violenti
> patrocinati dalla linea dura del SDA (Partito d’Azione
Democratica di
> cui era presidente il defunto Aljia Izetbegovic') come
l’AIO (Aktivna
> Islamska Omladina - Gioventù Islamica Attiva)? E i
wahabiti? E il
> sottogruppo dell’AIO chiamato Kvadrat formato da
ragazzi orfani
> allenati alle tecniche d’assalto?
> Per ritornare a
Srebrenica, sono
> convinta che, quando il vento della politica
internazionale cambierà,
> avremo delle sorprese sulla storia di quel
tragico avvenimento.
> Nel
> maggio del 1996 fui io ad essere sorpresa.
A Milic'i gli americani
> della IFOR avevano arrestato dieci Musulmani
armati, sospettati di aver
> trucidato tre Serbi. I dieci uomini erano
stati consegnati alla polizia
> serba di Pale. Dato che non c’erano
prove evidenti della loro
> colpevolezza vennero schedati e rilasciati.
I dieci uomini risultarono
> appartenere a Laste, un gruppo di
estremisti, e i nomi di otto di loro
> figuravano nella lista degli
scomparsi di Srebrenica depositata dalla
> Croce Rossa Internazionale
al Tribunale di Zvornik. Possiedo copia
> della documentazione.
>
Aggiungo che importanti uomini di governo
> come Haris Silajdžic' e
Hasan Muratovic' hanno dichiarato pubblicamente
> il loro proposito di
trasformare la Bosnia-Erzegovina in uno stato
> islamico dalla Croazia
alla Drina. Questo non contribuisce certo a
> tranquillizzare le altre
due nazionalità presenti nel paese!
> Come
> scrisse nel 1993 il
giornalista francese Jacques Merlino Le verità
> jugoslave non sono
tutte belle da raccontare e chi cerca di riportarle
> nel modo più
oggettivo finisce per essere calunniato.
>
> Con i miei
> migliori
saluti.
> Jean Toschi Marazzani Visconti
>
> Il giorno
> 20/ott/08,
alle ore 16:39, Coord. Naz. per la Jugoslavia ha scritto:
>
> >
>
> >
Studio Avvocato Enzo Lepre
> > Corso Venezia,12 -20122 Milano-
> tel.
02.76013175
> >
> > RACCOMANDATA RR
> >
> > Al Direttore di
>
Osservatorio Balcani
> > LUCA RASTELLO
>
> > Piazza s. Marco, 7
> >
38068 Rovereto (TN)
>
> >
>
> > Milano, 12 ottobre 2008
> >
> > Egregio
Direttore,
> > ho
> appreso casualmente un commento che tale Asra
Nehufendic, a me
> sconosciuta, ha fatto su di me sulla sua testata il
16 maggio 2008 e
> tutt’ora in rete (*):
> >
> > Autore: azra
> > Data
e ora: 16.05.2008
> 14:18
> > gente di Srebrenica
> > Sulla credibilità
di J. T.J.
> Visconti: T.Visconti fu pagata dai serbi Bosniaci per fare
la
> propaganda per i loro scopi. Fu molto amica di Radovan Karadjic e
Ratko
> Mladic e altri accusati per i crimini contro l'umanità. Girava
per la
> Serbia e la parte occupata della Bosnia insieme con un
giovane, un tale
> Daniel Shifer, che si presentava come "umanista". I
loro "datori" di
> lavoro erano scontenti. Furono licenziati presto. Di
loro due scriveva
> in modo peggiorativo persino la stampa Serba. I
giornalisti italiani
> che "coprivano" la guerra in Bosnia, anche loro,
ne sanno qualcosa su
> questi due "umanisti". J.T. Visconti non ha mai
messo piede ne a
> Sarajevo, ne in nessun altra parte della Bosnia che
non era controlatta
> dai Serbi. Questo tipo di gente, di solito, si
definisce come
> approfittatori dalla guerra.
> >
> > Reputo fuori
luogo che la sua
> testata permetta simili sfoghi dettati da odio cieco
ed ottuso verso
> qualcuno che ha semplicemente tradotto il Dossier
Srebrenica dal
> francese, testo a sua volta tradotto dall’associazione
Verité Justice
> dall’originale del gruppo di ricercatori statunitensi.

> > Ho scritto
> per diverse testate italiane ed estere fra cui Il
Manifesto e Limes.
> Sono arrivata a Sarajevo la prima volta con Elie
Wiesel nel novembre
> 1992.
> > Ritengo il contenuto dell’allegato
altamente calunnioso e
> mendace.
> > Ho conferito mandato ai miei
legali di procedere nelle
> sedi opportune contro la sua testata.
> >
Attendo comunque scuse
> ufficiali per lettera e sull’Osservatorio
Balcani da quanti si sono
> resi responsabili del commento in
questione.
> >
> > Jean Toschi
> Marazzani Visconti
> >
> > ---
> >
> >
(*) http://www.
> osservatoriobalcani.org/forum/messagelist/9417
> >
>
> Sulla attività
> di saggista e giornalista di Jean Toschi Marazzani
Visconti si veda ad
> esempio:
> >
> > LA DISINFORMAZIONE in EX
JUGOSLAVIA E IN KOSOVO
> >
> https://www.cnj.it/documentazione/jtmv06.
htm
> <https://www.cnj.it/documentazione/jtmv06.htm>
> >
> > IL
CORRIDOIO.
> Viaggio nella Jugoslavia in guerra
> > http://www.cnj.
>
it/INIZIATIVE/jeantoschi.htm
> >
> > Sul testo tradotto da Jean Toschi

> Marazzani Visconti
> > Il Dossier nascosto del "genocidio" di
>
Srebrenica
> > si veda ad esempio:
> > http://www.cnj.
>
it/documentazione/srebrenica.htm#dossier
> >
>
>
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Ho letto con piacere la lettera di Jean M.T.V. Ivan

-----
Original Message -----
From: Coord. Naz. per la Jugoslavia
To:
Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli. ; Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
Sent:
Monday, November 24, 2008 9:15 PM
Subject: [JUGOINFO] Re: Lettera
Raccomandata ad Osservatorio Balcani


Studio Avvocato Enzo Lepre

Corso Venezia, 12 – 20122 Milano – tel. 02.76013175




RACCOMANDATA RR

Al Direttore di Osservatorio Balcani
LUCA
RASTELLO
Piazza S. Marco, 7
38068 Rovereto (TN)




Milano, 21 novembre 2008


Egregio Direttore,
prendo atto della
sua lettera del 21 ottobre u.s. con le scuse della sua testata. Accetto
che pubblichiate la mia lettera, la vostra risposta e la mia replica.

Apprezzo la vostra politica di favorire il dibattito aperto, quando
questo, però, rimane nell’ambito dello scambio di opinioni e non si
trasforma in un’aggressione personale, fantasiosa. Questa è una forma
di reazione primitiva di fronte a tesi non conformi a quelle imposte ma
pur sempre realistiche, parlo del Dossier Srebrenica da me tradotto.

Ho letto Gente di Srebrenica di Azra Nuhefendić, da voi inviatomi.
Questo articolo ha apparentemente scatenato la polemica e il commento
punitivo nei miei confronti. Mi sento quindi autorizzata a commentarlo.

L’articolo, ovviamente soggettivo, ha un tono simile a quello che
impiegherebbe un bosniaco serbo o un bosniaco croato. E’ triste che
tredici anni dopo la fine della guerra civile in Bosnia gli animi siano
ancora pieni di rancore e rabbia verso l’altro, quando in realtà sono
stati tutti pedine di una politica imposta da fuori.
Rilevo alcuni
punti dell’articolo. Quando l’autrice parla del comandante Nenad, che
ha abbandonato i Serbi di Ilijaš e si è comportato da profittatore di
guerra, – curioso, è la stessa accusa fatta a me – dimentica che Naser
Orić, comandante della 28a Legione Musulmana di stanza a Srebrenica ha
abbandonato la città pochi giorni prima del fatidico 11 luglio 1995 con
tutto il suo stato maggiore. La difesa di Srebrenica è stata lasciata
ad ufficiali di grado inferiore spaventati ed impreparati. Orić vive
felicemente a Tuzla o lì presso e non ha subito alcun giudizio per i
circa 3500 civili serbi depredati e uccisi per suo ordine nei villaggi
della regione dal 1992 al 1995.
L’autrice parla anche di fanatici
ultrà serbi che sfilano per Srebrenica. E i gruppuscoli di violenti
patrocinati dalla linea dura del SDA (Partito d’Azione Democratica di
cui era presidente il defunto Aljia Izetbegović) come l’AIO (Aktivna
Islamska Omladina - Gioventù Islamica Attiva)? E i wahabiti? E il
sottogruppo dell’AIO chiamato Kvadrat formato da ragazzi orfani
allenati alle tecniche d’assalto?
Per ritornare a Srebrenica, sono
convinta che, quando il vento della politica internazionale cambierà,
avremo delle sorprese sulla storia di quel tragico avvenimento.
Nel
maggio del 1996 fui io ad essere sorpresa. A Milići gli americani
della IFOR avevano arrestato dieci Musulmani armati, sospettati di aver
trucidato tre Serbi. I dieci uomini erano stati consegnati alla polizia
serba di Pale. Dato che non c’erano prove evidenti della loro
colpevolezza vennero schedati e rilasciati. I dieci uomini risultarono
appartenere a Laste, un gruppo di estremisti, e i nomi di otto di loro
figuravano nella lista degli scomparsi di Srebrenica depositata dalla
Croce Rossa Internazionale al Tribunale di Zvornik. Possiedo copia
della documentazione.
Aggiungo che importanti uomini di governo
come Haris Silajdžić e Hasan Muratović hanno dichiarato pubblicamente
il loro proposito di trasformare la Bosnia-Erzegovina in uno stato
islamico dalla Croazia alla Drina. Questo non contribuisce certo a
tranquillizzare le altre due nazionalità presenti nel paese!
Come
scrisse nel 1993 il giornalista francese Jacques Merlino Le verità
jugoslave non sono tutte belle da raccontare e chi cerca di riportarle
nel modo più oggettivo finisce per essere calunniato.

