Informazione

Da: ICDSM Italia
Data: Mer 9 Feb 2005 11:42:58 Europe/Rome
A: icdsm-italia @ yahoogroups.com
Cc: aa-info @ yahoogroups.com
Oggetto: [icdsm-italia] L'Aia 26/2: Ramsey Clark per difendere
Milosevic e la giustizia internazionale


(english / italiano)

CON PREGHIERA DI MASSIMA DIFFUSIONE !
CONTRO LA CENSURA DEI MEDIA SUL CASO MILOSEVIC !

Poster / Manifesto :
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/files/denhaag260205.jpg
Leaflet / volantino :
http://www.icdsm.org/Conference.doc

==========================

ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27
00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957
email: icdsm-italia @ libero.it

*** CONTRIBUISCI E FAI CONTRIBUIRE:
Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC ***

IL NOSTRO SITO INTERNET:
http://www.pasti.org/linkmilo.htm

IL TESTO IN LINGUA ITALIANA DELLA AUTODIFESA DI MILOSEVIC, IN CORSO
DI REVISIONE E CORREZIONE, E' TEMPORANEAMENTE OSPITATO ALLA PAGINA:
https://www.cnj.it/documentazione/autodifesa04.htm

LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)

==========================


############## ITALIANO ###############


**************************************************************
COMITATO INTERNAZIONALE PER LA DIFESA DI SLOBODAN MILOSEVIC
ICDSM Sofia-New York-Moscow www.icdsm.org
**************************************************************

Conferenza Internazionale

IL PROCEDIMENTO DELL'AIA CONTRO SLOBODAN MILOSEVIC: QUESTIONI DI
DIRITTO INTERNAZIONALE

L'Aia, 26 febbraio 2005
Golden Tulip Bel Air hotel, Johan de Wittlaan 30

Biglietto d'ingresso 10 euro. L'accesso per i giornalisti è gratuito

PROGRAMMA DETTAGLIATO:

Presiedono: Christopher Black (presidente),
Professor Velko Valkanov, Dr Branko Rakic

Orari:

14:00-14:30 Ramsey Clark (USA) - introduzione
14:30-15:00 Professor Hans Koechler (Austria)
15:00-15:30 Tiphaine Dickson (Quebec)
15:30-16:00 Dr Branko Rakic (Serbia)

16:00-16:20 Coffee Break

16:20-16:40 Professor Velko Valkanov (Bulgaria) -
introduzione
16:40-17:00 Dr John Laughland (Gran Bretagna)
17:00-17:20 Professor Aldo Bernardini (Italia)
17:20-17:40 Christopher Black (Canada)

17:40-18:00 Coffee Break

18:00-19:00 Tavola rotonda
Partecipano: Tiphaine Dickson, Christopher Black,
Dr John Laughland, Dr Branko Rakic


La Conferenza è organizzata dal
Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic (ICDSM)
e dalla
Vereinigung für Internationale Solidarität (VIS) e.V. (Associazione
per la Solidarietà Internazionale, Germania). Per contatti:
Vladimir Krsljanin, Secretary of the ICDSM,
e-mail: slobodavk @ yubc.net , tel.: +381 63 8862 301


Note (a cura di ICDSM-Italia):

1) A ciascun intervento seguiranno cinque minuti di discussione.
L'unica lingua sarà l'inglese. I titoli esatti degli
interventi saranno comunicati nel prossimo Annuncio della conferenza,
attorno al 15 febbraio.

2) Per raggiungere L'Aia dall'Italia si può usufruire delle offerte
delle compagnie aeree a basso costo (es. Virgin, RyanAir): è però
necessario prenotare IMMEDIATAMENTE i biglietti, via internet, per
avere prezzi davvero convenienti. Per un elenco degli alberghi
consigliati si veda più sotto.

3) Per l'organizzazione di questa conferenza lo sforzo economico è ai
limiti delle possibilita' dell'ICDSM, che è stato perciò costretto a
prevedere un biglietto d'ingresso. Tutti i nostri sostenitori sono
calorosamente invitati a contribuire generosamente e con urgenza! Per
i versamenti dall'Italia:

Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC

----------

Primo Annuncio

Conferenza Internazionale

IL PROCEDIMENTO DELL'AIA CONTRO SLOBODAN MILOSEVIC: QUESTIONI DI
DIRITTO INTERNAZIONALE

L'Aia, 26 febbraio 2005

L'idea di un diritto internazionale - in particolare di una legge
penale internazionale - è certo seducente per i giuristi come pure per
i non esperti, tanto è vero che nel corso di intere generazioni si è
cercato di stabilire una giurisdizione penale permanente allo scopo di
perseguire crimini di guerra sulla scia dei processi di Norimberga e
di Tokyo. Tuttavia, al di là della persecuzione dei crimini commessi
nel corso della guerra, il precedente di Norimberga chiaramente
attesta che il crimine internazionale per eccellenza è la istigazione
di una guerra di aggressione. Infatti, il Tribunale di Norimberga
decretò che:

"La guerra è essenzialmente un male. Le sue conseguenze non si
limitano agli Stati belligeranti, ma riguardano il mondo intero.
Perciò, dare inizio ad una guerra di aggressione non è semplicemente
un crimine internazionale; esso è il crimine internazionale supremo,
diverso da altri crimini di guerra esclusivamente nel fatto che al suo
interno contiene il male tutto intero."

L'ICTY (Tribunale ad hoc per i crimini commessi sul territorio della
ex-Jugoslavia, con sede all'Aia), che è una istituzione creata dal
Consiglio di Sicurezza dell'ONU, non ha la giurisdizione per
perseguire il "crimine internazionale per eccellenza". Secondo alcuni,
anzi, esso di fatto legittima l'aggressione, come può essere
esemplificato dal fatto che l'accusa contro Slobodan Milosevic è stata
lanciata nel momento culminante del bombardamento della NATO sul suolo
della Jugoslavia, che infrangeva la legge internazionale. Mentre, nel
corso del procedimento, con la fase della "autodifesa" si continua a
scavare nelle vicende relative alla distruzione della Jugoslavia da
parte degli interessi occidentali, svariate questioni legali emergono,
che verranno discusse nel corso della Conferenza:

- Il diritto a rappresentare se stessi alla luce del diritto
internazionale e comparativo;
- "Impresa criminale congiunta", un concetto su misura per condanne ed
assoluzioni di comodo
- Quale è una "testimonianza di rilievo" in un processo politico?
- Procedimenti per crimini di guerra dal parte del Consiglio di
Sicurezza: giustificare la aggressione, cancellare la sovranità nazionale
- Autodecisione ed autodifesa della Jugoslavia in base al diritto
internazionale
- "Par condicio": che cosa ne resta dopo L'Aia?
- Il conflitto armato secondo il diritto internazionale e nel caso
Milosevic
- Effetti della copertura mediatica e del lobbying sul diritto ad un
processo equo
- L'uso improprio delle accuse di genocidio, la banalizzazione del
precedente di Norimberga e dell'Olocausto
- Negare il diritto a difendersi, calpestare il fondamento della legge
- Il diritto ad un processo equo nella legge internazionale e
comparativa: è stato rispettato nel caso Milosevic?
- Si può processare il Tribunale ad hoc dell'Aia? E chi lo farà?

Dopo la presentazione degli interventi ad invito, la Conferenza
terminerà con una tavola rotonda. La lista dei relatori include:


Ramsey Clark, ex procuratore generale degli USA

prof. Velko Valkanov, presidente del Comitato Bulgaro per i Diritti Umani

prof. Aldo Bernardini, docente di diritto internazionale
all'Università di Teramo

dott. Branko Rakic, esperto di diritto internazionale, Università di
belgrado, assistente legale di Slobodan Milosevic

Thipaine Dickson, avvocatessa canadese esperta di diritto penale
internazionale, portavoce legale dell'ICDSM

Christopher Black, avvocato canadese esperto di diritto penale
internazionale, Presidente del comitato giuridico dell'ICDSM

dott. John Laughland, autore del libro "Il Tribunale penale
internazionale, guardiano del Nuovo Ordine Mondiale" (Regno Unito)

dott. Alexandar Mezhyaev, esperto di diritto internazionale, Kazan
(Russia)


############## ENGLISH ###############


**************************************************************
INTERNATIONAL COMMITTEE TO DEFEND SLOBODAN MILOSEVIC
ICDSM Sofia-New York-Moscow www.icdsm.org
**************************************************************

Second Announcement (8 February 2005)

I n t e r n a t i o n a l C o n f e r e n c e

The Hague Proceedings against Slobodan Milosevic:
Emerging Issues in International Law

The Hague, Saturday, 26 February 2005
Golden Tulip Bel Air hotel, Johan de Wittlaan 30

Conference admission is 10 EUR. Admission for media
representatives is free.

Conference Presidium: Christopher Black (Chair),
Professor Velko Valkanov, Dr Branko Rakic

Timetable:

14:00-14:30 Ramsey Clark (USA) - keynote address
14:30-15:00 Professor Hans Koechler (Austria)
15:00-15:30 Tiphaine Dickson (Quebec)
15:30-16:00 Dr Branko Rakic (Serbia)

16:00-16:20 Coffee Break

16:20-16:40 Professor Velko Valkanov (Bulgaria) -
keynote address
16:40-17:00 Dr John Laughland (UK)
17:00-17:20 Professor Aldo Bernardini (Italy)
17:20-17:40 Christopher Black (Canada)

17:40-18:00 Coffee Break

18:00-19:00 Panel Discussion
Panelists: Tiphaine Dickson, Christopher Black,
Dr John Laughland, Dr Branko Rakic

*Notes: Each of the speeches ends with five minute discussion.
The only language of the speeches and discussion will be English.
Presence of Dr Alexandar Mezhyaev (Russia) has not yet been
confirmed. In the case of his absence, copies of his paper will be
available. If the conditions will allow, it is expected that speakers
meet President Milosevic on Friday, 25 February afternoon.

The exact titles of the contributed papers and topics for the panel
discussion will be communicated in the third (final) announcement,
which will be issued on 15 February.

The Conference is organized by
the International Committee to Defend Slobodan Milosevic (ICDSM)
and
Vereinigung für Internationale Solidarität e.V. (Association for the
International Solidarity)

Organizational committee: S. Bahlo, P. Betscher, T. Dickson, Ch. Grbic,
K. Hartmann, W. van der Klift, V. Krsljanin, B. Lisac, C. Schuetz

Contact person: Vladimir Krsljanin, e-mail: slobodavk@... ,
tel.: +381 63 8862 301

*****************************************************************
The Conference Hall at Bel Air Hotel can be reached
by various public transportations, e.g. tram 1, 10 and bus 14
(Stop: Congress Center) and tram 17 (Stop: Statenplein)
*****************************************************************

Suggested hotels in The Hague:

Staten Hotel**, Frederik Hendriklaan 299, 2582 CE Den Haag, Holland,
phone: +31-70-3543943 (Single room 40-60 Euro; in walking distance to
the Conference Hall at Hotel Bel Air and the Tribunal)

Hotel Capistrano*, Zeekant 105, Scheveningen/Den Haag, phone:
+31-70-3063992 (Single room 45 Euro; 15 minutes by bus number 14 from
stop "Kurhaus" to stop "Congress Center" to the Conference Hall at
Hotel Bel Air and the Tribunal)

Hotel Aquarius***, Zeekant 110, 2586 JJ Scheveningen, phone:
+31-70-3543543 (Single room 50-70 Euro; 15 minutes by bus number 14
from stop "Kurhaus" to stop "Congress Center" to the Conference Hall at
Hotel Bel Air and the Tribunal)

Hotel Wilhelmina**, Utrechtsestraat 10/12, 2587 RC Scheveningen, phone:
+31-70-3504359 (Single room 35.- Euro and up)

Hotel Scheveningen (Budget Class), Gevers Deynootweg 2, 2586 BL
Scheveningen, phone: +31-70-3547003 (Single room 25.- up; 15 minutes by
public transportation to the Conference Hall at Hotel Bel Air and the
Tribunal)

Dorint Hotel****, Johan de Wittlaan 42-44, 2517 JR Den Haag, phone:
+31-70-4169111 (Single room 310.- Euro and up; 1 minute to the
Conference Hall at Hotel Bel Air and the Tribunal)

*****************************************************************
Please: get in touch with friendly jurists/lawyers and ask them for
support in announcing the event (in their university/bar/by
e-mail/etc.); circulate repeatedly the announcement; use the
poster which is today printed in 200 copies and will be in the
following days distributed in law schools in The Netherlands; try to
announce the conference in legal publications and to put ads in
newspapers; try to encourage journalists to follow its works...
We plan to publish a book of contributed papers, and, as we all
know, the public effect will also depend on our ability in advertising.
*****************************************************************

First Announcement

I n t e r n a t i o n a l
C o n f e r e n c e

The Hague Proceedings against Slobodan Milosevic:
Emerging Issues in International Law

The Hague, 26 February 2005


The idea of international law – in particular international criminal
law – is undeniably appealing to jurists and non-lawyers alike, as
generations have sought to establish a permanent criminal jurisdiction
to prosecute war crimes in the wake of the Nuremberg and Tokyo trials.
Beyond the prosecution of the crimes that are committed in war,
however, the Nuremberg precedent clearly articulates that the supreme
international crime is the instigation of a war of aggression. Indeed,
the Nuremberg Tribunal held that:

"War is essentially an evil thing. Its consequences are not confined
to the belligerent states alone, but affect the whole world. To
initiate a war of aggression, therefore, is not only an international
crime; it is the supreme international crime differing only from other
war crimes in that it contains within itself the accumulated evil of
the whole."

