Informazione
Data: Ven 31 Dic 2004 12:50:10 Europe/Rome
A: partigiani7maggio@...
Oggetto: Auguri... partigiani !
Caro compagno/a, caro amico/a,
L'anno che si apre, 2005, segna il 60. anniversario della Liberazione.
Abbiamo deciso di cogliere questa occasione per organizzare, con il
contributo di tutti i soggetti interessati e sensibili, una grande
iniziativa, di testimonianza e di informazione, incentrata sul
carattere internazionale ed internazionalista della lotta partigiana in
Europa (1941-1945).
L'iniziativa, denominata PARTIGIANI!, si terra' a Roma il 7-8 maggio
prossimi. Essa è promossa da Radio Città Aperta (RCA), Coordinamento
Nazionale per la Jugoslavia (CNJ), Gruppo Atei Materialisti Dialettici
(GAMADI), Rivista Contropiano. Hanno già aderito alcune sezioni
dell'ANPI e comitati antifascisti, e la rete dei nostri contatti si
allarga di giorno in giorno.
L'iniziativa consisterà in alcune sessioni-dibattito, con il contributo
dei protagonisti della Resistenza: Partigiani italiani in Jugoslavia /
Partigiani jugoslavi in Italia / Resistenza albanese e contributo degli
italiani / Resistenza greca e contributo degli italiani / Maquis
francese e contributo degli italiani / Appunti sulla resistenza
italiana e contro il revisionismo / nonchè alcuni interventi sulle
lotte di liberazione dal colonialismo ... Ci saranno poi alcune
sessioni di audiovisivi (film e documentari), ed altre iniziative
collaterali.
Tra alcuni giorni ti invieremo un testo più esauriente di convocazione
della iniziativa, e poi, via via, tutti gli aggiornamenti; prevediamo
anche di aprire una pagina internet, e di organizzare alcune iniziative
di sottoscrizione sul territorio.
Per ogni ulteriore informazione e contatto fai pure riferimento a
questo indirizzo email: partigiani7maggio@...
Le comunicazioni via fax possono invece essere inviate al numero:
(+39) 06-7915200
Facci pervenire le tue idee, proposte e contributi!
Per cominciare bene l'anno nuovo ti trasmettiamo, di seguito, l'augurio
di Radio Città Aperta, rivolto a tutti i Resistenti...
Un saluto antifascista!
Il comitato organizzatore
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Per un 2005 travolgente. Il nostro augurio a tutti i Resistenti
IL MANIFESTO DEI RESISTENTI
Noi Resistenti abbiamo cominciato presto a guardare in
faccia il
nostro vero nemico. Eravamo già attivi nella resistenza spagnola che
mise in
fuga i mamelucchi di Murat e fece impazzire i generali di Napoleone. Ci
riconoscerete dipinti da Goya ne "La fucilazione alla montagna del
Principe
Pio" e nella urla di gioia che accompagnarono la fuga dei francesi nel
1813.
Nasce da qui l'onda lunga che ha portato alla Repubblica del '36 e alla
resistenza antifranchista fino ai nostri giorni.
Ci siamo aperti la strada con le armi in pugno insieme a
Garibaldi, mentre cadeva la Repubblica romana ed Antonio Brunetti -
Ciceruacchio per il suo popolo- insieme al figlio Lorenzo cadeva sotto
il
plotone di esecuzione. Ma, come fece Gasparazzo contadino indomito, non
ci
siamo fidati dei garibaldini di Nino Bixio che in Sicilia fucilarono la
nostra gente a Bronte, ed insieme a Gasparazzo ci siamo dati alla
macchia
rendendo per anni la vita difficile ai piemontesi, ai nuovi padroni e ai
proprietari terrieri.
A metà dell'ottocento ebbero tanto paura delle nostre
barricate
che il prefetto Haussman dovette rifare Parigi da capo a piedi.
Sventrarono
i vicoli e costruirono i grandi boulevard come "strade di una caserma
opportunamente ampliata" perché i padroni temevano di incontrare in
strade
troppo strette i Resistenti come Charles Delescluze o Flourens. Venti
anni
dopo le barricate infiammarono di nuovo la Parigi della Comune e noi
Resistenti fummo conosciuti come "Communards". I soldati del gen.
Lacombe
furono mandati contro di noi a Montmartre, ma si rifiutarono di sparare
sul
popolo ed alla fine rivolsero i fucili contro il generale stesso, sono
formidabili Resistenti coloro che sanno comprendere chi è il vero
nemico.
Ci scatenarono contro altri soldati e i cannoni messi a
disposizione dai prussiani, ci fucilarono a migliaia o ci deportarono
alla
Cayenna. Eppure, come disse l'uomo di Treviri - la testa migliore degli
ultimi due secoli - "dopo la Pentecoste del 1871 non ci può essere né
pace
né tregua tra gli operai francesi e gli appropriatori del prodotto del
loro
lavoro". Capite adesso perchè lo sciopero dei lavoratori in Francia andò
così bene anche nel 1995?
Ma noi Resistenti non siamo e non eravamo solo sulle
barricate e
nelle officine delle grandi metropoli. Nascevamo e crescevamo anche
nelle
nuove colonie di quello che diventerà l'imperialismo moderno. Eravamo
nel
deserto algerino e sui Monti dell'Atlante con Abd el Kader che tenne
alla
larga i turchi e umiliò per anni i legionari del generale francese
Bugeaud.
Eravamo nascosti nel pubblico e ci tormentavamo le mani,
impotenti in quella occasione, quando gli invasori italiani,
nell'ottobre
del 1912, fucilarono a Tripoli l'arabo Husein. Ci vollero tre scariche
della
fucileria del plotone d'esecuzione per vederlo cadere a terra. Husein e
i
suoi Resistenti avevano fatto impazzire i militari italiani nelle uadi o
sulle strade carovaniere. Per rabbia e per rappresaglia gli italiani
fucilarono centinaia di persone e ne deportarono 3.053 nelle isole
Tremiti,
a Ustica, a Favignana, a Ponza e a Gaeta.
"Non ci inganna che si dica un'epoca di progresso. Quel che
dicono è invero la peggiore delle menzogne" tuonavano i versi del poeta
arabo Macruf ar Rusufi " Non li vedi tra l'Egitto e la Tunisia violare
con
stragi e massacri il sacro suolo dell'Islam? E non sia addossata la
colpa ai
soli italiani ma tutto l'occidente sia considerato colpevole".
Nelle colonie pensavano di aver vinto, legando i sepoys alle
bocche dei cannoni e facendo fuoco come fecero gli inglesi in India o
fucilando e impiccandoci a decine come fecero gli italiani in Libia. Ma
gli
arabi hanno un cuore indomito e venti anni dopo il Leone del deserto,
Omar
Al Muktar tornò a seminare il panico tra i soldati e le camicie nere che
occupavano la Libia. Il generale fascista Graziani, quello che aveva
massacrato con i gas gli etiopi, fece impiccare Omar Al Muktar. Ma il
suo
fantasma inquieta così tanto gli eredi di Graziani da impedire che in
Italia
si possa vedere il film che parla della sua storia. Fanno paura anche da
morti i Resistenti!!!
Mentre il capitalismo si annunciava con i mercanti, noi
Resistenti eravamo già dovunque e da tempo. Avevamo viaggiato sulle loro
navi con le catene ai piedi e ai polsi. A cominciare la resistenza
furono
proprio gli schiavi neri deportati in Brasile che fondarono la loro
repubblica a Quilombo e resistettero fino al 1697 contro i colonialisti
portoghesi. Cento anni dopo, i nipoti di quegli schiavi, diventati
creoli o
rimasti neri come i loro antenati, si ribellarono a Bahia, la disinibita
città degli incanti e del candomblé cantata dalle pagine di Jorge
Amado. Ma
eravamo anche più a Nord, eravamo nella selva e sulle Ande con la
resistenza
di Tupac Amaru. Gli spagnoli lo hanno squartato con i cavalli per
smembrarne
il corpo ma duecento anni dopo il suo nome ha fatto tremare i governanti
corrotti di Lima e Montevideo chiamando alla lotta nella selva e nelle
città.
Eravamo a cavalcare al fianco di Artigas nelle grandi
pianure
della Banda Oriental ed eravamo al fianco del creolo Simon Bolivàr tra
selve
e paludi per gridare a schiavi, creoli, indigeni e popoli che volevamo
una
sola nazione, "la Nuestra America. E potevate vederci insieme a José,
Antonio e Felipe, senza scarpe e senza saper leggere quando a Morelos
Emiliano Zapata lesse il programma che scosse le montagne e mise i
brividi
ai latifondisti. Tante volte abbiamo resistito, accerchiati dai rurales
e
dai federales, tante volte li abbiamo umiliati trasformando le
sconfitte in
vittorie. E ci avete visto anche sessanta anni dopo. Eravamo di nuovo
là,
nel Guerrero, a Oaxaca, nei Loxichas a fare scudo a Lucio Gutierrez,
vendicando con la coerenza tra parole e fatti gli studenti massacrati a
Città del Messico o il lento genocidio di indios e campesinos. E venti
anni
più tardi eravamo tra quelli che dopo il massacro di Aguas Blancas
giurarono
di fargliela pagare agli assassini.
Eravamo in Bolivia con l'acqua fino alla cintura al guado
del
Yeso quando l'imboscata dei militari uccise sette di noi tra cui Tamara
Burke "Tania". Diciotto giorni dopo nel canalone di "El Yuro" veniva
ferito
e poi assassinato Ernesto Guevara detto "Il Che" insieme al Chino e a
Willy.
Quando due anni fa ci siamo rivoltati a Cochabamba contro la
privatizzazione
dell'acqua, avevano la sua immagine sulle nostre bandiere, la stessa
immagine e le stesse bandiere che sventolano sulle terre occupate del
Brasile dei Sem Terra, nelle zone liberate dalla FARC in Colombia tra i
piqueteros in Argentina. I militari, gli jacuncos o quei perros degli
"aucisti", sentono un brivido lungo la schiena quando invece di indios e
campesinos impauriti si trovano di fronte i Resistenti.
Ci avrete visto anche più a Nord, ma non ci avete
riconosciuto.
Eravamo sulle sponde del Rosebud ed avevamo il viso pitturato con i
colori
di guerra quando insieme al capo Gall abbiamo difeso i teepee degli
Hunkpapa
e dei Santee dai soldati in giacca blu del colonnello Reno. Li abbiamo
battuti e messi in fuga nel giugno del 1876 permettendo così alle altre
tribù di sconfiggere il generale Custer a Little Big Horn. Nelle
riserve o
nella cella di Leonard Peltier ancora si racconta della nostra
resistenza.
Ed eravamo ben presenti tra i siderugici dello sciopero di
Homestead quando furono messi in fuga gli agenti assoldati dall'agenzia
Pinkerton e i padroni dell'acciaio scoprirono che gli immigrati,
diventati
operai, sapevano unirsi e tenere duro.
E quasi settanta anni dopo i poliziotti bianchi
impallidirono
quando i nostri fratelli neri opposero resistenza nel ghetto di Wyatt o
misero a soqquadro il tribunale di Soledad e le celle di Attica e S.
Quintino. George, Dramgo e Jonathan Jackson sono stati un incubo per
l'America dei Wasp, bianchi, anglosassoni e protestanti, di
conseguenza....razzisti. Mumia Abu Jamal é ancora vivo perchè i
Resistenti
non mollano tanto facilmente, hanno la pelle dura e sanno guardare ben
oltre
le sbarre della loro cella.
Ma le pagine più belle della nostra storia di Resistenti le
abbiamo scritte nel cuore dell'Europa messa a ferro e fuoco dal
nazifascismo. Le abbiamo scritte tra le macerie della fabbrica di
Trattori a
Stalingrado. "I nazisti, non potendo prenderci vivi volevano ridurci in
cenere" ha scritto Aleksej Ockin il più giovane di noi. Insieme a lui
ed a
noi c'erano Stepan Kukhta e il vecchio Pivoravov veterano cinquantenne.
Li
abbiamo tenuti in scacco per mesi e mesi e alla fine li abbiamo
battuti. La
nostra resistenza diede coraggio a tutti gli altri e accese il fuoco che
portò le nostre bandiere a sventolare fin sopra il tetto del Reichstag
di
Berlino. Eravamo invincibili, eravamo gli eredi di Kamo, che fece
impazzire
la polizia zarista e fornì quanto serviva alla rivoluzione
dell'Ottobre. "Il
mio insostituibile Kamo" diceva Ulianov preparando il primo assalto al
cielo.
Ma eravamo anche a Varsavia, nascosti dopo aver esaurito le
munizioni nelle fogne e nelle cantine del ghetto. Eravamo anche lì,
insieme
a Emmanuel Ringelbaum e a Mordechai Anielewicz che si suicidò per non
arrendersi ai nazisti che stavano rastrellando il ghetto in rivolta.
Resistenti per sopravvivere alla deportazione e ai campi di
concentramento
ma anche per riscattare la vergogna dei collaborazionisti dello
Judenrat.
Ma eravamo anche nel cuore della Jugoslavia quando sulla
Neretva
abbiamo umiliato le armate dei nazisti, dei fascisti e degli ustascia
croati
mandate ad annientarci. Ivo Lola Ribar hanno dovuto ucciderlo e così
Joakim
Rakovac, ma i Resistenti jugoslavi dimostrarono ai nemici e agli amici
che
sapevano farcela da soli.
Per anni serbi, croati, sloveni, bosniaci hanno saputo
combattere fianco a fianco, per anni abbiamo sfidato la storia tenendo
insieme un paese che volevano lacerato. Eravamo pronti anche alla fine
del
secolo scorso a resistere contro i contingenti inviati dalla NATO ma i
dirigenti scelsero altre strade, scelsero la strada che porta in
occidente,
la stessa che ha mandato in frantumi il nostro paese.
"Banditi" così ci chiamavano in Italia i nazisti e i
fascisti ma
la gente era con noi Resistenti. Erano con noi i ferrovieri e gli
operai di
Milano, Genova e Torino, erano con noi i popolani della periferia
romana e i
contadini emiliani o dell'Oltrepò pavese. C'è una canzone che narra di
come
ancora oggi i fascisti temano il fantasma del partigiano Dante Di Nanni
che
gira fischiettando per Milano. "Cammina frut" scriveva Amerigo che fu
Resistente sul fronte difficile della frontiera con l'Est. E piano piano
eravamo ovunque: Maquis in Francia, partigiani nella pianura belga e
olandese o sulle montagne greche.
Tanti di noi si erano "fatti le ossa" nella guerra di
Spagna,
affrontando le armate franchiste, i legionari fascisti e i bombardamenti
tedeschi. Con l'immagine delle rovine di Guernica negli occhi, abbiamo
resistito oltre ogni limite, lasciati soli dalle democrazie europee che
temevano il nazifascismo ma temevano ancora di più la rivoluzione
popolare e
l'onda lunga dell'ottobre sovietico. Quando finì la guerra non eravamo
tutti
convinti che fosse finita veramente. In Emilia-Romagna - come dice
Vitaliano
che fu partigiano e vietcong- non consentimmo ai fascisti di cavaresela
a
buon mercato e in Grecia resistemmo con le armi in pugno contro gli
inglesi
e gli americani che ci volevano, noi che avevamo combattuto contro i
tedeschi e gli italiani, servi di un nuovo padrone. I Resistenti di
Euskadi
non considerano ancora chiusa la partita con gli eredi del franchismo in
Spagna. Vi meravigliate ancora perchè in Italia, in Spagna e in Grecia
ci
sono ancora i movimenti di lotta più forti e decisi d'Europa?
Ma noi Resistenti ci siamo diffusi in tutto il mondo.
Eravamo
Umkomto We Sizwe, la Lancia della Nazione che i negri sudafricani hanno
impugnato per decenni contro il regime razzista, siamo stati i Mau Mau
e i
fratelli di Lumumba, abbiamo saputo essere poeti come Amilcare Cabral,
colpendo, subendo e vincendo il dominio coloniale degli inglesi, dei
portoghesi e dei belgi. Ce l'hanno fatta pagare lasciandoci un
continente
devastato dalle epidemie, dalla fame, dai saccheggi delle nostre
risorse, ma
nelle terre dell'Africa siamo arrivati dopo, ci prenderemo tutto il
tempo
che ci serve e poi ci riprenderemo tutto ciò che é nostro, a cominciare
dalla dignità.
E poi avete cominciati a vederci ovunque, noi Resistenti.
L'arrivo della televisione ci ha mostrato come "barbudos" a Cuba, con la
kefija dei feddayn in Palestina e in Libano, piccoli e veloci contro i
giganteschi marines, il loro napalm e i loro B 52 nelle giungle del
Vietnam.
L'immagine del piccolo Truong che scorta prigioniero un marines grande
come
una montagna ha tormentato i sonni degli uomini della Casa Bianca per
decenni. I Resistenti non hanno mai molte cose a loro disposizione, ma
per
noi, come dice Truong Son "il poco diviene molto, la debolezza si
trasforma
in forza e un vantaggio si moltiplica per dieci".
Per cancellare questa immagine sono quindici anni che gli
americani scatenano guerre contro avversari immensamente più deboli e
vincono guerre facili.
Ad Al Karameh, nel 1965, eravamo molti di meno e peggio
armati
dei soldati israeliani ma li abbiamo sconfitti perchè noi Resistenti
siamo
fortemente motivati e loro non lo erano. Non lo erano neanche gli
eserciti
arabi messi in piedi da governi indecisi e spesso corrotti che
riuscirono
perdere due guerre in sette anni.
A Beirut, ad esempio, nonostante le cannonate della
corazzata
americana New Jersey abbiamo resistito e abbiamo cacciato via prima gli
israeliani e poi gli americani, i francesi e gli italiani e poi lo hanno
fatto quelli di noi che erano a Mogadiscio. In Nicaragua eravamo
giovanissimi e stavamo mangiando carne di scimmia quando abbattemmo un
elicottero e prendemmo prigioniero il consigliere della CIA Hasenfus
rivelando al mondo l'aggressione statunitense contro un piccolo e
coraggioso
paese.
E poi sono arrivate le nuove generazioni di Resistenti, come
quelli che hanno cacciato dal Libano del sud gli israeliani o che hanno
animato la prima e la seconda Intifada. Le loro pietre pesano come
macigni
sull'occupazione israeliana e sulla cattiva coscienza dell'occidente.
C'erano dei giovani e giovanissimi Resistenti nelle giornate di Napoli
e di
Genova, uno di essi, Carlo Giuliani, è caduto ma il suo volto da
ragazzo si
è moltiplicato su quelli di migliaia di ragazzi come lui, nuovi
Resistenti
che hanno bisogno di sapere, di conoscere, di mettere fine agli inganni
e
alle rimozioni che li circondano, che sfidano i potenti con la
determinazione di Rachel Corrie.