Con i miei
migliori saluti.
Jean Toschi Marazzani Visconti




Il giorno
20/ott/08, alle ore 16:39, Coord. Naz. per la Jugoslavia ha scritto:

>

> Studio Avvocato Enzo Lepre
> Corso Venezia,12 -20122 Milano-
tel. 02.76013175
>
> RACCOMANDATA RR
>
> Al Direttore di
Osservatorio Balcani
> LUCA RASTELLO

> Piazza s. Marco, 7
> 38068 Rovereto (TN)

>

> Milano, 12 ottobre 2008
>
> Egregio Direttore,
> ho
appreso casualmente un commento che tale Asra Nehufendic, a me
sconosciuta, ha fatto su di me sulla sua testata il 16 maggio 2008 e
tutt’ora in rete (*):
>
> Autore: azra
> Data e ora: 16.05.2008
14:18
> gente di Srebrenica
> Sulla credibilità di J. T.J.
Visconti: T.Visconti fu pagata dai serbi Bosniaci per fare la
propaganda per i loro scopi. Fu molto amica di Radovan Karadjic e Ratko
Mladic e altri accusati per i crimini contro l'umanità. Girava per la
Serbia e la parte occupata della Bosnia insieme con un giovane, un tale
Daniel Shifer, che si presentava come "umanista". I loro "datori" di
lavoro erano scontenti. Furono licenziati presto. Di loro due scriveva
in modo peggiorativo persino la stampa Serba. I giornalisti italiani
che "coprivano" la guerra in Bosnia, anche loro, ne sanno qualcosa su
questi due "umanisti". J.T. Visconti non ha mai messo piede ne a
Sarajevo, ne in nessun altra parte della Bosnia che non era controlatta
dai Serbi. Questo tipo di gente, di solito, si definisce come
approfittatori dalla guerra.
>
> Reputo fuori luogo che la sua
testata permetta simili sfoghi dettati da odio cieco ed ottuso verso
qualcuno che ha semplicemente tradotto il Dossier Srebrenica dal
francese, testo a sua volta tradotto dall’associazione Verité Justice
dall’originale del gruppo di ricercatori statunitensi.
> Ho scritto
per diverse testate italiane ed estere fra cui Il Manifesto e Limes.
Sono arrivata a Sarajevo la prima volta con Elie Wiesel nel novembre
1992.
> Ritengo il contenuto dell’allegato altamente calunnioso e
mendace.
> Ho conferito mandato ai miei legali di procedere nelle
sedi opportune contro la sua testata.
> Attendo comunque scuse
ufficiali per lettera e sull’Osservatorio Balcani da quanti si sono
resi responsabili del commento in questione.
>
> Jean Toschi
Marazzani Visconti
>
> ---
>
> (*) http://www.
osservatoriobalcani.org/forum/messagelist/9417
>
> Sulla attività
di saggista e giornalista di Jean Toschi Marazzani Visconti si veda ad
esempio:
>
> LA DISINFORMAZIONE in EX JUGOSLAVIA E IN KOSOVO
>
https://www.cnj.it/documentazione/jtmv06.htm
>
> IL CORRIDOIO.
Viaggio nella Jugoslavia in guerra
> http://www.cnj.
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>
> Sul testo tradotto da Jean Toschi
Marazzani Visconti
> Il Dossier nascosto del "genocidio" di
Srebrenica
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PACCHETTO ANTICRISI? E' 'PACCO' A ITALIANI


(ANSA) - ROMA, 25 NOV - "Il pacchetto anti-crisi messo a punto dal
Governo Berlusconi e' un vero e proprio pacco per gli italiani. Arriva
il blocco delle tariffe per le bollette di elettricita' e gas e questa
ennesima geniale trovata del governo rischia di trasformarsi in un
vero e proprio boomerang a caro prezzo per i cittadini". afferma
Antonio Borghesi, vicepresidente del Gruppo Italia dei valori alla
Camera e Responsabile Economia. "Le tariffe dell'energia, infatti,
essendo strettamente connesse all'andamento del prezzo del petrolio,
che fino allo scorso anno era di 140 dollari al barile ed attualmente
e' sceso sotto i 50, diminuiranno da se', grazie a questo
automatismo". "Dunque, non solo si tratta dell'ennesimo bluff ma -
conclude - proprio in virtu' del blocco delle tariffe, i cittadini
rischiano di ritrovarsi a pagare bollette piu' care". (ANSA).

COM-PAE 25-NOV-08 16:15

Original-Nachricht --------
Datum: Tue, 25 Nov 2008 00:21:56 +0100
Von:
German-Foreign-Policy <newsletter@...>
An:
truth@...
Betreff: Newsletter vom 25.11.2008 - Deutschsein
als Ressource (Berliner Erinnerungspolitik)

Newsletter vom 25.11.2008
- Deutschsein als Ressource

BERLIN/WARSCHAU(Eigener Bericht) -
Millionensummen stellt die
Bundesregierung für Einflussmaßnahmen in
Ost- und Südosteuropa bereit.
Schwerpunkt der als "kulturell"
bezeichneten Aktivitäten ist Polen.
Auch der Anspruch auf die deutsche
Vergangenheit im Baltikum und im
heutigen Tschechien oder Slowenien ist
der Bundesregierung bedeutende
Mittel wert. Die entsprechenden Gelder
hat der Haushaltsausschuss des
Deutschen Bundestages am vergangenen
Donnerstag frei gegeben. Die für
2009 bewilligten Millionensummen
werden in dieser Woche vom Parlament
bestätigt. Allein für den Erhalt
und die "Auswertung deutscher Kultur
und Geschichte im östlichen
Europa" stehen über elf Millionen Euro
bereit. Für die "Pflege des
Geschichtsbewusstseins" werden 2009 über
57 Millionen Euro eingesetzt,
darunter mehrere Millionen für die
Erinnerung an das Preußentum (unter
anderem
"Otto-von-Bismarck-Stiftung"). Die Ausgaben für ein "Einheits-
und
Freiheitsdenkmal", das auf dem Berliner Schlossplatz an die

Feudalzeiten des Deutschen Reiches anknüpfen soll, werden von fünf

Millionen auf 15 Millionen Euro verdreifacht. Damit erhält das Denkmal

auf dem Sockel einer früheren Kaiser-Statue mehr staatliche
Zuwendungen
als sämtliche Gedenkstätten, die heute in Deutschland an
den NS-Terror
erinnern.

mehr
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/57401




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La verdad pura y limpia es el mejor modo de persuadir.
Simón Bolívar


Ricordo l'importante appuntamento di Giovedì 27 novembre e allego
qualche articolo che potrebbe essere utile.

Andrea Catone




Bari


Giovedì 27 novembre - Ore 16.30 - Aula I

Facoltà di Scienze Politiche
- Università di Bari

piazza Cesare Battisti 3





Conferenza-
dibattito con

German Ferrer,

Deputato della Assemblea Nazionale della
Repubblica Bolivariana del Venezuela,

Presidente della Commissione
Nazionale per le Reti Sociali



Intervengono:

Massimo Bellomo,
Associazione Simon Bolivar - Bari

Bernardo Borges, Console generale
del Venezuela a Napoli

Nico Perrone, Corso libero di Storia dell’
America, Università di Bari



Coordina: Andrea Catone, Centro studi
sulla transizione socialista



Organizzano:

Corso libero di Storia
dell’America, Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bari


Associazione Simon Bolivar – Bari







L'Associazione nazionale
delle reti e organizzazioni sociali (ANROS) è una organizzazione della
società civile fondata il 29 marzo 2001, in Venezuela, il cui scopo è
quello di costruire una rete sociale per aiutare ad educare le comunità
e, quindi, costruire una società democratica, partecipativa. È una rete
di reti che collega, senza esclusione, tutti coloro che condividono il
contenuto della Costituzione della Repubblica Bolivariana del
Venezuela. È costituita da gruppi di organizzazioni sociali, politico-
sociali, persone fisiche e giuridiche che sostengono il processo di
trasformazione rivoluzionaria con l'obiettivo di costruire un nuovo
paese verso il socialismo del XXI secolo.



FINALITÀ

Pianificare,
coordinare e attuare azioni, insieme con le comunità, consentendo
l'organizzazione e lo sviluppo sociale attraverso la promozione di
progetti volti a vari settori della società, incoraggiando la
partecipazione articolata dei cittadini mediante l'organizzazione e la
creazione di reti, scuole e programmi di formazione socio-politici e l’
apprendimento permanente, per la costruzione del socialismo del XXI
secolo.



PROSPETTIVE

Consolidare una rete sociale che promuova e
rafforzi a partire dalle comunità, una società democratica,
partecipativa, protagonista e corresponsabile; con valori etici, morali
e culturali, nonché la difesa dei costumi, tradizioni, credenze e la
sovranità, promuovendo la lotta per l'uguaglianza, la solidarietà, il
rispetto per la dignità umana, la salvaguardia e la tutela dell’
ambiente, su base nazionale e internazionale.



PRINCIPI


Indipendenza, flessibilità, integrazione, protagonismo delle masse,
inclusione, impegno, trasparenza, tolleranza, fraternità, cooperazione.




VALORI

Onestà, solidarietà, uguaglianza, responsabilità, etica,
corresponsabilità, giustizia sociale



BASI GIURIDICHE

*
Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela.
* Legge
dei Consigli Comunali
* Progetto di legge sulla Partecipazione dei
cittadini
* Legge sui Consigli i locali di pianificazione pubblica




BASI IDEOLOGICHE

* Testi sulla democrazia diretta
*
Riconoscimento della diversità culturale nella partecipazione attiva
delle correnti ambientaliste
* Teologia della liberazione
* Il
pensiero umanistico
* analisi marxista della società
* Ideali
di Simon Rodriguez, Ezequiel Zamora e Simon Bolivar
* Integrazione
latino-americana
*

OBIETTIVI

* Difendere attivamente gli
interessi delle comunità per il raggiungimento degli obiettivi
necessari alla trasformazione rivoluzionaria
* Rafforzare il quadro
giuridico per la partecipazione diretta del popolo organizzato
*
Creare spazi di incontro, formazione e scambio di idee, a livello
nazionale per rafforzare lo sviluppo delle comunità.
* Relazionarsi
con le agenzie ufficiali per l’elaborazione di risposte a situazioni
specifiche.
* Incoraggiare la formazione politico-ideologica,
sociale ed economica dei suoi membri e delle comunità a cui
appartengono.