The ICTY, a Security Council institution, does not have the
jurisdiction to prosecute the "supreme international crime". Some
argue that it in fact legitimizes aggression, which can be exemplified
by the serving of an indictment against President Slobodan Milosevic
at the height of the 1999 NATO bombing of Yugoslavia, contrary to
international law. As the defence phase of the proceedings continue to
delve into the destruction of Yugoslavia by Western interests, legal
questions emerge which will be discussed in this conference:

- The right to self-representation in international and comparative law;
- Joint criminal enterprise, tailor-made to convict and a tool of
de-nazification
- What is "relevant" testimony in a political prosecution?
- War crimes prosecutions by the Security Council: justifying
aggression, eliminating national sovereignty
- Self-determination and self-defense of Yugoslavia under
international law
- "Equality of arms": what is left after The Hague?
- Armed conflict under international law and in the Milosevic case
- Effect of media coverage and lobbying on the right to a fair trial
- Misuse of genocide charges and trivialization of Nuremberg precedent
and Holocaust
- Denying the right to defend oneself – stepping on the fundamentals
of law
- The right to a fair trial in international and comparative law: has
it been respected in the Milosevic case?
- How can the Hague be judged, and who will judge it?


After the presentation of the invited contributions, the conference
will end with a panel discussion.
The list of speakers includes:


Ramsey Clark, former US Attorney General (USA) – keynote address

Professor Velko Valkanov, Chairman of the Bulgarian Human Rights
Committee (Bulgaria) – keynote address

Professor Aldo Bernardini, international law, Teramo University (Italy)

Dr Branko Rakic, international law, Belgrade University, legal
associate to President Milosevic (Serbia)

Tiphaine Dickson, international criminal lawyer, legal spokesperson of
the ICDSM (Quebec)

Christopher Black, international criminal lawyer, Chair, Legal
Committee of the ICDSM (Canada)

Dr John Laughland, author of the book: "The International Criminal
Tribunal: Guardian of the New World Order" (UK)

Dr Alexandar Mezhyaev, international law, Kazan (Russia)

The Conference will take place in the Golden Tulip Bel Air hotel,
Johan de Wittlaan 30 (close to the ICTY) from 1:30-7:00 pm. Conference
admission is 10 EUR.

Organized by the International Committee to Defend Slobodan Milosevic
(ICDSM) and Vereinigung für Internationale Solidarität e.V.
(Association for the International Solidarity)
Contact person:
Vladimir Krsljanin, Secretary of the ICDSM,
e-mail: slobodavk @ yubc.net , tel.: +381 63 8862 301


*************************************************************
URGENT FUNDRAISING APPEAL
******************************

After the Hague Tribunal declared war against human rights and
International Law by banning President Milosevic's right to
self-defense, our activities for his liberation and for the
restoration of his freedom and for the national sovereignty of the
Serbian people need to be reorganized and intensified.
We need professional, legal work now more than ever. Thus, the
creation of conditions for that work is the imperative at this moment.

The petition of 100 lawyers and law professors from 18 countries, and
other related activities of the ICDSM Legal Committee, produced a
public effect incomparable to any other previous action by the ICDSM.
President Milosevic has the truth and law on his side. In order to use
that advantage to achieve his freedom, we must fight this totally
discredited tribunal and its patrons through professionally conducted
actions which would involve the Bar Associations, the European Court,
the UN organs in charge and the media.
Our practice has shown that ad hoc voluntary work is not enough to
deal properly with these tasks. The funds secured in Serbia are still
enough only to cover the expenses of the stay and work of President
Milosevic's legal associates at The Hague (one at the time). The funds
secured by the German section of the ICDSM (still the only one with
regular contributions) are enough only to cover minimal additional
work at The Hague connected with contacts and preparations of foreign
witnesses. Everything else is lacking.
3000-5000 EUR per month is our imminent need.

Our history and our people oblige us to go on with this necessary action.
But without these funds it will not be possible.
Please organize urgently the fundraising activity
and send the donations to the following ICDSM accounts:

Peter Betscher
Stadt- und Kreissparkasse Darmstadt, Germany
IBAN: DE 21 5085 0150 0102 1441 63
SWIFT-BIC: HELADEF1DAS

or

Vereinigung für Internationale Solidarität (VIS)
4000 Basel, Switzerland
PC 40-493646-5

All of your donations will be used for legal and other necessary
accompanying activities, on instruction or with the consent of
President Milosevic. To obtain additional information on the use of
your donations or to obtain additional advice on the most efficient
way to submit your donations or to make bank transfers, please do not
hesitate to contact us:

Peter Betscher (ICDSM Treasurer)
E-mail: peter_betscher @ freenet.de
Phone: +49 172 7566 014

Vladimir Krsljanin (ICDSM Secretary)
E-mail: slobodavk @ yubc.net
Phone: +381 63 8862 301

The ICDSM and Sloboda need to address governments, international human
rights and legal organizations, and to launch legal proceedings. The
ICDSM plans a legal conference at The Hague. Sloboda has just sent to the
patriotic factions in the Serbian Parliament an initiative to adopt a
parliamentary Resolution against the human rights violations by the
Hague Tribunal and to form an international team of experts to make an
extensive report on these violations which would be submitted to the UN.

For truth and human rights against aggression!
Freedom for Slobodan Milosevic!
Freedom and equality for people!

On behalf of Sloboda and ICDSM,

Vladimir Krsljanin,
Foreign Relations Assistant to President Milosevic

*************************************************************

To join or help this struggle, visit:
http://www.sloboda.org.yu/ (Sloboda/Freedom association)
http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend Slobodan
Milosevic)
http://www.free-slobo.de/ (German section of ICDSM)
http://www.icdsm-us.org/ (US section of ICDSM)
http://www.icdsmireland.org/ (ICDSM Ireland)
http://www.pasti.org/milodif.htm (ICDSM Italy)
http://www.wpc-in.org/ (world peace council)
http://www.geocities.com/b_antinato/ (Balkan antiNATO center)

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3878/1/51/

Proiettili all’uranio impoverito: insabbiati

09.02.2005 scrive Nicole Corritore
Si è tenuta ieri a Roma una conferenza stampa in merito alla mancata
istituzione della Commissione d'inchiesta approvata in novembre dal
Senato con lo scopo di indagare sulle conseguenze dell'uso di
proiettili arricchiti all'uranio. "Sull'argomento c'è un atteggiamento
del muro di gomma" denuncia il senatore DS Giovanni Forcieri, che ha
rilasciato una lunga intervista ad Osservatorio sui Balcani.


Sono trascorsi ormai tre mesi da quando il Senato ha approvato
l'istituzione di una Commissione d'inchiesta per far luce sulle
conseguenze dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito. Da
allora cosa è successo?

Purtroppo la Commissione non ha potuto ancora insediarsi. Non è stata
formalmente istituita a causa del fatto che alcuni gruppi parlamentari
di maggioranza hanno tardato molto ad indicare al Presidente del Senato
i loro rappresentanti. Ancora oggi il gruppo di Forza Italia non ha
nominato i propri. Si sta a mio giudizio tentando una sorta di
insabbiamento tacito della Commissione perché è chiaro che se la
Commissione non parte adesso, in questi giorni, poi vengono meno i
tempi entro la fine della legislatura per poter concludere i lavori. La
fase iniziale della costituzione della commissione sarà piuttosto
complessa: la formazione degli organismi, l'individuazione delle
tematiche, l'individuazione dei consulenti, le persone da ascoltare.
Sarà un lavoro molto duro e pesante che porterà via del tempo. Se si va
avanti con questi ritardi assolutamente ingiustificati ed
ingiustificabili la Commissione rischia di essere vanificata.

Una mancata nomina che forse nasconde chiare volontà politiche?

Non escludo che nella non nomina dei propri rappresentanti da parte di
questi gruppi della maggioranza vi sia la volontà politica di
ostacolare i lavori della Commissione e se possibile di non farla
neppure decollare. Per denunciare questa situazione abbiamo convocato
una conferenza stampa alla quale ha partecipato anche il capogruppo dei
verdi Stefano Boco e quello di Rifondazione comunista Gigi Malabarba.

A cosa è dovuta secondo lei questa volontà di "insabbiare" la
Commissione? Forse si sta iniziando a capire che l'uso di proiettili
arricchiti con l'uranio ha causato gravi danni non solo ai militari ma
anche alla popolazione civile?

Io credo che a poco a poco le cose si stiano chiarendo. Anzi, direi che
per quanto mi riguarda lo sono già. Vi è sempre stata una frizione
enorme di fronte a questa Commissione, la cui istituzione ho proposto
oramai sei anni fa nella precedente legislatura, ed ha avuto un iter
faticoso. E' stata approvata in Commissione difesa e poi non è mai
stata iscritta all'aula. C'è poi stato lo scioglimento del Parlamento.
L'ho riproposta in questa legislatura, all'inizio, e si è arrivati a
discuterne solo nel 2004. Tre anni ci sono voluti. Dopo insistenze,
prese di posizione, battaglie a non finire con il Presidente della
Commissione Difesa, chiamando in causa anche il Presidente del Senato.
Ora questa frizione pare non essere ancora finita. Nonostante la
contraddizione palese con il fatto che nell'aula del Senato tutti si
sono espressi a favore della Commissione: ne hanno esaltato il
significato, i ruoli, e gli scopi. Poi di fatto si lavora per non fare
funzionare. Ho scritto al Presidente del Senato che in assenza della
comunicazione dei gruppi sui nominativi si faccia carico lui stesso di
individuare i membri della commissione: quest'ultima deve partire entro
il mese di febbraio e già così sarà difficile riesca a concludere i
propri lavori ma almeno può ottenere risultati importanti tali da
giustificare un prolungamento dell'attività nella prossima legislatura.
quanto si arriva a pensare è che se si gioca con i tempi e con i
termini quanto avvenuto nei Balcani sia ancora più pesante di quanto
immaginato.

In merito agli scopi della Commissione quest'ultima dovrebbe occuparsi
solo di militari e non di civili …

Questo è stato il compromesso al quale siamo dovuti giungere per far
istituire la Commissione. Una volta che quest'ultima inizierà i lavori
si riscontreranno fenomeni evidenti anche tra i civili. Sarà inoltre
nostra premura chiedere un allargamento delle possibilità di indagine.
Spero che lo spirito dei suoi membri sia quello di fare chiarezza, di
vedere cosa è successo e perché è successo, senza speculazioni
politiche. A me spiace si sia giunti a questo punto di difficoltà
perché è chiaro che si rischia di politicizzare un lavoro che invece va
tenuto il più possibile al di fuori delle speculazioni politiche.

