Informazione

MONTENEGRO: TITO, ALL'INFERNO PER CHIESA ORTODOSSA SERBA


(ANSA) - BELGRADO, 18 GEN - E' sicuramente all'inferno per la Chiesa
ortodossa serba Josip Broz Tito, il fondatore della Jugoslavia
comunista. In un affresco per la chiesa dell'Assunzione a Budva
(Montenegro), il suo ritratto e' fra quelli dei condannati alla
dannazione eterna, riferisce oggi il quotidiano Novosti. L'opera,
commissionata nel dettaglio dalle locali autorita' ecclesiastiche al
pittore belgradese Vladimir Kidisevic, ritrae fra i dannati anche il
metropolita Miras Dadaic, promotore di una chiesa indipendente
montenegrina. L'affresco, che copre tutta una parete della chiesa,
vorrebbe rappresentare il giudizio universale: manifesta comunque il
giudizio della curia ortodossa serba, dato che accanto a Tito -
considerato un grande nemico della religione - sono ritratti anche
personaggi dei servizi segreti dell'epoca comunista e loro
collaboratori. Benedict Jovanovic, priore del monastero di Podmajne
(del quale fa parte la chiesa dell'Assunzione) ha confermato che
''l'intenzione era di rappresentare fra i dannati tutte le persone che
hanno danneggiato il patriarcato ortodosso serbo: i comunisti sono
degli anticristi, per decenni hanno devastato i nostri luoghi di
culto''. (ANSA). OT
18/01/2005 16:45

ICG/Kosovo: SECESSIONE OPPURE GUERRA


L'International Crisis Group (ICG), "think tank" espressione diretta
degli interessi del complesso militare-industriale dei paesi
imperialisti, ha diffuso oggi il testo di un rapporto nel quale si
minaccia lo scoppio di una nuova guerra in Europa se entro l'anno non
verra' decretata e riconosciuta la "indipendenza del Kosovo".

Il testo integrale di questo cosiddetto "rapporto" si puo' scaricare
alla URL:

http://www.crisisgroup.org/home/index.cfm?l=1&id=3226
Kosovo: Toward Final Status
ICG's Europe Report N°161 - 24 January 2005

Tra i componenti dell'ICG si annoverano: teorici della geopolitica di
guerra statunitense, con a capo Zbigniew Brzezinski; teorici della
"guerra etica" quali Emma Bonino; falsi benefattori dell'umanita' come
George Soros; personaggi-chiave dell'establishment politico USA quali
Morton Abramowitz; militari, criminali di guerra ed alti esponenti
della NATO quali Wesley Clark e George Robertson.

(a cura di I. Slavo)

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KOSOVO: SENZA INDIPENDENZA SI RISCHIA GUERRA

(ANSA) - BRUXELLES, 23 GEN - La situazione in Kosovo si sta facendo
''sempre piu' pericolosa'' e minaccia ''disordini su vasta scala e
addirittura una nuova guerra''. L'allarme per la provincia serba sotto
tutela Onu viene lanciato oggi dall'osservatorio dell' ''International
crisis group'' (Icg) che avverte: per evitare il peggio, ''tutte le
parti'' devono iniziare ''immediatamente'' a fare del Kosovo uno stato
indipendente con garanzie per le minoranze.
Insomma, sostiene l'organizzazione per la prevenzione dei conflitti con
sede a Bruxelles, l'indipendenza da Belgrado - da raggiungere gia'
verso la meta' del 2006 - ''e' l'unica soluzione che possa scongiurare
la montante tempesta''. Vanno pero' rispettate alcune condizioni,
avverte l'Icg in una nota, riferendosi soprattutto alle tutele per la
minoranza serba.
Dopo l'intervento armato del 1999 che scaccio' la Serbia dalla
provincia a maggioranza albanese per evitarne la pulizia etnica, il
Kosovo e' un protettorato dell'Onu. Ma - secondo l'osservatorio nel cui
comitato esecutivo siede l'europarlamentare Emma Bonino - la
risoluzione 1244 che ha creato l'amministrazione internazionale e'
''ambigua'' circa la durata della ''sovranita' tecnica'' di Belgrado.
Negli ultimi cinque anni, la questione dello ''status finale'' della
provincia e' stata ''rinviata'' mentre i due milioni di kosovari (al
90% albanesi) continuano a vivere in una sorta di ''limbo''. La
popolazione, avverte ancora l' Icg, ''non accettera' mai'' il ritorno
di Belgrado e la comunita' internazionale ''deve capire'' il suo
malcontento anche dopo l'esplosione di violenza del marzo scorso (19
morti, piu' di 900 feriti ed oltre 800 edifici dati alle fiamme).
L'assenza almeno di un avvio della soluzione per il ''final status''
del Kosovo nel 2005, ammonisce ancora il think-tank di brussellese nel
comunicato che sintetizza un rapporto di una quarantina di pagine,
''potrebbe innescare un'instabilita' regionale'', estesa quindi a tutti
i Balcani. Un ''primo passo'' delle sei nazioni che compongono il
''gruppo di contatto'' - di cui fa parte l'Italia assieme a Stati
Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania - dovrebbe essere
percio' quello di definire ''il prima possibile'' un calendario di
iniziative che abbia come meta finale l'indipendenza del Kosovo.
In questo ambito andra' messo in chiaro che la tutela delle minoranze
serbe e' la questione da cui piu' dipenderanno i progressi del
negoziato e che non sara' accettato ne' un ritorno del Kossovo alla
Serbia, ne' una scissione della provincia e nemmeno una sua
unificazione con l'Albania o con qualsiasi altro stato o territorio
confinante. Inoltre andranno individuate garanzie che il Kosovo
rispetti gli impegni presi e che giudici internazionali siedano nei
suoi piu' alti tribunali. Il nuovo stato, fra l'altro, dovrebbe poi
accettare una missione di monitoraggio. Insomma, sintetizza l'Icg, ''e'
ora che nel Kosovo la comunita' internazionale smetta di salvare capra
e cavoli''. (ANSA). CAL 23-GEN-05 17:31 NNNN
23/01/2005 17:58

===

CHE COS'E' L'INTERNATIONAL CRISIS GROUP

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Some Feedback on Crisis Group
January 2001 – November 2004
http://www.crisisgroup.org/home/index.cfm?id=1205&l=1

About Crisis Group
http://www.crisisgroup.org/home/index.cfm?id=1086&l=1

---

http://www.icg.org/home/index.cfm?id=1139&l=1

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BERTINOTTI E SHARON
UOMINI POLITICI DELL'ANNO


vedi le fotografie su:
http://www.arcipelago.org/primo%20piano/che_bella_festa.htm


«Bertinotti politico dell'anno», premio (con cena) del «Riformista»

(Il Corriere, 20.1.2005)

ROMA - Nel corso di una cena tutta arancione - zuzza, lenticchia, cachi
- il giornale il Riformista ha premiato uno dei suoi «nemici», Fausto
Bertinotti, con l' «Oscar della politica 2004». Non c' è da stupirsi,
l'anno scorso il riconoscimento andò a Gianfranco Fini, perché lo
spirito è quello di segnalare chi abbia effettuato «la più rilevante
innovazione politica». Beninteso, il premio è stato assegnato prima
della vittoria di Nichi Vendola alle primarie pugliesi ed è motivato
dalla «rifondazione» di Rifondazione come forza di governo, dalla
revisione delle radici comuniste, dal ripudio della violenza come
strumento di lotta politica e dalla condanna del terrorismo. Alla cena,
alla Città del Gusto, c' erano Francesco Caltagirone, Barbara
Palombelli, Emanuele Macaluso, Sandro Curzi, Mario d'Urso e altri, a
destra e a sinistra del riformismo. Per la categoria «politica
internazionale, l'Oscar è andato ad Ariel Sharon, come miglior sindaco
o governatore a Walter Veltroni, come migliore trasmissione politica a
Porta a Porta.


PREMIO DEL RIFORMISTA 
(Il Messaggero, 20.1.2005)
  
ROMA È Fausto Bertinotti il miglior politico nazionale. Il leader del
Prc si è aggiudicato l'Oscar della politica, premio indetto dal
quotidiano ”Il Riformista”, battendo con 15 voti il presidente del
Consiglio, Silvio Berlusconi, che si è piazzato al secondo posto con 6
preferenze. Il premio è stato assegnato da due giurie indipendenti:
quella per gli esponenti politici è composta, fra gli altri, da Ritanna
Armeni, Pierluigi Battista, Sandro Curzi, Ferruccio De Bortoli,
Vittorio Feltri, Giuliano Ferrara, Massimo Giannini, Enrico Mentana,
Giampaolo Pansa, Dario Di Vico, Angelo Panebianco, Antonio Polito,
Michele Santoro e Marcello Veneziani.
Bertinotti è stato scelto «per la revisione delle radici comuniste, per
il ripudio della violenza come strumento di lotta politica, per la
condanna senza se senza ma del terrorismo anche se islamico, e per la
rifondazione del suo partito come forza di governo».
Miglior politico internazionale, è risultato Ariel Sharon. Con 11 voti
ha battuto il presidente degli Stati Uniti George Bush che ha ottenuto
8 preferenze. Il premio di miglior sindaco o governatore è stato
assegnato a Walter Veltroni che, con 12 voti, ha preceduto il
governatore della Lombardia, Roberto Formigoni. Migliore trasmissione
politica è stata ritenuta ”Porta a Porta” di Bruno Vespa; alsecondo
posto Giuliano Ferrara per ”Otto e mezzo”. Il premio di miglior ”spin
doctor” è andato al portavoce di Marco Follini, Paolo Messa.

[ Due articoli di J. Elsaesser dall'edizione di ieri del quotidiano
della sinistra tedesca "junge Welt": il primo, dal titolo eloquente:
"Vaffanculo Petersen"; il secondo, una intervista alla professoressa
Smilja Avramov. ]

Zwei Artikeln von Juergen Elsaesser
aus der gestrigen Ausgabe der jungen Welt

20.01.2005

http://www.jungewelt.de/

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Kommentar
Jürgen Elsässer, Belgrad

Fuck you, Petersen!

Neue Strafmaßnahmen gegen Serbien

Lebt man in einem verarmten Dritte-Welt-Staat wie Serbien und bekommt
täglich mit, wie sich die Herren der Welt gegenüber Land und Leuten
benehmen, wird man in kürzester Frist und ohne zusätzliche
Politschulung zu einem Anhänger härtester Gewaltmaßnahmen gegen das
ganze Pack. Die arroganten Emissäre der sogenannten internationalen
Staatengemeinschaft reiten derzeit fast täglich in Belgrad ein, um neue
Strafaktionen zu verkünden. Anfang des Jahres machte Paddy Ashdown der
serbischen Hauptstadt seine Aufwartung und gab kund, daß er ganz gerne
der kleinen Republika Srpska in dem von ihm mit feudalen Vollmachten
regierten Bosnien den Garaus machen würde. Am Montag gab sich Sören
Jessen-Petersen die Ehre, der als UN-Verwalter die Menschenrechte im
Kosovo sichern soll. Die Proteste der Angehörigen der 200000 von dort
vertriebenen Serben ließen ihn kalt, aber er kündigte gnädig an, daß
man vielleicht den Strom für die in der Provinz noch übrigen serbischen
Enklaven wieder anschalten werde. In den nächsten Tagen wird Javier
Solana erwartet, der vor zwei Jahren das Ende Jugoslawiens oktroyierte.
Jetzt sieht der »Außenbeauftragte« der EU mit wohlwollendem Schweigen
zu, wie die Separatisten in Podgorica auch noch die
verfassungsrechtlich bindendenden Wahlen für die Staatengemeinschaft
Serbien-Montenegro boykottieren und so quasi Eigenstaatlichkeit
proklamieren. Serbien muß sterbien bedeutet aktuell: Amputation von
Kosovo und Montenegro sowie Liquidation der Republika Srpska.

