Informazione

(francais / english / italiano)

MONTENEGRO

1. La privatizzazione del Montenegro
(Oss. Balcani / Courrier des Balkans, 27.12.2004)

2. Le sigarette di Djukanovic e l’indipendenza del Montenegro
(Oss. Balcani / Courrier des Balkans, 25.01.2005)

3. NEWS:
# Pentagon Herding Montenegro Toward NATO: Army reforms with Pentagon's
support
# Albanians in Montenegro seek autonomy
# Albanians in Montenegro demand autonomy

4. BREVI:
# POLEMICHE PER SENTENZA CASSAZIONE ITALIA SU PREMI (ANSA, 6 GEN 2005)
# CONTRABBANDO: DJUKANOVIC; CASSAZIONE, CAPACE DI CRIMINI (ANSA, 7 GEN
2005)
# MONTENEGRO: VICEMINISTRO FINANZE, ECONOMIA DIVERSA DA SERBIA
(ANSAMED, 19 GEN 2005)
# MAFIA: DDA BARI INDAGA SU AVVOCATO SVIZZERO PER RICICLAGGIO (ANSA, 25
GEN 2005)


=== LINKS ===


= francais: http://www.balkans.eu.org/montenegro


*** (18 janvier 2005) | Trafics de cigarettes : l’Italie ne reconnaît
aucune immunité judiciaire à Milo Djukanovic ***

Milo Djukanovic est un citoyen comme un autre d’un pays voisin de
l’Italie. La Cour de cassation italienne a estimé que le Premier
ministre monténégrin ne pouvait se prévaloir d’aucune immunité dans le
procès pour trafic de cigarettes qui lui est intenté. L’immunité ne
peut couvrir que les principaux dirigeants de pays souverains...

http://www.balkans.eu.org/article5002.html

(23 janvier 2005) | Monténégro : coke en stock au port de Bar

La police italienne a effectué une saisie record de 200 kilogrammes de
cocaïne provenant du Vénézula. La drogue était adressée à une
entreprise de Berane, dans le nord du Monténégro, mais sa destination
finale aurait été Vranje, en Serbie. Malgré les arrestations
spectaculaires effectuées au printemps 2003, les polices serbes et
monténégrines restent bien muettes sur ces réseaux transnationaux de
trafic des stupéfiants...

http://www.balkans.eu.org/article5023.html

(16 janvier 2005) | Migrations : les infirmières du nord du Monténégro
à la conquête de l’Italie

Une nouvelle vague d’émigration se prépare dans le nord du Monténégro,
à Bijelo Polje, Plav ou Berane. Au printemps prochain, des infirmières
envisagent de commencer à travailler en Italie. Cette nouvelle
migration provoque une petite révolution sociale : traditionnellement,
ce sont les hommes qui partaient à l’étranger pour nourrir leur famille.

http://www.balkans.eu.org/article4993.html

(31 janvier 2005) | Monténégro : les migrants albanais aux USA veulent
investir au pays, mais avec des conditions

http://www.balkans.eu.org/article5055.html

(1er février 2005) | Monténégro : les Russes font main basse sur le
Combinat d’aluminium de Podgorica

http://www.balkans.eu.org/article5056.html

Privatisation du combinat d’aluminium de Podgorica : pacte de
corruption entre Glencore et BNP-Paribas ?

http://www.balkans.eu.org/article4898.html

L’avenir économique du Monténégro : est-ce que cela ira mieux dans cent
ans?

http://www.balkans.eu.org/article3330.html

Les Slovènes seraient-ils les seuls à investir au Monténégro ?

http://www.balkans.eu.org/article3143.html

Privatisations au Monténégro : danse dangereuse avec les géants

http://www.balkans.eu.org/article1586.html

Bientôt des «Régions autonomes serbes» dans le nord du Monténégro ?
http://www.balkans.eu.org/article4872.html

Privatisations au Monténégro : des Russes font main basse sur le plus
bel hôtel de la côte

http://www.balkans.eu.org/article4870.html

Branko Lukovac : « Le Monténégro est au seuil de l’indépendance » (16
novembre 2004)

http://www.balkans.eu.org/article4787.html


= english:


Dan: NGO wants Albanian ethnic region with own police, flag in
Montenegro
http://news.serbianunity.net/bydate/2005/January_27/31.html?w=p

Albania, Montenegro Seek to Build on Ties, Boost Regional Stability (by
Antonela Krstovic)
http://www.setimes.com/html2/english/040721-ANTONELA-001.htm

Montenegrin PM: Association of Serbia and Montenegro does not have a
future
http://en.rian.ru/rian/
index.cfm?prd_id=160&msg_id=5228382&startrow=1&date=2004-12-
19&do_alert=0

MONTENEGRO: SMOKERS KEEP ON PUFFING AWAY
Republic's 300,000 nicotine addicts have little to fear from
harsh-sounding law that no one is enforcing.
By Dusica Tomovic in Podgorica
http://www.iwpr.net/index.pl?archive/bcr3/bcr3_200501_539_2_eng.txt

MONTENEGRO: TRAFFICKING PROBE FURORE
Opposition challenge report dismissing claims that officials
trafficked and abused Moldovan woman.
By Nedjeljko Rudovic in Podgorica
http://www.iwpr.net/index.pl?archive/bcr3/bcr3_200412_534_2_eng.txt


= italiano:


Trafficking in Montenegro, riemerge lo scandalo

15.12.2004 Da Podgorica, scrive Jadranka Gilić
A distanza di parecchio tempo riaffiora il caso di trafficking della
ragazza moldava S.Č.. Una commissione governativa accusa alti
funzionari del Ministero dell’Interno e la comunità internazionale di
aver costruito lo scandalo che vide coinvolti uomini
dell'amministrazione statale

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3716/1/51/

Migrazioni: le infermiere montenegrine alla conquista dell’Italia

Un nuovo flusso migratorio si sta preparando nel nord del Montenegro: a
Bijelo Polje, Plav e Berane. La prossima primavera molte infermiere
inizieranno a lavorare in Italia. Una nuova migrazione, una piccola
rivoluzione sociale: tradizionalmente erano infatti gli uomini ad
emigrare all'estero per sfamare la loro famiglia.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3806/1/47/


=== 1 ===


http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3739/1/51/

La privatizzazione del Montenegro

27.12.2004 - La privatizzazione sospetta del complesso industriale di
produzione dell’alluminio di Podgorica (KAP), che da solo rappresenta
quasi la metà dell’economia montenegrina. Principali attori del
romanzo: il gigante svizzero dell’acciaio Glencore, che già gestisce il
complesso industriale, e la banca francese BNP-Paribas, consigliere
finanziario del governo di Podgorica. I legami con il progetto di diga
sulla Tara

Di Milka Tadic-Mijovic, MONITOR, 10 dicembre 2004
Traduzione dal francese (Le Courrier des Balkans) per Osservatorio sui
Balcani: Carlo Dall’ Asta


Il periodo attuale è decisivo. Il Montenegro si trova di fronte a una
decisione che determinerà il suo sviluppo. Tutto dipende dalla
privatizzazione del complesso industriale di produzione dell’alluminio
di Podgorica (KAP): la bauxite, l’energia elettrica, il porto, la
ferrovia e perfino il fiume Tara. Dopo il 20 gennaio, data di chiusura
della gara d’appalto, quando il governo prenderà la sua decisione
riguardo al KAP, deciderà in effetti dell’avvenire di metà
dell’economia del Montenegro.

Pochi motivi di speranza

Il governo montenegrino ha permesso la privatizzazione del KAP in
dubbie condizioni. Sovraccarico di debiti e sfruttato male. Nella
strategia di privatizzazione, i principali creditori - Vektra, Glencore
e Standard Bank - sono autorizzati a discutere della sorte dei debiti
del KAP in negoziati diretti con i potenziali investitori. Di fatto,
sono loro che decideranno a chi apparterrà il complesso industriale.

Gli enormi debiti, tra cui quelli verso i principali creditori, che
assommavano a 130 milioni di dollari al momento della gara d’appalto,
hanno incitato i potenziali acquirenti a chiedere sovvenzioni per
l’elettricità, la materia prima, le imposte, la mano d’opera. Queste
sovvenzioni sarebbero disastrose per il Montenegro. Può darsi che il
Montenegro, nei prossimi cinque anni, faccia dono di 80 milioni di
dollari al futuro proprietario del KAP, unicamente per l’elettricità.

Si parla della privatizzazione del KAP con sempre minore ottimismo.
L’opinione pubblica si attende un ridimensionamento dei criteri
stabiliti. Il presidente Vujanovic ha dichiarato recentemente che il
KAP sarebbe stato venduto se ci fosse stata una offerta buona
sull’elettricità. Naturalmente, una offerta buona per l’investitore. Ma
cattiva per tutti i Montenegrini.

La compagnia russa Sual ha rinunciato all’acquisto, a suo dire a causa
dei costi molto elevati. La compagnia russa Rusal vorrebbe una
elettricità meno cara. Quanto alla Glencore, vuole tutto: elettricità,
tasse, mano d’opera... e il minor investimento possibile. Non sempre si
parla delle condizioni offerte dalla compagnia indiana Vedante. Le
autorità montenegrine ignorano quasi tutto di questa compagnia, benché
essa sia in espansione.

Glencore e BNP-Paribas favorite

Il gigante svizzero è un vecchio socio del KAP, creditore e potenziale
investitore. Forte dei propri crediti, la compagnia svizzera potrebbe
squalificare gli altri investitori che hanno presentato le loro
offerte. La vendita del KAP non si farà se Glencore e Vektra non
daranno il via libera.

È una posizione che gli ha assicurato il potere montenegrino, malgrado
gli avvertimenti degli esperti, come quello che i creditori avevano dei
reali poteri. Il governo si è schermito dietro i suggerimenti ricevuti
dal consigliere per la privatizzazione, la banca francese BNP-Paribas.

Glencore e BNP-Paribas sono soci finanziari. La BNP ha recentemente
accordato alla Glencore un credito favoloso, di tre miliardi di
dollari. Entrambi sono legati agli altri potenziali investitori dello
stabilimento di Podgorica.

Inoltre, in questi giorni, la BNP-Paribas e la Glencore cercano di
regolare i problemi finanziari della Rusal, il secondo potenziale
investitore del KAP. Secondo le fonti di un noto giornale russo, la
Glencore ha accordato un prestito di 150 milioni di dollari alla Rusal
nel dicembre 2002. Ma quest’ultima, dopo anni di espansione, è caduta
in problemi finanziari che vanno accumulandosi, tanto che ci si domanda
se essa rappresenti un acquirente credibile per il KAP.

È vero che la Rusal è uno dei più grandi produttori d’alluminio del
mondo. Il suo annuale volume d’affari ammonta a miliardi di dollari.
Ma, secondo le fonti dei media di tutto il mondo, il proprietario di
maggioranza della Rusal, Oleg Deripaska, è senza liquidi dopo aver
acquistato il 25% delle azioni del suo socio Roman Abramovic. Deripaska
detiene il 75% della compagnia, ma la Rusal ha crescenti debiti nei
confronti, tra gli altri, del consigliere del governo montenegrino, che
altri non è che la BNP-Paribas.

La BNP-Paribas e la Glencore hanno accordato insieme dei crediti alla
Rusal. Ora, la BNP-Paribas è divenuta anche consigliere della Rusal in
progetti valutati centinaia di milioni di dollari.

Nessuno nel governo montenegrino ha sollevato il problema: come potrà
la BNP-Paribas consigliarlo per la vendita del KAP, quando dall’altra
parte del tavolo si trovano i suoi collaboratori più stretti: Glencore
et Rusal ?

Il fatto sorprendente che essa sia appunto il consigliere finanziario
del governo montenegrino, che deve giocare un ruolo determinante sui
principali creditori del KAP, si può allora spiegare.

La BNP-Paribas deve valutare la miglior offerta per il Montenegro. In
una recente lettera indirizzata al governo montenegrino, il consigliere
reagisce in modo negativo alla proposta dei socialdemocratici di dare
la priorità all’investitore che fornirà esso stesso l’elettricità e, di
conseguenza, otterrà meno sovvenzioni.

« Il consigliere ci vuole convincere che il prezzo di vendita del KAP è
la cosa più importante. E che noi non dovremmo rimetterci enormemente a
causa di una elettricità a basso prezzo, che dovremmo assicurare al KAP
», denuncia un responsabile dell’ SDP.

Nella sua lettera, la BNP-Paribas indica altresì la maniera di
valutazione in punti per gli offerenti del KAP e, oltre
all’elettricità, aggiunge alla fine della lista la protezione
ecologica. Apre le porte all’investitore che possa realizzare grandi
profitti su una elettricità a basso prezzo e su minori investimenti in
campo ambientale. Il consigliere sottolinea a più riprese nella sua
lettera che bisogna “tener conto delle offerte che sono
sufficientemente attraenti per rifondere i debiti ai principali
creditori ».

Ma torniamo alla Rusal. Dopo la gara d’appalto per la KAP, la Rusal ha
sempre più problemi. A New York, cerca di farsi concedere un prestito
di 800 milioni di dollari, ancora non sicuro. Il gigante russo non ha
più la fiducia dei suoi creditori e si è trovato sul banco degli
accusati di fronte a Putin e alle autorità fiscali russe. « Ora tocca a
Deripaska. Potrebbe diventare, dopo Hodorovski, proprietario della
Yukos, l’altro grande oligarca nel mirino di Putin ». Hodorovski è in
prigione per frode fiscale, la Yukos è rovinata. La Rusal non è dunque
in condizione di comprare, avendo più bisogno di liquidità che di nuovi
investimenti, stimano gli esperti finanziari stranieri.

Se questa è la situazione, perchè la Rusal non ha rinunciato alla gara
d’appalto come ha fatto l’altra grande compagnia russa Sual? «La Rusal
potrebbe fare il gioco del suo finanziatore Glencore, suo socio
svizzero, e quello della compagnia Vektra di Podgorica: domandare al
momento delle negoziazioni una riduzione supplementare del prezzo
dell’elettricità e altri vantaggi che il governo non può accettare.
Dopo il rifiuto del governo, la Glencore potrebbe apparire come un
salvatore», constata una fonte ben informata di Monitor.

In questo caso, Glencore et Vektra non avrebbero che da legalizzare la
loro proprietà del KAP, che di fatto già gestiscono e di cui raccolgono
tutti i guadagni derivanti dalla vendita dell’alluminio.

Il KAP produce attualmente più che mai. Ma poiché è schiavo dei suoi
debiti, tutto quello che guadagna va nelle casse della Vektra, della
Glencore e della Standard Bank. Queste accumulano profitti, utilizzano
l’elettricità poco costosa, la bauxite e la mano d’opera per rivalersi
su debiti la cui origine non è mai stata del tutto chiarita. E tutto
avviene come se la BNP e il governo montenegrino stessero facendo di
tutto affinché rimanga così anche in futuro.


=== 2 ===


http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3834/1/51/

Le sigarette di Djukanovic e l’indipendenza del Montenegro

25.01.2005 - La Corte di Cassazione italiana ha negato la immunità
diplomatica al Primo Ministro Djukanovic, indagato dalle Procure di
Napoli e Bari per il traffico di sigarette tra le due sponde
dell'Adriatico. I riflessi della decisione della Corte italiana nella
stampa montenegrina alla luce del dispositivo della sentenza, che non
considera la repubblica un Paese sovrano

Da Monitor, Podgorica, 14.01.05
Traduzione dal francese (Le Courrier des Balkans -
http://www.balkans.eu.org/article5002.html) per Osservatorio sui
Balcani: Carlo Dall'Asta


La Corte suprema italiana, dopo un'analisi della carta costituzionale
dell'Unione di Serbia e Montenegro condotta dagli esperti del Ministero
degli Affari Esteri, ha concluso: «Il Montenegro non è uno Stato
sovrano (...), il che significa che i suoi organi istituzionali e i
membri del suo governo non hanno diritto all'immunità nel diritto
penale».

