Informazione



Vandali sotto bandiera Nato

di Manlio Dinucci | da il Manifesto del 9 aprile 2012

Quando nel marzo 2001 due antiche statue di Buddha vennero distrutte in Afghanistan dai taleban, le immagini dell’atto vandalico fecero il giro del mondo, suscitando legittima indignazione. 

La cappa del silenzio politico-mediatico copre invece quanto avviene oggi in Siria. I siti archeologici vengono non solo danneggiati dalla guerra, ma saccheggiati soprattutto dai «ribelli» che, alla ricerca di gioielli e statuette, distruggono spesso altri preziosi reperti. Ad Apamea hanno asportato antichi mosaici e capitelli romani servendosi di bulldozer. Molti delle decine di musei sparsi in tutta la Siria, compreso quello di Homs, sono stati depredati di beni di inestimabile valore storico e culturale, tra cui una statua d’oro dell’8° secolo a.C. e vasellame del terzo millennio a.C. In due anni di guerra sono state cancellate testimonianze di millenni di storia. 

L’appello dell’Unesco per salvare i beni culturali siriani, parte del Patrimonio mondiale, resta inascoltato. Il perché è chiaro: principali autori dello scempio sono i «ribelli», armati e addestrati dai comandi e servizi segreti Usa/Nato, che concedono loro il «dititto di saccheggio» e la possibilità di portar via dalla Siria i beni rubati per venderli sul mercato nero internazionale. 

Una pratica ormai consolidata. In Kosovo, nel 1999, chiese e monasteri serbo-ortodossi di epoca medioevale furono prima danneggiati dai bombardamenti, quindi incendiati o demoliti dalle milizie dell’Uck, cui la Nato dette anche la possibilità di saccheggiarli, rubando icone e altri preziosi oggetti. Il tutto sotto la cappa del silenzio politico-mediatico. 

Quando i taleban distrussero nel 2001 le statue di Buddha, invece, i primi a condannare tale atto furono gli Stati uniti e i loro alleati. Non certo per salvaguardare il patrimonio storico afghano, ma per preparare l’opinione pubblica alla nuova guerra, che iniziò pochi mesi dopo quando, nell’ottobre 2001, forze statunitensi invasero l’Afghanistan aprendo la strada all’intervento Nato contro le forze taleban: le stesse che gli Usa avevano prima contribuito a formare attraverso il Pakistan e che, una volta servite allo scopo, dovevano essere eliminate. 

In Iraq, dove durante la guerra del 1991 erano già stati saccheggiati almeno 13 musei, il colpo mortale al patrimonio storico è stato inferto con l’invasione iniziata dagli Usa e alleati nel 2003. Il sito archeologico di Babilonia, trasformato in campo militare Usa, fu in gran parte spianato con i bulldozer. Il Museo nazionale di Baghdad, volutamente lasciato sguarnito, fu saccheggiato: sparirono oltre 15mila reperti, testimoni di cinquemila anni di storia, 10mila dei quali non sono più stati ritrovati. 

Mentre militari Usa e contractor partecipavano al saccheggio di musei e siti archeologici e al mercato nero degli oggetti rubati, il segretario alla difesa Rumsfeld dichiarava «sono cose che capitano». Come oggi in Siria, mentre quasi tutto il «mondo della cultura» occidentale osserva in silenzio.




http://lanuovasardegna.gelocal.it/olbia/cronaca/2013/04/06/news/armi-sui-traghetti-il-segreto-di-stato-fa-affondare-l-inchiesta-1.6831787


DA LA NUOVA SARDEGNA

Armi sui traghetti, il segreto di Stato fa affondare l’inchiesta


Il trasferimento del carico da Santo Stefano avvenne il 19 maggio del 2011. Impossibile sentire i testimoni: la procura di Tempio chiede l’archiviazione

- di Giampiero Cocco

LA MADDALENA. La ragion di Stato fa calare il sipario sull’inchiesta, avviata dalla procura della Repubblica di Tempio, sul trasferimento illegale di un gigantesco carico di armi e munizioni prelevato dai bunker dell’isola di Santo Stefano e destinato, già dal 1996 per ordine dei giudici, alla distruzione. Il magistrato inquirente, Riccardo Rossi, all’ennesima apposizione del segreto di Stato da parte del Governo per «inderogabili e superiori esigenze di sicurezza nazionale», ha deciso di chiudere lo spinosissimo e imbarazzante caso con risvolti internazionali chiedendo l’archiviazione al gip del tribunale di Tempio.

I testimoni scomodi. Un provvedimento annunciato da tempo, considerato che i personaggi che avrebbero dovuto deporre, in qualità di «persone informate dei fatti» erano il capo di Stato maggiore della marina militare, l’ammiraglio di squadra Bruno Branciforte, in quanto responsabile della polveriera- bunker di Santo Stefano, l’ex presidente del comitato militare Nato e attuale ministro della Difesa, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, e gli ufficiali dei servizi segreti militari che gestirono, in prima persona, il gigantesco trasferimento di armamenti dall’isola della Maddalena verso la meta finale.

La destinazione. Nessuno (ormai) lo dirà, ma quel prezioso carico di armi – si stima che il valore complessivo degli armamenti superi i cento milioni di euro – venne sbarcato nel porto di Bengasi, nascosto tra i generi di “supporto logistico” e consegnato ai diversi comitati che dirigevano gli insorti libici di varie etnie e fazioni (per non scontentare nessuno) che, nella primavera araba del 2011, combatterono e sconfissero le agguerrite milizie guidate dai familiari del defunto rais libico Muammar Gheddafi.

Le armi russe. Le armi facevano parte del colossale carico di missili, munizioni, razzi e fucili mitragliatori kalashnikov stoccati per anni nei tunnel di Santo Stefano su ordine della magistratura. Quelle armi erano state sequestrate il 13 marzo del 1994 nello stretto di Otranto. Viaggiavano sulla nave Jadran Express ed erano destinate al mattatoio dei Balcani.

Dietro il traffico c’era l’oligarca russo Alexander Zhukov che venne arrestato, ma poi uscì pulito perché al processo fu prosciolto per difetto di giuristizione. Un vero e proprio tesoro destinato alla distruzione (mai disposta dai vertici militari) su ordine della magistratura torinese e che servì come merce di scambio, nel maggio del 2011, al governo Berlusconi che aveva riconosciuto il Cnt (consiglio nazionale di transizione) che guidava la sommossa contro Gheddafi. L’Italia, con il ministro degli Esteri Franco Frattini, fu il primo tra gli Stati a riconoscere l’autorità del Cnt, assicurandosi la prosecuzione dei contratti in essere per la fornitura di gas e petrolio e le commesse per la realizzazione, in Libia, di infrastrutture pubbliche e autostrade.

Polveriera a bordo. I quattro container militari, stipati di armi, furono trasferiti da Santo Stefano su navi passeggeri della Saremar e della Tirrenia, all’avvio della stagione turistica. La notte del 19 maggio il carico bellico venne imbarcato sul traghetto per Civitavecchia, stivato in un traghetto sul quale avevano preso posto 725 persone tra passeggeri e equipaggio. Tra questi c’erano 122 bambini e 87 anziani, tutti ignari del carico pericoloso. Modalità di trasporto vietate dalle normative internazionali e giudicate «problematiche per la sicurezza» dagli stessi ambienti militari. Da Marisardegna, però, rassicurarono che «tutte le armi erano state rese inerti già prima della partenza».

Fu l’unica ammissione, poi ritrattata, dell’avvenuto trasferimento di armi a bordo di navi passeggeri, mentre i container furono accettati a bordo dal comandante della Tirrenia perché nella bolla di accompagnamento erano indicati genericamente «pezzi di ricambio».

Ma qualcosa non quadrò sin dal primo momento, in quanto nella stiva rimasero, a guardia del prezioso carico, una squadra di militari armati. A Santo Stefano i container vennero riempiti con parte dei 30mila fucili mitragliatori AK-47, 32 milioni di proiettili, 400 missili terra-aria anticarro Spigot AT-4 con 50 postazioni di tiro, 5mila razzi Katiuscia da 122 millimetri, 11 mila razzi anticarro Rpg.

Il passaggio nel Lazio. La mattina del 20 maggio il convoglio militare, sbarcato a Civitavecchia, (4 camion più due auto dell’Esercito, di scorta) si sarebbe diretto verso l’ex poligono militare di Santa Severa. Da quel momento le armi si volatilizzarono.

L’inchiesta. In seguito alla pubblicazione della notizia da parte del nostro quotidiano, la procura della Repubblica di Tempio nel mese di giugno avviò un’indagine. I primi a finire sul registro degli indagati furono due alti ufficiali della Marina militare, che si trincerano dietro l’inopponibile segreto militare. Anche i cronisti che si erano occupati dello spinoso caso sono stati sentiti a verbale dal magistrato inquirente. Rossi aveva già ricevuto un primo rifiuto dai vertici militari a essere sottoposti a interrogatorio insieme all’annuncio dell’imminente apposizione del segreto di Stato sull’intero affaire. Le diverse ipotesi di reato contestate dalla Procura gallurese ai due soli indagati dell’inchiesta erano quelle di attentato alla sicurezza nei trasporti e falso in atti pubblici.

L’imbroglio. La magistratura torinese, l’unica in possesso della lista delle armi sequestrate nel 1994 e finite a Santo Stefano, nel 2006 aveva disposto la distruzione dell’intero arsenale posto sotto sequestro.

Una richiesta, questa, che rimase lettera morta per anni, senza che nessuno potesse imporre l’esecuzione di quell’ordinanza. Poi, nel 2011, ecco arrivare la decisione dei vertici militari e del Governo: spedire in terra d’Africa buona parte di quegli armamenti che, all’Italia, erano costati zero lire e che creavano un serio problema per il loro smaltimento. Con un decreto legge (mai ratificato) venne disposta l’acquisizione delle armi al patrimonio dello Stato, e quindi il suo utilizzo. Ma è proprio la mancata ratifica del decreto legge ad aver innescato un’inchiesta, chiusa con il segreto di Stato.




(italiano / english)

North Korea: ‘U.S. should ponder grave situation’

1) E' l'imperialismo a minacciare la pace, non la Corea Popolare (Vermelho)
2) North Korea: ‘U.S. should ponder grave situation’ (WW / Rodong Sinmun)
3) Il dovere di evitare una guerra in Corea (Fidel Castro Ruz)


=== 1 ===

http://www.marx21.it/internazionale/pace-e-guerra/22051-e-limperialismo-a-minacciare-la-pace-non-la-corea-popolare.html  


L'editoriale di “Vermelho”, portale web del Partito Comunista del Brasile (PCdoB), sugli sviluppi della situazione nella Penisola Coreana

Una scalata della tensione militare e dei pericoli di guerra si sta sviluppando già da diverse settimane nella Penisola Coreana. Sugli sviluppi della situazione, l'apparato mediatico al servizio dell'imperialismo si sta esercitando nelle arti di cui è più esperto: tergiversare, distorcere, disinformare e mentire.

I notiziari e gli editoriali vengono confezionati a partire da immagini e frasi selezionate e decontestualizzate, con il deliberato obiettivo di presentare la Repubblica Popolare Democratica della Corea (RPDC) – un paese socialista e rivoluzionario impegnato a costruire la sua economia e a consolidare il potere nazionale sulla base delle proprie forze e dell'esercizio della sua sovranità – come un regime “eccentrico”, “totalitario” e “minaccioso”.

La pace e la sicurezza internazionale sono obiettivi permanenti dei popoli e delle nazioni sovrane, bandiera irrinunciabile dei paesi socialisti nel quadro di relazioni diplomatiche realizzate sui principi del Diritto Internazionale e della Carta delle Nazioni Unite. Ciò contrasta con le pratiche unilaterali, imperialiste, egemoniste degli Stati Uniti e dei loro alleati, la cui politica estera è basata su minacce alla sovranità nazionale di popoli e nazioni, sul militarismo, sul monopolio delle armi nucleari, sul saccheggio delle ricchezze nazionali, sulla realizzazione di guerre di aggressione.

La Repubblica Popolare Democratica della Corea è uno dei principali bersagli dell'imperialismo statunitense, che usa il territorio della vicina Corea del Sud come base militare, dove ammassa truppe, armamento convenzionale e nucleare. Lo stato di guerra nella Penisola Coreana non è il risultato di una proclamazione da parte del governo della RPDC. E', prima di tutto, uno stato permanente, la cui principale espressione è la realizzazione frequente di manovre militari congiunte delle forze armate nordamericane e sud-coreane, in cui si mobilitano decine di migliaia di soldati, navi da guerra, aerei da combattimento, artiglieria pesante e armi nucleari.

La Repubblica Popolare Democratica della Corea ha stile e linguaggi propri, ma non risiede nelle sue decisioni e nella sua retorica la causa della tensione nella Penisola Coreana.

La Corea Popolare, nella sequenza dei suoi comunicati, con tutte le ragioni, ha addossato la responsabilità agli Stati Uniti e alla Corea del Sud per la crescente tensione, ha voluto evidenziare la minaccia rappresentata dalle manovre militari su grande scala che gli Stati Uniti attuano insieme alla Corea del Sud, che rappresentano un'esplicita provocazione e mettono a rischio la sua sovranità.

A loro volta, gli Stati Uniti, oltre a confermare la realizzazione di esercitazioni militari congiunte, hanno ordinato l'installazione di un radar di difesa antimissile nell'isola di Guam, situata nel Pacifico, hanno inviato nella regione l'USS Fitgerald destroyer, capace di abbattere missili, in prossimità delle coste della Corea Popolare. Per aggravare ancora di più la situazione, Washington ha inviato nella regione i suoi bombardieri B-52 e B-2, con capacità nucleare, e i caccia F-22. E i portavoce della Casa Bianca, del Pentagono e del Dipartimento di Stato hanno alzato il tono delle loro dichiarazioni, dichiarando che la Corea Popolare è una “grave minaccia” per il mondo.

La vera minaccia proviene dalle politiche militariste e belliciste dell'imperialismo statunitense e dei suoi alleati. Affrontarla e combatterla è compito delle lotte dei popoli di tutto il mondo.


=== 2 ===

http://www.workers.org/2013/04/04/north-korea-u-s-should-ponder-grave-situation/

North Korea: ‘U.S. should ponder grave situation’

By Editor on April 4, 2013 » Add the first comment.

Editor’s note: Workers World reprints below an official statement from the Korean People’s Army on the dangerous situation created by U.S. military moves close to the boundaries of the Democratic People’s Republic of Korea — north Korea. We think it’s important that people in the U.S. hear directly from the Koreans themselves, especially since the U.S. media are unanimous in blaming People’s Korea for the war danger that exists.

A fact never mentioned in the corporate media in the U.S. is that the NATO powers, and specifically the U.S. government, have never pledged “no first use” of their nuclear weapons. They keep open the “first-strike” option as a threat to the world. Only three countries have pledged “no first use” — the DPRK, China and India. The Soviet Union also made such a pledge, but the Russian government that took over after the fall of the USSR revoked that pledge in 1993.

The spokesperson for the General Staff of the KPA issued the following statement on April 4:

A [touch]-and-go situation is prevailing on the Korean Peninsula.

U.S. formation of B-52s based on Guam flew into the sky above south Korea all of a sudden to stage a drill under the simulated conditions of a nuclear strike at the DPRK and formations of F-22s took off from Japan proper and Okinawa and were deployed in the Osan air force base in south Korea to watch for a chance to make a surprise strike.

B-2s flew into the air over waters of the West Sea of Korea from the U.S. mainland and nuclear-powered guided missile submarines and guided missile destroyers of the U.S. Navy which had been operating in waters of the Western Pacific are busy sailing in the West and East Seas of Korea.

It was reported that [a] super-large nuclear-powered aircraft carrier and its group will enter the waters off the Korean Peninsula soon after leaving waters of the Indian Ocean or the western coast of the U.S. mainland.

South Korea and waters around it are turning into places for display of various types of nuclear strike means of the U.S. imperialist aggressor forces and a dangerous hotbed of a nuclear war in the true sense of the word.

The U.S. high-handed hostile policy toward the DPRK aimed to encroach upon its sovereignty and the dignity of its supreme leadership and bring down its social system is being implemented through actual military actions without hesitation. Days and months have passed on this land amid the constant danger of war but never had the whole Korean Peninsula been exposed to such danger of a nuclear war as today.

Under this situation the towering resentment of the DPRK’s army and people has reached an irrepressible phase as they are all out in the all-out action to defend the sovereignty and prevent a nuclear war of the U.S.

In view of the prevailing situation the world’s people who love justice and value conscience are unanimously becoming critical of the U.S. and its followers for their disgraceful behavior of prodding the UN Security Council into adopting “resolutions on sanctions” against the DPRK and vocal expressing concern over the situation on the peninsula.

The moment of explosion is approaching fast. No one can say a war will break out in Korea or not and whether it will break out today or tomorrow.

The responsibility for this grave situation entirely rests with the U.S. administration and military warmongers keen to encroach upon the DPRK’s sovereignty and bring down its dignified social system with brigandish logic.

In view of this situation, the KPA General Staff in charge of all operations will take powerful practical military counteractions in succession as the KPA Supreme Command had already solemnly declared internally and externally.

We have already sent a strong message to the present puppet authorities and military of south Korea following in the footsteps of traitor [former south Korean President] Lee Myung Bak so that they may understand our position.

As a matter of fact, puppet military gangsters such as [south Korean Minister of Defense] Kim Kwan Jin are human rejects not worth becoming targets of the DPRK’s revolutionary armed forces.

We formally inform the White House and Pentagon that the ever-escalating U.S. hostile policy toward the DPRK and its reckless nuclear threat will be smashed by the strong will of all the united service personnel and people and cutting-edge smaller, lighter and diversified nuclear strike means of the DPRK and that the merciless operation of its revolutionary armed forces in this regard has been finally examined and ratified.

The U.S. had better ponder over the prevailing grave situation.

Rodong Sinmun


=== 3 ===

http://it.cubadebate.cu/fidel-riflessioni/2013/04/05/il-dovere-di-evitare-una-guerra-corea/


Il dovere di evitare una guerra in Corea


5 Apr 2013    1

“Alcuni giorni fa ho fatto riferimento alle grandi sfide che affronta oggi l’umanità. La vita intelligente è sorta nel nostro pianeta circa 200 mila anni fa, tranne nuove scoperte che dimostreranno il contrario.

Non si può confondere l’esistenza della vita intelligente con l’esistenza della vita che, dalle sue forme elementari nel nostro sistema solare, è sorta milioni di anni fa.

Esiste un numero praticamente infinito di forme di vite. Nel lavoro sofisticato dei più imminenti scienziati del mondo, si concepisce già l’idea di riprodurre i suoni che sono seguiti al Big Bang, la grande esplosione che ha avuto luogo più di 13.700 milioni di anni fa.

Questa introduzione sarebbe troppo lunga se non stessi per spiegare la gravità di un fatto così incredibile ed assurdo, come è la situazione creata nella Penisola della Corea, in un’area geografica dove si raggruppano circa 5 mila dei 7 mila milioni di persone che in questo momento abitano il pianeta.