Um das Maß vollzumachen, setzten die USA am Wochenende zum ersten Mal
seit dem Sturz von Milosevic wieder Sanktionen in Kraft. Zugesagte
Gelder bleiben eingefroren, solange sogenannte Kriegsverbrecher nicht
an das Haager Tribunal ausgeliefert werden. Sofort nach der
Washingtoner Entscheidung mußte man einen Dinar mehr pro Dollar und
Euro bezahlen, was auf die Lebenshaltungskosten durchschlägt. Schon zu
Jahresanfang erhöhten sich mit der Einführung der Mehrwertsteuer alle
Preise um acht Prozent – so soll das Land »europatauglich« werden. Seit
Dezember hat sich etwa die Busfahrkarte zuerst von 12 auf 18 und nun
auf 20 Dinar verteuert.

Premier Vojislav Kostunica empfängt die Emissäre des Imperiums artig,
anstatt ihnen ein kräftiges »Jebem ti boga!« (»Fuck you!«) zuzurufen.
Das Agrarland Serbien kann gut leben ohne die sogenannte Hilfe des
Westens. Und Solana, Petersen und Ashdown sollte man probeweise
wenigstens für einen Tag in ein kaltes Belgrader Gefängnis stecken –
wenn sich schon sonst niemand um ihr völkerrechtswidriges Agieren
kümmert.

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Interview: Jürgen Elsässer

»Die Trilaterale Kommission entscheidet alles«

»Weltregierung im Wartestand« legt die Richtlinien der Politik fest.
Ihr Ziel: »Global Governance« – Weltherrschaft ohne Regierungen. Ein
Gespräch mit Smilja Avramov

* Smilja Avramov ist Professorin für Internationales Recht in Belgrad

F: Sie sind vermutlich die renommierteste Völkerrechtlerin in Serbien
und wurden von Slobodan Milosevic als Zeugin seiner Verteidigung
aufgerufen. Sie schreiben auch Bücher über die Trilaterale Kommission
und die Bilderberg-Gruppe – Themen, die in Deutschland eher Außenseiter
beschäftigen. Wie paßt das alles zusammen?

Viele Leute wissen nicht, wie die Neue Weltordnung tatsächlich
funktioniert. Um bei dem Thema zu bleiben, zu dem ich auch im Haager
Prozeß ausgesagt habe, die Zerschlagung Jugoslawiens: Die letzte
Entscheidung ist in der Bilderberg-Gruppe gefallen. Lord Carrington,
der für die Europäische Gemeinschaft 1991/92 als Balkanbeauftragter
aktiv war, war damals deren Präsident.

F: Was ist die Bilderberg-Gruppe?

Vielleicht müssen wir mit der Trilateralen Kommission beginnen. Sie
wurde 1973 gegründet und ist nichts anderes als eine Weltregierung im
Wartestand. Auf ihren Tagungen werden die jeweils aktuellen globalen
Probleme verhandelt und dazu entsprechende Beschlüsse gefaßt, also etwa
1991 zur Zerschlagung Jugoslawiens. Alle 51 Protokolle der Tagungen der
Trilateralen Kommission konnte ich mir besorgen und für mein Buch
»Trilateralna Komisija« auswerten. Die Bilderberg-Gruppe wiederum ist
eine zweite Gesellschaft, die aber weitgehend dieselben Mitglieder hat.
Ihre Gründung wurde vom Vatikan angeregt.

F: »Weltregierung im Wartestand« – das klingt für mich etwas überzogen.
Die maßgeblichen Entscheidungsinstanzen sind doch eher der IWF, die
Weltbank oder die G8 – oder?

Dort fallen die Entscheidungen pro forma, aber alles muß doch
vordiskutiert werden. Und dafür gibt es die Trilaterale Kommission. Zum
Beispiel war beim letzten europäischen Treffen der Kommission im Herbst
2004 in Berlin das Verhältnis zu Rußland ein großes Thema. Schauen Sie
sich die Mitglieder des Präsidiums an – ich habe hier den Stand von
1997 –, unter den zehn Mitgliedern des Präsidiums sind die besten
Adressen aus der Welt des Kapitals: der Multimilliardär David
Rockefeller, der ehemalige US-Zentralbankchef Paul A. Volcker, der
ehemalige BRD-Wirtschaftsminister Otto Graf Lambsdorff, drei wichtige
japanische Wirtschaftsführer. Unter den 250 Mitgliedern werden Sie
weitere bekannte Namen finden: Zbigniew Brzezinski, Richard Holbrooke,
Henry A. Kissinger, Paul D. Wolfowitz, Josef Ackermann, Kurt
Biedenkopf, Horst Köhler ...

F: Die Trilaterale Kommission gibt es schon über 30 Jahre, aber offen
wird über weltweite Steuerungsmechanismen erst seit einigen Jahren
diskutiert, Stichwort Global Governance. In welchem Verhältnis steht
das zueinander?

Nach dem Zusammenbruch der Sowjetunion wandten sich maßgebliche
US-Kreise von der Trilateralen Kommission ab, da sie nun den Kurs auf
Alleinherrschaft einschlugen. Eine Auswirkung dessen ist etwa das
Haager Tribunal, das weitgehend von den USA beherrscht wird. Das wurde
formal vom UN-Sicherheitsrat installiert, aber der hatte gar keine
Befugnisse dazu, wie ich bei den vorhergehenden Beratungen der UN als
Vertreterin Jugoslawiens auch gesagt habe. Übrigens haben
US-Rechtsprofessoren, die nach 1945 für das Nürnberger
Kriegsverbrechertribunal gearbeitet haben, dieselbe Meinung vertreten.
Im Unterschied zum Haager Tribunal ist der gleichfalls in Den Haag
etablierte Internationale Strafgerichtshof (ICC) eine Institution, die
völkerrechtlich korrekt zustande gekommen ist, nämlich durch einen von
Staaten ratifizierten Vertrag. Bezeichnenderweise wird der ICC von den
USA boykottiert. Sie wollen, daß Serbien seine Bürger an das »Tribunal«
überstellt, aber sie selbst sind nicht dazu bereit, ihre Bürger der
Jurisdiktion des ICC zu übergeben.

Global Governance bedeutet übrigens für die Trilaterale Kommission
»Governance without Governments«, also Weltherrschaft ohne Regierungen.
So betreibt man weltweit die Zerstörung von Staatsfunktionen und
schafft über sogenannte Nichtregierungsorganisationen Instrumente, um
an den bestehenden Regierungen vorbei die Geschicke der Völker zu
lenken.

Le ambiguita' del "Manifesto"


Riportiamo di seguito due articoli di Tommaso Di Francesco apparsi
nelle scorse settimane sul quotidiano "Il Manifesto".

Tommaso Di Francesco e' tra i pochissimi giornalisti italiani a seguire
le questioni jugoslave con una certa continuita' e competenza. In
questi articoli egli pone di fronte all'opinione pubblica l'attualita'
e l'urgenza della questione del Kosovo e della Jugoslavia in generale,
in un contesto in cui viceversa dominano la censura militare ed una
irresponsabile disattenzione della classe politica. Di Francesco fa
anche notare come la gravita' della situazione attuale derivi in larga
misura dalle scelte criminali del governo D'Alema (benche' tuttora
molti esponenti del centrosinistra rivendichino una impossibile
legittimita' per la loro "guerra umanitaria" del 1999... e magari anche
per la prossima).

Tuttavia, Di Francesco mescola informazione e disinformazione. E
vorremmo capire il perche'.

Egli continua a parlare di "contropulizia etnica" per l'attuale regime
di apartheid e violenza instaurato in Kosovo, dando ad intendere che si
dovrebbe credere alla grande menzogna della "pulizia etnica serba" -
menzogna usata proprio dalla NATO e da quel centrosinistra per
giustificare la aggressione del 1999 e le vergogne attuali. Egli scrive
senza alcuna ombra di ironia che:

<<la Serbia "si `limitava' a trucidare la propria popolazione di etnia
albanese>>

pur sapendo benissimo che non esisteva alcuna politica di
discriminazione, tanto meno di sterminio, nella Serbia di Milosevic.
Tanto e' vero che a Belgrado hanno sempre abitato ed abitano centinaia
di migliaia di albanofoni. Tanto e' vero che molti albanesi-kosovari
erano iscritti al Partito Socialista della Serbia, finche' non sono
stati ammazzati dall'UCK - oppure sono dovuti scappare dopo il giugno
1999. Tanto e' vero che le bugie sullo "sterminio" e sulle "fosse
comuni" non sono nemmeno parte dei capi di imputazione del "Tribunale
dell'Aia" - ed e' tutto dire!!!

Perche' allora Tommaso di Francesco mente? Forse tutto questo e'
semplicemente il prezzo che Di Francesco deve pagare per potere
scrivere di certi argomenti su di un quotidiano nazionale... E
tuttavia: chi obbliga Di Francesco a darcela a bere su Carla Del Ponte
che "racconta di vivere letteralmente barricata dentro il Tribunale"
(la tapina!) ? E perche' Di Francesco definisce "moderato" l'agente
sorosiano Veton Surroi ? E perche' finge di stupirsi sulla designazione
del terrorista Haradinaj a "premier del Kosovo" ? Ed e' veramente
convinto che questa designazione sia avvenuta "nello stupore della
comunità internazionale" [SIC] ? Strano, perche' e' lui stesso a
scrivere che "l'amministratore Unmik Jessen Petersen ha respinto ogni
richiesta [di rimozione di Haradinaj dall'incarico], dichiarando che la
destituzione «non sarebbe democratica»", ed anche che "in queste ore
l'amministrazione Bush si mostra disposta ad appoggiare Ramush
Haradinaj".
Ma, di grazia, non e' tutto questo perfettamente in linea con la
politica anti-jugoslava di USA ed UE da 15 anni a questa parte? Puo' Di
Francesco non sapere che e' dimostrato, ad esempio, il coinvolgimento
dei servizi segreti militari tedeschi nei pogrom antiserbi dello scorso
marzo (vedi la documentazione passata su JUGOINFO negli scorsi due
mesi)? E perche' non ne parla? E perche' non dice niente di quello che
avviene e che viene detto dentro l'aula del "tribunale ad hoc"
dell'Aia, proprio in questi mesi in cui e' in atto la fase della difesa
di Milosevic?

Forse dovremo aspettare la "dichiarazione di indipendenza" del Kosovo,
preannunciata per quest'anno, e dunque la guerra prossima ventura,
prima di vedere sciogliersi alcune persistenti ambiguita' del
"Manifesto" sulla questione jugoslava.
E' un vero peccato.

(a cura di Italo Slavo)

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1. Se Fassino rivendica la guerra (13/01/2005)

2. Vulcano Kosovo, rumori di eruzione (19/12/2004)


=== 1 ===

Dibattito a sinistra:

Se Fassino rivendica la guerra

di Tommaso di Francesco

su Il Manifesto del 13/01/2005

Era stato nientemeno che il neocon nostrano Angelo Panebianco ad
affrontare sul Corriere della Sera l'argomento pelosissimo: come
affronterà il centrosinistra eventuali crisi internazionali che
comportino anche l'impiego di soldati italiani? Ce n'era di che
interrogarsi, a sinistra, visto che l'articolo suddetto paventava nel
titolo la «variabile Bertinotti». Naturalmente non è accaduto nulla di
tutto questo. Anzi è accaduto il contrario. Cioè che l'occasione è
stata colta da due protagonisti del centrosinistra come Fassino e
Minniti, per rivendicare la guerra insieme al buon diritto di saperla
fare. Ha cominciato proprio Fassino che, sempre sul Corriere, dopo aver
ricordato tutte le missioni militari decise con e dal centrosinistra,
ha richiamato la vicenda della «guerra umanitaria» del 1999: «Ogni
volta lo abbiamo fatto sulla base di decisioni assunte dall'Onu o da
istituzioni multilaterali equivalenti quali la Nato per il Kosovo».
Davvero uno sproposito. Dall'intervento infatti apprendiamo che
l'Alleanza atlantica nel giugno del 1999 - era ancora un Patto militare
di difesa dell'Europa occidentale e non c'era stata la riforma
«aggressiva» di Washington di fine anno - era un organismo
«equivalente» alle Nazioni unite. Non è finita, perché per Fassino «ciò
è avvenuto in coerenza con l'articolo 11 della Costituzione italiana
che rifiuta il ricorso alla guerra come strumento di risoluzione dei
conflitti, ma al tempo stesso autorizza la messa a disposizione di
soldati italiani per azioni di pace e di stabilizzazione». Va da sé che
per Fassino costituiscono «azione di pace» 78 giorni di bombardamenti
indiscriminati sulla ex Jugoslavia, con tonnelle e tonnellate di bombe
sulle principali città, con la devastazione delle infrastrutture fino
agli ospedali, l'uccisione di 1.500 civili, migliaia e migliaia di
feriti (vedere i rapporti di Amnesty International per credere). E che
non hanno certo «stabilizzato» il Kosovo dove si è scatenata una
criminale quanto nascosta contropulizia etnica a danno delle nuove
minoranze sotto gli occhi della Nato, con migliaia di nuovi omicidi e
distruzioni.