La decisione della Corte, scavalcando l'avvocato di Djukanovic, è stata
prima di tutto inviata all'agenzia ANSA che riceve le informazioni
esclusive concernenti il caso del capo del governo montenegrino. Questo
ha provocato una violenta reazione a Podgorica. L'entourage di Milo
Djukanovic nota che questa informazione è stata diffusa subito dopo
l'annuncio in Italia che nuovamente il Primo Ministro montenegrino
stava facendo decisamente rotta verso l'indipendenza.

«È impensabile che un tribunale straniero metta in discussione la
struttura di un altro Stato. Sono i circoli nazionalisti fautori della
"grande Serbia" e i loro centri lobbistici all'estero, che sono dietro
a tutto ciò. Queste accuse sono state lanciate per l'ennesima volta
dagli stessi media, dopo che un nuovo passo è stato fatto verso
l'indipendenza. Io sono certo che, anche questa volta, tutto si
risolverà in vani tentativi di discreditare i leader e le istituzioni
montenegrine», ha dichiarato Miodrag Vukovic, dirigente del Partito
Democratico dei Socialisti (DPS), la formazione di Milo Djukanovic.

Branko Lukovac, ambasciatore di Serbia-Montenegro a Roma, pensa che la
motivazione della Corte di Cassazione non riguardi solamente il Primo
Ministro Djukanovic, ma tutto il governo sotto l'egida del quale
l'affare delle sigarette è stato organizzato. «Ciò che è da deplorare,
è che il Montenegro sia trattato come una regione, una provincia, più
del fatto che un procuratore italiano cerchi, dopo anni, di farsi
valere contro il Primo Ministro di un altro Paese», nota l'ambasciatore.

Le inchieste di Bari e di Napoli

Milo Djukanovic è da molto tempo oggetto di una inchiesta a Bari e a
Napoli. Nel corso dell'estate 2003, l'agenzia ANSA aveva annunciato che
la Procura di Napoli aveva spiccato un mandato d'arresto contro il
Primo Ministro montenegrino, in quanto egli avrebbe, in complicità con
Paolo Savina, Dusanka Jeknic e Veselin Barovic, «promosso, fondato e
diretto una associazione a scopo criminale, il cui fine era il traffico
di sigarette dal Montenegro all'Italia e in altri Paesi dove ci sono
zone commerciali franche».

I documenti della Procura sono stati molto velocemente inviati alla
stampa montenegrina. Il quotidiano Vijesti ha pubblicato in appendice
una parte del voluminoso materiale comprovante le collusioni nel
traffico di sigarette, come la trascrizione delle conversazioni
telefoniche intercettate tra i protagonisti montenegro-italiani sul
telefono di Dusanka Jeknic, allora rappresentante commerciale del
Montenegro a Milano.

La Procura di Napoli ha accusato direttamente Milo Djukanovic di aver
accordato dei permessi ai criminali italiani per il transito delle
sigarette, depositate al porto di Bari, ricavando una percentuale
sull'affare. Si dice anche che Milo Djukanovic è sospettato dal
procuratore di Bari, Giuseppe Selzi, di avere dei legami con la mafia e
di essere implicato nel contrabbando di sigarette e nel riciclaggio di
denaro sporco.

Un tribunale di prima istanza e la Corte d'Appello italiana avevano in
precedenza concluso che Milo Djukanovic non poteva essere perseguito
dalla giustizia, poiché godeva dell'immunità. Il processo per traffico
di sigarette, senza la presenza di Milo Djukanovic, si è comunque
aperto lo scorso ottobre, e la prossima udienza è fissata per la fine
del mese di gennaio. Prima dell'inizio del processo, i mandati di
cattura spiccati contro Jeknic, Barovic et Branko Vujosevic, menzionati
nell'atto d'accusa e considerati i subordinati di Milo Djukanovic, sono
stati annullati.

La decisione della Corte di Cassazione ha radicalmente cambiato la
posizione del Primo Ministro Djukanovic. Il suo avvocato Nikola
Martinovic non è sorpreso dalla sentenza della Corte, perché essa ha
osservato strettamente il diritto internazionale. «Nel diritto
internazionale, il Montenegro non è un soggetto sovrano, perché ha
trasferito la sua sovranità al livello della Unione delle due
Repubbliche, per cui la decisione della Corte di Cassazione non
rappresenta altro che la conferma di una situazione reale», è il suo
commento.

Egli spiega che gli inquirenti italiani possono ora presentare
richiesta presso un tribunale italiano, da qui all'estate prossima, per
intentare un procedimento giudiziario contro il Primo Ministro
montenegrino. «Se ciò dovesse avvenire, Milo Djukanovic dovrebbe
ricevere una convocazione per un'udienza, oppure il tribunale italiano
potrebbe fare richiesta che sia condotto un interrogatorio davanti a un
tribunale locale. In caso di non cooperazione, il tribunale italiano
può emettere un mandato di cattura - che non obbliga il Montenegro,
poiché quest'ultimo non può estradare i suoi propri cittadini davanti a
tribunali stranieri».

Naturalmente, benché irrevocabile, la decisione della Corte di
Cassazione non è una sentenza giudiziaria. Essa dà il via libera agli
organi giudiziari, se essi possiedono delle prove, per aprire la
procedura contro il Primo Ministro. Secondo il dottor Martinovic, non è
un compito facile: «La responsabilità penale di Milo Djukanovic
dev'essere provata dal punto di vista della legge montenegrina, dal
momento che egli non è incolpato per atti commessi sul territorio
italiano. E noi tutti sappiamo che questi affari di sigarette sono
stati condotti dalle istituzioni del regime in conformità con le nostre
leggi».

Ciò nonostante, se il tribunale italiano pensa che ci sia un ben
fondato motivo perché Djukanovic sieda sul banco degli accusati, non
gli restano che due soluzioni, secondo Nikola Martinovic. «Se l'atto
d'accusa viene emesso, Milo Djukanovic diventa l'oggetto del
procedimento e sta a lui scegliere se sarà presente di persona oppure
no. Il procedimento si svolgerà comunque, e la posizione di Djukanovic
verso questo processo dipenderà soprattutto dalle valutazioni dei suoi
avvocati».

Perché il caso rispunta proprio ora?

Il presidente del consiglio del Gruppo per i Cambiamenti, Svetozar
Jovicevic, non può fare a meno di pensare che questo caso venga
imbastito oggi nell'intenzione di ostacolare il percorso del Montenegro
verso l'indipendenza. «Quale che sia il risultato, le notizie
dall'Italia hanno una influenza negativa sulla situazione politica
interna e sugli sviluppi a livello internazionale. Le cose non
sarebbero così incerte se noi stessi avessimo chiuso i nostri vecchi
conti, e se ci fossimo occupati di quelli che hanno abusato del
traffico delle sigarette per arricchirsi dall'oggi all'indomani, e che
ora con questi soldi dettano la situazione economica e politica del
Paese», dice.

Vuksan Simonovic, alta responsabile del Partito Socialista Popolare
(SNP, all'opposizione) ha così commentato la situazione : «Chiunque
abbia a cuore il Montenegro e la sua reputazione non può essere
indifferente davanti a questa decisione. Per questo Djukanovic deve
immediatamente presentare le sue dimissioni e comparire davanti alla
giustizia italiana, se egli è innocente come da anni afferma». Vuksan
Simonovic ha sottolineato che una buona parte delle dichiarazioni e dei
risultati provenienti dai documenti della Procura italiana, la cui
opinione è stata resa nota, concordano con quelli della Commissione
d'inchiesta parlamentare di cui egli era presidente. «Io penso prima di
tutto alla creazione della società MTT che era la coordinatrice
dell'affare delle sigarette e che è stata fondata personalmente da
Djukanovic, cosa che è stata provata dalla Commissione. È evidente che
enormi quantità di sigarette dal Montenegro sono finite in Italia e in
altri Paesi dell'Unione Europea, il che ha causato perdite fiscali nei
loro bilanci, ammontanti a sei miliardi e mezzo di dollari».

Il Primo Ministro Djukanovic ha respinto a più riprese queste accuse
come inesatte e tendenziose, affermando che il commercio delle
sigarette in Montenegro si è svolto conformemente alla legge. Milo
Djukanovic aveva precedentemente dichiarato che egli era pronto a far
fronte alle accuse dell'Italia.

L'epilogo dell'affare delle sigarette non deciderà solo la sorte di
Djukanovic. Guidato dalle circostanze, Milo Djukanovic si è messo alla
testa degli indipendentisti montenegrini, e il destino di questo
progetto dipende in gran parte dalla sua persona. Ciò riflette tutta la
fragilità del progetto nazionale montenegrino, la cui realizzazione è
rinviata da anni, a causa delle pressioni e dei ricatti esercitati
contro i dirigenti del Montenegro.


=== 3 ===


http://www.tanjug.co.yu/

Tanjug (Serbia and Montenegro) - January 13, 2005

Vujanovic: Army reforms with Pentagon's support

PODGORICA - Montenegrin President Filip Vujanovic
Thursday informed the US Defense Department
delegation, headed by Rear Admiral Donald Loren, about
Podgorica's determination to carry out army reforms as
fast as possible, with the assurances that they will
have the necessary support of Pentagon and State
Department.
Vujanovic also informed the guests about the contents
of the SCG Army reforms, their dynamics and
objectives, underlining Montenegro's orientation to
carry out the reforms with full observance of all
standards set by NATO's Partnership for Peace program,
the Montenegrin President's cabinet said in a
statement.

---

http://www.csees.net/?page=news&news_id=40114&country_id=8

Albanians in Montenegro seek autonomy
January 18, 2005

Text of report by Montenegrin radio on 18 January

[Presenter] Albanians need to safeguard their unique features through a
new mode of territorial organization, i.e. decentralization, and
through setting up an Albanian-language administration, the chairman of
the Democratic Alliance of Albanians, Mehmed Bardhi, has told our
radio. Bardhi further clarified the assessment that Kosovo's
independence would greatly help the Albanians achieve their aspirations
in Montenegro, which had been voiced by Ferhad Dinosha and Bardhi after
talks with Kosovo Prime Minister Ramush Haradinaj.

The ruling coalition does not view the Albanian demands as alarming. It
recalls that Montenegro, as a civic state, grants equal rights to all
citizens regardless of their nationality and religious affiliation.
Adrijana Vukotic reports:

[Reporter] The issue of the status of Albanians in Montenegro is still
topical as they live in territories in which they should be able to
display their unique features through a new form of territorial
organization: through decentralization, setting up an Albanian-language
administration, the right to have a veto in parliament and others, the
chairman of the Democratic Alliance of Albanians in Montenegro, Mehmed
Bardhi, told our radio, adding that the Albanians in Montenegro should
enjoy the status of autonomy.

[Bardhi] After all those years, after a signed agreement, a deal then
signed by the democratic opposition and a section of democratic
authorities, that is a section of the DPS [Democratic Party of
Socialists] in 1997, many things have not been implemented. We were
promised then that the municipality of Malesija would be a fait
accompli, but this is not the case even today. [Paragraph as heard]

If we look at a bill on territorial organization of Montenegro, if this
bill is adopted, then this will continue to be a Tuzi municipality,
that is, as territorial organization. Hence I believe that this should
not be postponed but regulated and we shall make a serious move in this
direction. [Paragraph as heard]

[Reporter] Bardhi explained the statement that Kosovo's independence
would be of great help to Albanians in Montenegro to achieve their
aspirations.

[Bardhi] The Albanians in Montenegro are an inalienable part of the
Albanian nation. We have a lot in common although we live in different
territories and in different social systems.

It is certain that the Albanian problem, a serious problem, should be
resolved in all parts of former Yugoslavia and not partially.

[Reporter] Representatives of the ruling coalition have reacted in the
meantime.

DPS spokesman Predrag Sekulic urged Ferhad Dinosha and Mehmed Bardhi to
explain what type of autonomy they had in mind when they demanded this
status. He also stressed that Montenegro was a civic state granting
equal rights to everyone regardless of their religion and nationality.
Sekulic told Mina [news agency] that Montenegro was the only state in
the region which managed to preserve multiethnic and multinational
harmony despite the wars in its neighbourhood.

The Social Democratic Party [SDP] believes that minority issues in
Montenegro should be resolved in line with European and democratic
standards, SDP official Borislav Banovic said.

Commenting on the statements by representatives of Albanian parties in
Montenegro, Banovic said he expected that these issues would be opened
and resolved within Montenegro in a democratic way and through a
democratic procedure.

Source: BBC Monitoring / Radio Montenegro, Podgorica

---

http://www.makfax.com.mk/news1-a.asp?br=93390

MakFax (Macedonia) - January 19, 2005

Albanians in Montenegro demand autonomy

The leader of Democratic Union of Albanians in
Montenegro (DUA) and Member of SCG Parliament, Mahmut
Bardi, has called for a territorial autonomy for
Albanians in Montenegro.
Belgrade's daily Vecernje Novosti claims that Bardi
has already conveyed the demand to Kosovo's
authorities.
During his visit to Pristina, Bardi urged the Kosovo
Assembly Speaker Nexhat Daci and the Prime Minister
Ramush Haradinaj to provide assistance in terms of
improving the political status of Montenegro's
Albanians.
Bardi underlined that Albanians in Montenegro are
inseparable part of the Albanian nation, therefore,
the so-called Albanian issue can not be solved in pieces.