Si tratta di uno dei più gravi rischi di guerra nucleare dopo la Crisi d’Ottobre nel 1962 attorno a Cuba, 50 anni fa.

Nel 1950 si scatenò là una guerra che costò milioni di vite. Erano passati solo 5 anni da quando due bombe atomiche erano esplose sulle città indifese di Hiroshima e Nagasaki, e in questioni di pochi minuti uccisero e contaminarono centinaia di migliaia di persone.

Nella penisola coreana, il Generale Douglas MacArthur ha voluto impiegare le armi atomiche contro la Repubblica Popolare Democratica di Corea. Ma nemmeno Harry Truman glielo ha permesso.

Come si afferma, la Repubblica Popolare della Cina ha perso un milioni di bravi soldati per impedire che un esercito nemico s’installasse alle frontiere di questo paese con la loro Patria. L’URSS, da parte sua, aveva fornito armi, appoggio aereo, aiuto tecnologico ed economico.

Ho avuto l’onore di conoscere Kim Il Sung, una figura storica, notevolmente valoroso e rivoluzionario.

Se là scoppiasse una guerra, i popoli di entrambi le parti della Penisola saranno terribilmente colpiti senza beneficio per nessuno di loro. La Repubblica Popolare Democratica della Corea è sempre stata amica di Cuba, come Cuba lo è stata sempre e continuerà ad esserlo della Corea.

Ora che ha dimostrato le sue conquiste tecniche e scientifiche, le ricordiamo i suoi doveri verso i paesi che sono stati suoi grandi amici e che non sarebbe giusto dimenticare che questa guerra danneggerebbe in modo speciale più del 70 % della popolazione del pianeta.

Se lì scoppiasse un conflitto di questo genere, il Governo di Barack Obama nel suo secondo mandato sarebbe sepolto da un diluvio di immagini che lo presenterebbero come il più sinistro personaggio della storia degli Stati Uniti. Il dovere di evitarlo è anche suo e del popolo degli Stati Uniti.


Fidel Castro Ruz

4 aprile 2013





=== * ===

Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/



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(srpskohrvatski / deutsch)

Niemals vergessen

1) Niemals vergessen. Schlussdokument der internationalen Konferenz veranstaltet am 23. und 24. März 2009 in Belgrad
2) Порука Живадина Јовановића, 1 април 2013


Wichtige dokumentation online:
Zeit-Fragen (Wochenzeitung, Zürich), Nr.13 vom 25.3.2013

http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=1402

enthält:
«Die Nato-Aggression gegen Jugoslawien von 1999 war ein Modell der neuen Eroberungskriege»
«Humanitäre Interventionen» als Vorwand für Stationierung von US-Truppen | Interview mit Živadin Jovanovic, ehemaliger Aussenminister der Bundesrepublik Jugoslawien, heute Präsident des Belgrade Forum for a World of Equals
http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=1403
Die Nato-Aggression gegen die Bundesrepublik Jugoslawien von 1999
von Milica Radojkovic-Hänsel
http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=1404
Schon zehn Jahre!
Auszüge aus dem Tagungsband «Nato Aggression. The Twilight of the West»
http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=1405
Nationen ohne Vergangenheit haben auch keine Zukunft
von Major Pierre-Henri Bunel, Frankreich
http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=1406
Niemals vergessen
Das Schlussdokument der internationalen Konferenz von Belgrad veranstaltet am 23. und 24. März 2009 in Belgrad
(hier unten zu lesen)


=== 1 ===

(Um die internationale Konferenz von Belgrad, veranstaltet am 23. und 24. März 2009, siehe auch:
https://www.cnj.it/24MARZO99/2009/beogradskiforum.htm
Um das Buch "Nato Aggression. The Twilight of the West" siehe auch: 

http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=1407

Die Nato-Aggression gegen Jugoslawien (Serbien und Montenegro) war eine Invasion, die lange zuvor geplant worden war und die folgende ­globalen Ziele hatte: einen Präzedenzfall für weltweite Militärinterventionen schaffen; amerikanische Truppen auf den Balkan bringen und die Nato-Ost-Erweiterung; die Einkreisung Russlands; die Änderung der nach dem Zweiten Weltkrieg errichteten internationalen Rechtsordnung durch das Aufzwingen des Grundsatzes, wonach Macht gleich Recht sei; das Aufzwingen des neoliberalen kapitalistischen Systems; die Schwächung Europas und die Beschädigung der Rolle der Vereinten Nationen. Das letztendliche Ziel hat darin bestanden, das US-Konzept der unipolaren Weltordnung zu verstärken, um die Kontrolle über alle wirtschaftlichen, natürlichen und menschlichen Ressourcen des Planeten zu etablieren. Die Erweiterung der Nato in Europa und auf anderen Kontinenten zeugt vom Willen, der Gendarm des Konzern-Kapitals auf der ganzen Welt zu werden.


Niemals vergessen


Belgrade Forum for a World of Equals

Das Schlussdokument der internationalen Konferenz von Belgrad

veranstaltet am 23. und 24. März 2009 in Belgrad


Das Belgrade Forum for a World of Equals hat in Zusammenarbeit mit dem Club von Generälen und Admirälen der Streitkräfte Serbiens sowie anderen unabhängigen Vereinigungen in Serbien und in Koordination mit dem Weltfriedensrat (World Peace Council WPC) in Belgrad vom 23. bis 24. März 2009 eine internationale Konferenz zum Thema «Ziele und Folgen der Nato-Aggression gegen die Bundesrepublik Jugoslawien (Serbien und Montenegro) – 10 Jahre danach» durchgeführt. 
Die Konferenz versammelte rund 700 Wissenschaftler und Experten aus dem Bereich internationale Beziehungen und Sicherheit aus Serbien und 45 Ländern aller Kontinente, mit Ausnahme von Australien. Gegen 60 Teilnehmer legten ihre Papiere zu verschiedenen Aspekten der Aggression und der anschliessenden Entwicklung vor.
Die Eröffnungszeremonie erfolgte im Beisein von Frau Prof. Slavica Dukic Dejanovic, der Sprecherin der Nationalversammlung Serbiens, Energieminister Petar Skundic sowie Vertretern der serbisch orthodoxen Kirche, der Veteranen, der Jugend und anderen Organisationen.
Ivica Dacic, stellvertretender Premierminister der Regierung und Innenminister, sprach an der Konferenz und begrüsste die ausländischen Gäste im Namen der Regierung.
Ausserordentliche Teilnehmer der Konferenz waren der Präsident, Socorro Gomes, und der Generalsekretär, Thanasis Pafilis, des Weltfriedensrates. 
An der Konferenz nahm auch eine Reihe von in Serbien akkreditierten Botschaftern und höheren diplomatischen Vertretern teil.
Die Teilnehmer erwiesen den Opfern der 78 Tage dauernden Bombardierung die Ehre und legten am Denkmal für die Opfer der Aggression Kränze nieder. 
Die Diskussion wurde im Geiste der Freundschaft, der Offenheit und Solidarität aller Organisationen und Einzelpersonen durchgeführt, die um Frieden, Entwicklung und Wohlfahrt ringen.

Die Teilnehmer der Konferenz von ­Belgrad einigten sich auf folgendes:

Die Nato-Aggression gegen Jugoslawien (Serbien und Montenegro) war eine Invasion, die lange zuvor geplant worden war und die folgende globalen Ziele hatte: einen Präzedenzfall für weltweite Militärinterventionen schaffen; amerikanische Truppen auf den Balkan bringen sowie die Nato-Ost-Erweiterung; die Einkreisung Russlands; die Änderung der nach dem Zweiten Weltkrieg errichteten internationalen Rechtsordnung durch das Aufzwingen des Grundsatzes, wonach Macht gleich Recht sei; das Aufzwingen des neoliberalen kapitalistischen Systems; die Schwächung Europas und die Beschädigung der Rolle der Vereinten Nationen. Das letztliche Ziel hat darin bestanden, das US-Konzept der unipolaren Weltordnung zu verstärken, um die Kontrolle über alle wirtschaftlichen, natürlichen und menschlichen Ressourcen des Planeten zu etablieren. Die Erweiterung der Nato in Europa und auf anderen Kontinenten zeugt vom Willen der USA, der Gendarm des Konzern-Kapitals auf der ganzen Welt zu werden.
Der Aggression voraus gingen die Verbreitung von Lügen und Täuschungen, wobei der These der «Vermeidung einer humanitären Katastrophe» eine besondere Rolle zugewiesen war, die Pseudo-Verhandlungen in Rambouillet und das inszenierte «Massaker an Zivilisten» in Racak.
Die Aggression in Verbindung mit deren Vorlauf und deren Folgen ist Beweis für eine tiefe Krise von Moral und Zivilisation der herrschenden westlichen Eliten, während ihr Bumerang-Effekt sie zehn Jahre später als tiefgreifende globale Wirtschaftskrise heimsucht, die unabsehbar ist und bleibt.
Die Führer der Nato-Staaten sind für den Einsatz bewaffneter Streitkräfte ohne Zustimmung des Uno-Sicherheitsrates verantwortlich; für das Brechen der Uno-Charta, der OSZE-Schlussakte von Helsinki, der Charta von Paris und anderer internationaler Konventionen, was einem Verbrechen gegen den Frieden und die Menschheit gleichkommt.
Sie sind für mehr als 3500 tote und mehr als 10 000 verletzte Menschen verantwortlich, davon zwei Drittel Zivilisten, für den Einsatz unmenschlicher und unerlaubter Waffen wie Geschosse und Raketengefechtsköpfe aus abgereichertem Uran sowie Cluster-Bomben.
Sie sind auch für den Verlust an Menschenleben und für Leiden verantwortlich, die sich seither als Folge der Aggression ergeben haben, für die anhaltende Verseuchung des Bodens und des Wassers, eine Folge des verbreiteten Einsatzes von Geschossen aus abgereichertem Uran, und für das bewusste Bombardieren chemischer Fabriken, was einer chemischen Kriegsführung gleichkommt. Und sie sind auch für einen wirtschaftlichen Schaden verantwortlich, der mehr als 100 Milliarden US-Dollar kostet. Serbien hat ein Recht auf Entschädigung für Kriegsschäden.
Die Nato ist dafür verantwortlich, dass sie es versäumte, die Zerstörung und Vernichtung serbischer Kulturdenkmäler in Kosovo und Metochien zu verhindern, was zur Zerstörung von 150 serbischen Kirchen und mittelalterlichen Klöstern führte, von denen die meisten unter dem Schutz der Unesco standen.
Es gilt, die Verantwortung für den steilen Anstieg bei der Häufigkeit von Krebs, für den Verlust an Menschenleben und Leiden der letzten zehn Jahre zu identifizieren, die durch die radiologische und chemische Verseuchung des Bodens, des Wassers, der Nahrung und der Umwelt im allgemeinen verursacht wurden und deren Folge sind.
Serbien hat das Recht, für die Kriegsschäden Ersatz zu fordern und zu erhalten; dieses Recht kann ihm nicht genommen werden, und niemand hat das Recht, es wegzubedingen.
Die Regierung von Serbien war gebeten, die korrekte Zahl der zivilen Opfer der Nato-Aggression zu bestimmen.
Man darf die Wirkungen der radioaktiven Waffen und der chemischen Substanzen, die aus von der Nato absichtlich bombardierten chemischen Anlagen austraten, nicht vernachlässigen oder vergessen und noch weniger vertuschen. Man hat der Regierung von Serbien eine Petition übersandt, sie solle für eine unabhängige wissenschaftliche Expertise über alle Folgen des Einsatzes verbotener Waffen sorgen, ein Massnahmenpaket unterstützen, mit dem die schädlichen Wirkungen derselben in der Zukunft verhindert werden können, und die Befunde einer solchen Analyse veröffentlichen.
Die US/Nato/EU-Aggression von 1999 war der erste Krieg auf europäischem Boden seit dem Zweiten Weltkrieg. Das war nicht nur ein Krieg gegen einen alten souveränen europäischen Staat, sondern hauptsächlich ein Krieg gegen Europa. Paradoxerweise unter Beteiligung von Europa selber. 
Er wurde in einer einmaligen Allianz von einer internationalen Staatenorganisation (der Nato) mit einer notorischen Terrororganisation (OVK/UCK) geführt.
Die Aggression war ein historischer Fehler des Westens, der früher oder später als solcher anerkannt werden wird. Die Konsequenzen dieser Aggression werden sich über das ganze 21. Jahrhundert erstrecken. Der Westen ist es Serbien schuldig, sich für alle Opfer und Leiden zu entschuldigen, wenn er sich nicht mit einer noch tieferen moralischen und allumfassenden Krise konfrontiert sehen will.
Die Teilnehmer der Konferenz brachten ihre hohe Achtung für die jugoslawische und serbische Armee zum Ausdruck, für ihren Patriotismus, ihre Professionalität und ihre Tapferkeit bei der Verteidigung der Freiheit des Landes gegen den Angriff der Aggressoren.
Die Aggression ist während der folgenden zehn Jahre unter Verwendung anderer Mittel wie politischer, ökonomischer und propagandamässiger Erpressung, durch die Auflösung der jugoslawischen (serbischen) Armee und durch die Beseitigung der Bundesrepublik Jugoslawien weitergegangen.
Den Höhepunkt der imperialistischen anti-serbischen Politik verkörperte die illegale und einseitige Unabhängigkeitserklärung von Kosovo und Metochien vom 17. Februar 2008. Dieser folgte die Anerkennung dieser kriminellen Nato/EU-Kreatur durch die Mitgliedstaaten derselben, mit Ausnahme von Griechenland, Rumänien, Spanien, der Slowakei und Zypern. 
Die Misswirtschaft westlicher Aussen­politik hat Kosovo und Metochien, derzeit von terroristischen Führern und einem Netz von Drogenhändlern geführt, zu einem Sprungbrett für islamistischen Extremismus gemacht und damit zur grössten Bedrohung für Frieden und Stabilität in Europa. 
Die Abspaltung von Kosovo und Metochien und die anschliessende Anerkennung durch die Mehrheit der Nato/EU-Mitgliedstaaten stellen eine Verletzung der grundlegenden Prinzipien in den internationalen Beziehungen und der Prinzipien der Resolution 1244 des Uno-Sicherheitsrates von 1999 dar. Als bindende Entscheidung bleibt diese Resolution in Kraft und Serbien hat das Recht, auf ihrer strikten und vollständigen Umsetzung zu bestehen. Das bezieht sich insbesondere auf die Bestimmungen, welche die Sicherheit und die Bewegungsfreiheit der verbleibenden serbischen Bevölkerung betrifft, die noch immer in Stacheldrahtghettos lebt, die Wiederinbesitznahme des illegal besetzen privaten und Staatseigentums, das Recht auf freie und sichere Rückkehr von 220 000 vertriebenen Serben und anderen Nicht-Albanern und das Recht der Wiederaufstellung der serbischen Armee- und Polizeitruppen.
Serbien wird eine solch krasse Verletzung seiner Souveränität, seiner territorialen Integrität und seiner nationalen Würde niemals anerkennen. Serbien hat das eindeutige Recht zur Verteidigung seiner Souveränität und Integrität mit allen legalen Mitteln wie jedes andere souveräne Land.
Zehn Jahre danach ist offensichtlich geworden, dass das direkte Ziel der Nato-Aggression war, den legitimen Präsidenten der Bundesrepublik Jugoslawien, Slobodan Milosevic, aus dem Weg zu schaffen, um Serbien 15 Prozent seines  Staatsgebietes zu berauben, um die Rolle Serbiens als politische Interessenvertretung auf dem Balkan zu behindern und es unter die Kontrolle des Westens zu stellen.
Die gleichen Machtzentren, die beim Auseinanderbrechen der Sozialistischen Föderativen Republik Jugoslawien in den Jahren 1992 bis 1995 eine entscheidende Rolle spielten, fuhren weiter, indem sie die militärische Aggression von 1999 in Gang setzten und später, 2006, die Bundesrepublik Jugoslawien beseitigten.
Nach der illegalen Abspaltung von Kosovo und Metochien fahren sie damit fort, in andern Teilen Serbiens stillschweigend separatistische Kräfte zu aufzuwiegeln und zu unterstützen. 
Auf der andern Seite hat sich der Westen an der Revision des Friedensabkommens von Dayton und Paris beteiligt, um die Republika Srpska aufzulösen, indem man entgegen dem von Serbien garantierten Abkommen Schritt um Schritt ein einheitliches Bosnien und Herzegowina einführte.
Zehn Jahre nach der Nato-Aggression ist der Grossteil der serbischen Wirtschaft und seiner natürlichen Ressourcen Eigentum derjenigen Länder geworden, die an der Aggression teilgenommen hatten, wobei die US- und Nato-Truppen mit diplomatischem Status belohnt wurden, das heisst mit Privilegien, die weder die serbische Armee noch die serbischen Bürger in ihrem eigenen Land geniessen.
Die Politik des Westens hat zur Bildung von sieben neuen Marionettenstaaten geführt und hat Jugoslawien zerlegt, das während mehr als 70 Jahren als multinationaler, relativ wohlhabender Staat existiert hatte. Seine Zersplitterung hat Tausende menschlicher Opfer hinterlassen, angespannte Beziehungen, eine Wirtschaft in Trümmern und das noch immer ungelöste Problem von über 500 000 serbischen Flüchtlingen und Vertriebenen. Die serbische Nation wurde zerlegt und anstatt des Status eines konstitutiven Volkes wurden die Serben zu einer rechtlosen Minderheit wie in Kroatien.
Insgesamt hat sich die Politik des Westens in den vergangenen 20 Jahren als eine der Vergeltung gegen die serbische Nation erwiesen. Eine solche Politik wirft viele Fragen über die Zukunft von Europa selber auf, insbesondere in Anbetracht der Tatsache, dass Serbien in der neueren europäischen Geschichte immer eine konstruktive Rolle gespielt hat. Am Ende des 20. Jahrhunderts hat Serbien redlich Widerstand gegen eine von der US-geführten Allianz eingeführte Politik der Kapitulation und der Besetzung geleistet, so wie es jedes souveräne Land tun würde. Isolation, Sanktionen, militärische Aggression und schliesslich Unterstützung der Abspaltung zielten zugegebenermassen auch darauf, der muslimischen Welt zu beweisen, dass der Westen die Interessen der Muslime auf dem Balkan schütze.
Die Konferenzteilnehmer hielten fest, dass der internationale Strafgerichtshof für das ehemalige Jugoslawien in Den Haag (ICTY) den verlängerten Arm der Nato darstellt, das Instrument der Rache. Sein Ziel ist, die Aggressoren zu beschützen und ihre Verbrechen zu rechtfertigen, indem sie das Opfer, die gesamte serbische Nation, zum Schuldigen erklären. Das Tribunal zeigte weder Interesse noch Bereitschaft, unwiderlegbare Beweise für Verbrechen von Führern der eigentlichen Täter, nämlich der albanischen Terroristen und der Nato, zu überprüfen.
Die Teilnehmer forderten die Auflösung des Haager Tribunals als ein politisches und nicht rechtsprechendes Gremium, welches ausserhalb des Gesetzes und im Gegensatz zur Charta der Vereinten Nationen steht. Es gibt keinerlei Grundlage, um Serbien, das serbischen Volk und seine Führung für die vergangenen Bürgerkriege im ehemaligen Jugoslawien oder für die Folgen des albanischen Separatismus und Terrorismus anzuklagen.
Die Konferenz forderte die Einleitung einer unabhängigen Untersuchung über Ursachen und Umstände des Todes des früheren Präsidenten von Serbien und der Bundesrepublik Jugoslawien, des verstorbenen Slobodan Milosovic, und auch der Todesfälle aller anderen Serben, die unter ungeklärten Umständen gestorben sind, während sie vom Haager Tribunal inhaftiert waren.
Sie gaben ihrer Empörung über die jüngsten Strafmassnahmen des Haager Tribunals gegen hohe serbische und jugoslawische poli­tische, militärische und polizeiliche Führungspersonen Ausdruck, die sie als Vergeltung bezeichneten, und betonten, dass das Tribunal es unterlassen habe, die persönlichen Verantwortlichkeiten von jedem der Verurteilten zu beweisen.
Das sogenannte «unabhängige Kosovo» ist nichts als ein erweitertes amerikanisches «Camp Bondsteel» und ein Sprungbrett für die laufende militärische Expansion gegen Osten. 
Die Aggression gegen die Bundesrepublik Jugoslawien (Serbien und Montenegro) hat bewiesen, dass die Nato weder eine defensive noch eine regionale Allianz darstellt. Sie ist eine militärische Organisation, deren Rolle es ist, der grossen Mehrheit der weniger entwickelten Ländern, die zufällig Energiequellen oder strategisch bedeutsame Rohstoffe besitzen oder über bedeutende Märkte und herausragende geostrategische Stellungen verfügen, eine globale Dominanz der reichsten Länder unter Führung der USA aufzuzwingen. Die Aggressionspolitik der Nato stellt eine wahre Gefahr für Frieden und Sicherheit in der Welt dar.
Die wie Pilze aus dem Boden schiessenden ausländischen Militärbasen auf dem Balkan, in Europa und in der Welt, die konstante Erhöhung der militärischen Budgets der Nato und der EU-Mitgliedstaaten und der rasante Rüstungswettlauf müssen aufhören. Die Militarisierung des politischen Entscheidungsfindungsprozesses bedroht die Demokratie ernsthaft, hemmt die soziale Entwicklung, verletzt massiv die Menschenrechte und bereitet so den Weg hin zu Totalitarismus und Niedergang der Zivilisation.
Die Teilnehmer der Belgrader Konferenz baten alle Kräfte des Friedens, des Rechts  und der Gerechtigkeit, sich im Streben nach der Abschaffung der Nato zu vereinigen, fremde Militärbasen abzubauen und Militärausgaben zum Wohle der Armen und Unterdrückten zu verringern. Sie haben ihre Anerkennung und Solidarität für alle Friedensbewegungen und Vereinigungen ausgedrückt, die an verschiedenen Aktivitäten zur Erinnerung an die Opfer und andere Folgen der Nato-Aggression von 1999 gegen Jugoslawien teilgenommen haben.
Der stetige Anstieg der Militärausgaben führt zu weiterer Verschlimmerung der gegenwärtigen weltweiten Krise. Die Reduzierung der Militärausgaben von USA/Nato/EU und anderer Staaten ist die Schlüsselbedingung zur Überwindung der weltweiten Krise.
Die Nato-Verbrechen dürfen nicht vergessen werden. Deshalb ist es eine moralische Verpflichtung, ein Verfahren einzuleiten, um die Verantwortlichkeit der damaligen Nato-Führung vor den zuständigen internationalen und nationalen Gerichtshöfen zu untersuchen mit dem Ziel, konkrete individuelle Verantwortlichkeiten festzustellen.
Darüber hinaus hob die Konferenz die Initiativen zur Aktivierung internationaler Tribunale hervor, um jene Verantwortlichen der Nato abzuurteilen, sowie die Gründung des Internationalen Tribunals des menschlichen Gewissens, zur Sicherung der moralischen Befriedigung der Opfer der Aggression und der ganzen serbischen Nation. 
Es wurde festgestellt, dass Serbien nie zu einer militärischen Allianz gehört hat; über 60 Jahre lang war es blockfrei und ist das einzige europäische Land, das Opfer der Nato-Aggression geworden ist.
Deshalb brachten die Teilnehmer ihre tiefe Überzeugung zum Ausdruck, dass Serbien die Mitgliedschaft in der Nato weder suchen noch akzeptieren sollte, da es ein offensives Bündnis mit Rolle und Zielen ist, die über die Uno hinausgehen und das im Gegensatz zur geltenden Internationalen Völkerrechtsordnung steht. Es wird davon ausgegangen, dass Serbien eine offene und ausgeglichene Aussenpolitik entwickeln sollte, gute nachbarschaftliche Beziehungen und Zusammenarbeit mit allen Hauptinteressensvertretern, einschliesslich der blockfreien Länder, und dass es militärisch neutral bleibt.
Serbien sollte im Jahr 2011 den blockfreien Gipfel beherbergen, auf dem der 50. Geburtstag des ersten blockfreien Gipfels von Belgrad (1961) gefeiert und eine Rückkehr zum vollständigen Mitgliedschaftsstatus in der Bewegung der blockfreien Staaten gesucht werden sollte. 
Serbien sollte seine militärische Neutralität bekräftigen, indem es die volle Mitgliedschaft bei der Bewegung der blockfreien Staaten anstrebt. Dies würde zur Aufwertung anderer Abläufe und Prioritäten von Serbiens äusseren und inneren Angelegenheiten beitragen und gleichzeitig wäre es eine angemessene Antwort auf die Unterstützung, die die blockfreien Länder der Souveränität und der territorialen Integrität Serbiens geben.
Eingedenk des bevorstehenden 70. Geburtstag des Beginns des Zweiten Weltkrieges brachten die Teilnehmer ihre Besorgnis über die systematischen Versuche zum Ausdruck, die Geschichte sowohl des Ersten als auch des Zweiten Weltkrieges abzuändern, und verurteilten einstimmig das Wiedererstehen des Faschismus und Nazismus in bestimmten Ländern Europas. Eine Warnung wurde ausgesprochen, dass solche Vorgänge, die alles andere als zufällig sind, dazu angetan sind, Konflikte hervorzurufen. Deshalb haben alle Länder die Pflicht, sie zu stoppen.
Die Konferenz verurteilte den Kampf gegen den internationalen Terrorismus, der dazu missbraucht wird, die Interessen einer Supermacht oder einer Gruppe der reichsten Länder auszuweiten. Doppelstandards sind nicht akzeptierbar bei der Bekämpfung von Terrorismus.
Der sogenannte unabhängige Kosovo, der albanische Terrorismus und die organisierte Kriminalität stellen die gefährlichste Quelle der Destabilisierung des Balkans und Europas dar. Die Stabilität auf dem Balkan hängt davon ab, wie die allgemeinen Richtlinien der internationalen Beziehungen und in erster Linie das Prinzip der Souveränität und der territorialen Integrität ausnahmslos respektiert werden. Die Wiederaufnahme der Verhandlungen über den Status des Kosovo und Metochiens unter Berücksichtigung der Uno-Sicherheitsresolution 1244 ist der einzige Weg, um zu Frieden, Stabilität und Fortschritt zurückzukehren.
Die Konferenz drückte ihre Solidarität aus mit dem palästinensischen Volk, welches das Recht auf Freiheit, Unabhängigkeit und das eigene Land hat, genauso wie jeder andere Staat im Nahen Osten. Die illegalen militärischen Besetzungen von Afghanistan und Irak lassen sich durch nichts rechtfertigen und sollen daher beendet werden. Die Konferenz rief die massgeblichen ausländischen Regierungen dazu auf, ihre Truppen zurückzuziehen und die Operationen zu beenden.
Frieden, Sicherheit und Entwicklung sind untrennbar. Aggression und die sogenannten niedrigschwelligen Kriege in jedem Teil der Welt bedrohen andere Länder, Nationen und Völker. Daher können Frieden, Sicherheit und Entwicklung nur durch die breitest mögliche Zusammenarbeit der Friedensbewegungen, der intellektuellen und wissenschaftlichen Kräfte erreicht werden. 
Die Internationale Konferenz des Belgrad-Forums anlässlich des zehnten Jahrestages der Nato-Aggression ist ein wichtiger Schritt zu diesem Ziel. 
Die Ära der unipolaren Weltordnung ist dabei zusammenzubrechen. Der Prozess zur Bildung einer multipolaren Weltordnung schreitet voran. Die Bedingungen sind günstig, um die internationalen Beziehungen auf der Basis souveräner Gleichheit aller Staaten zu demokratisieren und den Respekt für die grundlegenden Prinzipien der internationalen Beziehungen wiederherzustellen. 
Der Aufruf war an die Führer der Länder der blockfreien Bewegung gerichtet, um die Einheit und die Handlungsmöglichkeiten weiterhin zu stärken sowie die Rolle der Vereinten Nationen und die Grundsätze der internationalen Beziehungen. 
Der Prozess der Verschärfung der globalen Wirtschaftskrise verpflichtet die Bewegung der Blockfreien, die Einheit zu stärken, um die reichsten Länder daran zu hindern, ein weiteres Mal die Last der Probleme auf die unterentwickelte Welt weiterzugeben. Die Zeit ist reif für Einheit, Verantwortlichkeit und das Handeln aller friedliebenden Kräfte für Frieden, Entwicklung und Gleichheit. Der Konferenz war eine Photobuchausstellung sowie ein Rückblick mit Dokumentarfilmen vorangegangen, welche von dem Verein früherer Generäle und Admiräle der serbischen (jugoslawischen) Armee organisiert worden war. 
Die Teilnehmer drückten dem «Belgrad-Forum für eine Welt von Gleichen» ihre Wertschätzung und ihre Dankbarkeit aus für die Initiative, diese Konferenz durchzuführen, für den hohen Grad der Organisation und für die entgegengebrachte Gastfreundschaft.    •