Ma gli spropositi non sono finiti. Perché Fassino ricorda che è in
corso una riforma dell'Onu, ci sono le proposte dei Saggi proprio sul
ricorso all'uso della forza, per evitare che sia illegale, proprio come
quella in Iraq. Un ricorso «estremo», dicono i Saggi, dopo aver
esperito «ogni possibilità alternativa». E Fassino non può dimenticare
- non lo dimentica certo l'ex ministro degli esteri Dini - che c'era in
Kosovo una missione dell'Osce che avrebbe potuto continuare il suo
ruolo e che invece venne fatta fallire a bella posta, e che a
Rambouillet la diplomazia occidentale segnò una delle sue pagine
peggiori.

Fin qui, quanto a dichiarazioni, davvero poteva bastare. Invece, apriti
cielo. Perché il vice-capogruppo di Forza Italia alla Camera,
l'ineffabile Isabella Bertolini ha attaccato, ricordando che no, non fu
la sola sinistra al governo a decidere sul Kosovo, perché «la decisione
ebbe il voto di Forza Italia, An e Lega». «Mente sapendo di mentire»,
ha rilanciato Marco Minniti perché «la mozione Mussi, presentata il 26
marzo 1999 venne approvata dalla sola maggioranza che sosteneva il
governo D'Alema». Le rivendicazioni sono durate per tre giorni.
Un'ideologia viva e vegeta.

Ricordiamo soltanto due problemi. Il primo. E' il 2005, l'anno della
verifica degli accordi di «pace» del 1999 che, possiamo anticipare
senza sbagliare, confermeranno il protettorato militare eterno, non la
stabilizzazione, o la restituzione della provincia kosovara a Belgrado,
la pacificazione etnica, o tantomeno la democrazia. Il secondo. Le
parole di Robert Kagan, il teorico dei neocon doc, scritte nel suo
saggio: «Il diritto di fare la guerra». Parole inequivocabili che
spiegano, a chi si barcamena tra guerre buone, umanitarie e di sinistra
e guerre cattive di destra, quanto sia stato decisiva e anticipatrice
per la guerra illegale in Iraq proprio la guerra contro l'ex
Jugoslavia. «La guerra in Kosovo fu illegale, e non solo perché
condotta senza l'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. La
Serbia era uno stato sovrano che non aveva compiuto alcuna aggressione
verso un altro stato, ma si `limitava' a trucidare la propria
popolazione di etnia albanese. L'intervento ha quindi violato il
principio cardine della Carta delle Nazioni unite: l'uguaglianza
inviolabile e sovrana di tutte le nazioni... Quella guerra ha lasciato
l'amministrazione della giustizia internazionale nelle mani di un
numero relativamente ristretto di potenti nazioni dell'Occidente. Senza
regole. E nel 1999 gli americani non si fecero sfuggire l'occasione di
una guerra senza l'autorizzazione dell'Onu».


=== 2 ===

Internazionale:

Vulcano Kosovo, rumori di eruzione

di Tommaso Di Francesco

su Il Manifesto del 19/12/2004

Carla Del Ponte dall'Aja ci parla di Haradinaj, capo militare dell'Uck,
interrogato dal Tribunale internazionale per i crimini di guerra negli
stessi giorni in cui è diventato primo ministro in Kosovo, grazie a un
accordo «di scambio» col leader moderato Rugova. Un'operazione che sta
riaccendendo la polveriera balcanica

Le notizie che, in queste ore e per tutto il mese di dicembre, si sono
rincorse dal Kosovo - cadute impietosamente nel silenzio di tutta la
stampa italiana attenta alle ceneri del fallimento della guerra
preventiva in Iraq - preannunciano una prossima esplosione del
«vulcano» Kosovo. Il leader militare delle milizie dell'ex Uck, Ramush
Haradinaj è diventato primo ministro negli stessi giorni in cui era
interrogato all'Aja; Belgrado ha chiesto alle Nazioni unite e
all'amministrazione Unmik della regione di destituirlo «immediatamente»
altrimenti saltano i negoziati del 2005; la Nato, preoccupata, ha
avvisato che «se incriminato deve dimettersi»; Carla Del Ponte,
procuratore del Tribunale dell'Aja - dove l'abbiamo raggiunto
telefonicamente - ha già annunciato un provvedimento d'accusa contro
leader albanesi del Kosovo; dulcis in fundo, la Chiesa ortodossa serba,
di fronte al definitivo rifiuto dello stesso Tribunale dell'Aja di
processare i leader della Nato per i bombardamenti indiscriminati
contro i civili nel 1999 - «perché non ha competenza sul caso non
essendo la Federazione jugoslava al momento della denuncia ancora
membro dell'Onu» -, rilancia denunciando al Tribunale di Strasburgo
l'Alleanza atlantica per la sua inadempienza nella vigilanza dei
monasteri devastati in terra kosovara in questi 5 anni dopo la guerra.
Siamo sul crinale del 2005, l'anno della verifica degli accordi di pace
di Kumanovo del giugno 1999 che posero fine alla campagna di
bombardamenti «umanitari» della Nato, che per 78 giorni devastarono
l'allora Federazione jugoslava con migliaia di vittime civili e tanti,
irraccontabili, effetti collaterali. Il risultato è stato un
protettorato militare, consegnato dall'esercito di Belgrado alle truppe
atlantiche, con l'obbligo di salvaguardare la minoranza serba. E' stata
una litania di stragi e disastri: 1300 serbi rom e albanesi moderati
uccisi, altrettanti desaparecidos, si è avviata una contropulizia
etnica sotto gli occhi «vigili» della Nato che ha portato alla fuga
200.000 serbi e alla distruzione di 150 chiese e monasteri ortodossi.
Un protettorato Nato amministrato dall'Onu che, con i suoi
amministratori, ha di fatto avviato la regione - secondo quegli accordi
di pace ancora parte integrante della Serbia - verso una deflagrante
indipendenza.

Questi i fatti, fino all'esplosione dei pogrom di marzo e poi alle
elezioni etniche ma avallate dalla comunità internazionale, dove non
hanno votato per protesta i pochi serbi rimasti e dove i
kosovaro-albanesi che sono andati alle urne sono stati meno della metà
degli aventi diritto. Ha vinto, ma senza la maggioranza, l'Ldk di
Ibrahim Rugova che, per governare e per scambio di favori politici, si
è alleato con il settore peggiore dello schieramento albanese, vale a
dire Ramush Haradinaj, leader militare dell'Uck e responsabile di
efferati crimini contro civili serbi addirittura prima della guerra
«umanitaria» della Nato. Haradinaj alla fine, nello sconcerto generale
in Kosovo e nello stupore della comunità internazionale, è diventato
all'inizio di dicembre primo ministro.

«Rugova ci ha stupiti», ci dice al telefono il procuratore del
Tribunale dell'Aja Carla Del Ponte, «non dico altro, non parlo di
politica, ma lo stupore è stato forte». Parla dell'inaspettata elezione
a Pristina come premier di Haradinaj, proprio nei giorni del suo
interrogatorio al Tribunale penale internazionale - che Haradinaj ha
minimizzato: «è stata un'intervista» -; e soprattutto nei giorni in cui
la Del Ponte ha autorizzato l'arresto e il trasferimento al tribunale
di tre luogotenenti dell'Uck che erano alle dipendenze dello stesso
Haradinaj: il processo contro di loro si è aperto il 15 novembre, i tre
sono accusati di «uccisioni, trattamenti crudeli, atti disumani»
commessi nel 1998 e nel 1999 contro civili serbi e albanesi moderati,
detenuti nel campo di concentramento aperto dalle milizie dell'Uck
nella località di Lapushnik. Carla Del Ponte racconta di vivere
letteralmente barricata dentro il Tribunale, dove oggi si svolgerà una
protesta di estremisti kosovaro albanesi, e ci conferma: «pronti, a
fine anno, tra pochi giorni, 6 o 7 capi d'accusa contro la leadership
dell'ex Uck». Quanto al timore che la nomina a premier possa essere
stata fatta proprio per impedire l'iniziativa penale del Tribunale
internazionale, Del Ponte risponde: «Il fatto che si tratti di un
premier non costituisce assolutamente per noi motivo di impunità».

La protesta per questo atteggiamento di Rugova e la nomina di Haradinaj
è partita subito dai banchi del «parlamento» kosovaro, dal moderato
Veton Surroi che ha stigmatizzato l'«operazione di scambio»,
denunciando che una tale coalizione «prepara solo nuove crisi di
governo, non sarà in grado di gestire le sfide del negoziato del 2005».

Naturalmente le proteste più forti sono venute da Belgrado dove il
premier serbo Vojslav Kostunica ha definito la nomina di Haradinaj «una
provocazione» chiedendo subito all'Aministrazione Onu-Unmik della
regione di destituire Haradinaj e ricordando il doppio standard della
Bosnia dove il plenipotenziario della comunità internazionale, Paddy
Ashdown, ha ripetutamente destituito ministri, premier, funzionari solo
sospettati di legami con criminali di guerra. Il ministro serbo della
giustizia Zoran Stojkovic ha annunciato che nel prossimo anno di
negoziati, se Haradinaj si presenterà a Belgrado «sarà arrestato».
L'unico disponibile a incontrare comunque Haradinaj è stato il
presidente della Serbia-Montenegro, il montenegrino Svetozar Marovic,
che ha suscitato la rivolta dell'opinione pubblica serba, a
dimostrazione di come questa vicenda riapra inaspettatamente anche lo
scontro mai sopito sul ruolo «secessionista» del Montenegro.

Ma la stessa comunità internazionale in settimana si è dichiarata
preoccupata. Ha cominciato l'Alto rappresentante per la politica estera
e la sicurezza dell'Unione europea, Javier Solana: «Potrebbe non essere
opportuno che il garante degli standard richiesti dalla comunità
internazionale per il Kosovo diventi qualcuno che magari comparirà
davanti al tribunale dell'Aja». Poi è stata la volta addirittura del
segretario della Nato Jaap de Hoop Scheffer che ha affermato che il
premier Haradinaj, se fosse incriminato, dovrebbe dimettersi perché
«c'è assoluta esigenza per lui e per il suo seguito di comportarsi
responsabilmente». Perfino il neo-ministro degli esteri italiano
Gianfranco Fini ha espresso su questo «diffuse preoccupazioni».

Eppure, nonostante tutti questi diffusi e motivati timori per una
vicenda che nell'area potrebbe reinnescare la guerra - come ha
dimostrato l'anno e mezzo di guerra civile in Macedonia, dopo il Kosovo
e come dimostrano i tanti, troppi ritrovamenti di armi fatti anche dai
militari italiani impegnati in questo e nello sminare dalle cluster
bomb il territorio che «noi» abbiamo bombardato - l'amministratore
Unmik Jessen Petersen ha respinto ogni richiesta, dichiarando che la
destituzione «non sarebbe democratica». Mentre arrivano troppe,
allarmanti conferme sulla ricostituzione di una nuova formazione
paramilitare kosovaro albanese.