*************************************

Propuesta para
el Encuentro Ideologico de Anros en su VIII Aniversario

1) -Con
ocasión al octavo aniversario de ANROS (13-12-2000 al 13-12-
2008),
celebramos en Caracas un encuentro nacional de coordinadores
regionales
con el propósito de diseñar la metodología del encuentro
nacional
ideológico de la organización, donde se sometió a
consideración una
temática para la discusión que consideramos recoge
algunos aspectos de
importancia capital en la consolidación del proceso
de cambio hacia el
socialismo, que conduce el líder del proceso,
Comandante Hugo Chavez.
Estimamos que desde la experiencia del trabajo
social comunitario que
hemos desarrollado en el colectivo de esta red
social, que no está
signado por banales protagonismos personales, sino
por el
reconocimiento al trabajo cotidiano y permanente, podemos dar
aportes
concretos en un aspecto tan medular como es la construcción de
una
ideología desde la práctica social y el acervo histórico de
las luchas
de nuestro pueblo por su redención definitiva.
No estamos
ajenos a los
inminentes y graves peligros y amenazas que tendremos que
enfrentar,
como país que se ha atrevido a desafiar las adversidades y
sobre todo
en el marco de la crisis global del capitalismo que sin duda
alguna nos
traerá consigo posibilidades de nuevos escenarios propicios
para
profundizar el camino hacia el socialismo, pero también riesgos en
la
inevitable confrontación con el sistema que queremos cambiar.

2) -
A
los efectos de ser mas productivos en la discusión nacional y por

problemas de logística, hemos propuesto que se realicen asambleas en

todos los estados y se discutan los temas sugeridos y se hagan todas

las obsevaciones que consideren pertinentes, además que elijan a
sus
voceros que consideramos deben estar entre cinco o siete por
estado. Se
debe hacer una masiva convocatoria de todos los amigos
ANRISTAS desde
las instancias comunitarias locales, parroquiales,
municipales y
estadales Esta discusión debe darse a la brevedad
posible.

3) -En
cuanto a las mesas de trabajo, sugerimos que haya
una por cada tema. La
discusión de un solo tema por mesa con la
metodología ya bien dominada
por nuestros experimentados integrantes.

4) - No estamos cerrados a
ponentes y ponencias(temas) que se estimen
puedan ser de utilidad en el
momento histórico que estamos viviendo
sobre este programa que le
debemos al trabajo de las compas Xiomara
García y Zoraida Leiro.

5) -
Sugerimos que las fechas del evento sean
el viernes 12 para las
conferencias, el sábado 13 para las mesas de
trabajo y celebraciónl y
la plenaria, y las conclusiones el domingo 14.

6) . El comite
organizador del evento está compuesto por: Moraima
Urbaneja, Zoraida
Leiro; Jose Luis (Profesor), Xiomara Garcia, Lolismar
Marin, Ayary
Varela,German Ferrer.

COMO TODAS LAS ACTIVIDADES DE
ANROS, ESTA DEBE
IGUALMENTE COMPROMETERNOS COLECTIVAMENTE Y
RESPONSABLEMENTE
COMPARTIREMOS TODOS EL EXITO DE LA JORNADA.



SALUDOS FRATERNOS



GERMAN FERRER

Camarada estoy totalmente de
acuerdo con sus
planteamientos


Adicionalmente considero
oportuno la incorporación de
los objetivos que se persiguen con el
evento; para esto sugiero:


OBJETIVO GENERAL:

Profundizar el
pensamiento revolucionarto a través
del encuentro ideológico
Nacional de la Asociación Nacional de Redes y
Organizaciones Sociales
ANROS.

OBJETIVOS ESPECÍFICOS:



Descubrir y
complementar a través
de las diferentes ponencias, el pensamiento
ideológico revolucionario
manifiesto mediante los diferentes actores
que participan.
Generar
opiniones y reflexiones a través de las
diferentes mesas de trabajo, en
relación al pensamiento ideológico
revolucionario, manifiesto según los
ejes temáticos en cada una de
ellas.
Configurar mediante la
contrastación, el pensamiento emergente
en relación a la
participación de los diferentes actores vinculados a
las ponencias y
las mesas de trabajo.
Determinar las conclusiones,
recomendaciones y
alcances de las mismas, a fin de construir una misión
en función de sus
resultados.
En espera de cualquier comentario al
respecto que pueda
sumar, me suscribo con un saludo revolucionario.



da Rebelion - www.rebelion.org/noticia.php?id=74905&titular=«venezuela-
ha-rescatado-el-concepto-de-socialismo»-
Traduzione dallo spagnolo per
www.resistenze.org di FR

“Il Venezuela ha riscattato il concetto di
Socialismo”

Intervista a Luismi Uharte, autore di “Rivoluzione al
Sud”

di Martxelo Díaz

25/10/08

Insegnate presso l’Università
Centrale del Venezuela e membro di Askapena, Luismi Uharte ha appena
pubblicato “Rivoluzione al Sud. Uno sguardo al Venezuela Bolivariano”,
un libro che vuole diffondere “la realtà di un popolo che sta cercando
di costruire un paese nella libertà e nella democrazia”.

Uharte, che
ha vissuto da vicino gli ultimi quattro anni del processo bolivariano
in Venezuela, indica i momenti salienti della storia recente dell’
America Latina.

Che cosa comporta per l'America Latina il Venezuela
di oggi?

In America Latina ci sono quattro punti cardinali che
segnano gli ultimi 50-60 anni. Il primo è stato la Rivoluzione Cubana
del 1959, il secondo il Cile di Allende, il terzo il Nicaragua
Sandinista e il quarto è il 1998, quando inizia la fase della
Rivoluzione Bolivariana. Quest’ultimo può essere il momento storico più
importante degli ultimi 200 anni. Dopo la prima indipendenza, siamo ora
di fronte alla vigilia di una seconda indipendenza. Il presidente dell’
Ecuador, Rafael Correa, dice che “non siamo in un’epoca di cambiamenti,
piuttosto, siamo in una fase di cambiamento di epoca”.

Sono passati
18 anni dalla caduta del muro di Berlino, i guru del capitalismo
neoliberale e i fukuyama di turno annunciarono la vittoria del
capitalismo e la fine della storia, ora possiamo vedere che si erano
sbagliati. All’inizio del XXI secolo, in un contesto diverso, il
Venezuela è il motore del cambiamento.

Il libro è un contributo per
mostrare un processo di cambiamento, convulso e complesso, segnato pure
da errori, oltre che da successi. Spero anche che sia un vaccino contro
l’eurocentrismo, la malattia destroide che qualificano come populismo
qualunque fenomeno a favore dei popoli, e contro le sinistre
dogmatiche, quelle che etichettano come “riformismo” tutto ciò che non
corrisponde al manuale.

Una delle accuse più ricorrenti al fenomeno
bolivariano è il caudillismo di Hugo Chavez

Come ogni processo è
complesso e contraddittorio. Inoltre, è un elemento specifico della
tradizione politica venezuelana. Eppure è evidente che non possiamo
ridurre il processo venezuelano o la sua tradizione politica a concetti
come caudillismo o populismo. Se si usano questi concetti è solo per
cercare di squalificare tale processo, quindi con un’analisi scorretta,
aberrante. Come fanno i neoliberali che definiscono “populismo” tutto
ciò che non piace a loro, e finiscono col far perdere il valore
analitico del concetto stesso.

Simón Bolívar può essere considerato
un caudillo, ma è stato lui che ha liberato il Venezuela e gran parte
dell’America Latina, e che già 200 anni fa aveva visto chiaramente la
necessità dell’integrazione regionale dei paesi latinoamericani per
costruire società libere e giuste. E’ stato un caudillo che 200 anni
fa, quando gli USA non erano ancora ciò che sono oggi, aveva una
posizione chiaramente antimperialista.

Il fenomeno del caudillismo è
presente nel Venezuela attuale, ma la fase di cambiamenti in atto è un
insieme di elementi molto complessi, che non possono essere sussunti
nel populismo, tanto meno nel caudillismo. Siamo parlando di
nazionalismo, di alternative popolari, di socialismo che travalica il
socialismo del XX secolo, una democrazia partecipativa che non si vede
in molti paesi del mondo. Stanno nascendo consigli comunali che
somigliano ai soviet precedenti l’apparato burocratico sovietico, vere
espressioni di potere popolare.

Nel popolo venezuelano i livelli di
organizzazione sono molto bassi, a differenza della Bolivia, dove sono
molto più alti. Quella era una società frammentata e totalmente
individualista, senza organizzazioni popolari. In questi dieci anni c’è
stata una vera esplosione di potere popolare.

In una fase di crisi
ideologica del neoliberalismo, il processo bolivariano può essere un’
alternativa per i popoli europei o è un fenomeno specifico dell’America
Latina?

Il fenomeno bolivariano è fondamentale, perché va al di là
del Venezuela e del continente americano. Dopo gli errori commessi
sotto le bandiere del socialismo nel XX secolo, sembrava impossibile
riscattare la lotta per il socialismo. Uno dei grandi significati della
realtà venezuelana è proprio l’essere riusciti a riscattare il concetto
di socialismo. In Venezuela e in America Latina, ormai si parla di
socialismo del XXI secolo con sempre maggiore naturalezza.

Come
diceva anni fa Fidel Castro, la chiave è nella battaglia delle idee.
Lottare contro il capitalismo non è solo una battaglia politica ed
economica, ma ideologica. Bisogna decolonizzare le menti di tutti
perché sia sempre più chiaro che il sistema in cui viviamo è
irrazionale ed assurdo. Ma la proposta che bisogna fare deve essere
diversa da quella del secolo XX.

Qui sta la validità universale del
processo venezuelano in piena crisi di un sistema capitalista, che
socializza le perdite privatizzando i profitti nei momenti buoni. Così
non si può continuare.



**********************************************


Venezuela: cosa sono
i Governi Comunitari?



Caracas, 04 ottobre 2008



Ho imparato ad
usare piú spesso la parola “enlaces”, che in spagnolo vuol dire “
contatti”. Il loro potenziale é teoricamente illimitato e per questo va
cavalcato. La societá occidentale o occidentalizzata ha pian piano
privato l’uomo delle relazioni con “l’altro”. In una delle mie prime
riunioni come Giovane Comunista (intorno al 2000) ho imparato che il
capitalismo é qualcosa che sta entrando sempre piú nella vita di ognuno
di noi e per questo motivo stabilire relazioni diventa sempre piú
difficile. Una delle novitá del “proceso venezolano” é quella che viene
offerta un’alternativa a questa tendenza, ossia che gli aspetti
antropologicamente alienanti del capitalismo vanno pian piano
scomparendo. Dico pian piano perché si tratta di un processo, di un’
onda da cavalcare, di un percorso costruito solo in parte. Il cantiere
é aperto ed il ruolo delle realtá autorganizzate contribuisce ad
abbattere gli schemi.

