Informazione

Il Kosmet dai pogrom alle nuove elezioni-farsa (1)

(collezione di documenti e segnalazioni in lingua italiana)

1. Holbrooke e Thaci pianificarono il terrore (Blic 25/3/2004) /
KOSOVO: USA, PER HOLBROOKE VIOLENZA PREVEDIBILE (ANSA - 24/3/2004)

2. Le testimonianze oculari degli operatori di ICS ed AssoPace

3. Rugova reclama l'indipendenza (Il Manifesto, 10/9/2004)

4. Segnalazioni e link a vari articoli, spec. di Osservatorio Balcani


=== 1 ===

http://www.blic.co.yu/ -- 25.03.2004
("Tajna vecera u Vašingtonu":
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3353 )

Holbrooke e Thaci pianificarono il terrore (Blic)

Meno di una settimana prima degli scontri in Kosovo e Metohija, un
gruppo di lobbisti Albanesi in USA ebbero un meeting in cui decisero di
aiutare i Kosovo-Albanesi a forzare la comunità internazionale a
fornire l'indipendenza al Kosovo.
Blic ricevette tale informazione da fonti ben-informate negli USA. Come
Blic scoprì in seguito, tale informale meeting si ebbe su iniziativa di
David Philips, direttore del Center for preventive action
dell'International
Relations Council a New York.
Il meeting si ebbe in una casa dopo una cena leggera. A parte Philips,
noto al nostro pubblico per aver offerto alle autorità Serbe di
comprare il Kosovo per tre miliardi di euro, Richard Holbrooke,
ex-inviato USA nei Balcani era presente. Vi erano anche Randy Bears,
vecchio consigliere politico del Senatore John Kerry, l'attuale
candidato presidenziale USA, e molte persone dell'ex amministrazione di
Clinton, vicini alla lobby Albanese.
Ospite d'onore della cena era Hashim Thaci, ex leader del KLA, in
visita negli USA all'epoca. Secondo nostre fonti ufficiose Richard
Holbrooke affermò, nel meeting, che l'indipendenza del Kosovo e i suoi
membri nell'UE era il miglior modo per stabilire la pace nei Balcani.
L'ospite discusse le possibilità per una campagna mediatica e accettò
certe linee guida per azioni future.
Fonti di Blic dicono che gli ospiti erano d'accordo che la prima buona
opportunità dovrebbe essere attesa all'inizio dell'attacco. Con una
opportunità che si ebbe per molti giorni dopo che gli Albanesi usarono
la tragica scomparsa di loro tre bambini come una scusa per iniziare la
campagna di terrore contro i Serbi.
Thaci informò la pubblica opinione che "interruppe la sua visita negli
USA per ritornare e calmare la situazione."
Mentre Holbrooke e Thaci erano ben noti alla nostra pubblica opinione,
Philips e Bears sono persone ignote, che vengono dall'ombra. Un fatto
su Bears è che è di origini Albanesi. Si crede che in caso che John
Kerry vinca le elezioni presidenziali, Bear prenderebbe la carica di
Segretario di Stato USA. Riguardo Philips, il sito Internet ufficiale
dell'influente ONG USA Council for international Relations, è descritto
come direttore del Center for preventive
action del CFR.
Il centro studia i conflitti e i modi per prevenirli. Il suo articolo
sui Balcani, in cui ha presentato soprattutto istanze anti-Serbe, venne
pubblicato su importanti quotidiani, inclusi The New York Times, The
Christian Science Monitor, e The International Herald Tribune.
Le fonti di Blic, vicine all'amministrazione USA, affermano in
condizione di anonimato che Philips aveva avuto a che fare con i
Balcani per molto tempo e che era regolarmente presente in tutti i
meeting relativi alle questioni balcaniche.
Nel periodo precedente la crisi, Philips era assai vicino al regime
dell'ex presidente Slobodan Milosevic così come a molti leader
dell'opposizione. Presiedette il team di esperti e ufficiali USA che
lavorò sulla cosiddetta questione Albanese negli anni '90.
Nel Dicembre 1995, David Philips e altri sei statunitensi giunsero a
Belgrado e si incontrarono con il presidente Serbo Milosevic. Ottenne,
in quell'occasione, il permesso da Milosevic di aprire l'American
information office di Pristina. Da Belgrado Philips andò a Pristina e
incontrò dei politici Albanesi. Quindi andò a
Skopje e, infine, a Washington dove incontrò Richard Holbrooke e
l'informò sulle impressioni del viaggio in Serbia.
Poco dopo, tali impressioni vennero pubblicate in un rapporto chiamato
Towards Permanent Peace in Southeast Europe. In questo rapporto era
richiesto che le sanzioni contro Belgrado dovessero rimanere e che si
doveva lavorare per rafforzare l'American office di Pristina. Solo otto
mesi dopo, nell'agosto 1996, Philips andò nuovamente a Belgrado,
assieme ai suoi soci e incontrò Milosevic. All'epoca cercava di far
aprire delle scuole in Kosovo e iniziò dei negoziati per un meeting
Milosevic-Rugova. I seguito, Philips si occupò dell'opposizione Serba
che attivamente partecipava nei meeting in cui i più importanti
politici Serbi partecipavano.
Uno dei più importanti meetings, senza dubbio, si ebbe nell'Aprile 1997
a New York quando una tavola rotonda sulle relazioni Serbe-Albanesi si
ebbe presso una organizzazione per le relazioni etniche, PER. Gli
Albanesi erano guidati da Fehmi Agani, Mahmut Bakali, Adem Demaci,
Hidajet Hiseni e Veton Suroi.
David Philips guidava gli statunitensi. Cyrus Vance, Rudolph Perina e
alcuni altri esperti dei Balcani erano presenti. I Serbi erano
rappresentati da Vuk Draskovic, Miroljub Labus, Dragoljub Micunovic,
Vesna Pesic e Dusan Janjic.
Si concordò che un trattato sul Kosovo tra Albanesi e Serbi sarebbe
stato raggiunto attraverso i negoziati. Si concordò anche che i
principi di Helsinki sull'inviolabilità dei confini dovevano essere
rispettati. La vendita del Kosovo, per quello che ne sappiamo, non
venne discussa.

traduzione di Alessandro Lattanzio
e-mail:alexlattanzio@ yahoo.it
URL: www.aurora03.da.ru

---

KOSOVO: USA, PER HOLBROOKE VIOLENZA PREVEDIBILE

(ANSA) - WASHINGTON, 24 MAR - L'esplosione di violenza nel Kosovo era
prevedibile perche' la comunita' internazionale non ha mai risolto la
questione dello status definitivo della provincia serba, secondo l'ex
ambasciatore americano all'Onu Richard Holbrooke. Secondo
Holbrooke, architetto degli accordi di Dayton del 1995, l'Unione
europea, le Nazioni Unite e gli Stati Uniti dovranno affrontare il
problema della definizione giuridica del Kosovo ''ma solo se la
violenza si diminuira' in entrambi le parti''. In un'intervista
telefonica con l'agenzia di stampa Reuters, Holbrooke ha detto di aver
messo in guardia Harry Holkeri, il governatore Onu per il Kosovo,
circa l'inevitabilita' della recrudescenza delle violenze se si
continuava a rinviare una soluzione definitiva della provincia durante
una visita a Pristina nell'ottobre scorso. ''Purtroppo Holkeri non
ha preso provvedimenti per accelerare i colloqui sullo status perche'
non si e' reso conto che il tempo non stava dalla sua parte'', ha
detto Holbrooke. Secondo l'ambasciatore all'Onu
dell'Amministrazione dell'ex presidente Bill Clinton, gli Stati Uniti
''abbandonarono la questione del Kosovo quando George W. Bush divenne
presidente, relegandola in un livello basso della burocrazia''.
(ANSA). FS 24/03/2004 00:12
http://www.ansa.it/balcani/kosovo/kosovo.shtml


=== 2 ===

------- Forwarded message follows -------
Date forwarded: Thu, 18 Mar 2004 16:31:20 +0100
Date sent: Thu, 18 Mar 2004 15:45:15 +0100
To: news@ peacelink.it
From: "Catherine Dickehage" (by way of Carlo Gubitosa)
Subject: ICS: ULTIMORA KOSOVO
Forwarded by: news@ peacelink.it

ULTIMORA DAL KOSOVO
“Tramite telefono siamo riusciti a contattare colleghi e amici
sparsi per il Kosovo durante la serata di ieri. E la situazione non e’
per niente bella”. Così ci racconta Marco Bruccoleri, responsabile ICS
in Kosovo. “Qui a Pristina ci sono stati colpi di armi da fuoco fino a
notte tarda, hanno assaltato la sede generale delle nazioni unite che
e’ stata evacuata ma questa mattina la situazione appare calma anche
se la citta’ e’ blindata”. A Mitrovica tutti gli internazionali sono
stati evacuati dentro la Jugobanka a sud della citta’ “protetti” dalle
forze di polizia internazionale e della KFOR. “A Prizren, purtroppo, la
folla scatenata ha dato alle fiamme “Il Bogoslovia” - il
piu’grande seminiario ortodosso del Kosovo – già Rifugio Collettivo
Temporaneo (TCS) riabilitato e gestito da ICS dopo la guerra del 1999”
prosegue Bruccoleri. Inoltre, sono state date alle fiamme la parte alta
della citta’ vecchia dove c’erano le case serbe, tutte le chiese
ortodosse della citta’, sfasciate le vetrate del palazzo delle NU e
bruciato parecchie vetture sempre delle NU. A Caglavica dove era stato
ferito il ragazzo serbo lunedi’ notte ci sono stati scontri violenti
fino a notte tarda e i serbi sono stati evacuati. “Delle altre citta’
(Giljane, Urosevac, Pec) sappiamo di certo che sono successe le stesse
cose anche se siamo in attesa di riscontri diretti” conferma sempre
Bruccoleri. I morti sembra siano saliti a 22 di cui 8 a Mitrovica e 12
nelle altre aree coinvolte dagli scontri; i feriti salgono a circa 600.

Per interviste sul campo:
Catherine Dickehage
348 5814954
--
Catherine Dickehage
Relazioni Esterne / Fund raising
ICS - Via Salaria 89 00198 Roma
Tel +39 06 85355081 Fax +39 06 85355083
www.icsitalia.org
--
Catherine Dickehage
Responsabile Ufficio Stampa
ICS - Via Salaria 89, 00198 Roma
Tel +39 06 85355081 Fax +39 06 85355083
Cell. +39 38 5814954
www.icsitalia.org

-----

Resent-From: balcani@ peacelink.it
Da: Associazione per la Pace
Data: Gio 25 Mar 2004 10:30:47 Europe/Rome
A: balcani@ peacelink.it
Oggetto: Kosovo:ultime notizie dall'Associazione per la Pace

primi giorni di scontri a Mitrovica

Dal nostro collaboratore Giambattista Pace

*Pristina*. Qualcuno mi chiedeva di scrivere degli appunti su quel che
accadeva. Gli appunti ci sono, tutti segnati, per sempre, sul bloc
notes della memoria. Le penne quelle non c'erano, rimaste con tutto il
resto nella mia casa a Mitrovica sud.
Finalmente siamo liberi, noi comodi e privilegiati profughi di questa
battaglia che non volevamo, non speravamo e di cui siamo stati inermi
testimoni.

Mercoledi' 17 marzo era una mattina di splendida primavera a Mitrovica,
nessuno avrebbe potuto immaginare l'imminente cambio di stagione verso
il torrido non estivo ma infernale.
Contavano solo 6 giorni dal mio arrivo in questa terra tormentata, il
Kossovo.
Ero riuscito con circospezione e cautela a vivere qualche giorno di
normalita': lunedi' avevo conosciuto i nostri operatori locali,
proposto loro il mio progetto di comunicazione verso il quale sembrava
esserci un bell'entusiasmo, martedi' avevo partecipato alle prime
attivita' con i bambini nel quartiere misto a nord di Bosniak Mahala.
Tutto sembrava maledettamente normale, come quando avevo per la prima
volta messo piede in quella citta' e mi aveva colpito quella maledetta
normalita'. Dusan, Daniel, Sokol, Naser, Advje (che aveva subito preso
a chiamarmi Giovanni risultandole il mio nome piuttosto ostico) ora
posso solo collegare i loro nomi ai volti grazie alle premurose
comunicazioni che Simona, il mio capo progetto, mantiene con loro per
assicurarsi che stiano bene, loro che hanno creduto nell'integrazione,
in una Mitrovica migliore, in un Kossovo migliore.
Siamo ancora qui, non ce ne siamo andati, solo a poca distanza da voi,
per dire che la costruzione della pace e' un cammino difficile e che
non vi faremo mancare il nostro appoggio.
Noi non fuggiamo nelle nostre comode case o a riabbracciare i nostri
premurosi cari perche' se un mondo migliore e' possibile lo e' qui e
subito, non domani, non per conto di chissa' chi.

La notizia dell'annegamento dei bambini albanesi ci era giunta in
ufficio in mattinata, una mattinata apparentemente normale, sarebbe
stata l'ultima. Ci avevano riportato che erano stati i serbi a spingere
i bambini nel fiume. In seguito sarebbe arrivata prima la smentita del
portavoce UNMIK, Chapell, poi la conferma della mancanza di prove
<http://www.balkanpeace.org/hed/archive/mar04/hed6307.shtml> che
dimostrasse l'accaduto. Ci siamo precipitati in strada poco dopo
sentendo il vociare dalla strada, la scena ci si e' subito presentata
per quello che era: una sommossa, e il gas dei lacrimogeni sparati dal
carro UN ce lo confermava. Solo dopo avremmo saputo dai testimoni
privilegiati (gli UNMIK di Jugobanka, finestre vista ponte) che le
manifestazioni albanesi in mattinata erano state ben 3: due pacifiche
(la seconda con una corposa presenza di bambini), la terza violenta.
Di li' a poco il ponte metallico di Mitrovica si e' messo a suonare,
scosso dalle pietre che da una parte all'altra avevano cominciato a
volare, un triste preludio alle pietre di metallo che sputate dalle
armi da fuoco qualche istante dopo avrebbero ucciso. E in tutto questo
le pochissime forze KFOR ci sembravano inermi e impreparate ad
affrontare la situazione, curioso per un paese militarizzato ormai da
anni. Per noi giusto il tempo di attraversare la passerella pedonale
che permette
l'accesso alle tre torri abitate dagli albanesi nella parte nord,
nessuno ce lo ha impedito, nonostante la zona sia presidiata dai
soldati francesi (ce ne erano 4 in quel momento), tutto avveniva sul
ponte principale a pochi metri, e noi volevamo incontrare il nostro
operatore serbo che ci attendeva per quella che doveva essere la nostra
attivita' giornaliera nel quartiere di Bajnska. Non c'e' stato tempo
per quella attivita', perche' era iniziata la battaglia, che intanto si
era estesa anche alle torri con una fitta sassaiola da parte serba e
una donna a urlare la sua disperazione: "perche' ci tirate le pietre,
noi non siamo colpevoli". Lo stesso grido di dolore che sara' risuonato
poco dopo nei villaggi serbi in fiamme e dalle pietre, se solo avessero
la parola, dei monasteri e delle case ormai perduti per sempre. Noi, il
cuore in gola, iniziavamo il nostro piccolo calvario rifugiandoci prima
in casa dell'operatore Sokol, poi sarebbe stata la volta della
Jugobanka, per continuare con il Belvedere francese, l'abitazione di
una nostra funzionaria presso la rappresentanza diplomatica a Pristina
e infine quella di alcuni amici.
Cominciava la ridda di rumors, indiscrezioni, notizie carpite, ma non
avremmo piu' visto.
Purtroppo l'udito non ci ha impedito, per la prima volta in vita mia,
di ascoltare la guerra, gli spari che ci hanno accompagnato per due
notti intere, senza sapere dove fossero diretti ne' da chi fossero
sparati.

*Giambattista Pace*
*Collaboratore Assopace*

***

*La scelta di rimanere in Kosovo*

A quasi una settimana dagli scontri che hanno scatenato l'ondata di
violenza in tutto il Kosovo, la situazione ad oggi sembra essersi
tranquilizzata in tutta l'area.
Oggi sono previsti i funerali dei morti durante gli scontri a
Mitrovica, c'è tensione ma si spera non ci sia una risposta violenta
durante la cerimonia funebre. I nostri operatori sabato sono usciti da
Mitrovica per ragioni di sicurezza, così come tutti gli internazionali
delle Ong presenti ancora in questa città. Insieme a Simona e
Giambattista, abbiamo deciso di non tornare in Italia ma aspettare che
la situazione si "calmasse" per poter ritornare a Mitrovica e
riprendere il lavoro.
Adesso i nostri operatori si trovano a Pristina e domani andranno a
Mitrovica per capire quando poter ritornare definitivamente.

Perché siamo rimasti.
Ce lo hanno chiesto in diversi, a partire dal Consolato Italiano che ha
provveduto alla nostra "evacuazione" dalla città. Rispetto ai giorni
scorsi, la situazione é "visibilmente" migliorata, ma questo credo non
deve farci "rilassare" troppo come spesso in passato si é fatto. Il mio
non vuol essere allarmismo, ma semplicemente un monito, la tensione
rimane e sarebbe ingenuo pensare che il ricordo di quanto appena
accaduto possa essere presto "dimenticato" . A testimoniare ciò ci
sono, oltre le persone che hanno dovuto rivivere per l'ennesima volta
il clima di violenza e terrore, qualcuno rimanendone anche vittima, i
villaggi serbi bruciati e 3.600 serbi evacuati dalle loro case (molte
presumibilmente distrutte) e accampati nelle basi militari della Kfor,
oltre ai monasteri ortodossi e alle moschee incendiate che non
rappresentavano solo un luogo di culto ma soprattutto la storia, la
cultura dell'intera Regione.
Siamo rimasti e continueremo a rimanere in Kosovo, a Mitrovica, perché
abbiamo un lavoro da portare avanti, che non é solo il progetto da
finire (tra l'altro i pochi soldi che ci rimangono dovrebbero
garantirci la presenza in loco solo per altri 3 o 4 mesi) ma bisogna,
adesso COME prima portare avanti il lavoro di riconciliazione e
mediazione che stavamo seguendo con le comunità locali. La ricerca
della pace non deve avere adesso più importanza di prima, questo stiamo
cercando di dire da diverso tempo, non bisogna aspettare che riscoppi
la violenza, quella più "visibile" come quella di questi giorni. Siamo
ancora lì e continueremo a starci, perchè Advjia, Zoltan, Sokol,
Daniel, Dusan, Nasser, Francika e tutti i nostri amici ci hanno chiesto
d farlo.
Perchè anche nel Kosovo di questi giorni ci sono persone di entrambe le
comunità che continuano a chiedere pace, democrazia e giustizia.

*Associazione per la Pace
Responsabile Area Balcani*
*Monica D'angelo*

---

Quel ponte che segna il confine

In questo momento il personale italiano dell'Associazione per la Pace,
una cooperante ed un volontario, sono rinchiusi all'interno della base
militare della Kfor francese a Kosovska Mitrovica. Non sono stati
"evacuati" come molto altro personale internazionale in queste ultime
ore in Kossovo, ma semplicemente "riallocati" in un luogo più sicuro
rispetto al quartier generale dell'Onu. Le condizioni di sicurezza per
trasportare il personale internazionale lontano dagli scontri non
c'erano. Sono stati scortati dai blindati ieri notte e ora si trovano
al sicuro all'interno della base miltare ma ancora vicini a quella
linea di confine geografico, politico ed etnico che è il fiume Ibar.

Quante volte abbiamo attraversato quel ponte dopo il 1999 non lo so.
Una volta non ci hanno permesso di attraversarlo con l'auto perché
c'era il coprifuoco, costringendoci a lasciare l'auto a sud e
trasportare i bagagli fino a casa nella parte nord. Eravamo presenti
l'ultima volta che si sono verificati scontri di una certa gravità,
nell'aprile del 2002, e in quell'occasione lo attraversammo solo dopo
24 ore di attesa, qualche serbo e un soldato francese feriti. Poi siamo
riusciti ad attraversarlo insieme al primo gruppo di turisti italiani
nel Kossovo del dopo-guerra, nell'estate di quello stesso anno. E siamo
riusciti a farlo attraversare per la prima volta anche ai bambini serbi
e rom per recarsi a realizzare il circo della pace a sud, nell'estate
2003, prima attività multi-etnica dopo anni di lavoro parallelo con le
comunità.

Lo abbiamo attraversato l'inverno scorso, quando una granata è stata
lanciata contro la sede della polizia dell'Unmik, e lo abbiamo
attraversato questo inverno quando neanche controllavano più i
documenti (e sembrava quasi una città normale), se non fosse che i
serbi a nord avevano già cominciato a bruciare le case dove si
apprestavano a ritornare gli albanesi, e gli albanesi a sud ogni tanto
ammazzavano qualche serbo tanto per scoraggiare ogni tentativo di
ritorno. I rom continuavano a bruciare solo vecchi legni e copertoni
per riscaldarsi, troppo poco coperti con i dieci gradi sotto zero delle
serate invernali.

Dopo di noi e insieme a noi hanno cominciato ad attraversarlo anche gli
operatori locali, serbi che con molta prudenza si sono spinti
dall'altra parte, albanesi e rom che con altrettanta prudenza hanno
messo il naso al di fuori delle loro enclave. Sono questi i segnali
"pericolosi" che hanno convinto le forze nazionaliste a imprimere
un'accelerata all'escalation di violenza da tempo programmata per
raggiungere la tanto agognata soluzione definitiva?