Siete sottoposti a forti pressioni, ma da parte di chi?

lo devo dire onestamente, non ho capito da che parte arrivino. Anche se
è indubbio che vi siano. Questo significa che l'obiettivo di indagine è
giusto e le pressioni devono farci capire che bisogna assolutamente
andare avanti. Mi sembra di rivedere, ma in modo aggravato, la vicenda
degli "armadi della vergogna" in merito ai crimini commessi durante la
Seconda Guerra Mondiale . Quando le cose si mettono in movimento si
produce un effetto di pulizia e chiarezza impossibile altrimenti.

Lei è anche Presidente della delegazione italiana presso Assemblea
parlamentare della NATO. In quella sede si è mai discusso di uranio
impoverito?

Si, in più occasioni. Siamo riusciti a fare pressioni e ad ottenere la
relazione in aula di esperti che hanno parlato di queste questioni in
termini assolutamente tranquillizzanti e rassicuranti dal punto di
vista delle radiazioni. Io però ritengo che la questione delle
radiazioni non sia l'elemento principale che provoca tumori. La verità
è probabilmente che con le alte temperature che si producono con le
esplosioni dei proiettili all'uranio impoverito si formano
nanoparticelle di metalli pesanti che si vaporizzano come aerosol
nell'atmosfera, entrano nella catena alimentare, entrano nei tessuti
animali. Per quanto riguarda quest'ultimo caso abbiamo gli esempi delle
pecore nei pressi dei poligoni di tiro in Sardegna. Stanno venendo alla
luce una serie di problematiche che vanno affrontate.

Nonostante le reticenze in Italia il Ministro Sirchia ha emesso un
decreto che prevede la ricerca di uranio nelle derrate alimentari
provenienti da Bosnia e Kosovo. Quindi anche da parte del governo c'è
preoccupazione?

Credo di si. Tutti noi dovremmo preoccuparci di salvaguardare la salute
pubblica. Occorre fare in modo che quello che è successo non si ripeta
nel futuro. Questo decreto sulle derrate alimentari provenienti da
questi paesi dei Balcani è comunque contraddittorio. Oramai nessuno
contesta la pericolosità di quanto è accaduto ma c'è un atteggiamento
diffuso di "muro di gomma" attorno a queste vicende.

Croazia / Slovenia / Cuore nel pozzo


sullo stesso tema vedi anche:

L'intervento di una esule istriana
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4239

Foibomania nei media e libri italiani
Intervento del giornalista e scrittore Armando Černjul
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4233

A PROPOSITO DEL FILMATO IL CUORE NEL POZZO IN PROGRAMMAZIONE RAI
Comitato contro le falsificazioni storiche (Trieste)
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/altri.htm#falsificazioni

Iniziativa dell'Associazione Promemoria su "Il cuore nel pozzo" /
Promemoria - Društvo za zašcito vrednot protifašizma in protinacizma
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/altri.htm#promemoria

IN MERITO AL FILM “IL CUORE NEL POZZO”
PRODOTTO DA ANGELO RIZZOLI PER RAI FICTION
redazione de "La Nuova Alabarda" (Trieste)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3793

Que viva Novak! (La Plebe)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3798


(a cura di IS per il CNJ)

---

FOIBE: ANTIFASCISTI ISTRIANI CONTRO FILM IL CUORE NEL POZZO

(ANSA) - (ANSA) - ZAGABRIA, 4 FEB - Gli antifascisti croati dell'Istria
si sono detti oggi amareggiati da come il film 'Il cuore nel pozzo'
tematizza la tragedia delle foibe e che domenica e lunedi' sara'
trasmesso dalla Rai in occasione del 10 febbraio, Giornata della
memoria dell'esodo. Lo riferisce oggi l'agenzia di stampa 'Hina'. Il
segretario dell'Associazione dei combattenti antifascisti della regione
istriana Tomislav Ravnic ha detto oggi a una conferenza stampa tenuta a
Pola che ''nella lotta antifascista in Istria non e' successo un
crimine organizzato come con il film vogliono far credere i neofascisti
e la destra italiana''. Secondo lui il film, firmato dal regista
Alberto Negrini e prodotto dalla Rai, ''e' un'immagine distorta e falsa
della lotta antifascista in cui gli Slavi vengono dipinti come un
popolo genocida, mentre gli italiani sono rappresentati come vittime
dell'espansionismo slavo''. ''Si tratta di una distorsione tendenzosa
dei fatti e di un tentativo di revisionismo storico con lo scopo
coprire le violenze e le responsabilita' del fascismo'', ha aggiunto
Ravinic. ''In ogni conflitto bellico occorono crimini e muoiono vittime
innocenti, ma nella Resistenza in Istria queste vittime erano solo il
frutto di vendette individuali e non di operazioni pianificate'', ha
voluto precisare il suo punto di vista. Per questa ragione gli
antifascisti istriani protestano contro la messa in onda del 'Cuore nel
pozzo', che, come hanno detto, ''non e' che propaganda diffamatoria con
cui si offende il popolo istriano e che rappresenta una provocazione
politica diretta verso lo stato croato''. Il vicepresidente
dell'associazione istriana, Miljenko Bencic, ha spiegato che ''il
movimento partigiano non aveva alcuna ragione per uccidere innocenti, a
differenza del nazifascismo nella cui stessa ideologia e' radicato il
genocidio''. Secondo Bencic ''e' inammissibile che vengano equiparate
le colpe del aggressore e della vittima, il fascismo come un'ideologia
criminale e l'antifascismo come una reazione di resistenza di tutto il
mondo democratico''. Volendo ricordare i crimini commessi dai fascisti
italiani in sul territorio croato, i dirigenti dell'associazione hanno
organizzato la prima visione in Croazia del documentario della Bbc,
'L'eredita' fascista'. L'estate scorsa il film 'Il cuore nel pozzo'
aveva scatenato una simile reazione anche in Slovenia molti lo hanno
definito ''un falsificato della storia''. (ANSA). COR
04/02/2005 19:17

---

Le foibe viste dalla Croazia

07.02.2005 Da Osijek, scrive Drago Hedl
Dure reazioni in Croazia alla proiezione dello sceneggiato televisivo
"Il cuore nel pozzo", prodotto dalla Rai e dalla Rizzoli audiovisivi.
Secondo il quotidiano di Fiume/Rijeka Novi List, si tratta del peggior
film di propaganda mai realizzato. L'opinione di Furio Radin,
rappresentante della minoranza italiana al Parlamento di Zagabria, e
della Unione dei Soldati Antifascisti. Tace la Zagabria ufficiale


"Sporchi e malvagi partigiani di Tito sterminano Italiani innocenti".
Con questo titolo a tutte colonne, il quotidiano di Rijeka (Fiume)
"Novi List" ha pubblicato sabato scorso in terza pagina il servizio di
Elio Velani, corrispondente dall'Italia che, insieme ad alcune migliaia
di rappresentanti della alta società triestina, ha partecipato alla
visione del film "Il cuore nel pozzo" nella sala da concerti
"Tripcovich". Il giornale di Rijeka parla del film come dell'"assalto
alla storia da parte della destra italiana", riportando che il film
"conduce il pubblico italiano negli abissi delle foibe dove la destra
italiana ha trovato il proprio senso più profondo dell'esistenza."

Questa è, allo stesso tempo, la reazione più forte che si è potuta
ascoltare in Croazia a proposito del film "Il cuore nel pozzo", una
fiction che descrive le sofferenze dei soldati italiani nella ex
Jugoslavia (in particolare nelle ex repubbliche di Croazia e Slovenia)
dopo la disfatta dell'armata di Mussolini nel corso della seconda
guerra mondiale. La Zagabria ufficiale infatti non ha commentato, il
che è comprensibile dal momento che la leadership del Paese è
totalmente concentrata sul caso del generale Gotovina e sulla ferma
posizione espressa dall'Unione Europea [SI NOTI IL RICATTO: SE REAGISCI
SUL "CUORE NEL POZZO" MI OPPONGO ALL'ACCESSO NELLA UE, ndIS]. Per
Bruxelles, infatti, la data per l'apertura dei negoziati di ingresso
nell'Unione, fissata per il 17 marzo, non verrà rispettata a meno che
il generale croato latitante non compaia davanti al Tribunale dell'Aja
entro quel giorno.

Il corrispondente di Novi List descrive il film come "l'esempio
difficile da eguagliare del film di propaganda più brutto, maldestro,
assurdo e inappropriato che sia mai stato fatto", e sostiene che sia
molto peggio dei film simili prodotti in Jugoslavia sui partigiani e le
loro avventure di guerra. "Dopo questo film, apparirà chiarissimo a
tutti cosa intende la destra italiana quando parla della necessaria
revisione degli eventi storici. E' alla stessa destra italiana che va
attribuito il maggiore credito per la produzione di questo film, mentre
la televisione di Stato Rai non ha fatto che dare ascolto ai leader
attuali finanziando servilmente l'intero progetto", afferma Novi List.

Il quotidiano sostiene le proprie affermazioni citando un anonimo
giornalista de "Il messaggero" che, secondo Novi List, dichiara: "Viene
posto un parametro incredibile: le vittime innocenti delle foibe sono
state uccise ancora una volta da questo film". Oltre a questa
citazione, Novi List pubblica anche l'opinione del noto storico
triestino Fulvio Salimbeni che dichiara che si tratta di un "lavoro
vergognoso" e che gli esuli istriani dovrebbero citare in giudizio il
produttore del film per "il totale travisamento della ricostruzione
storica degli eventi." Tuttavia, sono stati gli stessi esuli, secondo
il corrispondente di Novi List, a enfatizzare il significato del film,
e sarebbero stati loro i più rumorosi nella sala tra quelli che
gridavano "Hurrah, sono arrivati i nostri", nella scena in cui il
giovane soldato italiano Ettore, ritornato dalla Russia, uccide due
partigiani [SIC].

Se da un lato non ci sono state reazioni al "Cuore nel pozzo" da parte
della Zagabria ufficiale, la Unione dei Soldati Antifascisti della
Croazia è però intervenuta nel dibattito. Il segretario della sezione
istriana dell'organizzazione, Tomislav Ravnic, ha affermato che gli
antifascisti croati sono sconvolti dal fatto che i media italiani
scrivano che i partigiani uccidevano gli Italiani solo in quanto
Italiani. "Questa è una menzogna – dichiara Ravnic – quando nel 1943
abbiamo catturato 15.800 soldati italiani, non gli è successo nulla.
Avevamo un rapporto umano nei confronti dei prigionieri italiani. E'
per questo che io dico a Berlusconi, a Fini e alla compagnia che
dovrebbero inchinarsi di fronte ai nostri soldati che hanno salvato
migliaia di persone. I partigiani non hanno ucciso gli Italiani, ma i
fascisti che sono stati condannati dai Tribunali nazionali."

Oggi, tuttavia, nessuno in Croazia nega che ci siano state molte
vittime nel periodo delle foibe. Furio Radin, rappresentante della
minoranza italiana nel Parlamento croato, dichiara: "Non dobbiamo
dimenticare quello che abbiamo dimenticato negli ultimi 60 anni, le
foibe. Ci sono state vittime collaterali, e c'erano naturalmente anche
i fascisti. Resta il fatto che finire la propria vita all'interno di
una caverna non è normale, indipendentemente dal fatto che uno fosse un
fascista oppure no, e bisogna ricavarne un insegnamento affinché una
cosa del genere non possa più ripetersi." In Croazia si parla
solitamente di circa 500, 600 Italiani uccisi nelle foibe, ma il
pubblico conosce anche le fonti italiane secondo le quali circa 17.000
persone [SIC] sarebbero state gettate nelle foibe. "Posso affermare che
secondo alcuni storici considerati esperti della materia circa 5.000
persone sarebbero morte nelle foibe. Il fatto è che la maggior parte
delle foibe era situata nel territorio che ora appartiene alla
Slovenia, anche se ce n'era un numero considerevole anche in Croazia,
in Istria", dichiara Furio Radin.