C’é una cosa del processo venezuelano che si
chiama “Governo Comunitario”. Una domanda: avete mai usato questa
espressione in italiano? Io finora avevo sentito parlare di “Governi
Nazionali”, di “Governi Regionali”. . . In Venezuela esistono persone
che si autorganizzano o cercano di farlo. Di questo Chávez ne é
consapevole, lo ha ripetuto in varie occasioni e ció rende possibile la
penetrazione delle realtá organizzate nella vita politica delle
istituzioni democratiche. Ma che differenza c’é tra una realtá
autorganizzata ed un governo comunitario? La risposta é: l’accesso ai
fondi pubblici. Nel caso dei “Consejos Comunales” si tratta di quantitá
di denaro e di assistenza tecnica, entrambe dirette a sviluppare
progetti che riguardano un vicinato autorganizzato di circa 200
famiglie. Se per le casse dello Stato queste quantitá di denaro sono
modeste, per una popolazione di circa 1000 persone rappresentano un bel
po’ di soldi. Secondo la legge dei “Consejos Comunales” (vedi www.
consejoscomunales.gob.ve ) in ognuno di essi ci devono essere: 5
persone che partecipano nell’amministrazione delle finanze, il che
rende collegiale il controllo dei fondi; altre 5 persone si devono
occupare della “contraloría”, ossia del controllo, della vigilanza su
tutto ció che di illegale avviene su quel territorio di circa 1000
persone (corruzione, contrabando, accaparramento, evasione fiscale,
inquinamento. . .); infine devono partecipare almeno 10 persone che
seguano e si facciano portavoci (voceros) di singole problematiche
legate a quel territorio.

Con l’inizio della “Misión 13 de Abril”
(cfr. diari precedenti) il Governo ha dato un impulso al finanziamento
delle “Comunas”. Quando i “Consejos Comunales” a loro volte si
autorganizzano in una “Comuna” entrano in relazione, stabiliscono
contatti mediatici ed umani, studiano le forme di partecipazione
offerte dalle leggi e dalla Costituzione. Questo tipo di partecipazione
sta funzionando, ma per il momento é ancora “a macchia di leopardo”.
Bisogna ancora lavorare molto affinché si creino sempre piú “Gobiernos
Comunitarios” come i “Consejos Comunales” e le “Comunas”. Bisogna
ancora lavorare molto per facilitare la loro relazione con le
istituzioni locali (Alcaldía), regionali (Estado) e nazionali (Gobierno
Nacional). Una volta che le persone si autorganizzano bisogna che
qualcuno dia una mano a bussare alla porta delle Istituzioni, dove c’é
la legge e ci sono i fondi. Molte volte le realtá autorganizzate non
arrivano nemmeno a bussare a queste porte, perché le sedi delle
istituzioni che hanno in mano la legge ed i fondi sono lontane.

Ci
sono molte persone che seguono i Governi Comunitari e forse non ne sono
abbastanza. Chi ha una carica istituzionale (nei Ministeri, nell’
Assemblea Nazionale, negli Stati, nelle “Alcaldías”. . .) ha le chiavi
delle Istituzioni, rappresenta il “contatto” per garantire l’attenzione
politica, l’assistenza tecnica ed i fondi alle realtá autorganizzate.
La facilitazione di questi contatti é precisamente ció che fa ANROS
(Asociación Nacional de Redes y Organizaciones Sociales). Faccio l’
esempio di ANROS perché non ho avuto la possibilitá di conoscere altre
realtá come questa. ANROS é stata una delle promotrici del VII Vertice
Sociale / capitolo Ambiente, organizzato in collaborazione con le “
Comunas” di Barquisimeto (cfr diari precedenti).

Per concludere faccio
un esempio del potenziale –ancora non del tutto sfruttato- dei contatti
e della loro necessitá per le realtá autorganizzate in “Comunas”. La “
Comuna” in questione é la “Unión Noreste di Barquisimeto”: un
territorio di circa 40.000 abitanti, organizzati in 28 “Consejos
Comunales”, forse una delle “Comunas” più grandi del Venezuela. Uno dei
tavoli di lavoro (mesas de trabajo) messi su durante il VII Vertice
Sociale (26 settembre 2008) é stato quello sulle telecomunicazioni. Lo
stesso giorno ANROS comunica che Telecom Venezuela, CANTV e la Misión
Sucre (universitá decentrata) verrano a riunirsi con la popolazione del
territorio. Domenica 28 settembre alla rinuine fissata per le 10 in una
piazzetta c’ero anche io. Sono arrivato alle 9.30 e giá c’erano una
quindicina di persone, ho approfittato della disposizione circolare
delle sedie per rivolgere loro una domanda: “Cosa vi ha motivato quando
avete iniziato a partecipare?”. Ho dovuto riformulare la domanda quando
la prima ad intervenire mi ha dato una risposta sul suo tipo di
partecipazione, su come si stava mettendo a disposizione della
comunitá. “La mia domanda era sulle motivazioni piú profonde che
convincono a partecipare”, ho poi precisato. Le risposte sono
riassumibili cosí: “Quello di fare qualcosa per la mia comunitá”, o “Le
riunioni con la comunitá arricchiscono sempre”. Una risposta non ve la
riassumo, ma la cito: “Per aiutare la mia comunitá, perché questi sono
i nuovi orizzonti, ora ci vogliono ascoltare”.

L’alternativa culturale
del processo venezuelano viene anche da qui, dalle realtá
autorganizzate, dalle realtá locali, da quella popolazione che da
sempre é stata abituata alla solidarietá reciproca. Lo scrittore italo-
venezuelano Giulio Santosuosso (da 40 anni residente a Caracas e membro
fondatore del “Circolo Bolivariano Antonio Gramsci”) attribuisce questa
dote al “mestizaje venezolano”, alla mescolanza delle culture. Nella “
Comuna Unión Noreste” di Barquisimeto le persone che collaborano
voltontariamente con la comunitá del loro territorio esistono da tempo,
spesso attraverso un’istituzione sociale come i “gruppi di vicinato”,
un embrione dei “Consejos Comunales”. Tornando al tavolo di lavoro
sulle telecomunicazioni, il primo risultato raggiunto é stato quello di
progettare e vedersi finanziata l’installazione di antenne e ripetitori
per i segnali: televisivo, radiofonico e internet. Il satellite Simón
Bolívar faciliterá questi segnali. Progettato e costruito in
collaborazione con la Cina, questo satellite servirà anche alle
televisioni ed alle radio comunitarie. La comunità ha bisogno di
comunicare, di entrare anche in contatto mediatico con gli abitanti
dello stesso territorio, perché non stiamo parlando di un condominio
dove basta mettere un cartello per comunicare a tutti un qualcosa. In
Venezuela ci sono realtá di 1000 abitanti (Consejo Comunal) o di
migliaia di abitanti (Comuna) che stanno esercitando un Governo
Comunitario (Gobierno Comunitario). Per quanto piccolo possa essere, un
governo ha bisogno dei mezzi di comunicazione.



Fabio Avolio




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da Rebelion - www.
rebelion.org/noticia.php?id=71488&titular=venezuela-reconoce-más-de-900-
mil-hectáreas-a-pueblos-indígenas-

Traduzione dallo spagnolo per www.
resistenze.org di FR



Il Venezuela distribuisce più di 900 mila
ettari ai popoli indigeni



ABN



16/08/2008



Il Venezuela ha
iniziato la distribuzione delle terre ai 35 popoli indigeni che vivono
nel territorio nazionale, diventando così il primo Paese dell’America
Latina a riconoscere le rivendicazioni degli abitanti originari.




Questa iniziativa è la conseguenza di quanto stabilito nell’articolo
119 della Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela, con
cui si garantiscono i diritti sanciti nei patti, trattati e convenzioni
internazionali.



La volontà venezuelana è di colmare un debito
storico che perdura da secoli nei confronti delle comunità e popoli
indigeni, aprendo loro la partecipazione attiva alla vita della nazione
e consentendo di preservare i loro patrimoni culturali.



La
distribuzione delle terre avviene mediante l’azione combinata dei
popoli indigeni e il governo attraverso la partecipazione del Ministero
del potere Popolare per l’Ambiente, che presiede la Commissione
nazionale di Demarcazione. La rappresentanza indigena proviene da tutti
gli stati in cui si trovano le loro comunità: Anzoátegui (Cumanagoto),
Apure (Cuibas, Puné o Yaruro), Amazonas (Baniva, Bare, Jivi, Kurnipako,
Mako, Piapoka, Piaroa, Punave, Yavorana, Saliva, Narekena, Yanomani,
Yekuana e Yeral), Delta Amacuro (Warao), Monagas (Chaima), Sucre
(Chaima), Bolivar ( Arawak, Macuchu, Pemón, Sanema, Umak o Anitani e
Wapishana) e Zulia (Añú o Paraujano, Bari, Yuxpa, Japrería e Wayúu).
Tutti appartengono a tre famiglie linguistiche: Arawak, Caribe e
Chibcha. Sono pure in procinto di essere riconosciuti i diritti
ancestrali degli Ayomán, dello stato di Falcón, che hanno tutti i
requisiti per essere considerati un popolo indigeno.



Bisogna
rilevare che stando ai dati indicati dal Censimento Indigeno del 2001,
sono stati identificati (specialmente nelle zone urbane) i
rappresentanti di altri popoli indigeni. Sono: Inga (Inca), Kubeo,
Piritu, Sape, Tanebo, Tukano, Waikeri, Waika, Timotocuica, Jirahara,
Guanamo, Gayon, Caquetío, Caribe, Arawak, Ayomán, Chibcha, Kechwa, e
Matako, in tutto 3.722 persone appartenenti a 19 popoli diversi.



La
messa in pratica di questo mandato costituzionale è stata realizzata
seguendo due concetti di fondo. Il primo è il riconoscimento del
diritto ancestrale, che nasce dal vincolo culturale esistente da
generazione in generazione nelle comunità indigene. L’altro elemento è
la tradizione, esistente nelle forme o pratiche di usi e costumi
secondo i patrimoni culturali di ciascun popolo e comunità indigena,
senza che si richieda una continuità nel tempo o nello spazio.



Sul
piano giuridico, è stato necessario creare la Commissione Nazionale di
Demarcazione sulla base del diritto indigeno che negli ultimi anni è
cresciuto con l’approvazione di 42 leggi da parte dell’Assemblea
Nazionale.



Il primo strumento giuridico, in questo senso, è stata
la Legge di Demarcazione e Garanzia di Habitat e Terra dei Popoli
Indigeni (Decreto n. 1.359) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 12
gennaio 2001. In seguito è venuta la Legge Organica dei Popoli e
Comunità Indigene, approvata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il
27 dicembre 2005, che ha definito il processo nella sua applicazione
concreta.