E' il vulcano Kosovo. Può riesplodere a giorni, ma anche a ore. E le
parti potrebbero invertirsi, dato anche il diffuso malcontento contro
le promesse di indipendenza che gli europei della Nato non mantengono,
a fronte invece del fortissimo quanto destabilizzante legame
«culturale» e politico con l'Amministrazione Usa. Washington, prima con
Bill Clinton ora con George W. Bush è già impegnata per l'indipendenza
del Kosovo - uno stato zona-franca per ogni traffico malavitoso e sotto
tutela degli Stati uniti che presso Urosevac hanno allestito Camp
Bondsteel, la più grande base militare di tutto il sud est europeo. E
in queste ore l'amministrazione Bush si mostra disposta ad appoggiare
Ramush Haradinaj solo perché è il più ricattabile e quindi più
condizionabile. Ai margini del vulcano.

KOSMET (italiano / francais)

1. Le Monde, le journal qui ment

2. BREVI e LINK

3. Renvois: le HCR inquiet, Lausanne catégorique

4. Entretien avec Mgr Artemije


=== 1 ===

Le Monde, le journal qui ment

Dans son article « 1995 (sic) : la purification ethnique au Kosovo »
paru dans Le Monde du 12/12/04, Christophe Châtelot écrit :

« Le 24 mars 1999, les avions de l'OTAN bombardaient pour la première
fois le sol yougoslave. La campagne aérienne durera soixante-dix jours.
Sur le terrain, les forces yougoslaves s'emploient à vider la région de
sa population. Plus d'un million de personnes - soit 50 % de la
population - seront contraintes au départ, essentiellement vers
l'Albanie ou la Macédoine. Des milliers de maisons sont incendiées. Les
exécutions sommaires, viols, pillages se multiplient. Plus de 10000
Albanais périront avant que Slobodan Milosevic ne jette l'éponge, en
juin 1999. »

En février 2003, l'Office on Missing Persons and Forensics, organisme
officiel dépendant du Département de la Justice de la MINUK (Mission
d'administration intérimaire des nations unies au Kosovo), dénombrait
2212 victimes identifiées et 4233 disparus (3324 Albanais et 909
non-albanais), 169 de ces disparus étant d'ores et déjà considérés
comme morts sans que leur corps ait été retrouvé ou identifié (cf.
UNMIK/PR/917, http://www.unmikonline.org/press/2003/pressr/pr917.htm).

Selon les dernières statistiques publiées dans le dernier rapport de
l'OMPF paru fin 2004 (cf.
http://www.unmikonline.org/justice/ompf/reports/
OMPF_activ_rep_2002_04.pdf), le nombre de victimes identifiées s'élève
désormais à 3105 (2212 + 893) et le nombre de disparus à 3192 (2460
Albanais, 529 Serbes, et 203 personnes d'autres nationalités).

En ajoutant le nombre de victimes identifiées aux personnes disparues
(en considérant que celles-ci auraient toutes perdu la vie durant le
conflit de 99) on obtient un nombre total de morts - toutes
nationalités confondues - de l'ordre de 6300. On peut en déduire que le
nombre d'Albanais tués n'a certainement pas excédé 5500. Par
conséquent, on est bien loin des « plus de 10 000 Albanais » qui
auraient prétendument péri en raison de l'obstination du monstre
Milosevic à défendre l'intégrité de son pays.

Par ailleurs, contrairement à ce qu'affirme Châtelot, le nombre
d'habitants du Kosovo ayant quitté (volontairement ou sous la
contrainte) la province entre mars et juin 1999 est de l'ordre de 550
000 (voir les estimations corrigées données par Christophe Chiclet dans
Kosovo : le piège, L'Harmattan 2000) et non du million.

Conclusion (empruntée à Jean-Marie Colombani) : Pour que Le Monde
redevienne « le journal dans les colonnes duquel la recherche de
l'exactitude permet aux lecteurs de trouver une référence, une réponse
sûre, une validation. Le journal où la compétence prime sur toutes les
connivences », il faudra certainement plus qu'un simple - mais
néanmoins nécessaire - changement de tête à sa direction.

Marc-Antoine Coppo


=== 2 ===

SERBIA/MONTENEGRO:MIGLIAIA PROTESTANO DOPO UCCISIONE ALBANESE

(ANSA-REUTERS) - PRESEVO (SERBIA/MONTENEGRO), 10 GEN - Sale la tensione
nella nella valle del Presevo, nel sud della Serbia, dove migliaia di
albanesi hanno inscenato una protesta dopo che venerdi' una guardia di
frontiera serba ha sparato e ucciso un albanese di 16 anni che cercava
di passare il confine con la Macedonia. I cartelli innalzati e gli
slogan scanditi nella manifestazione - tesa e affollata da almeno 5.000
partecipanti - chiedono soprattutto il ritiro delle truppe di Belgrado
dalla regione, abitata, come il vicino Kosovo e il nord della
Macedonia, in maggioranza da albanesi, e la loro sostituzione con una
forza di pace internazionale. Durante il fine settimana almeno 10.000
persone hanno partecipato ai funerali del giovane albanese Dashnim
Hajrulahu. La guardia di frontiera che l'ha ucciso ha detto che il
ragazzo cercava di passare illegalmente la frontiera macedone.
(ANSA-REUTERS). GV
10/01/2005 17:42

KOSOVO: ESPLOSIONE UCCIDE UFFICIALE POLIZIA ONU

(ANSA-REUTERS) - PRISTINA, 13 GEN - Un membro della polizia dell'Onu e'
stato ucciso nell'esplosione della sua auto nel Kosovo occidentale. Lo
ha detto un portavoce dell'Onu. Il portavoce, che non ha specificato la
nazionalita' del morto, ha detto che la polizia di Prizren sta
verificando ''la natura dell'ordigno esplosivo''. Le Nazioni Unite
hanno piu' di 3.000 poliziotti in Kosovo. (ANSA-REUTERS) DG
13/01/2005 11:06

KOSOVO: ANCORA 3MILA I DISPERSI,APPELLO CICR E ONU A DIALOGO

(ANSA) - GINEVRA, 14 GEN - A cinque anni dalla fine del conflitto del
Kosovo, la sorte di ben 3mila dispersi resta ignota, hanno deplorato
oggi a Ginevra l'Onu e la Croce rossa internazionale. Al termine di un
incontro presso la sede dell'organizzazione umanitaria, il presidente
del Cicr (Comitato internazionale della Croce rossa) Jakob Kellenberger
ed il reppresentante dell'Onu in Kosovo Soren Jessen-Petersen hanno
quindi lanciato un appello alla ripresa del dialogo diretto tra
Belgrado e Pristina sulla questione dispersi. Il Cicr e' pronto a
favorire tale ripresa ed ad assumere la presidenza di un gruppo di
lavoro sulla sorte dei dispersi, ha detto Kellenberger. Sulla
questione, anche l'Unmik (l'amministrazione dell'Onu in Kosvo) e'
pronta ad agire con l'appoggio della comunita' internazionale, ha
affermato Jessen- Petersen. La dolorosa questione e' in primo luogo
''umanitaria. Le famiglie dei dispersi soffrono da troppo tempo'', ha
detto Jessen-Petersen. Ulteriori rinvii nelle ricerche aggraverebbero
solo la sofferenza dei familiari che hanno il diritto di sapere cosa e'
successo ai loro cari. Un apposito gruppo di lavoro e' gia' stato
creato e riunisce autorita' serbe e del Kosovo. Ma dalla sua creazione
nel marzo 2004 si e' riunito una sola volta. Una ripresa del dialogo
diretto tra Pristina e Belgrado accelererebbe il processo per la
restituzione delle spoglie e la ricerca di notizie, ha sottolineato il
Cicr. (ANSA). XBV
14/01/2005 17:35

[SI NOTI CHE IL DISPACCIO ANSA QUI SOPRA OMETTE DI SPIEGARE CHE LA
GRANDE MAGGIORANZA DEI DESAPARECIDOS SONO SERBI, ndCNJ]

KOSOVO: PROCURA SERBA INCRIMINA ALBANESE PER CRIMINI GUERRA

(ANSA) - BELGRADO, 18 GEN - La procura speciale serba per i crimini di
guerra ha incriminato un albanese kosovaro ex membro dell'Uck
(l'esercito di liberazione del Kosovo attivo durante il conflitto degli
anni 1998/'99) per l'uccisione di civili serbi a Djakovica (Kosovo
meridionale) nel 1999. Lo riferisce l'agenzia Beta. L'accusato, Anton
'Pindjo' Lekaj, faceva parte secondo la procura di un gruppo che aveva
sequestrato 11 civili serbi, li aveva portati in un hotel e li aveva
per alcuni giorni torturati ''con particolare ferocia'', prima di
ucciderne quattro. Stando alla procura, Lekaj era un componente del
commando 'Cipat', struttura guidata dall'allora capo dell'Uck per la
zona di Dukadjini e attuale primo ministro kosovaro Ramus Haradinaj.
L'incriminazione odierna e' la prima della procura speciale - istituita
nel 2003 - contro un albanese kosovaro. (ANSA). OT
18/01/2005 13:59

KOSOVO: CAMBIO COMANDO TASK FORCE ERCOLE AVIAZIONE ESERCITO

(ANSA) - ROMA, 18 GEN - Si e' svolta oggi all' aeroporto di Djakovica
(Kosovo) la cerimonia del cambio di comandante della task force
'Ercole' tra il colonnello Antonino Giunta - cedente - ed il colonnello
Resbo Beritognolo, subentrante. Erano presenti il comandante della
Brigata Multinazionale Sud-Ovest (Mnbsw), generale Richard Rossmanith
ed il vice comandante della Brigata e comandante del contingente
italiano, colonnello Alberto Zuccaro. Il colonnello Giunta, dopo aver
comandato la task orce Ercole per oltre sei mesi, torna al 5/o
Reggimento dell' Aviazione dell' Esercito 'Rigel', con sede a Casarsa
(Pn). Il colonnello Bertignolo, anche lui pilota di elicotteri
proveniente dal 5/o 'Rigel' di Casarsa, ha alle spalle una
considerevole esperienza in operazioni fuori area. Ha infatti gia'
operato in Namibia, Somalia, Libano e Kosovo. I militari della task
force 'Ercole', assieme ai colleghi tedeschi, austriaci e svizzeri
della task force 'Mercury', forniscono con i loro elicotteri l'
indispensabile trasporto aereo tattico alla componente terrestre della
Brigata Multinazionale Sud-Ovest, permettendo tempestivi spostamenti di
materiali e uomini in tutta l' estesa area di responsabilita'. (ANSA).
NE
18/01/2005 17:30

---

Vallata di Presevo: nuove tensioni

13.01.2005 - Un giovane albanese è stato ucciso da militari
serbo-montenegrini mentre illegalmente attraversava il confine tra la
Serbia e la Macedonia. Mentre la comunità albanese torna a chiedere la
smilitarizzazione dell'area, da Belgrado Dusan Janjic, del forum delle
relazioni interetniche, chiede che al confine i militari vengano
sostituiti dalla polizia. Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3770/1/51/

Kosovo: nuovi disordini per colpa della KEK?

14.01.2005 - Da più parti giungono segnali di allarme per un
peggiorarsi della situazione in Kosovo. Tuttavia non sembra trattarsi
solo delle tensioni tra la maggioranza albanese e la minoranza serba,
un elemento di instabilità potrebbe essere innescato dalle misure
draconiane messe in atto dalla società elettrica kosovara, KEK, la
quale, per evitare il collasso finanziario, ha deciso di togliere il
servizio in quei villaggi [serbi, ndCNJ] che presentano una bassa
percentuale di pagamento delle bollette. Da Pristina scrive Francesco
Martino

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3777/1/51/


=== 3 ===

http://www.24heures.ch/home/journal/gros_titres/
index.php?Page_ID=6445&art_id=44535&Rubrique=Gros+titres
 
15 janvier
 
Renvois: le HCR inquiet, Lausanne catégorique
 
Le Haut-Commissariat aux réfugiés met en garde les autorités vaudoises
contre les dangers que comportent des expulsions vers le Kosovo. La
Municipalité s’oppose à tout départ forcé. De son côté, l’UDC Vaud
s’impatiente.
 