Qualche tempo fa, Radin ha proposto la edificazione di un monumento
alle vittime delle foibe in Istria, ma questa idea ha incontrato la
opposizione della Unione dei Soldati Antifascisti. Radin ritiene che
ancora oggi questa questione sia troppo legata alla politica, e
sostiene la necessità di una ricerca della piena verità storica. Non
ritiene, tuttavia, che agli Italiani venga costantemente detto che sono
gli stranieri a dover essere accusati per tutto quello che è accaduto
di sbagliato nella propria storia: "A parte Trieste, il resto
dell'Italia non ha nessuna idea delle foibe, non sanno quello che stava
accadendo durante la seconda guerra mondiale in Istria e Dalmazia, e
non hanno alcun interesse per questa parte della storia", dichiara
Radin.

La Croazia ha cominciato a parlare di foibe e di azioni criminali
commesse dai partigiani durante la seconda guerra mondiale solo dopo
l'indipendenza e il riconoscimento internazionale, nel 1992. La destra
ha cercato di abusare di questo fatto storico per presentare l'intero
movimento antifascista come criminale, e per dare una stessa identità
ad antifascismo e comunismo. Negli ultimi anni, tuttavia, l'attuale
sinistra croata ha affermato la necessità di un approccio storico
obiettivo al problema, anche se in realtà nel corso del governo di
sinistra (2000-2003) non sono stati fatti particolare sforzi verso
questo obiettivo.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3870/1/51/

---

[ vai alla URL originale anche per leggere gli incredibili ma
significativi commenti arrivati dai lettori:
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3873/1/51/ ]

La Slovenia e “Il cuore nel pozzo”

07.02.2005 - Riportiamo alcune reazioni oltre Adriatico allo
sceneggiato "Il cuore nel pozzo" trasmesso in questi giorni dalla RAI.
Qui di seguito la traduzione di un articolo pubblicato su Vijesti, uno
dei maggiori quotidiani montenegrini. Proprio in Montenegro, tra i
vicoli della città di Kotor, è stata girata la fiction.

Dal quotidiano di Podgorica Vijesti, 7 febbraio 2005
Traduzione a cura di Osservatorio sui Balcani


Il film "Il cuore nel pozzo", la cui prima parte è stata trasmessa ieri
sera dalla televisione di stato italiana RAI, in Slovenia solleva forti
critiche. A queste si è unito il presidente dei veterani antifascisti
sloveni ed ex presidente della presidenza repubblicana, quando ancora
esisteva la Jugoslavia, Janez Stanovnik. Ieri sera Stanovnik ha
dichiarato che il film sulle foibe e sulla pulizia etnica subita dagli
Italiani sulla costa slovena, in Istria ed in Dalmazia rappresenta non
solo una falsificazione della verità storica, ma anche l'apice di
un'operazione di "lavaggio del cervello", che, rispetto a questo tema,
si è sviluppata in Italia, e in particolare a Trieste, nel corso degli
anni.

Il film "Il cuore nel pozzo" girato l'autunno scorso in Montenegro dal
regista Alberto Negrin, parla di una famiglia italiana dell'Istria al
tempo della Seconda guerra mondiale che rimane vittima dello scontro
etnico al tempo della caduta del fascismo. Il personaggio principale
del film è il bambino Francesco, al quale i partigiani hanno ucciso i
genitori. Particolarmente crudele nella cacciata degli Italiani si
mostra il comandante partigiano Novak, interpretato dall'attore serbo
Dragan Bjelogrlic.

In Slovenia negli ultimi mesi ha preso corpo una forte critica al film,
con la tesi che già con la scelta del principale personaggio negativo,
rappresentato da un partigiano sloveno si mostrano gli Sloveni come un
"popolo che attua un genocidio". Si tratta si un sopruso della verità
storica che in Italia viene manipolata dalle forze di destra, alle
quali negli ultimi anni si è piegata anche la sinistra.

Tra le valutazioni fatte ci sono state anche quelle che affermano che
si tratta di una "berlusconiana consacrazione postuma di Tito" e che è
una "soap-opera storica", che in modo emotivo tocca un tema sensibile e
mostra nuovamente gli Italiani contro gli Sloveni e i Croati, che nel
film sono rappresentati come "barbari". Stanovnik, ai partigiani
sloveni radunati ad una commemorazione nei pressi di Koper, ha detto
che con il film si prosegue con la costruzione di una falsità storica:
"Vi ricorderete se abbiamo attaccato noi l'Italia o l'Italia ha
attaccato noi. L'Italia attaccò (l'allora) Jugoslavia, e non il
contrario", ha detto Stanovnik, aggiungendo che la riconciliazione e le
relazioni di buon vicinato vanno edificate sulla verità e bisogna
esprimere il dispiacere per gli errori, ma in "modo europeo". Stanovik
ha poi concluso affermando che i dati che in Italia vengono posti in
relazione col numero degli Italiani uccisi e gettati nelle fosse
sarebbero esagerati.


--- CILIEGINA ---

Il cuore nel pozzo: intervista a Leo Gullotta

09.02.2005 scrive Andrea Rossini
Non è una ricostruzione storica, ma un'occasione per aprire una
riflessione su di un periodo oscuro. Così "Il cuore nel pozzo", la
controversa fiction sulle foibe prodotta dalla Rai e da Rizzoli
audiovisivi, nelle parole di Leo Gullotta/Don Bruno. L'intervista, in
collaborazione con Radio Onda d'Urto, è stata realizzata prima della
messa in onda del film...

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3880/1/51/

Un estratto da questa intervista veramente ignobile:

<< ... Non è e lo risottolineo non è una ricostruzione storica di quel
momento... potevamo soltanto prenderla da un altro punto di vista. E'
la storia inventata... >>

Certo, inventata a bella posta: infatti è solo la continuazione della
propaganda fascista contro i partigiani che liberarono la Jugoslavia e
l'Italia. ndIS

Most za Beograd – Un ponte per Belgrado in terra di Bari

Associazione culturale di solidarietà con la popolazione jugoslava

via Abbrescia 97, 70121 BARI - CF:93242490725 -
tel. 0805562663
e-mail: most.za.beograd @ libero.it -
conto corrente postale n.13087754


L’associazione opera per la diffusione di una cultura critica della
guerra e il riavvicinamento tra i popoli con culture, etnie, religioni
ed usanze diverse al fine di una equa e pacifica convivenza. Si impegna
per la diffusione di un forte senso di solidarietà nei confronti della
popolazione jugoslava e degli altri popoli vittime della guerra.
Ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali. In particolare l’associazione:

- promuove, attraverso raccolte di fondi e donazioni iniziative di
solidarietà nei confronti delle vittime della guerra nel campo
sanitario, scolastico, alimentare e in ogni altro campo.

- promuove iniziative di sostegno a distanza di bambini jugoslavi

- promuove iniziative di gemellaggio tra enti locali italiani e
jugoslavi, tra scuole italiane e jugoslave

- promuove scambi culturali e di amicizia verso il popolo jugoslavo

- promuove iniziative di conoscenza della storia e della cultura
jugoslave

Bari, 30 gennaio 2005

 
La nostra associazione, nata per denunciare la guerra “umanitaria” e
per portare solidarietà concreta alla popolazione jugoslava, ha
continuato anche nel 2004 la sua attività, nonostante le grandi
difficoltà derivanti dal fatto che la questione jugoslava è stata del
tutto dimenticata dai mass media. Oggi i riflettori mediatici sono
puntati su altri obiettivi. La guerra è diventata la triste e funesta
compagna della nostra quotidianità. Dopo l’aggressione anglo-americana
all’Iraq, alla quale purtroppo si è associato ancora una volta il
nostro paese, già si preannunciano nel discorso presidenziale di Bush
nuovi bersagli: cresce l’elenco dei cosiddetti “stati canaglia”. Da una
guerra all’altra, anche il movimento per la pace sembra non volgere più
lo sguardo sulle vittime delle guerre precedenti.

Il dopoguerra – se pure si può parlare di dopoguerra per un paese in
una provincia del quale, il Kosovo e Metohija, è in atto una costante e
sistematica aggressione da parte degli eredi dell’UCK contro le poche
minoranze serbe e rom rimaste - continua ad essere molto duro per la
popolazione del paese che più di tutti ha subito il peso
dell’aggressione, la Serbia, ridotta oggi in uno stato difficile da cui
non riesce a risollevarsi. Non sono cessati ricatti e pressioni contro
di essa, nonostante il mutamento di regime politico nell’ottobre 2000.
Gli USA pretendono dal governo serbo la completa rinuncia alla
sovranità nazionale: nel marzo 2004 hanno “congelato” l’aiuto promesso
di 25 milioni di dollari (che poi non è una grande somma...), accusando
la Serbia di scarsa collaborazione con il tribunale dell’Aja. Più
verosimilmente puniscono l’attuale governo, uscito dalle elezioni del
dicembre 2003, per non aver messo in atto l’impegno assunto dal
precedente governo Zivkovic (in carica dopo l’assassinio del primo
ministro Djindjic il 12.3.2003), di inviare truppe serbe sotto comando
USA in Afghanistan.

Dal 2001 al 2004 si è abbattuta sulle popolazioni la scure di politiche
antisociali, di privatizzazioni e smantellamento dell’apparato
industriale. La situazione occupazionale è drammatica, mentre il costo
della vita si è fatto “occidentale”, sanità, scuola, università,
servizi sociali, in passato gratuiti, oggi non lo sono più, mentrele
fabbriche, le zone industriali sono all'asta di profittatori
occidentali che comprano tutto a prezzi bassi, ponendo condizioni di
lavoro inaccettabili. Il numero di occupati in tutta la Serbia è di
1.800.000 su una popolazione totale di circa 7,5 milioni, ma in questo
numero sono compresi anche i lavoratori in cassa integrazione. A
1.384.000 lavoratori vengono versati i contributi per la sanità e la
pensione, agli altri no. I disoccupati sono 946.000, pari al 28% della
popolazione potenzialmente attiva. Il salario medio nazionale, tutte le
categorie di lavoratori comprese, è di 14.444 dinari, corrispondenti a
circa 185 euro (174 euro nei settori industriali, 219 per gli occupati
nei settori pubblici). Però in 26 distretti (su un totale di 180) il
salario medio è inferiore ai 100 euro. I pensionati sono attualmente
1.244.500 con una pensione media di circa 115 euro al mese. A
Kragujevac città il salario medio (tutti i settori) è di 147 euro. A
livello cittadino il rapporto lavoratori/pensionati è attualmente di
1,29 a 1. Alla Zastava 17.000 lavoratori sono in produzione, suddivisi
in 38 unità produttive indipendenti; 6.500 lavoratori in cassa
integrazione percepiscono una indennità mensile di circa il 45% del
salario della categoria di appartenenza (per la maggior parte di loro
50 - 70 euro al mese). La cassa integrazione, iniziata nel settembre
2001, scadrà nel settembre 2005, e nessuno al momento azzarda
previsioni. L'accordo prevedeva il reintegro al lavoro, ma questa non è
una previsione realistica.