Infine, ed è straordinario, sono sorti dei Resistenti anche
in
Iraq. Hanno sorpreso molti, soprattutto i loro nemici. Il vecchio
Pietro ha
riscattato in dieci righe la sua vita di tentennamenti scrivendo che la
"Resistenza contro l'invasione è la prima condizione per la pace". I
Resistenti sono ormai dovunque, sono diffusi in questo mondo reso più
piccolo dalla globalizzazione e più insicuro dall'imperialismo e dalla
guerra. E' arrivato il momento di unirli, di dargli una identità comune
e
condivisa, di riconoscerli e farli riconoscere a chi - da Bogotà a
Manila,
da Nablus a Salonicco, da Seattle a Durban - si è rimesso in marcia per
rendere possibile un altro mondo. Fin quando ha agito la legalità
formale
delle democrazie è stato possibile disobbedire, ma alla guerra e
all'imperialismo occorre resistere, improvvisare e disobbedire non basta
più, oltre ai corpi serve la testa e una visione aggiornata della nostra
storia. Alla democrazia fondata sulle bombe noi opponiamo il regno della
libertà, all'idea di libertà fondata sull'homo economicus noi
proponiamo all
'umanità il passo avanti della liberazione. Per noi, il poco sta
diventando
molto, la debolezza si sta trasformando in forza, un vantaggio si sta
moltiplicando per dieci. L'epoca delle Resistenze è cominciata.
Buon 2005 a tutti i Resistenti
Radio Città Aperta
http://www.radiocittaperta.it
1. L'intervista di E. Remondino a S. Lazendic
2. Il commento critico di F. Grimaldi
=== 1 ===
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/30-Dicembre-2004/
art106.html
il manifesto - 30 Dicembre 2004
STANKO LAZENDIC
Otpor, arancione a stelle e strisce
Serbo di Novi Sad, è uno degli «istruttori» che ha allenato la piazza
di Kiev contro il regime. Per idealità, dice, ma anche per soldi. I
committenti? I governi Usa ed europei
E' il «consigliere speciale» per l'Ucraina dell'American Freedom House.
Accrediti professionali, Milosevic in galera all'Aja, Shevardnadze
deposto in Georgia, e ora Yanukovic rovesciato. Tante trasferte e tanti
«seminari sulla non violenza» tenuti da un ex colonnello della Cia, per
lui e gli altri «trainer». Chi paga?
ENNIO REMONDINO
Non deve essere stato particolarmente difficile per la polizia politica
e i servizi segreti ucraini, eredi del mitico Kgb, stargli dietro.
Stanko Lazendic non ha il fisico del cospiratore, dell'uomo anonimo che
trama nell'ombra nascondendosi. Due metri e qualche centimetro di
mancia, vestiti da 110 chili di muscoli, e si nota, soprattutto se a
camminargli accanto è un giornalista per così dire, «concentrato».
Abbiamo passeggiato e chiacchierato a lungo con Stanko, per le belle
strade di Novi Sad, su in Voivodina, al nord della Serbia, quasi in
Ungheria. Stanko è un giovane uomo di 31 anni che nella vita ne ha
viste molte, a cominciare dalla galera, che ha iniziato a frequentare
dall'imporsi del regime di Milosevic. Diciassette arresti non sono male
per un semplice leader studentesco, se mai è stato vero che Stanko sia
soltanto quello. Stanko non ha potuto essere presente ai festeggiamenti
dell'opposizione filo occidentale ucraina sulla piazza di Kiev, che
pure ha tanto contribuito a organizzare e a far vincere. Stanko
Lazendic è stato uno degli «Istruttori», uno dei «Trainers», che ha
allenato la piazza arancione ad opporsi e a rovesciare il regime. Un
po' per idealità, sostiene Stanko, ma certo anche per soldi, da buon
professionista. Socio fondatore della Ong, l'organizzazione non
governativa serba «Center of not violent resistence», registrata a
Belgrado. Per contatti e contratti, vedi il sito Internet. Accrediti
professionali, oltre a quello di Slobodan Milosevic che attende in
galera la sentenza del Tribunale internazionale dell'Aja per crimini di
guerra, l'ex presidente georgiano Eduard Shevardnadze, e ora il premier
ucraino filo russo Viktor Yanukovic. I committenti per queste singolari
prestazioni professionali di destabilizzazione più o meno non violenta,
sono altrettanto interessanti ma, contravvenendo a tutte le regole
giornalistiche, le lasciamo al Gran Finale del Giallo.
Stanko Lazendic è stato uno dei fondatori del movimento studentesco
serbo «Otpor», che vuol dire Resistenza, ed è da lì che parte tutto.
Resistenza popolare e non violenta al regime di Milosevic in quel
lontano 1998, quando il despota di Belgrado era ancora equivocamente
corteggiato da molte cancellerie occidentali incerte fra l'adottarlo e
il fargli guerra. Otpor nasce allora, ed è probabilmente l'unico erede
del vasto movimento democratico di piazza che negli anni precedenti
aveva quasi dato la spallata decisiva al potere della famiglia
Milosevic. Poi i partiti tradizionali, anche quelli democratici, si
erano ingoiate sia la «Rivoluzione dei fischietti» (Inverno `96, `97),
sia le speranze di cambiamento.
Otpor rivoluziona la liturgia della politica, con i multicolori delle
bandiere, nelle parole d'ordine, nella leadership collettiva, nella
musica sparata in piazza a tutto volume, e nel costante sberleffo al
potere. L'anima slava, sepolta sino allora nell'auto commiserazione, ne
approfitta per ritirare fuori la prorompente carica d'ironia e auto
ironia, dell'amara irriverenza. Ce l'avrebbero fatta da soli e prima e
meglio, quelli di Otpor, con tutto il popolo serbo, se qualche stratega
di Washington non avesse già deciso, in quella metà del 1998, che
Milosevic serviva per collaudare la forza militare della Nato come
guardiano del fronte Est dell'Impero. Quando, il 24 marzo del 1999,
sulla Jugoslavia iniziano a piovere le bombe, Otpor si arruola, assieme
a tutta la Serbia, non accanto a Milosevic, ma contro la Nato. Per loro
quelle bombe sono insensate. Puntano al despota ma colpiscono
innanzitutto le sue vittime, primo fra queste, il popolo serbo e quello
kosovaro. A quasi sei anni di distanza dai bombardamenti, non c'è
persona in Serbia, per «americana» e filo occidentale che sia, a non
chiamare l'evento «Aggressione». Sono gli stessi giovani - molti dei
quali poi diventeranno Otpor - a portare sui ponti sulla Sava e sul
Danubio la popolazione a fare da scudo umano, a sbeffeggiare l'Iper
potenza Nato. E' la loro ironia che ci fa indossare, tutti allora a
Belgrado, le magliette con la scritta «Target». Tutti bersagli, salvo
chiedere scusa quando la scalcinata contraerea serba riesce per sbaglio
ad abbattere un cacciabombardiere F117: «Scusate, non sapevamo fosse
Invisibile».
Occorrono tre mesi al Golia-Nato per stendere - con tanti «effetti
collaterali» civili - il nano militare di Belgrado. Tantini, viene da
dire. Dopo di che Otpor riprende ad attaccare il suo storico bersaglio,
il despota Slobodan Milosevic. Ricordo come allora fu possibile notare
i segni di un'insospettata abbondanza. Sempre la fantasia al potere
della protesta, ma anche qualche soldino in più per manifesti,
striscioni, apparato legale di difesa, bandiere, radio libere e
Internet pirata. Molti di quegli studenti ormai abbondantemente fuori
corso sembrava avessero studiato molto durante il duro inverno della
guerra, lezioni sul come scardinare un trucido apparato di potere per
seppellirlo sotto il ridicolo della sua sostanziale impotenza. Anche
Stanko Lazendic aveva studiato. In trasferta a Budapest, nella vicina
Ungheria che ancora non chiedeva il visto per i serbi; altri suoi amici
nel protettorato Nato della Bosnia o in quello statunitense del
Montenegro. «Seminari» li chiamavano gli organizzatori, sulla
«Resistenza non violenta».
Due le cose interessanti che riesco ad ottenere dalla memoria di
Stanko: il nome di almeno un «docente» e le molte sigle di chi pagava i
conti di quelle trasferte di «studio». Nel marzo del 2000, uno dei
docenti di Stanko all'Hilton di Budapest, fu un certo Robert Helvi, già
colonnello della Cia, operativo a Rangoon e Burma. L'Ex colonnello Cia
(esiste un «ex» in qualsiasi Servizio segreto?), aveva illustrato i 500
modi «non violenti» per destabilizzare un regime autoritario. In
pratica una rilettura del libro di Gin Sharp, «Dalla dittatura alla
democrazia», che resta dal lontano 1970 il testo base per ogni
movimento anticomunista che si rispetti, tecnica del Colpo di Stato col
Guanto di Velluto.
«Che il conferenziere fosse uno della Cia», insiste Stanko, «nessuno di
noi allora lo sospettava». Ma chi pagava quel seminario a Budapest?
Chiedo. «Quel seminario fu promosso, mi sembra, dalla Us Aid». Lo
sguardo che riceve in cambio, induce Stanko ad una giustificazione non
richiesta. «Noi non siamo della Cia, né lavoriamo per la Cia. Se così
fosse, guadagneremmo molto, molto di più dei pochi soldi che riceviamo.
Una miseria per i rischi che corriamo».
Quanti siano «pochi» i soldi che pagano le loro originali prestazioni
professionali, Stanko Lazerdic non ce lo dice. In compenso ci racconta
dei suoi committenti: ovviamente le organizzazioni giovanili dei
diversi paesi coinvolti. Tutto indipendente e tutto trasparente,
secondo lui. Ma chi paga il conto dei vostri «pochi soldi»? «A volte le
organizzazioni studentesche, a volte direttamente i loro finanziatori».
Risalendo lungo la catena della solidarietà anti despota ex comunista e
anti occidentale, arriviamo finalmente ai nomi. La generosità
democratica in Serbia, Ucraina, Georgia eccetera, ci dice Stanko
Lazendic, esce dai conti correnti di Us Aid, l'organizzazione
governativa statunitense, o dall'Iri, l'Istituto Internazionale
Repubblicano (il partito di Bush), o dal suo gemello Democratico (Ndi),
o dalla fondazione Soros, o dalla Freedom House, o dalle tedesche
«Friedrich Ebert» e «Konrad Adenauer», o dalla britannica «Westminster».
Le trasferte di Stanko in Ucraina, da agosto a settembre, per esempio,
è stata pagata prima dalla Westminster britannica e poi dall'American
Freedom House di cui è «consigliere speciale» per l'Ucraina. In
Georgia, contro Shevarndnadze, pagava Soros. La serba Otpor in formato
esportazione partorisce così «Kmara» (Basta) a Tbilisi, e «Pora» (E'
ora) a Kiev.
Prossimi impegni professionali, Stanko? «Vedremo. Dopo gli ottimi
risultati ottenuti in Serbia, Georgia e Ucraina, spero che avremo altri
contratti. Stiamo già lavorando un po' in Bielorussia e siamo in
corrispondenza con l'Azerbaijan. Vedremo». Già. Anche noi sicuramente
vedremo.
=== 2 ===
Remondino
Ennio Remondino, noto mistificatore buonista delle vicende balcaniche,
ha
avuto dal non più sorpendente Manifesto di Mariuccia Ciotta e Gabriele
Polo
e dell'arancione Astrid Dakli il privilegio di imbrattare un'intera
pagina
di una cialtronesca diffamazione dei serbi e di Milosevic, infilata
subdolamente in tardive pseudorivelazioni su Otpor e furbescamente
collocata
sotto il fuorviante titolo "Otpor, arancione a stelle e striscie", che
poteva far ben sperare. Un titolo che indurrebbe lettori fiduciosi e
consapevoli ad attendersi una, anche questa volta tardiva, ma benvenuta,
rettifica agli scomposti e bugiardi inni alla "primavera ucraina"
sciolti
dal già citato slavofobo, anticomunista, integralista albanese Astrid
Dakli.
Raccontandoci cose che soltanto la complice subalternità dei
giornalisti - e
relativi ufficiali pagatori - della sedicente sinistra radicale ha
taciuto e
stravolto, ma che chiunque di noi si documenti in modo serio aveva
capito,
se non letto e imparato, nell'immediato espandersi della neoplasia
Otpor in
Europa Orientale e nel Caucaso, il Remondino coglie la palla al balzo,
sotto
il benevolo sguardo del propalatore di "contro"pulizie etniche Tommaso
di
Francesco, per rinnovare il suo lavoro di servo furbo dei cantastorie
della
Nato, di Washington e del Tribunale di Carla del Ponte. La tecnica è
quella
di un Bertinotti qualsiasi: la guerra è cattiva, la fanno i cattivi di
Oltreatlantico, ma non meno cattivo è il "terrorismo" islamico, onde per
cui... La conclusione la può trarre facilmente chiunque, visto che il
"terrorismo" islamico non ha nessuna intenzione di sciogliersi nella
nonviolenza e nelle liturgie New Age del neosanfedista al comando del
PRC:
una sostanziale vasellinata ai missili di Bush. Così Remondino.
Coperto dalla finzione tecnica di un'intervista al mercenario prezzolato
Stanko Lazendic, violentissimo nonviolento serbo della genìa che, dopo
il
golpe "nonviolento", ma pieno di teppisti armati e col parlamento messo
a
fuoco, del 2000, ha epurato, bastonando, uccidendo, buttando in mezzo
a una
strada, compagni, giornalisti, sindacalisti, semplici funzionari di
Stato e,
dunque, avviato la svendita del suo paese al proprio carnefice,
Remondino
esercita la solita funzione del cerchiobottista - un colpo al cerchio e
duecento colpi alla botte - che lo ha incastonato quale "onesto
giornalista"
nel folgorante diadema di stupidità e dabbennaggini di tante persone "di
sinistra".
Il trucco consiste nell'inventarsi un Lazendic, giovane partecipe, con
il
"Centro di Resistenza non-violenta" di Belgrado, della rivolta
democratica
contro il "despota" Milosevic (la definizione "despota" ricorre
incessantemente nelle cinque colonne di maleodorante piombo ed è dunque
il
messaggio centrale dello scritto) e, dunque, nell' assegnare a
quell'ondata
di manifestazioni guidate dai mercenari Djindjic e Draskovic, con le
sorosiane donne in nero a sostenerne l'apparenza di autentica e giusta
espressione di malcontento popolare, una patente di democratica
spontaneità
ed autonomia che, come sappiamo, non ha mai meritato. Quel Centro e
quelle
manifestazioni non differivano nè in qualità politica, nè in retroterra
economico in nulla dal lavoro di destabilizzazione per conto
dell'imperialismo che, in chiusura, Remondino identifica negli
arancioni di
Kiev. Anche noi, piccola delegazione di antimperialisti e pacifisti,
incontrammo gli esponenti della coalizione dai vari nomi, tra cui
quello di
"Centro di Resistenza non violenta". Li incontrammo in piena guerra,
cosa
stupefacente per una dichiarata quinta colonna filo-americana, in una
loro
sala "sindacale", in piena Belgrado, sotto gli occhi di chiunque: tale
era
la "dittatura" di questo governo maniaco di elezioni, tanto da farne
ogni
sei mesi e di indiscutibili. Ci espressero tutta la loro foja
capitalista,
qualche remora per le bombe che, dopottutto, potevano cascare in testa
anche
a loro, ma una grande fiducia riservata alle spie Djndjic e Draskovic e,
soprattutto, al malvivente e narcotrafficante Djukanovic del
Montenegro. Si
ritirarono inorriditi ad apprendere che alcuni di noi erano comunisti e,
comunque, antimperialisti. Si soffermarono con loro e, anzi, intessero
duraturi rapporti di fraterna collaborazione solo i "Berretti Bianchi",
per
chi non lo sapesse il ramo itinerante dei "Beati Costruttori di Pace",
quelli che in questi giorni hanno dato il proprio contributo a un
Tribunale
sull'Iraq che raccoglievo il peggio del moderatismo equidistante della
società "civile" italiana e irachena.
Basta scorrere gli atti del Congresso USA per trovare le centinaia di
milioni di dollari stanziati a favore di questa sua quinta colonna nella
disintegrazione della Jugoslavia. Il losco giornalista, approfittando di
quella che in effetti è una memoria molto labile dell'opinione pubblica,
torna a parlare di "radio libere" che fiancheggiavano la sedizione delle
masse narcotizzate dagli agenti della Nato e degli USA. Il riferimento
non
può che essere a Radio B-92, l'emittente
finto-giovanilistico-democratica-di
sinistra foraggiata dal criminale della finanza internazionale
(filantropo
per "Liberazione"), George Soros, e amministrata da Amsterdam dal
circuito
internazionale statunitense di Radio Liberty-Radio Free Europe, rete
messa
in piedi durante la guerra fredda per destabilizzare l'est europeo.
Quindi, Remondino salva tutta l'operazione Cia-Bundesnachrichtendienst
degli
anni '95-'99 e avalla un' Otpor e un Lazendic - originaria invenzione
entrambi dei cospiratori imperialisti - patrioti e combattenti contro la
"dittatura", solo più tardi e solo per "scardinare un trucido apparato
di
potere per seppellirlo sotto il ridicolo della sua sostanziale
impotenza",
adattatasi a farsi dare "qualche soldino" e qualche lezione a Budapest
(dei
corsi di insurrezione a Sofia si scorda) da un colonello (Robert Helvi)
di
cui manco per niente sapevano che fosse della Cia (è ovvio che spia non
denuncia spia). "Quel seminario, mi sembra (sic!), fu promosso da
USAids",
registra nel suo taccuino e non contesta, l'agevolatore delle
diffamazioni
umanitarie RAI, quando di questi finanziamenti in termini di dimensioni
senza precedenti si vantano da anni (vedi BBC, vedi "Il diario") la NED
(National Foundation for Democracy, vetrina della Cia, finanziatrice dei
golpisti di Caracas), gli Istituti Democratico e Repubblicano degli
USA, le
fondazioni di destra Adenauer ed Ebert (statutariamente vocate alle
infiltrazioni nell'area socialista) e numerose altre fondazioni,
think-tank
e lobby come la International Renaissance Foundation, filiale ucraina
dell'Open Society di Soros, la Eurasia Foundation, pure finanziata da
Soros,
la Banca Mondiale, la Freedom House dell'ex-capo Cia James Woolsey, il
National Democratic Institute diretto dalla iena sionista (con rispetto
per
le iene) Madeleine Albright, oltre alle ambasciate di USA, Regno Unito e
Canada dei vari paesi interessati. Senza contare che USAid è l'agenzia
"di
aiuti allo sviluppo internazionale" che da sempre infiltra e corrompe
nei
paesi da ricondurre sotto lo stivale imperialista, oggi
nazi-imperialista.
Remondino lascia dire - e non obietta - a Lazendic: "Noi non siamo della
Cia, nè lavoriamo per la Cia. Se così fosse, guadagneremmo molto, molto
di
più dei pochi soldi che riceviamo. Una miseria per i rischi che
corriamo"
(l'unico rischio che questi criminali di guerra e di pace hanno corso
finora, in dissonanza con i riconoscimenti e gli osanna di "compagni"
come
Cannavò di "Liberazione" e Dakli e Karol del "Manifesto", sono stati i
calci
in culo ricevuti in Bielorussia, dove, comunque, Lazendic si ripromette
di
tornare a operare). Peccato che lo stesso Lazendic e un altro paio di
ceffi
dirigenti, intervistati da me quando erano installati belli belli nel
cuore
di Belgrado, nel settembre del 2000, ed erano così poveri da riempire di
migliaia di enormi cartelloni e manifesti anti-Milosevic l'intero
paese, mi
abbiano invece detto (come poi confermato da tanti e anche da De Aglio
nel
"diario"): "Siamo orgogliosi di essere aiutati da un servizio di
intelligence di un grande paese democratico". Remondino, sempre
lisciando le
chiappe a questo arnese della canea revanscista, lo inizia a sospettare
cinque anni più tardi.