[ Sur la photo, prise il y a un an dans une église serbe, le message
peint en rouge témoigne de la vague de violences interethniques qui a
marqué le Kosovo en mars 2004 AFP ]
 
Aujourd’hui, la trêve prend officiellement fin. Mais les requérants
déboutés vaudois menacés de renvoi devront encore attendre mardi pour
en savoir plus. En effet, le Conseil d’Etat ne communiquera pas avant
cette date. En attendant, les positions se précisent. La Municipalité
de Lausanne appelle à renoncer aux renvois tandis que l’UDC Vaud veut
que les autorités passent aux actes. De sa position d’observateur
privilégié, le Haut-Commissariat des Nations Unies aux réfugiés (HCR)
met en garde contre les risques que comportent des renvois au Kosovo,
comme il l’avait déjà fait pour la Bosnie (24 heures du 25 novembre
2004). Interview d’Olivier Delarue, responsable du HCR pour la Suisse
et le Liechtenstein.
 
— Quelle est la situation sur place, cinq ans après l’intervention de
l’OTAN?
 
— Elle est extrêmement fragile, surtout pour les minorités. Cette
fragilité a été largement illustrée par l’éruption de violences
interethniques en mars 2004. Elle implique beaucoup de prudence dans le
cadre de renvois au Kosovo.
 
— Quelles sont ces minorités?
 
— Il y a les Roms, les Ashkaelis, les Egyptiens, les Bosniaques, les
Goranis et, bien sûr, les Serbes. Mais les Albanais du Kosovo sont
aussi minoritaires dans certaines régions au nord. En outre, ceux qui
ont fait un mariage interethnique ou qui ont été associés avec le
régime serbe après 1990 peuvent aussi être en danger.
 
— Que risquent ces minorités?
 
— Bien qu’il y ait une amélioration sur le terrain, cela n’empêche pas
qu’elles soient régulièrement la cible d’attaques, qui vont de la
violence verbale au jet de pierre, en passant par le vol systématique,
l’agression physique, ou même l’attaque à la grenade et le meurtre. De
plus, un sentiment d’impunité prévaut et tous les incidents ne sont pas
forcément rapportés par peur de représailles.
 
— Que préconise donc le HCR?
 
— Le retour d’une personne appartenant à l’une de ces minorités ne doit
se faire que sur une base volontaire. En outre, il faut évaluer la
situation de chaque personne qu’on envisage de renvoyer au cas par cas.
Et, pour ce faire, contacter le HCR et l’administration onusienne sur
place. Nous dénonçons l’alternative qui consiste à renvoyer les gens au
Kosovo mais pas chez eux, pour éviter qu’ils ne soient dans une zone où
ils sont minoritaires. Cela va à l’encontre de l’esprit de la
résolution des Nations Unies de juin 1999, en faisant du nettoyage
ethnique une réalité. Enfin, les retours doivent s’accompagner de
mesures pour améliorer la situation économique du pays. La Suisse en a
proposé, il faut maintenant les mettre en œuvre. Sans cela, il n’y a
pas de retour durable dans la dignité et ces gens risquent, à terme, de
revenir. De plus, ça n’a pas de sens de renvoyer des personnes qui ont
ici un travail, qui sont indépendantes financièrement et intégrées, à
un chômage certain. Il faut aussi tenir compte des enfants, pour ceux
qui ont grandi ici, c’est un déracinement.
 
— Qu’en est-il des personnes qui suivent un traitement ou encore des
femmes seules?
 
— Comme les enfants, elles font parties des personnes vulnérables. Pour
elles, il faut particulièrement bien évaluer les risques d’un renvoi,
et de son coût humain.
 
— Que pensez-vous de l’attitude du gouvernement vaudois?
 
— Nous espérons que les autorités vaudoises ont pris connaissance de
nos rapports (n.d.l.r.: le Service de la population reçoit ces rapports
et les lit «mais pas systématiquement» (dixit), il estime cependant que
ces considérations concernent les autorités fédérales) et qu’elles se
déterminent en toute conscience. Nos rapports sont très documentés du
fait de notre présence sur place et ne peuvent être soupçonnés de
partialité vu qu’ils ne sont pas rédigés pour la Suisse en particulier.
En dernier ressort, c’est aux Cantons d’organiser les renvois et de d
écider de ne pas les effectuer si les risques sont trop élevés.
Derrière les statistiques se cachent des familles et des situations
complexes et nous espérons que nos informations aideront le
gouvernement vaudois à prendre les bonnes décisions.
 
En cas de renvois, les requérants pourraient être exposé a des risques
d’attaques allant «de la violence verbale au jet de pierres, en passant
par le vol systématique, l’agression physique», selon les termes
d’Olivier Delarue, responsable pour la Suisse du HCR.
 
Lucia Sillig

Source :
http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/messages
Cette liste est gérée par des membres du Comité de Surveillance OTAN.
Les opinions éventuellement exprimées n'engagent que les auteurs des
messages, et non le CSO.


=== 4 ===

Kosovo: "La communauté internationale est coupable d'avoir toléré la
destruction de nos Eglises" - Entretien avec Mgr Artemije

http://religion.info/french/entretiens/article_136.shtml
 
Propos recueillis par Jean-Arnault Dérens
17 Jan 2005
 
L’Église orthodoxe serbe vient de déposer une plainte auprès de la Cour
européenne de justice contre les pays membres de l’OTAN pour la
destruction des églises et du patrimoine religieux serbe du Kosovo. Mgr
Artemije, évêque de Prizren et Raska, dont le diocèse couvre
l’essentiel du Kosovo, s’explique sur la position de l’Église.
 
 
Jean-Arnault Dérens - Mgr Artemije, dans quelles conditions l’Église
orthodoxe serbe a-t-elle célébré les fêtes de Noël (le 7 janvier, selon
le calendrier julien) au Kosovo?
 
Mgr Artemije - Vous le voyez vous-même: je ne peux pas me rendre à
Pristina sans une escorte de véhicules blindés de l’OTAN. Les Serbes
n’ont toujours aucune liberté de circulation, aucune assurance de
sécurité. Les frères et les sœurs sont revenus dans la plupart des
monastères détruits durant les pogroms de mars dernier, même si
parfois, ils doivent vivre dans les ruines.
 
Par exemple, j’ai participé, il y a quelques jours, en présence de
centaines de fidèles, aux célébrations de la saint Ioaniki, le
protecteur du monastère de Devic, en Drenica. Les sœurs y vivent à
nouveau, malgré le pillage et l’incendie du monastère.
 
Les moines sont aussi revenus vivre dans le monastère médiéval des
Saints Archanges, à côté de Prizren, entièrement détruit par les
émeutiers albanais. L’Église a financé l’installation d’un petit
édifice provisoire, pour qu’ils puissent survivre aux rigueurs de
l’hiver dans cette zone de montagne.
 
Jean-Arnault Dérens - L’Église orthodoxe serbe vient de déposer une
plainte auprès de la Cour européenne de justice. Sur quoi porte cette
plainte?
 
Mgr Artemije - Cette plainte couvre l’ensemble des destructions
commises depuis l’entrée des troupes de l’OTAN au Kosovo et Metohija,
en juin 1999. Les violences du mois de mars 2004 ne représentent pas le
début le début des violences, elles en marquent seulement le point
culminant. Cette plainte concerne exclusivement les violences commises
contre l’Église et ses possessions, elle ne concerne donc pas les vols,
les viols, les pillages, les meurtres dont la communauté serbe a été
victime durant cette même période. L’Église orthodoxe serbe est une
victime par excellence, rien d’autre qu’une victime. Depuis 1999, c’est
la principale des victimes. Si le régime de Slobodan Milosevic avait
violé les droits des Albanais, rien de tel ne peut être reproché à
l’Église.
 
Jean-Arnault Dérens - Pourquoi cette plainte a-t-elle déposée auprès de
la Cour européenne de justice?
 
Mgr Artemije - Nous voulons la vérité et la justice. Or, ici, depuis
1999, il n’y a plus de justice pour les Serbes et leur Église. Aucune
instance judiciaire du Kosovo n’était capable de répondre à notre
attente. Le Kosovo et Metohija a été divisé en cinq secteurs militaires
par l’OTAN. Notre plainte concerne seulement les quatre pays européens
qui exercent le commandement militaire dans ces secteurs, c’est-à-dire
la France, l’Allemagne, l’Italie et la Grande-Bretagne. Le cinquième
secteur est placé sous commandement américain, or les USA ne répondent
bien sûr pas de la juridiction de la Cour européenne de Strasbourg.
 
Jean-Arnault Dérens - L’Union européenne a proposé un plan pour la
reconstruction des édifices religieux détruits, mais vous l’avez
rejeté...
 
Mgr Artemije - Si la reconstruction s’effectuait dans le cadre de la
Mission des Nations Unies au Kosovo (MINUK), celle-ci la déléguerait
aux «institutions provisoires» albanaises du Kosovo. C’est-à-dire que
l’on confierait la reconstruction de nos églises aux autorités et aux
personnes qui sont responsables de leur destruction! La communauté
internationale explique qu'il doit revenir à ceux qui ont détruit les
églises de les reconstruire. Nous disons au contraire que c'est au
peuple serbe de reconstruire ses églises.
 
Depuis les émeutes de mars, beaucoup de maisons serbes ont été
officiellement reconstruites, mais aucune de ces nouvelles maisons
n’est habitable tellement les travaux ont été bâclés, je n’ose donc pas
imaginer ce qu’il pourrait en être pour des églises du Moyen-ge! De
toute façon, sans le retour des 250 000 Serbes chassés du Kosovo,
aucune reconstruction n’est possible. S’il n’y a plus de fidèles, à
quoi cela sert-il de reconstruire une église? Cette église sera de
nouveau rapidement détruite. De surcroît, l’Europe ne parle de la
reconstruction que des églises détruites en mars 1999, sans évoquer la
centaine de lieux de culte qui avaient déjà été détruits ou saccagés
entre 1999 et 2004.
 
Cependant, si quelqu'un veut nous apporter une aide, nous y sommes
favorables. La communauté internationale est coupable d'avoir toléré la
destruction de nos églises. Il est donc normal qu'elle paie pour leur
reconstruction. Nous sommes favorables au principe de la coopération
avec l’Union européenne et toutes les institutions internationales,
mais envisager une politique de reconstruction dans les circonstances
actuelles est illusoire. Je viens de me rendre à Strasbourg, à
l’invitation du secrétaire général du Conseil de l’Europe. Nous n’avons
pas pu trouver de terrain d’entente, mais les voies du dialogue ne sont
pas fermées pour autant.
 
Jean-Arnault Dérens - Avez-vous les moindres contacts avec le diocèse
catholique du Kosovo?
 
Mgr Artemije - Je n'ai aucun contact avec ce diocèse et son évêque
depuis des années. Je crois que l'évêque catholique de Prizren aurait
trop peur d'être accusé d'être accusé de mauvais patriotisme par les
extrémistes albanais pour oser s'adresser à l'Église orthodoxe.
 
De surcroît, l'Église catholique du Kosovo reprend et véhicule la thèse
selon laquelle nos églises et nos monastères orthodoxes auraient été
construits sur les ruines d'édifices catholiques plus anciens. Ce
mensonge que toutes les traces archéologiques démentent sert uniquement
à justifier les prétentions à l'autochtonie des nationalistes albanais.
Nous regrettons que l'Église catholique le reprenne à son compte.
 
Aujourd'hui, certains voudraient d'ailleurs bien que nous
reconstruisions nos églises détruites, mais pas à l'endroit où elles se
trouvaient! Il s'agit toujours de la même stratégie, visant à faire
disparaître toutes les traces de la présence serbe au Kosovo et
Metohija.
 
Jean-Arnault Dérens - L’Église avait appelé au boycott des élections
parlementaires du Kosovo le 23 octobre dernier. Comment jugez-vous la
situation politiqu actuelle?
 