Quelle: The Belgrade Forum for a World of Equals. Nato Aggression. The Twilight of the West, Belgrad, ISBN 978-86-839 65-35-9
(Übersetzung Zeit-Fragen)


Die Aggression gegen die Bundesrepublik Jugoslawien (Serbien und Montenegro) hat bewiesen, dass die Nato weder eine defensive noch eine regionale Allianz darstellt. Sie ist eine militärische Organisation, deren Rolle es ist, der grossen Mehrheit der weniger entwickelten Ländern, die zufällig Energiequellen oder strategisch bedeutsame Rohstoffe besitzen oder über bedeutende Märkte und herausragende geostrategische Stellungen verfügen, eine globale Dominanz der reichsten Länder unter Führung der USA aufzuzwingen. Die Aggressionspolitik der Nato stellt eine wahre Gefahr für Frieden und Sicherheit in der Welt dar.


Die Brücke von Varvarin

Am Mittwoch, 20. März 2013, begann in Bonn der Prozess wegen des Bombenangriffs auf afghanische Zivilisten in der Nähe von Kunduz. Der deutsche Offizier Oberst Klein hatte im Herbst 2009 US-amerikanische Kampfflugzeuge angewiesen, eine Menschenansammlung zu bombardieren, ohne dass eine militärische Notwendigkeit bestanden hätte. Bei diesem Angriff wurden über 130 Menschen getötet oder verletzt. Zwei Bremer Anwälte verklagten den deutschen Staat und verlangen für die Opfer des Luftangriffs in Afghanistan eine Entschädigung. 
Dieser Fall erinnert an die Bombardierung durch NATO Kampflugzeuge im völkerrechtswidrigen Krieg gegen die Republik Serbien. 
Damals, im Frühjahr 1999, bombardierten NATO Kampfflugzeuge an einem Feiertag eine Brücke in der Nähe der serbischen Ortschaft Varvarin in zwei Angriffswellen, auf der sich offensichtlich Zivilisten befanden. Dabei schickten sie 10 Zivilisten in den Tod und 17 wurden teilweise schwer verletzt. Bis heute sind die Opfer nicht entschädigt worden. 

Verschiedene Artikel dokumentieren die Vorgänge:
http://www.dw.de/popal-deutschland-muss-zahlen/a-16683296 
http://www.dw.de/prozessauftakt-im-kundus-verfahren/a-16680680 
http://www.n-tv.de/politik/Wer-haftet-fuer-die-Kundus-Toten-article10321151.html  
http://www.presseportal.de/pm/47409/2437312/mitteldeutsche-zeitung-afghanistan-anwalt-der-kundus-klaeger-ist-von-sieg-vor-gericht-ueberzeugt



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ПОРУКА ЖИВАДИНА ЈОВАНОВИЋА


Ствари ми изгледају тако да можете у Брислу, данас, сутра, или прекосутра потписати било шта, можете дати, одрећи се, зарећи се, обећати, али тамо Србија за догледно време нема шта, нити од кога, да добије. Датум је уобразиља преговарача и мамиконцесија Брисла. Берлин се спрема за изборе, бриселски комесари и институције су на дужи рок пребукирани темама неизвесне судбине монетарне уније, Шпаније, Португалије, Грчке, Кипра, Словеније... а Вашингтон и Лондон су преокупирани Сиријом, Ираном, Северном Корејом, Пацификом, АФРИКОМ-ом...
Док се у Брислу питају Меркелова и Камерон, чији су ставови према Србији јасно ултимативни, а према Тачију, родитељски заштитнички, Србија нема шта тамо да тражи, нема шта да добије, већ само да предаје, испоручује, да се понижава и да прихвата да је понижавају. Као што, уосталом, непрекидно то чине, не само у Брислу, већ и усред Београда. 
Британија и Немачка су, уз подршку САД, подгревале сепаратизме бивших југословенских република, финансирале, па чак их и наоружавале. СФРЈ је разбијена на њиховом - колосеку Европске уније, тадашње Европске економске заједнице. Сетићете се да је тадашњи министар за иностране посолове СФРЈ Будимир Лончар тврдио да је ЕЗ - једини пут за решавање југословенске кризе. Шта би са Југославијом, шта би са Државном заједницом Србије и Црне Горе? Јесмо ли тако брзо заборавили ондашње претече садашњих комесара? Те и неке друге земље су деценијама охрабривале, финансирале, наоружавале и тренирале албанске терористе ОВК. Тачно пре 14 година оне су извршиле оружану агресију (НАТО) против Србије (СРЈ). Био је то, дакако, освајачки рат чији је непосредни циљ био насилно одузимање Косова и Метохије како би служило стратегији покоравања Балкана и продора на Исток. Циљ није у потпуности остварен. А што се стратегије тиче, не зна се ни да ли ће. 
Зато оне све време, од тада до садашњих бриселских тзв. преговора, настоје да легализују и агресију као злочин и отимање дела државне територије. Током 2008. оне су међу првима признале илегално проглашено отцепљење Приштине. Током тзв. преговора у Брислу, оне су, уз САД, главни адвокати и заштитници Тачија. Он ни у Брислу не преговара. Са искуствима из Рамбујеа 1999. и Беча 2006/7, Тачи чека да му Београд, као на тацни, све преда, укључујући север Покрајине.
Тражити данас некакве гаранције од Велике Британије и Немачке, исто је што и Тачију вероватни на реч. Уосталом, они су савезници у рату против Србије па не треба ни да изненађује што су уиграни. Иза Ердутског споразума 1995. којим је предвиђена Заједница српских општина у Славонији стајале су својим гаранцијама многе земље и организације. Шта је са применом свега тога у пракси? Не стоји ли читава ЕУ иза «статусно неутралног» ЕУЛЕКС-а, па ипак, чиме је ЕУЛЕКС испољио своју «статусну неутралност»? Тиме што је у читавом периоду, од свог илегалног инсталирања и накнадне легализације, до данас, изграђивао «независно Косово»!? 
Вратите се, молим вас, гаранцијама СБ УН и резолуцији 1244. Оне нису идеалне, али ништа боље не постоји. Засад. То је далеко више и боље, од гаранција које сте јавно затражили од поменутих земаља-заштитница Тачија и независног Косова и Метохије. А и шта би вам министри те две земље гарантовали – то да је Косово и Метохија независна држава у којој су Срби припадници националне мањине!? Па они су ту гаранцију дали још 2008. 
Жао ми је што из дана у дан засипате народ катастрофичним изјавама, од оних да је Србије све изгубила и да нема више шта да изгуби, да је свака варијанта лоша за Србију, да Србија мора постићи споразум на предстојећим тзв. преговорима, да ће остати без плата и пензија, да нема варијанте за заштиту српских интереса и сл. На страну што такве изјаве шире дефетизам и безнађе, треба знати бар толико, да оне само охрабрују ултимативно постављање друге стране или других страна и да преговарачку позицију Србије, разарају.
Такође вас молим, ако вам је икако могуће, немојте се више позивати на то да вас је Тадић обавезао резолуцијом Генералне скупштине УН о посредничкој улози ЕУ, или Борковим договорима о успостављању границе према Србији. Та резолуција је техничког карактера, а Боркови договори нису засновани ни на међународном ни на националном праву Србије и не представљају међународно-правне обавезе Србије. Ваше позивање на то, за озбиљне државнике, није прикладан аргумент. Пред историјом, поготову. 
Јесте непријатно, тешко, чак можда и драматично мењати прилаз, нарочито с обзиром на све концесије које су до сада учињене, али тренутак, услови и актери су дати, не могу се ни бирати, ни избећи. Ако је за било кога дилема шта је значајније и према чему се оцењује државна и државничка озбиљност – у односу на техничку резолуцију Генералне скупштине, или у односу на правно обавезујућу резолуцију Савета безбедности 1244, онда је то знак да нешто озбиљно није у реду. Једина меродавна међународно-правна основа и обавеза за све чланице светске организације, је резолуција Савета безбедности 1244. Неодговорно је резолуцију СБ УН 1244 гурати у страну, а још горе, позивати се на њу само када Приштини треба учинити неку концесију, када Немачкој или другој великој сили треба потврдити да «ми поштујемо територијални интегритет Косова». 
Народ се не штити конфронтацијом, али ни непрекидним узмицањем, поготову не прихватањем укидања државних институција Србије на северу Косова и Метохије. Када се јавно саопштава да се прихватањем Тачијевих захтева и непрекидним концесијама штите грађани у Покрајини, Срби и други, да ли то значи да је Србија уцењена безбедношћу и животима својих суграђана и да зато мора прихватити све што се од ње тражи? Да ли је Србија, иначе, уцењена било чиме од било кога?. Ако су Србија и њени преговарачи у Брислу уцењени, онда је ред да се то јавно саопшти – ко, на који начин и чиме уцењује Србију, или њене преговараче – безбедношћу грађана, новим санкцијама, заустављањем инвестиција... или било чиме другим? У том случају, то више није ствар преговарача већ институција, у првом реду Народне скупштине. Ако није уцењена тим боље и лакше вратити се праву и СБ УН.
Често се у јавности барата реализом и реалном ситуацијом. Не каже се изричито, али је контекст, да зато «што смо све изгубили», зато што смо се годинама само-обмањивали, зато што имамо лош устав , као и због много сличних «аргумената» - морамо да попуштамо, узмичемо, прихватамо и неприхватљиво, понижавајуће, да називамо компромисом чисте губитке, једностране уступке и слично. Чини ми се да има доста, ако не и превише, разлога да се каже - није реализам, или реално само оно што тврде представници Немачке, Велике Британије и САД, а за њима и Тачи. Реалност је и постојање српских државних институција на Косову и Метохији, реалност је и да 250.000 Срба и других неалбанаца, уздајући се у принципе хуманизма, владавине права и европских стандарда, већ 15 година чека да се слободно и безбедно врати у своје домове на Косову и Метохији, реалност су резолуција СБ 1244 и Устав Србије ма колико, по нечијим оценама, био лош, реалност је да су и Европа и ЕУ данас нешто другачији него 90-тих година прошлог века, а свет поготову. Реалност, дакле, није једнозначна, поготову када је одсликавају чиниоци и личности које Србији нису познате баш као објективне и непристрасне. Хоће ли ВБ, Немачка, САД поштовати одлуке СБ УН за које су и саме гласале, или неће, то је ствар њиховог односа према принципима светских односа, према светској организацији, према основним вредностима савремене цивилизације. Али, Србија треба да тражи оно што јој по међународним законима припада, а не да преузима готове оцене оних који никако да се ослободе вековног манира диктата и ултиматума. Иронија је да се оцене противника Србије јавности у Србији пласирају као оцене одговорних државника који ништа не крију од својих грађана!
У јавности се јављају поређења данашње ситуације са оном у време Дејтона и Рамбујеа. У Дејтону се преговарало под санкцијама и под суспензијом наше тадашње државе у ОУН, ОЕБС-у и другим међународним организацијама. Ипак, сачувана је и призната Република Српска. Тамо су захтевани и преговори о Косову и Метохији. Југословенско-српска делегација то није прихватила. Тражила је да домаћини испоштују позив и дневни ред на коме је била само једна тачка – окончати грађански рат и постићи мир у Босни и Херцеговини. Домаћин је то прихватио, а споразум о миру у БиХ је потписан.
У Рамбујеу није било никаквих преговора јер то САД-у, ВБ и ЕУ није одговарало. Њима је била потребна још једна представа уверавања јавности да је оружани напад једино што им је преостало. «У Рамбујеу смо лествицу подигли тако високо да је Милошевић не може прескочити» - њихово је признање. Представа из Рамбујеа одвијала се након што је Савет НАТО претхнодно донео одлуку о оружаној агресији. Ултиматум да се прихвати безусловна капитулација и окупација читаве Србије и Црне Горе (СРЈ) од стране НАТО, била је тежа од ултиматума Аустро-угарске 1914. Ултиматум није прихваћен, јер то што је тамо нуђено не би прихватила ни једна суверена држава. И то је њихово признање, такође. Ултиматум који САД и Немачка сада, преко Ештонове, испостављају Бриселу – треба одбити.
Зна се какви су односи и трендови данас, а какви су били 1995. и 1999. Зашто не рећи и то, да у време Дејтона и Рамбујеа нису постојали ни БРИКС, ни Г-20, ни Шангајски савез, ни кредитне линије из Русије и Кине, друге земље, да не помињем.
Не плашите народ, народ је огуглао на застрашивање, али је, упркос свему, изоштрио критичку моћ расуђивања. Јесте у земљи беда, незапосленост и глад, али све то не значи да се здраво за готово примају понуде бољег живота за одрицање од себе, своје историје и Косова и Метохије. 
Покажите храброст окретањем себи, Србији и правим пријатељима. Није то ни аутархија, ни изолационизам, ни «пуцање себи у ногу» - то је враћање самопоштовању и припрема за истинско партнерство са сваким другим. Само тако можемо рачунати да нас боље разумеју, поштују и са Србијом равноправно сарађују и Берлин, Лондон, Вашингтон и Брисел. Уз ону већину, која је Србију увек поштовала.