Studi specifici e indagini mediche hanno rilevato che in Serbia lo
stato di salute è preoccupante ed in continuo peggioramento. Ciò è
dovuto alle conseguenze della guerra, della povertà e della vita poco
sana che ne deriva. L’Ente serbo per la lotta ai tumori prevede nei
prossimi 10-15 anni un forte aumento delle malattie maligne.
Riferendosi al periodo attuale, il numero degli ammalati è già
aumentato del 200%. A questo riguardo è stato lanciato un monito anche
dall'Organizzazione Mondiale per la Salute. I dati mostrano che una
persona su tre soffre di problemi cardiaci e cardiovascolari. Queste
malattie sono dovute spesso a problemi di stress (ne soffre il 37%
della popolazione serba), ad una alimentazione non equilibrata. Le
malattie renali, sempre più frequentemente presenti, sono legate
soprattutto all'inquinamento delle acque di certe zone (Zrenjani,
Kikinda, Kraljevo, Vranje, Loznica). Di conseguenza un sempre maggior
numero di persone è sottoposto a dialisi (attualmente 3500 persone, con
1200 casi nuovi all'anno e 700 morti all'anno, secondo le statistiche
dell'Associazione dei Nefrologi). Il dopoguerra si fa sentire
particolarmente nella forte impennata dei casi di depressione, dei
suicidi, dei disturbi mentali, dovuti in primis alle condizioni di
vita. Il 44% della popolazione ha sintomi depressivi, il 24% soffre
d'insonnia, il 62% soffre di nevrosi. Nel 2003 i suicidi sono stati
1381 (una media di 4 al giorno!). Non sorprende l'aumento del consumo
dei sedativi, dell'alcool e delle sostanze stupefacenti. Purtroppo, le
previsioni dei medici per il futuro sono ben più fosche.

 
A questa drammatica situazione economica e sociale, si aggiunge il
problema politico irrisolto della statualità della Serbia. La
situazione più esplosiva è in Kosovo, dove le minoranze serbe rimaste,
dopo la massiccia pulizia etnica (oltre 250.000 espulsi tra serbi e rom
e altre diverse etnie che abitavano la provincia) avvenuta nell’estate
del 1999 sotto lo sguardo distratto e complice della NATO (che aveva
bombardato un intero paese dichiarando di voler impedire una
“catastrofe umanitaria”), rischiano ogni giorno la vita e sono
costrette a vivere in piccole enclave, in vere e proprie gabbie,
prigioni a cielo aperto, in condizioni difficilissime. I serbi sono la
parte più povera ed emarginata della popolazione del Kosovo, non
possono accedere ad alcun lavoro, possono rivolgersi per l’acquisto dei
beni di prima necessità solo a piccoli empori loro riservati. C’è un
pesantissimo regime di apartheid nei loro confronti. La situazione è
diventata ancor più drammatica dopo i pogrom antiserbi di marzo 2004,
quando sono stati espulsi 4100 serbi, distrutte decine di chiese e
monasteri ortodossi, profanati i cimiteri, uccise 31 persone e ferite
oltre mille. In questo contesto, è un segnale allarmante la nomina del
capo dell’UCK Haradinaj a primo ministro del governo autonomo del
Kosovo, che chiede, insieme con Rugova e Thaci, l’indipendenza subito:
si preannuncia così un’ulteriore recrudescenza della pulizia etnica.
Contro i serbi si fa pressione in tutti i modi. L’ultima trovata è
stata quella di interrompere, nel gelo dell’inverno balcanico,
l’erogazione di energia elettrica.

Rimane aperta anche la questione della definizione del nuovo
stato,“Serbia e Montenegro”, nato sulle ceneri della RFJ il 5 febbraio
2003, dietro forti pressioni della UE. Non è un’unione, è uno stato
molto provvisorio, nel quale l’attuale primo ministro montenegrino Milo
Djukanovic, spinge decisamente per il separatismo. Minacce di
smembramento della Serbia vengono contemporaneamente da più parti.È
stata costituita una formazione paramilitare albanese di nome ANA, i
cui uomini sono pronti a incendiare tutta la regione se non sarà
riconosciuta subito l’indipendenza del Kosovo. Altre formazioni
paramilitari albanesi rivendicano la separazione del sud della Serbia.
Nella zona di Novi Pazar (il “Sangiaccato”) si agita il separatismo dei
partiti islamisti, mentre a nord-est, nella Vojvodina, si accentuano le
pressioni dell’indipendentismo ungherese. La Jugoslavia, che mescolava
e univa tante storie e popoli diversi dei Balcani non esiste più...

 
L’attività dell’associazione. Informazione, critica e solidarietà

La nostra associazione ha promosso nello scorso anno diverse iniziative
di sensibilizzazione e documentazione. Ricordiamo in particolare le
presentazioni del libro “Quel braccio di mare...” (M. Cataldo, S.
Ciric, Rajka Veljović), in cui era pubblicata anche una selezione di
lettere inviate dai bambini jugoslavi adottati a distanza ai loro
donatori: a Bari, al liceo “Scacchi” una prima volta e poi nella
suggestiva cornice della Vallisa, su invito dell’ADIRT; a Molfetta,
alla “Casa dei popoli”, dove l’associazione teatrale Grammelot ha
presentato una bellissima performance sulla guerra e il bombardamento
della Zastava. Sulla “emergenza Kosovo” vi è stata a Bari un’importante
iniziativa centrale, ad aprile, e un’altra a maggio, in collaborazione
col Centro servizi “zona franka”, dove è stato presentato anche il
video di Pasquale Giordano “Le altre verità sul Kosovo”. E poi le
numerose presentazioni del libro di Uberto Tommasi e Mariella Cataldo
“Kosovo buco nero d’Europa” (a Bari, in tre diverse occasioni in
collaborazione con l’associazione “Altair”, con l’Università della
terza età, con il liceo “Scacchi”; a Molfetta, alla “Casa dei popoli”;
a Lecce, in collaborazione con l’associazione “Tabularasa”, a Canosa in
collaborazione con la redazione de “Il Campanile”. A Monopoli siamo
intervenuti invitati dalla Sinistra giovanile in un dibattito sul
dramma delle guerre balcaniche e le conseguenze sulla popolazione
civile. Siamo stati presenti ad ottobre a Terlizzi nel corso della
festa provinciale di “Liberazione” e a dicembre a Roma in piazza di
Cinecittà. Abbiamo collaborato a Verona ad iniziative di presentazione
del libro sul Kosovo.

L’attività di informazione, riflessione e analisi si è accompagnata,
come è sempre stato dalla nostra costituzione in associazione, a quella
di organizzazione di iniziative di solidarietà. Così, la pubblicazione
e diffusione di libri sulla situazione in Serbia e Kosovo è servita non
solo a fornire informazioni dirette, testimonianze, spunti di analisi,
ma anche a raccogliere fondi per il progetto di adozione a distanza.
Dal libro “Quel braccio di mare...” abbiamo avuto un ricavato netto di
2.340 euro. Dal libro “Kosovo buco nero d’Europa” (compreso anche il
dono di 115 copie del romanzo di U. Tomasi “Zarub”) registriamo al
momento un ricavato netto di 2.250 euro (ma prevediamo che la somma sia
destinata a crescere). Queste entrate, insieme con le donazioni di
alcuni sostenitori che non fanno un’adozione personale, ci hanno
consentito di continuare a sostenere, come associazione, più di una
ventina di bambini che avevano perso il loro donatore, oltre che a
mantenere quelli i cui sostenitori non sono regolari e puntuali nelle
loro donazioni.

Il 26 luglio una delegazione dell’associazione (Marina Bianco, Mariella
Cataldo, Andrea Catone, Pino Palomba) si è recata a Kragujevac presso
la fabbrica Zastava a consegnare il denaro raccolto per 139 bambini.
Anche questa volta siamo stati costretti a fare dei tagli dolorosi
perché i donatori, con o senza spiegazioni, erano debitori da più di un
anno e i loro bambini erano stati sostenuti dallo sforzo collettivo di
tutti gli altri donatori. Abbiamo operato sulla base degli
aggiornamenti delle schede forniti dal sindacato Samostalni, escludendo
coloro la cui situazione è migliorata e mantenendo coloro che versano
ancora in difficilissime condizioni. Il ricavato della vendita di “Quel
braccio di mare...” ha contribuito a salvare diverse situazioni.
Abbiamo potuto toccare con mano quanto continui ad essere fondamentale
il nostro aiuto per assicurare almeno il diritto allo studio per questi
bambini, diritto non più garantito dallo stato.

Il nostro viaggio la scorsa estate ci ha condotti anche in Kosovo, a
Vitina, nel Sud, zona sotto il controllo USA, a portare solidarietà a
14 ragazzi orfani, i cui genitori sono stati vittima della pulizia
etnica antiserba scatenatasi tra l’estate del 1999 e il 2004. Abbiamo
così risposto all’appello pervenutoci dal coordinatore delle comunità
serbe, Nenad Kojić. Siamo venuti in contatto con una realtà prima solo
sospettata, ma incredibile da raccontare. In Kosovo, dopo il ’99 e i
pogrom di marzo 2004 i serbi sono quotidianamente oggetto di una odiosa
persecuzione e soggetti di una diaspora che vedrà questa terra
completamente ripulita dalla loro presenza. I serbi del Kosovo sono
ridotti alla condizione degli indiani d’America, discriminati nel
lavoro e sottoposti a quotidiane vessazioni che rendono loro
impossibile la vita. Gli estremisti albanesi, sotto l’occhio distratto
della Kfor e dell’Unmik stanno cancellando i luoghi della memoria
serba, monasteri, chiese, monumenti. Intendono estirpare le radici,
fare terra bruciata. Non è solo l’espulsione di una popolazione che
abitava quella terra da generazioni, ma è anche l’assassinio della sua
anima... Abbiamo avuto esperienza diretta di cosa significhi
l’apartheid per i serbi del Kosovo: siamo giunti a circa 4 km. da
Prizren, dove abbiamo visitato i resti distrutti dai nuovi barbari
dell’UCK del monastero medievale dei Santi Arcangeli. Ma il nostro
accompagnatore non ha potuto proseguire per l’antica e forse più
suggestiva città del Kosovo, poiché non ci era data la scorta e da
marzo Prizren è stata completamente ripulita da ogni presenza serba! In
Kosovo si sta costruendo un “narcostato”: secondo le stime dei militari
della KFOR l’80% del PIL è frutto di malaffare, in un paese in cui la
comunità internazionale ha investito più di 2 miliardi e mezzo di euro
(dati UE) senza ottenere risultati apprezzabili e senza riuscire
nemmeno ad organizzare un censimento. Della situazione del Kosovo si
parla diffusamente nel libro “Kosovo buco nero d’Europa”.

Le adozioni a distanza dei bambini della Zastava di Kragujevac
continuano, anche se con crescenti difficoltà. Abbiamo consegnato ora -
 tramite Dora Maffezzoli della Filcams CGIL di Milano - ai responsabili
serbi di Kragujevac, Rajko Blagojević, vice presidente della
Jedinstvena Sindikalna Organizacija ZASTAVA (Sindacato ZASTAVA) e Rajka
Veljović, interprete e coordinatrice dell’ufficio internazionale
adozioni ZASTAVA, 20.650 euro (150 euro a testa per 135 ragazzi + 400
di doni personali). La consegna del denaro alle famiglie è stata fatta
sabato 5 febbraio nell’assemblea della Zastava di Kragujevac. Di questi
135 ragazzi, 20 sono rimasti senza un donatore, ma abbiamo scelto di
continuare a sostenerli.

In tutto, per l’anno 2004 abbiamo consegnato 45.300 euro per 150
famiglie. Come in passato, abbiamo preferito distribuire una somma
uguale per tutti, indipendentemente dalla somma donata dal sostenitore.
Vi sono sostenitori che hanno portato il loro contributo a 30 euro
mensili, altri che invece versano 25,82 euro, altri 25. Non tutti i
donatori sono regolari nell’invio delle loro quote per le adozioni,
qualcuno salta qualche mese, altri sonnecchiano... Siamo stati
costretti ad interrompere negli ultimi 24 mesi circa 80 adozioni
(rispetto al picco massimo raggiunto nel 2001), cerchiamo di inviare
ancora il denaro a 20 famiglie, per le loro difficili condizioni
economiche, nonostante i donatori non ci siano più. Il denaro per
queste famiglie è stato ottenuto in parte da donazioni
all’associazione, in parte dalla vendita dei libri, in parte limando un
po’ la quota di adozione dei più “fortunati” che hanno un donatore
costante che consegna 30 euro al mese. Credo che tutti i donatori
approvino questo operato. Col denaro raccolto abbiamo consegnato anche
150 euro a testa a 14 orfani del Kosovo – per i quali siamo alla
ricerca di “adottanti a distanza” -, e ne abbiamo riservati altri 150 a
testa per una prossima consegna.