Mgr Artemije - 99,7% des Serbes ont dit non aux institutions actuelles
du Kosovo. En 2001, nous avions fait le choix de la participation aux
élections et de la coopération. Qu’avons-nous obtenu? Les émeutes de
mars. En 2001, j'avais moi-même appelé les électeurs serbes à
participer aux élections, mais cette année les conditions les plus
élémentaires n'étaient absolument pas remplies. Comment cautionner une
parodie de démocratie, quand les Serbes sont toujours privés de la
moindre sécurité, cantonnés dans des ghettos, contraints à se déplacer
sous escorte des soldats de l'OTAN?
 
Jean-Arnault Dérens - Avez-vous rencontré le nouveau chef de la MINUK,
Soren Jessen-Petersen?
 
Mgr Artemije - Bien sûr, il est venu me rencontrer ici-même, au
monastère de Gracanica. Je pense malheureusement que, comme ses
prédécesseurs, il travaille dans l’intérêt exclusif des Albanais, et je
lui ai dit.
 
Jean-Arnault Dérens, qui collabore régulièrement à Religioscope, est le
rédacteur en chef du Courrier des Balkans.
© 2005 Jean-Arnault Dérens

[riceviamo e volentieri diffondiamo]

IL MITO DEL BUON ITALIANO TRA REPRESSIONE DEL RIBELLISMO E GUERRA AI
CIVILI

Il convegno fa parte della rassegna Il giorno della memoria.
A cura della Fondazione Isec di Sesto e con il sostegno di Coop
Lombardia.
Quando: dal 20/01/2005 al 21/01/2005 
Dove:  Sala Consiliare del Palazzo Comunale, Piazza della Resistenza
Costo: Gratuito


"Il mito del buon italiano tra repressione del ribellismo e guerra ai
civili"

Il convegno, a cura della Fondazione Isec con il sostegno di Coop
Lombardia, prende in esame, attraverso una serie di interventi di
carattere storico, giuridico e mediatico, due nuclei tematici: la
politica occupazionale e repressiva delle FFAA italiane durante le
guerre coloniali e la II guerra mondiale e l'insabbiamento dei crimini
di guerra italiani che hanno portato alla costruzione del falso mito
del "buon italiano" e all'"armadio della vergogna".

PROGRAMMA

* Prima sessione: giovedi 20 gennaio dalle 14.00 alle 18.00
Presiede: Gianni Cervetti
Interventi:
- Luigi Borgomaneri - Introduzione alla politica coloniale e
occupazionale italiana in Africa e nel Mediterraneo;
- Matteo Dominioni - Crimini di guerra italiani in Etiopia;
- Nicoletta Poidimani - Faccetta nera: i crimini sessuali del
colonialismo fascista nel Corno d'Africa;
- Coffee Break
- Lidia Santarelli - L'Armata s'agapò: politica occupazionale e
condotta delle FFAA italiane nella Grecia Occupata;
- Eric Gobetti - Le politiche di occupazione dell'Esercito italiano
nello Stato Indipendente Croato;
- Gil Emprin - Caratteri della politica occupazionale italiana in
Francia
- Fine lavori
- Ore 21.00 Proiezione del documentario "Fascist Legacy" (Gb 1989) di
Ken Kirby, presentazione di Matteo Dominioni.
Prodotto dalla BBC, il documentario racconta e documenta i crimini di
guerra italiani e il loro successivo insabbiamento. Il film non è mai
stato trasmesso dalla televisione italiana.

* Seconda sessione: venerdi 21 gennaio ore 9.00 - 13.00
Presiede: Gianni Cervetti
Interventi:
- Paolo Pezzino - La guerra ai civili in Italia
- Pier Paolo Rivello - Il ruolo della magistratura militare;
- Davide Bidussa - Il mito del bravo italiano;
- Coffee break
- Filippo Focardi - Cause e responsabilità della mancata Norimberga
italiana
- Franco Giustolisi - Crimini italiani, armadio della vergogna e mondo
dell'informazione;
- Liliana Ellena - Guerre fasciste e memoria pubblica nel cinema del
dopoguerra
- Fine dei lavori
- Ore 21.00 - Proiezione del film "Il leone del deserto" (Libia 79) di
Moustapha Akkad, presentazione di Liliana Ellena.
Con un cast internazionale (Anthony Quinn, Oliver Reed, Rod Steiger,
Raf Vallone), Akkad, siriano-statunitense, racconta la storia di Omar
Al Muktar, eroe della resistenza libica contro l'occupazione
dell'Italia coloniale fascista.
Il film non è mai stato distribuito in Italia.

L'ingresso al convegno e alle proiezioni collegate è libero e gratuito.
Nel caso della partecipazione di gruppi scolastici è richiesta la
prenotazione all'Isec, tel 0222476745 Sig.ra Rapetti (in orari
d'ufficio)
Le proiezioni dei due film saranno riservate agli spettatori maggiori
di 18 anni.

* Per info generali:
Ufficio Cultura Via Dante 6 tel. 022620244
culturasesto@...
 
   
Quando: dal 20/01/2005 al 21/01/2005
Orario: 20 gennaio: 14.00-18.00, 21 gennaio 9.00-13.00 - Proiezioni ore
21.00
Dove: Sala Consiliare del Palazzo Comunale, Piazza della Resistenza
Info: Ufficio Cultura 
Costo: gratuito
Sito web: http://www.fondazioneisec.it 
 
-----------

"Fascist legacy"
(Gb 1989)
di Ken Kirby

Il film documentario, prodotto dalla Bbc inglese, affronta in due parti
(della durata di circa 50 minuti ciascuna), basandosi su documenti,
immagini d'epoca, testimonianze oculari e commenti di storici
autorevoli, i crimini di guerra compiuti dall'esercito italiano nelle
guerre coloniali e nella seconda guerra mondiale e la successiva
rimozione della memoria di questi crimini ed insabbiamento delle
relative inchieste.
Il documentario è stato acquistato dalla Rai che ne ha curato una
versione italiana, mai andata in onda.

L'ingresso alle proiezioni è libero e gratuito.
Nel caso della partecipazione di gruppi scolastici è richiesta la
prenotazione all'ISEC, tel 0222476745 Sig.ra Rapetti (in orari
d'ufficio)
La proiezione del film è riservata agli spettatori maggiori di 18 anni.

[ del Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia vedi anche:
PROCLAMA per la campagna elettorale 2004 (trad. integrale in lingua
italiana)

https://www.cnj.it/POLITICA/nkpj2004.htm ]


-------- Message original --------
Sujet: Athens Meeting 8-10 October 2004, Contribution of New CP of
Yugoslavia [Sp.]
Date: Tue, 18 Jan 2005 14:48:27 +0200
De: SolidNet <info @ solidnet.org>

http://www.solidnet.org <http://www.solidnet.org/>

News, documents and calls for action from communist and workers’
parties. The items are the responsibility of the authors.

Join the mailing list: info/subscribe/unsubscribe
mailto:info@... .

*Athens Meeting 8-10 October 2004, Contribution of New CP of Yugoslavia
[Sp.]*

*-------------------------------------------------***

*From: SolidNet, **Tuesday, 18 January 2005***

http://come.to/nkpj/ , mailto:glisic@...

==================================================

Reunión De Partidos Comunistas Y Obreros Atenas, Octubre De 2004

*La Agresividad Del Imperialismo Y El Frente Antiimperialista*

Atenas, 8 – 10 de octubre de 2004

*Nuevo Partido Comunista de Yugoslavia*

Dr. Branislav Branko Kitanovich,

Dr. Branislav Branko Kitanovich, Secretario general del Nuevo Partido
Comunista de Yugoslavia

En nombre del Nuevo Partido Comunista de Yugoslavia quisiera saludar a
todos los participantes en el Encuentro Internacional de Comunistas del
Mundo.

Agradezco cordialmente al Partido Comunista de Grecia por la invitación
cursada para participar en tan importante acontecimiento.

Yo vengo de Yugoslavia, el último país en Europa donde después de ocho
años de un bloqueo total y de la agresión militar de la OTAN, las
alianzas impusieron en el poder con las armas a una camarilla
neofascista que se autodenomina "gobierno democrático".

Durante sus cuatro años de gobierno, Yugoslavia se convirtió en
neocolonia del capital occidental y en el país más pobre de Europa.

Cerca del 55% de la población apta para el trabajo está desempleada, los
principales y más rentables complejos industriales se han vendido al
capital occidental y a la mafia criminal del país.

La otra parte de las fábricas, cerca del 65%, están cerradas o funcionan
al 10 - 15% de su capacidad. Cuarenta mil firmas están en bancarrota. Se
están vendiendo de forma acelerada los recursos naturales. El salario
promedio de los trabajadores es de 140 euros mensuales. Han sido
eliminadas todas la conquistas socialistas. La deuda externa ha
alcanzado la cifra de cerca de dieciséis mil millones de dólares. Todo
ello en sólo cuatro años.

De hecho ha sido destruido el que fuera el cuarto ejército en Europa
atendiendo a su fuerza. Ahora, el papel decisivo en el sector militar lo
desempeñan los asesores norteamericanos, ingleses y alemanes.

Kosovo, que durante siglos fue el centro del Estado serbio y donde los
serbios residen desde comienzos del sexto (N. del T.: quinto o sexto, no
se entiende en el original) milenio, está ocupada por fuerzas de la ONU
y de ella han sido expulsados cerca de 300 mil serbios. En general, como
resultado de la contrarrevolución y la guerra civil que encendieron los
imperialistas y su quinta columna, hoy en Serbia se encuentra alrededor
de un millón de refugiados de diferentes regiones de la temporalmente ex
Yugoslavia.

La cúspide de la OTAN organiza sabotajes y emprende toda una serie de
pasos de envergadura para arrancarle a Yugoslavia el territorio que
posee mayores riquezas, Voevodic.

Por orden y con la anuencia de Washington, Londres y Berlín, el nuevo
poder servil envía al Tribunal de la Haya de la OTAN, y más exactamente
a la inquisición de la Haya, a todos los que encabezaron la justa
resistencia contra la agresión de la OTAN.

El Nuevo Partido Comunista (ya no existe el viejo, era revisionista y se
desmoronó) está totalmente bloqueado. Actualmente no nos persiguen ni
nos arrestan, pero literalmente tratan de paralizarnos por todos los
medios y mediante diferentes trucos, patrañas y obligaciones
financieras. En las elecciones locales de septiembre, por instrucción de
los amos extranjeros y por órdenes provenientes de lo más alto, en la
prensa burguesa no se publicó ni una sola palabra de que los comunistas
participaban en las elecciones con intenciones serias y no pocos
candidatos. La radio no se refirió en lo absoluto a nuestra
participación y la televisión estatal nos concedió "generosamente" tres
minutos para exponer nuestro programa electoral, en el horario de las 7
y 30 de la mañana.

A pesar de la feroz discriminación, fueron elegidos varios candidatos
locales nuestros. Aunque nuestras expectativas eran mayores.

En tales condiciones, la inmensa mayoría de la población boicoteó las
elecciones. Más del 68% de los electores no votaron.

Además, según la ley promulgada por las nuevas autoridades serviles, el
partido debía pagar al Estado un impuesto de cerca de quince mil euros
por el derecho a participar en las elecciones, más cinco mil euros a los
arrogantes jueces. Debíamos presentar ante los jueces un mínimo de diez
mil quinientos electores que con sus documentos personales y firmas
rubricadas ante estos, confirmaban que nos apoyaban y que votarían por
los comunistas. Se pueden imaginar las consecuencias que les podían
acarrear a estos electores estampar su firma públicamente en un
tribunal.

Compañeros, no los agobiaré más con los múltiples hechos y fenómenos que
tuvieron lugar como resultado natural de la contrarrevolución. Sólo les
diré que la situación empeora de año en año y que cosas y situaciones
parecidas son características de casi todos los países de Europa
Oriental, en los que tuvo lugar el llamado "giro democrático", o, con
más exactitud, la contrarrevolución.

La contrarrevolución tomó por sorpresa a los países de Europa Oriental y
a la temporalmente ex URSS, quienes no tenían preparado un mecanismo
para enfrentar y actuar en las nuevas condiciones. Como quien dice, del
día a la mañana nos quedamos literalmente en la calle, sin locales, sin
recursos financieros y sin medios de información. Nos quedamos en un
eclipse político e ideológico, y lo que resulta más peligroso es que no
existía y, lamentablemente, todavía no existe ninguna institución de
apoyo y coordinación internacional en el movimiento comunista
internacional.