=== 4 ===


MONTENEGRO:POLEMICHE PER SENTENZA CASSAZIONE ITALIA SU PREMI

(ANSA) - BELGRADO, 6 GEN - Rilancia lo scontro interno fra governo e
opposizione in Montenegro la sentenza con cui la Corte di Cassazione
italiana ha negato l'immunita' diplomatica per il primo ministro Milo
Djukanovic, indagato dalle procure di Napoli e di Bari per un presunto
coinvolgimento nel traffico di sigarette fra le due sponde
dell'Adriatico. Al centro delle polemiche e' soprattutto il dispositivo
della sentenza, che nega alla piccola repubblica balcanica lo status di
Paese sovrano e indipendente e quindi di possibile ''soggetto autonomo
di diritto internazionale''. All'epoca dei fatti contestati a
Djukanovic - fino a un anno fa presidente del Montenegro e ora capo del
governo - Podgorica era parte della vecchia Federazione jugoslava.
Peraltro anche adesso e' l'unione Serbia e Montenegro, per quanto
blanda, a godere delle prerogative di soggetto internazionalmente
riconosciuto. Per il filogovernativo Miodrag Vukovic, esponente di
punta del Partito socialdemocratico (Dps) di Djukanovic, la decisione
della corte italiana ''e' bizzarra e politicamente influenzata''.
Vukovic, come il suo mentore acceso sostenitore della secessione da
Belgrado, ha detto in una intervista al quotidiano Vecernje Novosti che
la sentenza ''e' parte delle macchinazioni per evitare che il
Montenegro possa divenire indipendente'': una ipotesi non gradita alle
cancellerie europee che vedono con sospetto ulteriori frammentazioni
dei Balcani e non vogliono creare un precedente rischioso nell'ottica
della ben piu' difficile questione kosovara. Vukovic ha affermato che
''presto in Montenegro si terra' un referendum sulla secessione. C'e'
chi lo teme, e le pressioni stanno aumentando sia dall'interno che
dall'esterno''. Di parere totalmente diverso e' il presidente del
Partito popolare (Ns, all'opposizione) Dragan Soc, secondo il quale
''la decisione della corte italiana e' ineccepibile: il Montenegro non
ha lo status di Paese indipendente e sovrano e il suo premier non puo'
godere di immunita' diplomatica''. Soc ha sottolineato che ''neanche il
governatore della California Arnold Schwarzenegger o il presidente di
un land tedesco hanno diritto all'immunita' in sede internazionale. La
sentenza dimostra che l'Italia e' davvero uno stato di diritto''. Il
nome di Djukanovic e' da tempo entrato nelle inchieste delle procure di
Napoli e Bari in merito al contrabbando di sigarette nel mare
Adriatico. Il premier ha sempre smentito categoricamente di avere avuto
a che fare con quelle attivita', che stando a suoi oppositori sarebbero
invece servite nei tardi anni '90 a finanziare la lotta dei democratici
montenegrini contro il regime jugoslavo di Slobodan Milosevic. (ANSA).
OT
06/01/2005 19:02

CONTRABBANDO: DJUKANOVIC; CASSAZIONE, CAPACE DI CRIMINI

(ANSA) - ROMA, 7 GEN - Per la Corte di Cassazione, la posizione
istituzionale dell' attuale premier del Montenegro, Milo Djukanovic,
come rileva ''esattamente'' nel suo ricorso la Procura presso il
Tribunale di Napoli, e' ''idonea ad attualizzare il 'periculum
libertatis' in considerazione della indiscutibile capacita' di
interferire ed ingerirsi in future condotte delittuose''. Non deve
quindi ritenersi valido il principio - sostenuto dal Tribunale del
Riesame di Napoli - secondo il quale, soprattutto per il fatto che
Djukanovic rivesta la carica di premier del Montenegro, cio' debba far
venir meno la sussistenza delle esigenze cautelari. Lo scrive la
Suprema Corte nella sentenza con la quale, nei giorni scorsi,
accogliendo il ricorso della Procura partenopea, ha stabilito che al
Montenegro non spetta la qualifica di Stato sovrano e di soggetto
autonomo ed indipendente e che, quindi, il capo del governo
montenegrino non gode dell' immunita' dalla giurisdizione penale
riservata ai capi di Stato e di governo e ai ministri degli esteri
degli Stati sovrani e soggetti di diritto internazionale. Il
riferimento della Cassazione e' alle esigenze cautelari sulla cui
sussistenza il Riesame ha dubitato ''soprattutto - ricostruisce la
Suprema Corte - in considerazione della posizione istituzionale dell'
indagato''', accusato di associazione per delinquere finalizzata all'
importazione e al traffico di sigarette di contrabbando e di concorso
in piu' episodi di contrabbando di sigarette. Per questi reati la
Procura di Napoli aveva chiesto al gip l' arresto del premier
montenegrino ma il giudice, il 16 aprile scorso, respinse la richiesta
asserendo che l' indagato gode dell' immunita' diplomatica. Contro il
provvedimento del gip la Procura presento' ricorso al Tribunale del
Riesame che confermo' l' ordinanza di rigetto. Da qui l' appello della
pubblica accusa in Cassazione, che ha invece dato ragione alla Procura
e ha annullato con rinvio l' ordinanza del Riesame. Della questione si
dovra' ora occupare una diversa sezione dello stesso Tribunale
partenopeo. Sulla questione delle esigenze cautelari la Cassazione
ritiene ''manifestamente illogica'' la motivazione sostenuta dai
giudici del Riesame e annota che ''il Tribunale del Riesame ha omesso
di spiegare perche', mentre sono stati ritenuti socialmente pericolosi
altri coindagati per gli stessi reati che agivano in nome e per conto
del Djukanovic (quali la Jeknic, il Barovic, il Vujosevic), non
dovrebbe invece essere considerato tale l' odierno indagato, che in
astratto sembrerebbe anzi maggiormente capace degli altri di
strumentalizzare i propri poteri''. ''Quanto poi - continua la sentenza
- alla opinabilita' della antigiuridicita' della condotta (elusiva,
ndr), quale fattore ipoteticamente escludente la pericolosita', si
tratta di un argomento del tutto inconferente ed illogico, perche'
semmai e' proprio la eventuale minor coscienza della reprensibilita'
della condotta ad incrementare il bisogno cautelare, essendo difficile
predicare la sussistenza di un diverso freno inibitore''. Da qui un
ulteriore rilievo in base al quale e' stata annullata con rinvio la
decisione del Riesame di Napoli: ''La motivazione - scrive la
Cassazione - e' altresi' mancante perche' il Tribunale del Riesame ha
omesso di prendere in considerazione due aspetti rilevanti evidenziati
dal pm procedente. In primo luogo, la continuativa attivita' criminale
svolta dall' indagato, attraverso i suoi uomini, nel garantire
stabilmente basi logistiche ai correi, nel selezionare i
contrabbandieri in funzione della professionalita' del delitto e
favorirli mediante la creazione di monopoli illegali, nonche' il
carattere transnazionale della organizzazione criminale e l' attitudine
dei singoli gangli alla sopravvivenza anche a dispetto delle
occasionali evenienze riguardanti i singoli aderenti''. ''In secondo
luogo - conclude -, il pericolo di inquinamento probatorio, risultante
dalla vicenda relativa alla preparazione del cosiddetto documento
postumo e dalla spregiudicatezza ed insidiosita' dimostrata (dall'
indagato, ndr) per ottenere (tramite la Jeknic) informazioni
utilizzabili al fine di garantirsi l' impunita'''. (ANSA). BU
07/01/2005 13:36

MONTENEGRO: VICEMINISTRO FINANZE, ECONOMIA DIVERSA DA SERBIA

(ANSAMED) - BRUXELLES, 19 GEN - Il 'Wall Street Journal' (Wsj), nella
sua edizione europea, ha ospitato oggi un commento del viceministro
delle Finanze montenegrino, Vladimir Kavaric, in cui si sottolinea la
differenza delle realtà economiche della Serbia e del Montenegro. Le
due entità governative costituiscono un'Unione nata nel febbraio nel
2003 con una Costituzione e un Presidente in comune (Svetozvar
Marovic), ma con tutta una serie di politiche gestite autonomamente. A
detta di Kavaric, l'economia montenegrina è orientata da una logica di
privatizzazioni e di apertura ai capitali stranieri che differisce
dalle pratiche più protezionistiche adottate dalla Serbia. Il vice
ministro ha inoltre sottolineato l'importanza della recente apertura
mostrata dall'Unione europea sul tema della diversità tra le due entità
dell'Unione che si è concretizzata con l'avvio di un approccio 'a due
binari' nel processo di avvicinamento di Serbia e Montenegro all'Ue.
"Accettare e riconoscere le realtà economiche di Serbia e Montenegro
consentirebbe una nuova era nelle relazioni interstatali nei Balcani",
ha concluso Kavaric.(ANSAMED).
19/01/2005 17:08

MAFIA: DDA BARI INDAGA SU AVVOCATO SVIZZERO PER RICICLAGGIO

(ANSA) - BARI, 25 GEN - Indagini su un avvocato svizzero - del quale
non si e' appreso il nome - che gestirebbe notevoli capitali mafiosi
sono in corso da parte della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di
Bari che indaga sul riciclaggio di danaro da parte di organizzazioni
delinquenziali che operano in diversi settori economici. Tra i settori
monitorati dai magistrati baresi vi e' il contrabbando internazionale
di sigarette che tra il 1996 e il 2000 e' stato particolarmente attivo
tra il Montenegro e la Puglia e che avrebbe permesso ai suoi
organizzatori di riciclare danaro in banche e agenzie di cambio
svizzere. L' indagine e' affidata ai sostituti procuratori Giuseppe
Scelsi e Eugenia Pontassuglia, titolari di una piu' ampia indagine sul
riciclaggio di danaro proveniente dal traffico internazionale di
sigarette di contrabbando. A quanto si e' potuto sapere da fonti
inquirenti, al momento a carico del legale non sono stati raccolti
elementi probatori sufficienti per sostenere l' accusa a dibattimento
ma ulteriori accertamenti sono in corso da parte della Direzione
investigativa antimafia (Dia) di Bari. I magistrati inquirenti - a
quanto si e' saputo - hanno in corso esami della documentazione giunta
dalla Confederazione elvetica dopo una rogatoria internazionale
integrata dai riscontri delle intercettazioni compiute su utenze
internazionali. Inoltre - sempre sul fronte dell' attivita' di
riciclaggio di proventi del contrabbando - sono in corso indagini
bancarie nei confronti di cinque societa' del Liechtenstein. Dell'
attivita' di riciclaggio del danaro e delle indagini in corso da parte
della Dda aveva gia' parlato il pg di Bari, Riccardo Dibitonto, nel
corso dell' inaugurazione dell' anno giudiziario. Il magistrato aveva
riferito, proprio parlando del riciclaggio, che le indagini in corso
hanno accertato che la ''stragrande maggioranza del denaro non viene
reinvestito in Italia ma viene trasferito all' estero con ogni mezzo,
spesso affidato a corrieri improvvisati, magari incontrati casualmente
in un posto di frontiera. Il denaro viene poi utilizzato per ogni
necessita' ed impegnato prevalentemente nel campo edilizio e
turistico''. (ANSA). BU
25/01/2005 16:37

(srpskohrvatski / english / italiano)


Chiamatelo "Mo"


Mohamed ("Mo") Sacirbey (Sacirbegovic) e' stato Ministro degli Esteri
di Izetbegovic e soprattutto Ambasciatore all'ONU nel periodo cruciale
della secessione, quando fu tra l'altro protagonista della campagna di
disinformazione strategica sugli "stupri etnici" e sui "campi di
sterminio serbi". E' un personaggio ingombrante, non solamente per gli
episodi di corruzione dei quali e' accusato, ma proprio per la sua
ambigua posizione tra New York e Sarajevo e per il fortissimo legame
con l'establishment USA...

1. Zovite me Mo / Chiamatemi Mo (Danas 30/7/2004)

2. "Relazioni pericolose": l'attuale consorte del principe d'Olanda e'
stata l'amante del nazionalista-secessionista e ladro Sacirbey
oltreche' di un noto trafficante di droga... Ma ai giornali interessa
solo capovolgere la frittata ed ulteriormente criminalizzare
"Milosevic" (ANSA 29/1/2005)

3. U.S. JUDGE ALLOWS BAIL FOR JAILED BOSNIAN EX-DIPLOMAT (RFE 7/7/2005)
Sul rilascio del ladro Sacirbey dietro cauzione

4. FLASHBACK: [JUGOINFO] Visnjica broj 153
RITRATTO DEL SIGNOR SACIRBEGOVIC, PATRIOTA BOSGNACCO / BOSNIA: MANDATO
ARRESTO INTERNAZIONALE PER EX AMBASCIATORE (ANSA)


Su questo personaggio vedi anche:

Data: Mar 15 Apr 2003 00:10:18 Europe/Rome
Oggetto: [JUGOINFO] Bosnia-Erzegovina: arresti eccellenti / Important
Arrests in Bosnia
BOSNIA: USA; ARRESTATO EX MINISTRO ESTERI A NEW YORK (ANSA) /
Ex-Bosnian Envoy Arrested on Charge of Embezzlement (NYT)

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2448

EX-BOSNIAN ENVOY AWAITS EXTRADITION RULING Muhamed Sacirbey denies
misuse of funds while he was Bosnia's former envoy in New York. By
Aldin Arnautovic in Sarajevo. IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, No. 431, May
20, 2003

http://www.iwpr.net/index.pl?archive/bcr3/bcr3_200305_431_4_eng.txt

Bivsi izaslanik Bosne ocekuje odluku o izrucenju
Muhamed Sacirbej porice da je zloupotrebljavao fondove dok je bio
izaslanik Bosne u Njujorku.
Pise: Aldin Arnautovic iz Sarajeva (BCR Br 431, 20-maj-03)

http://www.iwpr.net/index.pl?archive/bcr3/bcr3_200305_431_4_ser.txt


=== 1 ===

Da "Danas", 30.7.04, un interessante articolo intitolato "Chiamatemi
Mo", su Muhamed Sacirbegovic, alias Mohamed Sacirbey, ambasciatore di
Izetbegovic negli USA. Accusato dalla Federazione croato-musulmana di
Bosnia per essersi appropriato di un sacco di soldi. Rilasciato dalla
prigione negli USA sotto cauzione di 6 milioni di dollari,
assicuratigli dai suoi amici. Questo musulmano bosniaco (bosgnacco?), 
nato a Sarajevo nel 1956, all'eta' di 7 anni era in Turchia, poi nel
Nord Africa, e ad 11 anni negli USA, dove ha studiato all'Università
insieme al famigerato Holbrooke, con il quale pare sia attualmente
imparentato avendone sposato la sorella.     
(a cura di Ivan Istrijan)

petak, 30. jul 2004.
Ličnost dana

Zovite me Mo

MOHAMED ŠAĆIRBEJ

Rođen 1956. u Sarajevu i zaveden u knjige kao Muhamed Šaćirbegović,
osoba koja je "ličnost danas" veći deo života provela je pod imenom
Mohamed Šaćirbej, i pod njim postala poznata i ovde i u svetu. Pod tim
je imenom od 1992. služila kao prvi bosanski, odnosno Izetbegovićev,
kapućehaja u Ujedinjenim nacijama, potom i kao šef diplomatije ratne
Bosne, da bi, napokon, pod istim tim drugim imenom i prezimenom u martu
prošle godine ta osoba bila uhapšena u svom njujorškom apartmanu,
optužena za proneveru novca iz bosanske misije kojom je deceniju ranije
upravljao. Za našu titulu "ličnosti dana" preporučilo ga je
prekjučerašnje puštanje iz toga pritvora i fantastična kaucija od šest
miliona dolara koju su za njega, izgleda, obezbedili tzv. Moovi
prijatelji.

"Zovite me Mo", znao je da kaže prilikom upoznavanja, i to sa retkim,
reklo bi se urođenim šarmom, s kojim nije elegantno i lako osvajao samo
uvek vrlo zgodne žene, nego je očaravao i američke novinare tokom rata,
kojima je majstorski prodavao svoju verziju pravde i istine. Njegova
priča, od koje se Srbima dizala kosa na glavi i prevrtalo u stomaku,
bila je maherska, prianjala je medijima, sasvim očigledno i tadašnjim
američkim politikama. Ostao je upamćen kao elokventan, drzak,
samouveren i prodoran diplomata.

Krenuo je rano u emigraciju. Sa sedam godina sa roditeljima je u
Turskoj, potom u Severnoj Africi, da bi, najzad, u jedanaestoj dospeo u
Sjedinjene Države. Tamo je završio škole, uključiv ekonomiju i
bankarstvo, na kraju. Ta ga je struka, valjda, kandidovala da posle
2000. godine kao eksdiplomata jedno kraće vreme radi u ICN Milana
Panića.

Vešt u komunikaciji, Bosanac s bosanskim pasošem koji dobro govori
srpski (bošnjački), i Amerikanac sa pasošem adoptirane zemlje koji
glatko govori američki akcenat, on je ostavljao utisak nekoga kod koga
nije lako povući i inače tešku granicu između opsenara i varalice.
Upućeniji, naime, svedoče da nikad nisu mogli biti načisto sa tim šta
je on u stvari. U sličnim su dilemama verovatno bili i predmeti
njegovih bonvivanskih tehnika i zahvata, među kojima je pre izvesnog
vremena bila i jedna ledi (istinita priča, nije legenda) koja je
izazvala buru na holandskom dvoru budući pretendentkinja na ložnicu u
jednome tamošnjem kraljevskom dvorcu.