Anche questi.

Fanno paura, a chi fomenta i disordini, a chi guadagna con il traffico
di armi, a chi si arricchisce in un sistema economico poco trasparente,
a chi si autolegittima con le armi, tutti i segnali di ripresa del
dialogo e di democratizzazione. Le ultime dichiarazioni di Rexhepi e
Ivanovic andavano in questo senso. La gente lo voleva.

Abbiamo incontrato decine e decine di giovani durante questi anni e in
tutti era forte l'esigenza di tornare alla normalità, anche se questo
significava lavorare con la controparte. I fatti dimostrano il
contrario? No, i fatti dimostrano semplicemente che non appena queste
esigenze si manifestano vengono stroncate sul nascere. E' questa la
prima guerra che si combatte in Kosovo come in altri territori non
pacificati come la Bosnia. Troppi interessi economici e politici dietro
il conflitto per consentire il ritorno alla normalità.

Quali mezzi abbiamo messo in campo per condurre questa guerra? Pochi ed
inadeguati. Distolti verso nuove emergenze, Afghanistan prima, Iraq
dopo. Chi come noi è rimasto a Mitrovica, lo ha fatto con pochi
spiccioli della cooperazione decentrata (grazie al Comune e alla
Provincia di Venezia). Il grosso della cooperazione internazionale ha
finanziato la ricostruzione delle case (ora ridistrutte), delle strade
(che i mezzi cingolati pesanti distruggeranno nuovamente), o degli
ospedali (ancora divisi etnicamente), oppure il ritorno dei profughi
(prima discriminati, poi sfollati, poi vittime) ma solo una piccola
parte la formazione al dialogo e alla tolleranza, l'empowerment dei
gruppi nonviolenti, la democratizzazione diffusa e dal basso, il
disarmo delle milizie di entrambe le parti. L'Uck non solo è stato
tollerato (tranne alcuni esponenti di spicco incriminati dal Tpi con
conseguenti proteste dei nazionalisti) ma è stato trasformato in
formazione di polizia ufficiale, i paramilitari serbi tollerati per par
condicio. Si dice ora: "il fallimento dei tentativi di dialogo", "il
fallimento delle politiche inter-etniche": si tenta di costruire (sul
terreno paludoso dei bombardamenti Nato) un palazzo con dieci sacchi di
sabbia e uno di cemento, il palazzo crolla e si da la colpa al cemento.

*Associazione per la Pace *
*Coordinatore Nazionale *
*Davide Berruti


=== 3 ===

il manifesto - 10 Settembre 2004
KOSOVO

Rugova reclama l'indipendenza

«Gli Stati uniti e l'Unione europea dovrebbero risconoscere
direttamente l'indipendenza del Kosovo che per noi e' una questione
esistenziale e non tecnica». Lo ha detto il leader kosovaro-albanese
Ibrahim Rugova a Tirana. Rugova e' giunto in Albania per la prima volta
in 7 anni. Il presidente kosovaro ha incontrato il capo dello stato
albanese Alfres Moisiu e avra' colloqui con il premier Fatos Nano, con
il leader dell'opposizione Sali Berisha e con il pretendente al trono
Leka Zogu.
«Solo l'indipendenza del Kosovo calmera'  la regione». ha detto Rugova.
In alternativa all'indipendenza proclamata da Usa e Ue, Rugova propone
«un forum internazionale allargato ai paesi confinanti». Rugova ha
esortato la minoranza serba del Kosovo a partecipare alle elezioni
politiche fissate per ottobre: «se i serbi partecipassero al voto
aumenterebbero il loro peso e la loro influenza» nella provincia ha
concluso Rugova, ricordando che i serbi controllano due ministeri nel
governo di Pristina e hanno 20 seggi in parlamento ma dimenticando che
stanno subendo, da quando la provincia - formalmente ancora
appartenente alla Serbia-Montenegro - e' sotto amministrazione Onu e'
in corso una vera pulizia etnica ai loro danni.


=== 4 ===

http://www.limesonline.com/ultimo.htm
LIMES 2/2004 - L'IMPERO SENZA IMPERO

Kosovo roadmap: Stato a stelle e strisce o protettorato europeo

di Fabio MINI
(ex comandante della missione militare KFOR in Kosovo)
Una terra in mano alle mafie e ai razzisti armati. Le responsabilità
delle potenze occidentali e dell'Onu. La pulizia etnica contro i serbi.
Due ipotesi: annettere la regione agli Usa o affidarla alla gestione
Ue. Un percorso per uscire dall'emergenza.

---

Kossovo: boicottare o non boicottare?

Intrappolata tra l’estremismo albanese ed una poco efficace
amministrazione da parte dell’ONU, la minoranza serba in Kossovo è
pronta a boicottare le imminenti elezioni. Un articolo tratto da TOL
(18/08/2004) Di Sasha Grubanovic – corrispondente di TOL da Belgrado
- Traduzione a cura di Daniela Mezzena - Osservatorio sui Balcani

http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=3311

---

Nuovo amministratore del Kossovo: è la volta buona?

Una girandola di amministratori. I kossovari guardano con disillusione
all’arrivo di Jessen Petersen, il danese incaricato da Kofi Annan di
fare in modo che il Kossovo non sia più il buco nero sulla mappa dei
Balcani.

http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=3327

---

Dopo 7 anni Rugova a Tirana per l’indipendenza

20.09.2004 scrive Indrit Maraku
Dopo sette anni di assenza dalla capitale albanese, il presidente
kosovaro vi fa ritorno alla vigilia delle elezioni in Kosovo, previste
per il 23 ottobre prossimo. Nella sua visita Rugova insiste
sull'indipendenza della provincia

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3402/1/51/

---

Kosovo, l’autunno dello scontento

24.09.2004 scrive Andrea Rossini
Il Kosovo a poche settimane dal voto, primo appuntamento importante
dopo le violenze del marzo scorso. Alcuni spunti di approfondimento
sullo stato del Paese dal punto di vista economico e demografico. Il
caso di Mitrovica

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3422/1/51/

---

Lo status del Kosovo

07.10.2004 Da Pristina, scrive Andrea Rossini
Abbiamo incontrato a Pristina Shkelzen Maliqi, direttore del Centro per
gli Studi Umanistici “Gani Bobi” e noto intellettuale albanese. Maliqi
parteciperà al convegno annuale di Osservatorio sui Balcani, “L’Europa
dei protettorati”, che si terrà il 3 e 4 dicembre prossimi a Venezia

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3484/1/51/

---

Pristina: vita da Serbi

08.10.2004 Da Pristina, scrive Andrea Rossini
Dopo le violenze del 17 marzo scorso, i soli Serbi rimasti a vivere a
Pristina sono una comunità di poche decine di persone. Abitano quasi
tutti nello “Ju program”, un palazzo a pochi minuti dal centro città,
conosciuto anche come “the cage”, la gabbia. Biserka I., serba di
Croazia, a Pristina dal 1995, vive qui. Ci racconta come

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3495/1/51/

---

Viaggio tra i Serbi del Kosovo: “the cage”, la gabbia

16.10.2004 Da Pristina, scrive Andrea Rossini
Il Kosovo a una settimana dalle elezioni. Pubblichiamo la versione
originale del servizio realizzato da Osservatorio sui Balcani in
collaborazione con “la Repubblica delle Donne” sui Serbi che vivono a
Pristina e nella enclave di Gracanica. Tutte le immagini sono
cortesemente di Gughi Fassino

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3516/1/51/

---

Elezioni in Kosovo: i punti di vista di Belgrado

08.10.2004 Da Belgrado, scrive Danijela Nenadić
Le elezioni in Kosovo del 23 ottobre prossimo dividono la Belgrado
ufficiale, da un lato il premier e dall'altro il presidente della
Repubblica. Nel frattempo si è tenuta nella capitale serba una tavola
rotonda con l'intento di analizzare la situazione della provincia

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3497/1/51/

---

Kossovo: confusione elettorale

11.10.2004 scrive Alma Lama
Una corsa affannata contro il tempo. E’ quella della Comunità
internazionale per convincere i serbi del Kossovo ad andare a votare.
Schede elettorali ristampate, continue eccezioni sulla procedura. Ma
sia tra gli albanesi che i serbi del Kossovo sembra regnare lo
scetticismo.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3502/1/51/

---

UE verso il Kossovo: ma senza strategia

18.10.2004 - Se Bruxelles mira a sostituire le Nazioni Unite nel
protettorato, deve innanzitutto rendere più univoca e significativa la
propria attuale presenza in Kossovo. Un articolo di Markus Bickel,
redatto per IWPR e tradotto a cura di Osservatorio sui Balcani.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3520/1/51/

Putin come Mussolini ?

Zbigniew Brzezinski come Marco Pannella, Massimo D'Alema, Antonio
Moscato, Fausto Bertinotti, ...


L’UNITA’ on line - 27.09.2004

PUTIN COME MUSSOLINI
di Zbigniew Brzezinski

Sei così misera,/povera e addolorata,/ ma anche piena di grandi
tesori,/sei potente e forte,
Russia, madre mia!

Citando queste commoventi versi del poeta Nekrasov, il 12 marzo del
1918 Vladimir Ilich Lenin spiegò pubblicamente perché aveva deciso di
spostare la sede del governo russo da San Pietroburgo a Mosca.
In mezzo al caos, alla confusione e alla violenza di quelle giornate
rivoluzionarie, Lenin - che era arrivato al Cremlino solo cinque giorni
prima - affermava: «La Russia diventerà potente e prospera solo
abbandonando la sua debolezza e tutte le parole vane, e solo se,
stringendo i denti, chiamerà a raccolta tutte le sue forze e tenderà
ogni nervo e ogni muscolo per raggiungere i suoi scopi… se lavorerà con
lena per stabilire la disciplina, rafforzando ovunque l'organizzazione,
l'ordine, l'efficienza e la cooperazione armoniosa del popolo,
introducendo un controllo sulla produzione e la distribuzione. Solo
così sarà possibile costruire una potenza militare e socialista».
Fu così che Mosca tornò ad essere l'epicentro della Russia.
Alcuni secoli prima era stata la capitale di Ivan il terribile, ma era
retrocessa a città di provincia quando Pietro il Grande aveva deciso di
aprire una finestra sull'Europa costruendo San Pietroburgo e
scegliendola come nuova capitale. Mosca è capitale ancora oggi: gli
slogan di Lenin sono una stupefacente premonizione dei discorsi che
Putin ha fatto in questi ultimi tempi per giustificare la
centralizzazione del potere.
È importante sottolineare che per i russi il Cremlino è ben più della
sede del governo: rappresenta la lunga tradizione di accentramento dei
poteri dell'autocrazia, contraria a ogni sorta di autonomia regionale e
a ogni decentramento, favorevole invece ad alimentare la paranoia
sciovinista secondo cui il pluralismo politico porterà inevitabilmente
al crollo della Russia. Una mentalità del genere si adattava
perfettamente all'idea stalinista di pianificazione centralizzata, e
oggi si adatta anche alla mentalità burocratica del Kgb, con un'etica
fondata sul sospetto e sulla disciplina gerarchica. Per degli uomini
provenienti dal Kgb come Putin non ci sono dubbi: per essere «potente e
forte» la Russia deve essere governata dall'alto.
Sono due le conseguenze di quanto detto: la prima è che Mosca è la sede
di un'élite politica parassita che identifica gli interessi della
Russia con i suoi stessi interessi. Subordinare un paese enorme con
undici fusi orari diversi alle decisioni prese dai governanti moscoviti
è una formula che incontra il favore istintivo della burocrazia
parassita. Il monopolio dell'élite di Mosca soffoca l'iniziativa locale
e impedisce alle regioni russe di sfruttare le proprie risorse e
capacità. Non è un caso che sotto Stalin Mosca sia stata la
beneficiaria privilegiata della modernizzazione e dello sviluppo -
d'altronde, lo è ancora oggi. Rispetto a Mosca le altre città russe
sono stagnanti, e la campagna continua a ricordare molto da vicino
quella descritta da Tolstoj. Ancora oggi quasi tutti gli investimenti
esteri sono fagocitati da Mosca (o riciclati all'estero) mentre in
molte altre città, come ad esempio Vladivostok, anche i servizi di base
- alloggi e sanità - sono a uno stadio quasi primitivo.
In secondo luogo, la mentalità parassita e autoreferenziale dell'élite
politica moscovita rallenta il processo di democratizzazione politica.
Putin è apprezzato dai burocrati perché favorisce gli interessi diffusi
di un gruppo al potere che ha nostalgia della Russia come grande
potenza imperialistica e che identifica il proprio benessere non solo
con il dominio di tutto il paese, ma persino degli ex stati dell'Unione
sovietica. Per l'élite al potere l'indipendenza dell'Ucraina, della
Georgia o dell'Uzbekistan è un'offesa storica; la resistenza dei ceceni
contro la dominazione russa è un crimine “terrorista”; l'autonomia di
venti milioni di cittadini di etnia non russa è una sfida contro i loro
privilegi.
La tendenza a un centralismo di stampo stalinista del regime di Putin
non va confusa con il ritorno a una certa forma di totalitarismo
comunista: ormai i governanti hanno capito che il comunismo equivale
alla stagnazione, e l'élite sa che tornare al regime comunista vorrebbe
anche dire rinunciare ad alcuni privilegi. Perciò il capitalismo di
stato, soggetto a un controllo del centro, oltre ai vantaggi della
ricchezza e ai viaggi all'estero rappresenta la formula migliore per
ricevere gratificazioni e vedere realizzate le aspirazioni
nazionalistiche.
Il regime di Putin per molti versi è simile al fascismo di Mussolini.
Il Duce riuscì a far funzionare i treni in orario; centralizzò il
potere politico in nome del nazionalismo; prese il controllo
dell'economia senza nazionalizzarla o eliminare gli oligarchi e le loro
mafie. Il regime fascista parlava della grandezza della nazione
italiana e della disciplina, esaltando il mito di un passato pieno di
gloria. Anche Putin sta cercando di unire le tradizioni della Cheka (la
gestapo di Lenin, dove suo nonno ha cominciato la sua carriera), la
leadership di Stalin, le rivendicazioni dell'ortodossia russa di una
Terza Roma e i sogni slavofili di un unico grande stato guidato dal
Cremlino.
È una combinazione che può attirare il consenso della gente per un po'
di tempo, ma alla fine - probabilmente nel giro di una decina di anni -
non funzionerà più. La generazione di russi più giovane, con
un'educazione migliore e una mentalità più aperta, entrerà gradualmente
a far parte dell'élite al potere. A questa generazione non andrà bene
vivere in uno stato fascista fondato sul petrolio in cui è solo il
Cremlino a brillare, mentre il resto del paese rimane più indietro, non
solo rispetto all'Europa, ma anche alla Cina. I più giovani sono
consapevoli del fatto che la decentralizzazione è la chiave di una
società moderna. Questa realtà non potrà essere nascosta per sempre
dagli slogan sul terrorismo usati per giustificare l'imposizione di una
soffocante politica di accentramento.
Già oggi la vicina Ucraina, con i suoi circa cinquanta milioni di
abitanti, sta cominciando a mostrare delle differenze in due ambiti: il
suo progresso economico è diversificato ed evidente in molte città, e
non solo nella capitale; la sua politica (seppure vulnerabile alle
manipolazioni) ha dato origine a due elezioni presidenziali reali.
Ancora oggi nessuno può dare per scontato l'esito delle elezioni in
Ucraina previste per la fine di ottobre, in netto contrasto con le
“elezioni” russe dove si è candidato Putin.
Purtroppo negli ultimi anni la Casa Bianca ha appoggiato il culto di
Putin, danneggiando i democratici russi, già molto isolati. Ma la loro
causa ha bisogno di essere appoggiata. Ci sono stati dei russi che
hanno avuto il coraggio di farsi sentire e di opporsi al progressivo
silenzio imposto ai mezzi di comunicazione liberi del paese,che hanno
espresso la loro preoccupazione per la democrazia in Russia e hanno
protestato contro i massacri disumani e il genocidio dei ceceni.
Nessuno di loro ha ricevuto mai appoggio dalla leadership del paese,
che pure una volta teneva alto lo stendardo dei diritti umani contro la
tirannia comunista.
Inoltre, l'amministrazione Bush dovrebbe rendersi conto una volta per
tutte del fatto che quello che accade in Russia ha delle conseguenze
anche su quanto succede nello spazio dell'ex Unione Sovietica. Oggi,
sono in molti negli stati postsovietici ad aver paura che, nel nome di
una guerra contro il terrorismo, gli Stati Uniti decidano di ignorare
gli sforzi di Putin per manipolare le elezioni in Ucraina, per
promuovere il separatismo in Georgia (mentre si oppone duramente ai
ceceni che lo vogliono) e per isolare l'Asia centrale dall'economia
internazionale.
Il fatto è che le prospettive della democrazia russa sono strettamente
legate all'esistenza del pluralismo nazionale nello spazio della ex
Unione sovietica e alla diffusione del pluralismo politico all'interno
della Russia stessa.
Possiamo trarre una lezione da tutto questo: perché la democrazia si
rafforzi in Russia, i paesi vicini devono sentirsi davvero sicuri, i
diritti delle minoranze non russe devono essere protetti, e i
democratici del paese devono essere appoggiati.

traduzione di Sara Bani

(ringraziamo Mauro Gemma per la segnalazione)

Liste de diffusion : Damnés du Kosovo
http://www.gael.ch/collectif/damnes/inscriptions.html

Depuis 5 ans :
plus de 80 000 personnes confinées dans des "ghettos ethniques"
plus de 250 000 personnes chassées du Kosovo
plus de 150 églises de très grande valeur historique détruites ou
endommagées

Le 23 octobre 2004, des élections générales vont avoir lieu au
Kosovo. Des renforts militaires supplémentaires sont actuellement
déployés en vue de cette échéance. L'enjeu est d'importance : il s'agit
pour la communauté internationale de donner l'image de la mise en place
progressive d'un Kosovo démocratique et multiethnique.

Un Kosovo démocratique et multiethnique, nous le souhaitons tous,
mais aujourd'hui, les faits nous obligent à constater l'échec de
l'action de la communauté internationale : depuis 5 ans, les
populations minoritaires du Kosovo, sont confinées dans des ghettos.
Plus de 250 000 personnes ont été chassées de leurs foyers lors de
l'entrée des forces de l'OTAN en juin 1999. Elles ne peuvent toujours
pas rentrer chez elles dans des conditions de sécurité acceptables.

Un signal fort doit être donné à nos autorités pour que les
engagements pris en 1999 soient tenus. N'oublions pas que ces
engagements avaient permis de justifier aux yeux de l'opinion publique
la légitimité de l'intervention militaire illégale de l'OTAN.
N'oublions pas également que cette brèche ouverte dans le Droit
international a servi de modèle pour les interventions qui ont suivi en
Afghanistan puis en Irak.

Nous proposons donc, à toutes les personnes qui souhaitent faire
passer un signal à nos autorités respectives, de signer, faire signer
et soutenir la déclaration ci-dessous afin de manifester notre
solidarité avec les populations du Kosovo dont le sort a été placé, de
fait et depuis l'intervention de 1999, sous notre responsabilité
collective directe.

A Genève, le Comité pour la paix en Yougoslavie vous invite à
participer à un réunion
le jeudi 21 octobre à 20 heures,
à la Brasserie Tivoli
Rampe Quidort 2
1227 Acacias - Genève
pour organiser les actions de soutien
et assister à une présentation de la situation constatée au Kosovo

Comité pour la paix en Yougoslavie (Genève) - Home Hope Active Network
(Genève)
Contacts : Philippe Scheller 41 (0)78 852 22 80 - Michel Berthet 41
(0)22 752 17 58

Signez et soutenez la déclaration pour le Kosovo

Déclaration :
(version PDF imprimable :
http://www.gael.ch/collectif/pdf/declaration_k.pdf)

L'intervention militaire du 24 mars 1999 en Yougoslavie, baptisée
Opération Forces Alliées, nous avait été présentée comme une opération
humanitaire ayant pour objectif d'empêcher la réalisation d'un
nettoyage ethnique au Kosovo. Or, depuis le déploiement des forces de
l'OTAN en juin 1999 et la mise sur pied d'une administration provisoire
onusienne au Kosovo, un mur de silence masque la terrible réalité qui
prévaut dans cette province.

Les élections générales du 23 octobre, mises sur pied sous haute
surveillance, ne doivent tromper personne, elles sont principalement
destinées à donner l'apparence d'une transition démocratique
harmonieuse valorisant l'action de la communauté internationale alors
que la situation sur le terrain est toute autre. Sous le ballet
incessant des hélicoptères militaires, le territoire est littéralement
quadrillé par des forces militaires et policières de la KFOR, de la
MINUK et de la KPS auxquels s'ajoutent les agents des services secrets
de toutes les puissances impliquées. Pour les populations des ethnies
minoritaires qui n'ont pas été chassées lors de l'entrée des forces de
l'OTAN, leur survie se poursuit dans des ghettos, sans travail, sans
avenir et contraints de recourir à des véhicules blindés pour leurs
déplacements. Le taux de chômage dépasse les 60% et les coupures
d'électricité sont quotidiennes dans cette province qui exportait son
électricité avant l'intervention de 1999.