Los países de la otrora comunidad socialista, vivieron decenas de años
en el socialismo, que tenía cientos de insuficiencias, pero miles de
méritos. Lo que tenía de positivo superaba incomparablemente lo
negativo.

En lo referente a Yugoslavia, afirmo categóricamente, que de existir hoy
condiciones normales, la inmensa mayoría del pueblo expresaría el deseo
de retornar al socialismo, claro, echando a un lado todo aquello que
frenaba el desarrollo pleno de este sistema.

Todos nosotros también conocemos que nuestro movimiento, nuestra
ideología marxista-leninista, en su esencia es nacional y al mismo
tiempo internacional. La historia ha mostrado, sobre todo durante la
guerra antifascista, en las revoluciones de liberación nacional y en las
luchas de clases, que nadie mejor que los comunistas representa y
defiende los intereses legítimos del pueblo y la Patria.

La historia igualmente ha demostrado que el movimiento comunista en el
mundo está indisolublemente ligado a la hermandad internacional de los
pueblos en estrecha cooperación con los partidos proletarios.

Cuando Lenin creó la Internacional Comunista se alcanzó una nueva
cualidad superior. Sin la influencia positiva y decisiva de la
Internacional Comunista probablemente no se hubiera podido crear la
mayoría de los Partidos Comunistas del mundo, no se hubiera vencido al
fascismo, no se hubiera desmoronado el sistema colonial.

Es por ello que en la lucha por detener la escalada de la globalización
imperialista, en la lucha por derrocar al capitalismo, en la búsqueda de
nuevas vías y posibilidades de colaboración y coordinación de los
partidos comunistas y obreros, se requiere mejorar cualitativamente,
enriquecer y poner a tono con nuestra época nuevas formas y contenidos
de nuestras acciones comunes.

Paralelamente, es necesario intensificar la lucha contra la expansión y
ampliación de la OTAN, contra la ocupación imperialista de extensos
territorios de Yugoslavia, Iraq, Afganistán y otras regiones del mundo,
contra las presiones y explotación que ejerce el gran capital sobre los
pueblos de América del Sur y Central, de Africa y Asia. En particular
hay que oponerse al baluarte del imperialismo y el terrorismo mundial,
es decir, a la política agresiva global de los Estados Unidos.

Con respecto a la Unión Europea, el Nuevo Partido Comunista de
Yugoslavia considera que la misma es una nueva mazmorra para los pueblos
europeos, encabezada por el gran capital alemán, inglés y francés.

La Unión Europea fue creada siguiendo los criterios y en favor del gran
capital y contra los intereses de las amplias capas de la población. Las
dos clases rectoras en ésta: la burguesía y la clase obrera, poseen
papeles globalmente diferentes y distintos intereses, y por ello,
nuestra política y nuestro objetivo deben estar encaminados al derrumbe
de la Unión Europea.

Queridos compañeros: no puede haber justicia social sin socialismo. Y no
existe un socialismo verdadero sin los comunistas. Estoy convencido de
que el siglo XXI será el siglo del triunfo del socialismo.

Siempre termino mis intervenciones expresando que: ¡El socialismo
constituye una etapa del desarrollo de la sociedad, por ello resulta
indestructible! Como también es indestructible la hermandad
internacional de los comunistas.

Compañeros, para finalizar, citaré (recordaré) las famosas palabras de
Séneca de que la humanidad nunca alcanzará tales alturas que no requiera
de otras nuevas y más altas.

Consideramos que es posible hallar el camino para salir de las tinieblas
y las pesadillas creadas por la globalización capitalista, el camino
hacia nuevas alturas y este camino será el correcto solo si el
movimiento comunista se apoya, elabora y desarrolla de manera creadora
los inmortales legados de Marx, Engels, Lenin y Stalin.

=====================================

/Translation into Spanish offered by The International Section of CP of
Cuba and Team of Services of Translators and Interpreters (ESTI) of
Cuba./

*End*

subscribe/unsubscribe mailto:info@...,

http://www.solidnet.org <http://www.solidnet.org/>

(segnalato da Olga D.)

Da: Gilberto Vlaic
Data: Mar 18 Gen 2005 17:47:26 Europe/Rome
Oggetto: Delegati Zastava di Kragujevac a Trieste e in Friuli
Rispondere-A: gilberto.vlaic @ elettra.trieste.it


Care amiche, cari amici,
Per consolidare e rilanciare le adozioni a distanza a Kragujevac
Abbiamo invitato a Trieste e in Friuli

Rajko Blagojevic
Vice presidente della Jedinstvena Sindikalna Organizacija ZASTAVA
(Sindacato ZASTAVA)
Rajka Veljovic
Interprete e coordinatrice dell ufficio internazionale adozioni ZASTAVA

Di seguito vi fornisco le date e gli orari delle iniziative che
svolgeremo con loro.

Un fraterno saluto a tutte/i
Gilberto Vlaic
Gruppo Zastava Trieste
e
Assoc. Non bombe ma solo caramelle-Onlus



Mercoledi’ 26 gennaio ore 15.00
Incontro con la CGIL e la FIOM territoriali di Trieste

Mercoledi’ 26 gennaio ore 20.00
CENA DI SOLIDARIETA' (15 euro)
alla casa del Popolo Canciani, Via Masaccio 24 Trieste
prenotare telefonando al 040572114 dalle 16.00 alle 20.30


Giovedi’ 27 gennaio ore 18.00
Assemblea pubblica
Sala della Croce Verde
Via Aquileia Cervignano


Venerdi’ 28 gennaio ore 14.00
Incontro con gli studenti del Liceo Puiati di Sacile

Venerdi’ 28 gennaio ore 20.00
Dibattito pubblico
Presso l’ex chiesa di San Gregorio
Via Garibaldi Sacile


Sabato 29 gennaio ore 13.00
Riunione dell’associazione
Non bombe ma solo Caramelle
Alla Trattoria Sociale di Contovello-Trieste

Sabato 29 gennaio ore 20.00
Teatro Preseren di Bagnoli
San Dorligo della Valle-Trieste
-Coro dei bambini di San Dorligo
-Spettacolo dell gruppo teatrale Zlatiborski Bistricak, formato da 14
ragazzi di Zlatibor (Serbia)
- musica etnica balcanica con un gruppo musicale misto italo-sloveno
- a seguire rinfresco offerto dal Circolo Culturale J. Rapotec

[ Non tutti i voti sono uguali:
Le diverse reazioni dell'Occidente alle elezioni in Ucraina, Macedonia
e Kosovo indicano che l'Occidente appoggia il volere del popolo se e
solo se quest'ultimo fa quello che gli viene detto... ]

http://www.spiked-online.com/Printable/0000000CA872.htm

Article 13 January 2005


Not all votes are equal

The West's different responses to elections in Ukraine, Macedonia and
Kosovo suggests that it only supports the will of the people when the
people do as they're told.

by Tara McCormack


During the recent political crisis in Ukraine, Western politicians and
commentators celebrated opposition demonstrations in Kiev's main square
as symbols of the brave people of the Ukraine standing up for
democracy. Around the same time, a largely unreported referendum was
taking place in the former Yugoslav Republic of Macedonia, in which the
highest echelons of the international community intervened forcefully
to discourage voting.

These contrasting approaches to political participation demonstrate
that the West doesn't support democratic participation in all
circumstances.

The November 2004 referendum in Macedonia concerned a law that was to
begin implementation of the Ohrid Agreement (1). The Ohrid Agreement
was signed in August 2001 between the Macedonian government and
Macedonian Albanian parties, and had been brokered by the European
Union (EU) and the USA. This came after several months of fighting
between the army and Albanian separatist groups, sparked in March 2001
when Macedonian Albanian guerrillas in alliance with Kosovo Albanian
fighters began offensives in the Macedonian areas of Tetovo and
Kumanovo. Under NATO and EU pressure, in August 2001 the Macedonian
government withdrew its heavy weaponry from the areas of conflict
(although the forces were blocked from doing so for several days by
residents of Tetovo who did not want them to go).

The Ohrid Agreement entailed a redivision of the country's internal
administrative units, creating fewer units with far greater autonomy.
The redivision also gave the Albanian minority more power in several
areas - control over education and health, for example, and ethnic
quotas for the police, judiciary and other institutions. NATO and the
EU heralded the agreement as vital for the stabilisation and peaceful
development of the country, and as a crucial step for the beginning of
Macedonia's EU accession talks. However, this agreement seems to have
only increased tensions between Macedonia's Slav and Albanian
populations, with Macedonian Slav citizens seeing it as the first step
towards secession of Albanian majority areas.

In August 2004 the Macedonian government passed a law that would
implement some of the Ohrid Agreement and begin decentralisation.
Demonstrations against the law were held in Skopje, and a campaign grew
for a referendum aiming to repeal the law. It was this referendum, held
on 7 November 2004, which precipitated a flurry of activity in the
international community.

The Presidency of the EU warned Macedonia that should the referendum be
successful in rejecting the law, Macedonia's chances of joining the EU
would be seriously threatened (2). Lawrence Butler, US ambassador to
Macedonia (3), and Michael Sahlin, the EU's special representative in
Macedonia (4), also issued warnings, while US defence secretary Donald
Rumsfeld mentioned Macedonia's application to join NATO:

'The success in becoming a NATO member will largely depend on the
success in implementing the Framework Agreement, which includes
stronger and more effective local self-government units. The
legislation passed this August will certainly help democracy strengthen
in the grassroots. The Macedonian people are facing a choice of a
future with NATO and the EU where stability and economic growth can
thrive, or a return to the past.' (5)

The Macedonian government also announced that it would resign if the
referendum was successful, and urged the population not to vote (6).
The Macedonian Constitution requires a voter turnout of at least 50 per
cent for a referendum to be valid. But the case of this referendum,
turnout was only 26 per cent, with the Albanian population almost
entirely boycotting the vote (7).

It might have been thought that the international community would be
concerned by this lack of participation, but far from it. In fact, it
was quick to praise the failure of the referendum due to low voter
turnout.

'It shows that the citizens have chosen to maintain the course towards
the European Union', said EU foreign policy chief Javier Solana (8).
The Organisation for Security and Cooperation in Europe (OSCE) welcomed
the result, as did US State Department spokesman Richard Boucher (9).
The British minister for Europe, Denis MacShane, praised Macedonians:

'This is a clear signal that Macedonia wants to continue on its path
towards full membership of the European family of nations as well as
NATO membership. I congratulate the leaders of the Macedonian and
Albanian parties and communities who made clear that the clock should
not be turned back and that the Lake Ohrid agreement will be upheld and
must now be fully implemented. We look forward to cooperating with
Macedonia over the nation's ambitions for Euro-Atlantic integration.'
(10)

Ironically, only two weeks before, at the end of October 2004, the
international community had condemned the low level of voter
participation in the Serbian region of Kosovo. The remaining Serbs of
Kosovo, who were widely expected to boycott the elections, had been
urged to vote by the NATO secretary general Jaap de Hoop Scheffer and
UN chief Kofi Annan (11). Soren Jessen-Petersen, the head of the UN
Mission in Kosovo (UNMIK), criticised Serbian prime minister Vojislav
Kostunica's call for Kosovo's Serbs to boycott the election.

Only around one per cent of Kosovo's Serbs voted. Jessen-Petersen
complained that some Serbs had been intimidated into observing the
boycott and had 'had their democratic right to vote hijacked' (12).
However, he also said that the participation of just over 50 per cent
of Kosovo's voters did render the elections legitimate (13).

What conclusions can be drawn from these different treatments of
Macedonia, Ukraine and Kosovo? It seems that for the international
community all votes are not equal: political participation is
understood in an instrumental way, which has little to do with the
democratic will of the electorate.

In Kosovo it was important for the international community for the
Serbs to participate in the elections, in order to present a less
disastrous image of the province after five years of international
administration. In Macedonia it was vital for the vote to fail as it
would impede the internationally imposed Ohrid Agreement. In Ukraine,
the international community encouraged citizens to protest against the
marginal defeat of its favoured candidate, Viktor Yuschenko.