Sada na uslovnoj slobodi, mora da nosi elektronsku rukavicu, i da sedi
faktički u kućnom pritvoru dok sud ne odluči da li će mu i gde biti
suđeno, odnosno da li će biti isporučen Sarajevu koje ga traži.
Nekadašnji ratni miljenik ovoga grada mogao bi biti izručen - eto male
ironije života - na osnovu klauzule koju su 1902. potpisale Sjedinjene
Države i Kraljevina Srbija. R. Cv.


=== 2 ===

OLANDA: MILOSEVIC ORDINO' RAPIMENTO MOGLIE PRINCIPE FRISO

(ANSA) - BRUXELLES, 29 GEN - Il piano, voluto dall'ex presidente
jugoslavo Slobodan Milosevic, rientro' solo all'ultimo momento per
ragioni di opportunita', ma la sua esecuzione era gia' in uno stadio
avanzatissimo e prevedeva il rapimento a Bruxelles di Mabel Wisse Smit,
attuale consorte del principe olandese Johan Friso, secondogenito della
regina Beatrice d'Olanda. Il mandante, stando alle rivelazioni
pubblicate oggi sul quotidiano olandese 'De Telegraaf, era appunto
Milosevic, ora sotto processo davanti al Tribunale internazione penale
dell'Aja per crimini di guerra. Lo scopo del rapimento, secondo quanto
riferisce il giornale citando fonti giudiziarie serbe, era quello di
ottenere informazioni su Mohammed Sacirbey, con il quale la donna aveva
avuto una relazione e che all'epoca delle guerre nei Balcani era uno
dei portavoce e raccoglieva fondi per i musulmani di Bosnia. Sacirbey
e' stato, durante gli anni '90, ministro degli Esteri ed ambasciatore
bosniaco presso le Nazioni Unite ed e' ora accusato dal governo di
Sarajevo di avere stornato fondi pubblici durante la sua permanenza al
Palazzo di vetro di New York Fra fine 1993 e inizio 1994 sarebbero
giunti a Bruxelles, dove l'attuale principessa lavorava, il capo delle
forze paramilitari serbe Arkan, morto nel 2000, e due agenti dei
servizi segreti di Belgrado, ma poco dopo il loro arrivo venne l'alt
perche' il piano era considerato ''troppo dannoso per la causa serba''.
Mabel Wisse Smit si e' sposata con il principe Johan Friso nell'aprile
dello scorso anno e il suo matrimonio e' stato preceduto da una serie
di polemiche riguardanti i suoi trascorsi sentimentali con un noto
trafficante di droga olandese, Klaas Bruinsma. Per quel motivo il
principe dovette alle fine rinunciare ai diritti alla corona. (ANSA).
CLG
29/01/2005 16:45


=== 3 ===

(Sul rilascio del ladro Sacirbey dietro cauzione)

http://www.rferl.org/newsline/4-see.asp

Radio Free Europe/Radio Liberty
July 7, 2004

U.S. JUDGE ALLOWS BAIL FOR JAILED BOSNIAN EX-DIPLOMAT

New York Magistrate Judge Frank Maas ruled on 2 July
that former Bosnian Foreign Minister and Ambassador to
the UN Mohamed Sacirbey, who is awaiting extradition
to Bosnia for allegedly embezzling more than $600,000
from its UN mission, might be freed on bail of $5
million in cash and $1 million in real estate, "The
New York Times" reported the next day. The judge
previously denied bail to Sacirbey, who is known in
Bosnia as Sacirbegovic. Bosnian Prime Minister Adnan
Terzic recently wrote the court a letter sympathetic
to Sacirbey. Many remember him for his articulate
defense of Bosnia's cause before the UN and in the
media during the 1992-95 conflict. Revelations of his
alleged corruption came as a shock to many in Bosnia
and abroad. New York police arrested him in March 2003
pending the arrival of a formal extradition request
from Sarajevo. Sacirbey has always denied the charges,
arguing that he used the money only on official
business during chaotic times. PM


=== 4 ===

Da: jugocoord
Data: Sab 19 Gen 2002 17:24:52 Europe/Rome
Oggetto: [JUGOINFO] Visnjica broj 153

RITRATTO DEL SIGNOR SACIRBEGOVIC, PATRIOTA BOSGNACCO

Mister Sacirbegovic, per dimostrare il suo zelo patriottico
musulmano-bosniaco (quindi "bosnjak", bosgnacco), attorno al 1990
cambiava il suo nome ed il suo cognome: diventava Maometto per fede e
Bey per ideologia panislamica ed antislava. Per premio gli veniva dato
l'incarico di Ambasciatore presso l'ONU, come rappresentante dello
statarello dei tre gigli nuovo di zecca. All'epoca (1992-1993) era in
prima fila - a braccetto con la Ruder&Finn Public Global Relations e
con il Partito Radicale italiano - nella campagna disinformativa sugli
"stupri etnici" e sui "lager cetnici", con la quale spopolava a destra
e a sinistra. Dopo avere allegramente realizzato il sogno sanguinoso
dello smembramento del suo paese, Mister Sacirbegovic poteva
ulteriormente consolidare le sue entrature nell'establishment USA
sposando una parente di Mister Hoolbroke. Poi decise di voler fare la
bella vita, e si rovino'. (I. Slavo)

> http://www.ansa.it/balcani/bosnia/20020107200232096757.html

BOSNIA: MANDATO ARRESTO INTERNAZIONALE PER EX AMBASCIATORE
(ANSA) - SARAJEVO, 07 GEN - Le autorita' bosniache hanno emesso tramite
l'Interpol un mandato d'arresto internazionale contro l'ex
ambasciatore all'Onu ed ex ministro degli esteri Muhamed Sacirbey,
accusato di appropriazione indebita di 2,8 milioni di euro. Lo ha reso
noto la radio di Sarajevo. Sacirbey, che ha la doppia cittadinanza
bosniaca e americana, vive negli Stati Uniti. Le accuse contro
Sacirbey sono relative alle spese e ai fondi pubblici gestiti dalla
missione bosniaca a New York di cui Sacirbey e' stato il capo dal 1992
al 1996 e dal 1998 al 2000 e per cui non ha mai presentato riscontri.
Il ministero degli esteri ha percio' citato Sacirbey per
appropriazione indebita di 2,5 milioni di dollari (2,8 milioni di euro)
di fondi pubblici, ma i mandati di comparizione emessi dalla
magistratura bosniaca non gli sono
stati mai notificati. Sacirbey, vicino all'ex presidente Alija
Izetbegovic ha vissuto in Bosnia solo dal 1998 al 2000, quando e' stato
ministro degli esteri. Dopo la vittoria alle elezioni dell'Alleanza per
il cambiamento e la sconfitta dell'Ada, il partito di Izetbegovic, il
nuovo governo ha avviato delle ispezioni che hanno evidenziato
l'ammanco. (ANSA). COR*VD 07/01/2002 20:02

[ Un recente inserto del quotidiano berlinese junge Welt è tutto
dedicato alle munizioni all'uranio... ]

http://www.jungewelt.de/beilage/beilage/51

29.12.2004

uranmunition

Urangeschosse
http://www.jungewelt.de/beilage/art/690

Zum Anliegen der von der Deutschen Friedensgesellschaft - Vereinigte
KriegsdienstgegnerInnen herausgegebenen Beilage

Naturwissenschaftliche Grundlagen
http://www.jungewelt.de/beilage/art/691

Zum Verständnis der »nachhaltigen Kriegsführung«

Urangeschosse - eine neue Massenvernichtungstechnologie
http://www.jungewelt.de/beilage/art/692

Ein Vortrag von Prof. Dr. Dr. med. habil Siegwart Horst Günther aus dem
Jahr 2000

Der Einsatz der Uranmunition geht weiter
http://www.jungewelt.de/beilage/art/693

Von Jugoslawien über Afghanistan bis zum dritten Golfkrieg - und wie
die Gefahren weggelogen werden

[ Jürgen Elsässer analizza gli interessi in gioco dietro al progetto di
secessione del Kosovo, con particolare riferimento ai "corridoi" del
petrolio e delle droghe... ]

Jürgen Elsässer : Zu den wirtschaftlichen Interessen bei einer
Abspaltung des Kosovo

1. Konkurrenz der Pipelines
2. Drogenachse Kabul–Pristina


1) http://www.jungewelt.de/2005/01-27/005.php

27.01.2005

Ausland
Jürgen Elsässer, Belgrad

Konkurrenz der Pipelines

Zu den wirtschaftlichen Interessen bei einer Abspaltung des Kosovo (I):
USA wollen eine Öltrasse vom Schwarzen Meer durch die Albanergebiete
bauen

 
Warum machen die USA Druck für eine Abspaltung des Kosovo von
Serbien-Montenegro? Ein Grund könnten Ölinteressen sein. Schon seit
1994 plant das US-dominierte AMBO-Konsortium eine große Pipeline, die
vom bulgarischen Schwarzmeerhafen Burgas quer durch die albanischen
Gebiete Mazedoniens und das Kosovo zum albanischen Mittelmeerhafen
Vlora führen wird. Ein entsprechender Vertrag zwischen AMBO und den
beteiligten Staaten wurde Ende Dezember 2004 in Sofia unterzeichnet,
Baubeginn soll in fünf Monaten sein.

Dem Londoner Guardian konnte man entnehmen: »Für den Westen wäre das
wahrscheinlich die wichtigste Route zu dem Öl und Gas, das jetzt in
Mittelasien gefördert wird. 750 000 Barrel pro Tag. Ein notwendiges
Projekt, so die US-Agentur für Handel und Entwicklung, weil es ...
US-Unternehmen in eine Schlüsselrolle bei der Entwicklung dieses
lebenswichtigen Ost-West-Korridors bringen wird.« Der Brite Michael
Jackson, der erste Kommandeur der NATO-geführten Kosovotruppe KFOR,
stellte einen direkten Zusammenhang zur Besetzung des Balkans durch die
NATO her: »Sicherlich werden wir lange hier bleiben, um die Sicherheit
der Energiekorridore zu gewährleisten, die durch Mazedonien führen.«

Rußland lenkte ein

Die AMBO-Pipeline wäre also das Gegenstück zur UNOCAL-Pipeline quer
durch Afghanistan – durch die eine soll das kaspische Öl nach Westen,
durch die andere nach Osten geleitet werden. Wegen der ersten wurde der
Krieg gegen Jugoslawien, wegen letzterer der gegen Afghanistan geführt.

Ursprünglich unterstützte Rußland eine Konkurrenzleitung, die das Öl
von Burgas nicht durch albanisches, sondern durch griechisches Gebiet
pumpen sollte. Ab Alexandroupolis wäre es dann mit Tankern
weitertransportiert worden. Doch überraschend gaben Präsident Wladimir
Putin und Wagit Alekperow, Chef des russischen Pipeline-Konzerns
Lukoil, zum Jahresende 2004 ihren Widerstand gegen das AMBO-Projekt
auf. Über die Gründe kann man nur spekulieren. Möglicherweise erreichte
der Kreml als Gegenleistung für sein Zurückstecken eine andere
Streckenführung bei der transalbanischen Trasse – nach den neuesten
Planungen soll sie nicht mehr durchs Kosovo laufen und wäre damit für
die Separatisten ohne Nutzen. Wie endgültig diese Planung ist, bleibt
allerdings abzuwarten.

Jugoslawisches Trio

Die dritte balkanische Pipeline wird von der Europäischen Union sowie
dem italienischen Energiegiganten ENI und dem österreichischen
Tankstellenmonopolisten OMV unterstützt. Die Röhre soll jährlich 60
Millionen Tonnen Öl vom rumänischen Schwarzmeerhafen Constanta quer
durch Serbien, Kroatien und Slowenien leiten und in das transalpine
Netz einspeisen, das Österreich und Deutschland versorgt. Auch diese
Planung gibt es schon länger. Pikanterweise haben US-amerikanische
Bomber im Krieg gegen Jugoslawien massiv jene Gebiete in Nordserbien
angegriffen, durch die diese Pipeline laufen sollte. Erst im letzten
November konnte deswegen ein konkreter Planungsvertrag unterzeichnet
werden, Baubeginn soll Ende 2005 sein. Wichtiger als der ökonomische
ist der politische Effekt des Projektes: Es bringt drei Staaten des
ehemaligen Jugoslawien zusammen, die durch die Kriege der 90er Jahre
getrennt worden sind.


2) http://www.jungewelt.de/2005/01-28/007.php

28.01.2005
Ausland

Jürgen Elsässer, Belgrad

Drogenachse Kabul–Pristina

Zu den wirtschaftlichen Interessen bei einer Abspaltung des Kosovo (II)

 
Wird das Kosovo ein eigener Staat, obwohl die UN-Resolution 1244 die
Zugehörigkeit zu Serbien-Montenegro festgelegt hat? Albanische
Politiker wie der derzeitige Kosovo-Premier Ramush Haradinaj oder der
Oppositionsführer Hashim Thaci favorisieren diese Lösung, weil sie dann
noch ungestörter ihre Drogengeschäfte betreiben können. Wie Afghanistan
das Hauptanbaugebiet, so ist das Kosovo der wichtigste Umschlagplatz
für Heroin. Das Fachblatt Executive Intelligence Review spricht von
einer »Achse Kabul–Pristina«, über die die Finanzierung der albanischen
Untergrundbewegung UCK läuft. 40 Prozent des Heroins für Europa
vertreiben die UCK-Mafiosi, vermuten deutsche UNMIK-Polizisten.

Dies deckt sich mit dem neuen Drogenbericht von Europol. Die
Frankfurter Allgemeine Zeitung faßte Mitte Januar den noch nicht
veröffentlichten Report zusammen. Dort hieß es unter anderem:
»Kontrolliert wird der europäische Heroinmarkt von international
organisierten Gruppen, unter denen türkische und kurdische
Organisationen nach wie vor das Sagen haben. Allerdings haben
albanische Gruppen ihren Anteil am Rauschgiftmarkt im allgemeinen und
am Heroinmarkt im speziellen kontinuierlich vergrößert. Drei Faktoren
haben zu dieser Entwicklung maßgeblich beigetragen: die Anwesenheit von
Albanern aus Albanien, aus dem Kosovo und aus Mazedonien in nahezu
allen westeuropäischen Ländern, die Existenz vieler Erscheinungsformen
organisierter Kriminalität unter Albanern und das Bestreben einiger
Gruppen, aus Albanien, dem Kosovo und Teilen Mazedoniens ein
selbständiges Groß-Albanien zu schaffen. Nach aller Erfahrung dient
Rauschgifthandel auch im Fall Albanien dazu, Geld für den politischen
wie den bewaffneten Kampf zu beschaffen.«

Vor diesem Hintergrund ist es kaum zu glauben, daß sich der
SPD-Vorsitzende Franz Müntefering Ende August 2004 ausdrücklich dafür
ausgesprochen hat, »daß das Kosovo in der Lage ist, ein eigener
souveräner Staat zu sein«. Wollen die deutschen Sozialdemokraten der
Heroingefahr für Europa Herr werden, indem sie den Heroinhändlern einen
eigenen Staat schenken? Noch seltsamer ist allerdings, daß die FAZ mit
Berichten über die Drogenhochburg Kosovo die proalbanische
Balkanpolitik Deutschlands blamiert, die sie ansonsten seit Jahren
unterstützt und vorantreibt. Aber vielleicht wird am Ende dieser
Widerspruch auf ganz überraschende Weise gelöst werden: Indem man die
Tatsache, daß die albanische Mafia zur Gefahr für Westeuropa geworden
ist, aus einem Contra- in ein Pro-Argument für die Selbständigkeit des
Kosovo verwandelt. Nur in diesem Fall nämlich, wird es dann heißen,
könnte man alle hierzulande straffällig gewordenen Skipetaren auf den
Balkan abschieben – in ihre eigene Republik.