La demarcazione delle terre dei popoli indigeni è
cominciata nel 2001, e fino ad ora, stando ai dati forniti dal
responsabile, signor Alonso Guevara (Difensore Speciale con competenza
nazionale nell’area di Protezione dei Diritti dei Popoli Indigeni),
sono stati distribuiti 34 titoli di proprietà (inalienabili e
intrasferibili) di cui 13 alle comunità dello stato di Apure (Pumé -
Jivi), 10 in Anzoátegui (Kariña), 6 in Monagas (Warao), 4 in Sucre
(Warao) ed 1 nel Delta Amacuro (Warao).



L’iniziativa, per ora, ha
beneficiato 8.932 persone e ha distribuito 905.582,86 ettari di terra.
Mancano ancora le distribuzioni negli stati di Amazonas, Bolívar,
Falcón e Zulia. Sono anche da segnalare le carenze di risorse umane in
ciascuna commissione regionale di demarcazione, il che rallenta non
poco le operazioni. Del resto, si tratta di un processo complesso;
quando la richiesta di demarcazione ottiene il visto della commissione
regionale viene trasferita alla Commissione Nazionale attiva a Caracas,
da qui, in caso favorevole, entro 15 giorni parte la notifica a tutti
gli interessati sollecitandoli a fornire le prove pertinenti. In
seguito, entro 60 giorni (prorogabili) la Commissione Nazionale deve
presentare gli studi tecnico - giuridici e socio - antropologici sulla
materia. Si tratta, infatti, di vagliare la situazione culturale delle
comunità indigene (identificazione, dati storici, linguistica, mappa
mentale degli anziani sull’area e censimento). Oltre, naturalmente, la
situazione giuridica dell’habitat e della terra interessata dall’
attribuzione e la situazione legale di terzi non indigeni. A questo
punto, la Commissione Nazionale emette il verdetto finale e rimette
alla Procura Generale della Repubblica il compito di concedere
materialmente il titolo di proprietà collettivo alla comunità indigena.




E’ degno di nota il fatto che in alcuni paesi latinoamericani si
sono già verificate delle forme di riconoscimento della proprietà della
terra da parte di popolazioni indigene, ma spesso non sono state
demarcate, come nel caso della Colombia, oppure in altre nazioni sono
stati riconosciuti i diritti sui territori occupati dagli indigeni, ma
non gli sono stati attribuiti alcuni titoli di proprietà.




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da Granamcubaweb - www.granma.
cu/italiano/2008/marzo/juev6/prabarrios.html

Il Governo venezuelano
ha stanziato più di un milione di bolivar forti per rafforzare Barrio
Adentro

06/03/08

Il governo venezuelano ha stanziato risorse per
rafforzare la missione “Barrio Adentro” con 1,1 milioni di bolivar
forti. Questa cifra verrà destinata al miglioramento delle
infrastrutture, dei materiali e delle risorse umane.

Il ministro del
Potere Popolare per la Salute (MPPS), il tenente colonnello Jesús
Mantilla, con una nota stampa ha informato che i progressi di questa
missione si riflettono nell’assistenza al 95% della popolazione
venezuelana.

Mantilla ha sottolineato che dal 2003 sono stati
realizzati approssimativamente 278 milioni di consultazioni e sono
state salvate 74mila vite. Inoltre, sono stati realizzati 10 milioni di
check up di oftalmologia e 32 milioni di visite odontoiatriche. Ha
aggiunto che nei Centri di Diagnostica Integrale sono stati assistiti
13 milioni di pazienti e realizzate 110 milioni di prove, mentre nelle
Sale di Riabilitazione Integrale sono state verificati più di 2 milioni
di consulti. I Centri di Alta Tecnologia, finora, hanno realizzato
circa 5 milioni di esami specializzati.

Il ministro Mantilla ha
dichiarato che queste cifre non sono semplici numeri, ma sono persone
che godono del loro diritto contenuto negli articoli 83 e 84 della
Costituzione Bolivariana, che stabiliscono il dovere che ha il Governo
di garantire il diritto alla salute in modo integrale e di qualità per
tutti, senza distinzione di età o di classe sociale.

Inoltre, ha
sottolineato che il successo della missione continuerà perché è il
popolo a trarne beneficio, e con la collaborazione dei dottori della
missione cubana nessuno fermerà i progressi di Barrio Adentro.


Tradotto dall’inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di
Cultura e Documentazione Popolare






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www.
resistenze.org - popoli resistenti - venezuela - 03-01-08 - n. 209

da
Tribuna popular - www.tribuna-popular.org/index.php?
option=com_content&task=view&id=2158&Itemid=1

Venezuela: il movimento
sindacale rivoluzionario prende l’iniziativa

Installata la Tavola del
Dialogo Sindacale Socialista
20/12/2007

La Tavola è aperta a tutte le
correnti di pensiero sindacale, e deve trasformarsi in uno spazio di
dibattito per tutti i lavoratori.

Dirigenti sindacali del Partito
Comunista del Venezuela (PCV) e di Patria para Todos (PPT) hanno
promosso, il 18 dicembre, la Tavola del Dialogo Sindacale Socialista,
che intende affrontare, tra gli altri, gli aspetti riguardanti il
lavoro, contenuti nel Progetto di Riforma Costituzionale.

L’
installazione di questa Tavola è avvenuta nel salone Luis Beltran
Prieto Figueroa del palazzo José Maria Vargas, a Caracas, e vi hanno
partecipato dirigenti del Movimento dei Lavoratori per la Patria (TPP)
e della corrente sindacale Cruz Villega, della Centrale Unica dei
Lavoratori del Venezuela (CUTV).

In relazione all’avvenimento, il
segretario nazionale sindacale del PCV, Pedro Eussé, ha detto che la
Tavola è aperta a tutte le correnti di pensiero sindacale e deve
trasformarsi in uno spazio di dibattito per tutti i lavoratori.

“Non
si propone solamente di analizzare quanto è accaduto il 2 dicembre, ma
anche quegli aspetti che ci consentano di passare all’offensiva e di
avviare il paese verso la costruzione di una società socialista”, ha
affermato.

Egli ha anche messo in rilievo il fatto che il popolo
venezuelano “deve passare all’offensiva in difesa della patria, di
fronte alle minacce degli Stati Uniti e delle sue marionette”.

Da
parte sua, Gustavo Ladino, membro della Direzione Nazionale di PPT e
dei Lavoratori per la Patria, ha aggiunto che l’idea di questa Tavola è
ricercare tra i lavoratori convergenze a sostegno delle proposte del
presidente della Repubblica, Hugo Chavez Frias, in materia di lavoro.


“Tra le altre cose, valuteremo tutto ciò che è successo nel referendum
del 2 dicembre e rinnoveremo la proposta che viene dal Capo della Stato”
, ha affermato Ladino.

Tra le principali iniziative c’è quella della
formazione degli organi del Potere Popolare e, particolarmente, la
Legge dei Consigli dei Lavoratori e delle Lavoratrici, il cui progetto,
proposto dal Partito Comunista, si trova all’attenzione dell’Assemblea
Nazionale.

Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura
del Centro di Cultura e Documentazione Popolare


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WELCOME TO IWPR’S ICTY - TRIBUNAL UPDATE No. 578 Part Two, 21 November,
2008

BRIEFLY NOTED:

LUKIC OUTSIDE CONTACT REVOKED Prosecutors claim
defendant may have intimidated family of witness. By Rachel Irwin in
The Hague

ICJ RULES ON CROATIA CASE Court decides it has authority to
hear genocide case against Serbia. By Merdijana Sadovic in Sarajevo


NEW JUDGE ASSIGNED TO KARADZIC TRIAL Patrick Robinson steps down as
presiding judge following tribunal president appointment. By Simon
Jennings in The Hague

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BRIEFLY NOTED

LUKIC OUTSIDE CONTACT REVOKED

Prosecutors claim
defendant may have intimidated family of witness.

By Rachel Irwin in
The Hague

The Hague tribunal has barred Bosnian Serb defendant Milan
Lukic from communicating with anyone save his lawyers for two weeks.


The decision by the deputy registrar followed a request from prosecutor
Dermot Groome, who claimed in a November 18 letter to the registrar
that Lukic may have “called and intimidated the family of a prosecution
witness” from his detention unit in The Hague.

The prosecutor plans to
review Lukic’s phone transcripts; investigate all calls made to the
family members of witnesses; and “seek appropriate measures” from the
trial judges, stated the deputy registrar.

The request comes just a
week after the final prosecution witness, Hamdija Vilic, testified that
Lukic called him in June from his detention unit and offered him
100,000 euro in return for a fake alibi.

Vilic, a Bosniak who lost his
family in a house fire that Lukic is alleged to have started, said he
met with the defendant’s representatives in Bosnia but ultimately
declined the offer.

Lukic is charged with 21 counts of crimes against
humanity and violations of the laws of war – which include murder,
extermination and severe physical and psychological abuses – that
claimed the lives of at least 150 Bosniaks in the eastern Bosnian town
of Visegrad alone. His cousin Sredoje is charged on 13 counts.

The
defence was scheduled to have commenced its case this week, but lawyers
requested more preparation time from the trial judges. The defence of
Sredoje Lukic will now begin on December 1.

Rachel Irwin is an IWPR
reporter in The Hague.


ICJ RULES ON CROATIA CASE

Court decides it
has authority to hear genocide case against Serbia.

By Merdijana
Sadovic in Sarajevo

The International Court of Justice, ICJ, has this
week ruled it has jurisdiction over the case Croatia filed against
Serbia for genocide.

On November 18, the court passed a final and
binding decision, which is not subject to appeal, that it does have
authority to judge in this case.

Croatia launched a lawsuit against
Serbia, then known as the Federal Republic of Yugoslavia, FRY, with the
ICJ in 1999, claiming that a campaign of ethnic cleansing during the
four-year war in Croatia yielded "a form of genocide which resulted in
large numbers of Croatian citizens being displaced, killed, tortured,
or illegally detained as well as extensive property destruction".


According to Zagreb, the campaign, which claimed more than 10,000
lives, was directly controlled from Belgrade. About one third of the
victims were civilians – including women, children and the elderly.


But at a preliminary hearing held at the ICJ in May this year, Serbia
argued that this court had no jurisdiction to hear this case. It also
claimed that crimes committed in Croatia during its 1991-95 war did not
amount to genocide.

However, a panel of 17 judges dismissed a Serbian
challenge to the ICJ's competence to hear Croatia's complaint.