Les soussignés :
1. considèrent que la présence, au XXIe siècle, de ghettos ethniques au
Kosovo, dans un territoire sous administration onusienne est
inacceptable ;
2. dénoncent la politique de silence qui tente de camoufler depuis plus
de cinq ans cette situation et constitue un véritable déni de
responsabilité, alors que le HCR rappelle que la résolution du Conseil
de sécurité 1244 du 10 juin 1999 « mentionne de manière spécifique le
retour sauf et sans entraves de toutes les personnes déplacées et des
réfugiés 'dans leurs foyers au Kosovo' » ;
3. s’opposent au renvoi des réfugiés dans cette province aussi
longtemps que la sécurité de leur vie et de leurs biens, ainsi que leur
liberté de mouvement ne seront pas assurées ;
4. rappellent à nos autorités que la charge de quelques centaines de
réfugiés, dont certains souhaiteraient accélérer le départ, n'est rien
en comparaison de la charge des 228 000 personnes (chiffres officiels
du CICR) chassées du Kosovo suite à l'intervention de l’OTAN en 1999 et
ayant trouvé refuge en Serbie et Monténégro ;
5. exigent que les revendications légitimes de l'ensemble des victimes
de l'intervention militaire de 1999 soient prises en compte ; en
premier lieu, le droit à la sécurité, mais également le droit à des
réparations pour l’ensemble des dégâts causés par les puissances
responsables ou complices de cette intervention initiée sans l'accord
du Conseil de sécurité de l'ONU  ;
6. exigent que les négociations sur le statut de cette province
prennent en compte les intérêts légitimes de l'ensemble des populations
concernées pour parvenir dans les meilleurs délais à la restauration de
leur souveraineté démocratique ;
7. rappellent que cette responsabilité nous incombe collectivement par
le biais de notre appartenance à l'ONU et de notre participation au
dispositif militaire de la KFOR, sous commandement OTAN;
8. dénoncent la politique d'ingérence systématique des puissances et
superpuissances devenues parties au conflit et constituant de fait,
l'un des principaux obstacles aux négociations directes entre
l'ensemble des populations réellement concernées.

Premières organisations signataires : Comité de Surveillance OTAN
(Bruxelles) - Comité pour la paix en Yougoslavie (Genève) - Home Hope
Active Network (Genève)
Pour envoyez vos soutiens, individuels ou collectifs, à cette
déclaration,
merci d'utiliser l'adresse e-mail :
kosovo@...
Avec votre nom, prénom, ville et s'il y a lieu, qualité ou appartenance
à une identité collective.
Pour les organisations, merci d'indiquer une adresse e-mail officielle
de contact pour vérification de l'accord.
Merci de faire suivre cette déclaration aussi largement que possible.

------------------------------------------------------------------------
--------
Comité pour la paix en Yougoslavie
http://www.gael.ch/collectif/
CP 915 - 1264 St-Cergue
------------------------------------------------------------------------
--------
Inscription - désinscription et historique des messages envoyés à la
liste de diffusion Damnés du Kosovo
http://www.gael.ch/collectif/damnes/inscriptions.html


---


A VOIR AUSSI, DANS LE SITE PRO-SECESSIONISTE ET ANTI-YOUGOSLAVE
"COURRIER DE BALKANS":

Portrait : Slavisa Petkovic, nouveau venu sur la scène politique serbe
du Kosovo
http://www.balkans.eu.org/article4645.html

Kosovo : quand la vie commune reste possible
http://www.balkans.eu.org/article4659.html

Comment faire revivre les villages serbes du Kosovo ?
http://www.balkans.eu.org/article4662.html

Kosovo : le Président Boris Tadic appelle les Serbes à participer aux
élections
http://www.balkans.eu.org/article4646.html

Une journaliste d’investigation blessée au Kosovo
http://www.balkans.eu.org/article4628.html

Relations Albanie-Kosovo : Ibrahim Rugova fait son retour à Tirana
http://www.balkans.eu.org/article4605.html

(english / italiano)

ASSEDIARE LA RUSSIA (2)

1. USA presents Ukraine ultimatum (by Alexandra Kirichenko, Pravda.RU)
/ Ultimatum USA all'Ucraina

2. LUKASHENKO A FIANCO DI PUTIN / West doesn't want independent Belarus
- Novitsky

3. I PRIMI PASSI DEL “FRONTE UNITO” CONTRO PUTIN ...


ALTRI LINK / MORE LINKS:

ZBIGNEW BRZEZINSKI: Ecco l'uomo che sta dietro il giornale russo
che ispira le campagne "progressiste" sulla Cecenia e che gode di così
grande prestigio nella redazione di "Liberazione"  

http://2004.novayagazeta.ru/nomer/2004/76n/n76n-s10.shtml

The Action Ukraine Report: Kissinger speaks in Ukraine next week (by E.
Morgan Williams)

http://www.freerepublic.com/focus/f-news/1247636/posts


=== 1 ===

http://english.pravda.ru/printed.html?news_id=14455
http://english.pravda.ru/world/20/92/370/14455_ukraine.html

USA presents Ukraine ultimatum

10/16/2004 13:03

US administration urged the Ukrainian government to put an end to
violations of democratic norms

The US Department of State has recently released rather a harsh
statement. The official spokesman for the department, Richard Boucher,
demanded Ukraine should conduct the forthcoming presidential election
without any violations. Otherwise, Boucher stated, Ukraine would be
deprived of the political support from the States. According to the US
official, America would closely cooperate with any politician, who
would win the honest and free election.

The Department of State reminded that Washington was grateful to
Ukraine for its support of the operations in Afghanistan and Iraq,
although it did not relieve the Ukrainian administration of the
responsibility to Ukrainian citizens to protect democracy and human
rights in the country and hold the election in compliance with
international standards. Boucher emphasized that the US administration
urged the Ukrainian government to put an end to violations of
democratic norms and to let Ukrainians vote freely.

The USA is concerned about the fact that the Ukrainian government tries
to restrict freedom of speech and mass media. In addition, the American
officials do not like the fact that Ukrainian politicians often use
state resources to support one of the nominees for the presidential
post, RUpor news agency said. If the election in Ukraine does not meet
democratic standards, the USA will have to revise the relations with
those people, who manipulate the elections, Richard Boucher promised.

The US Department of State believes that the forthcoming election will
be the most important presidential election in the history of Ukraine.
OSCE will send 600 international observers to Ukraine to observe the
election process. Ukraine will have 10,000 of its own observers too.
The observers will not be able to prevent all violations, although they
will register the most blatant ones of them.

American and European officials believe that Ukrainian authorities may
not let international observers access the polls on the voting day. In
addition, they may not be allowed to observe the process of vote
calculation.

Alexandra Kirichenko
(Translated by: Dmitry Sudakov)

Pravda.Ru


=== 2 ===

LUKASHENKO A FIANCO DI PUTIN

Il presidente della Bielorussia accusa gli USA e l’Occidente di
esercitare pesanti pressioni sulla Russia

http://www.gazeta.ru/2004/10/13/kz_m136414.shtml

13 ottobre 2004

Il presidente della Bielorussia Aleksandr Lukashenko, nel corso di una
conferenza stampa a Minsk, ha approvato le ultime iniziative del
governo russo per il rafforzamento delle strutture statali. Egli ha
avvertito che la Russia dovrà aspettarsi un aumento della pressione
esterna, durante il processo di introduzione della riforma del potere.

“Non appena il presidente della Russia Vladimir Putin ha fatto
allusione alla necessità di una riforma del potere nel paese,
immediatamente le pressioni nei suoi confronti sono state pesantissime.
Essi non hanno certo bisogno di una Russia forte”, - ha aggiunto
Lukashenko. Faceva sicuramente riferimento agli USA e all’Occidente,
con cui non intrattiene certo rapporti amichevoli.

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

---

http://www.interfax.ru/e/B/0/28.html?id_issue=10711966

Interfax - October 15, 2004

West doesn't want independent Belarus - Novitsky

MINSK - Gennady Novitsky, chairman of the Belarussian
Republic said that the independence of Belarus is a
major irritating factor for the Western countries.

"In the West, many issues relating to Belarus's
internal policy are perceived in a special, to be more
exact, in a negative way. The reasons for that are
known. It is the independent policy pursued by the
young Belarussian state under the leadership of the
president of the country. This policy contradicts big
capital," Novitsky said in an exclusive interview with
Interfax.

"Belarus has not been sold and dragged apart. The
republic is run by a government elected by people, not
sharks of capitalism," Novitsky said.


=== 3 ===

I PRIMI PASSI DEL “FRONTE UNITO” CONTRO PUTIN

di Elena Zemskova

http://www.strana.ru

7 ottobre 2004

Il sito internet russo “strana.ru” ha pubblicato la cronaca della
“storica” conferenza che ha visto confrontarsi, ai massimi livelli, gli
esponenti dell’opposizione a Putin, alla ricerca di una singolare
piattaforma comune di “sinistra-destra”. Tralasciamo ogni commento,
lasciando ai lettori le conclusioni. (MG)

 
Oggi a Mosca si è svolta la conferenza dal titolo “La riforma del
potere in Russia: che fare?”, in cui gli esponenti di “Mela” (è il più
vecchio partito liberale russo, diretto da G. Javlinskij, che ha
operato una spettacolare, quanto insidiosa, apertura nei confronti del
PCFR, nota del traduttore), Unione delle forze di destra (SPS), PCFR,
insieme ai leader delle organizzazioni sociali “Libera Russia” e “Per
una vita dignitosa” Irina Khakamada e Serghey Glazyev (recentemente
uscito dal Partito “Rodina”, che, insieme al suo attuale leader
Rogozin, aveva contribuito a fondare e a posizionare su una linea non
pregiudizialmente ostile a Putin, nota del traduttore) hanno nuovamente
affrontato le prospettive dell’unità tra le forze di opposizione, senza
peraltro concludere un accordo definitivo.

Coprendo abbondantemente di critiche il nuovo corso politico, i
rappresentanti dell’opposizione si sono posti il secolare interrogativo
russo “che fare?”. Anche se tutti si sono richiamati alla necessità
dell’unità, hanno comunque suscitato grande discussione le diverse
forme che potrebbe assumere l’azione comune. Il “numero due” di “Mela”
Serghey Mitrokhin ha posto la questione del modo come sopravvivere
nelle nuove condizioni. “Ormai da tempo viviamo in condizioni diverse,
ma continuiamo ad agire come nel passato”, - ha affermato. I metodi di
contrapposizione al potere preferiti dai democratici – gli appelli alle
istanze superiori della magistratura – danno solo visibilità alla
lotta. Mitrokhin ha invitato l’opposizione a ricordare e a utilizzare
come arma l’esperienza del movimento dissidente. “Le azioni comuni
dell’opposizione devono fondarsi su due principi: l’assistenza e il
sostegno reciproci, - ha chiarito. I democratici devono trasformarsi in
opposizione extraparlamentare e utilizzare attivamente nel loro
arsenale i metodi “della piazza”, lavorando a diretto contatto con la
popolazione (C’è da dire che, pochi giorni dopo, queste
raccomandazioni di stampo “sorosiano” venivano messe in pratica,
attraverso la convocazione, il 14 ottobre, di una provocazione davanti
all’ambasciata a Mosca della Bielorussia antimperialista: ben 20
manifestanti russi e bielorussi di gruppi filoccidentali e
“alternativi”, convocati proprio dal partito “Mela”, invocavano a gran
voce l’intervento delle “democrazie” occidentali per “estirpare dal
corpo dell’Europa” il “dittatore Lukashenko” alleato della Russia e del
“tiranno Putin”, nota del traduttore).    

Il segretario del consiglio politico dell’Unione delle forze di destra
(l’SPS che raccoglie i più screditati e odiati personaggi del decennio
eltsiniano, come Ciubays, Gaydar, Nemtsov e quello che resta della
“famiglia”, nota del traduttore) Boris Nadezhdin si è dichiarato in
disaccordo con il collega di “Mela”. A suo parere, l’opposizione
dovrebbe agire con trasparenza e chiarezza. Ciò significa che il
compito principale dell’opinione pubblica democratica dovrebbe essere
quello di elaborare una strategia alternativa per la Russia nel
contesto delle minacce del XXI secolo. Secondo Nadezhdin, i democratici
e le sinistre potrebbero trovare l’unità su tre valori fondamentali: la
democrazia, intesa come potere popolare, la competizione politica e le
libertà civili. Egli ha dichiarato la necessità di convocare un “forum
nazionale delle forze di opposizione” allo scopo di preparare una
risposta “sul piano concettuale” alle minacce del nuovo secolo. “Il
risultato del lavoro del forum dovrebbe essere la stesura delle tesi,
che potrebbero essere sottoscritte da tutte le forze di opposizione”, -
ha detto Nadezhdin.

A parere della presidentessa del comitato organizzativo di “Libera
Russia” Irina Khakamada, la coalizione di opposizione potrebbe essere
formata sulla base di un progetto sociale liberale. “L’asse portante di
tale progetto dovrebbe essere costituito dall’offerta di eguali
opportunità a tutti i cittadini”, - ha chiarito Khakamada, che ha poi
dichiarato di essere pronta ad unirsi con qualsiasi partito
d’opposizione a qualsiasi condizione. “Limoni” e “mele” devono crescere
su un unico albero”, - ha affermato.

Il leader di “Nuove Destre” Vladimir Shmeliov ha cercato invece di
raffreddare l’ardore pseudorivoluzionario dei colleghi dello
schieramento democratico. “I richiami ad unirsi con sinistre e destre
estreme assumono il significato di un appello alla rivoluzione
“leninista”, che, in fin dei conti, è peggio della “verticale” del
potere”, - ha dichiarato. Shmeliov ha sottolineato che i democratici
dovrebbero tenersi alla larga da piani che prevedono la formazione di
una coalizione, ma semmai avviarsi sulla strada della creazione di un
“partito unificato nazionale di destra”. A definire la piattaforma del
nuovo partito concorrerebbero le idee “di destra”. Secondo Shmeliov,
metà dei cittadini russi sostiene inconsapevolmente “opinioni di
destra”. “Dobbiamo aiutare la popolazione a raggiungere la
consapevolezza dei suoi autentici interessi, e per ottenere ciò
dobbiamo lavorare maggiormente “sul campo”, - ha detto. Inoltre,
Shmeliov ha rilevato che nella nuova struttura potrebbero entrare i
rappresentanti dei più svariati movimenti politici.

Anche il segretario del C.C. del Partito Comunista della Federazione
Russa Vadim Solovyev ha sostenuto l’idea della formazione di una
coalizione delle forze d’opposizione. “I comunisti e i democratici
hanno orientamenti ideologici differenti, ma noi non desideriamo certo
che si ripeta l’esperienza della Germania del ’33, dove l’incapacità a
raggiungere un’intesa, dimostrata da comunisti e socialdemocratici, ha
portato al potere gli “hitleriani”, - ha affermato.

Secondo il deputato della Duma di Stato Serghey Glazyev, una forma di
autorganizzazione delle forze di opposizione potrebbe essere
rappresentata dalla convocazione di un referendum in difesa degli
interessi dei cittadini russi. Secondo il deputato, al referendum
dovrebbero essere proposti tre quesiti di fondo: sul mantenimento delle
garanzie sociali, sulla realizzazione dei diritti politici e sulla
confisca delle rendite derivanti dalle risorse naturali. “La necessità
della confisca delle rendite da risorse naturali non piace a tutti, ma
tale idea è sostenuta fortemente dal popolo”, - ha fatto notare
Glazyev. Ha poi preso la parola Boris Nadezhdin: “Ma non si potrebbe
escludere il quesito sulla rendita da risorse naturali, proponendo solo
quello relativo ai diritti politici?”. Glazyev ha insistito: “Senza
tale proposta il referendum si trasformerebbe in un’iniziativa
populistica”.

Nei corridoi Seghey Glazyev ha dichiarato ai giornalisti di avere già
avviato trattative per unire le forze di diversi partiti politici, in
vista della convocazione del referendum. “Ci sono possibilità di
ottenere il sostegno del PCFR (che ha poi rifiutato, probabilmente per
non pregiudicare il dialogo con le forze liberali, nota del traduttore)
e “Mela”. Non contiamo sull’Unione delle forze di destra, sapendo quali
sono i nostri rapporti con Ciubays”. Secondo il deputato, il referendum
dovrebbe essere convocato nell’autunno del prossimo anno.

 
Traduzione dal russo di Mauro Gemma

[ L'ex ambasciatore canadese in Jugoslavia (1992) James Bissett e l'ex
responsabile canadese della "Missione di verifica" OSCE in Kosovo
(1998-1999) Roland Keith smontano pezzo per pezzo alcuni dei miti che
sono serviti a "giustificare" la criminale aggressione NATO contro la
RF di Jugoslavia ]

1. Canadian Ambassador and Canadian Kosovo Commander explode Myths of
Yugoslav War

2. Canadian diplomat James Bissett claims NATO war crimes (B92 - May
20, 2004)

3. THE HAGUE TRIBUNAL: CHARGES AGAINST MILOSEVIC PURE FANTASY. Excerpts
from the interview with the former Canadian Ambassador to Yugoslavia,
James Bissett
(September 27, 2004 - by Boba Borojevic / “Monday’s Encounter" /
http://ckcu.magma.ca/ )


=== 1 ===

http://www.freenations.freeuk.com/news-2004-10-14.html

CANADIAN AMBASSADOR AND CANADIAN KOSOVO COMMANDER EXPLODE MYTHS OF
YUGOSLAV WAR

1. AN EYEWITNESS TO THE BREAK UP OF YUGOSLAVIA

James Bissett, Former Canadian Ambassador to Belgrade

A Speech to 5,000 Canadian Serbs on the anniversary of the historic
battle of Kosovo. Niagara Falls, 29th June 2003


Honored guests ladies and gentlemen: I want at the outset to thank Bora
Dragasevich for inviting me to speak to you this afternoon. It is a
privilege and a sincere honor for me to be with you and to share your
Vidovdan celebrations. I recall that it was thirteen summers ago that I
set off to Belgrade to take up my post as the Canadian Ambassador to
Yugoslavia.

Yugoslavia was then a strong and united country- more prosperous than
most of the Eastern Bloc countries. Yet there were emerging signs of
trouble. Urged on by the former Central Powers (Germany, Austria and
Hungary) Slovenia and Croatia were already planning to separate from
the Yugoslav Federation.

I became an eyewitness to the subsequent violence and break up of the
country. I also was a witness to the "historical amnesia" suffered by
the political leaders of France, Britain, the United States and my own
country, Canada. These countries were Serbia's old traditional allies
in two world wars yet they shamefully stood by and joined in the
betrayal of Yugoslavia.

The break up of Yugoslavia was a disaster for the Serbian people.
Thousands killed and many more thousands forced to flee their ancestral
homelands. Serbs have been humiliated and many have lost their
self-respect. Yet the greatest tragedy of all is that the Serbs have
been blamed for everything that has happened since the breakup. They
have been blamed for the breakup itself. They have been blamed for
starting the violence. They have been blamed for the ethnic cleansing
that occurred. They have been blamed for the massacres. They have been
blamed for genocide. Finally they have been blamed for the NATO bombing
of their own country!

These are lies! Lies! Lies! Hitler's propaganda Minister Joseph
Goebbels said if you tell a monstrous lie people will believe you
because they cannot imagine anyone making up such an outrageous
falsehood. Then if evidence is shown to contradict the lie, you dismiss
it as irrelevant or misguided. Finally when the truth is disclosed it
is too late. Nobody cares or wants to know.

So it has been with the dreadful lies told about the Serbs. President
Clinton and Tony Blair talked about genocide taking place in Kosovo.
The US Secretary of Defense, William Cohen, said there were over a
hundred thousand young Albanian men missing in Kosovo. Robin Cook the
British Foreign Minister and Clare Short his cabinet colleague both
made outrageous charges against the Serbs about non-existent rape
camps. Later it was reported by the UNHCR and even the anti-Serb,
(George Soros financed) Human Rights Watch, that these stories had no
foundation. Can you believe that these two hypocritical British Cabinet
Ministers actually resigned over the war against Iraq!

However, there is a striking difference between Kosovo and Iraq.
Despite all of Milosevic's faults he didn't compare with Saddam
Hussein. Milosevic, after all, obeyed all of the UN Resolutions -
including allowing troops from the Commission on Security and
Cooperation in Europe (CSCE) into Kosovo. He was no threat to his
neighbors. He did not aspire to, nor did he possess weapons of mass
destruction.

Although not a democrat he was not a psychopathic killer like Saddam
(nor a religious bigot like Croatia's Tudjman or Bosnia's Izetbegovic -
ed) nor was Serbia under his regime a totalitarian state, as was Iraq
(nor had he invaded another country like Saddam had attacked Kuwait and
Iran - ed). In reality he was trying to suppress an armed rebellion in
his own territory - a rebellion led by a Muslim terrorist organization
- and for this the NATO countries bombed his country.

I believe now that it is generally accepted by most of the informed
public in the West [with the exception of the main stream media in
Canada Britain and the United States] that the bombing of Yugoslavia
was deliberately contrived. It served as a means of providing NATO with
a reason for existence and President Clinton with a distraction from
his sexual embarrassments. The truth is gradually emerging from a
variety of reliable sources.

One of the most revealing has been the admission by the former British
Defense Minister, Lord Gilbert, who told the British House of Commons
in July 2000 that the terms that NATO sought to force upon Milosevic at
Rambouillet were deliberately designed to provoke war.