Vielleicht kann man sogar die Mafiosi für diese Rochade gewinnen –
wenn man ihnen den Verzicht auf den Drogenhandel und die Rückführung in
ihre Heimat durch die Ermöglichung eines Großalbanien schmackhaft
macht. Aber vermutlich werden sie beides wollen.

Dobro dosli na J U G O I N F O !


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GRAZIE / HVALA / THANKS

[ Il progetto tedesco per la realizzazione di una "Rete europea contro
le espulsioni", nella quale includere a pieno titolo organizzazioni e
rivendicazioni revansciste dei paesi sconfitti nella II Guerra
Mondiale, ha trovato l'opposizione di Repubblica Ceca e Francia: le due
sono direttamente minacciate rispettivamente per le questioni dei
Sudeti e per Alsazia e Lorena. La Francia ha dichiarato che una simile
iniziativa non aiuta la riconciliazione tra ex-nemici. A partecipare
tuttavia al progetto tedesco, che sarà ufficialmente battezzato
mercoledi prossimo 2/2/2005, saranno, oltre alla Germania, l'Austria,
l'Ungheria (che agita la questione ai danni di tutti i propri vicini),
la Polonia, e la Slovacchia... ]

http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1106961652.php

29.01.2005

Revision der Geschichte

BERLIN/PRAHA/PARIS (Eigener Bericht) - Die Tschechische Republik und
Frankreich widersetzen sich deutschen Regierungsplänen zum Aufbau eines
,,Europäischen Netzwerkes gegen Vertreibungen". Wie ein Sprecher der
Berliner Bundesbeauftragten für Kultur und Medien gegenüber dieser
Redaktion bestätigt, wollen am kommenden Mittwoch (2. Februar)
Regierungsvertreter der Bundesrepublik und mehrerer
mittelosteuropäischer Staaten ein solches Netzwerk ,,aus der Taufe
heben". Eine Integration deutscher ,,Vertriebenen"-Verbände, die
revanchistischer Absichten verdächtigt werden, ist ausdrücklich
,,erwünscht". Prag, dessen Teilnahme Berlin wegen der Umsiedlung der
,,Sudetendeutschen" befürwortet, hat erklärt, dem Netzwerk
fernzubleiben. Französische Delegierte erheben zugleich schwere
Vorwürfe gegen ein gleichgerichtetes Projekt, das deutsche Initiatoren
über den Europarat lancieren wollen: Es diene ,,nicht der Versöhnung
zwischen den früheren Feindstaaten".

,,Vertriebene": Erwünscht

Das ,,Europäische Netzwerk gegen Vertreibungen" soll von
Regierungsvertretern Deutschlands, Österreichs, Ungarns, Polens und der
Slowakei am kommenden Mittwoch in Warszawa ,,auf der politischen Ebene
aus der Taufe" gehoben werden.1) Dies bestätigt ein Sprecher der
Bundesbeauftragten für Kultur und Medien, Christina Weiss, gegenüber
german-foreign-policy.com. Das Netzwerk soll ,,auf der
wissenschaftlichen Ebene beginnen" und Forschungseinrichtungen, Museen
und andere Institutionen vernetzen, die ,,mit Fragen des Krieges und
der Kriegsfolgen" befasst sind. Kritikern zufolge zielt das Projekt
darauf ab, die Umsiedlung der Deutschen mit Verbrechen gegen die
Menschheit gleichzustellen (Verfolgung von Roma im Kosovo, Genozid an
den Armeniern u.a.) und zum ,,Unrecht" zu erklären. Tatsächlich wurden
die Umsiedlungen von den Siegern des Zweiten Weltkriegs beschlossen und
sind völkerrechtlich unangreifbar. Auf die Frage, ob die deutschen
,,Vertriebenen"-Verbände in das Netzwerk integriert werden könnten, das
,,in die Öffentlichkeit ausstrahlen" soll, erklärt der Sprecher der
Berliner Kulturbeauftragten: ,,Das ist sogar erwünscht."

Zurückgewiesen

Wie der stellvertretende Botschafter der Tschechischen Republik in
Berlin, Jan Sechter, im Gespräch mit german-foreign-policy.com
bestätigt, wird die Prager Regierung nicht am Aufbau des Netzwerkes
teilnehmen. Nach 15 Jahren bilateraler Gespräche über die Umsiedlung
der Deutschen gebe es ,,keinen Bedarf für weitere Gespräche", erklärt
Sechter. Tatsächlich hatte die deutsche Regierung bereits in der
Deutsch-Tschechischen Erklärung vom 21. Januar 1997 zugesagt, die
Beziehungen zwischen den beiden Ländern ,,nicht mit aus der
Vergangenheit herrührenden politischen und rechtlichen Fragen" zu
belasten. Die Zusage wurde von Berlin wiederholt modifiziert und
unterlaufen. Wie aus Sechters Erklärung ferner hervorgeht, ist die
deutsche Regierung zudem nicht bereit, in die Gründung des
,,Europäischen Netzwerks gegen Vertreibungen" die europäischen
Garantiemächte des Potsdamer Abkommens einzubeziehen.2) Prag habe
Berlin und Warszawa gebeten, weitere europäische Staaten an der
Netzwerk-Gründung zu beteiligen, diese Bitte sei jedoch zurückgewiesen
worden, bestätigt Sechter.

Nicht versöhnend

Ein zusätzlicher Versuch der Berliner Außenpolitik, den Aufbau eines
,,Europäischen Gedenkzentrums für Opfer von Zwangsvertreibungen und
ethnischen Säuberungen" über den Europarat zu lancieren, ist vor
wenigen Tagen in Strasbourg zurückgewiesen worden. Deutsche Politiker
und Wissenschaftler hatten sich bei einer vorausgegangenen Tagung des
Europarats bemüht, für die beabsichtigte Gleichstellung von
Umsiedlungen und Massenverbrechen eine internationale Legitimierung zu
erhalten.3) Bereits die Begründung des zugrunde liegenden Antrags
bedient sich undeutlicher und verallgemeinernder Behauptungen, deren
Stoßrichtung offenkundig ist. So werden Täter und Opfer der
NS-Aggression einer gemeinsamen Kategorie zugeschlagen, weil beide von
,,Massenbewegungen" ,,betroffen" gewesen seien.4) Die entsprechende
Formulierung lässt offen, ob die ,,Massenbewegungen" auch
Nachkriegsumsiedlungen in den früheren Staaten des Warschauer Blocks
meinen und damit Rechtsansprüche stipulieren, die sich zum Beispiel
gegen die Tschechische Republik richten könnten. Der Antrag erhielt
eine einfache Mehrheit, verfehlte jedoch das notwenige
Zwei-Drittel-Votum. Zur Begründung der Ablehnung hieß es in der
französischen Delegation, das Projekt sei geeignet,
Entschädigungsforderungen deutscher Umgesiedelter zu stärken, und diene
daher nicht der Versöhnung zwischen den früheren Feindstaaten.5) Der
französische Leiter der parlamentarischen Delegation, Bernard
Schreiner, erklärte zudem: ,,Es werden auf derselben Ebene zwei
verschiedene Tragödien abgehandelt: Deportationen in Todeslager und
erzwungene Massenbewegungen."6)

Nationale Option

Die den ,,Vertriebenen"-Verbänden zugerechnete Berliner Stiftung
,,Zentrum gegen Vertreibungen" bereitet unterdessen eine Ausstellung
mit dem Titel ,,Das Jahrhundert der Vertreibungen" vor. Wie der
Co-Präsident der Stiftung, Peter Glotz (SPD), im Interview mit der als
rechtsradikal geltenden deutschen Wochenzeitung ,,Junge Freiheit"
erklärt, beginnt die Darstellung ,,mit dem Schicksal der Armenier und
endet mit den 'ethnischen Säuberungen' im Kosovo". Sie soll im Herbst
nächsten Jahres in Berlin gezeigt werden. Die deutsche Stiftung hält
damit die Option aufrecht, im Falle eines Scheiterns der
,,europäischen" Pläne ein ,,Zentrum gegen Vertreibungen" im nationalen
Alleingang zu errichten.

1) s. auch Lebensraum Osten
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1082328000.php%5d
2) s. auch Totalrevision
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1063317601.php%5d
und Potsdam und Versailles
[http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1063749601.php%5d
3) Markus Meckel, Karl Schlögel, Stefan Troebst
4) Deutsche und Polen seien ,,von den Massenbewegungen, die mit den
Kriegsereignissen verbunden waren, am meisten betroffen".
5) Widerstand im Europarat; Frankfurter Allgemeine Zeitung 26.01.2005
6) Proposal to create a remembrance centre for victims of forced
population movements fails to win Assembly's support; assembly.coe.int
27.01.2005


Informationen zur Deutschen Außenpolitik
© www.german-foreign-policy.com

http://www.resistenze.org/sito/os/ep/osep5a28.htm
www.resistenze.org - osservatorio - europa - politica e società -

da Solid Net - 14 Gennaio 2005

http://www.ptb.be/scripts/article.phtml?section=A3AAABBN&obid=25764

Partito del Lavoro del Belgio (PTB)

La dura realtà a 15 anni dalla caduta del muro

Come è stata smantellata l’Europa dell’Est

L’instaurazione del capitalismo ha significato una retrocessione per
tutti i paesi dell’Europa dell’Est, tanto sul piano economico come su
quello sociale. Una nota della Nazioni Unite dichiara: “Il passaggio
dall’economia pianificata a quella di mercato è stata accompagnato da
grandi cambiamenti nella ripartizione della ricchezza e del benessere
nazionale. Le cifre mostrano che si tratta dei cambiamenti più rapidi
mai registrati. Ciò ha portato ad un elevato, drammatico, costo umano.”

Dal 1990 al 2002 il prodotto interno lordo (insieme dei beni e dei
servizi prodotti in un anno) per abitante dei paesi dell’Europa
dell’Est è diminuito del 10%, mentre nei paesi di livello compatibile è
aumentato del 27%; ciò rappresenta una perdita effettiva di quasi il
40% . Questa regressione vale per tutti i paesi, salvo Polonia e
Slovenia. Oggi il Pil per abitante degli ex paesi comunisti dell’Europa
centrale e orientale è inferiore di un quarto rispetto all’America
Latina. Per le repubbliche dell’ex Unione Sovietica la situazione è
ancora più drammatica. Negli anni ’90 il Pil è sceso del 33%. In
Ucraina, dal ‘93 al ‘96, vi è stata una diminuzione del 33%, in Russia
del 47%.

Le azioni dell’economia di stato sono state svendute a prezzi
ridicolmente bassi. Una gran parte dell’imponente apparato economico e
industriale è stato smantellato. In pochi anni la grande potenza
industriale che era la Russia, se è convertita in un paese del terzo
mondo. Il Pil della Russia (144 milioni di abitanti) è inferiore a
quello dei Paesi Bassi (16 milioni di abitanti). L’Unione Sovietica è
regredita di un secolo. Ai tempi della Rivoluzione socialista, nel
1917, il Pil rappresentava il 10% quello degli US. Nel 1989,
considerando che intanto l’Unione Sovietica era stata grandemente
danneggiata nella II Guerra Mondiale, toccava il 45% degli US .Oggi
meno del 7%

La situazione sociale

I circa 150 milioni di abitanti dell’ex Unione Sovietica (come dire
gli abitanti di Francia, Gran Bretagna, Paesi Bassi e scandinavi
riuniti) nella povertà all’inizio degli anni ‘90. Hanno meno di 4 $ di
reddito pro capite; il numero di poveri che vivono con meno di un
dollaro si sta moltiplicando per venti. In Bulgaria, Romania, Russia,
Kazachistan, Kirghisistan, Ucraina, Turkmenistan, Uzbechistan e
Moldavia il numero di poveri è salito dal 50 al 90% della popolazione.

Secondo un recente studio dell’Unicef, un bambino su tre dei paesi
dell’Est oggi vive in povertà; un milione e mezzo vive in orfanotrofi.
In Russia il numero di bambini abbandonati è decuplicato, a fronte
della forte diminuzione delle nascite. A Bucarest, capitale della
Romania, centinaia di minori vivono in strada, 100 mila sono in stato
di abbandono. E in questa situazione l’accoglienza dell’infanzia è
stata smantellata. Per molte donne è stata una vera catastrofe; molte,
che speravano in un lavoro e una vita migliore, sono cadute nella rete
della criminalità organizzata; ogni anno mezzo milione di donne della
regione sono letteralmente ‘esportate’ nell’Europa occidentale.

Prima dell’arrivo del capitalismo, la regione aveva un welfare sociale
garantito. Una nota delle Nazioni Unite dice “Prima degli anni ‘90 i
servizi sociali nei paesi dell’Europa centrale e orientale e dei paesi
della Cei erano notevolmente buoni. Il lavoro a tempo continuato era
garantito per la vita. Anche se il salario era basso era stabile e
sicuro. Molti beni di consumo e servizi di base erano sussidiari e la
fornitura era regolare. Erano sufficienti alimentazione, vestiario e
sussistenza. L’accesso all’istruzione e alla sanità era gratuito. La
pensione era assicurata e le persone potevano usufruire di molte altre
forme di protezione sociale”, la nota continua: “oggi non sono
garantite una normale educazione, una vita sana e un’alimentazione
sufficiente. Il tasso di mortalità aumenta, nuove epidemie
potenzialmente distruttive minacciano la sopravvivenza e vi è un
crescente stato di allarme”.

Di conseguenza certi paesi si spopolano drammaticamente. In Ucraina la
popolazione è diminuita di 1,2 milioni dal 1991. In Russia dal ‘92 al
‘97 di 5,7 milioni- pur con l’arrivo di 3,7 milioni dai paesi vicini.
Le Nazioni Unite stimano che, se la tendenza non si invertirà, la
popolazione degli ex paesi dell’Est entro il 2050 diminuirà del 20%: da
307 a 250 milioni.

La popolazione oscilla tra disillusione, rassegnazione e sdegno.

Alcuni esempi. la Polonia è uscita quasi indenne dalla transizione. In
questo paese tanto cattolico, il comunismo non ebbe mai vita facile.
Senza dubbio oggi il 44% dei polacchi giudicano il periodo del blocco
dell’Est come positivo; il 47% giudica che il socialismo sia “una buona
dottrina che è stata mal applicata”; il 37% dei polacchi danno un
giudizio positivo del partito comunista che ha governato dal 1948 al
1989. Il 31% è scontento di questo periodo; solo il 41% pensa che il
capitalismo sia un sistema migliore.

IL 76% dei tedeschi dell’Est pensa che il socialismo sia “una buona
idea, che è stata mal applicata”; solo, uno su tre è soddisfatto della
forma nella quale sta funzionando la democrazia. Secondo un’inchiesta
del 1999, il 64% dei rumeni preferiva la vita ai tempi di Ceausescu. In
Russia sulla popolarità di Lenin, il 67% ha un’opinione positiva; solo
il 15% parla del ruolo di Lenin in termini negativi.

Vi è molta insoddisfazione e il potenziale di rivolta è grande. Le
ferite del passato sono fresche e la confusione ideologica è grande;
non è però da escludere che nel prossimo futuro si voglia tornare al
socialismo, “ben applicato”.