Croatia
is the second country from the Balkans to bring a genocide case against
Serbia to the ICJ.

Bosnia filed its own genocide lawsuit against the
country in 1993. In February 2007, ICJ judges acquitted Serbia of
direct responsibility for the 1995 Srebrenica genocide, and found it
guilty only of failing to prevent and punish the perpetrators of this
crime.

Serbian authorities responded to ICJ ruling this week, saying
they would counter-sue Croatia for war crimes and ethnic cleansing.


Serbia’s foreign minister Vuk Jeremic told Serbian state television on
November 18 that "Serbia will sue Croatia... and give it an opportunity
to respond to our charges of war crimes and ethnic cleansing" committed
against Serb civilians during the Croatian war.

Serbia claims that
more than 200,000 Serbs fled Croatia, while hundreds died during a 1995
Croatian military offensive, Operation Storm, launched to regain
territory held by rebel Serbs.

Jeremic said he was "sorry" that
Croatia insisted that ICJ should hear its genocide lawsuit, adding that
Serbia and Croatia "should turn to reconciliation... and our European
future”.

Merdijana Sadovic is IWPR’s Hague tribunal programme manager.



NEW JUDGE ASSIGNED TO KARADZIC TRIAL

Patrick Robinson steps down as
presiding judge following tribunal president appointment.

By Simon
Jennings in The Hague

The Hague tribunal’s new president, Judge
Patrick Robinson, who took office this week, has stepped down as
presiding judge in the trial of former Bosnian Serb president, Radovan
Karadzic.

The Jamaican judge has appointed Judge Christoph Flugge of
Germany to the bench in his place but it is currently uncertain which
of the judges will now preside over the case.

The other judges
assigned to Karadzic’s case are Iain Bonomy and Michele Picard. Bonomy
is presiding over pre-trial proceedings which are set to resume n
January.

Robinson will now sit on the tribunal’s appeals chamber, a
shift made under his new role as coordinator of the court’s trials and
judicial chambers.

Karadzic was arrested in Belgrade in July this year
after 13 years on the run. Judges are still set to rule on the
prosecution’s request to update the charges against him.

If they grant
the amendments to the indictment, Karadzic will be charged with 11
counts of war crimes and crimes against humanity including two counts
of genocide. Prosecutors hope to secure a conviction for the 1995
massacre of nearly 8,000 Bosniak men and boys in Srebrenica, as well as
for acts committed across ten Bosnian municipalities in 1991 and 1992.


In other developments this week, Karadzic asked the new tribunal
president to reverse a decision made by the registrar, Hans Holthuis,
not allow him to talk directly to the press.

On 16 October, Karadzic
requested Holthuis to allow him to meet the journalist, Zvezdana
Vukojevic, from the Dutch publication, Revu. Karadzic reasoned his
request should be granted because “for many years the prosecutors of
this tribunal and others have demonised me in the media without any
opportunity for me to present my side of the story”.

But the request
was denied on the grounds that meeting a member of the press at the UN
Detention Unit where Karadzic is in custody could present a security
risk, as well as the possibility of “sensational reporting” which might
prejudice the trial and the administration of justice.

Karadzic has
asked for the ruling to be reversed claiming that this interpretation
of the tribunal’s detention rules constitutes “an unreasonable
restriction on the right to freedom of expression”.

Simon Jennings is
an IWPR international justice reporter in The Hague.

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ICTY - TRIBUNAL UPDATE, which has been running since 1996, details
events and issues at the International Criminal Tribunal for the Former
Yugoslavia, ICTY, in The Hague.

These weekly reports, produced by
IWPR's human rights and media training project, seek to contribute to
regional and international understanding of the war crimes prosecution
process.

The opinions expressed in ICTY - Tribunal Update are those of
the authors and do not necessarily represent those of the publication
or of IWPR.

ICTY - Tribunal Update is supported by the European
Commission, the Dutch Ministry for Development and Cooperation, the
Swedish International Development and Cooperation Agency, the Foreign
and Commonwealth Office, and other funders. IWPR also acknowledges
general support from the Ford Foundation.

ICTY - TRIBUNAL UPDATE:
Editor-in-Chief: Anthony Borden; Managing Editor: Yigal Chazan; Senior
Editor: John MacLeod; Editor: Caroline Tosh; Project Manager: Merdijana
Sadovic; Translation: Predrag Brebanovic, and others.

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Betreff: roma-kosovoinfo: Neue Eintraege / new entries
Datum: Sun, 23
Nov 2008 17:31:30 +0200
Von: Dirk Auer <dirk.auer@...>
An:
roma-kosovoinfo <mail@...>




Liebe FreundInnen von
roma-kosovoinfo,

wir möchten Sie auf folgende neue Einträge auf www.
roma-kosovoinfo.com
<http://www.roma-kosovoinfo.com/> hinweisen:



*Nachrichten:*
*

20. November 2008
*Flüchtlingsrat Niedersachsen:
Keine Abschiebungen von Roma in den Kosovo*
Vertreter des Vereins der
Roma-Lehrer für Schulbildung und Kultur aus
dem Kosovo e.V. und von
Romane Aglonipe e.V. haben der
Innenministerkonferenz in Potsdam eine
Petition überreicht, die am 3.
Oktober dieses Jahres auf einer
Versammlung von Roma in Deutschland
verabschiedet wurde. Darin wird ein
sicherer Aufenthaltsstatus für Roma
gefordert, die vor dem Krieg aus
dem Kosovo nach Deutschland geflüchtet
waren.
http://www.roma-
kosovoinfo.com/index.php?option=com_content&task=view&id=185&Itemid=1

<http://www.roma-kosovoinfo.com/index.php?
option=com_content&task=view&id=185&Itemid=1>

7. November 2008
*EU-
Kommission veröffentlicht Fortschrittsbericht zu Kosovo*
EU-
Erweiterungskommissar Olli Rehn hat in Brüssel die jährlichen

Fortschrittsberichte zu den Beitrittskandidaten Türkei, Kroatien,

Mazedonien sowie zu den Bewerbern Albanien, Bosnien-Herzegowina,

Serbien, Montenegro und Kosovo vorgelegt. Wir dokumentieren Auszüge aus

dem Kosovo-Report, die Situation ethnischer Minderheiten bertreffend

(Quelle: Romano Them).
http://www.roma-kosovoinfo.com/index.php?
option=com_content&task=view&id=190&Itemid=1
<http://www.roma-
kosovoinfo.com/index.php?option=com_content&task=view&id=190&Itemid=1>

Der vollständige Bericht kann hier herunter geladen werden:
http://ec.
europa.eu/enlargement/pdf/press_corner/key-
documents/reports_nov_2008/kosovo_progress_report_en.pdf

13. Oktober
2008
*Asylsuchende Roma aus Kosovo – Position der SFH
*Die
Schweizerische Flüchtlingshilfe SFH nimmt in einem vierseitigen
Papier
Stellung zur Beurteilung von Gesuchen von asylsuchenden Roma,
Ashkali,
«Ägypterinnen und Ägypter» aus Kosovo - anknüpfend an ihre
früheren
Positionen und gestützt auf eine neue Lageanalyse.
http://www.osar.
ch/2008/10/10/kosovo_roma

11. Oktober 2008
*Romano Them: Keine
Glückwünsche für Friedensnobelpreisträger Martti
Ahtisaari*
Für die
Kosovo Roma gibt es nach Auffassung der Internetplattform Romano
Them
keinen Grund, sich in den Chor der Gratulanten für den diesjährigen

Friedensnobelpreisträger einzureihen. In anderen Teilen der Welt seien

die diplomatischen Erfolge von Martti Ahtisaari zwar unbestreitbar. Im

Fall der Kosovo Roma habe er jedoch komplett versagt, erklärte die

Organisation (engl.)
http://www.roma-kosovoinfo.com/index.php?
option=com_content&task=view&id=189&Itemid=1
<http://www.roma-
kosovoinfo.com/index.php?option=com_content&task=view&id=189&Itemid=1>


7. Oktober 2008
*Petition für ein Aufenthaltsrecht für Roma*
Vertreter
von Roma Anglonipe und dem Verein der Rroma-Lehrer für
Schulbildung und
Kultur aus dem Kosovo haben eine Petition mit der
Forderung nach einem
dauerhaften Aufenthalt für Roma in Deutschland
verfasst. Die Petition
richtet sich an die Konferenz der Senatoren und
Minister des Inneren,
die vom 19.11. - 21.11.2008 in Potsdam tagt, an
die Abgeordneten des
Deutschen Bundestages, an die Mitgliedstaaten der
EU, deren
Außenminister, das UNMIK-Sekretariat, die Regierung des
Kosovo, die
Regierung Serbiens und deren Vertretung im Kosovo.
Organisationen und
Einzelpersonen sind aufgefordert, die Petiton zu
unterschreiben und
durch Weiterverbreitung zu unterstützen.
Der Text der Petition kann
hier herunter geladen werden:
http://www.nds-fluerat.org/wp-
content/uploads/2008/10/petition_roma-treffen-2008.pdf
... und die
Unterschriftenliste hier:
http://www.nds-fluerat.org/wp-
content/uploads/2008/10/unterschriften-liste_petition-roma-treffen-2008.
pdf

12. August 2008
*Schweizerische Flüchtlingshilfe: Neue
Länderanalyse Kosovo*
Die Schweizerischen Flüchtlingshilfe SFH hat ein
Update zur ihrer
Länderanalyse Kosovo herausgebracht. Der Bericht kann
hier herunter
geladen werden:
http://www.osar.
ch/2008/08/12/kosovo_update_situation


*Medienspiegel:*
*
*
Uwe
Renners: Untergetaucht, in: Westfälische Nachrichten v. 14.10.2008
http:
//www.westfaelische-nachrichten.
de/lokales/kreis_steinfurt/altenberge/723525_Untergetaucht.html

Roma
Laurent Gueslin: Balkan Roma, people without a state, in: Le Monde

diplomatique, September 2008
http://mondediplo.com/2008/09/11roms


*Dokumente:*

Position der Schweizerische Flüchtlingshilfe:
Asylsuchende Roma aus
Kosovo (Oktober 2008)
http://www.roma-kosovoinfo.
com/index.php?
option=com_content&task=view&id=22&Itemid=35&lang=de#Aktuell
<http:
//www.roma-kosovoinfo.com/index.php?
option=com_content&task=view&id=22&Itemid=35&lang=de#Aktuell>


Schweizerische Flüchtlingshilfe: Kosovo (Update), 12. August 2008
http:
//www.roma-kosovoinfo.com/index.php?
option=com_content&task=view&id=22&Itemid=35&lang=de#Aktuell
<http:
//www.roma-kosovoinfo.com/index.php?
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Mit
freundlichen Grüßen
roma-kosovoinfo

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here is 1 message in this issue.