(Note the same strategy when Austria demanded terms from Serbia in 1914
as an alternative to war but then informed its ambassador in Belgrade
that he was on no account to accept the Serb response - whatever it
was! - ed)

So the truth is slowly coming out. Regretfully it is too late in itself
to restore to many Serbs their sense of pride and self-respect. This is
left to the Serbs as a people. However, knowing them as I do - and
mindful of their historic courage and heroism - I am confident you will
overcome this historic setback as you have done before. The main thing
is to ensure that your young people remain proud of their heritage and
do not accept the simplistic and biased accounts of the North American
media's account of the Yugoslav breakup. I want to end my speech today
on a positive note.

There are, believe it or not, some encouraging signs of reconciliation
and hope in the former Yugoslavia. A recent agreement signed in Lake
Ohrid by representatives of five Balkan countries: Serbia/Montenegro,
Croatia, Macedonia, Bosnia-Herzegovina and Albania will translate, if
all goes well, into a free trade agreement to become effective in 2007.
Moreover, Croatia and Serbia/Montenegro have agreed to declare both
countries "visa free" so that citizens of each country can travel back
and forth without visas. There is even some hope that under EU pressure
(ironic and cynical given the EU roll in the destruction of what they
now seek to sew together again! - ed) property rights might be restored
to those who have been displaced by the wars. The circle will become
closed - and once again in a different form - the former Yugoslavia
will emerge.

I will conclude on this upbeat note but not before adding a personal
warning. The history of Serbia has recorded heroic victories and
terrible defeats. The victories have come when Serbs have relied on
their own resources and inner strengths. The defeats have come when
their allies have betrayed them or let them down. There is a lesson
here that you must not forget. Do not put all of your trust or faith in
others, especially in multilateral organizations or in politicians. And
remember history does sometimes repeat itself as the Serbs know only
too well. Now not only Serbs have seen all too well that the horrors
that took place in the spring and summer of 1941 in Croatia and Bosnia
have repeated themselves in the 1990's.

PS I am happy that finally Naser Oric the Muslim commander at
Srebrenica has been indicted by the Hague Tribunal. Oric was
responsible for the killing of many elderly Serbs living in villages
around Srebrinica. He actually video taped some of the victims who had
been beheaded and the showed the video to a number of journalists...one
of whom was from the Toronto Star newspaper but I have not been able to
find out the reporters name.
James Bissett in letter to Freenations 27th September 2004

2. CANADIAN ARMY COMMANDER EXPLODES KOSOVO MYTHS

September 14, 2004

The third witness to testify in what is being called "Slobodan
Milosevic's defense" took the stand at the Hague Tribunal on Tuesday.

The witness, Roland Keith was the commander of the Kosovo Polje field
office in the OSCE's Kosovo Verification Mission (KVM). Mr. Keith
served for 32 years in the Canadian armed forces where he obtained the
rank of Captain. Keith is a veteran of UN observation missions. Before
coming to Kosovo, he served as a UN military observer and a UN troop
commander in the Middle East.

Keith arrived in Kosovo in the first week of February 1999, and he
remained in Kosovo all the way up until the KVM was withdrawn on March
20, 1999, four days ahead of the NATO bombing.

In his testimony, Keith described the training program that the OSCE
monitors underwent. According to Keith, the training was inadequate and
left the observers unprepared to competently carryout their mission.
According to Keith most of the observers had little or no military
background and couldn't understand, or properly report what they were
witnessing. Keith said that the structure of the OSCE observation
mission was flawed. He said that the observers were road bound, and
unable to see what was going on outside of the beaten path.

Keith described the KLA as a guerilla terrorist organization, and said
that the KVM's confinement to the roads kept them from being able to
effectively monitor the KLA's activities.

In direct contradiction of almost all of the prosecution's
Kosovo-Albanian witnesses, Keith said that the KLA had a detachment or
what he called a "home guard" in every village. He said that the KLA
even manned check-points at the entrances to the villages, which makes
it all the more amazing that so many the prosecution's Kosovo-Albanian
witnesses never saw the KLA.

Keith said that he never saw the MUP or the Yugoslav Army (VJ) mistreat
anybody, and that the MUP and VJ forces cooperated with him fully.

Keith said that the KLA was a different story. He said that the KLA
refused to cooperate with the KVM on many occasions. He also said that
the KLA violated the cease fire agreement regularly. Keith said that
the MUP and VJ abided by the cease-fire, and that the VJ mainly stayed
in its barracks. According to Keith's testimony, the format followed in
Kosovo was for the KLA to initiate an attack and for the authorities to
retaliate.

When Keith first arrived in Kosovo he was sent to the village of
Glogovac, where he witnessed a KLA sniper attack on the MUP.

One week later he was sent to Kosovo Polje where he established the
KVM's field office.
The village of Grabovac was in his area of responsibility and according
to Keith, a platoon of KLA terrorists was occupying a wooded area in
the environs of that village. He said that those KLA members were armed
with rocket-propelled grenades, assault rifles, machine guns, and
various other weapons. He said that this KLA platoon would engage in
sniper attacks against workers at a mine that operated in the vicinity
of the village.

Keith spoke of another instance of KLA violence when the KLA ambushed a
MUP patrol on the Pec-Pristina highway. According to Keith one Serb
police officer was killed and another was gravely wounded in the attack.

Keith said that in this instance the VJ came to assist the police, and
that a tank was used. But according to Keith the VJ showed restraint
and only used machine-guns and not the main armaments of the tank to
deal with the KLA attackers.

Keith repeatedly asserted the willingness of the Yugoslav authorities
to cooperate. He said that he had been working together with the
Serbian police to facilitate the return of Albanian villagers, who had
fled amid fighting in 1998, from the village of Donji Grabovac.

Keith said that the police had even offered to provide these villagers
with small arms so that they could defend themselves from whoever might
try and harm them. Unfortunately, he was evacuated from Kosovo before
he could see this effort bear fruit.

Keith said that the KVM's leadership had certain political objectives
and that it did not really seek the normalization of the situation in
Kosovo. It would appear that he had more to say on this topic, but
neither Mr. Kay nor Mr. Nice was particularly willing to discuss it and
so it went by the way side.

Keith also said that the villagers would wildly exaggerate claims of
displacement of population. He said that they would claim that hundreds
of people were chased from a given village, when in reality only a
handful of displaced persons would have left the village.

Of course that didn't stop Mr. Nice from reading out lengthy passages
from the OSCE's "Kosovo-Kosova: As Seen, As Told" book which relies
heavily on the accounts of the same unreliable villagers that Keith was
talking about.

Mr. Nice took great pains to waste as much time as possible. He read
out even more lengthy passages from the OSCE's "blue book." Nice asked
Keith to comment on things that were alleged to have happened in
Prizren and in other parts of Kosovo which were outside of his zone of
responsibility.

Mr. Keith behaved like the military professional that he is and
confined his testimony to places and events that he had direct
knowledge of.

Being unsuccessful in drawing Mr. Keith into a hypothetical discussion,
Mr. Nice tried insinuating that Keith had written irresponsible and
inaccurate articles about the Kosovo war, but Mr. Nice never quite got
around to actually challenging the veracity of any specific part of
Keith's work. Even though Mr Nice he has taken more time than Mr. Kay
with all of the witnesses, all three of the defense witnesses have
defeated him.

Slobodan Milosevic again demanded to have his right to self-defense
returned to him, and again Mr. Robinson turned off his microphone, and
in an added twist resorted to name-calling and accused Milosevic of
being "petulant and puerile."

For his part Milosevic responded by saying, "I wish, Mr. Robinson, to
say something to you in relation to the observation you made in view of
my attitude and position. I think that the right to defending oneself
is a right of principle -- " and again Robinson cut off the microphone.

Things are not going well for the tribunal. Mr. Kay announced that he
couldn't find any more witnesses who would agree to testify. The
witnesses have banded together and are boycotting the proceedings to
protest against the draconian conditions that the tribunal has imposed
though its denial of Milosevic's right to self-defense.

Mr. Kay is asking that the so-called "trial" be suspended until the
appeals chamber has made its ruling on the appeal that he has made
against his own appointment as Milosevic's defence.

There will be a hearing tomorrow to consider the future conduct of the
trial, but one thing is clear the tribunal has made this so-called
"trial" into a total farce. By denying Milosevic the right to
self-defense, they have brought all of these problems crashing down
onto their own heads.


=== 2 ===

http://www.b92.net/english/news/
b92_focus.php?yyyy=2004&mm=05&dd=20&nav_id=28447

B92 (Serbia-Montenegro)
May 20, 2004

Canadian diplomat claims NATO war crimes

Diplomat James Bissett was Canadian ambassador to
Yugoslavia from 1990 to 1992. During his tenure, he
watched as Yugoslavia began to break up and war broke
out, first in Slovenia, then in Croatia, finally in
Bosnia. During that time, Bissett met regularly with
Yugoslav president Slobodan Milosevic and other
leaders. He gave the following interview to Canada’s
Edmonton Journal on May 18, before making a speech at
the University of Alberta.

Canada participated in a series of NATO-sanctioned war
crimes against Yugoslavia, charges a former Canadian
ambassador to the Balkan country.

To this day, Canada has failed to admit the pretences
behind the bombing campaign that led to the NATO
occupation of Kosovo had no substance, James Bissett
said Tuesday in an interview before making a speech at
the University of Alberta.

NATO and the United States claimed that more than
100,000 ethnic Albanians had been killed as the result
of Serb genocide, Bissett said.

To stop that alleged genocide and ethnic cleansing,
NATO engaged in a 78-day bombing campaign against
Yugoslavia, which destroyed military and government
facilities before targeting factories, bridges, TV
stations and power grids. Finally, the Yugoslav
government gave in and allowed NATO troops to enter
Kosovo. Forensic investigation teams followed.

"The forensic experts found fewer than 2,000 graves
and many of the people in those graves were Serbs,"
Bissett said. "There were more civilians killed in
Serbia by the NATO bombing campaign."

Bissett claims there wasn't even a concerted campaign
of ethnic cleansing on the part of the Yugoslav
government. What actually happened was that 200,000
ethnic Albanians fled their homes as a result of
fighting between the Yugoslav army and the Kosovo
Liberation Army, Bissett said. The KLA was a terrorist
guerrilla organization that provoked reprisals against
Muslim Albanian villages by murdering Serb officials
and police officers, so it could tell the world the
Serbs were engaged in a genocidal campaign.

Today, the few remaining Serbs of Kosovo are paying
the price for that duplicity. Bissett said 2,000 Serbs
have been murdered in Kosovo and 1,300 Christian
churches and monasteries have been bombed, burned or
destroyed.

On March 17, another lie sparked more violence aimed
at Serbs. Three ethnic Albanian boys went swimming in
a river, and when two drowned, the third boy told his
parents the boys had been driven into the water by a
Serb man and his vicious dogs. By the time the boy
admitted his story was a lie, it was too late.

All this anti-Serb violence had taken place while an
army of 18,000 NATO troops stood by and did nothing to
protect the Serbs or their property, said Bissett, who
was an outspoken opponent of NATO action during the
run-up to the 1999 bombing campaign.

Bissett was Canadian ambassador to Yugoslavia from
1990 to 1992. During his tenure, he watched as
Yugoslavia began to break up and war broke out, first
in Slovenia, then in Croatia, finally in Bosnia.

During that time, Bissett met regularly with Yugoslav
president Slobodan Milosevic and other leaders.

"It's time to speak out about Kosovo but it seems to
be a forgotten place," he said. "Only Pakistan and a
few other nations have spoken out about it. Canada has
said nothing."

Bissett was brought to Edmonton by local members of
the Serb community. He admits he often speaks on
behalf of partisan groups but claims that helps
counterbalance stories that have demonized Serbs for
years.


=== 3 ===

Da: Boba
Data: Lun 4 Ott 2004 03:04:22 Europe/Rome
Oggetto: NEW on "Monday's Encounter"

"MONDAY"S ENCOUNTER" a bilingual Serbian Canadian radio program airing
every Monday on CKCU 93.1 FM in Ottawa and on line at www.ckcufm.com .

Monday, Oct. 4, 2004 at 6:00 P.M. EST on CKCU 93.1 FM in Ottawa

* JAMES BISSETT - former Canadian ambassador to Yugoslavia was one of
high ranking diplomats who had decided not to testify at The Hague. We
wanted to know if the UN is capable of adminitering justice? What has
been the biggest misconception of the war in the former Yugoslavia that
people in the West have? [*E] (Interview, Part II)

http://www.deltax.net/bissett/
Transcript: http://www.serbianna.com
http://f2.pg.briefcase.yahoo.com/pertep

(...)

- FUNDING DRIVE for our radio station CKCU 93.1 FM starts on October 22
- Nov. 7, 2004. You can pre-pledge if you go to:
www.https://media6.magma.ca/ckcu.magma.ca/pledgeform.html
Do not forget the name of the Show that you are pledging to: Monday's
Encounter

(...)

(*E) - Comment in English
(*S) - Comment in Serbian

**To hear the whole show (after the airiring) please go to:
http://f2.pg.briefcase.yahoo.com/pertep

Boba Borojevic, producer
Tel: (613) 852-1971
E-mail: CKCUBoba @ yahoo.ca
http://ckcu.magma.ca/audio.html

--------

THE HAGUE TRIBUNAL: CHARGES AGAINST MILOSEVIC PURE FANTASY

[Excerpts from the interview with the former Canadian Ambassador to
Yugoslavia, James Bissett, September 27, 2004]

Stalled by reluctant witnesses and an uncooperative defendant, judges
in Slobodan Milosevic's war crimes trial adjourned the proceedings for
a month Wednesday (15. September 2004) to give the former Yugoslav
president's court-appointed lawyers time to prepare their case. At
least 20 of Milosevic's witnesses, including high-level foreign
politicians, have refused to show up since the court limited
Milosevic's ability to mount his own defense. Milosevic faces 66 counts
of war crimes for his alleged criminal role in atrocities committed
during the violent breakup of the former Yugoslavia in the 1990s. Those
are very serious charges with potential consequences for the whole
Serbian nation.

Mr. James Bissett, former Canadian ambassador to Yugoslavia is one of
foreign politicians who refused to go to The Hague to testify. His
refusal to testify has prompted the media at home and abroad to ask him
to explain why he made this decision?

One of the fundamental principles of law is that if you are accused of
something that you have right to defend yourself. That is enshrined in
law and has been for many centuries. It is one of the core principles
of the law. Even the Constitution of the Tribunal itself makes it clear
that all of the defendants have right to defend themselves if they
choose to do so, including Mr. Milosevic.

Yet the Tribunal has now decided to take that right away from him. This
decision served to confirm my early suspicions that the Tribunal was
really a political court. It was the final straw that convinced me I
did not want to be a witness at the trial. It was my own decision. I
was surprised, but pleased, to see that most of the other witnesses
agreed not to appear.

Judges citing medical reports that Milosevic was unfit to take charge
of his defense. Is this right?

Anyone who reads Tribunal’s transcripts will see that Milosevic is more
than able to defend himself. His cross examinations have destroyed many
of the witnesses who have come before him. I think the Tribunal is
using health reasons simple as an excuse to prevent him from defending
himself. [The prosecution] came up with this fantasy theory that he,
Karadzic and the Serb leader in Croatia entered into criminal
conspiracy to ethnically cleans all non Serbs out of Bosnia and
Croatia. This is pure fantasy. The prosecution is having a very
difficult time of proving all this. It is pretty clear that they got to
try to keep him off the stand. If he is on the stand, he is going to
destroy their arguments.

You have always been a defender of the rule of law and you believed in
the UN charters. Given what we have seen so far at The Hague, have you
changed you mind about the UN court and the justice the UN is capable
to administer?

I am afraid to have to say yes. From the outset the legitimacy of the
Tribunal has been in question. The UN Security Council established it
yet there is nothing in the United Nations Charter that gives the
Security Council the authority to establish a Tribunal or Court.
Nevertheless the Tribunal did get the blessing of the UN Security
Council and the UN Secretary General. Therefore one could argue that
despite its dubious origin it has taken on a quasi- legal position. Mr.
Milosevic has been accused of some of the most serious crimes since the
Nazi leaders were on trial at Nuremberg. It was therefore incumbent
upon Tribunal to get it right. By that I mean - to ensure there was
fairness, to ensure there was a presumption of innocence on the part of
the accused and to follow the other basic principles of law. This the
Tribunal has not done.

We also know that the Tribunal was financed by George Soros and by some
of the Arab states. This in itself calls into question the impartiality
of the Tribunal. The court has been dominated and managed by the United
States. It is in the interests of the USA to continue the pretence that
Milosevic is solely responsible for everything that went wrong in the
former Yugoslavia. I am convinced that the Tribunal was established to
make Mlosevic and the Serbs guilty of all the crimes committed in the
Balkans. His guilt is essential if the Germans and the Americans who
played such a critical role in causing much of the bloodshed and the
violence in the Balkans are to be let off the hook.

What is the biggest misconception of the war in the former Yugoslavia
that people in the West have?

The US led NATO powers have done a masterful job through manipulation
of the popular media of blaming the Serbs and Milosevic for everything
that happened since the breakup of Yugoslavia. They have been able to
convince the people in the West that Milosevic and the Serbs not only
broke up Yugoslavia, but also are responsible for all the killings and
ethnic cleansing. This is a very scary thing. It shows how easy public
opinion can be manipulated. That is why it is important for the truth
to come out.

Already we see that people have forgotten Kosovo. It is no longer a
subject of interest to the media. Over 2000 Serbs have been murdered in
Kosovo since NATO and the UN took over and not one person has been
charged. Almost all the non-Albanian population has been forced to
leave Kosovo. Yet, not a word of complaint about ethnic cleansing.
Albanians have burned or blasted down over 150 Christian churches, some
of them treasures from the 12th and 13th centuries. Not a word of
protest from Christian leaders in the USA and Canada. How can this be
explained?

We are dealing here with double standard and the manipulation of
western public opinion. It is shocking and frightening. This is why the
Tribunal in The Hague must be discredited because if it is not - its
files and testimonies will form an important part of the historical
record. Unfortunately it seems obvious that Milosevic’s guilt has
already been ordained by the Americans. And they represent as we know
the most powerful nation in the world.

***

Mr. James Bissett was Canadian ambassador to Yugoslavia in 1992.

BOBA BOROJEVIC, producer

“Monday’s Encounter” on CKCU 93.1FM

Ottawa, Canada

ckcuboba @ yahoo.ca

(english / italiano / francais)

Ucraina / Bielorussia / Transnistria / Kaliningrad ...
ASSEDIARE LA RUSSIA

1. UCRAINA:

1.A) LA VIGILIA DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI IN UCRAINA - Rassegna a
cura di Mauro Gemma
1.B) I COMUNISTI SONO PREOCCUPATI PER LE PRESSIONI SENZA PRECEDENTI CHE
GLI USA ESERCITANO SULL’UCRAINA
1.C) LA PARTITA IN GIOCO NELLA VALUTAZIONE DEI COMUNISTI UCRAINI
1.D) LA PIATTAFORMA ELETTORALE DI VIKTOR JANUKOVIC
1.E) IL PROGETTO STATUNITENSE DI SANZIONI CONTRO IL GOVERNO UCRAINO
Traduzioni dal russo di Mauro Gemma

1.F) ON THE EVE OF PRESIDENTIAL ELECTION, UKRAINE DEPORTS OTPOR
PROVOCATEUR / "CHESTNUT REVOLUTION" COMING TO UKRAINE
1.G) LINKS

2. BIELORUSSIA:

2.A) U.S. SENATE ENDORSES BELARUS DEMOCRACY ACT
2.B) BELARUS PROMISES TO PROTECT RUSSIA FROM NATO TANKS
2.C) LINKS

3. NATALYA VITRENKO: PER IMPEDIRE L'UNIONE DI UCRAINA, RUSSIA E
BIELORUSSIA, L'OCCIDENTE FARA' RICORSO A OGNI TIPO DI CRIMINE

4. NATO planes reconnoiter Russian territory - air force / Most
Russians think Russia has enemies - poll / British fighters take over
control of Baltic airspace

ALTRI LINK:

Besoin d’une révolution ? Appelez Otpor !

Après la Géorgie, l’Ukraine ? Les anciens militants du mouvement Otpor
(« Résistance »), artisan de la chute du régime de Slobodan Milosevic,
sont devenus des experts internationaux ès-révolutions. L’un d’eux,
Aleksandar Maric, vient cependant d’être expulsé d’Ukraine, où des
élections très sensibles sont convoquées le 31 octobre.

http://www.balkans.eu.org/article4676.html

Moldavie : « l’effet Géorgie » est-il contagieux ?

http://www.balkans.eu.org/article3864.html

La Moldavie : une seconde Géorgie ?

http://www.balkans.eu.org/article3863.html

La querelle scolaire ravive les tensions entre la Moldavie et la
Transnistrie

http://www.balkans.eu.org/article4560.html

Russian Foreign Ministry Concerned Over German Opposition's Idea to
Reinstate East Prussia

http://www.mosnews.com/news/2004/10/15/eastern_prussia.shtml


=== 1 ===


1.A)

LA VIGILIA DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI IN UCRAINA

Rassegna a cura di Mauro Gemma

L’Ucraina si appresta al voto presidenziale. L’avvenimento, sebbene
riguardi un grande paese europeo, sembra non destare particolare
attenzione qui da noi. Eppure, tutti gli analisti sono concordi
nell’attribuire a queste elezioni un ruolo forse decisivo, nella
determinazione delle scelte strategiche del paese ex sovietico,
soprattutto sul piano della politica internazionale. Altrimenti, non si
spiegherebbe l’accanimento con cui la principale potenza imperialista
mondiale sta seguendo gli sviluppi della campagna elettorale, non
mascherando le proprie simpatie per uno degli schieramenti in campo e
addirittura proclamando pubblicamente investimenti astronomici a favore
del “suo” candidato e le più sfacciate minacce nei confronti di chi
avesse l’ardire di intralciarne l’ascesa al potere.