Marc Vandepitte


Nell’Est Europa i mali tipici del terzo mondo

Dall’instaurazione del capitalismo l’Europa dell’Est scade sempre più 
a livello dei paesi del terzo mondo:
-un decimo degli abitanti è sottoalimentato; in Russia un bambino su
sette soffre di carenze alimentari croniche
-per la prima volta dopo mezzo secolo, riappare l’analfabetismo
-in Russia; la tubercolosi si sta nuovamente espandendo come nel terzo
mondo; i casi di sifilide sono aumentati di 40 volte dal ‘90 al ’98
-la speranza di vita dei maschi russi è scesa da 63 a 57 anni dal ’92
al ’94. In Ucraina è diminuita da 65 a 62 anni.
-dal 1992 il numero degli alcoolizzati è raddoppiato
-in Russia su 100 gravidanze ci sono 60 aborti. In conseguenza 6
milioni di donne sono sterili.
-in Polonia il numero dei suicidi è aumentato del 25% ma in alcuni
paesi dell’ex URSS è raddoppiato. I delitti in Bulgaria sono
quadruplicati rispetto all’89; triplicati in Ungheria e nell’ex
Cecoslovacchia. In Polonia la mortalità è cresciuta del 60%, in altri
paesi fino al 250%
-le Nazioni Unite stimano che, nei primi 5 anni dopo il passaggio al
capitalismo, la mortalità negli ex paesi socialisti dovuta a nuove
affezioni (facilmente curabili) e a morti violente (guerra) sia di 2
milioni di persone

E’ tempo per un ripensamento

Nel Febbraio 1990 i parlamentari del Belgio hanno redatto questa
dichiarazione sulla rivoluzione popolare che ha causato la caduta del
dittatore rumeno Ceausescu “ La Camera dei rappresentanti ricorda che
questa rivoluzione popolare aveva come scopo di mettere fine al regime
veramente totalitario dominato dal Partito comunista, che violava in
permanenza i diritti dell’uomo, opprimeva le minoranze e le libertà e
la democrazia era inesistente”

I 133 deputati presenti votarono tutti a favore, compresi socialisti,
verdi, sinistra dei democratico-cristiani. Nella discussione precedente
il voto il Vlaams Blok disse: “Prima queste posizioni erano difese solo
dalla destra. La ‘rivoluzione’ di velluto in Europa dell’Est è stata
sostenuta e incoraggiata dal Presidente americano Bush senior, dal
Premier britannico Thatcher, dal generale cileno Pinochet, dal leader
fascista francese Le Pen”

Allora il PTB (Partito del lavoro del Belgio) era il solo, a difendere
un’altra analisi, avendo visto, capito e letto quello che tutti i
democratici e i progressisti potevano vedere, capire e leggere.


traduzione di BF

Da: Iniziativa PARTIGIANI! Roma 7/5/2005
Data: Ven 28 Gen 2005 17:01:16 Europe/Rome
Oggetto: LA MÉMOIRE NE VAUT PAS QUE PUOR LE SOUVENIR


Da: "d.antonini"
Data: Ven 28 Gen 2005 16:29:04 Europe/Rome
A: partigiani7maggio
Oggetto: Iniziativa Partiggiani
Rispondere-A: d.antonini


Chers camarades,

Au nom du Pôle de Renaissance Communiste en France (PRCF), je vous
transmets ci-joint un courrier de soutien à "INIZIATIVA PARTIGIANI" .
Ce texte, rédigé par Léon Landini, ancien Résistant d'origine italienne
et co président du PRCF, est signé par 8 prestigieux anciens Résistants
très connus dans notre pays. Je vous prie de le transmettre à
l'ensemble des organisateurs.

Afin de populariser votre initiative, nous publierons ce texte dans
notre mensuel "Initiative Communiste" daté du mois de mars.

Fraternelles salutations militantes.

Daniel Antonini

Responsable de la commission internationale du PRCF

d.antonini @ voila.fr


---


La mémoire ne vaut pas que pour le souvenir. elle vaut aussi et surtout
pour le devenir.


Chers camarades,

A l’initiative de Léon Landini, CoPrésident du Pôle de Renaissance
Communiste en France (PRCF) ,
nous, anciens résistants français ou d'origine immigrée,
signataires de cette lettre, souhaitons par la présente nous associer
pleinement et soutenir avec fermeté, toutes les commémorations que vous
allez organiser afin de célébrer avec faste le 60ième anniversaire de
la Victoire sur le fascisme et le nazisme.

C'est avec fierté que nous avons appris la lutte que vous menez afin de
pérenniser les nobles idéaux de ceux, qui face au peloton d'exécution
levaient le poing bien haut en criant “ Vive la liberté ”.

Trop âgés et malades, notre état de santé ne nous permet pas d'être
présents parmi vous lors de ces manifestations et nous le regrettons
sincèrement, mais soyez convaincus que par la pensée et par le cœur ,
nous serons à vos côtés au cours de chacune de vos cérémonies.

Il convient de rappeler, que les FTP-MOI, aujourd'hui, désignés par les
spécialistes de l'histoire contemporaine comme: “ Le fer de lance de la
résistance armée française ” étaient composés quasi exclusivement “...~
étrangers ”.

Dans les rangs des FTP-MOI se trouvaient un grand nombre de militants
communistes de toutes nationalités, dont beaucoup avaient combattu au
sein des Brigades Internationales en Espagne.

Lorsque les nazis, après avoir envahi l'Europe, ont fait régner la
terreur dans les pays occupés, pour leur faire front des hommes et des
femmes se levèrent, armés essentiellement de courage.

Parmi les premiers résistants qui se distinguèrent dans la lutte contre
l'occupant, il y avaient des Italiens et des Allemands, qui dans ces
moments difficiles, ont par leur activité incessante dans cette unité
d'élite, sauvegardé l'honneur de leur pays.

Parmi ces hommes hors du commun, il y avait l'Allemand Norbert Kugler
(Lieutenant-Colonel Albert) créateur des Bataillons Carmagnole et
Liberté et Commandant de tous les FTP-MOI de la Zone sud de la France,
dont une stèle a été érigée en son honneur à Villeurbanne département
du Rhône.

Il y avait aussi l'Italien Joseph Francesconi (Mario commandant les
FTP-MOI de Carmagnole) tombé héroïquement les armes à la main et dont
une place de la ville de Fontaine, dans le département de l'Isère,
porte le nom.

Par leur courage et leur engagement sans faille, ils se sont couverts
de gloire, ils étaient, ils sont et demeureront pour toujours
l'honneur et la fierté de la résistance française.

Aujourd'hui, 60 ans après, “ La bête immonde ” se manifeste à nouveau,
il est de notre devoir, nous qui avons payé si chèrement la reconquête
de nos libertés, de nous trouver à nouveau au premier rang de ceux qui
luttent pour un monde meilleur, pour un monde pour lequel tant de nos
camarades ont donné leur vie.

Nos combats et nos sacrifices ne peuvent pas être vains et notre
reconnaissance va vers ceux et celles qui reprenant notre drapeau,
continuent la lutte pour que nos enfants et nos petits enfants puissent
vivre dans un monde fait de fraternité et de solidarité et d'où les
mots nazisme, fascisme et guerre seront à jamais bannis.

Merci chers camarades et amis, merci pour le combat que vous menez,
merci et merci encore pour votre invitation, nous vaincrons le fascisme
ne passera pas !


Léon Landini - Officier de la Légion d'Honneur - Médaille de la
Résistance Grand Mutilé de Guerre - Interné Résistant - Décoré
par l'Union Soviétique.

René Roussel - Chevalier de la Légion d'Honneur - Ancien responsable
aux cadres des FTPF de la zone sud -
Responsable national de l'O.S des FTPF et des FTP-MOI.

Hermine Pulvermacher - FTP-MOI - Chevalier de la Légion d'Honneur
Chevalier dans l'Ordre National du Mérite.

Eugène Kerbaul - Commandant FTPF - Médaille de la Résistance - Croix de
Guerre - Interné de la Résistance - Médaille des
évadés.

Ezer Naiman - FTP-MOI - Chevalier de la Légion d'Honneur Médaille de la
Résistance – Capitaine FFI

Charles Bluwol - FTP-MOI - Chevalier de la Légion d'Honneur - Médaille
Militaire - Croix de Guerre - Déporté Résistant - Grand
Mutilé de Guerre.

Arsène Tchakarian - FTP-MOI Parisien - (Compagnon de Missak Manouchian,
héros de “ L'Affiche Rouge ”) - Médaille
d'Argent du Ministère des Armées.

Pierre Pranchère - FTPF - Ancien député communiste -Ancien député
européen.



=== * ===

P A R T I G I A N I !

Roma, 7-8 maggio 2005:
Una iniziativa internazionale ed internazionalista
nel 60.esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo

https://www.cnj.it/PARTIGIANI/index.htm

Per contatti: partigiani7maggio @ tiscali.it Fax: +39-06-7915200

=== * ===

TPI: ASSEDIO A DUBROVNIK, OTTO ANNI A EX GENERALE JUGOSLAVO

(ANSA) - BRUXELLES, 31 GEN - Il Tribunale penale internazionale
dell'Aja (Tpi) ha condannato l'ex generale jugoslavo Pavle Strugar a
otto anni di prigione per il ruolo avuto nell'assedio e nel
bombardamento della citta' medievale croata di Dubrovnik nel 1991. I
giudici hanno concluso che Strugar non ha ordinato [SIC] il
bombardamento della citta', considerata patrimonio mondiale
dell'umanita', ma che non ha fatto nulla ''per fermare l'attacco quando
invece avrebbe potuto farlo'' [SIC]. Il generale Strugar era al comando
delle forze dell'armata jugoslava nella regione di Dubrovnik, al
momento del conflitto tra Croazia e l'ex [SIC] Jugoslavia. (ANSA). OS
31/01/2005 13:33

SULLA MENZOGNA DI DUBROVNIK VEDI ANCHE:

Risposta di Peter Maher all’articolo “Distruzione di Dubrovnik” del
Pittsburgh Post-Gazette

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4162

J.P. Maher: Le mensonge de Dubrovnik

http://www.anti-imperialism.net/lai/index.php?section=BB&language_id=1
oppure JUGOINFO Mar 3 Ago 2004 13:31:28
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages

Miodrag Jokic agreed to accept non-existent guilt

JUGOINFO Mar 2 Set 2003 17:10:17
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2744

The ethnic cleansing of Dubrovnik

JUGOINFO Gio 2 Ott 2003 11:41:56
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2834

---

> http://disc.server.com/
> discussion.cgi?id=217548;article=3544;show_parent=1

Nico Tarzanovic
Dubrovnik chief of artillery testifies at Strugar trial
Mon May 3, 2004 20:26
209.49.85.10

DAVID AND GOLIATH OF DUBROVNIK
Sense News Agency

April 23, 2004

Ivan Negodic testified about what artillery the defenders of Dubrovnik
had and where it was located Dubrovnik citizens, contradicting the
testimony of previous witnesses that there had been no mortar positions
or armed people anywhere near the Old Town.

THE HAGUE, 23.4. (SENSE) - In the fall of 1991, Ivan Negodic was the
Dubrovnik defense forces? chief of artillery. As early as June, he was
involved in "administrative preparations" for the defense of Dubrovnik,
which were set in motion after ?the events in Vukovar in the summer of
1991.?

At the trial of Pavle Strugar, commander of the 2nd Operations Group
and commanding officer of the JNA?s Dubrovnik operation, Negodic
testified about what artillery the defenders of Dubrovnik had and where
it was located between October and December 1991.

As Negodic testified, artillery was deployed in several locations
around Dubrovnik: Gospino polje, Lazareti, Mala Petka, and Lapad. The
weapons were Sagger missiles, recoilless guns, mortars, rocket
launchers and ZIS cannon. The witness confirmed that in the second half
of December 1991, one mortar was located in Bogesica Park, a location
near the walls of the Old Town. In its cross-examination, General
Strugar's defense was particularly interested in that location.

By calling Negodic, one could say that the prosecution risked
impeaching some of its own witnesses ? mostly Dubrovnik citizens ? who
stubbornly denied there had been mortar positions or armed people
anywhere near the Old Town or an organized defense of Dubrovnik.

Ivan Negodic pointed on a map to the artillery positions the defenders
of Dubrovnik had, specifying when each position was active and to what
extent ? in other words, when each was used to open fire on JNA
positions.

According to Negodic's testimony, the artillery sector had no
professional soldiers and the level of training of his personnel was
"mediocre." The units were mostly composed of reservists ? people who
had done their national service in the JNA ? and the best-trained among
them operated the weapons. Negodic said there were no National Guard
Corps members in the artillery.

The witness states that the weapons arrived from the direction of
Metkovic/Ploce, from the Peljesac peninsula, from the islands of Mljet,
Sipan, Lopud, and Kolocep. The ammunition was transported to the
islands from the same direction. The islands "were toured by
speedboats, which gathered the ammunition and unloaded it in Lapad, on
the main beach." Describing the small incidents that would occur in
these "weapons supply" operations, Negodic said, "This was a David
against Goliath situation." When asked to explain who was David and who
was Goliath, Negodic said that David was "the Croat in a speedboat,
only he did not have a sling."

Ivan Negodic's testimony is set to continue.

(english / italiano)

Lacrime di coccodrillo dopo squartamento della Jugoslavia

(see in english, below: Flexible borders in a smaller country, by
Beatrice Ottaviano)