Topics in this digest:

1. German,
Kosovo Special Forces/Terrorist Allies Fall Out
From: Rick
Rozoff


Message

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1. German, Kosovo Special Forces/Terrorist Allies Fall Out
Posted
by: "Rick Rozoff" rwrozoff@... rwrozoff
Date: Mon Nov 24,
2008 5:47 pm ((PST))

http://news.trend.az/index.shtml?
show=news&newsid=1352967&lang=en


Deutsche Presse-Agentur
November 23,
2008


Germans arrested in Kosovo face terrorism charges


A judge in
Kosovo ordered late Saturday a 30-day
detention for three suspected
German intelligence
agents arrested on Wednesday in connection with a
bomb
attack on European Union offices in Pristina, dpa
reported.


Lawyers of the men said prosecutors were trying to
link their clients
to "acts of terrorism," punishable
with up to 20 years in prison.


Kosovo and German media reports have claimed the
suspects were working
for the German intelligence
service, the BND. Berlin officials have not
commented
on the allegations.

Police arrested the three Germans on
Wednesday, five
days after an explosive device was hurled at the
office
of the EU's Special Representative for the
region. Nobody was injured
in the blast.

An EU mission is due to take assume oversight of
law-
enforcement in Kosovo after more than eight years
as a United Nations
protectorate.

Kosovo declared independence from Serbia in February
and
Pristina, Belgrade, the UN and EU are currently
wrangling over the
conditions for the deployment of
the EU mission, Eulex, comprising
2,000 police,
judicial and customs officials.



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RACCOMANDATA RR

Al Direttore di Osservatorio Balcani
LUCA RASTELLO
Piazza S. Marco, 7
38068 Rovereto (TN)

 

Milano, 21 novembre 2008


Egregio Direttore,
prendo atto della sua lettera del 21 ottobre u.s. con le scuse della sua testata. Accetto che pubblichiate la mia lettera, la vostra risposta e la mia replica.
Apprezzo la vostra politica di favorire il dibattito aperto, quando questo, però, rimane nell’ambito dello scambio di opinioni e non si trasforma in un’aggressione personale, fantasiosa. Questa è una forma di reazione primitiva di fronte a tesi non conformi a quelle imposte ma pur sempre realistiche, parlo del Dossier Srebrenica da me tradotto. 
Ho letto Gente di Srebrenica di Azra Nuhefendić, da voi inviatomi. Questo articolo ha apparentemente scatenato la polemica e il commento punitivo nei miei confronti. Mi sento quindi autorizzata a commentarlo.
L’articolo, ovviamente soggettivo, ha un tono simile a quello che impiegherebbe un bosniaco serbo o un bosniaco croato. E’ triste che tredici anni dopo la fine della guerra civile in Bosnia gli animi siano ancora pieni di rancore e rabbia verso l’altro, quando in realtà sono stati tutti pedine di una politica imposta da fuori. 
Rilevo alcuni punti dell’articolo. Quando l’autrice parla del comandante Nenad, che ha abbandonato i Serbi di Ilijaš e si è comportato da profittatore di guerra, – curioso, è la stessa accusa fatta a me – dimentica che Naser Orić, comandante della 28a Legione Musulmana di stanza a Srebrenica ha abbandonato la città pochi giorni prima del fatidico 11 luglio 1995 con tutto il suo stato maggiore. La difesa di Srebrenica è stata lasciata ad ufficiali di grado inferiore spaventati ed impreparati. Orić vive felicemente a Tuzla o lì presso e non ha subito alcun giudizio per i circa 3500 civili serbi depredati e uccisi per suo ordine nei villaggi della regione dal 1992 al 1995.
L’autrice parla anche di fanatici ultrà serbi che sfilano per Srebrenica. E i gruppuscoli di violenti patrocinati dalla linea dura del SDA (Partito d’Azione Democratica di cui era presidente il defunto Aljia Izetbegović) come l’AIO (Aktivna Islamska Omladina - Gioventù Islamica Attiva)? E i wahabiti? E il sottogruppo dell’AIO chiamato Kvadrat formato da ragazzi orfani allenati alle tecniche d’assalto? 
Per ritornare a Srebrenica, sono convinta che, quando il vento della politica internazionale cambierà, avremo delle sorprese sulla storia di quel tragico avvenimento.
Nel maggio del 1996 fui io ad essere sorpresa. A Milići  gli americani della IFOR avevano arrestato dieci Musulmani armati, sospettati di aver trucidato tre Serbi. I dieci uomini erano stati consegnati alla polizia serba di Pale. Dato che non c’erano prove evidenti della loro colpevolezza vennero schedati e rilasciati. I dieci uomini risultarono appartenere a Laste, un gruppo di estremisti, e i nomi di otto di loro figuravano nella lista degli scomparsi di Srebrenica depositata dalla Croce Rossa Internazionale al Tribunale di Zvornik. Possiedo copia della documentazione.
Aggiungo che importanti uomini di governo come Haris Silajdžić e Hasan Muratović hanno dichiarato pubblicamente il loro proposito di trasformare la Bosnia-Erzegovina in uno stato islamico dalla Croazia alla Drina. Questo non contribuisce certo a tranquillizzare le altre due nazionalità presenti nel paese!
Come scrisse nel 1993 il giornalista francese Jacques Merlino Le verità jugoslave non sono tutte belle da raccontare e chi cerca di riportarle nel modo più oggettivo finisce per essere calunniato.

Con i miei migliori saluti.
Jean Toschi Marazzani Visconti




Il giorno 20/ott/08, alle ore 16:39, Coord. Naz. per la Jugoslavia ha scritto:


Studio Avvocato Enzo Lepre
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RACCOMANDATA RR

Al Direttore di Osservatorio Balcani
LUCA RASTELLO                              
Piazza s. Marco, 7
38068 Rovereto (TN)
                                                            
Milano, 12 ottobre 2008

Egregio Direttore,
ho appreso casualmente un commento che tale Asra Nehufendic, a me sconosciuta, ha fatto su di me sulla sua testata il 16 maggio 2008 e tutt’ora in rete (*):

Autore: azra
Data e ora: 16.05.2008 14:18
gente di Srebrenica
Sulla credibilità di J. T.J. Visconti: T.Visconti fu pagata dai serbi Bosniaci per fare la propaganda per i loro scopi. Fu molto amica di Radovan Karadjic e Ratko Mladic e altri accusati per i crimini contro l'umanità. Girava per la Serbia e la parte occupata della Bosnia insieme con un giovane, un tale Daniel Shifer, che si presentava come "umanista". I loro "datori" di lavoro erano scontenti. Furono licenziati presto. Di loro due scriveva in modo peggiorativo persino la stampa Serba. I giornalisti italiani che "coprivano" la guerra in Bosnia, anche loro, ne sanno qualcosa su questi due "umanisti". J.T. Visconti non ha mai messo piede ne a Sarajevo, ne in nessun altra parte della Bosnia che non era controlatta dai Serbi. Questo tipo di gente, di solito, si definisce come approfittatori dalla guerra.

Reputo fuori luogo che la sua testata permetta simili sfoghi dettati da odio cieco ed ottuso verso qualcuno che ha semplicemente tradotto il Dossier Srebrenica dal francese, testo a sua volta tradotto dall’associazione Verité Justice dall’originale del gruppo di ricercatori statunitensi.
Ho scritto per diverse testate italiane ed estere fra cui Il Manifesto e Limes. Sono arrivata a Sarajevo la prima volta con Elie Wiesel nel novembre 1992.
Ritengo il contenuto dell’allegato altamente calunnioso e mendace.
Ho conferito mandato ai miei legali di procedere nelle sedi opportune contro la sua testata.
Attendo comunque scuse ufficiali per lettera e sull’Osservatorio Balcani da quanti si sono resi responsabili del commento in questione.

Jean Toschi Marazzani Visconti

---

(*) http://www.osservatoriobalcani.org/forum/messagelist/9417

Sulla attività di saggista e giornalista di Jean Toschi Marazzani Visconti si veda ad esempio:

LA DISINFORMAZIONE in EX JUGOSLAVIA E IN KOSOVO
http://www.cnj.it/documentazione/jtmv06.htm

IL CORRIDOIO. Viaggio nella Jugoslavia in guerra
http://www.cnj.it/INIZIATIVE/jeantoschi.htm

Sul testo tradotto da Jean Toschi Marazzani Visconti
Il Dossier nascosto del "genocidio" di Srebrenica
si veda ad esempio:
http://www.cnj.it/documentazione/srebrenica.htm#dossier



("Apprendista stregone", come nel titolo di questa importante analisi del portale tedesco German Foreign Policy, è il servizio segreto BND. Tre spie tedesche, che lavoravano in una azienda di copertura del BND, sono state arrestate in Kosovo con l'accusa di essere implicate in attentati contro istituzioni di ONU e UE perpetrati negli ultimi anni sul territorio. E' noto comunque che il BND ha agito in questi stessi anni con l'obiettivo di strappare con la violenza ed il terrorismo il Kosovo dalla Jugoslavia e dalla Serbia, in particolare attraverso l'appoggio all'UCK e attraverso l'organizzazione dei pogrom razzisti contro i non-albanesi. Evidentemente la situazione sta ora degenerando in uno scontro tra mafia kosovara - di stretta "osservanza" statunitense, e che sembra tirare le fila di questi recenti arresti - e neoimperialismo germanico... A cura di I.S.)