Da quando abbiamo cominciato la nostra attività di solidarietà nel 1999
abbiamo consegnato in tutto poco meno di 280.000 euro (cfr. il
prospetto complessivo). È molto poco se confrontato col costo di un
solo missile che ha portato distruzione e morte. È molto poco rispetto
ai bisogni di una popolazione colpita con le bombe, l’embargo e i
ricatti economici delle grandi potenze, ma è un dato significativo se
si pensa che queste somme sono state raccolte in decine e decine di
manifestazioni, conferenze, mostre fotografiche, con la diffusione di
libri e opuscoli di critica della guerra alla Jugoslavia, e,
soprattutto, grazie ai numerosi donatori – taluni costanti, precisi e
puntuali, che hanno costituito il pilastro dell’attività di
solidarietà; altri meno costanti o occasionali, che hanno comunque
contribuito a questo notevole risultato. A tutti va il nostro sentito
ringraziamento.

L’associazione ha pochissimi mezzi e tutta la sua attività si è basata
non solo sul lavoro volontario e gratuito dei suoi attivisti (e il solo
raccogliere e tenere la contabilità di una tale somma, donata nel corso
degli anni da circa 350 persone, è di per sé lavoro non piccolo), ma
anche sul contributo economico dei suoi sostenitori più attivi. Tutte
le spese dell’associazione (sede, spese postali, telefoniche,
cancelleria) sono state sostenute dai più attivi. Tutti i viaggi di
solidarietà sono stati fatti a spese degli attivisti che si sono recati
in Serbia e in Kosovo. Tutto il denaro raccolto per le adozioni a
distanza o altre iniziative di solidarietà è stato consegnato alla
popolazione jugoslava.

A quanti ci hanno seguito in questi anni intensi e difficili, a quanti
credono nell’attività di informazione e solidarietà che ha
caratterizzato la nostra associazione, chiediamo di aiutarci a
continuare, iscrivendosi all’associazione (la quota è libera) o
inviandoci un piccolo contributo. Chiunque voglia collaborare in
qualsiasi forma con l’attività dell’associazione è ben accetto.

Nella seconda quindicina di marzo presenteremo in collaborazione con
l’ADIRT di Bari una mostra fotografica sui beni culturali e ambientali
del Kosovo prima e dopo le distruzioni operate dai bombardamenti della
NATO e dalle bande terroriste dell’UCK. La mostra si terrà nella
suggestiva cornice di palazzo Simi, nella città vecchia, sede della
Sovrintendenza archeologica. Nel corso della mostra organizzeremo
conferenze sulla storia e la cultura del Kosovo e Metohija e
sull’attuale status internazionale del Kosovo. Intendiamo far uscire il
Kosovo dal silenzio in cui, dopo la guerra, è stata sprofondata questa
regione, denunciare la pulizia etnica e l’annientamento di una cultura
millenaria.

 
L’assemblea annuale dell’associazione si terrà presso la sede di via
Abbrescia 97, Bari, domenica 13 febbraio alle ore 7.00 in prima
convocazione e lunedì 14 febbraio alle ore 18.30.

 
Andrea Catone, presidente dell’associazione


Prego anche tutti coloro che hanno un indirizzo di posta elettronica –
o che lo hanno di recente cambiato – di comunicarcelo per facilitare
l’invio di messaggi e ridurre i costi di spese postali.

Per conoscere dall’interno aspetti rimossi della realtà serba e,
insieme, contribuire alle iniziative di solidarietà, potete richiederci
il libro:

Kosovo buco nero d’Europa,

edizioni Achab, Verona, 2004, euro 11,00

[ in english / deutsch / italiano:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4208
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4219 ]


Modification de l'histoire

BERLIN/PRAGUE/PARIS (Communiqué interne) - La République tchèque et la
France s'opposent aux plans du gouvernement allemand concernant la
réalisation d'un ,,réseau européen contre les déportations". Selon
confirmation d'un porte-parole du secrétariat d'état national à la
culture et aux médias, s'adressant à notre rédaction, des représentants
du gouvernement fédéral et de plusieurs états d'Europe centrale se
réuniraient mercredi prochain (2 février) afin de créer un tel réseau.
On souhaite clairement l'intégration des ,,associations d'expulsés" que
l'on soupçonne d'intentions revanchardes. Prague, dont la participation
est approuvée par Berlin à cause des déplacements de population
allemande des ,,Sudètes" a déclaré ne pas vouloir participer au réseau.
Parallèlement certains délégués français expriment de gros doutes
vis-à-vis d'un pareil projet que les initiateurs allemands
souhaiteraient lancer par l'intermédiaire du Conseil Européen: cela ne
servirait en rien ,,la réconciliation d'anciens états ennemis".

L'Article
http://www.german-foreign-policy.com/fr/news/article/1106953200.php


Hitler, Stalin, Churchill, Roosevelt

VARSOVIE/STRASBOURG (Compte-rendu original) - Aujourd'hui mercredi
[2/2], le gouvernement allemand veut fonder un ,,réseau européen contre
les expulsions" et y inclure quatre autres Etats. La République tchèque
reste à l'écart du projet. Le ,,réseau berlinois" reprend des projets
d'organisations révisionnistes allemandes, qui considèrent que les
vainqueurs de la Seconde Guerre mondiale ont agi contre le droit. Dans
l'opinion française, en particulier en Alsace, on s'inquiète d'une
possible révision des Accords de Potsdam. En revanche, la presse
parisienne, en l'occurrence Le Monde, montre de la compréhension pour
le projet allemand et critique le vote négatif de la délégation
française au Conseil de l'Europe. Un projet de résolution allemande qui
mettait sur le même plan les ,,expulsés" allemands de la Seconde Guerre
mondiale et les déportés des camps nazis a en effet été rejeté dans
cette Assemblée et Berlin s'efforce de limiter les dégâts par une
démarche auprès de l'Elysée. L'objectif e
st de briser la résistance française sur la question des ,,expulsés".

L'Article
http://www.german-foreign-policy.com/fr/news/article/1107298800.php

----- Original Message -----
From: "Luciana Bohne" <lbohne@...>
To: "Coord. Naz. per la Jugoslavia" <jugocoord@...>
Sent: Monday, February 07, 2005 8:07 PM
Subject: re: [JUGOINFO] Foibomania nei media e libri italiani


Sono in completo accordo con il giudizio di Armando Cernjul sulla
"foibomania." Se c'e' stata una persecuzione etnica in Istria
e' stata quella del ventennio fascista e fu lanciata, sostenuta, ed
autorizzata dallo stato italiano fascista, con la piena autorita'
di leggi reppressive e discriminatorie, con campagne di snazionalizzazione e
rieducazione all'imposto italianismo.
Furono bruciate le camere del lavoro, i centri sociali slavi; fu proibita la
lingua slava anche nelle chiese--come bene documenta Giacomo Scotti in un
recente articolo sul Manifesto.

Scrivo quale nipote di un infoibato. Mio nonno materno, Giovanni Benassi, fu
detenuto dai partigiani e presunto finito in foiba. Non era italiano, pero'
si dice ancora oggi in paese che era fascista.
Non so a quale grado risalisse la sua colpevolezza pero' posso asserire con
tutta fermezza che ne' mia madre ne la famiglia fu punita per associazione a
lui--cosa che fecero i nazisti per tutta l'Istria dal 1943 al 1945.
Bruciarono villaggi interi, deportarono famigliari dei partigiani,
rastrellarono indiscriminatamente. Non mi resulta che i partigiani si
comportassero cosi'--non ci sono testimoni di "collective
punishment."

Ah, si. Uso l'inglese perche' scrivo dagli Stati Uniti, dove sono andata a
finire, quando arrivata esule in Italia, la mia famiglia e' stata costretta
ad emigrare tanto nulla fu l'assistenza di quegli italiani che adesso si
fanno tanto paladini di noi poveri esuli, che allora eravamo solo per loro
poveri ed ingombri slavi.

Uso tutta la mia autorita' di nipote di un infoibato istriano per negare ed
accusare la strumentalizzazione della mia tragedia a cause tutte
fasciste--di allora come di adesso, nel momento che riaprono ferite ancora
vive con questa loro cinica ipocrisia nel falsificare il passato nel quale
la loro causa comporta la maggiore colpa. Se non fosse stato per il
fascismo, me ne sarei rimasta a casa mia, avrei goduto una vita tra i miei
campi ed i miei cari, avrei parlato la mia lingua--e non avrei sofferto come
soffro tuttora lo sradicamento di tutto quel retaggio etnico e di identita'
che mi apparteneva alla nascita.

Grazie ai partigiani, l'Istria si libero' dei nazisti e dei suoi
collaboratori fascisti. Non ci fu un genocidio in Istria se non quello
ideato dai fascisti--che volevano la morte della cultura polilinguistica e
multiculturale istriana.

E che la smettano di riscrivere la storia in nome di coloro che l'hanno
veramente subita e sofferta.

Luciana Opassi Bohne
Edinboro, Pennsylvania





On Monday, February 07, 2005 9:59 AM, Coord. Naz. per la Jugoslavia wrote:
>
>Date: Mon, 07 Feb 2005 15:59:46 +0100
>From: Coord. Naz. per la Jugoslavia
>To: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
>Subject: [JUGOINFO] Foibomania nei media e libri italiani
>
(...)

"During times of universal deceit, telling the truth becomes a revolutionary
act."
- George Orwell

(srpskohrvatski / italiano)


Il generale Lazarevic, ricattato e raggirato

Comunicato stampa della segreteria del NKPJ (Nuovo partito comunista di
Jugoslavia), in occasione della decisione "volontaria" del generale
Lazarevic di costituirsi al Tribunale dell'Aia


Il NKPJ ritiene che la cosiddetta costituzione "volontaria"
all'inquisizione dell'Aia, non sia né un atto di coraggio, né
patriottismo. Ma soltanto ingenuità, capitolazione e vergogna nazionale.
Non c'e dubbio che l'attuale governo abbia ricattato e raggirato il
generale Lazarevic, servendosi del principio: "se non vai con le buone,
andrai con le cattive". Il "Tribunale dell'Aia" non è un'istituzione
indipendente né imparziale, ma è una filiale dei governi di USA, Gran
Bretagna e Germania. Essi l'hanno di fatto fondato, lo finanziano e gli
forniscono giudici e accusatori, come anche dettano le regole della
resa dei conti ai serbi.
Malgrado il loro comportamento da inquisizione nel "processo" contro
Milosevic, essi sono stati praticamente sconfitti [nel corso del
dibattimento su Milosevic, appunto, sul quale infatti in Occidente vige
la assoluta censura dei media, ndt], perciò cercano di attutire gli
effetti della figuraccia subita portando quanti più possibile patrioti
sul banco degli accusati.
Il generale Lazarevic ed altri accusati hanno difeso con onore il
proprio Paese dall'aggressore, perciò è una vergogna che si lascino
"volontariamente" alla mercé dei boia.
Secondo il piano dell'attuale governo, essi dovrebbero essere il pegno
e il sacrificio da pagare per lo "Studio di fattibilità", cioè quel
documento che spingerebbe il nostro paese verso l'UE, nuova prigione
dei popoli europei. Su tutto il nostro Pianeta, ogni giorno si
organizzano manifestazioni contro l'UE, e gli europei alle elezioni
parlamentari hanno affermato a maggioranza la loro posizione contro
questa deforme creazione. Un grande numero ha boicottato le elezioni, e
la maggioranza di quelli che hanno votato si sono espressi contro l'UE.
Il NKPJ sostiene la cooperazione con il Tribunale dell'Aia solo nel
caso in cui vengano lì processati anche gli Stati membri della NATO che
hanno aggredito il nostro Paese, occupato il Kosmet (Kosovo e Metohija)
e la Bosnia ed Erzegovina.
Ogni ulteriore cooperazione significa inganno e capitolazione.