Venuti a scadenza i mandati dell’attuale presidente Viktor Kuchma, la
discussa personalità che ormai da molti anni domina la scena politica
di Kiev e che non ha mai sciolto definitivamente le ambiguità in merito
al ruolo dell’Ucraina nel confronto geostrategico russo-americano,
sembrano essere in pratica solo due i candidati in grado di contendersi
la successione, nel ballottaggio del 14 novembre, che, salvo sorprese,
seguirà il mancato raggiungimento, al primo turno del 31 ottobre, del
quorum del 50% dei voti previsto per il vincitore: l’attuale premier
Viktor Janukovic e il principale esponente dell’opposizione ed ex
premier Viktor Juschenko, accreditati entrambi del 30-35% delle
intenzioni di voto al primo turno.

Viktor Janukovic, personaggio cresciuto all’ombra di Kuchma,
rappresenta il prototipo del politico, espressione degli interessi
delle lobby industriali e minerarie dell’oriente del paese, popolato in
larga parte da russi e da russofoni, legato storicamente a Mosca,
dipendente dalle massicce forniture energetiche russe e interessato a
mantenere rapporti economici privilegiati con i partner dello spazio ex
sovietico. Non a caso, Janukovic è stato l’artefice dell’adesione
formale (avvenuta nell’aprile 2004, anche con il voto dei deputati
comunisti) al mercato comune con Russia, Bielorussia e Kazakhstan che
prende il nome di “spazio economico unico”. Janukovic esprime anche una
posizione prudente rispetto alle pressanti richieste occidentali di
accelerazione dei processi di integrazione dell’Ucraina nei meccanismi
della NATO. Il premier ucraino è sicuramente il candidato su cui punta
l’amministrazione presidenziale russa, che è ben consapevole della
decisiva partita strategica che si sta giocando a Kiev.

Viktor Juschenko è invece il rappresentante delle componenti
neoliberiste più spinte, ispirate dai gruppi di pressione
dell’emigrazione ucraina in USA e Canada, che vedono nel rapporto
esclusivo con l’Occidente, l’occasione per portare a definitivo
compimento le “riforme” capitalistiche avviate nel 1991. Juschenko può
così contare sul sostegno delle componenti ultranazionaliste, radicate
in particolare nell’occidente del paese, di gruppi fascisti e di una
parte consistente delle gerarchie del cattolicesimo “uniate”, che
godono di coperture influenti in alcuni ambienti del Vaticano. Gli
sponsor americani di Juschenko hanno ammesso di avere investito decine
di milioni di dollari per garantirne la vittoria, e di accingersi, in
caso di rovescio, a scatenare una chiassosa campagna internazionale di
discredito degli avversari, a cui associare tutto l’Occidente (sinistre
“moderate” e “alternative” comprese, c’è da scommettere).

Al secondo turno, si rivelerà la scelta che opereranno gli altri
schieramenti: in particolare i comunisti, rappresentati al primo turno
dal loro leader Piotr Simonenko.

I comunisti, pur apparendo in netto calo rispetto all’ultima
consultazione politica, quando ottennero un quinto dei suffragi,
dovrebbero comunque raccogliere quel 10-15%, che potrebbe risultare
decisivo al ballottaggio, in particolare nella repubblica autonoma di
Crimea, il loro principale serbatoio di voti e dove non è un mistero
che la maggioranza della popolazione desidererebbe riunirsi alla
Federazione Russa.

Le ultime dichiarazioni di Simonenko, al di là delle critiche rivolte,
sia a Janukovic che a Juschenko, di rappresentare interessi
capitalistici in competizione, sembrano improntate alla consapevolezza
della necessità di far fronte all’aggressività degli USA e dei loro
alleati e di scongiurare la possibilità che l’Ucraina, sciogliendo ogni
residua riserva nei confronti dell’Occidente, possa imboccare la strada
della definitiva rottura nei confronti degli importanti processi di
integrazione dello spazio postsovietico, che la Russia di Putin sembra
impegnata faticosamente a sviluppare e che rappresentano un elemento
oggettivo di freno alle pretese egemoniche dell’imperialismo.

M.G.     
 
1.B)

I COMUNISTI SONO PREOCCUPATI PER LE PRESSIONI SENZA PRECEDENTI CHE GLI
USA ESERCITANO SULL’UCRAINA

http://www.glavred.info/

ripreso in http://www.partaktiv.info/main/415ab26ec0bdc/

29 settembre 2004

Il Partito Comunista di Ucraina ha protestato per la presentazione alla
camera dei rappresentanti USA di un progetto legislativo di sanzioni
contro la dirigenza ucraina in caso di elezioni non corrette ( si
tratta del progetto 5102 del 15 settembre, il cosiddetto “Atto sulla
democrazia ucraina e la correttezza delle elezioni del 2004”, nota del
traduttore) ed ha dichiarato che ciò rappresenta un’ingerenza negli
affari interni dell’Ucraina.

A ciò fa riferimento la dichiarazione, diffusa oggi dal servizio stampa
dell’ufficio elettorale del candidato alla presidenza Piotr Simonenko:
“Noi in quanto cittadini di uno stato sovrano e indipendente, membro a
pieno diritto dell’ONU e delle altre più influenti organizzazioni
internazionali, eleviamo la nostra vibrata protesta contro le ormai
abituali attività ostili che caratterizzano la politica americana nei
confronti dell’Ucraina e del suo popolo”.

Nel documento si afferma anche che i comunisti ucraini sosterrebbero
pienamente gli Stati Uniti, se essi fossero disposti a prodigarsi per
far ottenere “la restituzione, secondo quanto prevede la legge,  degli
strumenti finanziari di ogni tipo che sono in possesso di malversatori,
di funzionari poco puliti e di “uomini d’affari” ucraini, che sono
stati portati fuori in modo criminale dal nostro stato e trasferiti
nelle strutture finanziarie degli USA”.

“Proprio un tale atto di buona volontà da parte del governo USA, a
nostro avviso, favorirebbe la realizzazione dei processi democratici in
Ucraina e rappresenterebbe l’evidente dimostrazione dell’effettivo
desiderio di garantire successo e prosperità al nostro paese”.

1.C)
 
LA PARTITA IN GIOCO NELLA VALUTAZIONE DEI COMUNISTI UCRAINI

http://www.partaktiv.info/main/4160fba82c73b/

“Il presidente dell’Ucraina Leonid Kuchma e la sua cerchia hanno
puntato sin dall’inizio non sul premier Viktor Janukovic, ma sul suo
oppositore Viktor Juschenko”.

“Molti processi della campagna elettorale sono condizionati dagli Stati
Uniti, che stanno preparando un colpo di mano”. “Se in Ucraina
succedesse ciò che è avvenuto in Georgia, tale processo si
trasferirebbe immediatamente in Russia. Se la Federazione Russa dovesse
perseverare nella sua politica di non ingerenza, i carri armati della
NATO domani si troverebbero alle porte di Voronezh (importante città
russa non distante dai confini ucraini, nota del traduttore)”.

Sono alcune delle affermazioni contenute nella lunga intervista che il
leader comunista Piotr Simonenko ha concesso all’agenzia russa “Novij
Reghion”, di cui pubblichiamo le risposte, a nostro avviso, più
significative.

 
D. Che giudizio dà delle voci, secondo cui la squadra di Kuchma in
realtà non starebbe appoggiando Janukovic, ma lavorerebbe per la
vittoria di Juschenko?

R. Oltre un anno fa feci una mia diagnosi, prevedendo che Kuchma e la
sua squadra avrebbero lavorato per far eleggere Juschenko. Ho detto
questo anche a molti politici russi. E oggi è davanti agli occhi di
tutti la realizzazione pratica di questo progetto. Fingono di
appoggiare Janukovic, ma puntano su Juschenko nell’interesse della
“famiglia” e del grande capitale.

Anche per i politici e gli uomini d’affari russi la realizzazione di un
tale schema avrebbe conseguenze enormi. Se, con tali metodi, dovesse
essere assicurato l’arrivo al potere del nuovo presidente, si
assisterebbe a un indebolimento dei processi di integrazione.
Naturalmente, avverrebbe una spartizione della proprietà. Si
rinnoverebbe il tentativo di risolvere la questione del controllo del
settore della trasformazione del petrolio e di alcune altre imprese
strategiche del paese.
(…)

D. In che modo il risultato elettorale (favorevole alla destra
nazionalista) potrebbe riflettersi sulle prospettive di integrazione di
Ucraina, Russia e Bielorussia?

R. Non ho alcun dubbio che tali processi sarebbero interrotti.
Verrebbero compiuti passi ostili, tali da spingere la Russia a una
risposta adeguata. E allora i rappresentanti delle forze nazionaliste
di destra dichiarerebbero: “Vedete che cosa fanno i nostri vicini?
Hanno chiuso le frontiere alle merci ucraine!”.

Noi invece riteniamo che i processi di integrazione vadano
approfonditi. Certo, comprendiamo quanto siano affini i sistemi
politici in Ucraina e in Russia e quanto facciano conto sul grande
capitale. Ma capiamo anche che non siamo in grado di accedere a mercati
diversi da quello russo e bielorusso. Anche in Asia non ci danno libero
accesso. Là i mercati sono da tempo conquistati. E gran parte della
nostra produzione non riesce a reggere nei confronti della concorrenza.
Per questa ragione, se i processi di integrazione dovessero subire un
arresto, l’Ucraina non sarebbe più in grado di difendere i propri
interessi. Penso che allora gli americani troverebbero il modo di,
scusate le parole pesanti, tapparci la bocca. E’ vero che esiste un
problema che gli americani non sono in grado di risolvere subito: il
problema del gas e del petrolio. Ma i nazionalisti hanno già
ripetutamente dichiarato che bisognerà dettare condizioni alla Russia,
partendo dalla considerazione che il sistema di trasporto del gas russo
attraversa il territorio ucraino. Finora queste condizioni non le hanno
ancora avanzate in modo esplicito e sfacciato. Ma ciò sicuramente
avverrà, non appena giungeranno al potere.
(…)

D. Ma perché gli americani alla fine vincono sempre? Qual è la sua
opinione?

R. Io affermo sempre che vincono solo coloro che non incontrano
resistenza. Gli americani non riescono a vincere quelli che resistono.
Ci sono molti esempi. Forse che i vietnamiti non ce l’hanno fatta?
Hanno vinto. E gli americani non possono nemmeno fare nulla con Cuba.
Per questo oggi il nostro compito è quello di dimostrare il più grande
senso di responsabilità di fronte a quanto sta accadendo…

1.D)
 
LA PIATTAFORMA ELETTORALE DI VIKTOR JANUKOVIC

http://www.strana.ru

28 settembre 2004

Il sito filopresidenziale russo “Strana.ru” ha proposto una scheda che
illustra i punti fondamentali della piattaforma elettorale di Viktor
Janukovic, attuale premier ucraino e candidato, tra i più favoriti,
alla carica di presidente della repubblica.

Il candidato alla presidenza dell’Ucraina, che attualmente occupa il
posto di primo ministro, Viktor Janukovic si è incontrato ieri con i
giornalisti russi, per illustrare il proprio punto di vista su alcune
delle principali questioni di politica interna e internazionale. In
particolare, sono stati affrontati temi, quali le condizioni della
lingua russa sul territorio dell’Ucraina, la doppia cittadinanza degli
abitanti di Russia e Ucraina, la costruzione di vie di trasporto tra la
Crimea e la Federazione Russa.

La concessione dello status di lingua di stato al russo

Janukovic ritiene che la lingua russa debba rappresentare la seconda
lingua di stato sul territorio dell’Ucraina. “Il russo non deve subire
alcuna limitazione”, - ha detto Janukovic. “Deve essere lingua d’affari
e seconda lingua di stato”.

La doppia cittadinanza

Jakunovic cercherà di risolvere il problema della doppia cittadinanza.
“Occorre adottare una misura legislativa, e lo farò”, - ha detto
Jakunovic. Egli ha chiarito che la questione del riconoscimento della
doppia cittadinanza è legata al fatto che in passato molti ucraini “se
ne sono andati dal paese, ma ora vogliono tornare oppure ottenere la
cittadinanza ucraina, pur continuando a vivere in Russia o in altri
paesi”. “Non bisogna mettere alla porta questi cittadini,” – ha
sottolineato.

Un ponte per gli affari

Janukovic ha annunciato piani per la costruzione di vie di trasporto
tra la Crimea e la Russia. Esperti ucraini e russi “esamineranno due
varianti: un ponte oppure un tunnel”. “Studieremo e poi daremo
seguito”, - ha affermato Janukovic, aggiungendo che, dal punto di vista
degli esperti, “il tunnel presenterebbe maggiori difficoltà. Janukovic
ha sottolineato che l’Ucraina è interessata agli investimenti russi in
Crimea…”Siamo interessati, parliamo la stessa lingua, siamo partner
strategici”, ha detto Janukovic. Per questa ragione, il capo del
governo si pronuncia per la collaborazione degli uomini d’affari di
Russia e Ucraina. “Io non sono tra coloro che si spaventano per il
fatto che i russi vengano da noi, al contrario di altri che affermano
che essi intendono comprarci. Non esiste tale minaccia. Siamo partner
strategici”, - ha sottolineato Janukovic. E si è anche espresso per il
rafforzamento dello spazio economico unico. “Saremo più forti insieme a
Russia e Kazakhstan. Non abbiamo alternative”, - ha dichiarato
Janukovic.

La stampa

A parere di Janukovic, la stampa russa, in larga misura, lo sta
appoggiando, mentre quella occidentale sostiene Juschenko nel corso
della campagna presidenziale in Ucraina. “Tale fattore esiste, è ben
presente, non può essere nascosto. Occorre tenerlo in considerazione”,
ha detto Janukovic. Inoltre, il candidato alla presidenza ha voluto
sottolineare “quanto sia importante un’interpretazione obiettiva della
situazione alla vigilia delle elezioni”.

Ucraina-NATO-Russia

Janukovic è convinto che, sviluppando rapporti unicamente con la NATO,
ci sia la possibilità di perdere “un intero settore dell’economia:
quello militare-industriale”. “Con l’introduzione degli standard della
NATO saremmo costretti a chiudere aziende e ad acquistare armamenti e
tecnologie in Occidente. Non possiamo permetterlo”. “Occorre costruire
la sicurezza internazionale ed europea su basi rinnovate, e, in questo,
l’Ucraina deve avere il suo posto”, - ha detto. “Non si deve costruire
il sistema di sicurezza europea senza la Russia, è indispensabile
partecipare insieme ad essa a tale costruzione. Tale questione è
all’ordine del giorno”.

Juschenko non sarà premier

Interrogato su un’eventuale offerta, in caso di vittoria alle elezioni
presidenziali, della carica di primo ministro al suo principale
oppositore Viktor Juschenko, l’attuale capo del governo ha dichiarato
di non essere intenzionato a farlo.

1.E)

IL PROGETTO STATUNITENSE DI SANZIONI CONTRO IL GOVERNO UCRAINO

http://www.strana.ru

9 ottobre 2004

Al Congresso USA è stato presentato un progetto di legge, che prevede
sanzioni e il divieto di rilascio dei visti di ingresso negli USA per i
membri del governo ucraino, se le imminenti elezioni presidenziali "non
saranno libere e corrette". Lo ha annunciato Dana Rorabaker, esponente
repubblicana, che insieme ad altri cinque membri della camera dei
rappresentanti - repubblicani e democratici - è autrice della proposta.

In questo momento il documento si trova all'esame del comitato per gli
affari internazionali della camera. Il progetto di legge prevede, in
particolare, che le più importanti personalità ufficiali dell'Ucraina e
i loro familiari siano privati del diritto ad ottenere visti di entrata
negli USA, nel caso che, nel corso della fase preparatoria delle
elezioni o durante il loro svolgimento, dovessero verificarsi
violazioni di carattere non democratico. "Attualmente abbiamo
riscontrato che le elezioni non si stanno svolgendo in modo corretto e
libero e che le risorse governative vengono utilizzate per esercitare
un controllo sui risultati elettorali", - si afferma nella
dichiarazione scritta dalla parlamentare repubblicana, al momento della
presentazione del progetto di legge. Scopo del progetto è quello di
"indicare le persone coinvolte nella "conquista" del sistema elettorale
dell'Ucraina e nella manipolazione dei risultati delle elezioni
presidenziali di quest'anno", ha sottolineato la parlamentare. Secondo
quanto si afferma nella sua dichiarazione, tra le accuse che gli USA
intenderebbero avanzare in merito all'andamento delle elezioni ucraine
ci sarebbero "il rifiuto di accesso ai "media" nazionali, le minacce
nei confronti di candidati e di appartenenti agli staff elettorali,
l'intimidazione di cittadini che esprimono punti di vista politici,
l'utilizzo illegale delle risorse del governo per promuovere (alla
presidenza) la candidatura del primo ministro (Janukovic, nota del
traduttore) e azioni illegali miranti al controllo delle commissioni
elettorali locali".


Traduzioni dal russo di Mauro Gemma


1.F)

(a selection by Rick Rozoff / ANTINATO @ topica.com )

http://www.itar-tass.com/eng/level2.html?NewsID=1343448&PageNum=1

Itar-Tass - October 13, 2004

Leader of Serb youth organisation deported from
Ukraine

KIEV - Ukraine deported on Wednesday Alexander Maric,
one of the leaders of the Serb youth organisation
Otpor (rebuff).
He played the leading role in the overthrow of the
Slobodan Milosevic regime and actively helped the
Georgian youth organisation Khmara. Protest actions,
organised by Khmara in Tbilisi, developed into the
“revolution of roses,” which led to the resignation of
Georgian President Eduard Shevardnadze.
“Maric was deported from Ukraine as a persona non
grata today,” said a representative of the Ukrainian
Border Service.
Maric was detained at the Borispol Airport of Kiev on
Tuesday.

http://www.interfax.ru/e/B/0/28.html?id_issue=10711172

Interfax - October 13, 2004

Yanukovych supporters warn against revolution on
polling day

KYIV - The coordinating council of democratic forces
in support of presidential candidate Viktor Yanukovych
has issued a warning about the possibility of
incidents on election day.
The warning was made in an address to the nation
adopted at a council meeting in Kyiv on Wednesday.
"On the night of October 31, political forces led by
opposition candidates are planning a
half-a-million-strong rally outside the commission
building to exert pressure on commission members, and
in the event of unfavorable election results for them,
to foil ballot counting as the first stage of a
so-called 'chestnut revolution'," the message said.
The council claims that the opposition "is planning to
apply the Serbian or Georgian experience of public
discord and methods of seizing power by force on
Ukrainian soil."
"There is in fact a threat of a political overthrow.
For this purpose, junior college students are being
brainwashed, groups of experienced militants formed,
and the reputation of law enforcement agencies and the
army undermined. Simultaneously, destructive forces
are waging a massive campaign to discredit the entire
executive power branch in the eyes of voters," the
message reads.
In response, the council called for the holding of a
forum of democratic forces.

http://en.rian.ru/rian/
index.cfm?prd_id=160&msg_id=4965109&startrow=1&date=2004-10-
13&do_alert=0

Russian Information Agency (Novosti)
October 13, 2004

CHESTNUT REVOLUTION COMING TO UKRAINE

KIEV - Supporters of the Ukraine's presidential
candidate Viktor Yanukovich warn that their opponents
are preparing "a chestnut revolution" in the country
following the presidential election scheduled for
October 31.
In the opinion of the Coordination Council of the
election organization supporting the ruling party's
candidate, current prime minister Yanukovich, the
opponents plan to develop "either the Serbian or the
Georgian scenario of seizing the power". The Council
published an address saying that the several thousand
strong rally at the building of the Ukrainian Central
Election Commission scheduled by their opponents for
the elections night can transform in the first phase
of such scenario, if the election results are
unfavorable for the opposition and its leader Viktor
Yuschenko.
"Actually, there is a threat of political upheaval in
the country", state representatives of the
organization supporting Mr. Yanukovich in the address
adopted on Wednesday.
"We call upon the Ukrainian president to take every
effort to prevent development of the "chestnut
revolution" scenario, enforce law and order during the
election process. We call upon the Ukraine's deputies
to put an end to the fruitless political hostility in
the parliament", reads the document.
The term "chestnut revolution" came into use in the
Ukraine after in February 2004 U.S. Wall Street
Journal published an article entitled "Chestnut
revolution in Kiev?", which speculated on the
possibility of the Ukraine witnessing the events
similar to the Georgian "roses revolution", which
forced President Edward Shevarnadze to retire and
paved the way to the power for today's President
Mikhail Saakashvili. The article got its name, because
Kiev is famous for blooming chestnuts in spring. (...)