Der Zauberlehrling
 
24.11.2008
PRISTINA/BERLIN
 
(Eigener Bericht) - Die Festnahme mehrerer BND-Agenten im Kosovo wirft zum wiederholten Male ein Schlaglicht auf den polit-kriminellen Charakter der Geschehnisse in dem westlichen Protektorat. Den drei Männern, die für eine Tarnfirma der deutschen Auslandsspionage arbeiteten, wird vorgeworfen, in mehrere Bombenanschläge gegen Einrichtungen der EU sowie der UNO verwickelt zu sein. Tatsächlich war der BND bereits in der Vergangenheit in kriminelle Machenschaften im Kosovo involviert; er half beim Aufbau der Terrororganisation UCK und hielt Kontakt zu den Organisatoren der kosovo-albanischen Pogrome, die im März 2004 zahlreiche Todesopfer forderten. Ziel war es jeweils, die politische Entwicklung in dem Gebiet entscheidend zu beeinflussen. Ob dies auch im aktuellen Fall zutrifft, ist bislang ungeklärt. Beobachter schließen nicht aus, dass die Festnahme von der kosovarischen Mafia in die Wege geleitet worden ist. Der BND hatte in der Vergangenheit mehrfach über die Organisierte Kriminalität in Pristina berichtet, die in der dortigen "Regierung" Amtsträger stellt; genannt wurde etwa der gegenwärtige "Ministerpräsident". Für die kriminellen Verhältnisse im Kosovo trägt vor allem Berlin Verantwortung, das die Herausbildung eines kosovarischen "Staates" unter Führung mutmaßlicher Gangster durchgesetzt hat - unter Mithilfe des BND.
Die undurchsichtige Affäre um die Festnahme dreier mutmaßlicher BND-Männer in der vergangenen Woche in Pristina offenbart einmal mehr den polit-kriminellen Charakter der Geschehnisse in dem Protektorat. Den Agenten wird vorgeworfen, in den Sprengstoffanschlag auf das EU-Hauptquartier im Kosovo am 14. November verwickelt zu sein; darüber hinaus sollen sie wegen früherer Anschläge auf Einrichtungen der UNMIK, der OSZE und des Kosovo-Parlaments bereits seit eineinhalb Jahren der Beschattung unterliegen. Zudem werden sie voraussichtlich auch wegen Spionage für einen fremden Dienst angeklagt. Im Fall eines Schuldspruchs drohen ihnen bis zu 20 Jahren Haft. Nach übereinstimmenden Berichten mehrerer Geheimdienstquellen waren die drei bei einer BND-Tarnfirma mit dem Namen "Logistics Coordination Assessment Services" angestellt, die offiziell Investment-Beratung für deutsche Unternehmen im Kosovo anbietet. In Pristina ist die Absicht erkennbar, die BND-Aktivitäten zu skandalisieren. Während das Auswärtige Amt zunächst hoffte, die Angelegenheit - auch mit Verweis auf die bedeutende deutsche Rolle für die kosovarische Sezession - ohne größere öffentliche Aufmerksamkeit regeln zu können, finden sich mittlerweile nicht nur die Namen, sondern auch Fotos der Agenten in der kosovarischen Presse.

Streit um EULEX

Dem Vorfall vorausgegangen waren komplexe Verwicklungen um die Sezession Pristinas, über die es in der Presse hieß, "zum ersten Mal seit dem Beginn der Krise im Kosovo Anfang der 1990er Jahre" sei nicht die serbische, sondern die albanische Seite internationalem Druck ausgesetzt gewesen.[1] Stein des Anstoßes waren die 2.000 Polizisten, Zöllner, Juristen und Verwaltungsbeamte, die die EU unter dem Label European Union Rule of Law Mission (EULEX) in die südserbische Provinz entsenden will. Aufgabe von EULEX ist es, aus den kosovarischen Behörden Staatsapparate zu formen und damit die Sezession Pristinas unumkehrbar zu machen. Den ursprünglichen Plänen Berlins und der EU zufolge sollte EULEX die UNO-Mission UNMIK weithin ersetzen und die Transformation des Kosovo damit faktisch der Kontrolle durch Brüssel übertragen. Dies scheiterte bislang jedoch trotz massiver Obstruktionen auch seitens Berlins (german-foreign-policy.com berichtete [2]) an Widerständen innerhalb der Vereinten Nationen.

Proteste in Pristina

Ursache ist, dass bis heute zwei Mitglieder des Sicherheitsrats (Russland, China) und die große Mehrheit der UNO-Staaten Pristinas illegale Sezession nicht anerkennen. Diesem Umstand trägt UNO-Generalsekretär Ban Ki-Moon wider westliches Erwarten Rechnung und verweigert seit Monaten einer Umsetzung der EU-Pläne ohne Zugeständnisse an Belgrad die Zustimmung. Ban hat schon vor geraumer Zeit einen Vorschlag gemacht, der serbische Minimalpositionen berücksichtigt: Demnach soll EULEX in den albanischsprachigen Gebieten des Kosovo tätig werden, während in den serbischsprachigen Teilen der Provinz UNMIK die Kontrolle über Polizei und Justiz behält. Zudem wird EULEX formal darauf verpflichtet, "statusneutral" vorzugehen und die Eigenstaatlichkeit Pristinas nicht zu fördern. Brüssel hat sich jetzt auf Bans Konzept eingelassen, um weitere Verzögerungen zu vermeiden und rasch mit EULEX tätig werden zu können. Pristina, zum ersten Mal ohne offene westliche Rückendeckung, lehnt den Vermittlungsvorschlag ab und protestiert; am letzten Mittwoch demonstrierten Tausende Kosovo-Albaner gegen Bans Pläne und gegen die Zustimmung der EU.

Politisches Ziel

Den Sprengstoffanschlag auf das EU-Hauptquartier in Pristina, der nur zwei Tage nach Bekanntgabe der Zustimmung Brüssels zu den EULEX-Einschränkungen erfolgt war, hatten Beobachter zunächst ebenfalls als Protest gewertet - Protest gegen die Einwilligung der EU zu den Zugeständnissen an Belgrad. Sollte sich bestätigen, dass die deutsche Auslandsspionage in das Attentat verwickelt ist, wäre es nicht das erste Mal. Bereits bei den Massenpogromen gegen Serben und serbische Einrichtungen im März 2004 spielte ein BND-Informant eine beachtenswerte Rolle: Der Mann gehörte zu den Organisatoren der Unruhen und diente dem deutschen Auslandsgeheimdienst als Quelle.[3] Nur zwei Wochen vor dem Beginn der Pogrome soll die Verbindung vom BND eingestellt worden sein. "Ich gehe davon aus, dass der BND die Bundesregierung sehr wohl informiert hat", urteilte damals der Geheimdienstexperte Erich Schmidt-Eenboom und schloss, "dass die Übergriffe der Albaner gegen die Serben" von der deutschen Seite "geduldet worden sind".[4] In den Unruhen kamen 19 Menschen ums Leben, rund 4.000 wurden vertrieben, über zwei Dutzend serbische Klöster wurden schwer beschädigt. Politisch wirkten die Pogrome jedoch: Sie führten in Berlin und Brüssel zur Forderung nach beschleunigter Sezession Pristinas.[5]

Kriminelle Mittel

Politische Ziele im Kosovo verfolgte der BND schon seit Beginn der 1990er Jahre mit kriminellen Mitteln - mit Unterstützung für die Terrortruppe UCK. Berichten zufolge nahm er 1992 Kontakt zu militanten Kosovo-Albanern auf [6] und half wenig später "beim Training und bei der Ausrüstung der Rebellen (...), um deutschen Einfluss in der Balkanregion zu zementieren" [7]. Die engen Verbindungen zahlten sich dann während des Überfalls auf Jugoslawien aus, bei dem die UCK NATO-Bodentruppen ersetzte und den serbischen Gegner besiegen half. Dass Berlin und der Westen die kriminelle Hilfsmiliz nicht mehr abschütteln konnten, zeigte sich bald: Frühere UCK-Führer behaupteten sich nicht nur als Bosse der kosovarischen Mafia, sondern übernahmen auch wichtige Positionen in der kosovarischen Politik.

In die Quere gekommen

Vor den mafiotischen Strukturen in Pristina warnt seit einigen Jahren regelmäßig der BND - und damit ausgerechnet die Organisation, die deren Aufstieg mit der Unterstützung für die UCK in den 1990er Jahren erst ermöglicht hat. Bereits 2005 hieß es in einem an die Öffentlichkeit lancierten Papier des Dienstes, Hashim Thaci - heute "Ministerpräsident" - sei einer der führenden kosovarischen Mafiabosse. Zwei Jahre später schrieben die Autoren einer Studie, die sich ebenfalls auf BND-Quellen zu stützen scheint, Thaci verfüge "auf internationaler Ebene" über weit reichende "kriminelle Netzwerke".[8] Auch andere Politiker aus dem Kosovo werden vom BND als Kriminelle eingestuft. Erkenntnisse über Geldwäsche, Drogenhandel und Zwangsprostitution im Kosovo zu sammeln sei eine wichtige Aufgabe der BND-Firma "Logistics Coordination Assessment Services" gewesen, erklärt der Geheimdienstexperte Udo Ulfkotte. Ulfkotte hält die aktuelle Festnahme in Pristina für einen Gegenschlag der Mafia: "Die BND-Männer sind jemandem in die Quere gekommen."[9]

In beiden Fällen

Sollte Ulfkotte Recht behalten, dann handelte es sich bei dem aktuellen Skandal um den bislang härtesten bekannt gewordenen Gegenschlag der kriminellen Strukturen, die Berlin und der Westen in Pristina an die Macht gebracht haben. Zu konstatieren bliebe nur, was auch im Falle einer tatsächlichen Täterschaft der BND-Agenten festgehalten werden müsste: Die kriminelle Gewalt, die Berlin in den 1990er Jahren gerufen hat, um die serbische Herrschaft über das Kosovo zu beenden, wird es nun nicht mehr los.

Weitere Informationen zur deutschen Kooperation mit kriminellen Strukturen im Kosovo finden Sie hier: Aufs engste verflochtenPolitische FreundschaftenHeldenfigur"Danke, Deutschland!"Unter deutscher AufsichtOrganhandel,Willkür an der Macht und Nach NATO-Standards.
[1] EU gibt Serbien bei Kosovo-Mission nach; Der Standard 12.11.2008
[2] s. dazu Blankes Chaos
[3] Was wusste der Bundesnachrichtendienst?; www.tagesschau.de 19.11.2004
[4] Kosovo-Unruhen: Wer wusste was?; Telepolis 22.11.2004
[5] s. dazu Konsequenz des KriegesLeitbildKolonialherren und "Stück Land ohne Status"
[6] Erich Schmidt-Eenboom: Kosovo-Krieg und Interesse; www.geheimdienste.info
[7] Matthias Küntzel: Der Weg in den Krieg. Deutschland, die Nato und das Kosovo, Berlin 2000
[8] s. dazu "Danke, Deutschland!"
[9] Agenten-Thriller auf dem Balkan; Abendzeitung 23.11.2008


Si informano gli iscritti che, per ragioni tecniche, la diffusione
attraverso questa lista verrà molto diminuita fino a inizio dicembre.

Saluti cordiali
Subscribers are informed that for technical reasons,
the number of messages coming from this list will be considerably
reduced until the beginning of december.
Greetings


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