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(srpskohrvatski / italiano)

Segnalazioni prossime iniziative

* Milano 7/4: Giornata Internazionale del popolo Rom
* "Urlik sa Kosova":
- Predstavljanje knjige u Kraljevu, 9/4
- Predstavljanje knjige u Beogradu, 11/4 
* Trieste/Trst 18/4: Presentazione del nuovo libro di C. Cernigoi "La Banda Collotti"


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Milano 7/4: Giornata Internazionale del popolo Rom

"GIORNATA INTERNAZIONALE ROMANI"

Domenica 7 aprile 2013, ore 18.00

presso Audirorium S.Fedele in via Hoepli 3/b a Milano

UNA CAROVANA DI MUSICA

ORE 18.00 presentazione del libro "Buttati giù zingaro", la storia di Rukeli Trollman, il pugile che sfidò il Terzo Reich, con la presenza dell'autore, Roger Repplinger.
ORE 19.30 "Vita mia parla" la vita di Mariella Mehr, con Dijana Pavlovic accompagnata dalle musiche del violinista Moldoveanu.
ORE 20.30 CENA ETNICA offerta dalla Coop. Romano Drom.
ORE 21,30 CONCERTO, le note della musica zigana, Conduce e presenta l'evento Luca Klobas, già Zelig
I Muzikanti di Balval, con il Maestro jovic Jovica, " U Sinto" di Bolzano, The Gipsy Vaganes, Eduaed Jon e i giovani rom rumeni del Conservatorio di Milano, i " Nuovi Trovadori", Beat Box dei giovani Khorakhanè, Rap dei giovani Kosovari, musica e danza dei giovani rom Abruzzesi. 

Scarica il programma: https://www.cnj.it//INIZIATIVE/volantini/milano070413.jpg

Fonte: MUSEO DEL VIAGGIO FABRIZIO DE ANDRE' su Facebook: http://www.facebook.com/events/406677679428630/


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Da:  Alessandro Di Meo <alessandro.di.meo @ uniroma2.it>

Oggetto:  presentazione Urlik sa Kosova" in Serbia!

Data:  04 aprile 2013 10.15.04 GMT+02.00


Cari tutti,
sono contento di condividere con voi la pubblicazione in lingua serba del libro "L'urlo del Kosovo" ("Urlik sa Kosova").

Il libro, il cui ricavato andrà alle iniziative che con l'associazione Un Ponte per... ormai da oltre 14 anni portiamo avanti, è disponibile ovviamente anche in italiano ( http://www.unponteper.it/bottega/description.php?II=315&UID=20130404100609 ) .

Ci saranno due presentazioni la prossima settimana in Serbia:
martedì 9 a Kraljevo, presso la Biblioteca Nazionale, alle ore 19...
giovedì 11 a Belgrado, sempre alle 19, presso l'associazione degli scrittori serbi, in Francuska 7.

L'edizione è a cura della casa editrice "Pesic i Sinovi", di Belgrado. In allegato [  ] la copertina del libro.

vi ricordo il blog http://unsorrisoperognilacrima.blogspot.com
dove è possibile trovare scritti, ordinare libri, visionare video su tutto quello che si fa e si è fatto in questi anni in Serbia, in Kosovo e in Metohija.

Vi terrò informati sulle prossime iniziative in cantiere, mentre vi ricordo i sostegni a distanza, sempre davvero necessari ( http://www.sostegniadistanza.unponteper.it/serbia-e-kosovo )

Mi faceva piacere condividere con voi questa cosa.
Saluti a voi.
Alessandro


*** Kraljevo, utorak 9 aprila 2013. ***

19.00 sati
Narodna biblioteka Stefan Prvovenčani
Cara Lazara 36

Prezentacija knjige Alesandra Di Mea

"Urlik sa Kosova"

izdanje na srpskom jeziku, izdavač Pešić i Sinovi

o knjige: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/urlokosovo.htm


*** Beograd, cetvrtak 11 aprila 2013. ***

19.00 sati
Francuska 7 (Associazione Scrittori di Serbia)

Prezentacija knjige Alesandra Di Mea

"Urlik sa Kosova"

izdanje na srpskom jeziku, izdavač Pešić i Sinovi

na fejskbuku: http://www.facebook.com/events/511979585526801

o knjige: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/urlokosovo.htm


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Trieste/Trst, 18 aprile 2013

Presentazione libro 

di Claudia Cernigoi 

La Banda Collotti.
Storia di un corpo di repressione al confine orientale, 1942-1945

ed. KappaVu, 2013

partecipano Ljubomir Susic ed Alessandra Kersevan

Giovedì 18 aprile 2013, ore 17.30
Trieste - Circolo della Stampa, Corso Italia 13

(segnalato via Facebook: http://www.facebook.com/events/405306079567044/ )




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Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/



Invita i tuoi amici e Tiscali ti premia! Il consiglio di un amico vale più di uno spot in TV. Per ogni nuovo abbonato 30 € di premio per te e per lui! Un amico al mese e parli e navighi sempre gratis: http://freelosophy.tiscali.it/



I CANI DA GUARDIA DEL REGIME E DELL'UNIVERSITA' BARONALE

12 febbraio 2013 - Aggressione squadrista all'Università di Verona

12/02/2013 - Manifestazione di Casapound e Forza Nuova all'Università degli studi di Verona contro la conferenza dal titolo "Foibe: tra mito e realtà. Incontro con Alessandra Kersevan". Incontro dibattito organizzato dal collettivo universitario "Studiare con Lentezza" e dal gruppo studentesco "Pagina/13"

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Questi sono i fatti in seguito ai quali l'Università di Verona ha imposto la chiusura dello spazio studentesco autogestito. Spazio a cui è stata attribuita la grave responsabilità di ospitare, tra gli altri, gli studenti e le studentesse che hanno organizzato una libera iniziativa di approfondimento storico considerata non opportuna e scomoda dal potere politico filofascista locale.

Da parte del Rettore nessuna parola di condanna nei confronti dell'incursione squadrista. Nessuna conseguenza per gli studenti che hanno partecipato all'aggressione. Sgombero immediato di Spazio Zero e commissione disciplinare interna per il professor Gian Paolo Romagnani, reo di aver concesso lo spazio per l'iniziativa.

In Università qualcuno/a ha balbettato un po' di solidarietà. Per il resto silenzio.
Un vergognoso, complice, pesantissimo, democratico silenzio che non ci dimenticheremo.

Il fascismo è qui e ora.
Scegli da che parte stare.

Gli studenti del collettivo dell'Università di Verona

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Sulla iniziativa di Verona, le intimidazioni del Rettore e l'assedio dei nazifascisti si veda la documentazione alla pagina:




Iniziativa di scambio culturale tra scuole Italiane e Serbe - un ponte per domani!


Ciao a tutti, vi ricordate?? forse no J, scrissi che era novembre... [ https://www.cnj.it/INIZIATIVE/ponteperdomani.htm#nov12 ] Ci siamo quasi, il 16 aprile arriveranno i ragazzi della scuola Jovan Dučić di Roćevići (Kraljevo, Serbia), per l’iniziativa di scambio culturale, in solidarietà, con l’Istituto Comprensivo Scuola Media Statale Daniele Manin di Roma.
Ecco un aggiornamento per tutti e un ringraziamento sincero, sia per l’attenzione ricevuta, che per la disponibilità volontaria di alcuni di voi alla gestione organizzativa che si farà dei ragazzi. Un ringraziamento particolare a Vincenza Ferrara, che ha collaborato per i contatti con la scuola di Roma.
Riteniamo importante e doveroso informarvi anche sulla sostenibilità economica dell’iniziativa, che sarà possibile solamente grazie ai contributi provenienti dalle associazioni coinvolte (il promotore Un Ponte per..., il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, l’EBIT Roma), e da quelli di voi che hanno effettuato una sottoscrizione della piccola pubblicazione non commerciale “paSsione roSso Serbia”, di cui sono disponibili ancora copie (chi fosse interessato può chiedere direttamente a me).
 
Abbiamo raccolto ad oggi 1.110,00 Euro con le seguenti sottoscrizioni:
Paola Cagnoli
Rosanna Mercanti
Domenico Chirico
Gruppo calcetto Marconi del giovedì sera
Veronica Adriani
Angelo Reali
Patrizio Baiocco
Renato De Tiberis
Silvia Di Biagio
Giuseppe Ficoneri Bolasco
Corrado Martini
Roberta Bazzucchi
Francesca Giova
Angela Taverniti
Mariateresa Barone
Marina Colaiezzi
Fabrizio Scandone
Gianfranco Casile
Patrizia De Nardi
Maria Ciampaglione
Francesca Tedesco
Carlo Lo Giudice
Piergiorgio Laviani
Sara Scalabrella
Anna Rita Minighini
Belinda Caparro
Silvia Ruggieri
Andrea Martocchia
Gilberto Vlaic - Non bombe ma solo caramelle onlus
Riccardo Pilato – associazione Zastava Brescia
Kaspar Truempy (Basilea)
Bruno Maran
Anna Rita Longhi
Enzo Del Poggetto
Daniela Tiraboschi
Marianna Vona
Elvira Di Giacopo
Sara Morelli
Giuseppe Torre
Mariella Bettiol
Luana Proietti
Massimo Cecchini
Sabrina Corrieri
Paola Porretta
Sandro Ciorciolini
Antonina Caucci
Maria Franca D’Onofrio
Antonietta Strazzullo
Angela Casa
Claudia Abate
Marcella Simonelli
Stefano Bacchetta
Marina Jakovljevic (Luna)
Alessandra Esposito
Cristina Papa
Paola Rosi
Gina Pompili
 
 
Il costo complessivo preventivato sarà di circa 5.000 euro.
Pur avendo organizzato tutto in molta economia, eventuali altri contributi, oltre a quelli ricevuti, saranno sempre graditi.
 
E per concludere, lascerei due parole di commento sull’iniziativa.
C’era un’idea... come spesso accade, poi particolari che si incrociano, poi persone che si parlano e condividono il desiderio di vederla realizzata, con l’unico obiettivo non di fare “sistema” ma di aggiungere qualcosa, a noi stessi ed a tanti altri, senza ambizioni particolari.
Sperando farvi cosa gradita e di incuriosirvi, vi allego [ https://www.cnj.it/INIZIATIVE/ProgPonteperdomani.pdf ] il programma quasi definitivo dell’iniziativa. Un caro saluto,
 
Samantha Mengarelli


scarica il programma della visita a Roma degli studenti di Kraljevo (16-23 aprile 2013): https://www.cnj.it/INIZIATIVE/ProgPonteperdomani.pdf


per contatti: samantha.mengarelli @ gmail.com




En francais: "L’OTAN n’amène que la destruction, l’insécurité et la misère. Elle doit être abolie" 
En espanol: “La OTAN solo lleva a la destrucción, la inseguridad y la miseria. Debe ser abolida”

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INTERVIEW WITH MAHDI DARIUS NAZEMROAYA

“NATO only yields destructions, insecurity and misery. It must be abolished”

Appreciated for the rigor and the accuracy of his analysis, Mahdi Darius Nazemroaya (*), age 30, has emerged as one of the best scholars on NATO. His articles, which have been translated into many languages, have acquired an international audience and, today, his book "The globalisation of NATO” has become a reference guide. In 400 dense, fascinating and worrying pages it makes us realize the extent of the threat that NATO poses to world peace and to the future of many nations. It also makes us aware of the urgency involved in obtaining the dissolution of this dangerous organization.
29 MARCH 2013


Silvia Cattori: In your remarkable study you reveal the strategies that have been implemented by NATO to expand its military power in the world. I would like to ask you what motivated you to devote so much energy to such a difficult and demanding subject. How did you come to believe that it is an absolutely essential task to make an analysis of the role of NATO and its strategies?


Mahdi Darius Nazemroaya: The seeds for this particular book were laid in 2007. In 2007, I had written a small manuscript that connected the wars in Afghanistan and Iraq (which followed the tragic events of September 11, 2001 or 9/11) with NATO’s expansion, the US missile shield project (which I described as ultimately taking on the mantle of a NATO project), the concept of what the neoconservatives and their Zionist allies called "creative destruction" to redraw and restructure the countries of the Middle East, and the encirclement of both Russia and China.

I had always held the position that all the negative events that the world was facing were pieces of a whole or what the Hungarian scholar and revolutionary György Lukács called a “fragmented totality.” The serial wars, the increasing security laws, the War on Terror, the neoliberal economic reforms, the colour revolutions in the post-Soviet space, the demonization of different societies by the media, the expansion of NATO and the European Union, and the false accusations about an Iranian nuclear weapons program are all part of a whole. One of my articles [1], written in 2007, laid out much of the roadmap and connected all the dots of the perpetual warfare we are witnessing.

I wrote this book, because I thought it was a very important topic. I have read most the important literature on NATO and none of it examines NATO in the critical perspective from which I do. Nor does any of it tie NATO in a relevant way to the "bigger picture" in international relations. Someone at Carleton University who read the book told me that it was like a Bible for international relations and all the important issues. I too look at my book on NATO in a similar way.

My main motive for writing the book was to raise awareness about the imperialist nature of modern international conflicts and to help readers see the "totality" instead of its "fragmented" pieces. When you see the bigger picture, you are able to make better decisions. I also think that I gave NATO a fair assessment. Even NATO itself has a copy of my book in the NATO Library in Brussels and made a public announcement in November 2012 about the acquisition of my book as one of their library’s resources. This book is my contribution as a scholar to the world to try and allow readers to make well informed decisions by seeing past the smokes and mirrors and the fragmented pieces of the picture.

People are on the whole getting more educated around the world. But unfortunately ignorance is proliferating about power relations and what is happening globally. We are entering a deceptive era of history where many individuals around the world are feeling more and more like they can do no more than look on helplessly while they are reduced to mere particles or gears, levers, components, and extensions of a much larger and expanding invisible machine that they have no control over.

The scenarios in George Orwell’s 1984 have essentially arrived. People are now disconnected from their world and governed more and more by this invisible capitalist machine that is working to destroy all alternative ways of life or thinking; the order of our day is like Max Weber’s hardening "iron cage" [2] which is confining our independence and movements more and more. Most people now look at the news and television passively. They try to distract themselves from reality; they try to numb their consciousnesses and live in a false state of happiness that allows them to ignore reality and the miseries of the world. Collectively our minds have been colonized and made to believe a false order of things. Humanity is being de-humanized more and more. Maybe I sound Hegelian, but people are being alienated from their own selves as the people they were meant to be. They are also being alienated from the facilities of their own minds and the talents that they have been blessed with. But the truth is that we are not separate from the events and processes shaping this world. We should not become the slaves of objects and structures of our own making, be it capitalism or political structures. We do not need to be mere spectators in our life-courses.

Hegemony is an ongoing process for leadership, control, and influence that involves both coercion and consent. But it is never fixed or total and it can always be confronted. We see the challenges to hegemony in the building of historical blocs that confront imperial and capitalist centres of power. Hugo Chávez’s Bolivarian Movement and ALBA are examples of a successful challenge to the traditional hegemony of the comprador elites that managed his region [Latin America and the Caribbean] for external forces.


Silvia Cattori: A great chapter, exciting and disturbing, of your book is on Africa. France’s entry into war in Mali must have been no surprise for you. Doesn’t the destabilization of this weak country, caused by the intervention of France in Libya, open a serious crisis in all countries of the Sahel, from the Atlantic to the Red Sea?