1.G)

LINKS:

Ukraine turns away from Europe, starts dreaming of Russia
(by Roman Melnikov)

http://english.pravda.ru/printed.html?news_id=14443


=== 2 ===


2.A)

http://www.rferl.org/newsline/3-cee.asp

Radio Free Europe/Radio Liberty
October 8, 2004

U.S. SENATE ENDORSES BELARUS DEMOCRACY ACT

On 6 October the U.S. Senate unanimously passed the
Belarus Democracy Act of 2004, which was adopted two
days earlier by the U.S. House of Representatives,
RFE/RL's Belarus Service reported on 7 October.
The act authorizes assistance for democracy-building
activities such as support for nongovernmental
organizations, independent media, and international
exchanges. It also prohibits all U.S. government
agencies from providing loans or investments to the
Belarusian government unless it is for humanitarian
goods and agricultural or medical products. JM

2.B)

http://www.rferl.org/newsline/3-cee.asp

Radio Free Europe/Radio Liberty - October 14, 2004

BELARUS PROMISES TO PROTECT RUSSIA FROM NATO TANKS

President Lukashenka [Lukashenko] warned Russian
journalists on 13 October that "the Americans are
transferring their most advanced antiaircraft systems
to Poland," Belapan reported.
"Why are they doing that?" Lukashenka wondered.
"Perhaps they have some interest in Belarusian or
Russian territory?" Lukashenka promised to keep
protecting Russia from possible external enemies even
if that country fails to help Belarus build its
defense.
"It would be immoral for us not to protect Russia," he
said. "We cannot...let tanks through Belarus, so that
they proceed toward Moscow unhindered."

2.C)

LINKS:

USA exerts "stupid pressure" on Belarus

http://english.pravda.ru/printed.html?news_id=14407


=== 3 ===

NATALYA VITRENKO: PER IMPEDIRE L'UNIONE DI UCRAINA, RUSSIA E
BIELORUSSIA, L'OCCIDENTE FARA' RICORSO A OGNI TIPO DI CRIMINE

http://www.partaktiv.info/main/416a52024f37f/

11 ottobre 2004

Secondo Natalya Vitrenko, leader del Partito Progressista Socialista di
Ucraina (formazione di estrema sinistra, nota del traduttore) e
candidata alla carica di presidente dell'Ucraina, la questione
fondamentale all'ordine del giorno delle attuali elezioni è: "O
l'Ucraina diventerà membro della NATO e nemico della Russia, in modo
tale che la Russia venga indebolita e gli USA possano dettare le loro
condizioni a tutto il mondo. Oppure l'Ucraina entrerà nell'unione con
Russia e Bielorussia, contribuendo a creare un potentissimo complesso
geopolitico".

La prospettiva di una tale unione degli stati slavi "terrorizza
l'Europa occidentale, la NATO e gli USA a tal punto, che essi stanno
facendo e faranno di tutto per impedire i processi di integrazione.
Utilizzeranno qualsiasi metodo: le calunnie contro i combattenti per
l'integrazione, la loro eliminazione fisica, la corruzione
dell'elettorato, la realizzazione di una variante georgiana per
l'Ucraina. Hanno bisogno di un presidente che si metta al servizio
dell'America", - ha dichiarato Vitrenko a "Partaktiv".

Traduzione dal russo di Mauro Gemma


=== 4 ===

http://www.interfax.ru/e/B/0/28.html?id_issue=10710102

Interfax - October 11, 2004

NATO planes reconnoiter Russian territory - air force

MOSCOW - Foreign reconnaissance planes are actively
reconnoitering Russian territory from many directions,
a source in air force headquarters told Interfax on
Monday.
"NATO planes make up to 400 annual flights over the
Baltic and Barents Seas, and over 300 annual flights
over the Sea of Japan and the Sea of Okhotsk," he
said.
Foreign planes have broken the rules of the Russian
skies 70 times this year, he said.
Air defense tracked about 200,000 targets in
January-September. Nearly 50% of them were foreign
jets, including more than 4,000 warplanes.

---

http://www.interfax.ru/e/B/0/28.html?id_issue=10710006

Interfax - October 10, 2004

Most Russians think Russia has enemies - poll

MOSCOW - Opinion surveys suggest that most Russians
still see their country surrounded by enemies which
could unleash a war against it.
However, the number of respondents who share this
opinion changes depending on the international
situation, the Public Opinion Fund reported, having
analyzed opinion polls held since 1998.
Sixty eight percent of the 1,500 respondents,
questioned in early October, said Russia has external
enemies and 25% said the U.S. could unleash a war
against Russia.
Seven percent of those surveyed said the threat is
coming from Arab and Islamic countries, but did not
name them, and about the same percentage of the
respondents said Chechnya is Russia's external enemy.
Five percent of those polled think Georgia may attack
Russia, 3% view China as a potential aggressor and 2%
named Afghanistan, Iraq, Japan and Britain among
Russia's enemies.
Sixty-eight percent of those surveyed said Russia has
friends, while 16% have the opposite opinion.
Among Russia's friends, the respondents named Germany
(16%,) France and Belarus (12%, each,) Ukraine (9%,),
the U.S. (8%,) China (7%,), Kazakhstan (5%,), the
Commonwealth of Independent States as a whole (5%,)
European countries as a whole (4%,), Italy (4%,) India
(3%,) and Britain (3%.)

---

http://www.spacewar.com/2004/041014132632.fku4xzy0.html

Agence France-Presse - October 14, 2004

British fighters take over control of Baltic airspace

VILNIUS - Two British F-3 Tornado fighters landed
Thursday in Lithuania to take over the patrol of the
airspace of the three Baltic states, the country's
defence ministry said.
"The two fighters have landed, two others are expected
to arrive later this month," defence ministry
spokeswoman Jovita Bazeviciute told AFP.
"Some 100 British military personnel are now deployed
in Lithuania and the number could reach 120 later,"
she added.
NATO members countries have been taking turns at
sending their fighters to patrol the airspace over
Lithuania, Latvia and Estonia since the three joined
the bloc in March as they have no such aircraft of
their own.
British fighters were to replace Danish F-16 planes on
October 1, but there were reports that Britain was
refusing to send its fighters because the runaway at
Lithuania's Zokniai air base was too short.
Lithuania's defence minister Linas Linkevicius earlier
told AFP that after examination of the airport with
British experts some improvements were made to
accommodate the needs of British fighters.
The defence ministry said that British will be
patrolling Baltic airspace until January and will be
replaced by Norway.

Kosovo: SALVAIMONASTERI

1. Con le icone, in fiamme la multietnicità (T. Di Francesco)

2. Un commento critico di Ivan Istrijan

3. Altri dispacci d'agenzia

VEDI ANCHE:

http://www.salvaimonasteri.org

La primavera dei vandali
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3521
Kosovo, pulizia etnica contro l'arte
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3541
Kosovo, il medioevo bruciato
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3543
Rosa D'Amico: L’arte bizantina in Serbia tra ‘200 e ‘300
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3549


=== 1 ===

"IL MANIFESTO"  giovedì 14 ottobre 2004

Con le icone, in fiamme la multietnicità

Campagna «Salvaimonasteri», presentato a Roma «Enclave Kosovo» della
regista Valgiusti
TOMMASO DI FRANCESCO

Una folla assalta e incendia il monastero ortodosso di S. Elia a
Podujevo, poi tutti applaudono. Sono le immagini feroci del 17 marzo
scorso quando si scatenò la furia della contropulizia etnica albanese
contro i pochi serbi rimasti in Kosovo. Vennero uccise 19 persone e
distrutti 35 tra chiese e monasteri, in soli tre giorni. E' l'inizio
del prezioso e puntuale documentario «Enclave Kosovo» realizzato dalla
regista Elisabetta Valgiusti della campagna «Salvaimonasteri»
(www.salvaimonasteri.org tel. 06.6832258) e presentato ieri mattina
nella sede parlamentare di Palazzo Marini a Roma, alla presenza fra gli
altri di Padre Sava e padre Ksenofon del monastero di Decani, del
cardinale Tomas Spidlik, del giornalista Ennio Remondino, e di
Marie-Paule Roudil dell'Unesco. Impietosa, la macchina da ripresa
raggiunge i profughi serbi nella palestra di Obilic dove vivono ancora
adesso; a parlare è un bambino che ripete: «Voglio dire che noi non
siamo al sicuro, io voglio tornare a casa». Da Kosovska Mitrovica parla
il rappresentante Oliver Ivanovic: «Per noi non c'è futuro, non c'è
alcuna prospettiva di lavoro, la disoccupazione è al 65%, ci viene
impedito ogni sbocco». Ora le immagini si attardano sulle macerie del
monastero di Devic raso al suolo a marzo e sulle mura annerite che
hanno cancellato le volte affrescate della chiesa Madre di Dio di
Ljeviska. «Ci hanno attaccato in tremila - racconta un testimone -
allora siamo stati scortati nella sede parrocchiale dalla Kfor e loro
hanno cominciato a buttare spugne imbevute di nafta, poteva essere una
strage». Ecco il legame indissolubile tra presenza umana, quella della
minoranza serba e insediamenti ortodossi. Resa chiara dalle parole
esperte di Spidlik: «I codici del monachesimo orientale prescrivevano
la contemplazione, ma i monaci lavoravano e diventavano ricchi.
Mangiavano poco e dividevano il resto con i poveri», insomma i
monasteri come welfare dei Balcani eternamente ai confini della guerra.
Solo la pittura, gli affreschi, l'architettura dei monasteri era il
collegamento tra arte bizantina, arte romano gotica e area slava, tra
oriente e occidente. Un anello mancante, ricorda nel documentario
Massimo Cacciari intervistato, che se cancellato «sarebbe una perdita
per tutti noi: sarebbe come perdere San Marco a Venezia», o Notre Dame
a Parigi, insiste l'ambasciatore serbo Tanaskovic.

«Non possiamo essere soddisfatti dei risultati della guerra del 1999»,
inaspettato, davvero, il mea culpa del'introduttore del dibattito che
altri non è che Gustavo Selva, presidente della commissione esteri
della Camera, tutta la colpa è dell'Amministrazione Onu (Unmik) del
Kosovo e dell'ottica «contabile» dell'Unesco. Certo, l'Unmik ha pesanti
responsabilità: con la gestione Kouchner il Kosovo è stato di fatto
avviato verso una improbabile quanto illeggittima indipendenza - non
contemplata nella risoluzione 1244 con cui l'Onu ha fatto propria la
pace di Kumanovo del luglio 1999. Tranquilli però: ora il nostro
contingente difende le enclave serbe. E' invece il colonnello
Castellano, che ha comandato a marzo i paracadutisti italiani della
zona, a denunciare che la sopravvivenza delle «enclave» è vergognosa: i
serbi non hanno possibilità di movimento, nemmeno tra una enclave e
l'altra. Ma Selva non parla della Nato. Dov'era lui quando la violenza
dei bombardamenti «umanitari» veniva letta dalla maggioranza albanese
come la prova delle loro ragioni per uno stato monoetnico, fino a
costituire quell'impunità che guida la mano di chi organizza veri e
propri pogrom anti-serbi? Ora il Kosovo è un mostro giuridico, un
protettorato militare all'infinito, zona franca delle mafie
internazionali, pronto all'indipendenza, cavalcata sia dal «moderato»
Ibrahim Rugova che dall'ex Uck che, con il Pdk, ha riempito di scritte
razziste le macerie annerite dei monasteri ortodossi, a partire dal
bellissimo S. Nicola. Bisogna rimettere in discussione l'idea della
«guerra umanitaria» ha detto Luana Zanella, deputata dei Verdi, che ha
portato al disastro attuale, per salvare i monasteri e ricostruire la
multietnicità.

Singolare l'affermazione del «rappresentante diplomatico» italiano a
Pristina, Salzano: «La violenza di marzo era inaspettata, forse non
preparata». Incredibile: i monasteri devastati con sistematicità dal
luglio 1999, data d'ingresso delle truppe Nato, sono stati fino ad oggi
più di 140, le persone uccise 1350, altrettanti i desaparecidos,
240mila i profughi. A marzo l'hanno visto tutti, per 5 anni tutti
invece hanno taciuto, ha ricordato Ennio Remondino. Non c'è solo da
restaurare. I monasteri di Decani, Gracanica e Pec ancora non sono
stati distrutti. La salvaguardia della loro integrità, non come difesa
delle radici cristiane d'Europa - vogliamo forse un'altra guerra di
religione, «umanitaria», stavolta contro i cattivi di turno, gli
improbabili musulmani albanesi? -, ma come difesa degli insediamenti
umani multietnici, può essere un obiettivo nuovo, se esiste tanta
coscienza diffusa del disastro provocato dalla guerra «umanitaria»
della Nato che poteva essere evitata. A partire dal giudizio sulle
elezioni della prossima settimana, alle quali la maggior parte dei
serbi, cacciati dal Kosovo, non parteciperà e che invece a Pristina e a
Washington vedono già come «inizio» della separazione da Belgrado.


=== 2 ===

Caro Di Francesco,

Sono passato giovedì scorso a Via del Pozzetto dove si stava
proiettando "Enclave Kosovo" della regista Valgiusti, film in relazione
alla campagna "Salvaimonasteri". Ho visto la gente, tra cui tanti
giovani, che aspettavano per entrare a Palazzo Marini della sede
parlamentare, previo controllo metal detector. Mi è venuta spontanea
una battuta verso Remondino, incontrato fuori, e verso alcuni giovani,
"Quanta gente a versare lacrime di coccodrillo ! Dove stava e da che
parte stava 'sta gente mentre bombardavano la Serbia e la regione del
Kosovo-Metohija ?!"

E tu Di Francesco, con la frase "Sono le immagini feroci del 17 marzo
scorso quando si scatenò la furia della contropulizia (sic!) etnica
albanese contro i pochi serbi rimasti in Kosovo" (e Metohija!), non fai
che ribadire le ragioni bugiardamente addotte per quelle barbarie
effettuata dalla NATO con l’appoggio del Governo D’Alema - il quale ha
avuto la faccia tosta di vantarsi e scrivere pure il libro sul Kosovo!
E dopo l’arrivo della KFOR i terroristi secessionisti albanesi-kosovari
si sono sentiti più sicuri ancora di continuare lo sciacallaggio e la
devastazione, mentre i soldatini con le piume stavano a guardare.

Caro Di Francesco, dovresti dire un po’ a quei giovani, e non solo a
loro, delle vere cause dei bombardamenti sulla "Jugoslavia di
Milosevic". Condannato lui prima ancora di essere processato, per poter
così giustificare il brutale bombardamento NATO. Scrivendo cosi, tu, Di
Francesco non sei amico di nessuna di quelle popolazioni che abitano il
Kosovo e Metohija, non quella che rispettava il Governo di Belgrado, ma
nemmeno di tutte le popolazioni intorno: macedoni e greci compresi.
Prova a nominare ad un qualunque albanese del Kosovo la vera
denominazione della regione, Kosovo e Metohija, e a spiegarne il
significato. Potresti sentirti insultare o quantomeno rispondere:
"Anche li (in Grecia) è sparso il nostro sangue, anche quella è terra
albanese".

Ivan Istrijan


=== 3 ===

http://www.ansa.it/balcani/

KOSOVO: DA VENEZIA INIZIATIVA PER SALVARE MONASTERI SERBI

(ANSA) - VENEZIA, 10 LUG - Parte da Venezia un' iniziativa per
salvare cio' che resta dei monasteri ortodossi in Kosovo, in parte
distrutti a causa del conflitto etnico in quella regione balcanica. E
tra le molte adesioni potrebbe giungere anche quella dell' attore
statunitense di origini serbe John Malkovic, in veste di testimonial.
Il progetto si chiama ''Salvaimonasteri'' ed e' stata promossa da
un comitato informale cui partecipano anche i Verdi di Venezia, dopo
l' allarme lanciato cinque mesi fa dall'ex sindaco Massimo Cacciari.
A presentarlo oggi, nella sede municipale di Ca' Farsetti, la
deputata dei Verdi Luana Zanella, lo stesso Cacciari ed Elisabetta
Valgiusti del comitato. Dal 1999 ad oggi, e' stato ricordato,
sono stati distrutti dalle fazioni estremistiche musulmane oltre
cento tra monasteri e chiese cristiane ortodosse, e migliaia di
icone, oggetti liturgici e libri sacri. Solo nello scorso mese di
marzo sono stati distrutti 35 tra monasteri e chiese. ''Vogliamo
testimoniare la nostra solidarieta' attivandoci per salvaguardare l'
eredita' artistica cristiana in Kosovo - ha detto Elisabetta
Valgiusti del Comitato. L' obiettivo e' sensibilizzare l'opinione
pubblica e porre all' attenzione dei soggetti istituzionali quanto
sta accadendo''. ''Speriamo di riuscire a sensibilizzare l' Europa
perche' protegga in tutti i modi quello che e' rimasto - da
auspicato Cacciari - perche' sarebbe una catastrofe culturale
immensa se andasse tutto abbattuto. E' un pezzo di memoria europea
che rischia di andare in fumo: il Kosovo e' stato il cuore del
grande stato serbo nel medioevo e un crocevia di culture. Quello dei
monasteri e' un patrimonio importantissimo, ma poco conosciuto
perche' fuori delle rotte turistiche''. Ora il comitato
''Salvaimonasteri'' sta lavorando ad un documentario che verra'
presentato a settembre all' Artfilm festival di Asolo, e ha attivato
un proprio sito Internet (www.salvaimonasteri.it). Sono stati inoltre
presi contatti con gli agenti di John Malkovich, il quale, ha
riferito ancora Valgiusti, sembra aver preso a cuore la questione.
Istituzionali invece i canali su cui i Verdi stanno lavorando. Nei
giorni scorsi Luana Zanella ha inviato un appello al ministro tedesco
degli Esteri Joschka Fischer, mentre la questione sara' posta in
discussione nel prossimo consiglio comunale di Venezia. (ANSA).
YV6-BOR
10/07/2004 18:34

KOSOVO: UN VIDEO PER SALVARE I MONASTERI ORTODOSSI

(ANSA) - ROMA, 13 OTT - Un video per salvare i monasteri ortodossi del
Kosovo. E' l'iniziativa presentata oggi a Roma su iniziativa del
Comitato Salvaimonasteri, costituitosi in seguito alla distruzione,
nel mese di marzo 2004, di 35 tra chiese e monasteri ortodossi (alcuni
risalenti al XIII secolo) nelle enclavi serbe di Kosovo e Metohija.
''I monasteri ortodossi del Kosovo, piu' che altrove, hanno
rappresentato nei secoli il punto di contatto tra le culture di
Oriente e Occidente e l'unico riferimento sicuro nel crollo delle
istituzioni civili, tanto da essere rispettati anche dall'Impero
ottomano che accordo' loro privilegi particolari: la loro distruzione
e' un attacco a tutta la cultura europea'': cosi' il card. Tomas
Spidlik ha commentato al Sir il video 'Enclave Kosovo'.
''Dall'inizio della guerra - denunciano gli appartenenti a
Salvaimonasteri - si registrano 250 mila sfollati, 150 monumenti
ortodossi distrutti insieme a migliaia di case. In questa situazione
difficilissima, tenuta in parte sotto controllo dalla presenza di 18
mila uomini delle forze internazionali, e' in atto una pulizia etnica
in senso contrario rispetto a quella che causo' la guerra del 1999 e
si assiste al sistematico annientamento di un inestimabile patrimonio
artistico e spirituale''. ''A 5 anni dalla fine della guerra - ha
affermato p. Sava, del monastero ortodosso di Visoki Decani - in
Kosovo sono ancora negati i diritti umani fondamentali: alla vita,
alla mobilita', all'istruzione, all'accesso alle cure mediche. Si sta
creando una societa' opposta a quella che tenta di costruire l'Europa
moderna''. (ANSA). RED-VN 13-OTT-04 18:35 NNNN 13/10/2004
18:56

Inizio del messaggio inoltrato:

> Da: "Mauro Gemma"
> Data: Mer 13 Ott 2004 17:01:00 Europe/Rome
> A: "Coord. Naz. per la Jugoslavia"
> Oggetto: Re: [aa-info] Quelli che vogliono squartare la Russia (12)
>
> L'iniziativa torinese del 22 ottobre sulla Cecenia è rinviata a data
> da destinarsi.
>
>
> ----- Original Message -----
> From: "Coord. Naz. per la Jugoslavia"
> To: <crj-mailinglist>
> Cc: <aa-info>
> Sent: Wednesday, October 13, 2004 11:14 AM
> Subject: [aa-info] Quelli che vogliono squartare la Russia (12)

(...)

Jean Bricmont:

Le Stalinisme, le fascisme et X.

Un des thèmes privilégiés du discours politique contemporain est la
révulsion provoquée par ces grandes horreurs du 20ème siècle que sont
le fascisme et le stalinisme, mises en pratique d'idéologies
totalitaires; en marge du quarantième anniversaire de l'indépendance du
Congo, je voudrais faire quelques remarques sur ce qui me semble être
un grand absent dans ce débat, et que, pour cette raison, j'appellerai
X. X est un système d'oppression politique qui s'est étendu à presque
toute la planète, durant ici des siècles, là des décennies, et faisant,
au total, plus de victimes que le stalinisme et le fascisme mis
ensemble. X a déporté des populations entières, annihilé des cultures,
utilisé l'esclavage, les camps et le travail forcé. X s'est justifié au
moyen d'une idéologie fanatique, le racisme, qui a une grande parenté
avec le nazisme ; mais cette parenté, contrairement à celle entre
nazisme et stalinisme, est rarement soulignée. X a utilisé, là où il
dominait, un obscurantisme imposé par des moyens totalitaires. Les
séquelles de X affectent la vie de bien plus de gens que les séquelles
du stalinisme ou du fascisme. Il est impossible de comprendre le monde
contemporain, qu'il s'agisse de la dette du Tiers Monde, de la
politique du FMI, des migrations, du racisme, des problèmes
écologiques, ou les événements du Congo, du Zimbabwe, du Liban, ou même
des Balkans, sans remonter à X. Des millions de gens dans le monde
meurent chaque année, victimes des conséquences de X.