Questi rifiuti della aggredita e martoriata società serba, al servizio
da
dieci anni del più bestiale imperialismo di ogni tempo, corresponsabili
di
carneficine e spaventosi degradi e impoverimenti, di dittature
colonialiste
e pulizie etniche, lanciati alla disintegrazione dello spazio
euroasiatico
ancora sottratto al dominio e alle rapine dell'imperialismo, si
meritano da
Remondino l'amichevole "Stanko" e la criminale complicità nelle
falsificazioni politiche e umane che tengono rinchiusa un'eroica vittima
all'Aja, insieme a tanti suoi compagni, e che forniscono gli strumenti
per
lo stupro sistematico della verità e della giustizia da parte di
sedicenti
sinistri radicali. A ulteriore accredito della loro genuina origine e
condotta democratiche, questo velinaro delle centrali di diffamazione
sottolinea come, insieme all'opposizione al "despota" Slobodan
Milosevic, i
bravi ragazzi di Otpor criticassero anche i bombardamenti Nato, bontà
loro,
rivendicando falsamente a loro il logo dell'antimperialismo serbo e
mondiale
"target", e quindi facendone dei veri patrioti. Posso solo opporre,
insieme
a tutti coloro che, diversamente da Casarini, Bettin e compagni
disobbedienti precipitatisi a Belgrado per rendere onore all'emittente
Cia
"B-92", avendo sostato per abbastanza tempo sotto quelle bombe Nato in
tutta
la Serbia, e anche dopo, non mi sovviene di un solo manifesto,
volantino,
opuscolo, cartellone, programma radio o TV di paternità Otpor che
esternasse
anche un solo bisbiglio di disapprovazione nei confronti dei bombaroli.
E se
pure ci fosse stato, chi si crede di minchionare questo servo furbo? Se
anche uno solo dei teppisti Otpor avesse osato in quei giorni
applaudire in
pubblico gli assassini di un popolo, non avrebbe avuto modo di uscire
dalla
sua tana a stelle e striscie per il resto dei suoi giorni.
Nota personale che riguarda un bertinottismo non certo di recente
origine.
Quando nel 2000, documentatomi sui fatti e tra protagonisti, da
Belgrado
inviai al mio giornale, "Liberazione", reportages che dettagliatamente e
provatamente riferivano, per primi, delle azioni e della natura di
Otpor, il
caporedattore Salvatore Cannavò, allievo di Sandro Curzi, capofila della
lista civetta trotzkisteggiante "Un'altra Rifondazione è possibile" per
il
prossimo congresso nazionale del PRC, cestinò tutti i miei pezzi e
scrisse
invece di suo pugno un benvenuto ai "compagni di Otpor" e un invito a
partecipare alla prossima sessione del movimento no-global a Nizza, o in
qualunque altra istanza, nientemeno! Invito accolto con entusiasmo dai
mercenari serbi ai microfoni di Radio Sherwood, radio ufficiale a Padova
delle allora "Tute Bianche". Oggi Cannavò è vicedirettore, io sono un
licenziato di "Liberazione" e un condannato di Rifondazione, per aver
detto,
scritto e manifestato "Bertinot-in-my-name". Cosa c'entra Bertinotti
con le
vergogne di Remondino? Al ritorno dalla Jugoslavia distrutta e
frantumata e
dal suo presidente violentato, consegnai nelle mani del sovrano del PRC
un
dossier con tutte le informazioni su Otpor che altri avrebbero
convalidato
anni più tardi e gliene feci a voce una breve sintesi. Mi rispose:"Cosa
vuoi, in ogni movimento rivoluzionario (sic!) ci sono frange strane..."
Sorrise e si voltò sui tacchi. Uomo di grande fascino.
Caro "Manifesto", hai provato a rimediare alle bassezze dei tuoi
interventi
arancioni sull'Ucraina fagocitata dal moloch anti-umanità. Ti ci hanno
costretto le verità che fiottavano a valanga dalla stessa pancia del
mostro,
come Ramsey Clark - oggi ufficialmente avvocato difensore del presidente
Saddam Hussein, come sempre coraggioso combattente, impermeabile a ogni
intimidazione e conformismo - chiama il suo paese. Ma il tuo salto della
quaglia, una volta di più, è stato troppo corto: sei di nuovo finito
nella
merda. Di queste cose lascia scrivere un Manlio Dinucci, o uno Stefano
Chiarini. Eviteresti lo sgretolamento finale di quel logo sotto la
testata:
"quotidiano comunista".
Fulvio Grimaldi
bassottovic@...
Kosovo buco nero d’Europa
Edizioni Achab, Verona,
ottobre 2004, euro 11,00
INDICE:
Andrea Catone, Prefazione, pp. 5-8
Uberto Tommasi , Kosovo; Diario di viaggio, pp. 9-87
Prologo
Il Montenegro
La città assediata
Le case rubate
La danza dei cappi
La notte dei cristalli
L’amerikano
Il sogno di un prete
Nella tana dell’Uck
Il testamento di Tito
Il monastero di Decani
Pec
La stanza degli uomini
Uranio 238
Il vecchio rom
L’aquila nera
Un posto da serpenti
Dopo il Kosovo toccherà alla Palestina
Mariella Cataldo, Kosovo leti! (Voliamo in Kosovo), pp. 89-131
Dovidenia Jugoslavija, Arrivederci Jugoslavia
Un piano di soluzione politica per il Kosovo
Profughi a Kragujevac
Una Giulietta serba
Nenad il kosovaro
La casa dei doganieri
La peonia rossa
Il buco nero
Oggi arrivano i barbari
Buona notte Kosovo!
Annessi, pp. 133-141
---
Prefazione
Andrea Catone
Kosovo, vi dice niente questa parola?
I riflettori di giornali e TV da tempo si sono spenti su questa
provincia grande all’incirca quanto il Trentino o la Basilicata (poco
più di 10.000 km2), formalmente appartenente ancora alla Serbia, per la
quale diversi anni fa, nell’ormai lontana primavera del 1999, fu
rovesciato dalla NATO, l’alleanza militare più potente del mondo, un
torrente di missili e bombe, bombe a grappolo e proiettili all’uranio
impoverito compresi, su tutto il territorio di quella che si chiamava
ancora Repubblica Federale Jugoslava. Fu la guerra del Kosovo, ma
l’ipocrisia dei leader al governo, allora quasi tutti “democratici” e
“di sinistra”, dall’italiano D’Alema al tedesco Schröder, preferì non
pronunciare la parola “guerra” e parlare di “azione militare”,
“intervento”, “azione di polizia internazionale”. Fu la cosiddetta
“guerra umanitaria”, scatenata contro un paese che non aveva aggredito
nessun altro Stato, che non ne minacciava nessuno, per impedire, così
si disse, una “catastrofe umanitaria”, un “genocidio” dei
kosovaro-albanesi. Non era vero, nessun genocidio era in atto, come un
anno dopo, nel marzo 2000, ammise, in un documentato dossier curato da
Serge Halimi e Dominique Vidal, Le monde diplomatique, uno dei
pochissimi giornali che fecero esplicitamente autocritica sul modo in
cui si era parlato della situazione in Kosovo.
Ma le menzogne, i falsi, le contraffazioni servivano a spianare il
terreno per ottenere il consenso, o quanto meno il non-dissenso, per
l’aggressione armata alla Jugoslavia. Come ebbe a dire il deputato
tedesco della CDU Willy Wimmer, “non era mai successo finora che così
pochi mentissero a così tanti e così a fondo come in rapporto alla
guerra del Kosovo[1]”. La menzogna e la contraffazione hanno preceduto
e accompagnato la guerra della NATO contro la Jugoslavia, dal massacro
di Račak, attribuito alle milizie serbe e smentito da successivi
rapporti e autopsie di funzionari internazionali[2], alle centinaia di
migliaia di kosovaro-albanesi che l’esercito di Milošević avrebbe
massacrato[3], ridottesi, nel dicembre 1999, dopo accurate ricerche
degli osservatori internazionali, a 2018 cadaveri di tutte le etnie[4],
o l’operazione “ferro di cavallo” che il governo jugoslavo avrebbe
ordito per realizzare la pulizia etnica, anche questa inventata di sana
pianta dal governo tedesco, come rivelò in seguito il generale
Loquai[5].
La guerra contro la Serbia, fortemente voluta dai tedeschi e
dall’amministrazione Clinton - come mostrano chiaramente tutte le trame
cui Madeleine Albright ricorse per imporre nelle trattative al castello
di Rambouillet un diktat inaccettabile[6] alla delegazione jugoslava -
serviva a ben altro. Lo spiegava chiaramente ai suoi lettori un
insospettabile Sole 24 ore: serviva allo “sviluppo ed il controllo
delle vie di comunicazione ed energetiche verso e dal Medio Oriente ed
Asia Centrale […] Rifare i Balcani non è solo una questione intricata
di frontiere, ma significa ridiscutere la mappa dei corridoi
trans-europei […] nelle retrovie dei campi di battaglia, ogni Stato sta
spingendo verso una soluzione geopolitica ed economica conveniente”[7].
E accanto e complementare al controllo dei corridoi energetici e delle
vie di comunicazione, il controllo delle risorse minerarie (specie la
lignite, come Uberto Tommasi sottolinea nel suo racconto-inchiesta), di
cui il Kosovo, in particolare nella zona di Trepča, è ricco. Ma, poiché
oggi, nell’età dell’imperialismo più aggressivo, il McDonald non può
prosperare senza McDonnel Douglas, il costruttore dell’F-15 e di tanti
caccia USA, poiché gli interessi economici delle grandi potenze vengono
sostenuti dalla potenza di fuoco dei bombardieri, ecco che la guerra
contro la Jugoslavia frutta agli USA la più grande base militare in
Europa, Camp Bondsteel,che tra soldati e personale esterno può ospitare
fino a 50.000 persone: 25 chilometri di strade, 300 edifici, 14
chilometri di barriere di cemento, 84 chilometri di filo spinato.
Ma su tutto questo i grandi media tacciono, come tacciono
sul fatto che,ad oltre cinque anni dalla “guerra umanitaria”, che con
pesanti bombardamenti sulla Federazione jugoslava dichiarava di voler
evitare un genocidio, si sta realizzando un etnocidio. Le fanfare
mediatiche che prepararono e accompagnarono con grande fragore di
suoni, immagini, parole, la “guerra umanitaria”, cedono il posto alla
condanna del silenzio. Un silenzio imbarazzato e complice.
Questa regione nel cuore dei Balcani, contesa da secoli, nella quale
all’ombra dei difensori dei diritti umani, delle truppe NATO e
dell’ONU, si sono consumati in cinque anni i più efferati delitti ed
una pulizia etnica radicale e violenta, questa regione è destinata alla
rimozione e all’oblio. Poiché oggi non si può disinformare, poiché oggi
non si può raccontare la favoletta di una ritrovata convivenza tra le
diverse etnie, di una democrazia instaurata in cui viene rispettata la
legalità e uno stato di diritto – qui vige la legge del più forte,
dell’impunità per gli assassini, questo è oggi un grande narcostato che
traffica in armi, schiave, droga[8] – poiché è talmente plateale la
realtà di una discriminazione sostanziale dei serbi, di un’oppressione
senza limiti, di una vita invivibile sotto la permanente minaccia di
violenze, sequestri, assassini, devastazioni, o “semplici” vessazioni
quotidiane come l’abituale lancio di sassi su automobili con targa
serba, ecco che allora è preferibile tacere, stendere un velo spesso di
oblio. Dimenticate il Kosovo, ignorate il Kosovo, non nominatelo, non
parlatene! Perché se ne parlate è una ferita aperta nel cuore
dell’Europa. Perché non si turbino le coscienze di chi la guerra la
promosse , giustificò e sostenne ideologicamente e politicamente,
perché si possa affermare la favola dei diritti umani portati sulle
bocche di fuoco della “guerra umanitaria”, il Kosovo deve essere
ignorato. Dimenticate il Kosovo, dimenticate le migliaia di morti e
distruzioni che furono portate per imporre alla Serbia il “nuovo ordine
mondiale”. Il Kosovo è oggi il luogo dove ammutoliscono i discorsi
retorici della “comunità internazionale”, è la testimonianza vivente e
sanguinante della menzogna della “guerra umanitaria”. Il Kosovo è oggi
il luogo della insicurezza estrema, della mancanza di diritti reali per
le minoranze, è il luogo della sopraffazione, della giustizia negata,
della verità contraffatta. Oggi il Kosovo è il luogo del silenzio.
Questo silenzio Uberto e Mariella provano a rompere, con la
voce accorata, ma anche lieve, dimessa, familiare, apparentemente e
volutamente non curata, conversevole, talora ironica o sarcastica, ma
sempre partigiana, la voce di chi si sente di stare, con passione e
solidarietà, dalla parte degli oppressi, la voce di chi sente montare
un moto violento d’indignazione, a stento trattenuto, per l’infamia di
una condizione umana che è insicurezza di vita, che è vita senza vita,
una condizione che si vorrebbe gridare con tutto il fiato che si ha in
corpo a un mondo che, indifferente, dopo la “guerra umanitaria”, ha
spento la luce sul Kosovo molto più a lungo di quanto non facciano le
continue interruzioni di corrente elettrica nel paese “liberato” dalla
NATO. I racconti di viaggio di Uberto e Mariella - di un viaggio
compiuto in tempi diversi e in zone diverse, da parti diverse, l’uno,
reporter di guerra nelle zone più esposte dell’ultimo decennio del
secolo, viaggiando con una macchina con targa italiana a incontrare e
intervistare i “vincitori” albanesi (aprendo al lettore improvvise e
folgoranti brecce per comprendere una mentalità in gran parte ignota),
o gli “amerikani” che spadroneggiano, ma anche i rom perseguitati e
costretti ad una vita di stentata sopravvivenza; l’altra, viaggiando
con un’auto con targa serba, cui è consentito muoversi con un minimo di
tranquillità solo nelle enclave serbe, a incontrare il mondo dei
“vinti”, delle donne serbe cui i terroristi dell’UCK hanno rapito o
ucciso il marito sotto lo sguardo indifferente e oggettivamente
complice della KFOR; dei ragazzi serbi che sono costretti per studiare
all’università a farsi 500 chilometri invece di 100 per non incorrere
nelle maglie della ferocia etnica; dei frati degli antichi monasteri
ortodossi rischiosamente sfuggiti agli incendi e devastazioni del
pogrom di marzo – sono squarci di voci che rompono l’assordante
silenzio, sprazzi di luce nella notte in cui i grandi media hanno
avviluppato il Kosovo.
[1]Citazione del deputato tedesco della CDU, Willy Wimmer, riportata
daJürgen Elsässer, in Menzogne di guerra - Le bugie letali della NATO e
le loro vittime nel conflitto per il Kosovo, La Città del Sole, Napoli,
p. 22.
[2] Cfr. oltre al minuziosamente documentato libro di Elsässer,Robin de
Ruiter, Jugoslavia: prima vittima del “nuovo ordine mondiale”, Zambon
editore, Frankfurt a.M., 2003, nonché Enrico Vigna, Kosovo “liberato” –
le menzogne per fare le guerre le ragioni per fare la pace, La città
del sole, Napoli, 2003, cui è annesso il bel film-inchiesta di Michel
Collon e Vanessa Stojlković, Les damnés du Kosovo, che denuncia la
pulizia etnica delle minoranze nel Kosovo governato dall’ONU e dalla
NATO.
[3] 800.000 secondo Standard Vienna (7 aprile 1999), 500.000 secondo un
comunicato del Dipartimento di stato USA del 5 aprile 1999, 300.000
nella comunicazione di D’Alema alla Camera del 13 aprile. Tutti i
principali leader politici e i mass media parlarono di genocidio in
atto.
[4] Cfr. il dossier di Le monde diplomatique, marzo 2003.
[5] Cfr. J. Elsässer, op. cit., capitolo5,Wag the dog. Come la Nato
escogitò una campagna serba di espulsioni – “l’operazione a ferro di
cavallo”.
[6] Si pretendeva, tra l’altro, che l’intera Repubblica federale
jugoslava fosse aperta alle truppe della NATO, cosa che significava una
rinuncia totale alla sovranità statale.
[7] Cfr. Alberto Negri, “Qual è la reale posta in gioco della
ricostruzione dei Balcani?”, in Il sole 24 ore,30 luglio 1999.
[8] Cfr. l’analisi del generale Fabio Mini, già comandante della KFOR
in Kosovo, “Fuga dai Balcani”, in Limes, 2003, n. 6, pp. 35-36.
---
Gazzetta del Mezzogiorno, web
«Kosovo buco nero d’Europa»
Kosmet, dove il terrorista Haradinaj e' stato designato "premier" con
il beneplacito di UE ed USA, e l'Ucraina, dove il demagogo nazionalista
Juschenko e' stato foraggiato da UE ed USA per portare l'Ucraina
all'interno del fronte antirusso. A questo scopo in Ucraina vengono
riportati in vita i fantasmi del nazismo, come prima e' stato fatto per
squartare la Jugoslavia: adesso sono i reduci del movimento di Bandera
ed i fondamentalisti della Chiesa Uniate (fedele al Vaticano) ad essere
usati, proprio come in Croazia gli ustascia ed il clero
romano-cattolico. Pogrom anti-ortodossi furono scatenati nel corso
della II Guerra Mondiale tanto nella "Grande Croazia" quanto in
Ucraina: allora era per il Terzo Reich, adesso e' per la NATO, sempre
comunque in nome del "primato del vescovo di Roma"... ]
http://www.artel.co.yu/en/izbor/jugoslavija/2004-12-29.html
And What After the Elections?
Belgrade, December 10, 2004.
Spomenka Deretic, journalist
informgraf @ yahoo.com
In Serbian:
http://www.artel.co.yu/sr/izbor/jugoslavija/2004-12-20.html
Ramus Haradinaj, former chief of the special terrorist unit "Black
Eagles", renowned for many crimes committed against Serbs and Albanians
loyal to Serbian state, is chosen for the role of the Kosmet
(abbreviation for Kosovo and Metohija) prime minister, with the
blessing of the UN. Haradinaj organized crematory for Serbs in the
village Klecka, is collaborator of Al Quaida, personally killed 67
Serbs and ordered more than 400 abductions of Serbian and other not
Albanian population. Prove about all this was delivered to the Tribunal
at the Hague. Haradinaj is the serpent’s egg of the Albanian
institutional system in Kosmet in spite of the fact that the fighters
of UCK that changed their clothes into to Kosovo protection corps or
Kosovo defense troops earnestly support him. Here we should add that
around hundred Albanians are at present being trained for handling
fighting helicopters, while the army of Serbia and Montenegro since the
coming of DOS to power is being systematically destroyed. On the other
hand, in Kosmet at every moment it is possible to mobilize around half
a million of soldiers, to whom it will not be hard to "liberate" as
well municipalities Medvedja, Presevo and Bujanovac, than Toplica and
Vranje in few years, if demo(n)crates are not going to be ousted from
power.