Mahdi Darius Nazemroaya: Well from the very start I held the position that the division of Sudan, the American-supported French invasion of Côte d’Ivoire, and NATO’s war on Libya were part of a second “scramble for Africa.” I explained that the war in Libya was aimed at destabilizing other parts of Africa and would have a ripple effect across a large portion of Africa, including countries like Niger and Mali.

In my book I look at the Sahel, which is formed by the interior lands of Algeria, Niger, Libya, and Mali. NATO’s war on Libya has set off a chain reaction like a controlled demolition that the US and its allies are using it to control a vast stretch of Africa and its resources. Like the first “scramble for Africa” that was sparked by an economic crisis in the industrialized countries of Western Europe, these moves are really about controlling economic resources. As the US has become more involved in Africa, the US government and Pentagon have increasingly talked about the expansion of Al-Qaeda franchises in Africa and how the US military and its allies must intervene into the African continent to fight it. In fact, the US put a budget aside in 2011 for the current war in Mali under the disguise of fighting Al-Qaeda in West Africa. Strategic interests like the increasing US obsession with the Gulf of Guinea and the oil supplies in West Africa are casually brushed aside in this narrative about fighting the terrorist groups that are casually called Al-Qaeda. We see from experience that the American Empire has actually worked with these groups in both Libya and Syria. Very little is ever mentioned about pushing China, Russia, India, Brazil, and the other economic rivals of the Western Bloc out of Africa. Instead the interests of the US and its NATO allies, like France, are presented as altruistic ones based on the objective of helping fragile states.

Returning to Mali, I was not surprised when President François Hollande and his government ordered French soldiers to invade. Both France and the US are aware of the gas and oil reserves in Mali, Niger, and the whole Sahel. My book discusses these points and how the French government even created the Petroleum Research Office for the purpose of extracting oil and gas from it in 1945. In 1953, a few years later, Paris would issue oil exploration licenses to four French companies in Africa. Due to its fears of both US encroachment and African demands for independence, Paris would even form the Common Organization of the Saharan Regions or the Organisation Commune des Régions Sahariennes (OCRS) to maintain its control over the resource-rich portions of its African territories that had oil, gas, and uranium. Ultimately, the uranium in the OCRS was important for guaranteeing French independence from Washington through the creation of a nuclear strategic deterrent and as a riposte to the Anglo-American monopoly.

This is why it is no mere coincidence that the areas of the Sahel that the US and its allies have designated as part of the zone where Al-Qaeda and the terrorists are located roughly corresponds to the borders of the energy-rich and uranium-rich OCRS. In 2002, the Pentagon started major operations aimed at controlling this area of West Africa. This took place in the form of the Pan-Sahel Initiative, which was launched by US European Command (EUCOM) and US Central Command (CENTCOM). Under the banner of this US military project the Pentagon would train troops from Mali, Chad, Mauritania, and Niger. The plans to establish the Pan-Sahel Initiative, however, date back to 2001, when the initiative for Africa was launched following September 11, 2001 (9/11). On the basis of the Pan-Sahel Initiative, the Trans-Saharan Counter-terrorism Initiative (TSCTI) was launched by the Pentagon in 2005 under the command of CENTCOM. Mali, Chad, Mauritania, and Niger were joined by Algeria, Mauritania, Morocco, Senegal, Nigeria, and Tunisia. TSCTI would be transferred to the recently activated AFRICOM’s command in 2008. It should so happens that Captain Amadou Sanogo, the leader of the military coup in Mali that took place in March 21, 2012, is one of the Malian officers that was trained under these US programs in West Africa.

Analyzing the 2012 coup in Mali, we see foul play. The military coup overthrew President Amadou Toumani Toure on the excuse that he could not restore Malian authority in northern Mali. President Amadou was about to leave office and did not plan on staying in politics and Malian elections were going to take place in less than two months. The coup essentially prevented a democratic election from taking place and Captain Sanogo’s actions ended the democratic processes in Mali and destabilizing the country. His new military dictatorship was recognized by NATO and the French-installed government of Côte d’Ivoire. The US would even continue to fund the military government of Mali and there would be military and civilian delegations from the US and Western Europe that would even meet with Sanogo’s military regime. Soon afterward France would also declare that it had the right to intervene anywhere in Africa where its citizens and interests were at risk too. This was all foreplay.

The weapons that are being used in Mali and Niger by both terrorist groups and the Tuareg tribes are tied to NATO’s actions in Libya. Specifically these weapons would come from Libya’s looted armouries and French, British, and Qatari shipments sent into North Africa. NATO has a direct hand in this and the French are known to have bribed and helped arm and fund the Tuareg groups during the war against Libya. Moreover, the French have a history of manipulating the Tuareg and Berbers against other ethnic groups in Africa for colonial purposes.

The tensions between Sudan and South Sudan are being fueled separate from this. Sudan’s Darfur region and Somalia are still trouble spots. All this is part of an African arc of crisis that is being used to restructure Africa and demarcate it within the boundaries of the Western Bloc.


Silvia Cattori: After 33 years of withdrawal, when France resumed its participation in the military command of NATO under the initiative of President Sarkozy, there was no protest. Isn’t this a sign that citizens are unaware that this organization is a threat to humanity and that being a member of NATO means the subordination of their country to the hawkish foreign policy of Washington and the loss of their country’s sovereignty?


Mahdi Darius Nazemroaya: I am of the position that what President Sarkozy did with France’s re-entry into NATO’s military command structure is largely a reflection of the consensus within the political class of France. I know that many political voices in Paris criticized him, but if the opposition in the French political establishment was adamant its members could have done much more than speak out. Today the members of the French political establishment, including both the so-called left and so-called right, fight among themselves to see who can serve the imperialist and capitalist centres in Washington and New York City the most. The French political establishment does not do this because it is particularly pro-American per se, but because its serves the corrupt so-called world-system that itself serves global capitalism from its weakening centre in the United States. Thus, I should also mention that we need to re-assess what anti-Americanism is or what anti-American feelings actually stem from and represent.

Large segments of the Western European elite serve this world-system, because their own interests are invested and tied to it. As the weakening United States or American Empire struggles to maintain global primacy as the centre of capitalism and both capitalist regulation and accumulation, the US will outsource more of its imperial missions to countries like France. We will also see more compromises between the US and allied countries like France and Germany. It is a dialectical de-centralization of US power aimed at strengthening the hegemony of the world-system and maintaining a devolved American Empire. I should mention that this capitalist world-system is fragmented into blocs and this is why we see American, Chinese, and Russian rivalries.

In general, the majority of citizens in many societies are becoming more and more passive vis-à-vis the decisions of their governments and leaders. This is a reflection of the increasing feeling of alienation, detachment, and helplessness that has turned human beings into commodities and objects. This is part of the tightening of the “iron cage” that I described earlier in Weberian language.


Silvia Cattori: From the beginning France, along with Qatar, has been a main “sponsor” of the destabilization of Syria. China and Russia have, by their vetoes, prevented the adoption of a UN Security Council resolution that would have allowed a NATO military intervention, as was the case in Libya. But one may ask whether the countries of NATO and their Arab allies have not succeeded in overriding the resolution by destroying Syria by other means? And do you think that China and Russia will be able to contain, in a durable way, NATO so far as emerging countries do not have their say nor the means to impose real multilateralism in the Security Council?


Mahdi Darius Nazemroaya: In the first instance, we should look at the events in Syria as part of a bloc proxy war with the US, NATO, Israel, and the Arab dictatorships (like Saudi Arabia) fighting against China, Russia, Iran, and their allies. Secondly, when we look at the events in Syria from an international lens we should think of it in terms of the Spanish Civil War that erupted before the Second World War. By the same token we can look at the events in Libya and Africa, and maybe the earlier invasions of Afghanistan and Iraq, in terms of the Japanese invasion of China or the German invasion of Czechoslovakia before the Second World War. This does not mean that Syria or these events are necessarily preludes to a Third World War, but they have the potential to ignite a large global fire — unless you conceptualize all these events are part of World War III.

Giovanni Arrighi’s thesis about systematic cycles of accumulation in the world-system can help ground us. His work is important, because we can use it to help us tie everything in Syria and Africa that we are talking about in terms of the fragmented totality that makes the world-system. The cycles of accumulation that Arrighi studies relate to periods of time that take a hundred years or more under which the centre of capitalism in the world-system resides in a given geographic location or country. This is heavily influenced by the French scholar Fernand Braudel’s work on capitalist expansion. For Arrighi these centres of accumulation were the hegemonic powers of the expanding world-system. At the final stage of each cycle, capitalists move their capital from these centres to other locations and ultimately the new emerging capitalist centre. Thus hegemonic power in the world-system has been chronologically transferred from the Italian city-state of Genoa to the Netherlands to Britain, and finally, to the United States of America. The shift in the location of the world-system’s centre occurs during a period of crisis, at least for the old capitalist centre and not the new capitalist centre, and in shorter periods of time. Thus, we are brought in front of the People’s Republic of China. What is happening is that the centre of capital is about to move out of the United States. If the trend outlined by Arrighi is to be followed then the next centre of capitalist accumulation for the world-system will be China. Yet, we should not overrule other scenarios, such as a global directorship of all the major capitalist powers. Through my reference to Arigghi’s work, my point here is that we are dealing with a capitalist world-system that includes China and Russia. Neither the US or China and Russia want to disturb this world-system. What they are doing is competing to be the world-system’s centre of capitalist accumulation. This is why neither side wants to have a direct war. This is why the Chinese have not used the American foreign debt to devastate the American economy; China wants to see an orderly transfer of the centre from the United States.

China and Russia will not change their policies or positions on either Syria or Iran, but they want to avoid a war that disrupts the capitalist world-system. Of course the US is trying to maintain its position as the centre of the world-system through brute force or by involving its allies and vassals in its imperialist operations, such as in Mali and Libya.


Silvia Cattori: You dedicate a long chapter (pp. 67-113) to the NATO intervention in Yugoslavia. Can you summarize for our readers where this war, which dismembered the country and generated so much suffering, was going to lead?


Mahdi Darius Nazemroaya: The dismantlement of the Socialist Federal Republic of Yugoslavia was an important step for opening the doors of the eastward expansion of both NATO and the European Union. It opened the path for the march towards the borders of Russia and the former Soviet Union. The former Yugoslavia was also a major roadblock that stood in the way of erasing any alternatives to the Euro-Atlantic project of NATO and the EU in Europe. Additionally, NATO’s wars in Yugoslavia allowed for the logistics to be prepared for the wars in Afghanistan and Iraq.


Silvia Cattori: NATO “only yields destruction and human poverty, insecurity and misery. NATO must be abolished!” writes Denis J. Halliday [3] in his preface to your book. When one knows that there is no movement that opposes war, that Amnesty, HRW, MSF, MDM are supporting intervention, as we have seen in Sudan, Libya, Syria, what can one suggest to the younger generation that is in search of justice and willing to work for a better world? What can the peoples of Europe concretely do against this destructive and frightening machine, under US command, that is, in reality, NATO?


Mahdi Darius Nazemroaya: As I said earlier, George Orwell’s 1984 has arrived. Amnesty International, Human Rights Watch, and a large segment of the humanitarian NGO industry are tools of imperialism with double-standards. Foreign aid is deeply political and politicized. This does not mean that all their employees are bad people who do not want to help the world. Many of their employees or volunteers are good people; they do not understand all the facts and they have good intentions. These people have been mislead or blinded by institutional group-think. In a real task of dedication, their minds have to patiently be cleared of all the biases and misinformation that they have been nourished with.

Citizens of NATO states should work to position themselves to educate their respective societies about NATO and ultimately influence their respective countries to withdraw from NATO. This can come about in many shapes and ways. But it starts with understanding what NATO is and knowing its uncensored history.

I am no moral authority or master strategist. Keeping one’s self on the right path is already a hard enough challenge I think. I have no real right to pontificate over others on how to live. I will tell you what I personally think though. In my humble opinion, the biggest problem for many people is that they want to change the world on much too big a scale without addressing the immediate problems in their own lives. I find that the best way to change the world is by starting with small steps in our everyday lives. I am talking about “scales” here and not really about “gradual change” or “speed.” Making a better world starts with your immediate environment. Change starts with yourself and those around you, just as charity should. Imagine if most people did this; the world would be changed through small steps that would collectively amount to monumental change. None of this can be done without patience and determination either, and again I have to stress that action and learning should not be separated. I do not know what more to say than this.


Silvia Cattori: In putting together the pieces of the puzzle, you have masterfully shown in your book how serial wars are part of a strategy of "creative destruction" designed by "the neocons and their Zionist allies", and how, from Yugoslavia to Afghanistan, Iraq and Libya, so many wars, that were waged under humanitarian pretexts, were in fact related to this criminal strategy. Leading figures such as former Deputy Secretary General of the UN Denis J. Halliday say you are absolutely right: NATO is indeed the greatest threat to world peace. But you know that in Europe, especially in countries like France, where Jewish organizations have a strong grip on politicians and the media, the fact of denouncing the neoconservative strategy and its ally Israel [4] or the color revolutions was enough to have you labelled as a "conspiracy theorist" and to remove you from the debate. What has to be done, in your opinion, to modify this appalling situation?


Mahdi Darius Nazemroaya: My experience (in Canada) has been different, because I have never been labelled a conspiracy theorist. I think that media censorship and systematic disregard are the key tactics against views that challenge the dominant narratives or views articulated by the hegemonic forces that dominate a society. Demonizing someone with the label of a “conspiracy theorist” is used with few people or groups, because the main aim is to snub and overlook them like they do not exist. Calling such people conspiracy theorists usually comes when they are getting a relatively high degree of attention and when they also have a few wrong ideas that can be ridiculed tied to their positions. Nonetheless, anyone who is labelled a conspiracy theorist should not let that deter them from maintaining their position or reaching out to people. Demoralization is ultimately part of the tactics in repressing “inconvenient” views and thoughts.

Zionist groups and lobbies have a strong and disproportionate presence in the political and media sectors of several countries, but we have to recognize that they are not homogenous and that they are not alone as influential factors; they are part of a bloc of interests that have an interest in preventing any critical narratives from displacing the current hegemonic forces influencing society. Nor are all Zionist lobbies linked to Israel. Sometimes a Zionist group works to impose or internalize external projects into Israel. The motivations of these groups are not all the same, but they are part of the dominant program that has been expanding in what the well-known sociologists Giovanni Arrighi and Immanuel Wallerstein would describe a singular capitalist world-system.

In my humble opinion, being heard is the most important thing. The internet and social media have helped in this process. I think that to be heard, it is also important that well articulated and rigorous analyses be put forward. This is a hard task that has to be met, which is part of a broader cultural process that involves education and re-education. If the dominant hegemonic forces in society are to be displaced, it has to be done through establishing new currents of thought that can challenge their hegemony. Criticism is not enough either, an alternative and better program needs to be articulated and offered. Criticism by itself is useless if there is no alternative program offered alongside it. Thought and action also have to be linked and simultaneous as part of a process of praxis.

Silvia Cattori: Will your book be translated into French? Did the media coverage allow it to be read by a wide audience?

Mahdi Darius Nazemroaya: My book was supposed to be translated into the French language by a publisher in France in three volumes, but unfortunately the agreement fizzled. In the age of shortened attention spans, not many people can read a book that is over 400 pages. Very little large-scale media attention has been given to my book on NATO. Many months ago Le Monde Diplomatique also contacted my publisher in the United Stated, and then the company that publishes my book in Britain, to get a review copy sent to Paris. I do not know, however, if Le Monde Diplomatique intends to go through with a book review of such a critical book and in all honesty I do not really care.

I have seen a few good reviews of it saying that it is a must read book. It is also growing in popularity in universities and colleges. Copies of it are in the libraries of various institutions like Harvard University and the University of Chicago. The Hague in the Netherlands also has a copy of it in the prestigious collection of the Peace Palace Library that keeps references and books that specialize in international laws. It is selling as one of the top books on NATO and is gaining a good foothold I think. If you even look on Amazon sales in the United Kingdom for example it is ranked as one of the top books on NATO.


Silvia Cattori


(*) Mahdi Darius Nazemroaya is an interdisciplinary sociologist, award-winning author, and noted geopolitical analyst. He is a researcher at the Centre for Research on Globalization in Montréal, an expert contributor at the Strategic Culture Foundation in Moscow, and a member of the Scientific Committee of Geopolitica, a peer-reviewed journal of geopolitics in Italy.

About his book « The Globalization of NATO », see also : 
 http://www.silviacattori.net/article4005.html 
 http://www.silviacattori.net/article3834.html 
 http://www.silviacattori.net/article3780.html


[1] This article which was originally titled "The Globalization of NATO" but had its named modified to "The Globalization of Military Power: NATO Expansion" http://www.globalresearch.ca/the-globalization-of-military-power-nato-expansion/5677 was translated into many languages including Arabic by the Qatari news station Al Jazeera.

[2] “Iron cage”, a sociological concept introduced by Max Weber, refers to the increased rationalization inherent in social life, particularly in Western capitalist societies. The "iron cage" thus traps individuals in systems based purely on efficiency, rational calculation and control.

[3] Denis J. Halliday is Irish and spent most of his career with the United Nations in development and humanitarian assistance-related posts. In 1997, he was appointed United Nations Assistant Secretary General and head of the Humanitarian Program in Iraq. One year later, after a 34-year career with the UN, Halliday announced his resignation from the United Nations over the economic sanctions imposed on Iraq, characterizing them as "genocide". In 2003, he was presented with the Gandhi International Peace Award. Since leaving the UN, Denis Halliday has been involved in a number of peace activities. He is currently involved in the Kuala Lumpur Initiative to Criminalise War.

[4] For example, the Jewish writer Israel Shamir was accused of anti-Semitism by Olivia Zemor and Dominique Vidal for saying in 2003 that Israel and the Jewish lobby had played a leading role in the war that was going to dismember Iraq, a country that Israel strategically wanted to destroy.





(italiano / srpskohrvatski / francais / espanol)

URLIK SA KOSOVA

0) LINKS + Beograd 11/4: Presentazione "Urlik sa Kosova" (L'Urlo del Kosovo)
1) SKOJ: 
- EVROPSKA UNIJA OD SRBIJE TRAŽI PRIZNAVANJE NEZAVISNOSTI KOSOVA
- NACRT PLATFORME O KOSOVU FAKTIČKO PRIZNANJE “NEZAVISNOSTI”
2) Stravično svedočenje o zločinima OVK. "Anatomija zločina" na RTS-u
3) Notizie in breve / Kratke vesti
4) Kosovo : un nouveau Rambouillet imposé à la Serbie (S. Despot, 2/4/2013)


=== 0: LINKS ===

KOSOVO NOTIZIE - N°6, MARZO  2013 - a cura del Forum Belgrado Italia
SPECIALE GORAZDEVAC - 2003-2013: ... PER NON DIMENTICARE ...
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=139:kossovo-notizie-n6&catid=27:europa&Itemid=101
Indice:
- L'uccisione di bambini serbi in Kosovo: la testimonianza di un sopravvissuto (di Timur Blokhin - da Voice of Russia del 5 febbraio 2013)
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=139:kossovo-notizie-n6&catid=27:europa&Itemid=101#primo
- Tratto dal Dossier “ Viaggio nell’apartheid”, curato da Enrico Vigna, pubblicato dalla Rivista dei Missionari, nella parte relativa all’enclave di Gorazdevac:
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=139:kossovo-notizie-n6&catid=27:europa&Itemid=101#secondo

Kosovo: quando l'ONU non paga il conto
Massimo Moratti 15 marzo 2013
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Kosovo/Kosovo-quando-l-ONU-non-paga-il-conto-132124/(from)/newsletter
Una sentenza di un organismo di controllo interno all'Onu attribuisce alla missione delle Nazioni Unite in Kosovo la responsibilità di non aver indagato adeguatamente sulla scomparsa di due cittadini kosovari, avvenuta nel 1999...