SERBIA: CONFINI VARIABILI PER UNO STATO RIDOTTO / ANSA

(Di Beatrice Ottaviano) (ANSA) - BELGRADO, 24 GEN - Bosniaci per il
catasto, serbi per l'amministrazione, di fatto quasi apolidi perche'
dimenticati da tutti: gli abitanti del villaggio di Medjurecje, sul
fiume Lim, non sono in grado di rispondere alla semplice domanda su
quale sia la loro reale cittadinanza. ''Ogni casa del nostro villaggio
- dice Zivorad Jankovic, uno degli abitanti piu' anziani - e' di fatto
in regime di extraterritorialita'. Medjurecje appartiene alla Bosnia
secondo i registri del catasto, ma e' pienamente in territorio serbo:
una specie di enclave. Quando c'era la Jugoslavia comunista, nessuno se
ne preoccupava piu' di tanto, non era fondamentale. Ma oggi ogni
documento rappresenta un problema internazionale. E' come quando due
persone divorziano: ogni minimo oggetto anche insignificante diventa
motivo di lite''. Gli apolidi di Medjurecje non sono gli unici a
doversi barcamenare fra dubbi e problemi: ''E' tutt'altro che un caso
isolato - afferma Milan Bursac, direttore dell'istituto geografico
dell'Accademia delle scienze serba - le nostre frontiere, dopo la
scissione della vecchia Federazione jugoslava, sono diventate
estremamente elastiche. Con la Bosnia ci sono molti esempi: come nel
caso di Sabac, in Serbia, e Bjeljina, in Bosnia, due cittadine
affacciate sui due lati del fiume Drina. La frontiera dovrebbe passare
in mezzo al corso d'acqua, ma di fatto la barriera e' due chilometri
oltre, in pieno territorio bosniaco''. Quella zona comunque non crea
grandi imbarazzi: la Bosnia di cui si parla e' la Repubblica Srpska,
l'entita' serba dell'ex repubblica jugoslava, e non ci sono attriti fra
le due comunita'. Diverso e' il caso per gli abitanti della cittadina
di Backa Palanka, in Vojvodina (Serbia del nord), costretti a uscire di
casa col passaporto sempre in tasca. L'abitato e' senza ombra di dubbio
serbo, ma e' diviso dal fiume Danubio. L'unico ponte nei pressi e' in
territorio croato: se non si vuole prendere la barca per fare visita ai
parenti dell'altra sponda, bisogna entrare e uscire dalla Croazia.
''Oggi basta il passaporto - dice Stevan Popovic, che ha parte della
famiglia da un lato e parte dall'altro del fiume blu - ma fino a due
anni fa occorreva anche il visto. E le autorita' croate non erano
tenere nel concederlo''. Sempre il Danubio e' responsabile di un
fenomeno raro e imbarazzante: la frontiera con la Croazia, nei pressi
di Apatin, corre proprio in mezzo al fiume, che pero' in quel tratto
pianeggiante cambia a seconda delle stagioni e delle piogge, spostando
i confini a volte anche di un centinaio di metri. Per i naviganti e
soprattutto per i pescatori il rischio di arresti per sconfinamento e'
costante: ''La guardia costiera croata e' estremamente fiscale -
racconta uno di loro, Zoran Mitrovic - io personalmente sono stato
fermato una decina di volte''. Sempre contesa con la Croazia e' stata a
lungo una intera penisola, Prevlaka, sull'Adriatico, al confine
montenegrino. Ai tempi di Josif Broz Tito nessuno si interessava a quel
pezzo di roccia sul mare, ma con le guerre degli anni '90 e' diventata
un punto strategico importantissimo, perche' controlla il traffico del
fiordo piu' meridionale d'Europa, le bocche di Cattaro. Solo dopo
estenuanti negoziati - e dopo che una 'missione di interposizione'
dell'Onu composta da quattro persone ha passato 12 anni su quello
scoglio - e' arrivata la definitiva attribuzione a Zagabria. Sempre
attraverso lunghi negoziati, si e' recentemente arrivati a una
soluzione nella vertenza dei confini fra Serbia e Macedonia: ma nei
trattati sono stati 'dimenticati' una settantina di chilometri
quadrati, che erano stati ceduti ai tempi di Tito ai macedoni come atto
di fratellanza. Quel trattato non e' stato ne' rinnovato, ne'
cancellato, e la questione, almeno sulla carta, rimane aperta. Ben piu'
cruciale e rischioso e' il contenzioso che potrebbe aprirsi sui confini
fra Serbia e Kosovo, la provincia a maggioranza albanese ora sotto il
controllo dell'Onu. ''I libri del catasto - sottolinea il professor
Bursac - ci dicono che due terzi del territorio kosovaro appartengono a
famiglie serbe, alla chiesa ortodossa, all'esercito e alla famiglia
reale serba. Col tempo parte e' stata venduta agli albanesi, ma meta'
del Kosovo resta di proprieta' di serbi. Sono diritti che hanno una
loro valenza giuridica, e potrebbero essere fatti pesare in
tribunale''. (ANSA). OT
24/01/2005 17:46

---

http://news.serbianunity.net/bydate/2005/January_27/8.html?w=p

Serbia: Flexible borders in a smaller country

ANSA - January 27, 2005

By Beatrice Ottaviano

According to the land register they are Bosnians, according to the
administration they are Serbs, but in fact the citizens of the
Medjurecje village on the river Lim are hardly able to answer the
simple question of their citizenship.

"Each house in our village in fact enjoys a state of being
extra-territorial," Zivorad Jankovic, one of the oldest citizens of the
village said. "According to the cadastral books, Medjurecje belongs to
Bosnia, but it is fully on Serbian territory, which makes it a sort of
enclave. Under communist Yugoslavia no one was really concerned about
this, because it was not that important, but now each document
represents an international problem. It is as if when two people
divorce even the smallest object is a motive for a quarrel."

The stateless people of Medjurecje are not the only ones who must steer
a middle course between problems and doubts.

"It is hardly an isolated case," Milan Bursac, director of the
Geographical Institute of the Serbian Academy of Sciences, said. "After
the split of the old Yugoslavia, our borders became extremely elastic.
There are many examples on the Bosnian border such as the case with
Sabac in Serbia and Bjeljina in Bosnia, which are two towns on the two
shores of the Drina River. The border should pass in the middle of the
river, but in fact the barrier is two kilometres away on Bosnian
territory."

This area however hardly creates big problems as the town of Bjeljina
is located in the Republika Srpska, which is the Serb half of Bosnia,
and there are no conflicts between the two communities.

Very different is however the case with the people living in the town
of Backa Palanka, in Serbia's northern Vojvodina province, who have to
carry their passports every time they leave their homes. The town is
Serb beyond any doubt, but is separated by the Danube River and the
only bridge in the vicinity is on Croatian territory. Therefore if
someone wants to visit relatives on the other shore and does not want
to use a boat, he or she must enter and leave through Croatia.

"Now carrying a passport is enough, but two years ago we needed also a
visa and the Croatian authorities were hardly willing to issue them,"
Stevan Popovic, who has relatives on both shores of the Danube, said.

The Danube River is reason for another rare and embarrassing phenomenon.

The border with Croatia, near the town of Apatin, passes in the middle
of the river, which however in this flat stretch often changes its
route due to the different seasons and to the rain moving the border up
to some hundred metres in each direction. The sailors and mostly the
fishermen often risk to be arrested for crossing the border.

"The Croatian coast guards are extremely strict," Zoran Mitrovic said.
"I have been arrested a dozen of times."

An entire peninsula, Prevlaka, on the Adriatic coast at the border with
Montenegro has also been object of long disputes with Croatia.

At the time of Josip Broz Tito no one was interested in this piece of
rock on the seacoast, but with the 1990s wars it has become a very
important strategic point because it controlled the traffic in Europe's
southernmost fiord, the Kotor Gulf.

The peninsula has been given to Zagreb only after exhausting
negotiations and after the intervention of the UN.

Long negotiations were also needed to reach a solution of the border
dispute between Serbia and Macedonia. However some 70 sq km, given to
Macedonia at the times of Tito as an act of brotherhood, had been
forgotten in the signed treaty. This treaty has never been renewed or
cancelled and therefore the issue remains open.

Much more crucial and risky is the case that could be open on the
borders of Serbia and the UN-governed province of Kosovo.

"The land registers show that two thirds of the Kosovo territory belong
to Serb families, to the Orthodox Church, to the army and to the Serb
royal family," Professor Bursac said. "With the time, part of the land
has been sold to Albanians, but half of Kosovo is still owned by Serbs.
These rights have a judicial value and could have their weight in
court."

Elezioni in Iraq. Un maquillage provvisorio
 
I conti non tornano ed i mass media hanno dato il peggio di sé
 
Editoriale di Radio Città Aperta del 31.01.2005
 

Alle cinque del pomeriggio di domenica (le quindici ora italiana), si
sono chiuse le urne per le elezioni in Iraq. I primi incespicamenti
sono cominciati proprio sui dati dell’affluenza alle urne. Una
settimana prima del 30 gennaio, il presidente statunitense Bush aveva
profetizzato in una conferenza stampa che l’affluenza sarebbe stata del
72%, ed effettivamente per almeno due ore e mezzo, le agenzie
internazionali e le televisioni di domenica 30 gennaio hanno tenuto
bordone alla profezia di Bush, passando per buono il dato del 72%. Nel
primo pomeriggio il nuovo segretario di stato americano Condoleeza Rice
dichiarava che le cose stavano andando meglio del previsto. Intorno
alle 17.00 (ora italiana) la Commissione elettorale irachena doveva
smentirsi rivelando che l’affluenza era…del 60% e che quella del 72%
era una stima  (essendo una stima annunciata da Bush era diventata una
verità). Ma le agenzie di stampa e i colonnini delle televisioni
continuavano a mantenere in evidenza la dichiarazione di Condoleeza
Rice di tre ore prima secondo cui “le cose stanno andando meglio del
previsto”.
 
Ed i risultati elettorali? I primi si sapranno dopo una settimana, i
definitivi dopo dieci giorni. Motivo? La sicurezza ovviamente, lo
stesso motivo per cui la gente doveva votare candidati anonimi in
quanto non erano scritti sulle liste. Ma in Iraq c’erano osservatori
internazionali? Si, c’erano tra i 19 e i 25 funzionari delle Nazioni
Unite coordinati dal rappresentante Carlos Valenzuela integrati in una
squadra di 50 esperti internazionali delle Nazioni Unite e di altre
organizzazioni (tra cui il famigerato International Crisis Group creato
da George Soros). Ma anche i funzionari delle Nazioni Unite non si sono
sottratti alle gaffe sulla valutazione dell’affluenza al voto, infatti
per ore hanno tenuto bordone alla versione del 72%, dopodichè devono
essersi resi conto che la cosa non era gestibile.
 
 
Per le elezioni in Iraq gli aventi diritto erano circa 14.200.000 a cui
vanno aggiunti circa 1.200.00 iracheni residenti all’estero. Di questi
ultimi si sono registrati per votare meno del 25% (circa 280.000) , il
numero più alto di iracheni all’estero registratisi è in Iran, il più
basso in Francia e Turchia. Il 60% di affluenza alle urne dichiarato in
Iraq, è un dato “assai dilatato” perché se sono otto milioni gli
iracheni che sono andati a votare, ne mancherebbero - per far quadrare
il dato dichiarato- più di mezzo milione, altrimenti il dato
scenderebbe di almeno 6 punti percentuali, il che si avvicina alle più
realistiche previsioni fatte dalla IECI (la Commissione Elettorale
Indipendente Irachena) che parlavano di un 50% di affluenza.
 
Gli osservatori confermano che nelle città delle province centrali
sunnite i seggi erano deserti, ma che anche nel sud sciita o nei
quartieri sciiti di Bagdad l’affluenza non è stata così massiccia. Alle
elezioni hanno dunque partecipato praticamente solo i kurdi (che hanno
votato massicciamente) e circa la metà degli sciiti.
 
Al boicottaggio delle elezioni non avevano chiamato solo le forze che
animano la resistenza armata, ma anche coalizioni di forze politiche
interetniche ed interreligiose come l’Iraqi National Foundation
Congress composto da personalità e da una trentina di partiti; il
leader sciita Moqtada Al Sadr ed intellettuali laici che avevano
firmato la dichiarazione promossa da Mussa Al Husseini. Si tratta di
settori importanti della società irachena.
 
 
Elezioni-vetrina. A dicembre si vota di nuovo.
 
Queste elezioni sono servite per eleggere due istanze a livello
iracheno e tre a livello delle province kurde:
 
1)      l’Assemblea Nazionale di transizione composta da 275 membri che
funzionerà da parlamento fino allo svolgimento di elezioni per un
organo permanente;
 
2)      I consigli regionali delle 18 province irachene, composti da 41
membri ciascuno, tranne Bagdad che deve eleggerne 51
 
3)      L’Assemblea Nazionale del Kurdistan solo per le tre province
del Nord Iraq composta da 111 membri.
 
Una volta eletta, l’Assemblea nazionale dovrà scegliere un presidente e
due vicepresidenti che daranno vita al Consiglio di Presidenza che a
sua volta nominerà il primo Ministro e i componenti del governo.
Inoltre l’Assemblea Nazionale dovrà stendere entro il 15 agosto 2005
una Costituzione che dovrebbe essere approvata con un referendum da
tenersi entro il 15 ottobre di quest’anno. Se la Costituzione verrà
approvata, nel dicembre 2005 si terranno nuove elezioni per il governo
vero e proprio. Di fatto, queste elezioni per la maggioranza degli
iracheni sono state più una vetrina internazionale ad uso e consumo
dell’occupazione militare della coalizione guidata dagli USA che un
dato sostanziale (infatti a dicembre si dovrebbe votare di nuovo per il
governo). Gli unici che hanno preso seriamente la vicenda sono i due
partiti kurdi (PDK e UPK) che puntano al controllo totale delle tre
province del Nord, inclusa quella di Kirkuk dove i kurdi non sono
proprio maggioritari ma che è decisiva per mettere le mani sul
petrolio. In questa provincia, oltre alle minacce della Turchia,
cominciano a pesare le preoccupazioni per l’ondata di pulizia etnica
messa in opera dalle milizie kurde con l’obiettivo di “de-arabizzare”
Kirkuk e stringere la minoranza turcomanna (che ha però il sostegno
della Turchia). Se le cose dovessero precipitare in Iraq, lo spettro
della secessione kurda nel nord (con il pieno appoggio di USA e Israele
e l'aperta ostilità della Turchia) diventerebbe realtà, coronando così
il progetto di cantonizzazione dell'Iraq accarezzato da decenni dai
likudzik della Casa Bianca e di Tel Aviv. E' molto probabile che la
resistenza irachena non sia da ritenersi persuasa del risultato
elettorale e che pertanto continuerà ad attaccare le forze militari
d'occupazione ed i collaborazionisti. Le macerie lasciate da questa
guerra in Iraq non potranno essere ripulite con le operazioni di
maquillage elettorale.


Mail: cpiano @ tiscali.it
Sito : http://www.contropiano.org

Da: ICDSM Italia <icdsm-italia @ libero.it>
Data: Lun 31 Gen 2005 19:56:05 Europe/Rome
A: icdsm-italia @ yahoogroups.com
Cc: aa-info @ yahoogroups.com
Oggetto: [icdsm-italia] L'Aia 26/2, Conferenza: IL PROCEDIMENTO CONTRO
SLOBODAN MILOSEVIC: QUESTIONI DI DIRITTO INTERNAZIONALE


(deutsch / english / italiano)


**************************************************************
COMITATO INTERNAZIONALE PER LA DIFESA DI SLOBODAN MILOSEVIC
ICDSM Sofia-New York-Moscow www.icdsm.org
**************************************************************
(il volantino in lingua inglese si puo' scaricare alla pagina:
http://www.icdsm.org/Conference.doc oppure:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/files/haag260205.doc )

Primo Annuncio

Conferenza Internazionale

IL PROCEDIMENTO DELL'AIA CONTRO SLOBODAN MILOSEVIC: QUESTIONI DI
DIRITTO INTERNAZIONALE

L'Aia, 26 febbraio 2005

L'idea di un diritto internazionale - in particolare di una legge
penale internazionale - è certo seducente per i giuristi come pure per
i non esperti, tanto è vero che nel corso di intere generazioni si è
cercato di stabilire una giurisdizione penale permanente allo scopo di
perseguire crimini di guerra sulla scia dei processi di Norimberga e di
Tokyo. Tuttavia, al di là della persecuzione dei crimini commessi nel
corso della guerra, il precedente di Norimberga chiaramente attesta che
il crimine internazionale per eccellenza è la istigazione di una guerra
di aggressione. Infatti, il Tribunale di Norimberga decretò che:

"La guerra è essenzialmente un male. Le sue conseguenze non si limitano
agli Stati belligeranti, ma riguardano il mondo intero. Perciò, dare
inizio ad una guerra di aggressione non è semplicemente un crimine
internazionale; esso è il crimine internazionale supremo, diverso da
altri crimini di guerra esclusivamente nel fatto che al suo interno
contiene il male tutto intero."