Albanians in Kosmet are supported by Washington, European Union and
NATO and are covering up all Albanian crimes toward Serbs and not
Albanian residents. Therefore it is pertinent to pose the question why
Brussels and Washington did not advise their Albanian friends (and they
would accept such advice) to choose for the prime minister someone like
Veton Suroi or somebody from Rugova’s party, who did not directly stain
their hands with blood, but also fight to the last drop of blood for
independent Kosmet. Hague Tribunal will raise the indictment against
Ramus Haradinaj or they will show transparently in front of the eyes of
the entire world their bias. Globalistic brokers do not like to be
caught red-handed. If, however, Hague Tribunal takes into custody
Haradinaj, than the Albanian terrorists in Kosmet will trigger of
bloody demonstrations, repeating March 2004 pogrom of Serbs. They will
have to attack even members of KFOR and UMNIK if they attempt at all to
defend Serbs, as it would be their obligation to do. This time KFOR and
UMNIK will not be able to explain to anybody that they were caught by
surprise again. German public is unpleasantly astonished by the recent
statement of one Albanian spy of German secret service and CIA who
declared that he forewarned Bon and Washington in March that pogrom was
being prepared by Albanians. This information is coordinated by
declarations of several Western officials that Haradinaj would give
himself up if Carla del Ponte would raise indictment against him. The
election of Haradinaj for the prime minister of Kosmet could be the
cuckoo’s egg for the bosses of the narkomafia’s and arms dealers’
Empire, what Kosovo and Metohija presently became indeed. This could be
the warning that Albanian narco bosses have become too arrogant and do
not deliver enough to their foreign friends. It should be thought about
the effects for inter-party and American relations if it came to
another scandal in Kosovo and Metohia and ethnic cleansing of Serbs.
Occupation of Kosmet was realized by the Clinton administration,
democrats among whom the most outspoken were Madeleine Albright and
Richard Holbrooke. Albright and Holbrooke supported the presidential
candidate Carry and do not count themselves among friends of George
Bush, even though they still hold administrative apparatus and
analytical groups in State Department. The rebellion in Kosmet would be
the proof that democrats in America are more capable for foreign policy
conducting than Bush’s republicans.
There is no Serb human being in Belgrade that would be able to
negotiate with the terrorist and criminal Haradinaj, except for the
small son of the great father (B. Tadic) and that person to which God
himself took his senses (V. Draskovic), but they are neither Serbs nor
human beings, they are something like the collateral damage, contingent
and dangerous.
AND AFTER BANDERA, BANDERA
The Ukrainians, after the second round of presidential elections in
which Juscenko lost, the pet of the West and terroristrevolutionary
organizations financed by Soros like Otpor and Pore, will again go to
the polls. They will have to choose until they choose Juscenko and
together in the package with him the fake "leftist" Julia Timosenko who
took pictures in the mantel with swastikas, and after whom Russia
raised an international warrant due to her theft and attempts to bribe
Russian officers.
It is the fact that in the second round of presidential elections the
people in a poorer Western Ukraine, in majority voted for the favorite
of Bon and Washington, Victor Juscenko. In Western Ukraine and
especially in and around Lvov and Uzgorod since 1941 and even dozens of
months after the end of the Second world war, fascist Ukrainian army of
Stepan Bandera killed more than sixty thousand civilians and members of
the Red Army. After the war ended, some uniate clerks hid Bandera’s
men, so this is not surprising why some of them died while fighting
together with Bandera’s fighters against Soviet special units. During
the time of the so called "perestroika" the spiritual children of
Stepan Bandera have excavated their supposed mass graves, blaming
Russians and Orthodox people for all the ills of this world and
manipulated with the young in Western Ukraine, creating thus the
appropriate climate for future Juscenkians. By the middle of the
nineties, several hundred of uniate clerks, mostly poor peasant
children, returned to Ukraine from their schooling in America, in order
to diffuse Unite orientation and anti Orthodox and anti Russian
chauvinism.
Several days ago the Russian TV "Planet" showed a documentary film on
the bloody rampage of Bandera’s terrorists. Several interviews were
shown as well with survived Banderians. Some confessed that there were
mobilized by force and some bragged that they fought for the
independent Ukraine without Orthodoxy. Their contemporary idol is
Victor Juscenko with Julia Timoscenko and swastikas. "Planet" emitted
also the pictures of holes filled with bodies of women and children
whom Bandera’s terrorists killed after the end of the Second world war.
Fifteen millions of Ukrainians voted for Victor Janukovic, entire
developed Eastern Ukraine, Kozacs and Crimea. Even if in the third
round at the end of December Juscenko won (and this is possible with
the help of stealing votes) he would not be able to be the factual
President of that more developed part of Ukraine that does not want him.
And what next? I came to the reliable information that Rend Corporation
created analysis for the American army on the provocation of conflicts
from Baltic republics (NATO member states) with Russia. Brussels needs
for this the Ukrainian rear. For the time being this is only an
analysis, but such analyses are not being made just for the fun’s sake.
Juscenko’s demonstrators are retreating from Kiev, which they have for
days besieged and occupied, but the demonstrations of that not
satisfied with election results, began in Bucharest. The losers, if
they are in accordance with the will of Brussels and Washington, they
change the results on the streets in countries of Eastern Europe. What
concerns the West, I did not notice that Democrats in USA organized
demonstrations after the defeat of their candidate on the presidential
elections John Carry. I am convinced that American democrats in the
past decade became very much involved in Europe, in Pristine, in
Belgrade, in Kiev (Prague and Eastern Berlin I do not mention since in
these cases Gorbacov and Jakovljev cooperated). Indeed, globalizers are
true revolutionaries, while Bolsheviks and Che Guevara were naïve like
children in comparison.
Associazione culturale di solidarietà con la popolazione jugoslava
via Abbrescia 97, 70121 BARI - CF:93242490725- tel. 0805562663
e-mail: most.za.beograd @... - conto corrente postale n.
13087754
---
Franco Altimari ha scritto:
"REPLICA ALL'ARTICOLO KOSOVO, IL LUOGO DEL SILENZIO.
Fate bene a intervenire per ridare forza a quanti si battono per
creare un Kosovo veramente multietnico e 'plurale'. Ma, con molta
franchezza, devo dirvi anche che per combattere il nazionalismo
albanese non potete basarvi sulla propaganda del nazionalismo serbo,
che - non dimentichiamolo! - è stato all'origine del dramma del Kosovo
e dei Balcani! Ma neppure gli sciovinisti serbi più radicali si erano
sinora spinti al punto, come fa nel suo articolo Mariella Cataldo da
voi acriticamente ripreso, da dichiarare che nel Kosovo, a causa delle
pesantissime violenze subite, la presenza serba si è ridotta dal 90%
(sic!) all'1,5%! Cerchiamo di essere seri e di non trasformarci in
megafoni dei nazionalismi balcanici!
Cordialmente
Franco Altimari - Rende"
---
A Franco Altimari
Sulla storia delle guerre jugoslave degli anni 1990 corre da anni
la vulgata che sarebbero state causate dal "nazionalismo serbo". Ma
questa è la storia scritta dai vincitori e dal tribunale dell'Aja. Essa
si fonda sulla demonizzazione dei serbi.
Se vogliamo invece comprenderla e non fare propaganda di guerra per la
NATO, occorre un altro approccio che guardi alle contraddizioni interne
della Jugoslavia, al suo giugulamento economico da parte del FMI sin
dagli anni '80, ai disegni e alle contese tra le grandi potenze per il
controllo di un'area strategicamente importante.
Una precisazione sulle percentuali nel rapporto tra popolazione
serba e albanese nel Kosmet. Nell'articolo citato è evidentemente
saltato un rigo: quel rapporto, come si può leggere nel libro di Uberto
Tommasi e Mariella Cataldo "Kosovo buco nero d'Europa", si riferisce
alla cittadina di Vitina nel sud del Kosovo, zona controllata dalle
truppe USA, dove ci siamo recati personalmente e abbiamo praticamente
incontrato quasi tutta la minuscola comunità serba rimasta, gli orfani
dei morti ammazzati e dei desaparecidos a partire dall'estate del 1999,
quando, dopo i violenti bombardamenti della NATO, si sono ritirate le
forze della RFJ e sono rientrate, al seguito delle truppe NATO, le
bande dell'UCK, seminando il terrore.
I rapporti ufficiali dell'ONU, già prima dei pogrom del 17-20 marzo
2004, parlavano di circa 250.000 profughi serbi, rom, gorani e delle
altre minoranze non albanesi e di migliaia di uccisi e desaparecidos.
Quei pochi profughi che hanno provato a rientrare hanno desistito per
il clima insostenibile creato intorno alle minoranze e le continue
vessazioni cui sono sottoposti. I pogrom di marzo hanno reso ancor più
invivibile per le minoranze serbe la terra del Kosovo, in cui abitavano
da generazioni.
Dopo i pogrom di marzo il parlamento serbo ha avanzato la proposta
di un piano per la soluzione politica del problema del Kosovo", in cui
sostiene che nella situazione attuale l'unica possibilità di garantire
il ritorno delle minoranze è la creazione di zone, prevalentemente ai
confini con la Serbia, amministrate direttamente dai serbi, poiché
attualmente le istituzioni multietniche sono solo una fictio juris, che
non dà alle minoranze non solo alcun potere, ma nessuna garanzia di
sicurezza. Tutti i partiti albanesi del Kosovo, da quello del
"moderato" Rugova (che non ha sollevato un dito contro i vergognosi
pogrom di marzo 2004) alle filiazioni dirette dell'UCK, hanno respinto
il piano poiché rivendicano immediatamente l'indipendenza. I paesi
della UE, cui il piano è stato presentato, lo hanno anch'essi respinto.
Sicché attualmente non c'è alcuna proposta concreta da parte della
"comunità internazionale"per il rientro degli oltre 250.000 profughi
nelle loro terre. (Allego in calce il capitolo del libro "Kosovo buco
nero d'Europa" in cui si parla del piano).
Le notizie che ci arrivano dal Kosovo in questi ultimi giorni ci
parlano di una situazione ancor più drammatica: lì dove sono le
minoranze serbe non viene erogata la luce; si notano sensibili
movimenti di armi, come se l'UCK, rivestita nei panni rispettabili di
un "primo ministro" Haradinaj, si preparasse al gran botto finale con
l'annunciata proclamazione dell'indipendenza nel 2005.
Evocare in questa situazione lo spettro del "nazionalismo grande
serbo" mi sembra qui francamente paradossale. E' una strategia di
diversione per chiudere gli occhi di fronte a questa realtà. La
popolazione serba è oggi trattata come i peggiori paria del mondo; ci
sono circa un milione di persone scacciate dalle Krajne, dalla Bosnia,
dal Kosovo, che vivono in condizioni estremamente precarie e su cui la
"comunità internazionale", così solerte a bombardare la Jugoslavia,
tace.
Nel sud della Serbia il fuoco del movimento armato separatista
albanese cova sotto la cenere; una situazione non troppo dissimile è
anche nel Sangiaccato (come oggi chiamiamo in occidente la regione di
Novi Pazar tra Montenegro e Serbia dove è presente una consistente
componente di religione musulmana), in cui anche la crisi economica del
settore tessile, che aveva prosperato prima dell'aggressione della NATO
del 1999, viene utilizzata da movimenti separatisti antiserbi.
Nei Balcani le potenze imperialiste giocano il loro sporco gioco
sulla pelle delle popolazioni. Gli USA sostengono oggi apertamente
l'indipendenza del Kosovo e i movimenti separatisti del Montenegro
contro l'Unione Europea che - dopo aver regolato i conti con la RFJ,
che con Milosevic si opponeva alla NATO e alle politiche neoliberiste
(a questo proposito si possono leggere utilmente i rapporti degli
istituti strategici e delle banche occidentali degli anni 1997-2000) -
non ha nulla da guadagnare da una nuova esplosione dei Balcani e da una
ridefinizione, certo non pacifica, dei confini e degli stati.
Tutta l'economia del Kosovo oggi è un'economia drogata (anche nel
senso che si basa sul traffico e raffinazione di droga), di traffici
loschi e in nero. Le statistiche ufficiali parlano di un tasso di
disoccupazione del 70%. I principali proventi non in nero provengono
dalle truppe di occupazione, dalla base americana di Bondsteel (la più
grande in Europa) e dagli aiuti internazionali (che non sono
investimenti in attività produttive). In questa situazione diventa
relativamente facile soffiare sul fuoco dell'indipendenza e farsi
manovrare dalle potenze imperialiste.
Distinti saluti
Andrea Catone, Bari
---
Da "Kosovo buco nero d'Europa", di U. Tommasi e M. Cataldo, edizioni
Achab, Verona, 2004, euro 11,00, pp. 93-96.
[il 50% del prezzo di copertinha dei libri distribuiti direttamente
dalla nostra associazione va al progetto di solidarietà con gli orfani
di Vitina vittime della pulizia etnica antiserba]
Un piano di soluzione politica per il Kosovo
Il 23 luglio 2004 incontriamo Simić. È un uomo gentile e ci
offre il caffè rendendosi disponibile ad una nostra intervista che dura
parecchio. Lui ringrazia il popolo italiano per le manifestazioni
contro la guerra: “purtroppo, la salvezza degli albanesi è stata una
scusa per i bombardamenti della NATO nella primavera del ’99”. Commenta
tristemente che la politica imperialista ha invaso completamente il
mondo e riconosce nel manifesto di una conferenza che la nostra
associazione, Most za Beograd – Un ponte per Belgrado in terra di Bari,
ha organizzato a marzo, intitolata “Emergenza Kosovo”, la chiesa di San
Nicola a Priština (oggi distrutta dopo i pogrom di marzo) costruita dai
suoi antenati. Ci dice che il governo e il parlamento hanno redatto la
proposta di un “piano per la soluzione politica alla situazione in
Kosovo e Metohija”, che proprio in questi giorni lui e altri esponenti
del governo stanno illustrando ai rappresentanti di alcuni stati
europei. Infatti, Simić è appena rientrato da Parigi.
Ci spiega che nella situazione attuale, soprattutto dopo i
terribili fatti di marzo, la minoranza serba in Kosovo può sopravvivere
solo se raggruppata in entità di una qualche consistenza. Secondo la
risoluzione 1244 del 10 giugno 1999, le Nazioni Unite avrebbero dovuto
sviluppare in Kosovo istituzioni di autogoverno democratico provvisorio
per assicurare condizioni di vita pacifica e normale per tutti gli
abitanti del Kosovo, facendo sì che tutti i rifugiati e gli sfollati
potessero ritornare senza ostacoli alle loro case. Ma ciò che è
accaduto a marzo di quest'anno, dopo cinque anni di amministrazione ONU
(UNMIK) e di presenza NATO in Kosovo – un vero e proprio pogrom e
pulizia etnica nei confronti dei serbi e dei non albanesi – ha rivelato
il fallimento del mandato delle N.U., che non sono state in grado di
proteggere né la vita, né la libertà, né la sicurezza, né le case, né i
siti religiosi e l'eredità culturale della comunità serba (secondo il
rapporto di aprile 2004 del segretario generale delle N.U., 36 chiese e
monasteri ortodossi sono stati danneggiati o distrutti; dal giugno 1999
sono 115 in tutto). Qualche decina di migliaia di soldati della NATO e
di altri paesi non sono in grado di offrire un'effettiva protezione
fisica a un centinaio di migliaia di serbi, alle loro proprietà e
chiese, sparse attraverso un territorio piuttosto vasto. L'intolleranza
nazionalista dimostrata dalla maggioranza della popolazione albanese è
così forte che minaccia letteralmente l'esistenza fisica dei serbi su
una terra che essi hanno abitato con continuità per oltre dieci secoli.
Non ha funzionato, non funziona, il quadro istituzionale sinora
adottato per il Kosovo, esso non è stato in grado di preservare la pace
e difendere i diritti umani. Perciò, continua il nostro interlocutore,
occorre ripensarlo per creare le condizioni di una vita pacifica e
normale per tutti i serbi e gli altri non albanesi e per assicurare ai
profughi un ritorno sicuro e senza ostacoli nelle terre da cui sono
stati cacciati con la violenza. Si tratta di dotare i serbi e le altre
etnie non albanesi di autonomia territoriale. Questo cambiamento non
minaccerà l'integrità territoriale del Kosovo, o i diritti legittimi
della comunità etnica albanese. Il principio della “autonomia
nell'autonomia” (cioè l'autonomia delle comunità serbe e non albanesi
all'interno della provincia autonoma del Kosovo) non significa
rinunciare ad una società multietnica e multiculturale. Tutt'altro!
Anzi, questa è la sola via per renderla possibile. Multietnicità e
multiculturalismo sono un tratto distintivo della storia del Kosovo e
della Serbia, posti come sono al centro del Balcani. Col tempo
l'autonomia territoriale creerà le condizioni per la riconciliazione e
la fiducia reciproca.
Ma – chiediamo - quest’autonomia territoriale, questo
“decentramento” – i nostri media lo definiscono comunemente
“cantonizzazione” - che implica che i serbi amministrino le
municipalità in cui vivono i serbi e gli albanesi quelle in cui vivono
gli albanesi, non mette forse in discussione il principio della
multietnicità? L’attuale organizzazione territoriale – e qui Simić fa
riferimento a un’idea-base esposta nel piano - si fonda su un'idea
astratta e rivelatasi fallimentare di società multietnica, un'idea che
non tiene conto della situazione concreta, reale, del Kosovo, dove
siamo di fronte ad una società multietnica ancora profondamente divisa.
E così si presume astrattamente che l’autonomia del Kosovo, come fu
definita dalla costituzione jugoslava del 1974, fosse la soluzione
giusta e razionale per le relazioni etniche tra le due principali
comunità, albanesi e serbi. Ma gli albanesi non furono affatto
soddisfatti di essa – come ben mostrò la vasta ribellione dell’aprile
1981 – né i serbi la trovarono accettabile, poiché non salvaguardava i
loro diritti. Bisogna tener presente, infatti, che, a parte il periodo
dell'immediato dopoguerra, la più grande ondata migratoria dei serbi fu
registrata precisamente nei primi anni '80. E ora, dopo l'ingresso
della NATO, la pulizia etnica di serbi, quella di più vaste proporzioni
nella storia, è avvenuta ben prima del pogrom del 17 marzo: essi sono
stati brutalmente scacciati dalle loro case nelle settimane successive
al giugno 1999. I serbi, i rom, e le altre comunità non albanesi furono
confinati in piccole enclave sparpagliate sul territorio. (Riserve
indiane o peggio, traduco tra me e me). In queste piccole riserve i
serbi stanno lentamente, ma inesorabilmente, scomparendo.