Belgrado, 29 gennaio, 2005

Per il NKPJ: Aleksandar Jovanovic

[trad. a cura di Ivan.
Ricordiamo anche il caso dell'ex capo della Polizia, Markovic,
costretto sotto minaccia a consegnarsi al Tribunale dell'Aia, ma che
non cedette al ricatto di testimoniare contro Milosevic, perciò da
teste divenne incriminato...]


http://komunist.free.fr/arhiva/jan2005/nkpj03.html


Arhiva : : Januar 2005.

General Lazarević ucenjen i obmanut

Saopštenje Sekretarijata NKPJ povodom odluke generala Lazarevića da se
dobrovoljno preda haškom tribunalu


Nova komunistička partija Jugoslavije smatra da takozvana "dobrovoljna"
predaja Haškoj inkviziciji nije ni hrabrost, ni patriotizam, već
naivnost, lakovernost, kapitulanstvo i nacionalna sramota.

Nema sumnje da je aktuelna vlast ucenila i obmanula generala
Lazarevića, služećI se principom: "ako nećeš milom, moraćeš silom".
"Haški sud" nije nikakva nezavisna i nepristrasna institucija, već je
filijala vlada SAD, Engleske i Nemačke. One su ga faktički osnovale,
finansiraju ga, liferuju mu sudije i tužoce, kao i pravila obračuna sa
Srbima.

I pored inkvizitorskog postupka na "sudjenju" Slobodanu Miloševiću,
tužioci su doživeli potpuni poraz, pa svoju blamažu nastoje da ublaže
uključivanjem što većeg broja optuženih patriota.

General Lazarević i drugi optuženi generali časno su branili svoju
otadžbinu od agresora, pa je sramno da se "dobrovoljno" prepuštaju na
milost i nemilost dželatima. Prema Planu aktuelne vlasti, oni treba da
budu zalog i žrtve radi donošenja tzv. "Studije o izvodljivosti",
odnosno dokumenta koji bi ugurao našu zemlju u Evropsku uniju, novu
tamnicu evropskih naroda. Svakog dana širom našeg kontinenta organizuju
se masovni protesti protiv EU, a Evropljani su na izborima za Parlament
EU jasno pokazali svoj stav prema ovoj nakaznoj tvorevini. Ogromna
većina je bojkotovala izbore, a većina je bila protiv EU i medju onima
koji su glasali.

NKPJ podržava saradnju naše zemlje sa Hagom samo ako bi se tamo sudilo
članicama NATO država, koji su izvršili agresiju protiv naše zemlje i
okupirali Kosmet, Bosnu i Hercegovinu. Svaka druga saradnje je
kapitulantsvo i obmana.

Beograd, 29.1.2005.

Za NKPJ: Aleksandar Jovanović

IRAQ OVVERO VIETNAM


«I dirigenti Usa sono rimasti sorpresi e rincuorati oggi dalla grande
affluenza alle elezioni presidenziali in Vietnam del sud, nonostante la
campagna terroristica dei Vietcong per disturbare il voto. Secondo i
bollettini di Saigon, l'83% dei 5,85 milioni degli elettori registrati
hanno votato ieri. Molti hanno rischiato le rappresaglie dei Vietcong.
Il successo elettorale è visto come una pietra miliare nella politica
di Johnson (...). Le elezioni sono state il culmine di uno sviluppo
costituzionale iniziato il febbraio del `66, nel quale il presidente
Johnson si è impegnato incontrando il premier Ky e il generale Thieu a
Honolulu. Obiettivo del voto: dare legittimità al governo di Saigon
fondato su colpi di stato e giochi di potere dal novembre `63, quando
il presidente Ngo Dinh Diem fu rovesciato da una giunta militare».

(New York Times, 3/9/1967. Fonte:
aa-info @ yahoogroups.com)

[ Sul documentario "Fascist legacy" vedi anche:
Resoconto della proiezione di Torino (4/5/2002) e Scheda filmografica:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1796 ]


Da: "Momotombo" <momotombo @ libero.it>

La rimozione storica dei crimini del fascismo nelle "colonie": una
necessità politica del neo-imperialismo italiano "by-partisan"


L'attuale governo, con la compiacenza "revisionista" del
centro-sinistra, ha istituito una giornata nazionale "in memoria delle
vittime delle foibe"(10 febbraio), con il chiaro intento di cancellare
gli orrori dei crimini dell'occupazione fascista italiana in Yugoslavia
, nei Balcani, nell'URSS e in Africa contro la popolazione civile;
criminalizzando la legittima resistenza partigiana di quei popoli
trasformando, come oggi in Palestina, Yugoslavia, Iraq. gli aggrediti
in "aggressori"!!

Noi invitiamo a boicottare questa giornata e a partecipare alla
proiezione video del documentario storico della BBC inglese:

"Fascist legacy"
(l'eredità del fascismo)

Una ricostruzione storica , rigorosamente censurata dalla RAI, sui
crimini impuniti dell'imperialismo fascista italiano contro le
popolazioni slave, balcaniche e africane che ci riporta a fatti
drammaticamente attuali

Giovedì 10 febbraio h.21.00

Presso spazio politico polivalente di Vicolo della stazione 52 Cesena

Associazione Pellerossa
sinistra anticapitalista Cesena

Reality Foibe. Così iniziò la stagione di sangue

Le stragi istriane vanno inserite nel contesto storico della guerra
fascista e nazista alle popolazioni slave. [....]

GIACOMO SCOTTI
Da "Il Manifesto" di Venerdì, 04 Febbraio 2005


Le stragi istriane vanno inserite nel contesto storico della guerra
fascista e nazista alle popolazioni slave. Contro ogni
strumentalizzazione, ma anche contro ogni rimozione
«Si ammazza troppo poco», e «Non dente per dente, ma testa per dente»,
raccomandavano nel 1942 i generali italiani Marco Robotti e Mario
Roatta. Furono 200.000 i civili «ribelli» falciati dai plotoni di
esecuzione italiani in Slovenia, «Provincia del Carnaro», Dalmazia,
Bocche di Cattaro e Montenegro

Per una giusta comprensione del fenomeno delle foibe istriane - ma
comprensione non significa affatto giustificazione di quei crimini - è
assolutamente necessario inserire la questione nel contesto storico in
cui si verificò e nel quadro più ampio del periodo tra la fine della
prima e lo svolgimento della seconda guerra mondiale. Un periodo che fu
particolarmente tragico per una larga parte della popolazione istriana
venutasi a trovare inserita nel territorio di frontiera di un'Italia
asservita al regime fascista e perciò negata a governare con giustizia
territori plurietnici, plurilingui e multiculturali, spinta a
realizzare un preciso programma di oppressione e snazionalizzazione dei
sudditi cosiddetti allogeni e alloglotti. Ancor prima della firma del
Trattato di Rapallo del 1920 che assegnò definitivamente l'Istria
all'Italia, quando la regione era soggetta al regime di occupazione
militare, la popolazione dell'Istria si trovò di fronte allo squadrismo
in camicia nera, importato da Trieste, che si manifestò con particolare
aggressività e ferocia. Gli stessi storici fascisti, tra i quali
l'istriano G.A. Chiurco, vantandosi delle gesta degli squadristi e
glorificandole nelle loro opere, hanno abbondantemente documentato i
misfatti compiuti - dagli assassinii di antifascisti italiani quali
Pietro Benussi a Dignano, Antonio Ive a Rovigno, Francesco Papo a Buie,
Luigi Scalier a Pola ed altri - alla distruzione delle Camere del
lavoro ed all'incendio delle Case del popolo, alle sanguinose
spedizioni nei villaggi croati e sloveni della penisola, ecc. Questi
misfatti continuarono sotto altra forma dopo la creazione del regime:
furono distrutti e/o aboliti tutti gli enti e sodalizi culturali,
sociali e sportivi della popolazione slovena e croata; sparì ogni segno
esteriore della presenza dei croati e sloveni, vennero abolite le loro
scuole di ogni grado, cessarono di uscire i loro giornali, i libri
scritti nelle loro lingue furono considerati materiale sovversivo; con
un decreto del 1927 furono forzosamente italianizzati i cognomi di
famiglia; migliaia di persone finirono al confino. Nelle chiese le
messe poterono essere celebrate soltanto in italiano, le lingue croata
e slovena dovettero sparire perfino dalle lapidi sepolcrali, furono
cacciate dai tribunali e dagli altri uffici, bandite dalla vita
quotidiana. Alcune centinaia di democratici italiani, socialisti,
comunisti e cattolici che lottarono per la difesa dei più elementari
diritti delle minoranze subirono attentati, arresti, processi e lunghi
anni di carcere inflitti dal Tribunale speciale per la difesa dello
Stato.

La sostituzione delle popolazioni allogene

Mi è capitato per le mani un opuscolo del ministro dei Lavori Pubblici
dell'era fascista Giuseppe Cobolli Gigli. Figlio del maestro elementare
sloveno Nikolaus Combol, classe 1863, italianizzò spontaneamente il
cognome nel 1928 anche perchè sin dal 1919 si era dato uno pseudonimo
patriottico, Giulio Italico. Divenuto poi un gerarca, prese un secondo
cognome, Gigli, dandosi un tocco di nobiltà. Questo signore, fu autore
di opuscoletti altamente razzisti, fra i quali Il fascismo e gli
allogeni, (da «Gerarchia», settembre 1927) in cui sosteneva la
necessità della pulizia etnica, attraverso la sostituzione delle
popolazioni «allogene» autoctone con coloni italiani provenienti da
altre provincie del Regno. Tra l'altro volle tramandare ai posteri una
canzoncina in voga fra gli squadristi di Pisino. Il paese sorge sul
bordo di una voragine che - scrisse il Cobol-Cobolli - «la musa
istriana ha chiamato Foiba, degno posto di sepoltura per chi, nella
provincia, minaccia con audaci pretese, le caratteristiche nazionali
dell'Istria». Quindi chi, fra i croati, aveva la pretesa, per esempio,
di parlare nella lingua materna, correva il pericolo di trovar
sepoltura nella Foiba. La canzoncina di Sua Eccelenza (testo dialettale
e traduzione italiana a fronte) diceva:

A Pola xe l'Arena/ la Foiba xe a Pisin:/ che i buta zo in quel fondo/
chi ga certo morbin.

(A Pola c'è l'Arena,/ a Pisino c'è la Foiba:/ in quell'abisso vien
gettato/ chi ha certi pruriti).

Dal che si vede che il brevetto degli infoibamenti spetta ai fascisti e
risale agli inizi degli anni Venti del XX secolo. Putroppo essi non
rimasero allo stato di progetto e di canzoncine. Riportiamo qui, dal
quotidiano triestino Il Piccolo del 5 novembre 2001, la testimonianza
di Raffaello Camerini, ebreo, classe 1924.

«Nel luglio del 1940, ottenuta la licenza scientifica, dopo neanche un
mese, sono stato chiamato al lavoro "coatto", in quanto ebreo, e sono
stato destinato alle cave di bauxite, la cui sede principale era a S.
Domenica d'Albona.