Pourtant, parler de X n'est pas simple ; l'histoire de X, telle que je
l'ai apprise à l'école, était purement et simplement négationniste.
Aujourd'hui encore, de nombreux livres sont écrits pour justifier d'une
façon ou d'une autre X. Personne ne demande de mettre des entraves
spécifiques à la liberté d'expression pour les interdire (moi non plus
d'ailleurs). Depuis quelques décennies, on peut parler un peu plus
objectivement de X, mais il faut faire attention à ne pas
exagérer, à ne pas dire n'importe quoi. Il faut éviter de « tomber dans
l'auto-culpabilisation » ou de verser les « sanglots de l'homme blanc
». Il ne faut surtout pas oublier de souligner que X coexistait avec
une certaine démocratie, certes limitée aux bénéficiaires de X, mais
quand même. Surtout, il ne faut jamais « utiliser X » pour justifier
les crimes de Pol Pot ou des différentes dictatures qui ont succédé à
l'effondrement partiel de X. Par contre, il est tout à fait normal
d'utiliser, en les invoquant de façon rituelle et hors de tout
contexte, les crimes de Staline ou de Pol Pot pour faire taire les
dissidents en Occident, qu'il s'agisse de justifier la guerre du
Vietnam, celle du Golfe ou l'attaque de l'Otan contre la Yougoslavie.

Les crimes de Staline, dont, contrairement à ceux de X, j'ai
entendu parler depuis ma jeunesse, sont constamment « révélés » ou «
redécouverts ». Par contre, lorsqu'on parle de X, on entend souvent
dire que c'est une vielle histoire, que « tout le monde connaît ». Il
est très mal venu de souligner l'idéalisme des militants communistes,
les réalisations économiques de l'URSS à l'époque de Staline ou le rôle
essentiel de celle-ci dans la défaite du nazisme. Par contre, on peut
difficilement parler de X sans rappeler que, quand même, il y avait des
aspects positifs et que les motivations des bénéficiaires de X étaient
« complexes ».

Beaucoup de grands penseurs en Occident ont soutenu X sans nuances
et sans jamais se renier ; ils étaient bien plus que de simples «
compagnons de route de X ». Aucun grief ne leur en est fait,
contrairement à ceux qui ont soutenu dans leur jeunesse Staline ou Mao
et qui n'en finissent jamais de devoir démontrer, par une fidélité sans
faille aux objectifs politiques et militaires de l'Occident, la
sincérité de leur repentir. Il est de bon ton de se demander comment
quelqu'un comme Sartre a pu écrire ce qu'il a écrit sur le communisme ;
mais il serait malvenu de se demander comment quelqu'un comme Hegel a
pu écrire ce qu'il a écrit sur les Noirs et les Indiens ; que
voulez-vous, c'était l'esprit de l'époque. L'Eglise catholique, la
famille royale ainsi que la plupart des partis politiques belges ont
entretenu une longue complicité avec X, qu'il n'ont jamais publiquement
reniée ; mais, contrairement aux partis suspectés de stalinisme, cela
ne leur fait aucun tort. Si un groupe de gens se réunissent sous un
portrait de Staline en Russie, cela provoque chez nous l'indignation.
Mais la statue équestre d'un des plus grands criminels de l'histoire en
plein centre de Bruxelles ne dérange personne ; en effet, ses crimes
sont liés à X.

La plupart des grands monuments de Bruxelles ont été construits grâce
au pillage rendu possible par X. En allant au terminus du tram 44, on
découvre un musée consacré à une apologie à peine déguisée de X. Nos
richesses, notre système politique et nos institutions trouvent toutes
leurs racines dans l'histoire de X. Mais, alors que l'histoire du
stalinisme doit, dit-on, nous amener à rejeter toute utopie, les
horreurs de X ne suffisent pas à les discréditer. Au contraire, nous en
sommes si fiers que nous avons l'outrecuidance de donner notre mode de
vie en exemple au monde entier, en particulier aux victimes de X (comme
s'ils pouvaient, eux, reproduire l'histoire de X). Paradoxe ultime : le
continent qui a faire naître et qui a profité au maximum de X doit,
selon un discours faisant pratiquement l'unanimité de la gauche à la
droite, absolument s'unifier sur le plan militaire pour pouvoir mieux
intervenir en faveur des droits de l'homme, surtout dans les pays qui
ont été victimes de X.

Evidemment, X est le colonialisme et l'impérialisme occidental (pour
utiliser un mot tabou). Mon but ici n'est pas de défendre le stalinisme
ou le fascisme mais de souligner l'inanité d'une bonne partie du
discours politique contemporain qui, en se focalisant sur les crimes de
ce qu'on fait passer pour l'Autre de nos sociétés, permet d'occulter de
façon quasi-permanente la source principale des conflits qui déchirent
le monde actuel. En effet, il y a bien quelque chose de commun à des
événements apparemment aussi divers que la guerre du Vietnam, le coup
d'Etat de Pinochet, l'assassinat de Lumumba, les embargos contre Cuba
et l'Irak, ou ce qu'on appelle la globalisation : il s'agit de la
continuation de X par d'autres moyens. Tant que les Occidentaux
n'accepteront pas d'envisager lucidement leur propre passé et
n'essayeront pas de redresser les torts qui leur ont fait tant de bien,
les discours anti-totalitaires qu'il adorent tenir ne seront en rien
moralement supérieurs à ceux sur la charité chrétienne que tenaient les
patrons au siècle passé.

Jean Bricmont
Louvain la Neuve (Belgium)

SOURCE: CUBA SOLIDARITY PROJECT
http://perso.club-internet.fr/vdedaj/cuba/
http://fr.groups.yahoo.com/group/CubaSolidarityProject/

Ancora una "Visnjica" (ciliegina) che non fa ridere per niente


Tra note di costume e notizie buffe o "noir", inventate di sana pianta,
riprese da quei tabloid spazzatura che nella Serbia "normalizzata"
spuntano come funghi grazie alla "generosita'" del capitale straniero,
l'ANSA prosegue la serie dei dispacci improntati al mero cinismo.
Vedi pure la precedente Visnjica (ciliegina) di pessimo gusto:
SERBIA: URANIO IMPOVERITO, CACCIA A UN RIMBORSO INESISTENTE (21 agosto
2004)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3750


SERBIA: A PANCEVO MATRIMONI CON MASCHERA ANTIGAS,NIENTE BACI

(ANSA) - BELGRADO, 12 OTT - Sono stati matrimoni senza bacio finale
fra gli sposi quelli celebrati negli ultimi giorni a Pancevo, la
cittadina - sobborgo industriale di Belgrado: gli sposi indossavano
tutti maschere antigas e mascherine antismog per protesta contro gli
altissimi livelli di inqinamento della zona. Pancevo ospita una
industria petrolchimica che e' una delle poche ancora in funzione nel
paese, una raffineria e una fabbrica per la produzione di azoto
liquido, nonche' un complesso per la produzione di pesticidi: una
combinazione che si era rivelata in tutta la sua pericolosita'
durante i raid della Nato della primavera 1999, quando il borgo fu
oggetto di pesanti, quotidiani bombardamenti. All'epoca, grandi
nuvole di fumo nero lambirono anche Belgrado, e solo la presenza di
un forte vento evito' una catastrofe. Il rischio ambientale resta
intatto: le fabbriche sono obsolete, e il via vai di vecchi camion e
treni cisterna preoccupa gli abitanti. Un caso di fuoriuscita di
sostanze si e' registrato non molto tempo fa, quando un automezzo si
e' rovesciato disseminando azoto liquido per strada. Fughe di
vapori avvengono quotidianamente, date le poche risorse a
disposizione da investire nella sicurezza. Non e' un caso, sottolinea
il quotidiano Novosti, che gli affitti nella zona di Pancevo siano
dieci volte piu' bassi di quelli praticati in analoghi sobborghi
belgradesi. (ANSA).
OT 12/10/2004 13:05

http://www.ansa.it/balcani

Da: ICDSM Italia
Data: Gio 14 Ott 2004 16:18:09 Europe/Rome
A: icdsm-italia @ yahoogroups.com
Cc: aa-info @ yahoogroups.com
Oggetto: [icdsm-italia] Reprise du procès Milosevic


Reprise du procès Milosevic

1. Procès Milosevic: pourquoi ce silence?
2. TPI: le roi est nu, selon un enquêteur hollandais
3. Milosevic : "On ne trouve aucun lien avec un génocide" (The Guardian)
4. Reprise cette semaine du procès Milosevic (B92 - 11/10/04)
5. Reprise du procès Milosevic: témoignage d'un journaliste allemand
(SwissInfo / AP - 12-13/10/04)


---( 1 )---

Subject: [TV-STOP] Procès Milosevic: pourquoi ce silence?
Date: Sun, 10 Oct 2004 00:56:47 +0200
From: TV-STOP <tv-stop @ bluewin.ch>

Qui parle encore du procès Milosevic? Personne. Pourquoi? Pourquoi
a-t-on fait taire le "boucher des Balkans" en lui imposant un avocat
d'office?
Ce résumé de la situation livré le matin de son deuxième (et pour
l'instant ultime) jour de plaidoirie explique peut-être cet
assourdissant silence des médias internationaux...
(La traduction intégrale du préambule de S. Milosevic, livré le 31 août
et le 1er septembre 2004, est à paraître aux éditions Le Verjus/B.I.,
Paris)
--

"Au cours de l’agression de l’OTAN, les poisons n’ont pas été utilisés
de manière directe, mais on a obtenu par des moyens détournés des
conséquences analogues à celles d’une guerre chimique. Par exemple, en
bombardant les installations et dépôts chimiques, les raffineries et
usines de produits chimiques à Pancevo, Novi Sad, Lucani et Baric. De
cette façon, on a aussi infligé à la Serbie une guerre chimique.
Cela a été le fait de puissances qui ne voulaient pas de la
souveraineté de la Serbie sur le Kosovo-Métochie, bien que celle-ci
soit garantie par les conditions du cessez-le feu et contenue dans la
Résolution 1244 qui n’est absolument pas respectée. Celles-ci voient
leur intérêt dans l’exploitation de l’espace du Kosovo-Métochie pour
leurs fins géostratégiques et économiques, ainsi que des richesses
minières, hydrographiques et autres de cette région. En quoi il faut
tenir compte du fait que le Kosovo est l’un des plus grands gisements
de lignite en Europe, avec près de 14 milliards de tonnes, et qu’il
recèle également 48% des réserves totales de plomb et de zinc en
Serbie, d’une valeur immense. Le Kosovo contient encore des réserves de
cobalt et de nickel d’une valeur également considérable, et ses
centrales électriques sont importantes pour le bouclage du bilan
électroénergétique de la République de Serbie.
Tout ce qui vient d’être énuméré ci-dessus dépeint le sordide appétit
de pillage qui constitue le mobile fondamental des prétendus défenseurs
occidentaux des droits des Albanais. En dépit du fait que que la source
de toute la crise au Kosovo-Métochie — qui dure depuis l’époque des
expulsions de populations serbes et non-albanaises en général sous
l’occupation turque de la région — réside dans l’aspiration des
nationalistes albanais à créer une Grande Albanie, aspiration qu’ils ne
dissimulent nullement et pour laquelle tous les moyens leur semblent
légitimes, cette soi-disant partie civile a le toupet de m’accuser moi,
ainsi que la Serbie et les Serbes, d’avoir voulu instaurer, au milieu
de notre propre Etat, dans une région qui est le coeur et le centre de
l’Etat serbe médiéval, une prétendue «Grande Serbie».
Comment on fait pour instaurer la Serbie — grande ou petite, n’importe
— au beau milieu de la Serbie même, ils ne parviennent pas à
l’expliquer ou à le montrer. C’est ce qui a été illustré de la manière
la plus claire par la première partie de cette opération que vous
appelez un procès, car il s’agit d’un procès, tout comme le reste de
l’opération, de par la nature et le contenu de cette fausse accusation,
revêt l’apparence et le caractère d’une pure et simple farce.
Une piètre farce de par son contenu et son niveau, mais nullement par
la quantité d’argent qui lui est dévolue, par exemple, par l’Arabie
Séoudite, George Soros ainsi que d’autres donateurs soi-disant
impartiaux.
Je souhaite ajouter encore ceci: c’est que dès 1998, au moment où
Holbrooke était venu nous trouver à Belgrade, nous avions fait savoir
aux Etats-Unis, sur la base des informations dont nous disposions, que
Ossama Ben Laden se trouvait en Albanie du Nord et qu’il aidait l’UÇK.
Qu’il oeuvrait à l’armement, la formation et la préparation des membres
de cette organisation terroriste. Les Américains ont néanmoins fini par
opter pour la collaboration avec l’UÇK, et donc pour la collaboration
directe avec Ben Laden. Ceci alors qu’il avait déjà fait sauter les
ambassades des Etats-Unis au Kenya et en Tanzanie, et qu’il leur avait,
de son côté, déclaré la guerre."

Une information à rapprocher de la conclusion des deux reporters du
Daily Mirror qui étaient allés au Kosovo, en 2003, acheter des
explosifs de guerre "pour le compte de l'IRA": "We made our deal in
Kosovo, a breeding ground for fanatics with al-Qaeda links." (Nous
avons fait notre marché au Kosovo, une pépinière de fanatiques liés à
Al Qaida). Daily Mirror, 8.12.2003.

-- TV-STOP
Surveillance des aberrations médiatiques.
Abonnement, désabonnement : écrire à tv-stop @ bluewin.ch


---( 2 )---

Subject: [TV-STOP] TPI: le roi est nu, selon un enqu êteur hollandais
Date: Sun, 10 Oct 2004 16:41:14 +0200
From: TV-STOP <tv-stop @ bluewin.ch>

Selon le Guardian , Cees Wiebes, chef d'une commission d'enquête du
gouvernement hollandais concernant l'affaire Srebrenica, affirme que S.
Milosevic ne pouvait avoir connaissance de ce qui s'y passait, et que
par conséquent le principal argument étayant l'accusation de génocide
portée par le TPI est caduc.
A noter ces passages:

# "Wiebes ajoute également que son équipe a offert ses éléments de
preuve au procureur en chef du TPI, Carla del Ponte, mais qu'elle a été
rembarrée. "Ce que j'ai entendu de bonne source à La Haye, c'est que
Mlle del Ponte pensait que nous étions trop nuancés et ne voyions pas
les choses en noir et blanc", a-t-il dit."
#  "Wiebes est la première personnalité de haut rang à dire
publiquement ce que de nombreuses sources à La Haye disent en privé
depuis quelque temps: qu'il n'y a tout simplement pas de preuves pour
soutenir l'accusation de génocide."

Voici quelques mois, commentant les lenteurs du procès visant le
génocide rwandais Le Figaro relevait que la même Carla del Ponte avait,
dans ce cas également, rejeté d'emblée des éléments de preuve
contrevenant à ses opinions préconçues sur l'affaire.
La différence entre le TPI(Y) et le TPI(R), c'est que le dossier Rwanda
a été retiré à la brouillonne et présomptueuse magistrate suisse. En
revanche, aucune de ses bourdes et exagérations dans l'affaire
yougoslave n'a encore conduit les Occidentaux à mettre en question son
autre poste. Faut-il en conclure que le déni de justice et l'abus de
pouvoir sont "moins graves" lorsqu'ils frappent des Balkaniques que
lorsqu'ils frappent des Africains?
Il faut tout de même rappeler que, sur les convictions arbitraires et
peu étayées de del Ponte, des hommes ont été kidnappés chez eux par des
commandos, blessés voire abattus, et que d'autres croupissent en prison
et se voient dénier leurs droits humains les plus élémentaires sur la
foi d'"actes d'accusation" construits à partir de coupures de journaux
et de témoignages anonymes de personnes intéressées. Le tout financé de
manière prépondérante par des "mécènes" comme George Soros ou les Etats
islamiques, qui ont tous des partis pris affichés concernant les drames
du sud-est européen.
Ce qui est sûr, c'est que l'hypermédiatisation unilatérale de la guerre
en ex-Yougoslavie, où pendant dix ans, au mépris de toute réalité, l'on
a désigné les mêmes coupables, offre un confortable abri à tous les
cafouillages et un semblant de crédibilité aux accusations les plus
folles.

Sources
http://observer.guardian.co.uk/print/0,3858,5035733-102275,00.html
Adrien Jaulmes, "L'absurde lenteur du « Nuremberg africain »", Le
Figaro, 7.4.2004.
Voir également : "Carla del Ponte s'explique à la TSR", TV-STOP,
14.3.2004.


---( 3 )---

SOURCE: alerte-otan @ yahoogroupes.fr

Date : Sun, 10 Oct 2004 23:19:14 +0200
De : "Roland Marounek"
Objet : Milosevic : "On ne trouve aucun lien avec un génocide" (The
Guardian)

Il y aurait quelques commentaires à faire sur cet article : la
dénomination de génocide pour le massacre de Srebrenica, le chiffre
'officiel' de 7.000, l'affirmation implicite que Milosevic était un
tyran... Le journaliste semble atterré. "Un échec à prouver le génocide
jetterait une ombre non seulement sur ce procès mais aussi sur la
possibilité même de faire rendre compte de leurs crimes aux tyrans dans
des tribunaux pour crimes de guerre", et merde alors! Heureusement
"Milosevic a sans conteste facilité le massacre ..."
Il y a un dossier (en français) sur le procès Milosevic sur le site du
Comité Surveillance OTAN :
http://www.csotan.org/textes/textes.php?type=TPI et sur Stop.USA :
http://www.stopusa.be/scripts/
index.php?section=BBBL&langue=1&spes=tout&debut=0


The Guardian, 10/10/2004

http://observer.guardian.co.uk/international/story/
0,6903,1323864,00.html
Traduction maison

Milosevic : "On ne trouve aucun lien avec un génocide"

Une nouvelle controverse a secoué le procès de Milosevic, avec
l'affirmation d'un analyste important des renseignements ["senior
intelligence analyst"], selon laquelle le leader yougoslave était
innocent du crime de génocide.

Le Dr Cees Wiebes, professeur à l'Université d'Amsterdam, déclare
maintenant qu'il n'y a pas de preuves liant Milosevic à la pire
atrocité de la guerre de Bosnie, le massacre de 7.000 Musulmans dans la
ville de Srebrenica.

Srebrenica, qui fut envahie par les forces serbes en juillet 1995,
constitue la base de l'accusation de génocide à l'encontre de
Milosevic, mais Wiebes, qui participa à l'enquête du gouvernement
néerlandais sur cette atrocité, a déclaré qu'il n'y avait rien qui lie
Milosevic à ce crime.

"Dans notre rapport, qui a près de 7.000 pages, nous arrivons à la
conclusion que Milosevic n'avait aucune connaissance préalable du
massacre qui allait venir", a-t-il dit dans une émission de radio "Le
véritable Slobodan Milosevic" qui doit être diffusée sur BBC cette
nuit. "Ce que nous avons trouvé en revanche, c'est la preuve du
contraire. Milosevic a été très bouleversé lorsqu'il a appris le
massacre".

La perspective que l'ancien homme fort de Belgrade soit blanchi de la
charge la plus sérieuse à laquelle il doit faire face, jette un froid
sur un procès déjà bien embrouillé, qui (re)commence à auditionner des
témoins de la défense cette semaine après plusieurs mois d'ajournements.

Un échec à prouver le génocide jetterait une ombre non seulement sur ce
procès mais aussi sur la possibilité même de faire rendre compte de
leurs crimes aux tyrans dans des tribunaux pour crimes de guerre; le
cas le plus évident est celui de Saddam Hussein.

Wiebes a conduit une équipe de spécialistes du renseignement
commissionnée par le gouvernement néerlandais pour enquêter sur le
massacre, parce que ses propres forces étaient présentes dans la ville,
sous le drapeau de l'ONU.

Il a eu accès à des documents secrets, aux témoignages de
diplomates-clés et de centaines de témoins d'un massacre dans lequel
des Musulmans, des hommes et des garçons d'un âge aussi jeunes que 12
ans, ont été abattus par les forces serbes bosniaques. Mais tandis
qu'il implique clairement les commandants en chef Serbes qui étaient
sur le champ, notamment le général Ratko Mladic, Wiebes dit que
Milosevic n'a joué aucun rôle.

Selon lui, il est compréhensible que Milosevic ait été bouleversé
"parce que dans cette phase de la guerre, il était en train de
rechercher un arrangement politique, et ceci n'était pas très bon pour
lui".

Wiebes dit aussi que son équipe a présenté ses preuves au procureur en
chef du TPY, Carla Del Ponte, mais qu'elles ont été écartées. "Ce que
j'ai entendu de sources sûres à La Haye, c'est que Mme Del Ponte estime
que nous sommes trop nuancés et que nous ne voyons pas les choses en
blanc et noir", dit-il.

Les procureurs du TPY affirment qu'il n'en est pas ainsi, et que le
rapport n'était pas pertinent. La porte-parole de l'accusation,
Florence Hartmann, a déclaré : "Le but de ce rapport n'était pas de
traiter d'une affaire criminelle en rapport avec Srebrenica, et a été
commissionné... pour d'autres objectifs."