Di fronte a questo stato di cose a qualcuno potrebbe venire
in mente che un Kosovo indipendente sia la soluzione logica, ma ciò non
farebbe che destabilizzare ulteriormente l'intera regione balcanica,
con rivendicazioni di cambiamento di confini di tutti gli stati: per
l'Europa sarebbe una catastrofe. La creazione di un Kosovo indipendente
sarebbe dal punto di vista internazionale un precedente terribile per
ulteriori separatismi ottenuti con bombe e violenza. L’indipendenza
sarebbe la cosa peggiore anche per gli stessi albanesi e per l’Europa,
ci sarebbe una reazione a catena.
È necessario sradicare qualsiasi possibilità che si
verifichino di nuovo pogrom e violenze antiserbe e dare la possibilità
a tutti i profughi di ritornare nella provincia. Differire il loro
ritorno per mancanza di sicurezza e libertà di movimento non è più una
scusa plausibile. Per dare effettivamente sicurezza e protezione alle
popolazioni oggi, bisogna far sì che esse possano vivere nelle loro
proprie comunità etniche. Per far questo occorre riorganizzare la
provincia in modo tale da consentire l'autonomia territoriale per i
serbi come per altre comunità etniche che vogliano accettarla (Rom,
Gorani, Bosniaco/mussulmani, ecc.). L'autonomia territoriale non
richiede una divisione del Kosovo, non porta a un cambiamento dei
confini, né al deperimento della multietnicità. Anzi, con la creazione
di condizioni durevoli per la sopravvivenza e il ritorno di serbi e
altri non albanesi, la multietnicità, come valore della civiltà
contemporanea, potrà essere ripristinata e sviluppata in futuro. Ma il
piano di autonomia territoriale incontra forti resistenze. Gli
americani e gli inglesi non vogliono i “cantoni”, tanto meno gli
albanesi - tutti i partiti politici albanesi, da Rugova a Thaqi - che
vedono in esso la minaccia di frantumare il Kosovo.
Alla domanda se le forze europee sostituirebbero quelle dell’Unmik come
in Bosnia, ci risponde che gli albanesi rispettano solo gli americani,
non hanno paura degli europei. Considerando i dati ufficiali sui
profughi (oltre 200.000), gli chiediamo se c’è una possibilità reale di
un loro ritorno e ci risponde che i profughi serbi, soprattutto dopo i
fatti di marzo, sono terrorizzati dall’idea di ritornare nei villaggi e
nelle città senza protezione. Del resto, quell’esigua minoranza (circa
9.000) che negli anni passati aveva osato ritornare è stata rimpiazzata
dal nuovo esodo (circa 4.000) imposto dal pogrom di marzo.
Il consigliere legale del primo ministro ci promette di farci avere un
filmato sulle violenze di marzo,e la nostra intervista si conclude con
una cordiale stretta di mano da parte di questa persona gentile di
animo e di espressione.
Cari Amici e Compagni
come avrete senz'altro saputo dai mezzi di informazioni, la
popolazione dello Sri Lanka ha subito vittime e danni ingentissimi a
seguito dello Tsunami di questi giorni. Il nostro Partito (JVP) è
fattivamente impegnato attraverso la sua Brigata di Servizio Sociale
in interventi di primo soccorso alla popolazione, tramite la
distribuzione di viveri, coperte e medicinali. Facciamo appello alla
vosta coscienza internazionalista per un intervento solidale a
sostegno del nostro Popolo e degli sforzi della nostra Organizzazione.
Vi invitiamo pertanto a collaborare attraverso un contributo in denaro
da effettuarsi tramite versamento sulconto corrente di " RADIO ONDA
DURTO" BANCA POPOLARE ETICA N°100748 Codice ABI 5018, CODICE cab
11200, SPECIFICARE LA CAUSALE "solidarieta'sri lanka"
Una mano sul cuore, l'altra sul portafogli!
JVP-SRI LANKAComitato in Italia Via G.Giolitti 231 00185, Roma
Tel/Fax;06 30609546 Cell;3200844252 Cell;3396267506
E-mail; jvpitalia@...
Aderisci al programma di sostegno alla popolazione vittima delle
devastazioni dello Sri Lanka! - JVP
Il JVP fa appello a tutti i suoi membri che ancora non hanno aderito
al Programma Nazionale di sostegno alle vittime dello tsunami a farlo
il prima possibile recandosi presso la sezione di Partito di zona il
prima possibile.
Già la Brigata di Servizio Sociale del JVP sta operando attivamente
con ufficiali governativi per intervenire in aiuto dei più bisognosi.
Il JVP attraverso la sua Brigata di Servizio Sociale sta già
adoperandosi nella distribuzione di pasti caldi e medicinali e in
operazioni di primo soccorso verso la popolazione.
Il JVP fa apppello a quanti vogliano contribuire al Programma
Nazionale a portare il loro sostegno e i loro contributi presso le
sezioni del Partito di zona.
Inoltre il JVP ha aperto un conto corrente presso la People's Bank
branch at Nugegoda per raccogliere fondi per interventi strutturali.
Quanti desiderino intervenire attivamente sono pregati di effettuare
un versamento con causale "Relief Services Fund-JVP" sul numero di
conto corrente 0174 165 010815 6.
Ulteriori dettagli verranno forniti telefonando al numero 094-011-2822379.
---
Step forward to overcome the catastrophe!
Our beloved Motherland is going through the worst calamity it has
faced in its long history. It is evident that of all the countries
that were devastated by the tsunami, our country was the worst hit. At
the moment the beloved people in many coastal areas are going through
immense hardships and trauma.
It is indeed befitting that the Government decided to declare an
emergency disaster situation as soon as the natural calamity unfolded.
Now what should be done is to declare the next week as a week of
National disaster management week and get the attention of the whole
nation and embark on a massive operation of people's participation.
We are confident that our beloved people are more than ready at a
natural calamity, as the one we have faced, to shed petit differences
and line up for a common objective.
One of our main tasks is to find the bodies of the victims of this
natural calamity and make arrangements to have decent funerals. The
other would be to bring to normality those thousands who survived the
ordeal but have lost all their belongings, loved ones and are
destitute and in trauma. It does mean that not only the necessary food
and water should be made available but also the whole process of
carrying them through from a refugee camp to their future homes should
be executed. Another important task is to take necessary steps to
prevent deceases that would spread with the aftermath of the calamity.
It is necessary to mobilize the whole nation to accomplish these three
primary tasks. It is indeed appropriate that the Government's
attention is drawn to steer the operation of fulfilling these three tasks.
This is not a catastrophe we ever expected. No one has the capacity to
avoid such natural disasters. This is evident in the way other more
advanced countries which faced the destruction were unable to predict
the nature and scale of the catastrophe. What is now necessary is to
stand up to it. We should turn the catastrophe to a platform for
positive ness and muster vigour of the whole nation to break free of
the tribulation. The JVP has already mobilized its membership into a
Social Relief Brigade and launched a "National Programme of bringing
to normality the victims of the calamity." Our membership has already
spread out in areas devastated by the tsunami and is engaged in relief
work. It is necessary that steps should be taken to direct
disorganized enthusiasm in a constructive manner. Finally we would
like to extend our sympathy to all those who have lost their loved
ones and belongings and call upon all patriotic people to come forward
to stand determine to overcome this calamity.
Political Bureau,
Janatha Vimukthi Peramuna(JVP)
27.12.2004.
devastazioni dello Sri Lanka! - JVP
---
Cari Amici e Compagni
come avrete senz'altro saputo dai mezzi di informazioni, la
popolazione dello Sri Lanka ha subito vittime e danni ingentissimi a
seguito dello Tsunami di questi giorni. Il nostro Partito (JVP) è
fattivamente impegnato attraverso la sua Brigata di Servizio Sociale
in interventi di primo soccorso alla popolazione, tramite la
distribuzione di viveri, coperte e medicinali. Facciamo appello alla
vosta coscienza internazionalista per un intervento solidale a
sostegno del nostro Popolo e degli sforzi della nostra Organizzazione.
Vi invitiamo pertanto a collaborare attraverso un contributo in denaro
da effettuarsi tramite versamento sul c.c. (VEDI SOTTO).
Una mano sul cuore, l'altra sul portafogli!
JVP ITALIA
Tel/Fax;06 30609546 Cell;3200844252 Cell;3396267506
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Il JVP fa appello a tutti i suoi membri che ancora non hanno aderito
al Programma Nazionale di sostegno alle vittime dello tsunami a farlo
il prima possibile recandosi presso la sezione di Partito di zona il
prima possibile.
Già la Brigata di Servizio Sociale del JVP sta operando attivamente
con ufficiali governativi per intervenire in aiuto dei più bisognosi.
Il JVP attraverso la sua Brigata di Servizio Sociale sta già
adoperandosi nella distribuzione di pasti caldi e medicinali e in
operazioni di primo soccorso verso la popolazione.
Il JVP fa apppello a quanti vogliano contribuire al Programma
Nazionale a portare il loro sostegno e i loro contributi presso le
sezioni del Partito di zona.
Inoltre il JVP ha aperto un conto corrente presso la People's Bank
branch at Nugegoda per raccogliere fondi per interventi strutturali.
Quanti desiderino intervenire attivamente sono pregati di effettuare
un versamento con causale "Relief Services Fund-JVP" sul numero di
conto corrente 0174 165 010815 6.
Ulteriori dettagli verranno forniti telefonando al numero 094-011-2822379.
[ecco quanto sono cambiate le cose in croazia da tudjman a oggi !!!!
distrutta l'opera di tito non deve meravigliarci più di tanto se hanno
distrutto anche il suo monumento]
(AGI/REUTERS) - Zagabria, 27 dic. - Una carica esplosiva
piazzata da ignoti ha decapitato la statua di Josip Broz Tito
nel suo villaggio natale di Kumrovec, nel nord della Croazia.
La deflagrazione ha scardinato dal piedistallo la statua a
grandezza naturale del padre della Jugoslavia, eretta nei
pressi della casa in cui era venuto alla luce nel 1892.
L'esplosivo era stato legato attorno alla testa. (AGI) Sar
271515 DIC 04
Questo messaggio ti e' stato inviato tramite AGI (http://www.agi.it) da
luka
---
CROAZIA: ESPLOSIONE ABBATTE STATUA DI TITO A CASA NATALE
(ANSA) - ZAGABRIA, 27 DIC - La statua del maresciallo Tito eretta
davanti alla sua casa nativa a Kumrovec, nord della Croazia, e' stata
danneggiata stanotte in un'esplosione di origine criminale. Lo
riferisce l'agenzia di stampa 'Hina' citando la polizia locale.
L'ordigno esplosivo ha abbattuto la statua, a grandezza naturale, e ha
staccato la testa dal torso della scultura di bronzo, lavoro del famoso
artista croato Antun Augustincic. Per l'esplosione lievi danni hanno
subito anche la vicina casa natale del leader jugoslavo, trasformata in
museo, l'edifico della direzione dell'etnovillaggio Kumrovec e un
ristorante. Il governo di Zagabria ha immediatamente condannato
''questo atto di vandalismo'' ordinando alle forze dell'ordine di
individuarne gli autori. Dalla polizia hanno fatto sapere di non avere
ancora informazioni sugli autori e di aver posto numerosi posti di
blocco nelle vicinanze di Kumrovec. La statua di Josip Broz Tito,
leader del movimento partigiano jugoslavo e presidente della Jugoslavia
socialista dal 1945 al 1980, e' un luogo di ritrovo e di pellegrinaggio
di numerosi nostalgici del periodo comunista di tutte le ex
repubbliche, in particolare della Croazia e delle vicine Slovenia e
Bosnia. Non sono pochi a vedere in Tito, di origini etniche croate, la
personalita' storica piu' importante nella storia moderna della
Croazia, mentre la destra nazionalista lo considera un tiranno e un
criminale di guerra. L'incidente di stanotte avviene dopo che negli
ultimi mesi le autorita' croate hanno ordinato la rimozione da luoghi
pubblici di sculture e simboli che inneggiavano al regime nazista degli
ustascia, contro il quale i partigiani di Tito hanno combattuto nella
Seconda guerra mondiale. (ANSA). COR
27/12/2004 13:11
http://www.ansa.it/balcani/croazia/20041227131133207412.html
Chers amis,
Nous avons le plaisir de vous annoncer l'ouverture du site
http://www.michelcollon.info
Les thèmes ?
- pays - cibles de Bush
- guerre et globalisation
- test - médias
- propagande de guerre
- résistances
Vous y trouverez :
- des reportages, analyses, commentaires, test - médias sur
l'actualité. Rédigés par Michel Collon mais aussi de nombreux auteurs
ou témoins "invités".
- des documents utiles pour vos travaux ou mails: extraits de livres,
cartes géographiques, citations-clés, dessins humoristiques...
- des propositions concrètes pour une inform'action : débats,
formations, ciné-clubs
- des liens avec les meilleurs sites sur ces thèmes.
Nous remercions chaleureusement Zeljko, Vanessa et Guillaume qui ont
beaucoup réfléchi et travaillé pour que le site soit beau, pratique et
agréable.
Vos remarques, propositions et critiques pour améliorer ce site sont
bienvenues! Merci d'avance.
Le savoir est une arme. Armez-vous!
Data: Lun 27 Dic 2004 14:19:39 Europe/Rome
Oggetto: Relazione viaggio a Kragujevac
Care amiche, cari amici, vi invio la relazione del viaggio concluso
lunedi' scorso per la consegna delle quote di adozione a distanza.
con i miei piu' sinceri saluti e auguri per un felice 2005
Gilberto Vlaic
Gruppo Zastava Trieste
e
Associazione Non bombe ma solo caramelle - ONLUS
---
RITORNO DALLA ZASTAVA DI KRAGUJEVAC
Viaggio del 17-20 dicembre 2004
(resoconto di viaggio a cura Gilberto Vlaic del gruppo ZASTAVA Trieste)
Questa relazione e’ suddivisa in nove parti:
1. Introduzione
2. Allargamento della struttura dell'associazione in Veneto
3. Si costruiscono nuovi ponti di solidarieta'
4. Materiale trasportato
5. Cronaca del viaggio
6. Il sostegno a un gruppo di profughi da Pec (Kosovo)
7. Il microprogetto artigianato
8. Informazioni generali sulla Serbia e particolareggiate sulla
Zastava; cenni sullo stato di salute in Serbia
9. Conclusioni
Introduzione
Vi invio un resoconto del viaggio appena concluso alla Zastava di
Kragujevac per consegnare le adozioni a distanza che fanno capo al
Gruppo Zastava di Trieste, alla nostra nuova sezione del Veneto e al
Coordinamento Nazionale RSU CGIL.
Questo resoconto si lega alle altre relazioni scritte con cadenza
praticamente trimestrale.
Sono tutte reperibili su diversi siti, tra i quali
- il sito del coordinamento RSU, all’indirizzo:
http://www.ecn.org/coord.rsu/
seguendo il link: Solidarietà con i lavoratori della Jugoslavia:
http://www.ecn.org/coord.rsu/guerra.htm
dove sono anche descritte in dettaglio tutte le iniziative in corso.
L'ultima relazione relativa al viaggio di settembre 2004 si trova
all'indrizzo
http://www.ecn.org/coord.rsu/doc/altri2004/2004_0913_zastava_rel.htm
Nello stesso sito segnalo un interessanti articolo di Enrico Vigna,
della associazione SOS Jugoslavia di Torino, che ha incontrato a marzo
scorso Cedomir Pajevic, vice segretario del Sindacato Samostalni della
Zastava, e Ruzica Milosavljevic, che dello stesso sindacato della
Zastava è stata segreteria generale. Ne è uscita fuori una vasta
intervista che descrive in dettaglio il drammatico quadro della realtà
serba post bellica.
Segnalo inoltre come molto interessante la relazione del viaggio svolto
a maggio scorso dall'associazione di Roma ABC, solidarieta' e pace
all'indirizzo:
http://www.ecn.org/coord.rsu/doc/altri2004/2004_0527_abc.zip
Segnalo inoltre sullo stesso sito un recente contributo di John Pilger
dal titolo:
"Nonostante il fallimento in Iraq, i promotori della guerra
"umanitaria" devono ancora rendere conto della loro crociata in Kosovo"
all'indirizzo:
http://www.ecn.org/coord.rsu/doc/altri2004/2004_1216_kosovo.htm
Vorrei anche consigliarvi, per le emozioni che riesce a trasmettere,
la lettura dl resoconto del viaggio di dicembre 2003 scritta da
Riccardo di Zastava Brescia sul sito della loro associazione
all'indirizzo:
http://digilander.libero.it/zastavabrescia
Tutti i nostri resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento
Nazionale per la Jugoslavia, all'indirizzo:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages
che contiene inoltre centinaia di articoli sulla situazione nei Balcani
difficilmente reperibili sulla stampa nazionale.
Allargamento della struttura dell'associazione in Veneto
La campagna di adozioni in Veneto era stata iniziata da Enzo, che ne e'
rimasto il centro motore fino a pochi mesi fa. Dopo il suo
trasferimento in Piemonte, abbiamo deciso di incaricare Barbara,
Ilaria, Luisa e Mario di seguire questa regione, per evitare di perdere
questo prezioso patrimonio di solidarieta', che vede molte decine di
adozioni attive.
Tutti i sottoscrittori del Veneto sono stati avvisati per posta
elettronica o per lettera; per facilitare i versamenti delle quote
abbiamo aperto un nuovo conto corrente postale che si affianca al conto
corrente bancario gia' operante da tempo.
Il nuovo conto corrente postale e':
C.C.P. 000058419953
Intestato all’Associazione Non bombe ma solo Caramelle – ONLUS
sul quale potete versare anche tramite bonifico bancario usando le
seguenti coordinate
IT-71-E-07601-02000-000058419953
Si affianca al conto corrente bancario gia’ attivo da molto tempo:
c.c. 010000021816
CIN E ABI 08928 CAB 02202
presso Banca di Credito Cooperativo del Carso, Filiale di Basovizza,
Via Gruden 23 Basovizza-Trieste
intestato all'Associazione "Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus"
Si costruiscono nuovi ponti di solidarieta’
Ricorderete che abbiamo preso in carico da marzo scorso due fratellini
colpiti da una malattia assai rara alla pelle (epidermiolisi bollosa),
ai quali forniamo periodicamente le bende per coprire le piaghe di cui
sono ricoperti (vedi relazione di marzo 2004, al paragrafo Materiale
trasportato e cronaca del viaggio).
Non e’ purtroppo una malattia curabile, si possono solo lenire le loro
sofferenze.
Una ONLUS di Catania, che ci ha gia' sostenuto in passato, ci ha
aiutato anche per questo viaggio fornendoci bende e pomate per piu' di
1000 euro.
Nel periodo settembre-dicembre abbiamo ricevuto sottoscrizioni per piu'
di 3500 euro (oltre alle quote di adozione) e una importante quantita'
di medicinali. Tra le sottoscrizioni piu' significative vorrei citare
500 euro di Venanzio da Sant'Elena (che ha gia' sei adozioni attive a
suo nome), 250 euro provenienti dal Circolo Cuba 59 di Santa
Croce-Trieste e 700 euro dal Circolo di Rifondazione Comunista di Valle
Elvo (Biella) in memoria del loro compagno Piero Falcone.