L'ICTY (Tribunale ad hoc per i crimini commessi sul territorio della
ex-Jugoslavia, con sede all'Aia), che è una istituzione creata dal
Consiglio di Sicurezza dell'ONU, non ha la giurisdizione per perseguire
il "crimine internazionale per eccellenza". Secondo alcuni, anzi, esso
di fatto legittima l'aggressione, come può essere esemplificato dal
fatto che l'accusa contro Slobodan Milosevic è stata lanciata nel
momento culminante del bombardamento della NATO sul suolo della
Jugoslavia, che infrangeva la legge internazionale. Mentre, nel corso
del procedimento, con la fase della "autodifesa" si continua a scavare
nelle vicende relative alla distruzione della Jugoslavia da parte degli
interessi occidentali, svariate questioni legali emergono, che verranno
discusse nel corso della Conferenza:

- Il diritto a rappresentare se stessi alla luce del diritto
internazionale e comparativo;
- "Impresa criminale congiunta", un concetto su misura per condanne ed
assoluzioni di comodo
- Quale è una "testimonianza di rilievo" in un processo politico?
- Procedimenti per crimini di guerra dal parte del Consiglio di
Sicurezza: giustificare la aggressione, cancellare la sovranità
nazionale
- Autodecisione ed autodifesa della Jugoslavia in base al diritto
internazionale
- "Par condicio": che cosa ne resta dopo L'Aia?
- Il conflitto armato secondo il diritto internazionale e nel caso
Milosevic
- Effetti della copertura mediatica e del lobbying sul diritto ad un
processo equo
- L'uso improprio delle accuse di genocidio, la banalizzazione del
precedente di Norimberga e dell'Olocausto
- Negare il diritto a difendersi, calpestare il fondamento della legge
- Il diritto ad un processo equo nella legge internazionale e
comparativa: è stato rispettato nel caso Milosevic?
- Si può processare il Tribunale ad hoc dell'Aia? E chi lo farà?

Dopo la presentazione degli interventi ad invito, la Conferenza
terminerà con una tavola rotonda. La lista dei relatori include:


Ramsey Clark, ex procuratore generale degli USA

prof. Velko Valkanov, presidente del Comitato Bulgaro per i Diritti
Umani

prof. Aldo Bernardini, docente di diritto internazionale all'Università
di Teramo

dott. Branko Rakic, esperto di diritto internazionale, Università di
belgrado, assistente legale di Slobodan Milosevic

Thipaine Dickson, avvocatessa canadese esperta di diritto penale
internazionale, portavoce legale dell'ICDSM

Christopher Black, avvocato canadese esperto di diritto penale
internazionale, Presidente del comitato giuridico dell'ICDSM

dott. John Laughland, autore del libro "Il Tribunale penale
internazionale, guardiano del Nuovo Ordine Mondiale" (Regno Unito)

dott. Alexandar Mezhyaev, esperto di diritto internazionale, Kazan
(Russia)


La Conferenza avrà luogo presso l'Hotel Golden Tulip Bel Air,
indirizzo: Johan de Wittlaan 30 (vicino alla sede dell'ICTY), dalle ore
13:30 alle ore 19:00.
L'ingresso costa 10 euro

La Conferenza è organizzata dal Comitato Internazionale per la Difesa
di Slobodan Milosevic (ICDSM) e dalla Vereinigung für Internationale
Solidarität (VIS) e.V. (Associazione per la Solidarietà Internazionale,
Germania). Per contatti:
Vladimir Krsljanin, Secretary of the ICDSM,
e-mail: slobodavk @ yubc.net , tel.: +381 63 8862 301


NOTE (a cura di ICDSM-Italia):

1) per raggiungere L'Aia dall'Italia si può usufruire delle offerte
delle compagnie aeree a basso costo (es. Virgin, RyanAir): è però
necessario prenotare IMMEDIATAMENTE i biglietti, via internet, per
avere prezzi davvero convenienti.

2) Per l'organizzazione di questa conferenza lo sforzo economico è ai
limiti delle possibilita' dell'ICDSM, che è stato perciò costretto a
prevedere un biglietto d'ingresso. Tutti i
nostri sostenitori sono calorosamente invitati a contribuire
generosamente e con urgenza! Per i versamenti dall'Italia:

Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC


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ENGLISH
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INTERNATIONAL COMMITTEE TO DEFEND SLOBODAN MILOSEVIC
ICDSM Sofia-New York-Moscow www.icdsm.org
**************************************************************
(to download the leaflet:
http://www.icdsm.org/Conference.doc or:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/files/haag260205.doc )


First Announcement

I n t e r n a t i o n a l
C o n f e r e n c e

The Hague Proceedings against Slobodan Milosevic:
Emerging Issues in International Law

The Hague, 26 February 2005


The idea of international law – in particular international criminal
law – is undeniably appealing to jurists and non-lawyers alike, as
generations have sought to establish a permanent criminal jurisdiction
to prosecute war crimes in the wake of the Nuremberg and Tokyo trials.
Beyond the prosecution of the crimes that are committed in war,
however, the Nuremberg precedent clearly articulates that the supreme
international crime is the instigation of a war of aggression. Indeed,
the Nuremberg Tribunal held that:

"War is essentially an evil thing. Its consequences are not confined to
the belligerent states alone, but affect the whole world. To initiate a
war of aggression, therefore, is not only an international crime; it is
the supreme international crime differing only from other war crimes in
that it contains within itself the accumulated evil of the whole."

The ICTY, a Security Council institution, does not have the
jurisdiction to prosecute the "supreme international crime". Some argue
that it in fact legitimizes aggression, which can be exemplified by the
serving of an indictment against President Slobodan Milosevic at the
height of the 1999 NATO bombing of Yugoslavia, contrary to
international law. As the defence phase of the proceedings continue to
delve into the destruction of Yugoslavia by Western interests, legal
questions emerge which will be discussed in this conference:

- The right to self-representation in international and comparative law;
- Joint criminal enterprise, tailor-made to convict and a tool of
de-nazification
- What is "relevant" testimony in a political prosecution?
- War crimes prosecutions by the Security Council: justifying
aggression, eliminating national sovereignty
- Self-determination and self-defense of Yugoslavia under international
law
- "Equality of arms": what is left after The Hague?
- Armed conflict under international law and in the Milosevic case
- Effect of media coverage and lobbying on the right to a fair trial
- Misuse of genocide charges and trivialization of Nuremberg precedent
and Holocaust
- Denying the right to defend oneself – stepping on the fundamentals of
law
- The right to a fair trial in international and comparative law: has
it been respected in the Milosevic case?
- How can the Hague be judged, and who will judge it?


After the presentation of the invited contributions, the conference
will end with a panel discussion.
The list of speakers includes:


Ramsey Clark, former US Attorney General (USA) – keynote address

Professor Velko Valkanov, Chairman of the Bulgarian Human Rights
Committee (Bulgaria) – keynote address

Professor Aldo Bernardini, international law, Teramo University (Italy)

Dr Branko Rakic, international law, Belgrade University, legal
associate to President Milosevic (Serbia)

Tiphaine Dickson, international criminal lawyer, legal spokesperson of
the ICDSM (Quebec)

Christopher Black, international criminal lawyer, Chair, Legal
Committee of the ICDSM (Canada)

Dr John Laughland, author of the book: “The International Criminal
Tribunal: Guardian of the New World Order” (UK)

Dr Alexandar Mezhyaev, international law, Kazan (Russia)

The Conference will take place in the Golden Tulip Bel Air hotel, Johan
de Wittlaan 30 (close to the ICTY) from 1:30-7:00 pm. Conference
admission is 10 EUR.

Organized by the International Committee to Defend Slobodan Milosevic
(ICDSM) and Vereinigung für Internationale Solidarität e.V.
(Association for the International Solidarity)
Contact person:
Vladimir Krsljanin, Secretary of the ICDSM,
e-mail: slobodavk @ yubc.net , tel.: +381 63 8862 301


*************************************************************
URGENT FUNDRAISING APPEAL
******************************

After the Hague Tribunal declared war against human rights and
International Law by banning President Milosevic's right to
self-defense, our activities for his liberation and for the restoration
of his freedom and for the national sovereignty of the Serbian people
need to be reorganized and intensified.
We need professional, legal work now more than ever. Thus, the creation
of conditions for that work is the imperative at this moment.

The petition of 100 lawyers and law professors from 18 countries, and
other related activities of the ICDSM Legal Committee, produced a
public effect incomparable to any other previous action by the ICDSM.
President Milosevic has the truth and law on his side. In order to use
that advantage to achieve his freedom, we must fight this totally
discredited tribunal and its patrons through professionally conducted
actions which would involve the Bar Associations, the European Court,
the UN organs in charge and the media.
Our practice has shown that ad hoc voluntary work is not enough to deal
properly with these tasks. The funds secured in Serbia are still enough
only to cover the expenses of the stay and work of President
Milosevic's legal associates at The Hague (one at the time). The funds
secured by the German section of the ICDSM (still the only one with
regular contributions) are enough only to cover minimal additional work
at The Hague connected with contacts and preparations of foreign
witnesses. Everything else is lacking.
3000-5000 EUR per month is our imminent need.

Our history and our people oblige us to go on with this necessary
action.
But without these funds it will not be possible.
Please organize urgently the fundraising activity
and send the donations to the following ICDSM accounts:

Peter Betscher
Stadt- und Kreissparkasse Darmstadt, Germany
IBAN: DE 21 5085 0150 0102 1441 63
SWIFT-BIC: HELADEF1DAS

or

Vereinigung für Internationale Solidarität (VIS)
4000 Basel, Switzerland
PC 40-493646-5

All of your donations will be used for legal and other necessary
accompanying activities, on instruction or with the consent of
President Milosevic. To obtain additional information on the use of
your donations or to obtain additional advice on the most efficient way
to submit your donations or to make bank transfers, please do not
hesitate to contact us:

Peter Betscher (ICDSM Treasurer)
E-mail: peter_betscher @ freenet.de
Phone: +49 172 7566 014

Vladimir Krsljanin (ICDSM Secretary)
E-mail: slobodavk @ yubc.net
Phone: +381 63 8862 301

The ICDSM and Sloboda need to address governments, international human
rights and legal organizations, and to launch legal proceedings. The
ICDSM plans a legal conference at The Hague. Sloboda has just sent to
the
patriotic factions in the Serbian Parliament an initiative to adopt a
parliamentary Resolution against the human rights violations by the
Hague Tribunal and to form an international team of experts to make an
extensive report on these violations which would be submitted to the UN.

For truth and human rights against aggression!
Freedom for Slobodan Milosevic!
Freedom and equality for people!

On behalf of Sloboda and ICDSM,

Vladimir Krsljanin,
Foreign Relations Assistant to President Milosevic

*************************************************************

To join or help this struggle, visit:
http://www.sloboda.org.yu/ (Sloboda/Freedom association)
http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend Slobodan
Milosevic)
http://www.free-slobo.de/ (German section of ICDSM)
http://www.icdsm-us.org/ (US section of ICDSM)
http://www.icdsmireland.org/ (ICDSM Ireland)
http://www.pasti.org/milodif.htm (ICDSM Italy)
http://www.wpc-in.org/ (world peace council)
http://www.geocities.com/b_antinato/ (Balkan antiNATO center)


--------------
DEUTSCH
--------------
Flugblätter auf Englisch, hier:
http://www.icdsm.org/Conference.doc oder hier:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/files/haag260205.doc


Internationale Konferenz in Den Haag/NL, am Samstag, 26.02.2005

Der Haager Prozess gegen Slobodan Milosˇevic´
auf dem Prüfstand des internationalen Rechts

Die Idee eines Internationalen Rechts – insbesondere einer
internationalen Strafgerichtsbarkeit – übt eine unleugbare
Anziehungskraft auf Juristen wie auch Nichtjuristen aus. Generationen
haben im Anschluss an die Prozesse von Nürnberg und Tokio versucht,
eine permanente Strafgerichtsbarkeit zu schaffen, um Kriegsverbrechen
anzuklagen. Über die Anklage der Straftaten, die in einem Krieg
begangen werden, artikuliert der Nürnberger Präzedenzfall klar, dass
die schwerste internationale Straftat das Anstacheln zu einem
Angriffskrieg ist. Die Aussage des Nürnberger Tribunals:

„Der Krieg ist seinem Wesen nach ein Übel. Seine Auswirkungen sind
nicht allein auf die kriegführenden Staaten beschränkt, sondern treffen
die ganze Welt. Die Entfesselung eines Angriffskrieges ist daher nicht
bloß ein internationales Verbrechen; es ist das schwerste
internationale Verbrechen, das sich von anderen Kriegsverbrechen nur
dadurch unterscheidet, dass es in sich alle Schrecken der anderen
Verbrechen einschließt und anhäuft.“

Eine Anklage dieses “schwersten internationalen Verbrechens“ liegt
nicht im Zuständigkeitsbereich des vom Sicherheitsrat geschaffenen
ICTY. Manche argumentieren, daß es tatsächlich die Aggression
legitimiert, wofür die Tatsache als Beispiel dient, dass das ICTY 1999
auf dem Höhepunkt des NATO-Bombardements Jugoslawiens entgegen
internationalem Recht eine Anklage gegen Präsident Milosˇevic´ erhob.
Die Verteidigungsphase des Prozesses befasst sich ausführlich mit der
Zerstörung Jugoslawiens durch westliche Interessen. Hieraus ergeben
sich juristische Fragen, die auf der Konferenz diskutiert werden sollen:

- Das Recht auf Selbstvertretung im internationalen Rechtsvergleich
- Das Recht auf einen fairen Prozess im internationalen Rechtsvergleich
und im Fall Milosˇevic´
- „Waffen- und Chancengleichheit“ – was bleibt nach Den Haag?
- Was ist eine „relevante“ Zeugenaussage bei einer politischen Anklage?
- Der Sicherheitsrat als Ankläger von Kriegsverbrechen: Legitimierung
der Aggressionen und Eliminierung der Souveränität von Nationalstaaten
- Völkerrecht und die Selbstbestimmung und Selbstverteidigung
Jugoslawiens
- Bewaffnete Konflikte im internationalen Recht und im Fall Milosˇevic´
- Das „gemeinschaftliche kriminelle Unterfangen“ – maßgeschneidert für
die Verurteilung und zur Erstellung von Persilscheinen
- Missbrauch von Völkermordanklagen und Trivialisierung der Nürnberger
Prozesse sowie des Holocaust
- Wie Berichterstattung und Lobbyismus das Recht auf einen fairen
Prozess beschränken
- Wer richtet über das Haager Tribunal?

mit Beiträgen und anschließender Podiumsdiskussion:

Ramsey Clark, Rechtsanwalt, ehemaliger Justizminister, USA

Prof. Dr. Velko Valkanov, Vorsitzender des Bulgarischen
antifaschistischen Verbandes und Vorsitzender des Bulgarischen Komitees
für Menschenrechte, Bulgarien

Prof. Aldo Bernardini, Völkerrechtler, Universität Teramo, Italien

Dr. Branko Rakic´, Völkerrechtler , Universität Belgrad, Assistent von
Slobodan Milosˇevic´, Serbien und Montenegro

Tiphaine Dickson, Internationale Strafverteidigerin, Juristische
Sprecherin des Internationales Komitees für die Verteidigung von
Slobodan Milosˇevic´ (ICDSM), Kanada

Dr. Alexandar Meshjaew, Völkerrechtler , Rechtsanwalt, Russland

Prof. Dr. John Laughland, Journalist und Autor, "Das Internationale
Strafgericht: Wächter der Neuen Weltordnung", England

Dr. Dr. h.c. Hans Koechler, Professor der Philosophie, Präsident der
International Progress Organization, Österreich


Veranstaltungsort: Golden Tulip Bel Air Hotel, Johan de Wittlaan 30,
Den Haag, neben Kongresszentrum
Zeitraum: 13.30 – 19.00, Teilnahmegebühr: 10,- Euro,
Anmeldung, Fahrgelegenheit: Peter Betscher , Tel.: 0172/7566014 sowie
www.free-slobo.de

Veranstalter:
Internationales Komitee für die Verteidigung von Slobodan Milosˇevic´
(ICDSM)
Vereinigung für Internationale Solidarität (VIS) e.V.