Deported Roma face tough times in Kosovo
30/03/2013
http://www.dw.de/deported-roma-face-tough-times-in-kosovo/a-16710238
In the last three years, more than 2,500 Roma from Kosovo have been forced to leave Germany, including people and families that lived in Germany for years. DW reports on the deportation of a family back to Kosovo.

Greater Albania: a United States project against the Orthodox world?
by Alexandre Latsa - 4/1/2013
http://www.voltairenet.org/article177054.html
en francais: http://www.voltairenet.org/article176924.html
auf Deutsch: http://www.voltairenet.org/article177075.html
en espanol: http://www.voltairenet.org/article177055.html


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Presentazione "Urlik sa Kosova" (Urlo del Kosovo)

di Alessandro Di Meo - edizione in lingua Serba - editore Pesic i Sinove

Giovedì 11 aprile 2013
ore 19.00
Belgrado - Francuska 7
 - presso Associazione Scrittori di Serbia

evento Facebook: http://www.facebook.com/events/511979585526801


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http://www.skoj.org.rs/99.html

EVROPSKA UNIJA OD SRBIJE TRAŽI PRIZNAVANJE NEZAVISNOSTI KOSOVA

Savez komunističke omladine Jugoslavije (SKOJ) najoštrije protestuje zbog zahteva Evropske komisije da Srbija “prizna teritorijalni integritet Kosova” jer takav drski čin predstavlja mešanje u unutrašnje stvari naše zemlje, podršku separatističkom marionetskom režimu u Prištini i imperijalistički pritisak sa ciljem da Srbija prizna nezavisnost Kosova, i time se zvanično odrekne dela svoje teritorije.

Svojim zahtevom EU jasno pokazuje da joj je cilj da Kosovo i Metohiju otcepi od matice Srbije uz pristanak buržoaskog pro-imperijalističkog režima u Beogradu. Sjedinjene Američke Države, NATO i Evropska unija ne zadovoljavaju se samo tim što je Kosovo i Metohija okupaciona zona zapadnog imperijalizma već otvoreno poručuju Vladi Srbije da ako želi ulazak u tamnicu naroda EU mora da prizna nezavisnost južne srpske pokrajine. SKOJ radnom narodu poručuje da bi ulazak Srbije u tamnicu naroda EU bio poguban po naše nacionalne i ekonomske interese a sada je i onim najnaivnijim jasno da je uslov za to priznavanje nezavisnosti Kosova. Evidentno je da je imperijalistička EU ima neprijateljski stav prema Srbiji a da istovremeno daje punu podršku marionetskom režimu u Prištini.

SKOJ od Vlade Srbije zahteva da odmah prekine pregovore o pridruživanju tamnici naroda Evropskoj uniji jer je to suprotstavljeno nacionalnim i ekonomskim interesima naše zemlje. Evropska unija je imperijalistička tvorevina čiji je jedini cilj da bogati budu još bogatiji a siromašni još siromašniji. SKOJ traži od Vlade Srbije da zaštiti srpsko stanovništvo i ostale građane koji su ugroženi potezima marionetskog režima u Prištini. Naš Savez zahteva da NATO okupatorske trupe odmah napuste teritoriju Kosova i Metohije, Makedonije i Bosne i Hercegovine. Narod Srbije, samo ujedinjen sa svim narodima naše socijalističke domovine SFRJ koju je razbio zapadni imperijalizam kao i sa svim narodima Balkana treba da povede borbu za proterivanje zapadnih imperijalističkih zavojevača i izgradnju mira, solidarnosti i prosperiteta među balkanskim narodima.

Dole sa NATO okupacijom Kosova i Metohije!

Ne tamnici naroda Evropskoj uniji!

Sekretarijat SKOJ-a
Beograd, 13. oktobar 2012.god.

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NACRT PLATFORME O KOSOVU FAKTIČKO PRIZNANJE “NEZAVISNOSTI”

Savez komunističke omladine Jugoslavije (SKOJ) u potpunosti odbacuje Nacrt platforme o Kosovu i Metohiji kao i sporazum o “integrisanim graničnim prelazima” jer ti koraci koje preduzima buržoaski pro-imperijalistički režim u Beogradu predstavljaju faktičko priznavanje “nezavisnosti” južne srpske pokrajine.

SKOJ takođe osuđuje i pregovore koje Vlada Srbije vodi sa predstavnicima marionetskog režima u Prištini pod patronatom imperijalističke Evropske unije koja u okviru NATO učestvuje u okupaciji Kosova. Naš Savez smatra da je potpuno beznačajno raznoglasje u vladajućoj koliciji da li postojeće pregovore sa Prištinom treba prekinuti i početi nove kako smatra predsednik Republike Tomislav Nikolić nasuprot stavu predsednika Vlade Ivice Dačića da postojeće pregovore sa Prištinom treba nastaviti. Reč je o lažnoj dilemi. I jedna i druga zamisao su suprotne nacionalnim interesima. Stoga SKOJ ističe da državni vrh Srbije odmah mora da prekine pregovore sa marionetama i kvislinzima iz Prištine pod pokroviteljstvom imperijalista iz EU.

Bez obzira na jalove pokušaje buržoaske vlade da objasni kako stvaranje “integrisanih graničnih prelaza” nije kršenje teritorijalnog integriteta Srbije, činjenično stanje govori da su uspostavljeni granični punktovi između Srbije i Kosova na kojima se nalaze policajci i carinici marionetskog albanskog režima iz Prištine i predstavnici zapadno-imperijalističkih okupatorskih snaga .

Platforma o Kosovu predstavlja jalov pokušaj režima, u prvom redu predsednika Srbije Tomislava Nikolića, da se dovedu u zabludu građani Srbije kako državni vrh pokušava da zaštiti interese srpskog stanovništva na Kosovu i Metohiji a sa druge strane da se na zaobilazan način izađe u susret predstavnicima imperijalističke Evropske unije koji insistiraju da Srbija mora da prizna “nezavisnost” Kosova. Poznato je da aktuelni buržoaski režim u Beogradu isto kao i prethodni svoju strategiju zasniva na ulasku Srbije u tamnicu naroda Evropsku uniju čiji je cilj da bogati budu još bogatiji a siromašni još siromašniji, što je u potpunosti u suprotnosti sa interesima radnog naroda naše zemlje. Suprotno uobrazilji režima, građani Srbije veoma jasno shvataju da je Kosovo i Metohija okupirano od strane zapadnog imperijalizma i da platforma predsednika Nikolića ne izlazi iz njenih okvira. Sa druge strane, sadržaj platforme nije zadovoljio ni imperijaliste iz EU koji su izrekli niz zamerki o ključnim tačkama a kvislinški režim Hašima Tačija u Prištini je u potpunosti odbacio platformu, pokušavajući time da dokaže da na Kosovu vlada njegov režim a ne NATO okupacioni režim što naravno ne odgovara istini. Činjenično stanje je takvo da je Tačijev režim najobičnija marioneta zapadnog imperijalizma i izdajnik kako Srbije tako i albanskog naroda na Kosovu.

Potpuno je jasno da nema nikakve razlike kada je reč o politici prema Kosovu koju vodi sadašnja i koju je vodila nekadašnja vlast u Srbiji. Aktuelne buržoaske vlasti nastavljaju da vode pro-imperijalističku politiku suprotstavljenu interesima naroda i države Srbije. Naivno je verovati da bi nekakva terirorijalna autonomija za sever Kosova i Metohije po modelu Republike Srpske donela bilo kakvu sigurnost stanovništvu na severu pokrajine. Kao što je Republika Srpska, odnosno čitava Bosna i Hercegovina pod okupacijom NATO isti je slučaj i sa Kosovom i Metohijom. Dok god je zapadni imperijalizam vojno i politički prisutan u tim delovima naše domovine Jugoslavije nema njihove istinske slobode i nezavisnosti. Niti u Republici Srpskoj niti u nekakvoj teritorijalnoj autonomiji severa Kosova nema zaštite građana od samovolje zapadnog imperijalizma. Međutim, nije samo srpski narod okupiran na Kosovu. NATO je svojim prisustvom i izgradnjom najveće vojne baze na Balkanu Bondstil zarad ekspanzionističkih pretenzija ka istoku isto tako okupirao i albanski narod koji živi na Kosovu i Metohiji. Zapadnom imperijalizmu odgovaraju podele i međusobni sukobi naroda na prostoru ne samo Srbije i bivše Jugoslavije, već na prostoru čitavog Balkana. Imperijalisti sprovode politiku “zavadi pa vladaj” kako bi nesmetano ostvarivali interese multinacionalnih kompanija. Zbog toga albanski i srpski narod na Kosovu i Metohiji treba da se ujedine u borbi za proterivanje imperijalističkih okupatora i za miran i ravnopravan život u zajedničkoj državi Srbiji. U toj borbi srpski i albanski narod treba da slede herojski primer internacionalizma i jugoslovenstva partizanskih junaka iz Drugog svetskog rata Bore i Ramiza.

NATO napolje sa Kosova i Metohije!

Živela borba jugoslovenskih i balkanskih naroda protiv imperijalizma!

Sekretarijat SKOJ-a,
Beograd, 22. decembar 2012.god.


=== 2 ===

http://www.rts.rs/page/tv/sr/story/22/RTS+Satelit/1170902/Anatomija+zločina.html

http://www.rts.rs/page/stories/sr/story/135/Hronika/1171082/Anatomija+zločina+OVK.html

[Paurosa testimonianza sui crimini dell'UCK: "Anatomia di un crimine" alla TV serba]

ponedeljak, 10. sep 2012, 19:30 -> 20:02

Stravično svedočenje o zločinima OVK 

Zaštićeni svedok srpskog tužilaštva, koji je učestvovao u vađenju organa srpskim zarobljenicima na severu Albanije, opisuje kako je akcija organizovana - od obuke, operacija u improvizovanim bolnicama, do transporta organa do aerodroma u Tirani. Specijalna emisija o ovom slučaju u 21 sat na Prvom programu RTS-a.
Iskaz svedoka koji je direktno učestvovao u medicinskoj proceduri vađenja organa srpskim zarobljenicima na severu Albanije, za Tužilaštvo za ratne zločine je, kažu, karika koja nedostaje. Da li će ovaj slučaj dovesti do ozbiljnije međunarodne reakcije još je neizvesno, budući da do sada nijedna istraga o trgovini organima tokom sukoba na Kosovu nije dovela do optužnice.

Pripremila Milica Jevtić

"Anatomija zločina" na RTS-u

Emisija "Anatomija zločina", u kojoj će biti objavljen razgovor sa zaštićenim svedokom, biće emitovana večeras od 21 sat na Prvom programu RTS-a.
Autor emisije Miloš Milić je, po odobrenju Tužilaštva za ratne zločine, razgovarao sa zaštićenim svedokom.
Radio-televizija Srbije emituje razgovor sa zaštićenim svedokom, u kome on do detalja opisuje kako je akcija organizovana - od obuke, operacija u improvizovanim bolnicama, do transporta organa do aerodroma u Tirani.
"Dali su mi skalpel. Počela mi je muka, gađenje. Kad kažem muka, mislim kao ružan san od te jedne situacije, beskrajna noćna mora. I sada se sećam toga i sada, i u telu i u mislima, mi se ponovo javlja taj osećaj. Rekao mi je šta treba da radim na telu - da napravim jednu liniju, da ga posečem, da napravim operaciju jednom ravnom linijom, rezom, od početka grkljana do kraja rebara", opisuje zaštićeni svedok.
Tužilaštvo, koje već 16 meseci proverava slučaj, smatra da je njegov iskaz istinit i šokantan.
Stručnjaci potvrđuju da je zahvat koji svedok opisuje moguć. Hirurg Dragoš Stojanović kaže da opisi deluju verodostojno. "To je osoba koja se kratko edukovala vezano za tu vrstu aktivnosti i deluje kao osoba koja je prisustvovala ili učestvovala u takvoj aktivnosti", smatra Stojanović.
Nensi Šeper Hjuz, direktorka nevladine organizacije "Organ voč", navodi da je čak i u najgorim uslovima moguće obavljati zahvat vađenja organa.
"Potrebni su tehničar, sredstava za očuvanje i brz transport ka aerodromu. To je već rađeno u situacijama kao ovoj na Kosovu. Moj odgovor je - teško je, ali moguće", navodi Šeper Hjuz.
Istraga o ovom zločinu vodi se u Beogradu i Briselu - srpsko tužilaštvo smatra da je više od 300 zarobljenika prevezeno sa Kosova u Albaniju. Istovremeno, istragom po navodima Dika Martija bavi se tim Evropske unije sa istražiteljem Klintom Vilijamsonom na čelu.

Vukčević: Vilijamson upoznat sa slučajem

Tužilac za ratne zločine Vladimir Vukčević kaže za RTS da je Vilijamson upoznat sa navodima zaštićenog svedoka.

Intervju Vladimira Vukčevića za RTS

"On je pre dva meseca bio kod mene, ja sam mu ovo sve prezentovao, imamo dobru saradnju, ali od onda nismo imali komunikaciju", istakao je Vukčević. Na pitanje šta očekuje da Vilijamson sada uradi, Vukčević je odgovorio da očekuje da Vilijamson, "kao pravi tužilac, reaguje".
Srpski tužilac za ratne zločine navodi da je odlučeno da se sa iskazom zaštićenog svedoka izađe u javnost kako bi se sprečilo zataškavanje.
"Ja se bojim opstrukcije, odnosno zataškavanja čitavog slučaja. Imamo loše iskustvo - imamo zataškavanje jednog izveštaja Unmika iz 2005. godine, kasnije i relativizaciju izveštaja Dika Martija", kaže tužilac Vukčević i dodaje da je bilo još nekih pokušaja zataškavanja.
Vladimir Vukčević je uveren da objavljivanjem iskaza svedoka saradnika u medijima neće biti ugrožena istraga.
"Imam veliko iskustvo i procenio sam da ne može ugroziti istragu. Proveravali smo kredibilitet svedoka i smatramo da je kredibilan, a na ovaj način omogućavamo i drugim istražiteljima da provere njegov kredibilitet", navodi Vladimir Vukčević.
"Poligrafski smo ga ispitivali, konsultovali smo medicinske stručnjake, oni su analizirali ono što je on rekao i rekli da je to, kako je on to pisao, moguće", ističe Vukčević.
Srpski tužilac za ratne zločine navodi da zaštićeni svedok nema razloga da izmišlja, dodajući da je njegova jedina želja bila da bude zaštićen.
"On je izuzetno ugrožen, pokušali su i da ga ubiju i on je rešio da kao zaštićeni svedok izađe u javnost. Misli da na taj način sebe bolje štiti, jer su neki drugi izlazili u javnost i na taj način sebi spasili život", kaže tužilac Vukčević.


=== 3 ===

Da www.glassrbije.org

Sul nuovo prefisso internazionale

06.09.2012 – L’assemblea del Kosovo ha approvato oggi la risoluzione con la quale si richiede che i tre numeri internazionali del prefisso usati per la telefonia fissa e mobile del Kosovo vengano cambiati con il prefisso internazionale dell’Albania: 355. A favore della risoluzione, hanno votato 47 deputati, contro 7 contrari, con due astenuti.  Nella risoluzione si sottolinea che i cittadini del Kosovo acquistano molto sul piano politico così come su quello economico, e nel campo della sicurezza.  Dal governo del Kosovo si richiede che abbia inizio quanto prima il dialogo con il governo albanese per ottenere del loro prefisso internazionale.

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http://italian.irib.ir/notizie/politica5/item/119205

Domenica, 06 Gennaio 2013

Kosovo: vietato l'ingresso nel Paese [sic] al presidente serbo

Le autorità del Kosovo hanno vietato al presidente serbo Tomislav Nikolić l'ingresso in Kosovo. In occasione del Natale ortodosso il presidente si accingeva a visitare un monastero nei pressi di Pristina, centro della chiesa serba in Kosovo.
Secondo le dichiarazioni delle autorità kosovare questa decisione è la risposta al diniego di ingresso in Serbia per alcuni funzionari kosovari. Secondo il vice premier kosovaro Hajredin Kuçi il presidente Nikolić potrà visitare la regione solo dopo che permetterà ai leader kosovari l'ingresso nelle regioni serbe meridionali, dove la maggioranza della popolazione è di etnia albanese. Kuçi ha anche dichiarato che la decisione di rifiutare l'ingresso al presidente serbo è stata presa dopo consultazioni con partner internazionali.

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da www.glassrbije.org

Nuova esplosione a Kosovska Mitrovica


24. 02. 2013. -  L’esplosivo è stato attivato stamane nella parte settentrionale di Kosovska Mitrovica, davanti al palazzo dell’Istituto statale per l’assicurazione delle pensioni. Nell’esplosione non nessuno è rimasto ferito, ma il palazzo ha subito danni materiali. Il vice direttore regionale della polizia kosovara, Ergin Medić, ha dichiarato all’agenzia Tanjug che nell’attacco è stata utilizza una bomba a mano. Per ora non è noto il movente del caso. Negli ultimi due mesi nel nord del Kosovo sono accaduti più di 20 simili incidenti, in cui oltre ai danni materiali ci sono stati anche feriti, tra cui anche due bambini serbi.


Ufficio per il Kosovo e Metochia condanna l’attacco a Kosovska Mitrovica


24. 02. 2013. - L’Ufficio per il Kosovo e Metochia del Governo serbo ha condannato l’attacco alla filiale del Fondo statale per l’assicurazione delle pensioni a Kosovska Mitrovica, ricordando che fino ad ora non è stato trovato il commettitore degli attacchi precedenti. “Questo è un altro tentativo di intimidazione della popolazione serba del nord del Kosovo. Facciamo appello alla comunità internazionale perche inizi  a punire il commettitori di questi attacchi su tutto il territorio del Kosovo e Metochia”, ha comunicato l’Ufficio. Nel comunicato si ricorda che ogni due giorni accadono attacchi sulla popolazione serba in Kosovo.


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MEXICO REITERA QUE NO RECONOCE A KOSOVO


27/02/2013 | Filed under: KOSOVO Y METOHIA,MUNDO | Posted by: kopaonik

Embajadora de Mexico Mercedes Ruiz Zapata visitó el pasado martes una facultad de la ciudad de Jagodina en Serbia central. En esta ocasión declaró que su país no reconoció la independencia de Kosovo y que no existe ninguna razón para que esta decisión se cambie.