Inoltre riceviamo continuamente vestiario e scarpe, in quantita'
decisamente superiori a quelle che riusciamo a trasportare nel pullmino.
Si tratta di ingenti quantita' di denaro, medicinali e merci per le
quali ringraziamo vivamente tutte le persone e le associazioni che si
sono impegnate per reperirle; il nostro impegno a Kragujevac e' pero'
cresciuto di molto nell'ultimo anno e quindi continuiamo a invitare
tutti a contribuire con generosita'.
Materiale trasportato
La delegazione era costituita da Gabriella e Gilberto da Trieste, Matej
da Gorizia, Giampiero da Monfalcone, Giuseppina da Biella, Gino da
Montereale Valcellina, Filippo da Dronero, Renato e Marco da Caraglio;
questi ultimi rappresentavano la Croce Rossa di Caraglio, in vista di
un possibile intervento del loro Ente a sostegno delle nostre
iniziative.
Per il viaggio abbiamo utilizzato un pullmino fornitoci gratuitamente
dalla Associazione Triestina di Solidarieta' Internazionale.
Ricordo che le spese di viaggio sono state direttamente sostenute dai
partecipanti, senza alcuno storno dai fondi ricevuti per le quote di
adozione a distanza da distribuire (come del resto in tutti i
precedenti viaggi effettuati). Il viaggio e' costato complessivamente
(tra gasolio, pedaggi autostradali, pernottamenti e pasti) 1041 euro.
Avevamo circa quindici colli tra scatole e valigie di vestiario usato e
piu' di una ventina di pacchi di regali alle famiglie jugoslave da
parte delle famiglie adottanti italiane.
Inoltre una valigia con i medicinali (soprattutto antibiotici) per un
valore complessivo di circa 2000 euro.
Infine bende e garze per circa 1000 euro.
Le adozioni da distribuire erano 145, di cui 9 nuove, per un valore
complessivo di 14330 euro. La maggior parte erano quote trimestrali da
75 euro.
Avevamo anche 1923 euro frutto della vendita dei prodotti di uncinetto
di 15 donne che ci avevano consegnato i loro lavori in conto vendita a
luglio e settembre scorsi, all’interno del microprogetto artigianato.
Avevamo già acquistato a Kragujevac materiale per igiene personale (che
ci era stato chiesto dalle 45 famiglie profughe da Pec, Kosovo, che
aiutiamo) e dolciumi per i ragazzi in affido e per i 65 bambini
presenti nel campo profughi.
Si trattava di
135 saponette
90 spazzolini da denti
90 confezioni di dentifricio
225 confezioni da 5 rasoi
45 flaconi di schiuma da barba
45 pacchi di assorbenti
45 flaconi di gel doccia
45 deodoranti maschili
90 deodoranti femminili
45 flaconi da un litro di shampoo
45 confezioni di fazzoletti di carta
45 confezioni di bastoncini per orecchie
45 confezioni di detersivo per pavimenti
45 confezioni da 3 chili di detersivo per biancheria
per una spesa complessiva di 934.20 euro.
Con questo materiale sono stati preparati 45 pacchi, uno per famiglia.
Abbiamo inoltre acquistato
130 pacchi di biscotti da 1 Kg
65 barre di cioccolarta da 300 grammi
65 giochi
per una spesa di 325.65 euro; sono stati confezionati 65 pacchetti da
distribuire ai 65 bambini di Pec.
Per quanto riguarda i ragazzi in affido, abbiamo acquistato
180 pacchi di biscotti da 1 Kg
180 barre di cioccolarta da 300 grammi
180 sacchetti di caramelle
per una spesa di 487.80 euro; sono stati confezionati 180 pacchetti da
distribuire nell'assemblea di consegna delle quote di adozione, i pochi
pacchetti restanti sono stato consegnati all'Ufficio Adozioni per una
successiva distribuzione alle famiglie con piu' bisogno. Si tratta di
una ben poca cosa rispetto alle reali necessita' dei lavoratori e delle
loro famiglie, ma e' stato il massimo che potevamo fare.
Cronaca del viaggio
Siamo partiti da Trieste alle 9 del mattino e siamo arrivati a
Kragujevac alle 8 di sera, senza alcun problema durante il viaggio.
Niente neve, solo un po' di pioggia a tratti e temperature decisamente
superiori alla media stagionale. Traffico scarsissimo.
Dopo lo scarico del furgone, abbiamo verificato le liste delle adozioni
e preparato le buste per l'assemblea del sabato mattina; cena veramente
allegra con musica e canti con Rajka e Milja dell'ufficio adozioni del
Sindacato Samostanli, e con Delko e Rajko, rispettivamente segretario e
vicesegretario dello stesso Sindacato; era presente anche la Segretaria
del Sindacato degli operai in cassa integrazione (ZZO, sigla di Zastava
Zaposljvanje i Obrazovanje).
Vorrei sottolineare che questi viaggi di dicembre sono assai diversi
dagli altri tre che compiamo ogni anno; e' in questa stagione che
riusciamo di piu' a percepire le grandi difficolta' a sopravvivere di
questi lavoratori e delle loro famiglie; il clima rigido, spesso la
mancanza di riscaldamento nelle abitazioni, gli spostamenti resi piu'
complicati dal fango o dalla neve o dal ghiaccio rendono tutto piu'
precario e difficile.
Il mattino di sabato abbiamo distribuito le quote delle adozioni delle
nostre associazioni; la grande sala della direzione dove avvengono
questi incontri era al suo limite di capienza (alcune centinaia di
persone). L'atmosfera era piu' festosa del solito, siamo stati
sommersi di bottiglie di rakja fatta in casa, di marmellate, di miele,
di prodotti tessili, doni che riporteremo con noi in Italia e che, pur
con qualche difficolta' di tipo geografico, consegneremo alle famiglie
italiane.
Alla fine dell’assemblea abbiamo consegnato il ricavato della vendita
dei prodotti di e prelevato ulteriore materiale che le donne avevano
preparato; come sempre ci e' stato consegnato in conto vendita.
La sera la televisione cittadina trasmette un lungo pezzo
sull'incontro, insieme ad una intervista a Gilberto, a cui il Sindacato
ha fatto la bella sorpresa di consegnargli la tessera di membro
onorario.
Pomeriggio dedicato alla visita di varie famiglie con figli adottati
dai membri della delegazione; le condizioni di queste famiglie sono
sempre difficili, e non si vedono prospettive per il futuro, ma questi
incontri si svolgono sempre in un clima di grande dignita', di festa e
di vera amicizia. Dobbiamo sempre stare attenti a non esagerare con gli
squisiti dolci che ci offrono.
Negli spostamenti tra una famiglia e l'altra abbiamo attraversato il
suggestivo Parco della Rimembranza di Kragujevac, dove il 21 ottobre
1941 furono sterminate per rappresaglia dai nazisti 7300 persone, tra
le quali 2500 operai della Zastava e gli studenti del locale liceo,
insieme ai loro professori. Molti monumenti costruiti con pietre
provenienti dalle varie Repubbliche che costituivano la Repubblica
Federativa Socialista di Jugoslavia ricordano quell'eccidio. Abbiamo
deposto sul monumento centrale i fiori che Gabrielle e Giuseppina
avevano ricevuto in dono durante l'assemblea del mattino.
La sera abbiamo discusso con i rappresentanti del sindacato i possibili
progetti di solidarieta' futuri e abbiamo definito la data del prossimo
viaggio che si svolgera' dal 18 al 21 marzo 2005.
La mattina di domenica abbiamo incontrato i profughi di Pec (vedi
sotto); anche a questo incontro la televisione reginale ha dedicato un
pezzo del proprio telegiornale.
Al pomeriggio visite ad altre famiglie.
La sera abbiamo salutato i nostri amici del Sindacato con la promessa
di rivederci a marzo. E’ stata una cena piena di malinconia, per la
lettura delle cose che Giampiero aveva scritto sulle impressioni tratte
da questi due densissimi giorni, e conclusa con un forte discorso di
Delko.
Lunedi',durante il viaggio di ritorno, ci siamo fermati alcune ore a
Belgrado.
Abbiamo attraversato il viale delle ambasciate, che ospita tutta una
serie di edifici pubblici completamente distrutti dai bombardamenti del
1999, e poi visitato il parco di Tasmajdan, dove sorgono due monumenti
simbolo: quello ai giornalisti morti nel bombardamento della sede della
televisione e quello, struggente, dedicato ai bambini uccisi dalle
bombe della NATO, che sue due semplicissimi ovali in marmo nero riporta
in Serbo e in Inglese la scritta
"Eravamo solo bambini”.
Dopo una brevissima visita al centro della citta', siamo ripartiti
verso Trieste, dove siamo arrivati verso le 11 di sera di lunedi' 20
dicembre.
L'incontro con profughi di Pec
Dobbiamo ricordare che in Serbia vivono circa un milione di profughi
provenienti dalle varie repubbliche (nate dopo la dissoluzione della
RFSJ) e dal Kosovo; la loro è una situazione disperata, senza aiuti,
senza prospettive. Sono invisibili a tutto il mondo.
Gia' a luglio scorso avevamo incontrato un gruppo di famiglie profughe
da Pec e Pristina.
Sono ammassate nella periferia di Kragujevac in un piccolo centro
commerciale; con tramezzi di legno sono state ricavate "stanze" di
circa 20 metri quadrati dove sopravvivono 45 famiglie, in totale circa
200 persone tra cui 65 bambini; ciascuna stanza è occupata da una
famiglia, spesso allargata a nonni e zii.
Un solo bagno a disposizione di tutti, senza riscaldamento, in
condizioni alimentari igieniche e sanitarie tragiche.
Manca tutto, ma proprio tutto quello che dovrebbe salvaguardare almeno
i diritti minimi, l'essenziale per la sopravvivenza.
Grazie soprattutto alle insistenze di Barbara, che aveva partecipato al
viaggio di luglio, e a un inatteso finanziamento, avevamo deciso di
mantenere in piedi questo rapporto, incontrandoli anche a settembre.
Questa volta abbiamo distribuito il materiale che avevamo acquistato su
loro specifica richiesta.
L'incontro e' avvenuto in strada; sul tetto sventolava la bandiera
della pace che avevamo loro regalato a settembre.
Un breve saluto da parte nostra e loro, seguito dalla consegna dei
pacchi alle famiglie e ai bambini.
Dopo la consegna dei pacchi, la gente vuole che entriamo nell'edificio,
e con molta dignità ci mostra le proprie condizioni di vita, che sono
decisamente peggiori di quelle che avevamo visto nelle visite
precedenti; la mancanza di riscaldamento e l'umidita' rendono veramente
malsano e tristissimo questo luogo.
Le barriere linguistiche cadono di fronte agli sguardi, e si capisce
tutta l'impotenza di questi genitori, fino a ieri operai che potevano
sperare in un futuro per i loro figli, ed ora senza alcuna prospettiva
per il domani.
Il microprogetto artigianato
Questo progetto e' iniziato nel maggio 2003; il numero di donne
coinvolte (operaie licenziate o casalinghe) e' di circa 20.
Esse ci forniscono prodotti di ricamo e di uncinetto e li poniamo in
vendita.
Si tratta di un salto di qualita' all'interno della campagna di
solidarieta'. Nel campo delle adozioni infatti c'e' inevitabilmente la
differenza tra chi da' e chi riceve; qui invece c'e' un rapporto
assolutamente paritario tra chi produce una merce e chi la compra.
Purtoppo sembra che questo progetto stia andando verso la sua fine;
malgrado l'allargamento del numero delle persone coinvolte abbiamo in
pratica esaurito le nostre possibilita' di vendita e non siamo riusciti
ancora ad inventare nuovi meccanismi che ci permettano la vendita di
questi prodotti, fatto salvo il principio dell'assenza di intermediari.
In questo viaggio abbiamo consegnato alle donne la cifra di 1923 euro,
Il totale generale del denaro consegnato fino ad ora è giunto quindi a
5870,50 euro.
Molti membri della delegazione hanno acquistato vari prodotti di queste
donne, per piu' di 200 euro.
Anche questa volta abbiamo comunque riportato in Italia una
significativa quantita' di materiali, poiche' avevamo ordinativi
specifici .
Informazioni generali sulla Serbia e particolareggiate sulla Zastava;
cenni sullo stato di salute in Serbia
Gli ultimi dati statistici che vi abbiamo inviato sono contenuti nella
relazione del viaggio di luglio 2004, presente all’indirizzo:
http://www.ecn.org/coord.rsu/doc/altri2004/
2004_0704zastava_relazione.htm
I dati che seguono sono relativi alla fine di novembre 2004.
Informazioni generali sulla Serbia
Il cambio attuale dinaro/euro e’ di salito a 78.5
L’inflazione nel 2004 e’ stata di circa il 12%.
Noi consegnamo le nostre quote in euro, e quindi mantengono pressoche’
inalterato il loro potere di acquisto.
Il numero di occupati in tutta la Serbia e’ di 1.800.000 (su una
popolazione totale di circa 7.5 milioni); in questo numero sono pero’
compresi anche i lavoratori in cassa integrazione.
A 1.384.000 lavoratori vengono versati i contributi per la sanita’ e la
pensione, agli altri no.
Il 55% dei lavoratori e’ iscritto al Jedinstvena Organizacija
Samostalnog Sindikata, noto anche come Samostalni Sindikat (Sindacato
Autonomo), il 45% non e’ sindacalizzato o iscritto ad altri sindacati,
nati soprattutto dopo l’ottobre 2000.
Il numero ufficiale di disoccupati e’ 946.000, pari al 28% della
popolazione potenzialmente attiva.
Il salario medio nazionale, tutte le categorie di lavoratori comprese,
e’ di 14444 dinari, corrispondente a circa 185 euro; nei settori
industriali tale dato e’ di 174 euro, mentre sale a 219 euro per gli
occupati nei settori pubblici (istruzione, sanita’, trasporti, ecc.).
Da notare che su 180 distretti amministrativi (corrispondenti piu’ o
meno alle nostre Provincia) 26 hanno salari medi inferiori ai 100 euro.
I pensionati sono attualmente 1.244.500 con pensione media di 9108
dinari al mese, che corrisponde a circa 145 milioni di euro al mese;
solo il 40% di questa cifra viene coperto dal fondo pensioni, mentre il
resto proviene direttamente dal bilancio della Repubblica.
Tre categorie di pensione:
Anzianita’ (10902 dinari di media)
Invalidita’ (8476 dinari di media)
Reversibilita’ (6634 dinari di media)
Informazioni su Kragujevac e la Zastava
A Kragujevac citta’ il salario medio (tutti i settori) e’ di 147 euro.
A livello cittadino il rapporto lavoratori/pensionati e’ attualmente di
1.29 a 1.
37.500 persone sono al lavoro, e per esse vengono pagati i contributi
29.070 sono i pensionati
25.000 sono disoccupati
Le privatizzazioni hanno interessato fino ad ora 9 aziende, per circa
800 lavoratori complessivi.
Nella relazione di luglio questa cifra era stata indicata in 10 unita’
per complessivi 950 lavoratori.
Una di queste privatizzazioni e’ stata dichiarata illegittima e
l’azienda interessata e’ tornata in mano pubblica.
Nel frattempo a novembre e’ stata privatizzata la centrale del latte,
per 3 milioni di euro, acquistata da un privato serbo. Si tratta della
prima privatizzazione significativa.
Per quanto riguarda la Zastava, non ci sono significative variazioni
sui numeri dei lavoratori.
Circa 17.000 sono in produzione, suddivisi in 38 unita’ produttive
indipendenti.
Circa 6.500 sono in cassa integrazione.
La parte piu’ significativa e’ la Zastava Holding, che raggruppa gli
stabilimenti di produzione delle auto e dei camion, piu’ gli uffici
amministrativi, con un totale di 8.137 occupati (4564 lavoratori nel
settore auto, 1545 nel settore camion ed il resto uffici).
La produzione del 2004 e’ stata di 13.500 vetture e di 523 camion,
almeno 15 volte inferiore alle potenzialita’ produttive e nettamente
inferiore anche alle previsioni stabilite a maggio 2004, che indicavano
la produzione di 18.000 vetture e 800 camion.
Gli stabilimenti ora chiuderanno per circa due mesi, stanti le
difficolta’ di garantire il riscaldamento.
Alla Zastava il salario medio degli occupati e’ di 205 euro; questo
dato e’ apparentemente migliore della media cittadina poiche’ vi sono
alcuni reparti, con meno di 1000 addetti in totale (Zastava ALATI,
costruzione di utensili e Zastava DELOVI, pezzi di ricambio per auto)
dove il salario medio sale a circa 300 euro.
Ovviamente peggiore e’ la situazione degli oltre 6000 lavoratori in
cassa integrazione, che percepiscono una indennita’ mensile di circa il
45% del salario della categoria di appartenenza (per la maggior parte
di loro 50 - 70 euro al mese).
La cassa integrazione era iniziata nel settembre 2001, per una durata
di 4 anni.
Scadra’ dunque nel settembre 2005, e nessuno al momento azzarda
previsioni. L’accordo prevedeva il reintegro al lavoro, ma questa non
e’ una previsione realistica.
Probabilmente si andra’ verso una ondata di pensionamenti (per chi ne
ha maturato le condizioni) e di licenziamenti con una indennita’ di 100
euro per anno lavorato, come e’ successo per i circa 10.000 licenziati
nel 2001 e per i circa 2000 cassaintegrati che hanno scelto questa
strada nel corso di questi ultimi quattro anni.
La FIAT si e’ dichiarata disponibile ad azzerare l’80% dei debiti della
Zastava, ma richiede il pagamento del restante 20% entro il 2005.
Il tasso di sindacalizzazione tra i lavoratori del gruppo Zastava
arriva all’80%.
Di questi il 71% sono iscritti al Samostanli.
Cenni sullo stato di salute in Serbia
Studi specifici e indagini mediche hanno rilevato che in Serbia lo
stato di salute è preoccupante ed in continuo peggioramento. Ciò è
dovuto alle conseguenze della guerra, della povertà e dalla vita poco
sana che ne deriva.
L’Ente serbo per la lotta ai tumori prevede nei prossimi 10 – 15 anni
un forte aumento delle malattie maligne. Riferendosi al periodo
attuale, il numero degli ammalati è già aumentato del 200%. A questo
riguardo è stato lanciato un monito anche dall’Organizzazione Mondiale
per la Salute.
I dati mostrano che una persona su tre soffre di problemi cardiaci e
cardiovascolari. Queste malattie sono dovute spesso a problemi di
stress (ne soffre il 37% della popolazione serba), ad una alimentazione
non equilibrata (il pesce è quasi assente, la frutta e verdura è
scarsa, prevale un’alimentazione ricca di grassi) ed al fumo.
Le malattie renali, sempre più frequentemente presenti, sono legate
soprattutto all’inquinamento delle acque di certe zone (Zrenjani,
Kikinda, Kraljevo, Vranje, Loznica). Di conseguenza un sempre maggior
numero di persone è sottoposto a dialisi (attualmente 3500 persone, con
1200 casi nuovi all’anno e con 700 morti all’anno; dati
dell’Associazione dei Nefrologi).