Wiebes est la première personnalité à déclarer publiquement ce que
beaucoup de sources de La Haye disaient en privé depuis quelques temps
: il n'y a tout simplement aucune preuve pour soutenir l'accusation de
génocide.

L'accusation a passé des mois à essayer de prouver le contraire, mais
elle a laissé en suspens toute une série de lacunes, en dépit de la
comparution de témoins de haut vol ["high-profile witnesses"]. Parmi
eux, le commandant de l'OTAN Wesley Clarck, qui a témoigné à La Haye en
décembre dernier que Milosevic lui avait dit qu'il avait tenté
d'arrêter ce crime.

Milosevic a sans conteste facilité le massacre en fournissant aux
Serbes bosniaques des armes, du pétrole et de l'argent. Mais pour que
la conviction de génocide tienne, l'accusation doit prouver qu'il en a
donné l'ordre.


Chris Stephen est l'auteur de 'Jour du Jugement : le Procès de
Milosevic".


Date : Mon, 11 Oct 2004 00:13:34 +0200
De : "Georges Berghezan"
Objet : Re: Milosevic : "On ne trouve aucun lien avec un génocide"
(The Guardian)

Le prof Cees Wiebes est aussi l'auteur de "Intelligence and the War in
Bosnia, 1992-1995", ouvrage fondamental sur le rôle des puissances
occidentales dans la guerre de Bosnie, notamment au niveau des
violations à l'embargo/armes. Le livre (évidemment non traduit en
français) peut être commandé via
http://www.lit-verlag.de/isbn/3-8258-6347-6 pour 34,9 euros, ou être
consulté au GRIP.
GB


---( 4 )---

Reprise cette semaine du procès Milosevic

B92 - 11 octobre
http://www.b92.net/english/news/index.php?nav_id=30130&style=headlines

Après une interruption de 4 semaines le procès de l'ex-président
yougoslave Milosevic continuera ce mardi au Tribunal de La Haye

Durant le mois écoulé, le défenseur désigné de Milosevic, Steven Kay
avait pour tâche d'essayer de convaincre autant de témoins que possible
à participer à la partie consacrée à la défense du procès.

Les correspondants de B92 rapportent que la plupart des centaines de
témoins proposés ont refusé de participé, la majorité pour la même
raison : ils ne veulent pas prendre part dabs le processus de
témoignage si ce n'est pas Milosevic en personne qui les questionne et
participe à sa propre défense.

L'un des témoins qui a accepté à participer est Simo Spasic. Spasic est
le Président de l'Organisation des Familles de Disparus au Kosovo, et
il est déjà arrivé à La Haye.

Il se murmure que Kay a réussi à convaincre au moins 5 témoins
supplémentaires à participer, quoique aucune information officielle ne
soit disponible pour le moment

Le conseiller juridique principal de Milosevic, Zdenko Tomanovic a
déclaré que l'équipe de défense personnelle de Milosevic n'avait pas
aidé Kay dans sa préparation de la défense. Tomanovic dit que la
continuation du procès dépendra du nombre de témoins que Kay réussira à
convaincre de participer, et de la qualité de leurs témoignages.

"Selon les informations que j'ai reçues il y a plusieurs jours, Mr Kay
a été capable de contacter 97 témoins, dont 92 ont immédiatement refusé
de participer tant que le droit de Mr Milosevic à se défendre lui-même
ne lui est pas rendu" a-t-il dit


---( 5 )---

SwissInfo - Mercredi 13 octobre

Reprise du procès Milosevic: témoignage d'un journaliste allemand

LA HAYE - Le procès fleuve de Slobodan Milosevic devant le Tribunal
pénal international a repris après un mois de suspension. Un
journaliste allemand a été appelé par la défense à témoigner, en
attendant une décision en appel sur les avocats commis d'office.

La chambre d'appel, saisie par les avocats désignés d'office contre
l'avis de l'ex-président yougoslave, doit se prononcer sur cette
désignation même. En attendant, un certain nombre de témoins ont refusé
de faire de voyage de La Haye et Slobodan Milosevic a de nouveau
demandé mardi à pouvoir "se défendre lui-même".

Franz-Josef Hutsch, journaliste d'investigation notamment pour
l'hebdomadaire "Stern" et des quotidiens allemands, a lui accepté de
déposer pour la défense afin d'évoquer le massacre de 45 personnes dans
le village de Racak, au Kosovo.

L'accusation assure que ce sont des civils qui ont été massacrés par
les troupes serbes. Cette affaire est l'une des principales charges
pesant contre Milosevic dans la partie "Kosovo" de l'acte de son procès.

M. Hutsch a expliqué avoir fait le voyage de Racak en janvier 1999 avec
William Walker, alors à la tête de la Mission de vérification au Kosovo
mise en place par l'Organisation pour la sécurité et la coopération en
Europe.

Il a raconté la découverte dans un ravin près de Racak d'un tas de
corps. M. Hutsch a assuré qu'une centaine de combattants de l'UCK
étaient dans et autour du village lors de sa visite, allant ainsi dans
le sens de la défense. Mais il a ajouté douter que les victimes soient
des miliciens de l'UCK, car elles étaient pour la plupart âgées de plus
de 50 ans.

Le journaliste, qui a passé 14 ans dans l'armée allemande avant
d'entrer dans la presse, a aussi estimé que la guerre au Kosovo avait
été largement mise en scène par l'UCK.

****

Reprise du procès Milosevic

AP | 12.10.04 | 18:55

LA HAYE, Pays-Bas (AP) -- Le procès de Slobodan Milosevic a repris
mardi devant le Tribunal pénal international (TPI) de La Haye après une
interruption d'un mois. L'ancien président yougoslave, poursuivi pour
crimes de guerre, a demandé une nouvelle fois à pouvoir récuser ses
deux avocats nommés d'office, ce que la cour lui a à nouveau refusé.

Milosevic souhaite assurer lui-même sa défense comme au début de son
procès, mais les médecins le trouvent à présent trop malade pour
continuer à le faire.

Le tribunal a donc nommé deux avocats commis d'office pour le défendre
et, le mois dernier, a ordonné le report du procès pour leur permettre
de préparer la défense de leur client.

Mardi, Slobodan Milosevic a reproché à ses juges de lui offrir que des
«bouts de droits», mais le président du tribunal Patrick Robinson l'a
coupé net en lui lançant: «je ne veux pas de discours».

Le président a ensuite demandé à l'un de ses avocats commis d'office,
Steven Kay, de poursuivre l'interrogatoire d'un journaliste allemand
qui se trouvait au Kosovo en 1999.

Slobodan Milosevic est jugé pour 66 chefs d'accusation de crimes de
guerre pour son rôle dans les conflits qui ont déchiré les Balkans dans
les années 1990, faisant plus de 200.000 morts. Le procès a ouvert en
février 2002. AP



==========================
ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27
00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957
email: icdsm-italia @ libero.it

Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC

sito internet:
http://www.pasti.org/linkmilo.htm

(english / italiano)

Quelli che vogliono squartare la Russia (12)

1. INIZIATIVA-DIBATTITO A TORINO, IL 22 OTTOBRE

2. CIA analysts predict: Russia will disintegrate into 5-8 states,
while the US will prosper - Pravda.RU

(LA CIA "PROFETIZZA": ENTRO 10 ANNI LA RUSSIA SARA' SQUARTATA IN 5-8
STATI)

3. AFP: Cyprus Minister Says Chechens Being Trained In North To Strike
Russia

(I SEPARATISTI CECENI VENGONO ADDESTRATI NELLA AUTOPROCLAMATA
"REPUBBLICA TURCA DI CIPRO DEL NORD")

4. The link between Chechnya war and Caspian oil
By Brian Becker - Workers World

(SUL LEGAME TRA CECENIA E PETROLIO DEL CASPIO)


=== 1 ===

VENERDI 22 OTTOBRE

Centro “Principessa Isabella”          
Via Verolengo 210 – Torino

Ore 20.30

CECENIA  E QUESTIONE CAUCASICA

MICRONAZIONALISMI  E QUESTIONE NAZIONALE

  Incontro di Informazione e Dibattito

Relatori:

Domenico Losurdo - Docente Università di Urbino

Mauro Gemma - Nuovi Partigiani della Pace

Organizza:

Movimento Nuovi Partigiani della Pace – Piemonte
Via S. Anselmo 13 – TO (338/1755563) mail:posta@...


=== 2 ===

http://english.pravda.ru/printed.html?news_id=12649

CIA analysts predict: Russia will disintegrate into 5-8 states, while
the US will prosper - 04/28/2004 19:52

Russia will be instability zone and may disintegrate into 6-8 states,
says the report about the future of the world in the 10 years to come
published on CIA website.

Russia's economic and political isolation is named as the main cause
of its problems.

There is no new information in this report. CIA analysts have been
publishing the same prognosis for Russia since 2000. Earlier, such
prognoses were published as CIA classified information. Probably CIA
analysts do not believe in their prognoses any more and decided to make
them a tool for public foreign policy. In other words, they want to
create the image of an unstable country for Russia.

In fact, Russia's isolation resulted not from the country's policy,
but from the West's failure to give Russia equal opportunities, and
this prognosis is aimed at Russia's begging the West for mercy and
becoming its subordinate.

Certainly, some ideas of the report make sense. Bu even the statement
that the economy based on natural resources, has no future, can be
debated. Hi-tech economy is more perspective, but Russia understands it
without CIA. Russia also realizes that following the West's demand to
make the domestic price for natural gas on the same level with global
prices could devastate the country.


=== 3 ===

http://www.turkishpress.com/turkishpress/news.asp?ID=28590

Cyprus Minister Says Chechens Being Trained In North To Strike Russia

NICOSIA, Sept 26 (AFP) - Cypriot Justice Minister Doros Theodorou said
in remarks published on Sunday that Chechen terrorists were being
trained in the Turkish-held part of the divided Mediterranean island to
strike Russian targets.

The charges were carried in an interview with the mass circulation
Phileleftheros newspaper.

"There are Chechens and other terrorist groups over there (north) being
trained," Theodorou was quoted by Phileleftheros.

"But we are mainly talking about Chechens who are trained to hit
predominantly Russian targets," he said.

Earlier this month after the Breslan school massacre in southern
Russia, a Greek Cypriot government spokesman denied that the
authorities had any hard evidence of terrorist activity in the
Turkish-held part of the island.

Theodorou insisted that the intellingence reports received by the
internationally-recognised Greek Cypriot government were trustworthy.

He said he would suggest that the government make known the terrorist
threat in the north to the international community, especially the
European Union and the United States.

Both Brussels and Washington are seen as sympathetic to the Turkish
Cypriot cause since Greek Cypriots rejected an UN peace plan at a
referendum in April.

"Our side must establish what illegalities are going on and make the
accusations at every level," said Theodorou.

"Our information is clean and from credible sources and we have every
reason to trust them," he added.


=== 4 ===

The link between Chechnya war and Caspian oil

By Brian Becker

This coming March will mark nine years since the peoples of the 15
republics of the Soviet Union went to the polls to vote for the last
time. The issue could not have been more vital. A simple question was
put before them: Should the Soviet Union dissolve itself, so Russia,
Ukraine, Georgia, Azerbaijan, Khazakhstan, Tadjikistan and the other
republics would become independent countries?

Boris Yeltsin was the champion of the breakup of the USSR. The Bush
administration fully supported his position on the referendum.

For over a year prior to the vote, U.S. government officials traveled
frequently to Russia to meet with Yeltsin and other dissident leaders.
These diplomatic maneuvers were meant to show the Soviet peoples that
if they voted to break up the socialist federation, they would receive
the friendship of the United States, the end of economic sanctions by
the West, and relief from the danger of a new war.

How did they vote? On March 17, 1991, some 75 percent of the Soviet
people went to the polls. To the shock of Yeltsin and his backers in
Washington, the people of the Soviet Union voted overwhelmingly to
retain the USSR.

Within nine months, however, the Soviet Union was dissolved anyway, as
Yeltsin and the pro-capitalist elements took power.

Great historic developments are never decided at the ballot box. That's
a fantasy promoted by the capitalist ruling class only when it serves
their interests. If an election goes against them, they ignore the
outcome and use other means to accomplish their predatory objectives.

Independent in form but dependent on imperialism

Eight years after they became formally independent, the former
republics of the USSR are economically and militarily dependent on the
United States and the major capitalist countries in Western Europe.

Concretely, governments that function as puppets of Washington and Wall
Street now rule the former Soviet republics of Azerbaijan, Georgia and
Kazakhstan. A tiny stratum of the population have become super-rich
proxies for Western corporations while the workers and peasants have
become very poor, suffering from high unemployment and the loss of
rights once guaranteed under the Soviet system.

These three republics all border the Caspian Sea. The Caspian is a
landlocked body of water with no access to any ocean. It contains huge
oil and natural gas deposits.

Before 1991, the Caspian was bordered by the Soviet Union on the east,
west and north. On the south was Iran. Because it was landlocked, the
key to Caspian oil was its transport through an underground pipeline
that traveled through Chechnya and other areas of Russia to the Black
Sea.

A new U.S. sphere of influence

Washington has now engineered an agreement to build a new oil pipeline
that will carry the Caspian oil directly through Turkey to U.S. oil
tankers in the Mediterranean Sea. It is designed to bypass Russia.

The U.S. hopes to make the Caspian Sea another Persian Gulf--that is,
under total U.S. domination. A consortium of 11 Western oil monopolies,
including BP-Amoco and Exxon, now controls more than 50 percent of all
oil investments in the Caspian. It has agreed to finance the pipeline,
which is likely to cost more than $2 billion by the time it is
completed in 2004.

The U.S. government insisted that the new conduit be built so as to
bypass existing oil pipelines that travel through Chechnya, an
autonomous region of Russia, and other Russian territory. A New York
Times headline of Nov. 20 made the objectives explicit: "U.S. Seeks to
End Russian Domination of the Caspian."

The headline would have been even more accurate if it had read: "U.S.
Seeks to Dominate Caspian Oil."

While it existed, the Soviet Union was the number one producer of oil
and natural gas in the world. Much of its oil and natural gas fields
were located in and around the Caspian Sea. The production from these
fields was even greater than that of Saudi Arabia, Kuwait and the
United States.

Soviet oil flowing from the Caspian Sea area became a major factor in
the stupendous climb of the USSR, including Russia and the other 14
republics, from impoverished semi-vassal states in 1917 to the world's
second-largest economy in 60 years.

Oil and gas production in the USSR was primarily used to meet the needs
of Soviet society and industry. It was a state-owned industry. It
differed from Exxon-Mobil, Texaco and BP-Amoco in that it was not used
for the enrichment of a class of billionaire investors and owners. Nor
was it used only for domestic consumption. Soviet oil and natural gas
were sold on the world market and became a major source of hard
currency earnings to buy foodstuffs and technology.

Politics is concentrated economics

While the U.S. government championed the cause of "self-determination
and independence" for the various republics and nationalities inside
the USSR, it did so with the political goal of destroying the largest
socialist government. Politics is not an ideological or philosophical
abstraction; it's an _expression of concentrated economics. The
"economics" of imperialism meant turning over the land, labor and
natural resources of the former USSR to profit-making Wall Street
corporations.

The U.S. capitalist establishment was a vigorous supporter of Boris
Yeltsin and his faction in their struggle to destroy the old socialist
planned economy and the Soviet state.

U.S. billionaires did not do this as a favor to the nascent capitalist
class in Russia, but for their own reasons. They didn't want a strong
and prosperous capitalist Russia. They wanted to exploit Russia the way
they do Africa, Asia, Latin America and the Middle East. This is the
ABCs of a Marxist understanding of U.S. foreign policy.

A new partition of global markets

Did Yeltsin and his anti-communist followers really think that the
assistance they got from the U.S. government and Wall Street was
motivated by a yearning for "individual freedom"? Or was the new
Russian bourgeoisie too busy lining its pockets with the sale of
privatized socialist property to care about the larger U.S.
geopolitical designs to permanently weaken Russia after the Soviet
Union was dissolved? If so, they can't help but notice now.

Yeltsin's Defense Minister Igor Sergeyev complained at a Nov. 12 press
conference that "The U.S. strategy toward Russia is aimed at weakening
its international position and ousting it from strategically important
regions of the world, above all the Caspian region, the Trans Caucasus
and Central Asia."

He was defending Russia's use of military force in its fight against
pro-Western separatist forces in Chechnya and Dagestan. Both are
strategic regions in Russia located close to the Caspian Sea.

Yeltsin and Prime Minister Vladimir Putin justify their massive
military attacks against the separatist forces in Chechnya on the
grounds that those fighting for an independent Chechnya are "bandits
and terrorists."

In early August 1999, a force of more than 1,000 fighters from Chechnya
under the leadership of Shamil Basayev entered the neighboring region
of Dagestan. The timing of the invasion is noteworthy. The Russian
crude-oil pipeline monopoly Transneft had lost control of the main
crude-oil pipeline running across Chechnya from Baku, in Azerbaijan on
the Caspian Sea, to the Russian Black Sea port of Novorossiysk. The
Russians closed that pipeline and were attempting to move the oil by
rail through Dagestan at the time of the Chechen invasion in early
August.

Was the Chechnyan invasion of Dagestan part of a larger conspiracy by
the United States to detach the countries surrounding the Caspian Sea
from Russia? This is certainly what the Russian government now fears is
happening. The U.S. government would like a "permanent smoldering of a
manageable armed conflict [resulting] in a weakened Russia that will
help the U.S. obtain full control over the Northern Caucasus," stated
Russian Defense Minister Sergeyev at his press conference

The U.S. is attempting to do to Russia now precisely what they have
done in the past decade to Yugoslavia. In Yugoslavia, the U.S. used the
loan and credit practices of the International Monetary Fund and the
World Bank to foster the break-up of a multinational socialist state.
Croatia, Slovenia and Bosnia could receive credit and investment only
to the extent that they broke away from federal Yugoslavia.

At the same time the CIA and other covert operations stimulated
national and ethnic rivalries by arming nationalist and separatist
groupings in each ethnic community.

Yeltsin and his advisers saw the U.S. seize Kosovo in Yugoslavia,
making that province into a virtual protectorate. They certainly feared
that the U.S. and NATO could do the same in the Caucasus. In fact,
Azerbaijani President Heydar Aliyev recently invited NATO to intervene
in its dispute with Armenia. Azerbaijan's capital city of Baku is the
center of oil production in the Caspian Sea.

Socialist construction was the answer

The U.S. media portrays the ethnic struggles raging in Yugoslavia and
the former USSR as the incurable condition of human nature.

But the former territories of the USSR are not simply a collection of
nationalities. Classes exist in these areas, just as in the United
States, Britain, Germany and Japan.

In the Caucasus, the most multinational part of Russia, millions of
workers and peasants enjoyed unity under the USSR. They sought
internationalism and working-class unity against the parasitic elite
groupings who promoted a reactionary nationalism so that they could
help imperialism exploit the home market.

It was precisely in the Caucasus in 1996 that the Communist vote in the
last parliamentary election was greater than in any other part of
Russia: 66 percent in Dagestan, 63 percent in North Ossetia, and 57
percent in Karachoy Cherkessia.

The workers and peasants of the Caucasus and the south Asian republics
of the USSR voted in the 1991 referendum to maintain the Soviet Union
as a unitary state because they had a long and bitter experience of
what imperialist-sponsored "independence" meant. The last time they
were "independent," in 1918-1920, British, Turkish and German troops
moved in their armies and put communist workers before the firing squad.

Yeltsin wants to prevent the U.S. takeover of the Caspian Sea and the
Caucasus, but he is unable to reach these workers with a message of
genuine anti-imperialist solidarity. Yeltsin represents the Russian
bourgeoisie that wants to exploit the Caucasus. He represents a
throwback to the days of czarist oppression when Russia served as an
instrument of national oppression.

Yeltsin can offer only bombs and tanks. But this will fail. National
oppression and division cannot be overcome through force. Only the
reforging of socialist solidarity, including the militant defense of
the right of self-determination, can overcome imperialist manipulation.

Lenin and the early Bolshevik Party offered proletarian
internationalism in place of bourgeois nationalism and the
divide-and-conquer imperialist manipulation of ethnic rivalries. In
their famous appeal at the Baku Conference of 1918, the Bolsheviks
electrified the poor and attracted a mass following from all
nationalities in the region with this unique message:

"Muslims in Russia, Tartars of the Volga and the Crimea, Kirgiz,
Kazakhs, and Sarts of Siberia and Turkestan, Turks and Tartars of
Transcaucasia, Chechens and Mountaineers of the Caucasus, and all you
whose mosques and oratories have been destroyed, whose beliefs and
customs have been trampled under foot by the Czars and the oppressors
of Russia: Your beliefs and customs, your national and cultural
institutions are henceforth free and inviolable. Organize your life in
complete freedom. You have the right. Know that your rights, like all
the peoples of Russia, are under the powerful safeguard of the
revolution and of its organs, the Soviets of workers, soldiers, and
peasants. Lend your support to this revolution and to its government."

The revolutionary struggle to revive socialism in the lands of the
former Soviet Union, while directed first and foremost at imperialism
and its lackeys, must make Lenin's pledge a reality by rejecting
Russian chauvinism and respecting the national rights of all peoples.

- END -

(Copyleft Workers World Service: Everyone is permitted to copy and
distribute verbatim copies of this document, but changing it is not
allowed. For more information contactWorkers World, 55 W. 17 St., NY,
NY 10011; via e-mail: ww@.... For subscription info send
message to: info@.... Web: http://www.workers.org)