While Ukrainians are urged to fight for their right to have their votes
counted, Macedonians are told in no uncertain terms that they can
forget EU/NATO membership if they make their votes count. Neither call
had anything to do with the democratic will of the citizens of the
former Yugoslavia or the Ukraine.


(1) Full text of the Agreement available on the Council of Europe
website [http://www.coe.int/%5d

(2) Press releases (CFSP), 2 November 2004, General Affairs and
External Relations, available from Democracy Monitor
[http://www.diplomacymonitor.com/stu/dm.nsf/dn/
dnAFEB75C02802257085256F40003E3BD9]

(3) U.S. Ambassador to Macedonia: Referendum Diminishes Chances for
Joining NATO and EU, Reality Macedonia, 27 September 2004
[http://www.realitymacedonia.org.mk/web/news_page.asp?nid=3708]

(4) 'Divisive' poll could spark civil war in Macedonia', The Times 6
November 2004

(5) Rumsfeld: United States to Continue Support of Macedonia on Road
to NATO, Southeast European Times, 13 October 2004
[http://www.setimes.com/cocoon/setimes/xhtml/en_GB/features/setimes/
features/2004/10/13/feature-01]

(6) 'Macedonia's government to quit if voters opt to block powers for
Albanian minority', The Irish Times, 6 November 2004

(7) 'Macedonia vote falling short', World News Digest, FT, 8 November
2004

(8) 'EU welcomes scuttling of vote by Macedonians', The Irish Times, 9
November 2004

(9) US, EU Praise Results of Macedonia Referendum, Southeast European
Times, 9 November 2004
[http://www.setimes.com/cocoon/setimes/xhtml/en_GB/newsbriefs/setimes/
newsbriefs/2004/11/09/nb-01]

(10) Macshane welcomes Macedonian referendum decision, Diplomacy
Monitor, 8 November 2004
[http://www.diplomacymonitor.com/stu/dm.nsf/dn/
dn8DA154AA958E2F2685256F4600443470]

(11) 'Serb boycott likely to lessen validity of Kosovo poll', The
Irish Times, 23 October 2004

(12) 'Kosovo poll reveals failure of UN rule', Daily Telegraph, 25
October 2004

(13) 'Serbs' poll boycott leaves shadow over Kosovo peace talks', FT,
25 October 2004

Reprinted from :


http://www.spiked-online.com/Articles/0000000CA872.htm

[ Un intervento del segretario del Nuovo Partito Comunista di
Jugoslavia Branko Kitanovic in merito ad un recente intervento di
taglio revisionista ed anticomunista apparso su Politika. Ricordiamo
che Politika, che fu un tempo il piu' prestigioso quotidiano della
Jugoslavia, e' oggi di proprieta' della societa' tedesca Westdeutsche
Allgemeine Zeitung. ]


http://komunist.free.fr/arhiva/jan2005/nkpj02.html
Arhiva : : Januar 2005.

Čerčil, Ruzvelt, De Gol - mislili su drugačije

Saopštenje NKPJ povodom teksta "Akademija posvećena velikom zločincu"
objavljenom u "Politici" 5.1.2005.g.


Petar Simić nebiranim rečima, neznanjem i neistinama napada rukovodstvo
Nove komunističke partije Jugoslavije zbog organizovanje Akademije u
čast 125. rođendana J.V. Staljina.

Biću veoma koncizan, jer mi Zakon o štampi ne dozvoljava duži odgovor
od njegovog članka.

1. Na Savetovanju kompartija sveta u Atini, oktobra 2004. godine
odlučeno je da sve komunističke partije svečano obeleže Staljinov
jubilej.

2. Četiri meseca posle agresije na SSSR, slomljen je fašistički
blickrig. Gotovo 75 odsto ukupnih fašističkih snaga poraženo je na
Istočnom frontu. Na čelu Crvene armije bio je J.V. Staljin.

3. Mnogi najistaknutiji državnici, vojskovođe, naučnici, filozofi,
pisci XX veka smatrali su Staljina najvećom ili jednom od najvećih
ličnosti u istoriji: Čerčil, Ruzvelt, De Gol, Mao Cetung, Nehru,
Hariman, Bernard Šo, Rasel, Žolio Kiri, Ajnštajn, Ajzenhauer,
Montgomeri, Idn, M. Gorki, P. Neruda, Šolohov, A. Frans, Aragon, Žukov,
Vasiljevski, Rokosovski, Konjev...

Povodom 80. Staljinovog rođendana (28.12.1959.) Britanski parlament
održao je svečanu akademiju na kojoj je V. Čerčil, pored ostalog,
izjavio: "Velika sreća za Rusiju bila je to, što je u godinama najtežih
iskušenja na njenom čelu bio genije i nepokolebljivi vojskovođa J.V.
Staljin". Ceo Čerčilov govor unet je u Britansku enciklopediju.

NKPJ je u svom listu objavila ovaj govor i mišljenja mnogih od gore
pomenutih ličnosti.

4. Ruska Duma, sadašnja vlast i niz ruskih instituta i komisija
izučavali su godinama represije u SSSR-u i utvrdili sledeće. Počev od
1920. pa do 1953. godine kada je umro Staljin, u SSSR je ukupno
streljano 642 (šestotina četrdeset dve) hiljade ljudi zbog učešća u
kontrarevoluciji, raznim pobunama, zbog špijunaže, razbojništva,
kriminala, pripadništva vlasovljevim kvinslinškim jedinicama, u vreme
kolektivizacije i partijskih čistki.

U atmosferi velikih spoljnih pritisaka i klasne borbe bio je među njima
i znatan broj nevinih ljudi. Ali su buržoaska propaganda i izdajnici
tipa Hruščova, Gorbačova, Jakovljeva... izmislili stostruko veće
represalije nego što su one bile. Fabrikovanje takvih laži i
falsifikata se i danas nastavlja i jedna od njihovih žrtava ili
apologeta je i P. Simić, čiji glas u antikomunističkom horu ne znači
mnogo.

5. Nikada u SSSR nije bilo toliko zatvorenika koliko godišnje prođe
kroz zatvore SAD.

6. Petar Simić iz neznanja tvrdi da je Prva proleterska brigada
formirana 22.12.1941. godine. A ona je formirana u čast Staljinovog
rođendana 21.12.1941. (Vojna enciklopedija, t.7, str.570).

6.1.2005. godine

Za NKPJ:
Branko Kitanović

[ Un intervento del NPKJ sulla legge, recentemente approvata dalle
destre al potere in Serbia con la sola opposizione del Partito
Socialista e di pochi altri, che equipara i reduci cetnici ai
partigiani. Sulla questione vedi anche:
Serbia 2004: i cetnici al potere
JUGOINFO Mer 22 Dic 2004 23:07:32
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages ]

http://komunist.free.fr/arhiva/jan2005/nkpj.html
Arhiva : : Januar 2005.

Nagrada za izdaju

Saopštenje NKPJ povodom usvajanja zakona u Skupštini Srbije o
izjednačavanju prava četnika i partizana u II. svetskom ratu.

Usvajanje zakona u Skupštini Srbije o izjednačavanju prava četnika i
partizana u II. svetskom ratu je apsurdan, antiistorijski i sraman čin
kojim se odobrava, izdaja dražićevaca.

Postoje stotine neoborivih dokaza iz jugoslovenskih, sovjetskih,
američkih, britanskih i nemačkih izvora o saradnji četnika sa
hitlerovskim i italijanskim okupatorom, sa kvislinškim bandama Nedića i
Ljotića.

Postoje na hiljade potvrđenih dokaza o stravičnim i grozomornim
masovnim i pojedinačnim zločinima četnika protiv golorukog naroda,
patriota, partizana i njihovih simpatizera.

Sačuvani su dokumenti o sastancima, sporazumima i zajedničkim akcijama
protiv partizana, o pomoći u oružju, municiji, odeći, obući i hrani, o
finansiranju četničkog pokreta od strane Nemaca, Italijana, nedićevaca
i Ijotićevaca.

Još po sporazumu iz avgusta 1941. godine, Nemci kompletno snabdevaju i
plaćaju 72 četnička oficira i 7.963 redova četničkog vojvode Koste
Pećanca i 3 hiljade pripadnika formacije pod direktnom komandom Draže
Mihailovića.

Predstavnici D. Mihailovića i komandanti njegovih korpusa, štabova i
drugih jedinica: Predrag Raković, Nikola Kalabić, Pavle Đurišić, Bajo
Stanišić, Blažo Đukanović, Dragoslav Račić, Neško Nedić, Momčilo Đujić,
Gojko Borota, Lukačević, Raković, Ocokoljić, Jevđević i na desetine
drugih pregovaraju, postižu i potpisuju sporazume sa okupatorom u selu
Divcu, Čačku, Požegi, Toplici, Istočnoj Srbiji, Dalmaciji, Topoli,
Sarajevu, Podgorici, Lici i u drugim mestima i krajevima o međusobnom
nenapadanju, o pomoći četnicima, i o zajedničkoj borbi protiv partizana.

U okupiranoj zoni u Dalmaciji četnici formiraju antikomunističku
policiju, čiji su instruktori italijanski oficiri.

Za saradnju sa Vermahtom u borbi protiv NOB-a Hitler odlikuje Gvozdenim
krstom četničkog vojvodu Pavla Đurišića.

Četnička kama i najsvirepiji zločini, posebno "crnih trojki", protiv
antifašista usmrtile su na desetine hiljada patriota. Mnogi zarobljeni
partizani isporučivani su Nedićevim kvislinzima ili direktno okupatoru.

Britanska vlada zatražila je u januaru 1943. godine od jugoslovenske
izbegličke vlade u Londonu da četnici D. Mihailovića prekinu saradnju
sa okupatorom i obustave borbu protiv NOB-a i POJ-a. Ali četnici su do
kraja rata kolaborirali sa fašistima i kvislinzima. U Topoli su se 11.
avgusta 1944. godine sastali četnički prvaci major Dragoslav Račić i
kapetani Neško Nedić i Nikola Kalabić sa predstavnikom nemačke komande
za Jugoistok Princom fon Vredeom, uz posredništvo Milana Nedića.
Dogovorili su se o detaljima zajedničke borbe protiv
Narodnooslobodilačke vojske Jugoslavije.

Dvanaestog septembra 1944. godine kralj Petar II. preko Radio Londona
pozvao je četnike da "pristupe Narodnooslobodilačkoj borbi pod maršalom
Titom". Pod pritiskom saveznika, koji su raspolagali mnogobrojnim
dokazima o saradnji četnika sa okupatorom, Kralj Petar II. u toj poruci
kaže: "Svi oni koji se oslanjaju na neprijatelja protiv interesa svog
vlastitog naroda i njegove budućnosti, i koji se ne bi odazvali ovom
pozivu, neće uspeti da se oslobode izdajničkog žiga ni pred narodom ni
pred istorijom." Petar II. dalje odlučno osuđuje "pokušaje da se
opravda saradnja sa neprijateljem i izazove razdor unutar naroda u
najtežim časovima njegove istorije."

Tu i tamo bilo je pojedinaca i pojedinih manjih četničkih formacija
koji su se na sopstvenu inicijativu suprostavljali okupatoru i
kvislinzima, ali takvi postupci su bili u suprotnosti sa politikom i
kolaboracijom rukovodstva četničkog pokreta na čelu sa Dražom
Mihailovićem.

Ni na jednoj konferenciji savezničkih zemalja - SSSR, SAD, Engleska -
održanim u Teheranu, Moskvi, na Jalti, četnici se ne pominju kao
antifašistička snaga. Istovremeno, na svim savezničkim konferencijama
donošene su odluke o saradnji i pružanju pomoći Narodnooslobodilačkoj
borbi, kao jedinoj antifašističkoj snazi u Jugoslaviji.

Istorija će strpati u sramnu grobnicu prošlosti odluku Skupštine Srbije
kojom se izdaja pretvara u antifašizam i nagrađuje.

Sekretarijat NKPJ