Un’altra grave incidenza dello stato di salute della Serbia è data dai
problemi psichici. Si è riscontrata una forte impennata dei casi di
depressione, dei suicidi, dei disturbi mentali, dovuti in primis alle
condizioni di vita. La ricerca scientifica di “Batut” dimostra che il
44% della popolazione ha sintomi depressivi, il 24% soffre d’insonnia,
il 62% soffre di nevrosi. L’Ente per i dati statistici della Serbia
dichiara che l’anno scorso i suicidi erano 1381, con una media di tre
al giorno. Non sorprende l’aumento del consumo dei sedativi,
dell’alcool e delle sostanze stupefacenti.
Purtroppo - a detta dei medici – in conseguenza alla povertà, alla
guerra ed ai disagi sociali, l’esplosione vera e propria delle
patologie sopra elencate e di altre malattie dovrebbe ancora venire.
Conclusioni
In modo generale possiamo dire che lavoratori jugoslavi continuano ad
essere in condizioni di oggettiva debolezza e devono fare i conti con
la necessità di una ricostruzione post-bombardamenti che ha ormai da
quattro anni assunto una chiara direttrice iper-liberista.
Lo Stato, fortemente allettato e subordinato alle promesse di aiuto
occidentali, ha lasciato al libero mercato ogni decisione. Così i
prezzi aumentano, le scuole e la sanità diventano prestazioni
disponibili solo per i più ricchi, le fabbriche, le zone industriali
sono all’asta di profittatori occidentali che comprano tutto a prezzi
bassi e ponendo condizioni di lavoro inaccettabili. Sono evidenti e
stridenti le contraddizioni tra una estrema poverta' diffusa nella
quasi totalita' della popolazione e una ricchezza esibita attraverso i
suoi tipici simboli, soprattutto le auto di lusso.
Le famiglie che aiutiamo materialmente esprimono la loro gratitudine
per questi aiuti che sono indispensabili per la loro sopravvivenza; una
delle loro grandi preoccupazioni e’ di non rimanere soli, abbandonati
ed invisibili al resto del mondo, il che giustifica pienamente la
frequenza dei nostri viaggi.
Dobbiamo continuare i nostri sforzi affinche’ giunga a loro la nostra
solidarieta’ e fratellanza materiale e politica.
---
Intervento
a nome del del gruppo ZASTAVA Trieste, del coordinamento RSU-CGIL,
dell’Associazione ”Non bombe ma solo Caramelle” – ONLUS svolto da
Gilberto Vlaic all’assemblea dei lavoratori della Zastava di Kragujevac
il 18 dicembre 2004 in occasione della consegna delle adozioni a
distanza
Care lavoratrici e cari lavoratori della Zastava,
care compagne e cari compagni,
carissime bambine, carissimi bambini,
prima di tutto vi porto il piu’ affettuoso e fraterno saluto delle
associazioni che qui rappresentiamo:
il gruppo Zastava Trieste
il coordinamento delle Rappresentanze Sindacali Unitarie della CGIL
l’associazione Non bombe ma solo Caramelle
le COOP del nord-est
la Croce Rossa di Cuneo.
Per quanto riguarda me, essere qui con voi ancora una volta mi fa
sentire a casa, insieme alle mie sorelle e ai miei fratelli jugoslavi,
qui a Kragujevac che considero ormai la mia seconda citta'.
In questo viaggio portiamo piu' di 150 adozioni, di cui 9 sono nuove;
queste ultime sono la prova che molti lavoratori, molte famiglie
italiane non hanno dimenticato e non dimenticheranno mai che il mio
Paese, insieme agli altri Paesi della NATO, ha aggredito brutalmente la
Repubblica Federale di Jugoslavia.
Dopo l'ingerenza umanitaria, abbiamo visto le guerre preventive.
La tecnica e' sempre la stessa: demonizzare un popolo, la sua
dirigenza, convincere la propria oponione pubblica nazionale e poi
aggredire.
E la verita' e' sotto gli occhi di tutti, basta volerla vedere; si
tratta di guerre imperialiste per la sottomissione di popoli, per il
controllo geopolitico di territori strategici (quale e' per esempio il
Kosovo), per impadronirsi delle materie prime.
Se gli Stati Uniti non avessero ora incontrato la coraggiosa resistenza
del popolo irakeno, altri Paesi avrebbero gia' dovuto sopportare una
nuova aggressione.
Noi siamo qui insieme perche’ crediamo nell’uomo e nella dignita'
dell'uomo.
E per noi dignita' dell'uomo vuol dire
Lavoro, Pace, Liberta' e Solidarieta' internazionalista.
E le idee di liberta', di pace, di lavoro e di pacifica convivenza tra
i popoli non si possono annientare con i cannoni.
Noi dobbiamo essere uniti e decisi a respingere l'idea che sia
possibile per una potenza economica imporre a tutto il mondo, a tutti
i popoli, le sue leggi e i suoi interessi, attraverso le sue guerre con
cui sta insanguinando il mondo.
Noi vogliamo un mondo di giustizia e di pace; una pace per la quale
sara' necessario lottare ancora, con grande decisione e convinzione.
E' una lotta che ha nei lavoratori una forza insostituibile e decisiva
perche' al di la' delle differenze di lingua, religione e territorio i
nostri interessi cole classe sociale sono gli stessi.
Ma torniamo alla nostra assemblea.
Care ragazze e cari ragazzi, tra poco riceverete le buste contenenti
gli aiuti materiali dei vostri amici italiani.
Vi rinnovo l'invito di scrivere a queste persone, specialmente quelli
di voi che riceveranno adozioni nuove.
Infatti nel mio Paese si parla poco di voi, molti sono convinti che vi
abbiamo portato democrazia, liberta’ e benessere e che comunque la
vostra situazione e’ migliorata dalla fine dell’aggressione.
Noi sappiamo che non e’ cosi’. Noi cerchiamo in tutti i modi di
mantenere vivo il ricordo della primavera del 1999 e di descrivere la
vostra attuale situazione, ma le vostre parole, le vostre testimonianze
valgono piu’ di mille dei nostri discorsi e dei nostri dibattiti.
Care ragazze e cari ragazzi, siate fieri dei vostri genitori. Non
potevate averne dei migliori.
Siate orgogliosi della storia del vostro grande Paese. Non dimenticate
mai che la Jugoslavia si e' liberata da sola dall'oppressione
nazifascista, anche se molti oggi vogliono riscrivere la storia.
Auguro a tutti voi un2005 piu' felice dell'anno che sta finendo
SVE VAS VOLIM
Kragujevac, 18-12-2004
1. Staccata la corrente elettrica ai serbi kosovari allo scopo di
causare una catastrofe umanitaria (da Glas Javnosti)
2. Segnalazioni e link
3. Dispacci d'agenzia ed altre brevi
4. The Times : Le premier ministre du Kosovo pourrait être inculpé de
crime de guerre
=== 1 ===
http://www.glas-javnosti.co.yu/danas/srpski/D04122401.shtml
Kosovo: Catastrofe umanitaria imminente
(traduzione DK, per scopi privi di lucro)
- Nella regione serba a sud molti villaggi serbi rimangono ancora senza
corrente elettrica
- La popolazione in Kosovo è sottoposta a fame e malattie
- Gli interventi chirurgici sotto la luce delle candele e lampade
elettriche. In fila per i generatori, prestito della brace
BELGRADO - Continua la catastrofe umanitaria nelle enclavi serbe nelle
zone centrali del Kosovo e nella valle del fiume Morava in
Kosovo, causata dall'interruzione della fornitura di energia
elettrica. 13 villaggi sono senza la corrente in questo momento,
esclusi dal sistema elettro-energetico per via di presunti guasti e
debiti complessivi per 113 milioni euro. Più di 50.000 persone vivono e
lavorano in condizioni estremamente difficili. Le aziende
sanitarie, scuole, asili, sono senza corrente elettrica... Il cibo
precedentemente preparato per l'inverno è rovinato, l'acqua
potabile non è idonea, l'attività
didattica nelle scuole viene svolta nelle condizioni fuori ogni
normalità.
I Serbi del Kosovo, ormai abituati a tutto, si arrangiano in tutti i
modi possibili per organizzarsi la vita quotidiana. Legna per
ardere ce n'è. Siccome manca il cibo, i proprietari dei generatori li
danno in prestito in modo cha la gente possa ricreare il ghiaccio nei
frigoriferi. Vengono create liste d'attesa per i generatori. Il
fuoco nelle abitazioni viene mantenuto 24 ore su 24, e nei casi quando
si spegne, i vicini danno una mano portando la brace.
I negozi sono sprovvisti di carne e le forniture di latte sono
irregolari.
Una nuova forma di pressione
Il Vice-presidente della Circoscrizione di Lipljan, Borivoje Vignjevic,
portavoce dell'opinione della popolazione serba di questa
cittadina, sostiene che si tratta di una forma particolare di
pressione sulla gente decisa a non lasciare le proprie abitazioni.
- Alla "KEK" (Kosovska elektroenergetska korporacija) ci è stato
riferito che la mancanza di corrente sarebbe causata da un guasto. E'
stato rilevato il guasto, e noi disponiamo degli uomini e dei
componenti necessari per la riparazione. Però, ieri ci è stato
comunicato che la polizia sarebbe intervenuta nel caso nostri
tecnici fossero usciti per riparare il guasto - ha commentato Vignjevic.
Anche il direttore del Centro Clinico-ospedaliero di Pristina con la
sede a Gracanica, Stojan Sekulic, è dell'opinione che i motivi per la
interruzione della corrente siano esclusivamente etnici, con lo scopo
di esercitare pressione sui Serbi locali purché abbandonino i
loro insediamenti. Al reporter di Glas è stato confermato che sei
famiglie se ne sono già andate da Staro Gracko.
La dottoressa Rada Trajkovic rileva che con l'interruzione della
corrente elettrica, oltre circa 1500 allievi delle scuole
elementari, un simile numero di alunni delle scuole secondarie e
alcune migliaia di bambini delle scuole materne, sono colpiti più di
tutti, insieme agli anziani ed ai malati.
La situazione nell'ospedale è critica. Gli interventi chirurgici
urgenti vengono effettuati sotto la luce delle candele e delle lampade
elettriche.
La Dott.ssa Trajkovic non nasconde l'imbarazzo del fatto che
i rappresentanti dei paesi più democraticamente sviluppati,
che governano in Kosovo, guardano con indifferenza al calvario
della popolazione, e non fanno proprio nulla per prevenire la
catastrofe umanitaria imminente.
Le bollette inviate agli indirizzi delle chiese abbattute
Ai monaci del Monastero di Bogorodica Ljeviška e della Chiesa di Sveti
Ðorde a Prizren, sono arrivati gli inviti dalla Corporazione
Elettricità KEK per il pagamento di corrente elettrica per un
ammontare di 1.500 euro. Il parroco di
Prizren, Aleksandar Našpalic, ha commentato all'Agenzia Beta che il
personale della KEK ha consegnato loro le bollette per la corrente
elettrica, malgrado che nove mesi fa i templi sono stati incendiati e
demoliti, e l'installazione elettrica interna è stata tutta bruciata.
Il Direttore di KEK John Eshley ha commentato che i debiti relativi
alla corrente elettrica debbano essere pagati e che quest'ente non è
una società di beneficenza. Nell'intervista alla stazione televisiva di
Zvecan, Ashley ha detto che la rateazione dei pagamenti fino a cinque
anni è l'unica concessione, nei confronti dei debitori, che KEK possa
accordare.
- Ho l'impressione che anche Belgrado sia insensibile riguardo questo
problema. A volte penso che gli occidentali abbiano loro obiettivi e
interessi personali, e perciò non fanno nulla per la difesa dei diritti
umani. Questo mi pesa sull'animo e non capisco la riservatezza di
Belgrado - ha sottolineato la Dott.ssa Trajkovic, notando come il
sostegno e l'attività per l'organizzazione della protezione sanitaria
per
i Serbi, da parte del Ministero della Sanità della Repubblica
Serbia, sia lodevole.
Il numero dei malati aumenta, sono sempre di più i pazienti con
infezioni intestinali, polmonari e cutanee. In soccorso ai colleghi del
Kosovo centrale sono venuti i medici del Centro di Salute di
Kosovska Mitrovica, dove i pazienti delle enclavi serbe arrivano
quotidianamente. Il vice-direttore di questo Centro, Milan Jakovljevic,
ha confermato che il numero dei pazienti dalle zone dove la
popolazione serba vive in condizioni di assedio, è aumentato del 10
percento. Più di 100 persone dal Kosovo centrale sono sistemate in
questo centro, per le cure ospedaliere.
L'Ospedale di Kosovska Mitrovica, dal punto di vista professionale ed
organizzativo, ha ribadito il direttore Milan Ivanovic, è pronto a
soccorrere tutti i malati. Intanto, da questa e dalle altre
istituzioni sanitarie e' partito un appello verso il governo, le
organizzazioni internazionali ed umanitarie, per il massimo sforzo
nell'assicurare condizioni di vita degne di esseri umani alla
popolazione serba nelle enclavi.
Blocchi stradali sono probabili
Grazie all'attività dei pochi giornalisti presenti, comunque,
giungono le notizie riguardanti la catastrofe umanitaria. Il
redattore responsabile della Radio KiM da Laplje Selo, Živojin
Rakocevic, afferma che il programma va in onda per 12 ore al giorno,
con ausilio di due generatori quasi bruciati che vengono attivati
alternativamente per garantire almeno una produzione informativa
minima. Le informazioni vengono raccolte visitando il territorio,
benché questo sia molto rischioso, perché le comunicazioni
telefoniche sono prevalentemente interrotte.
Le interruzioni della corrente elettrica ai Serbi nel Kosovo
centrale sono iniziate ai primi di dicembre, quando gli abitanti di
Priluzje, Dobrotin, Gušterice e Livade, sono rimasti senza corrente.
Quando, dopo l'intervento dell'Ombudsman del Kosovo, Marek Novicki, è
stata ripristinata la corrente, nello stesso momento ne sono stati
privati i Serbi nella vicina Caglavica, Laplje Selo e Preoce. I Serbi
avvertono che, nel caso l'interruzione di energia elettrica venisse
prolungata, bloccheranno le strade principali del Kosovo.
Ljiljana Staletovic
=== 2 ===
> Da: "ubertotommasi"
> Data: Ven 10 Dic 2004 21:11:35 Europe/Rome
> A: "Coord. Naz. per la Jugoslavia"
Segnalo un articolo sull'Espresso intitolato "Droga, sesso, mafia e
Kosovo).
Un sottotitolo afferma che un rapporto della Kfor sostiene che l'80%
del Pil si basa su attività illegali. A cominciare dal traffico di
eroina e di donne. L'articolo di Gigi Riva che scrive da Pristina è
durissimo ed è completato da altri autori.
Uberto Tommasi
---
Vivere senza futuro? L’intervento di Shkëlzen Maliqi
07.12.2004 - L’intellettuale kossovaro Shkëlzen Maliqi è stato uno
degli ospiti dell’Osservatorio lo scorso fine settimana a Venezia.
Quello da lui descritto è un Kossovo vittima di blocchi contrapposti.
Lo scrittore analizza diversi scenari: l'indipendenza, la divisione,
una procedura accellerata di integrazione nella UE.
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3693/1/51/
Vivere senza futuro? Il documento introduttivo
26.11.2004 - Venerdì 3 dicembre, a Venezia, presso la Sala Congressi
dell’Isola di San Servolo, si aprirà il convegno annuale di
Osservatorio sui Balcani “Vivere senza futuro? L’Europa tra
amministrazione internazionale e autogoverno: i casi di Bosnia
Erzegovina e Kossovo”. Pubblichiamo il documento introduttivo
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3667/1/51/
Belgrado dice no a Haradinaj
09.12.2004 scrive Luka Zanoni
La Belgrado ufficiale proprio non ha mandato giù l’elezione di Ramus
Haradinaj come primo ministro del Kosovo. Numerose le reazioni contro
l’ex comandante dell’UCK, da Belgrado ritenuto uno dei maggiori
responsabili dei crimini di guerra contro la popolazione serba del
Kosovo
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3698/1/51/
Kossovo e nuovo governo: giorni contati?
13.12.2004 scrive Alma Lama
Da comandante dell’UCK a primo ministro. La brillante carriera di
Ramush Haradinaj sembra però essere arrivata al capolinea. In molti in
Kossovo si aspettano un suo trasferimento all’Aja.
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3705/1/51/
I Serbi e Haradinaj: intervista a Oliver Ivanović
14.12.2004 scrive Andrea Rossini
Rappresentante della coalizione “Povratak” (Ritorno) nella Assemblea
del Kosovo tra 2001 e 2004, a capo della Lista Serba per il Kosovo e
Metohija nel corso delle recenti elezioni, Oliver Ivanović è uno dei
principali esponenti politici dei Serbi del Kosovo. Nostra intervista
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3712/1/51/
Intervista con Ramush Haradinaj, premier del Kosovo [SIC]
21.12.2004 - Pubblichiamo la traduzione italiana dell'intervista con
Ramush Haradinaj, nuovo premier kosovaro, raccolta dal settimanale di
Sarajevo DANI
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3730/1/51/
---
Kosovo : Belgrade refuse de parler avec Ramush Haradinaj, soupçonné de
crimes de guerre
http://www.balkans.eu.org/article4876.html
L’inculpation de Ramush Haradinaj pourrait provoquer une nouvelle vague
de violence au Kosovo
http://www.balkans.eu.org/article4904.html
Kosovo : pas de gouvernement, pas de majorité et la menace de La Haye
http://www.balkans.eu.org/article4855.html
Sud de la Serbie : la construction d’une école mixte crée la zizanie à
Bujanovac
http://www.balkans.eu.org/article4907.html
Bakchich en tout genre et à tous les moments de la vie quotidienne
http://www.balkans.eu.org/article4902.html
La grande misère des camps rroms du Kosovo
http://www.balkans.eu.org/article4846.html
Disparus du Kosovo : une plaie toujours ouverte
http://www.balkans.eu.org/article4783.html
Déplacés du Kosovo : l’éternel retour
http://www.balkans.eu.org/article4740.html
=== 3 ===
Fonte: http://www.ansa.it/balcani/kosovo/kosovo.shtml
KOSOVO: PARLAMENTO ELEGGE PREMIER EX CAPO GUERRIGLIA
(ANSA) - PRISTINA, 3 DIC - Il parlamento del Kosovo ha eletto oggi a
Pristina l'ex comandante della guerriglia albanese (Uck) Ramush
Harudinaj nuovo primo ministro. Confermato invece nella carica di
presidente il moderato [SIC] Ibrahim Rugova.(ANSA). BLL
03/12/2004 15:31
KOSOVO: PARLAMENTO ELEGGE PREMIER EX CAPO GUERRIGLIA (2)
(ANSA) - PRISTINA, 3 DIC - La riconferma di Rugova alla presidenza del
Kosovo e' stata votata da 64 deputati sui 99 presenti in aula. I voti
contrari sono stati 32 e 3 le schede nulle. E' la stessa maggioranza
ottenuta da Ramush Haradinaj che nonostante le polemiche che hanno
precededuto la votazione, e' riuscito ad ottenere il mandato per
costituire il nuovo governo. Haradinaj e' stato interrogato nelle
scorse settimane dalla procura del tribunale internazionale dell'Aja
per i crimini di guerra nell'ex Jugoslavia, e secondo voci ricorrenti
rischia l'incriminazione per fatti commessi durante il conflitto del
1999, quando era comandante dell'Uck nella regione occidentale di Peja.