“Apoyamos la postura de Serbia que los problemas hay que resolver a través del dialogo y no del conflicto. Estamos muy pendientes de los hechos y estaremos pendientes de posibles cambios aunque no exista ningún motivo de cambiar nuestra postura respecto a Kosvo”.

Embajadora subrayó las excelentes relaciones políticas entre dos países pero lamentó que la cooperación económica no sea de misma altura.

“Intenté hacer lo posible pero debido a la distancia geográfica es difícil, aunque no imposible”.

“Universidades son mejores sitios para fomentar la colaboración entre Serbia y Mexico” dijo la embajadora, subrayando a la profunda amistad que une dos pueblos.


VER MAShttp://www.sre.gob.mx/images/stories/docnormateca/manexte/embajadas/moemserbia12.pdf



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http://www.voltairenet.org/article178031.html

Kosovo : un nouveau Rambouillet imposé à la Serbie


par Slobodan Despot

Quatorze ans après la victoire de la plus grande coalition militaire de l’Histoire, l’OTAN, sur la Serbie, celle-ci est sommée de céder une partie de son territoire, le Kosovo. Ce qui était présenté par Londres comme la première guerre humanitaire s’est avéré n’être qu’une guerre de conquête : le Kosovo, d’abord utilisé comme base militaire par l’OTAN, devrait être placé le 2 avril 2013 sous protectorat de l’Union européenne.


RÉSEAU VOLTAIRE | GENÈVE (SUISSE)  | 2 AVRIL 2013


[PHOTO: Les trois Grâces préparant l’ultimatum à la Serbie : Hillary Clinton (alors secrétaire d’État US), Atifete Jahjaga (présidente de l’État auto-proclamé du Kosovo) et la baronne Catherine Ashton (haut représentant de l’Union européenne pour les Affaires étrangères et la Politique de sécurité‎).]


Le gouvernement de Serbie rumine ses conditions préalables à la signature de son « accord historique », ce 2 avril 2013 à Bruxelles, avec le gouvernement du Kosovo.
Cet accord placerait l’intégralité des communes serbes du Kosovo sous l’autorité du gouvernement de Priština. Même l’idée d’une autonomie de ces communes a été pour le moment rejetée au profit d’une Association des communes serbes ayant un statut analogue à une ONG, mais toujours sous le contrôle du gouvernement kosovar. Les « structures parallèles » du Nord-Kosovo, maintenues jusqu’à ce jour contre vents et marées par Belgrade, et qui ont protégé les populations de cette zone de l’épuration ethnique dont furent victimes les poches plus au sud, notamment en mars 2004, devront être entièrement démantelées.
Aux dernières nouvelles, Belgrade exige des tribunaux et une police autonomes pour les communes serbes.

La défaite à tous les coups

Cette signature est un acte sans retour possible qui constitue une reconnaissance de fait de l’indépendance du Kosovo. Il conduit logiquement et inévitablement à une reconnaissance de droit. Le président de la commission de politique étrangère du Bundestag l’a du reste formellement notifié à la Serbie : il n’y aura pas de progrès des relations avec l’UE ni d’adhésion sans cette reconnaissance. Celle-ci ne sera dès lors qu’une formalité technique qu’il s’agira d’acter de manière adéquate dans l’année ou les deux années à venir. Une fois le Kosovo reconnu par l’État même dont il a été détaché, la position des États qui, jusqu’au sein de l’UE, refusent opiniâtrement de reconnaître cet État-croupion issu d’une sécession violente deviendra intenable.
D’un autre côté, si Belgrade devait opter pour la rupture d’avec l’UE, la perte du Kosovo paraît tout aussi certaine. En prévision du scénario violent, les États-uniens ont déjà déployé leur 525e Brigade spécialisée dans le contrôle des émeutes. Comme en 1999 avec le fameux et fumeux « massacre de Račak », l’OTAN montera en épingle un incident et en tirera prétexte pour occuper les zones du Nord avec une participation symbolique des forces de sécurité du Kosovo « indépendant ». Ce sera vraisemblablement, ces tout prochains jours, une manifestation nationaliste kosovare dans Mitrovica-Sud qui mettra le feu aux poudres, avec un pilonnage médiatique adéquat qui fera porter le chapeau aux Serbes récalcitrants du Nord. En somme, la répétition du guet-apens de Rambouillet de 1999.
Le gouvernement du président Nikolić est donc sommé de choisir entre Charybde et Scylla : soit il dit « oui » le 2 avril, soit il dit « non ». Dans le premier cas (« oui »), il entérine la perte intégrale du Kosovo et le parti au pouvoir (nationaliste) se voit contraint de se parjurer (« Nous ne reconnaîtrons jamais le Kosovo ») en parachevant la vile besogne qu’il reprochait à ses prédécesseurs. On peut s’attendre à des manifestations de masse et à une déstabilisation intérieure susceptible d’entraîner, d’ici l’automne, des élections anticipées. Dans le second cas (« non »), il s’expose à une déstabilisation encore plus certaine et plus efficace, tant sur le plan extérieur — isolation diplomatique de la Serbie du côté occidental — que sur le plan intérieur, via les nombreux médias, partis, mouvements et ONG pilotés par l’Occident.

[PHOTO: Le plan proposé par la baronne Ashton, au nom de l’Union européenne, a en réalité été conçu par l’ambassadeur US Frank G. Wisner. C’est ce dernier qui organisa la reconnaissance du Kosovo par les membres de l’OTAN et de l’UE (et qui imposa Bernard Kouchner comme ministre des Affaires étrangères à son beau-fils Nicolas Sarkozy). Wisner, qui a longtemps dirigé les opérations d’espionnage économique à la CIA, a également été l’un des organisateurs du "printemps arabe" (c’est lui qui renversa Hosni Moubarak). Après s’être enrichi dans les escroqueries d’Enron et d’AIG, il préside EOG Ressources (qui a récupéré les actifs d’Enron en matière d’exploitation pétrolière et s’est spécialisé dans l’exploitation subventionnée des gaz de schistes).]

Les enjeux géostratégiques

Sur le plan international, le « oui » est exigé par l’ensemble du bloc occidental. Il constitue une conditionsine qua non à la poursuite de la normalisation des rapports entre la Serbie et son environnement, entièrement soumis à l’OTAN. Le « non » est lui, favorisé par la Russie, notamment par la voix de son nouvel ambassadeur Tchepourine. En l’état où se trouvent l’économie et la société serbes, le « non » paraît une option suicidaire, la Russie n’offrant aucune compensation aux pertes (en termes d’investissements et d’intégration politique) qu’entraînerait une rupture du dialogue avec Priština. La Russie, qui s’est retirée militairement et policièrement du Kosovo, n’a pas non plus les moyens matériels de s’opposer à une reprise du Nord-Kosovo par la force.
Les enjeux de l’accord sur le Kosovo sont donc d’une portée considérable pour toute la région et en premier lieu pour le destin de la Serbie. Comme à plusieurs moments au cours de son histoire, la Serbie se trouve sur l’épine dorsale d’un « conflit de civilisations » qui, en l’occurrence, mérite pleinement son nom. D’un côté, des prétentions occidentales de nature coloniale, mais posées comme un droit inaliénable et motivées par une propagande humanitaire massive. Richesses minières, position géostratégique, politique de concessions vis-à-vis de l’islam sunnite : tout concourt à faire de la prise du Kosovo (et de l’extension de cette place forte) une priorité pour l’OTAN. N’a-t-on pas vu ces dernières années des protagonistes de premier plan de l’agression de 1999, tels l’ex commandeur suprême de l’OTAN, le général Wesley Clark, ou l’ex-secrétaire d’État Madeleine Albright revenir dans la région cyniquement reconvertis en affairistes avec des projets d’investissements monstres dans les matières premières ou les télécoms ?
Il s’agit également, par ailleurs, d’effacer les échecs et les blocages que l’OTAN a subis dans la région depuis le début même de l’opération de conquête, début 1999. On se souvient que le « non » de la Serbie aux négociations piégées de Rambouillet avait été provoqué par un avenant secret au traité prévoyant l’occupation de fait du territoire serbe dans son entier par l’OTAN. S’en était suivie une campagne de bombardements massifs conçue comme unblitzkrieg mais qui s’étendit sur 78 jours, détruisant la crédibilité morale et militaire de l’OTAN et l’obligeant à accepter un armistice et une résolution onusienne (n° 1244 du 10 juin 1999) reconnaissant la souveraineté de la Serbie sur le Kosovo, une souveraineté que l’OTAN et ses alliés kosovars (essentiellement mafieux) allaient miner sans relâche durant la décennie ultérieure, non sans la complicité naïve ou cynique de certaines forces politiques serbes.
Le Kosovo « indépendant » sous protectorat occidental — inauguré par le règne de Bernard Kouchner — s’est avéré être un désastre de tous les points de vue. Politiquement inexistant, gouverné par les clans mafieux, il est devenu une plaque tournante du trafic d’armes et de drogue et de la traite de femmes en Europe. Ses minorités, serbe d’abord, mais également monténégrine, turque, rom, etc., ont été expulsées violemment (pogromes de mars 2004) sous le regard passif des soldats de l’OTAN. Plus de 150 églises, couvents et monuments religieux chrétiens ont été incendiés, dynamités ou saccagés, les autres intégrés au « patrimoine culturel » de ceux-là même qui s’ingéniaient à les détruire. Les Serbes qui y vivent sous autorité otano-kosovare sont exposés à des violences constantes et traités en citoyens de seconde zone. Les enlèvements de civils, de 1999 à nos jours, sont généralement restés irrésolus. Enfin, le crime le plus horrible de toute la guerre civile yougoslave, à savoir le trafic d’organes humains prélevés à vif sur des civils serbes kidnappés au Kosovo, est resté sans conséquence malgré le rapport d’enquête accablant présenté au Conseil de l’Europe par le parlementaire suisse Dick Marty. Cela n’empêche pas les Occidentaux de réclamer l’intégration des quelques dizaines de milliers de rescapés du Kosovo-Nord à l’enfer qu’ils ont instauré au sud de la Serbie.

Retour à la Guerre froide

Le seul moyen de « blanchir » cette création perverse, désapprouvée par une grande partie des États de la planète, consiste à la faire sanctifier par la Serbie elle-même. Mais il y a davantage. Depuis quelque temps, la Serbie a entrepris de stabiliser ses structures de pouvoir et de rétablir l’ordre intérieur. Des investisseurs commencent d’affluer, y compris en provenance des Émirats. Dans la crise actuelle, les richesses agricoles, hydrauliques et énergétiques de la Serbie deviennent un atout stratégique de premier plan, et les entreprises chinoises et russes y étendent leur influence pendant que les Occidentaux s’épuisent militairement au Proche-Orient et ailleurs. Le tracé du futur gazoduc russe South Stream réserve à la Serbie un rôle de pivot et de robinet énergétique (tout en contournant la Croatie pour des raisons politiques, malgré les complications et les frais induits). Pour toutes ces raisons, l’État serbe a été amené au pied du mur et contraint à un choix auquel il est historiquement et essentiellement réticent : s’aligner et devenir le vassal d’un bloc ou de l’autre.
La décision que le gouvernement de Belgrade va prendre ces jours-ci revient fondamentalement à cela : le choix d’une vassalité, occidentale ou russe, doublé d’une perte inéluctable du Kosovo. Que ce soit sous Milošević ou sous les démocrates de Tadić pro-occidentaux, la Serbie officielle a toujours louvoyé pour éviter un tel alignement, fût-ce à ses propres dépens. Aujourd’hui, si les intérêts économiques penchent en faveur de l’Occident, le raisonnement géopolitique est peut-être plus favorable à la Russie. Mais aucune de ces raisons n’a jamais primé sur une constante ancestrale de la politique serbe : le refus irrationnel de tout assujettissement. Cette constante a été au cœur de revirements dramatiques de l’histoire européenne.
La Serbie n’a ni la sagesse ni l’agilité diplomatique des Suisses qui lui permettrait de maintenir un cap de neutralité sans heurts ni pertes. Sa neutralité, elle doit l’acheter au prix du sang pratiquement à chaque génération. Il semble aujourd’hui, malgré les signes d’apaisement apparus durant la dernière décennie, que la génération actuelle n’échappera pas à cette fatalité. Si les puissances qui exercent aujourd’hui une pression inconsidérée sur ce pays avaient un semblant de conscience historique et de responsabilité politique, elles éviteraient d’imposer la Serbie, comme elles le font, des choix aussi fatidiques. L’équilibre de toute la région, et de l’Europe entière, s’en ressentira inévitablement.




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Tekst na srpskohrvatskom: Генерал Ивашов: Црна Гора уласком у НАТО постаје топовско месо



Il generale Ivašhov: con l’adesione alla NATO, il Montenegro diventa carne da cannone


6 febbraio 2013


Il Presidente dell’Accademia per i Problemi Geopolitici di Mosca, il generale russo Leonid Ivašhov ha dichiarato nell’intervista per il portale IN4S, che il Montenegro con l’adesione alla NATO sarebbe diventato solo carne da canone per la realizzazione degli obiettivi di conquista di tale alleanza militare.

Il generale Ivašhov è uno dei più importanti esperti militari russi ed è noto perchè nel 1999 è stato il primo ad entrare nel Kosovo e Metohija con le truppe russe della SFOR ed aveva occupato l'aeroporto Slatina presso Priština.

Egli è noto all’ opinione pubblica anche perchè è stato uno dei testimoni di difesa nel processo contro Slobodan Milošević nel Tribunale dell’ Aja.

Ivašhov per il portale IN4S parla di come occupò l'aeroporto di Priština prima della NATO, dei piani di conquista dell'Alleanza, sul rientro della Russia nella scena globale, sui nuovi rischi  per la sicurezza e sui rapporti tra Podgorica e Mosca.

Egli ha detto che la Nato è un'organizzazione criminale e che il Montenegro con l'adesione a tale alleanza militare sarebbe entrato nella compagnia dei criminali.

 

''La NATO è un organizzazione criminale internazionale che viene pagata per saccheggiare, e come in qualsiasi struttura criminale, occorre collegare con il sangue il maggior numero possibile dei paesi alleati. Quale vantaggio ci sarà per il Montenegro non oso dire, però bisogna che ogni cittadino montenegrino sappia che il loro paese è invitato ad aderire al gruppo dei banditi e che saranno costretti a saccheggiare altri popoli, ad ammazzare civili, cioè ad attaccare altri paesi com'è successo alla Yugoslavia, Irak, Libia oppure come succede ora in Siria…'', ha dichiarato Ivašhov.

 

Egli ha sottolineato che alla NATO interessa solo che i cittadini del Montenegro diventino carne da cannone per la realizzazione degli obiettivi di conquista, di tale alleanza militare.

''…Loro hanno bisogno di carne da cannone, hanno bisogno dei soldati che al posto di quelli inglesi o americani lotteranno per gli interessi dei potenti, per gli interessi degli USA, di Gran Bretagna e forse anche di qualche altro paese. Non vedo nessun vantaggio per il Montenegro se aderisce al gruppo di banditi qual'è la NATO'', ha detto Ivašhov.

 

NATO gruppo di banditi

 

Egli non ha escluso la possibilità che i soldati del Montenegro, se entra nella NATO, un giorno si trovino davanti nell'attacco alla Russia.

''…Gli americani non vogliono combattere di persona contro di noi, loro vogliono che lo facciano gli europei, forse non in una guerra grande, ma negli scontri minori con la Russia. E il fatto che quando ci sono truppe di vari paesi sul terreno, nessuno ti chiede se sei serbo, montenegrino o inglese. Però, se il Montenegro entra nella NATO, i primi che saranno mandati in guerra contro la Russia saranno i nostri fratelli slavi. Per loro è di grande importanza geopolitica rompere l'unità dei popoli slavi e di provocare sangue tra gli slavi. Ciò è realimente possibile. A tale scopo loro ora avviano le misure nei Balcani ed in tutto il mondo Slavo/ortodosso, misure per ostacolare la nostra unione spirituale, e con il sangue fraterno versato, ciò lo renderebbe possibile…'', ha ammonito il generale russo.

 

Ivašhov ha sottolineato che Russia e Montenegro attualmente non hanno rapporti particolarmente stretti.

''…Se però ci ricordiamo del passato più lontano, se ci ricordiamo di Njegoš e dei tempi più remoti, allora davvero c'erano rapporti di fratellanza e alleanza, mentre oggi possiamo vedere che, sotto l'influenza dell'Occidente, anche in Russia qualche volta succedono cose non normali.

Ma la Russia oggi si raccoglie, si prepara per la strada futura da prendere per agire in modo forte e potente. La Russia è la madre degli slavi e questa madre oggi e presa dai propri problemi e si è  un pò stancata. Non è proprio forte,  per cui i figli slavi si sono deviati un pò, alcuni desiderano aderire alla NATO, altri da altre parti. Questa divisione è temporanea. La vita ci costringerà ad agire insieme come nel passato..'', ha detto.

 

Secondo le sue dichiarazioni, le multinazionali occidentali di proposito ''soffocano'' le economie dei paesi slavi.

'…Oggi siamo testimoni di questo anche in Montenegro. Loro dicono: noi vi daremo i crediti, però vivere di crediti e fondare l'economia solo sul turismo è una favola.

Bisogna sviluppare una produzione propria, ma come vedo in Montenegro oggi non producono nemmeno succhi che però importano dall'Italia come purè importano l’acqua minerale…'', ha dichiarato Ivašhov.

 

Rientro della Russia

 

Egli ritiene che la NATO sia una organizzazione per occupare il mondo, per creare una dittatura globale finanziaria basata in primis sulla potenza militare.

''…A che cosa serve oggi la NATO? Chi sarà ad attaccare l'Europa o gli USA? La NATO non è adeguata per la lotta contro attacchi teroristici, l’immigrazione illegale o, per esempio, contro il mercato della droga. Questa alleanza militare è un forte, potente strumento per occupare il mondo. La NATO è uno strumento delle potenze finanziarie globali che sognano di sottomettere il mondo con la gestione del denaro…'', ha aggiunto Ivašhov.

 

Per questi motivi, egli ritiene che la Russia è un obiettivo dell'Occidente cioè dell'elite anglosassone.

''…Prima di tutto, la Russia è molto ricca di risorse e  il 21° secolo sarà il secolo di lotta per le risorse minerarie, i mezzi di energia, il controllo delle comunicazioni strategiche, come pure per il controllo delle aree di importanza chiave. D'altra parte la Russia spaventa l'Occidente con la sua storia, il suo passato glorioso; perchè la Russia ha difeso l'Europa dall'invasione delle orde mongoliche e tartare, perchè l'ha liberata da Napoleone, da Hitler. L'Europa cioè i leader europei immemori ed oggi elite dell'Occidente, temono che la rinascita della Russia, che in effetti avverrà. La Russia rinascerà e cambierà il mondo a vantaggio della giustizia…'', ha ribadito Ivašhov.

 

Secondo il generale, l'Occidente teme che la Russia diventera nuovamente leader dell'umanità dei popoli, assieme a Cina, India, America latina e Africa.

''…La NATO è lo strumento dell’oligarchia finanziaria globale che sogna di sottomettere il mondo con la gestione del denaro…''

 

Ivašhov  ritiene che la civiltà occidentale si sia dimostrata come la civiltà mondiale più brutale, che funziona mediante  la forza e la rapina.