Subito dopo le elezioni dello scorso 23 ottobre, nelle quali l'Alleanza
per il futuro del Kosovo (Aak) ha ottenuto poco piu' dell'8 per cento
dei voti, Haradinaj ha iniziato a negoziare un accordo di governo con
la Lega democratica (Ldk) di Ibrahim Rugova, riuscendo a scalzare
dall'esecutivo il Partito democratico (Pdk) del premier uscente Bajram
Rexhepi pur uscito vittorioso dalle urne con oltre il 24 per cento.
Decisivo nel negoziato e' stato l'impegno, da parte del partito di
Haradinaj, di sostenere Rugova nell'elezione a presidente, condizione
invece respinta dal Partito democratico che ha infatti presentato un
proprio candidato, puntualmente sconfitto in Parlamento.(ANSA). BLL
03/12/2004 15:50
KOSOVO: BELGRADO CHIEDE A ONU ANNULLARE NOMINA HARADINAJ
(ANSA-AFP) - BELGRADO, 4 DIC - Le autorita' della Serbia hanno chiesto
oggi al capo della missione Onu in Kosovo, Soren Jessen-Petersen, ''di
annullare'' la nomina dell'ex capo della guerriglia albanese Ramush
Haradinaj a primo ministro della provincia. La nomina viene definita un
atto ''provocatorio e rischioso''. Belgrado chiede a Petersen di
''annullare - si legge in comunicato - l'atto provocatorio e rischioso
che e' l'elezione di Ramush Haradinaj a presidente del governo del
Kosovo''. Le autorita' serbe, prosegue il testo, ''condannano
l'elezione di Ramush Haradinaj perche' questo atto minaccia in modo
molto diretto una comune risoluzione dei problemi del Kosovo''. La
dichiarazione e' il risultato di una riunione straordinaria del governo
di Vojislav Kostunica, svoltasi oggi a Belgrado alla presenza del
presidente della Serbia, Boris Tadic, e del ministro degli esteri della
Serbia/Montenegro, Vuk Draskovic. Haradinaj, nominato ieri dal
parlamento del Kosovo primo ministro di questa provincia della Serbia
amministrata dall'Onu, e' stato uno dei piu' importanti comandanti
dell'Esercito di liberazione del Kosovo (Uck), la guerriglia
separatista albanese che combatteva contro le forze di Belgrado nel
1998-'99. Secondo il comunicato della Serbia/Montenegro, il nuovo
premier del Kosovo deve rispondere dell'accusa di aver compiuto ben 108
azioni criminali. In particolare, e' accusato di molteplici crimini di
guerra contro civili serbi nell'ovest della provincia, ed e' stato
recentemente interrogato dagli inquirenti del Tribunale penale
internazionale (Tpi) per i crimini di guerra nella ex-Jugoslavia.
''Certamente sara' difficile portare avanti un dialogo con le autorita'
del Kosovo rappresentate da un uomo accusato di crimini di guerra'', ha
dichiarato Kostunica al termine della riunione. Tra le altre cose,
Belgrado accusa Haradinaj di essere uno dei principali istigatori della
campagna di violenze antiserbe in Kosovo che, dall'arrivo
dell'amministrazione dell'Onu nel giugno 1999, ha portato all'esodo di
piu' di 200.000 serbi. (ANSA-AFP). BA 04/12/2004 17:20
KOSOVO: HARADINAJ PREMIER, LEVATA DI SCUDI IN SERBIA
(ANSA) - BELGRADO, 6 DIC - La Serbia insorge contro l'elezione dell'ex
comandante dell'Uck (l'armata di liberazione kosovara) Ramush Haradinaj
a primo ministro del Kosovo. Per una volta compatti, governo,
presidente e opposizioni hanno rivolto appelli alla comunita'
internazionale perche' impedisca l'insediamento nella provincia di un
esecutivo capeggiato da un politico sospettato di crimini di guerra, e
sul quale il Tribunale penale internazionale ha aperto una indagine. In
una riunione urgente convocata dal premier Vojsilav Kostunica, il
governo serbo ha chiesto sabato al capo dell'amministrazione dell'Onu
per il Kosovo (Unmik) Soren Jessen Petersen di invalidare la decisione
del parlamento kosovaro. Ma l'Unmik ha risposto di non avere
l'autorita' per farlo. Analoghi appelli sono stati rivolti al Consiglio
di sicurezza dell'Onu, all'Unione europea, all'Organizzazione per la
sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) e al Consiglio d'Europa.
L'ex ministro della giustizia serbo Vladan Batic ha rivelato alla
stampa l'esistenza di un dossier di 400.000 pagine - copia del quale e'
stata inviata al Tpi - sui crimini attribuiti a Haradinaj: fra gli
altri, una diretta responsabilita' nelle operazioni di 'contro-pulizia
etnica' che hanno seguito il ritiro delle forze jugoslave dalla
provincia. In particolare, la televisione statale Rts ha parlato di un
rapimento effettuato a Djakovica nel giugno del 1999 da parte di un
gruppo a suo dire guidato dal leader kosovaro-albanese. I rapiti, otto
uomini e tre donne di etnia rom che stavano festeggiando un matrimonio,
furono secondo Rts torturati e mutilati prima che cinque di loro
venissero uccisi. Il capo del centro statale serbo di coordinamento per
il Kosovo Nebojsa Covic ha per parte sua accusato la comunita'
internazionale di usare due pesi e due misure sulla questione dei
crimini di guerra: ''In Bosnia, il responsabile internazionale Paddy
Ashdown puo' silurare un intero governo, dal premier all'ultimo
usciere, sulla base di un semplice sospetto. In Kosovo l'Unmik e'
appiattita sulle posizioni della leadership albanese''. La nomina a
capo del governo kosovaro di Haradinaj rappresenterebbe ''un ostacolo
enorme al dialogo per la soluzione del problema della provincia - ha
detto Kostunica - e' difficile pensare di poter parlare con un uomo
responsabile di crimini sia in tempo di guerra che in tempo di pace''.
(ANSA). OT
06/12/2004 13:39
KOSOVO: HARADINAJ PREMIER, IN SERBIA SARA' ARRESTATO
(ANSA) - BELGRADO, 9 DIC - Se dovesse venire in Serbia per eventuali
negoziati, il primo ministro kosovaro Ramush Haradinaj verrebbe
arrestato: lo ha detto il ministro della giustizia Zoran Stojkovic
commentando gli inviti alla riapertura del dialogo rivolti dal neo capo
dell'esecutivo della provincia.
Haradinaj, la cui nomina e' stata fortemente contestata a Belgrado
perche' i serbi lo considerano un criminale di guerra ed e' stato
oggetto anche di una indagine del Tribunale penale internazionale,
aveva detto di essere ''pronto anche ad andare a Belgrado se
necessario'' per aprire le trattative sullo status del Kosovo.
Piu' pragmatico, il presidente serbo Boris Tadic ha detto di essere
disposto al dialogo anche con Haradinaj, se cio' servira' gli interessi
della comunita' serba kosovara. ''Considero la nomina di Haradinaj
inaccettabile, ma non voglio evitare la cooperazione con una persona
eletta dal parlamento kosovaro, perche' cio' non andrebbe a vantaggio
del paese'', ha detto ai giornalisti. Le dichiarazioni del capo dello
stato non hanno mancato di suscitare l'ira delle ali piu' radicali
della scena politica serba. (ANSA). OT 09-DIC-04 16:49 NNNN
09/12/2004 16:53
KOSOVO: SERBIA NON PARTECIPA A RIUNIONE SU AUTONOMIE LOCALI
(ANSA) - BELGRADO, 13 DIC - La Serbia non partecipera' al gruppo di
lavoro in programma oggi a Pristina sulle autonomie locali in Kosovo,
dove era invitata in qualita' di consigliere per le comunita' serbe
kosovare. Lo ha annunciato Slobodan Samardzic, consigliere del primo
ministro Vojislav Kostunica. Finche' Ramush Haradinaj sara' premier, ha
detto Samardzic, ''ne' Belgrado ne' le comunita' serbe kosovare
prenderanno parte a negoziati su qualunque vertenza''. La Serbia
considera il neo premier kosovaro un criminale di guerra e ha raccolto
un dossier di 400.000 pagine sui suoi presunti delitti. Haradinaj, che
e' stato oggetto di una indagine del Tribunale penale internazionale,
e' incriminato dai tribunali serbi per ben 108 capi di imputazione. Il
governo del premier Kostunica e' anche irritato dalla posizione ambigua
dei suoi eventuali negoziatori: ''Non prenderemo parte in trattative
nelel quali non ci e' dato un status uguale a quell della leadership
kosovara'', ha detto il consigliere. Partecipano invece ai lavori del
gruppo i serbi dell''Iniziativa civica', una formazione politica filo-
occidentale. A Belgrado, il presidente serbo Boris Tadic ha preso
ancora una volta in questi giorni le distanze dalle posizioni del
governo di Kostunica, annunciando di essere pronto a negoziare anche
con Haradinaj, se cio' potra' essere utile alla comunita' serba.
(ANSA). OT
13/12/2004 13:14
KOSOVO: ARRIVA IL 21/O GENIO GUASTATORI, A CASA I PONTIERI
(ANSA) - ROMA, 15 DIC - Passaggio di consegne nella componente Genio
del contingente italiano in Kosovo: il colonnello Filippo Mazzone,
comandante del 21/o reggimento Genio Guastatori, subentra al colonnello
Paolo Coricciati, comandante del 2/o reggimento Genio pontieri. Questo
reparto, dopo sei mesi, torna dunque in Italia, a Piacenza.
I genieri della Task force Astro, che comprende anche unita' tedesche,
argentine e bulgare, hanno compiuto nel loro periodo di permanenza in
Kosovo numerose attivita' in favore della popolazione. ''Significativi,
in particolare - sottolinea una nota diffusa a Roma dallo Stato
maggiore della Difesa - gli interventi su opere ed infrastrutture della
rete viaria della zona''. Tra questi, la realizzazione del tratto di
strada che collega le localita' di Maliscevo e Suva Reka, la prima
strada regionale del Kosovo ricostruita interamente dai soldati della
K-For. Gli uomini della task force hanno anche collaborato con il
personale tecnico del Kpc (Kosovo Protection Corp) di Dakovica nella
costruzione del ponte di Erenik, ''indispensabile strumento di
comunicazione per gli abitanti della zona, che dai tempi della guerra
erano costretti a percorre 15 chilometri di strada in piu' per
raggiungere Dakovica''.
Gli artificieri della task force hanno inoltre compiuto circa mille
interventi, ''rendendo piu' sicure - si legge nel comunicato - vaste
aree un tempo infestate da ordigni di vario genere (826 dei quali
distrutti), residuati del conflitto''. Gli stessi militari hanno pure
svolto corsi ai giovani kosovari sul pericolo delle mine e degli
ordigni.
''Four nations for one team'', questo il motto di Astro, che oltre a
garantire la mobilita' delle unita' della brigata multinazionale
Sud-Ovest e' stata anche impegnata in ''numerosissime attivita' a
favore della popolazione locale''.
Tra quelle piu' significative: il supporto logistico alle
organizzazioni non governative presenti nell'area di responsabilita';
la realizzazione di infrastrutture nella zona di Prizren; la
costruzione di un campo da calcio per gli orfani presso il Centro
Caritas di Klina e di un parco giochi per i bambini del villaggio di
Decane; la realizzazione di un sistema di canalizzazioni a Bec Jakova.
''Questa task force ha contribuito a realizzare con successo le
operazioni della brigata in favore della popolazione kosovara. I
genieri di Astro hanno sempre mantenuto un buon rapporto con la
popolazione e le autorita' locali e meritano il mio piu' vivo
apprezzamento'', ha detto il comandante della Brigata multinazionale
Sud-Ovest, il generale Richard Rossmanith, presente al passaggio di
consegne. (ANSA). SV 15-DIC-04 20:13 NNNN
15/12/2004 20:18
SERBIA/MONTENEGRO: ESERCITO RAFFORZA PRESENZA VICINO KOSOVO
(ANSA) - BELGRADO, 22 DIC - L'esercito della Serbia/Montenegro ha
deciso di rafforzare la propria presenza nel sud del paese vicino al
Kosovo, la provincia a maggioranza albanese amministrata dall'Onu. Lo
ha riferito oggi Radio B92. Due battaglioni supplementari saranno
dispiegati in diversi punti della provincia, dove si trova la valle di
Presevo. Con questo provvedimento, ha aggiunto Radio B92, la Serbia
intende mandare un messaggio per dire di essere pronta a rispondere a
ogni minima sfida contro la propria sicurezza. La misura adottata e'
dunque di tipo precauzionale. La valle di Presevo, dove vive una
nutrita comunita' albanese, e' stata teatro tra il 2000 e il 2001 di
scontri tra forze serbe e guerriglieri separatisti albanesi che avevano
costituito un ''Esercito di liberazione di Presevo, Mevedja e
Bujanovac''. Secondo le autorita' di Belgrado gli ex guerriglieri di
quel movimento hanno creato un nuovo gruppo, l'Esercito nazionale
albanese, che afferma di combattere per una ''Grande Albania''
comprendente il Kosovo, una parte della Macedonia e del sud della
Serbia. Tale gruppo e' considerato dalla missione Onu in Kosovo ''un'
organizzazione terroristica''.(ANSA). COR-KTA
22/12/2004 19:05
---
Da Liberazione del 23/12/2004
Kosovo, il premier: «Indipendenza nel 2005»
«Il nostro programma ha come obiettivo la creazione dello stato
indipendente del Kosovo perché questo è il desiderio del popolo», così
Ramush Haradinaj ha presentato il programma del suo governo
all'Assemblea Nazionale del Kosovo. Un programma in otto punti che
prevede la creazione dello stato indipendente entro il 2005 o al
massimo il 2006. Il controverso premier, eletto nonostante le
preoccupazioni espresse dalla comunità internazionale, è l'ex leader
dell'Uck e rischia di essere incriminato per crimini di guerra dal
Tribunale dell'Aja.
=== 4 ===
The Times : Le premier ministre du Kosovo pourrait être inculpé de
crime de guerre
Remarquons au passage comment les bandits de l'UCK complices de l'OTAN
se voient gratifiés du nom de "résistants" - ce qui ne viendrait
peut-être pas à l'esprit du Times pour qualifier les "insurgés", ou les
"terroristes en Irak", j'imagine? (R. Marounek sur alerte_otan
@...)
http://www.timesonline.co.uk/article/0,,2089-1399929,00.html
Des diplomates occidentaux au Kosovo disent qu'ils s'attendent à ce que
le nouveau premier ministre de la province agitée soit poursuivi pour
crime de guerre.
Ramush Haradinaj, un ancien videur de night-club qui a conduit la
"résistance" (sic) de l'UCK contre la police serbe et l'armée
yougoslave en 1998 et 1999, est une figure héroïque parmi les Albanais.
Son charisme a aidé à assurer un large support de la Communauté
Internationale après la guerre et sa carrière politique a été
encouragée par les officiels britanniques.Mais le côté plus obscur de
son passé rebelle semble maintenant le rattraper.
Les diplomates disent qu'il est probable que Haradinaj, 36 ans, soit
inculpé en rapport avec le massacre de 40 civils serbes et albanais
près de son village d'origine de Glodjane, en été 1998. Ce massacre
figure parmi plusieurs crimes de guerre supposés de l'UCK sur lesquels
le TPIY est en train d'enquêter.
Les officiels disent qu'on s'attend à ce que le tribunal émette un
mandat d'arrêt pour Haradinaj dans les semaines à venir auprès des
autorités des Nations Unies gouvernant le Kosovo.
Haradinaj, qui a perdu ses deux frères dans les combats contre les
Serbes, a nié toutes les allégations de crime de guerre, et a coopéré
avec le TPI. Toutefois, les Nations Unies et d'autres responsables
internationaux craignent que même si il se livre lui-même a la justice,
son écartement ne provoque une flambée de violence au Kosovo, semblable
aux émeutes de mars passé dans lesquelles des centaines de maisons
serbes, d'églises et de monastères avaient été brûlé.
Haradinaj a décrit l'enquête menée sur lui comme une conspiration
fomentée par Belgrade.
Lorsque le parlement du Kosovo l'a confirmé comme premier ministre il y
a une semaine, le gouvernement serbe a tenu une session extraordinaire,
et Vojislav Kostunica, le premier ministre, a demandé aux Nations Unies
de démettre Haradinaj.
Des officiels qui sont proche d'une enquête indépendante de la police
serbe sur Haradinaj ont également rendu public de nouvelles
photographies du massacre de Glodjane, dans lesquelles on peut voir des
corps en train de pourrir à côté d'un barrage.
Des rapports d'autopsie de l'époque suggéraient que les victimes, pour
la plupart des villageois de l'endroit, avaient été tués par balles ou
battus à morts, et beaucoup portaient des traces de torture.
Les villageois serbes qui avaient survécu au règne de la terreur de
l'UCK dans le voisinage avaient témoigné avoir été kidnappé et détenus
dans une maison de la famille de Haradinaj, où ils avaient été battus à
coup de massue [clubs?] et de crosse de fusil.
Haradinaj a joui de bonnes relations avec les moniteurs internationaux
envoyé au Kosovo durant la guerre, et a même reçu un téléphone
satellite pour aider l'OTAN à cibler les forces Serbes et Yougoslaves
tout au long de la campagne de bombardement de 78 jours qui a précédé
l'entrée de l'Alliance au Kosovo.
« Il a toujours exprimé des choses justes, sur le fait de vouloir que
les Serbes et les Albanais soient capables de vivre ensemble dans le
futur. », a déclaré un officier retiré de l'armée britannique qui a
rencontré Haradinaj à plusieurs reprises.
La Grande-Bretagne avait soutenu Haradinaj comme un rival de Hashi
Tachi, chef politique de l'UCK. En tant que leader de l'Alliance pour
le Futur du Kosovo, il a rencontré en 2001 Robin Cook, qui était alors
ministre des affaires étrangères. Il a ensuite uni ses forces avec le
plus modéré Ibrahim Rugova, président du Kosovo, pour former la
coalition dominante au parlement.
Les diplomates disent que Haradinaj croit qu'il peut devenir le premier
premier ministre d'un Kosovo Indépendant. Le statu de la province -
elle fait toujours formellement partie de la Serbie - doit être décidé
l'année prochaine.
Un diplomate français a déclaré que les autorités du Kosovo
s'attendaient à ce que Haradinaj se rende à la justice vers le milieu
du mois de janvier.
La KFor, la force de maintien de la paix au Kosovo, sera renforcée, et
la semaine passée, Jaap de Hoop Scheffer, le secrétaire général de
l'OTAN, a incité les Albanais à rester calmes. « C'est absolument
nécessaire pour Haradinaj et pour ceux qui le suivent de se comporter
de manière responsable si il est inculpé », a-t-il déclaré.