''…La civiltà occdentale vive e si sviluppa grazie ai tassi d'interesse, derubando altri popoli, cioè grazie alle risorse di tutto il mondo. Prima di parlare dell'uso delle risorse russe, consiglierei alla Madelein Olbright di fermare questo orrendo abuso dell'Occidente, di fermare il saccheggio di altri popoli,  di vivere dal proprio lavoro, delle proprie risorse.

La Russia non nasconde le proprie risorse nella tasca, è disponibile, sulla base della giustrizia, a mettere le sue riserve a disposizione di altri paesi, ma la Russia non può non pensare alle generazioni future…''.

 

Ivašhov vede grandi potenzialità nell'alleanza euroasiatica tra Russia, Cina e India.

 
 

Parlando dell'occupazione dell'aeroporto di Priština nel 1999, Ivašhov ha detto che in quella situazione non c'era pericolo di scontro con la NATO perchè i membri di questa alleanza militare avevano timore delle forze russe e dell'esercito yugoslavo di allora.

           

''…Avevamo misure di sicurezza adeguate. Primo: il Consiglio della NATO non era unanime a tale proposito. Tedeschi, greci, italiani, ed io ritengo anche qualche altro paese membro, non erano disponibili a votare per la guerra con la Russia. Ed avevamo anche un'altra misura di sicurezza: sapevamo che nel caso in cui avessero iniziato a spararci, noi avremmo invitato l'esercito yugoslavo ad appoggiarci …'' ha dichiarato.

 

Ivašhov ha detto che il comando supremo dell'esercito yugoslavo erano completamente disponibili ad essere dalla parte russa nel caso dello scontro.

''….Quando ho presentato la relazione al ministro di difesa russo, e lui al presidente della Russia, loro mi hanno detto che questa era una misura di sicurezza principale. Le forze della NATO erano costrette ad un'operazione via terra della quale avevano grande preoccupazione...”

 

Secondo lui, l'occupazione russa dell'aeroporto di Priština è stata realizzata in conformità al piano internazionale e c'erano anche le misure di sicurezza citate, in caso di attacco, per questo il comando di brigata inglese ha chiesto le trattative.

“…Gli inglesi hanno trascorso la prima notte nel nostro campo perchè avevano paura dall'attacco dei serbi e degli albanesi. Avevano paura per le loro vite, avevano paura dagli albanesi ed anche la paura di una guerra contro le forze unite di Russia e Serbia. Ritengo che tutto ciò fosse normale, naturale, e noi naturalmente, abbiamo portato il battaglione in accordo con i dirigenti della RFJ e del Presidente Slobodan Milošević, per cui i nostri eserciti hanno agito in armonia ed in comune accordo…’’, ha detto Ivašov.

 

Ha aggiunto che tutta l'operazione di occupazione dell'aeroporto Slatina di Priština aveva l'appoggio dei dirigenti russi e del presidente.

 

“…Abbiamo avuto l'autorizzazione però siccome si trattava di un'operazione militare, non lo sapeva nessuno eccetto un gruppo ristretto del comando militare. Non lo sapeva nemmeno il ministro degli affari esteri… per possibile ''fuoriuscita'' delle informazioni. E immaginate, già da sei ore il nostro battaglione, dalla Repubblica Srpska andava verso il Kosovo, e la NATO non ne sapeva nulla, perchè noi ancora abbiamo la capacità slava d'ingegnarsi e possiamo sempre ingannarli…'', ha aggiunto sarcasticamente il generalo russo.

 

Famiglia slava

 

Ivašhov ha raccomandato al popolo serbo che bisogna sospendere gli scontri interni e di accostarsi alla propria famiglia slava, cioè di dedicarsi di più ai valori ortodossi.

Ivašhov ha fatto parte di una numerosa delegazione russa che recentemente ha partecipato al funerale del diplomatico yugoslavo, da molti anni a Mosca, Borislav Milošević.

’…Abbiamo desiderato esprimere il rispetto verso Borislav Milošević, perchè lui ha combattuto per l’unità dei popoli slavi e per un insieme ortodosso concorde. Ha combattuto contro l’aggressione, contro il fascismo della NATO e perciò la Russia gli ha dato l’addio come ad un amico e figlio fedele…’’, ha dichiarato.

 

Il generale russo ha aggiunto che ritiene che Borislav Milošević abbia meritato il rispetto dei serbi e montenegrini.

 

‘’…Mi pare che da parte dell’opinione pubblica serba e montenegrina questo dovere sia stato esercitato soltanto dal metropolita Amfilohije con la chiesa. I presidenti serbo e montenegrino non hanno fatto condoglianze alla famiglia, non c’erano i loro rappresentanti, ma è una cosa loro personale. E’ un fatto che riguarda la ‘’…loro coscienza, la loro umanità..’’, ha detto il generale Ivašhov.      

                                                                                                   Da IN4S, tramite Forum Belgrado

 

                                                             Traduzione di Rajka V. per Forum Belgrado Italia/CIVG





http://www.diecifebbraio.info/2013/01/lettera-aperta-sulla-sezione-storia-della-biblioteca-nazionale-slovena-e-degli-studi-di-trieste/#nuovalettera260313

Da: Dieci Febbraio <diecifeb(a)diecifebbraio.info>

Oggetto: Con richiesta di pubblicazione

Data: 14 gennaio 2013 21.12.45 GMT+01.00

A: redakcija(a)primorski.eu, redazione(a)primorski.eu, trst(a)primorski.eu

Cc: trst(a)knjiznica.it, urednistvo(a)slomedia.it, skgz-ts(a)skgz.org, redazione-slovena(a)rai.it, editors(a)primorske.si, segreteria.redazione(a)ilpiccolo.it, urednistvo(a)delo.si, suzana.rankov(a)dnevnik.si, Porocila.Radio-Koper(a)rtvslo.si, Spela.Lenardic(a)rtvslo.si, stefano.lusa(a)rtvslo.si, redazione(a)lavoceditrieste.net

 
Al Primorski Dnevnik
e p.c. agli altri media e giornalisti triestini e sloveni in Cc
 
 

ANCORA SULLA CHIUSURA DELLA SEZIONE STORIA DELLA BIBLIOTECA SLOVENA

Dopo la nostra Lettera di protesta veniamo a conoscenza della decisione presa dal CdA della Biblioteca Slovena di *chiudere* inesorabilmente la Sezione Storia anche al pubblico… La ragione ufficiale è adesso la carenza dei requisiti di sicurezza dei locali: problemi reali, ma che non sono certo esclusiva della Sezione Storia (la stessa Biblioteca di Trieste, ad esempio, non ha problemi minori da quel punto di vista). Il risultato finale è però inequivocabile: la Sezione Storia è chiusa e non si sa quando verrà riaperta. Né il CdA – nella foga di chiudere ad ogni costo la Sezione Storia – si è minimamente preoccupato di prendere le misure necessarie per rendere disponibile a studiosi e ricercatori il prezioso materiale ivi custodito. Tutto questo non può che ulteriormente rafforzare il sospetto che quanto sta accadendo sia frutto di una precisa volontà di distruggere la Sezione Storia anche per assecondare le pretese degli ambienti del più retrivo nazionalismo italiano, in primis le organizzazioni che pretendono di rappresentare i profughi dall’Istria.
Ribadiamo perciò quanto avevamo già scritto: << Come è possibile che non si trovino i pochi fondi necessari per garantire la fruibilità dei materiali ed il lavoro degli storici e archivisti qualificati, in una città in cui invece trovano posto e denari a palate un Museo della civiltà istriana fiumana e dalmata che presenta innumerevoli falsi storici, ed il centro studi Panzarasa, agiografico della Decima Mas?
La chiusura della Sezione storia è un colpo inferto in generale alla cultura della città di Trieste, ed in particolare alla possibilità di fare ricerca e divulgare la conoscenza storica sulle vicende dolorose ed importanti del confine orientale italiano. E’ perciò un colpo inferto anche al carattere multinazionale della città ed alla possibilità di un dialogo tra le componenti nazionali italiana e slovena, che sia fondato sulla conoscenza reciproca e presa d’atto delle vicende storiche reali, al di là delle propagande e delle “buone intenzioni” professate. (…) Per Trieste, per gli sloveni ma anche per gli italiani, per un futuro diverso di coesistenza pacifica tra i popoli, la Sezione storia della Biblioteca nazionale slovena e degli studi di Trieste deve essere riaperta, i suoi addetti vanno confermati nei loro incarichi, e ad essa devono andare i fondi ed il sostegno necessario, a tutti i livelli, perché possa proseguire e rilanciare le attività cui è istituzionalmente deputata. >>
Crediamo che questa richiesta debba unire gli ambienti accademici e della ricerca storica, i settori sani della cittadinanza slovena e italiana di Trieste, le opinioni pubbliche democratiche di Slovenia e Italia.
La Redazione del sito Diecifebbraio.info

Hanno sottoscritto anche:


Susanna Angeleri, Coordinamento Antifascista Antirazzista Toscano – Arezzo
Giuseppe Aragno, storico, Napoli 
Giovanni Caggiati, Comitato antifascista e per la memoria storica – Parma
Claudia Cernigoi, giornalista e ricercatrice storica – Trieste

Paolo Consolaro, saggista – Vicenza

Davide Conti, storico – Roma
Angelo D’Orsi, storico – Torino
Claudio Del Bello, edizioni Odradek – Roma
Marco Delle Rose, ricercatore storico – Lecce
Alexander Hobel, storico – Roma
Alessandra Kersevan, casa editrice Kappa Vu – Udine
Andrea Martocchia, saggista – Bologna
Paolo Modesti, docente di informatica – Vicenza
Claudio Venza, docente di storia contemporanea – Trieste


L’articolo pubblicato su Il Piccolo del 28 marzo 2013: 
http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2013/03/ilpiccolo280313.jpeg




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(slovenščina / italiano)


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... pane, pace e libertà : Stožice 2013


Il CORO PARTIGIANO TRIESTINO - TRŽAŠKI PARTIZANSKI PEVSKI ZBOR PINKO TOMAŽIČ

 

Invita

 

il 27 aprile 2013 alle ore 18 nell'Arena Stožice a Ljubljana

 

al CONCERTO
in occasione della Giornata dell'Insurrezionee e del 72° anniversario della fondazione del Fronte di Liberazione sloveno

 

...pace, pane e libertà

 

Il nostro tempo ha bisogno delle nostre canzoni: lo testimonia il tutto esaurito ai nostri concerti .Ma questo non sarà l'ennesimo concerto dedicato al nostro quarantennale,vuole essere un passo avanti: nella Giornata dell' Insurrezione e nel 72° anniversario della fondazione del Fronte di liberazione sloveno noi vogliamo sottolineare che l'insurrezione è un valore ed è un nostro diritto.

 

Questo concerto sarà una nuova occasione per ribadire che noi ci siamo e ci ribelliamo allo sfruttamento di troppi, all'arricchimento di pochi, alla corruzione, al clientelismo, alle false interpretazioni della storia, all'aumento delle distanze ideologiche....Vogliamo che si affermi la dignità di ogni singolo, indipendentemente dall'orientamento politico,sessuale o religioso. Noi vogliamo una società equa e onesta, vogliamo poter vivere del nostro lavoro, non tolleriamo che gli anziani non riescano a sopravvivere con le loro misere pensioni e che i giovani non abbiano sbocchi lavorativi.

 

In questa lotta dobbiamo unire tutte le generazioni. Soltanto se saremo uniti, se capiremo le difficoltà del prossimo e sapremo essere solidali, potremo raggiungere i nostri obiettivi. Dobbiamo superare le divisioni per poter costruire insieme una società migliore.

 

Noi ci ribelliamo con dignità – con le nostre canzoni.

 

Il 27 aprile , a Stožice, noi canteremo : per il pane , la pace e la libertà.

 

Il titolo in italiano è tratto dal canto partigiano italiano Con il freddo e con la fame, mentre quello sloveno è tratto dal canto Jutri gremo v napad del poeta partigiano Matej Bor, canto nato nel dicembre del 1941, qualche mese prima della fondazione del Fronte di Liberazione-Osvobodilna fronta. Se già allora, 72 anni fa, i partigiani combattevano con i fucili in spalla per la libertà e per il pane, noi oggi combattiamo per gli stessi ideali con i nostri canti.

 

Sul palco ritroveremo gli amici musicali che si sono esibiti con noi in occasione del nostro 40° anniversario:
  • Il Coro partigiano di Ljubljana
  • componenti del Coro femminile Kombinat 
  • Vlado Kreslin
  • Drago Mislej Mef
  • Iztok Mlakar 
  • Zoran Predin
  • Boris Kobal
  • Gojmir Lešnjak Gojc
  • Darko Nikolovski

 

E i gruppi :
  • Kraški ovčarji
  • Dirty fingers
  • Freakwaves
  • Zaklonišče prepeva
  • Taborniki RMV di Trieste e Gorizia
  • Buldogi e Ksenja Jus

 

Perchè proprio a Stožice? 
In dicembre , in occasione dei concerti per il 40°anniversario della nostra attività , abbiamo riempito per ben due volte la sala del Cankarjev dom di Ljubljana: a quel punto, scherzando , ci siamo detti: “ Ora non ci resta che esibirci a Stožice!“ Siccome l'interesse per i nostri concerti continuava a crescere e non riuscivamo a soddisfare tutte le richieste, la butade si è trasformata in un progetto concreto, un grande concerto del CPT Pinko Tomažič con i nostri amici in un unico luogo che contiene fino a 10.000 persone! 

 

Prevendita : presso i distributori della Petrol; Europark (Maribor) , biglieteria delle Križanke, agenzie della Kompas,LPP, Collegium, Alpetour, Big Bang , E-servizi studenteschi, chioschi 3DVA, (K)kioski, Ipermercati Mercator, agenzie postali, biglietteria Tivoli.... 
Prevendita via Internet: www.eventim.si 
Biglietteria telefonica : +3861 420 5000

 

Media :
Agenzia -agencija K-produkcija, info@... 
Contatti :
Pia Cah, direttore artistico del CPT TPPZ Pinko Tomažič +39 339 89 98 760 pia.ciacchi@...
Petra Vidrih, membro del comitato del CPT TPPZ Pinko Tomažič +386 31 618 927 petra.vidrih@... 
Organizzato in collaborazione con :
Agencija K produkcija d.o.o. Tel: +386 1 53 44 350info@...

 


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http://www.facebook.com/events/280494308744621/312685768858808



Sabato 27 aprile 2013, ore 18.00


TRŽAŠKI PARTIZANSKI PEVSKI ZBOR PINKO TOMAŽIČ 
vabi
27. aprila 2013 ob 18. uri
v dvorano Stožice v Ljubljani
na koncert ob Dnevu upora in ob 72. obletnici ustanovitve OF

… za svobodo, za kruh

Razprodane dvorane v Trstu, Ljubljani, Novi Gorici in Zgoniku so dokaz, da današnji čas potrebuje našo pesem. A to ne bo še eden v nizu koncertov ob naši 40-letnici. S koncertom v Stožicah, ki bo prav na dan 72. obletnice ustanovitve OF, želimo narediti korak naprej: želimo sporočiti, da upor je vrednota. In naša pravica.

Koncert je priložnost, da skupaj jasno in glasno rečemo – Mi smo tu! In se upiramo: izkoriščanju, bogatenju peščice, korupciji in klientelizmu, vsakršni obliki diskriminacije, sprevračanju zgodovine NOB, večanju ideoloških razlik ... Želimo biti dostojanstveni, ne glede na našo politično, spolno ali versko orientiranost. Zahtevamo pošteno in pravično družbo. Ker želimo živeti od svojega dela; ker nam ni vseeno, da starejši komaj shajajo s svojimi pokojninami, mladi pa sploh nimajo priložnosti, da bi dobili delo … 

Pomembno je, da v naša prizadevanja povežemo vse generacije. Kajti le če bomo enotni, če bomo dojemljivi za stisko drugega in če bomo znali biti solidarni, bomo kaj dosegli. Zato je treba preseči delitve in si skupaj prizadevati za bolj humano družbo. 

Upremo se lahko dostojanstveno - s pesmijo. 

27. aprila bomo v Stožicah dvignili svoj glas: Za svobodo, za kruh! 

Naslov smo si sposodili iz pesmi Jutri gremo v napad; ideja za besedilo se je Mateju Boru porodila pozimi leta 1941; istega leta, kot se je le nekaj mesecev kasneje v Ljubljani rodila Osvobodilna fronta (OF). A če so tedaj, pred 72 leti, za svobodo in za kruh partizani odhajali v napad s puško na rami, se danes za te iste vrednote borimo tudi s pesmijo. 


Na oder smo povabili naše glasbene prijatelje, ki so nas spremljali že na koncertih ob 40-letnici, pridružili pa se nam bodo tudi nekateri novi. Z nami bodo v Stožicah nastopili:

- Partizanski pevski zbor Ljubljana
- članice ŽPZ Kombinat
- Vlado Kreslin
- Drago Mislej Mef
- Iztok Mlakar
- Zoran Predin
- Jani Kovačič 
- Boris Kobal
- Gojmir Lešnjak Gojc
- Kraški ovčarji
- Dirty Fingers
- Freakwaves
- Zaklonišče prepeva
- Taborniki iz rodu Modrega vala Trst-Gorica
- Darko Nikolovski
- Buldogi in Ksenija Jus



Zakaj prav Stožice?

Potem ko smo konec lanskega leta ob naši 40-letnici dvakrat napolnili Gallusovo dvorano Cankarjevega doma, smo si v šali rekli: »No, zdaj nas čakajo pa samo še Stožice!« A ker so bili tudi vsi nadaljnji koncerti v hipu razprodani, poleg tega pa so vabila za nastope kar deževala, so se na koncu Stožice zdele vse bolj smiselne. In iz povsem navadne šale je zrasel prav resen projekt: veliki koncert Tržaškega partizanskega pevskega zbora Pinko Tomažič in prijateljev na dan upora v dvorani Stožice. Edino v tej dvorani je namreč več kot dovolj mest za vse, ki bi nam želeli prisluhniti. Dvorana namreč sprejme več kot 10.000 ljudi.




Predprodaja vstopnic: 

bencinski servisi Petrola, Europark (Maribor), blagajna Križank, Kompasove poslovalnice, LPP, Collegium, Alpetour, poslovalnice Big Banga, e-Študentski servisi, kioski 3DVA, (K)kioski, Hipermarketi Mercatorja, poslovalnice Pošte Slovenije, blagajna Hale Tivoli ... 

Internetna prodaja vstopnic: www.eventim.si

Telefonska prodaja vstopnic: 01/42-05-000






Novinarske akreditacije: agencija K-produkcija, info@... 

Kontakti:

Pia Cah, zborovodkinja TPPZ Pinko Tomažič +39 33 9899 8760 pia.ciacchi@...
Petra Vidrih, članica odbora TPPZ Pinko Tomažič 031 618 927 petra.vidrih@...



Soorganizator: 

Agencija K produkcija d.o.o. 
Tel: +386 (1) 53 44 350 
info@...

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