Quello che ho veduto in quel periodo, sino al 1941 - poi sono stato
trasferito a Verteneglio - ha dell'incredibile. La crudeltà dei
fascisti italiani contro chi parlava il croato, invece che l'italiano,
o chi si opponeva a cambiare il proprio cognome croato o sloveno, con
altro italiano, era tale che di notte prendevano di forza dalle loro
abitazioni gli uomini, giovani e vecchi, e con sistemi incredibili li
trascinavano sino a Vignes, Chersano e altre località limitrofe, ove
c'erano delle foibe, e lì, dopo un colpo di pistola alla nuca, li
gettavano nel baratro. Quando queste cavità erano riempite, ho veduto
diversi camion, di giorno e di sera, con del calcestruzzo prelevato da
un deposito di materiali da costruzione sito alla base di Albona, che
si dirigevano verso quei siti e dopo poco tempo ritornavano vuoti.
Allora, io abitavo in una casa sita nella piazza di Santa Domenica
d'Albona, adiacente alla chiesa, e attraverso le tapparelle della
finestra della stanza ho veduto più volte, di notte, quelle scene che
non dimenticherò finchè vivrò (...). Mi chiedo sempre, pur dopo 60
anni, come un uomo può avere tanta crudeltà nel proprio animo. Sono
stati gli italiani, fascisti, i primi che hanno scoperto le foibe ove
far sparire i loro avversari. Logicamente, i partigiani di Tito,
successivamente, si sono vendicati usando lo stesso sistema. E che dire
dei fascisti italiani che il 26 luglio 1943 hanno fatto dirottare la
corriera di linea - che da Trieste era diretta a Pisino e Pola - in un
burrone con tutto il carico di passeggeri, con esito letale per tutti.
(. . .) Ho lavorato fra Santa Domenica d'Albona, Cherso, Verteneglio
sino all'agosto del `43 e mai ho veduto un litigio fra sloveni, croati
e italiani (quelli non fascisti). L'accordo e l'amicizia era grande e
l'aiuto, in quel difficile periodo, era reciproco. Un tanto per la
verità, che io posso testimoniare».

60mila slavi in fuga dall'Istria

Per gli slavi il risultato del ventennio fascista e del triennio
bellico 1940-43 fu la fuga dall'Istria di circa 60.000 persone.
Purtroppo a rafforzare il nazionalismo anti-italiano fu ancora una
volta il fascismo mussoliniano che nella seconda guerra mondiale portò
l'Italia ad aggredire i popoli jugoslavi. Quell'aggressione tra il 6
aprile 1941 e l'inizio di settembre 1943 fu caratterizzata dalle
brutali annessioni di larghe fette di Croazia e Slovenia e da una lunga
serie di crimini di guerra. Per ordine dello stesso Mussolini e di
alcuni generali si giunse alle scelte più draconiane dei comandi
militari italiani. Ne derivarono «rapine, uccisioni, ogni sorta di
violenza perpetrata a danno delle popolazioni».

Nelle regioni della Croazia annesse all'Italia dopo il 6 aprile `41 si
ripetè quanto avvenuto in Istria dopo la Grande Guerra: si ricorse ad
ogni mezzo per la snazionalizzazione e l'assimilazione, provocando
inevitabilmente l'ostilità delle popolazioni. Nella toponomastica, per
cominciare da questo aspetto non cruento dell'occupazione, fu recitata
una vera e propria tragicommedia, avendo come regista il prefetto della
Provincia del Carnaro e dei Territori Aggregati del Fiumano e della
Kupa, Temistocle Testa. Con suo decreto dell'8 settembre 1941 fu
ordinato di «adottare senza indugio i nomi italiani di tutti quei
luoghi (comuni, frazioni, località) che erano da secoli italiani e che
la ventennale dominazione jugoslava ha trasformato in denominazioni
straniere». Così località del profondo territorio interno lungo il
fiume Kupa e nel Gorski Kotar divennero: Belica= Riobianco, Bogovic =
Bogovi, BruÜic = Brissi, Buzdohanj = Buso, Crni Lug = Bosconero, Cabar
= Concanera, Glavani = Testani, Jelenje = Cervi, Kacjak = Serpaio,
Koziji Vrh= Montecarpino, Medvedek = Orsano, Orehovica = Nocera
Inferiore, Padovo = Padova, Pecine = Grottamare e via traducendo o
inventando. Trinajstici, presso Castua, divenne Sassarino in onore
della divisione «Sassari» che vi teneva un reparto.

Ma ben presto, dopo aver battezzato città, comuni, villaggi e frazioni,
si passò a distruggere col fuoco quelli, fra di essi, che non
tolleravano l'italianizzazione né l'occupazione. In data 30 maggio 1942
il Prefetto Testa, rese noto con pubblici manifesti di aver fatto
eseguire l'internamento nei campi di concentramento in Italia di un
numero indeterminato di famiglie di Jelenje dalle cui abitazioni si
erano allontanati giovani maggiorenni senza informarne le autorità. Ma
non si limitò alle deportazioni. Con un manifesto si rendeva noto:
«Sono stase rase al suolo le loro case, confiscati i beni e fucilati 20
componenti di dette famiglie estratti a sorte, per rappresaglia». La
rappresaglia continuò.

Il 4 giugno gli uomini del II Battaglione Squadristi di Fiume
incendiarono le case dei villaggi: Bittigne di Sotto (Spodnje Bitinje),
Bittigne di Sopra (Gornje Bitnje), Monte Chilovi (Kilovce), Rattecevo
in Monte (Ratecevo). A Kilovce furono fucilate 24 persone.

Non c'è villaggio sul territorio di quelli che furono chiamati
Territori Aggregati e/o Annessi a contatto con l'Istria e la regione
del Quarnero, che non abbia avuto case bruciate o sia stato interamente
raso al suolo; non ci fu una sola famiglia che non abbia avuto uno o
più membri deportati oppure fucilati.

Centomila nei campi di concetramento

Ha scritto lo storiografo Carlo Spartaco Capogreco: «In Jugoslavia il
soldato italiano, oltre che quello del combattente ha svolto anche il
ruolo dell'aguzzino, non di rado facendo ricorso a metodi tipicamente
nazisti quali l'incendio dei villaggi, le fucilazioni di ostaggi, le
deportazioni in massa dei civili e il loro internamento nei campi di
concentramento». In particolare evidenzia che il numero dei condannati
e confinati «slavi» della Venezia Giulia e dell'Istria fu
particolarmente elevato, sicchè dal giugno 1940 al settembre 1943 la
maggioranza degli «ospiti» dei campi di concentramento italiani era
costituita da civili sloveni e croati. Il numero totale dei civili
internati dall'Italia fascista superò di diverse volte quello
complessivamente raggiunto dai detenuti e confinati politici
antifascisti in tutti i 17 anni durante i quali rimasero in vigore le
«leggi eccezionali»; più di 800 italiani, fra alti gerarchi civili e
comandanti militari, furono denunciati per crimini di guerra commessi
durante la seconda guerra mondiale alla War Crimes Commission
dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. I campi di concentramento nei
quali furono rinchiusi più di centomila civili croati, sloveni,
montenegrini ed erzegovesi erano disseminati dall'Albania all'Italia
meridionale, centrale e settentrionale, dall'isola adriatica di Arbe
(Rab) fino a Gonars e Visco nel Friuli, a Chiesanuova e Monigo nel
Veneto. Non si contano, poi, i campi «di transito e internamento» che
funzionavano lungo tutta la costa dalmata, sulle isole di Ugliano
(Ugljan) e Melada (Molat). Quest' ultimo fu definito da monsignor
Girolamo Mileta, vescovo di Sebenico, «un sepolcro di viventi». In quei
lager italiani morirono 11.606 sloveni e croati. Nel solo lager di Arbe
ne morirono 2.600 circa, fra cui moltissimi vecchi e bambini per
denutrizione, stenti, maltrattamenti e malattie. Il 15 dicembre 1942
l'Alto Commissario per la Provincia di Lubiana, Emilio Grazioli,
trasmise al Comando dell'XI Corpo d'Armata il rapporto di un medico in
visita al campo di Arbe dove gli internati «presentavano nell'assoluta
totalità i segni più gravi dell'inanizione da fame». Sotto quel
rapporto il generale Gastone Gambara scrisse di proprio pugno: «Logico
ed opportuno che campo di concentramento non significhi campo
d'ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo».
Sempre nel 1942, il 4 agosto, il generale Ruggero inviò un fonogramma
al Comando dell'XI Corpo in cui si parlava di «briganti comunisti
passati per le armi» e «sospetti di favoreggiamento» arrestati. In una
nota scritta a mano il generale Mario Robotti impose: «Chiarire bene il
trattamento dei sospetti (. . .). Cosa dicono le norme 4c e quelle
successive? Conclusione: si ammazza troppo poco!». Il generale Mario
Roatta, comandante della II Armata italiana in Slovenia e Croazia nel
marzo del 1942 aveva diramato una Circolare 3C nella quale si legge:
«Il trattamento da fare ai ribelli non deve essere sintetizzato dalla
formula dente per dente ma bensì da testa per dente».

Furono circa 200.000 i civili «ribelli» falciati dai plotoni di
esecuzione italiani, dalla Slovenia alla «Provincia del Carnaro», dalla
Dalmazia fino alle Bocche di Cattaro e Montenegro senza aver subito
alcun processo, ma in seguito a semplici ordini di generali
dell'esercito, di governatori o di federali e commissari fascisti.
Potremmo citare altri documenti, centinaia, che ci mostrano il volto
feroce dell'Italia monarchica e fascista in Istria e nei territori
jugoslavi annessi o occupati nella seconda guerra mondiale. Gli stupri,
i saccheggi e gli incendi di villaggi si ripetevano in ogni azione di
rastrellamento. Mi limiterò, per l'Istria ad alcuni episodi che
precedettero di pochi mesi i fatti del settembre 1943.

Il 6 giugno 1942 furono deportate nei campi di internamento in Italia
34 famiglie per un totale di 131 persone di Castua, Marcegli, Rubessi,
San Matteo e Spincici; i loro beni, compreso il bestiame, furono
confiscati o abbandonati al saccheggio delle truppe, le loro case
incendiate, dodici persone vennero fucilate.

I deportati in Italia, i villaggi rasi al suolo

Ancora più terribile fu la sorte toccata agli abitanti della zona di
Grobnico, a nord di Fiume. Per ordine del prefetto Temistocle Testa,
reparti di camicie nere e di truppe regolari, irruppero nel villaggio
di Podhum all'alba del 13 luglio. Rastrellata l'intera popolazione,
questa fu condotta in una cava di pietra presso il campo di aviazione
di Grobnico, mentre il villaggio veniva prima saccheggiato e poi
incendiato. Oltre mille capi di bestiame grosso e 1300 di bestiame
minuto furono portati via, 889 persone rispettivamente 185 famiglie
finirono nei campi di internamento italiani: più di cento maschi furono
fucilati nella cava: il più anziano aveva 64 anni, il più giovane 13
anni appena.

Con un telegramma spedito a Roma il 13 luglio, Testa informò: «Ierisera
tutto l'abitato di Pothum nessuna casa esclusa est raso al suolo et
conniventi et partecipi bande ribelli nel numero 108 sono stati passati
per le armi et con cinismo si sono presentati davanti ai reparti
militari dell'armata operanti nella zona, reparti che solo ultimi dieci
giorni avevano avuto sedici soldati uccisi dai ribelli di Pothum stop
Il resto della popolazione e le donne e bambini sono stati internati
stop».

Nel solo Comune di Castua subirono spedizioni punitive diciassette
villaggi; furono passate per le armi 59 persone, altre 2311 furono
deportate e precisamente 842 uomini, 904 donne e 565 bambini; furono
incendiate 503 case e 237 stalle. Sempre nella zona di Fiume, il 3
maggio 1943, reparti di Camicie Nere e di fanteria rastrellarono il
villaggio di Kukuljani e alcune sue frazioni, portarono via tutto il
bestiame, saccheggiarono le case, deportarono la popolazione e quindi
appiccarono il fuoco alle abitazioni, alle stalle e agli altri edifici
"covi di ribelli". Nei campi di internamento finirono 273 abitanti di
Kukuljani e 200 di Zoretici.

Queste sanguinose persecuzioni indiscriminate contro la popolazione
civile slava furono denunciate anche da eminenti personalità politiche
italiane di Trieste, tra cui i firmatari di un Promemoria presentato il
2 settembre 1943 da un "Fronte nazionale antifascista" al Prefetto
Giuseppe Cocuzza. Era passato un mese e mezzo dalla caduta del regime
fascista. Nel documento, si fa una denuncia drammaticamente
circostanziata delle vessazioni, arresti, devastazioni ed esecuzioni
sommarie «operate con grande discrezionalità da bande di squadristi che
avevano goduto per troppo tempo della mano libera e della compiacenza
di certe autorità». Nell'iniziativa era evidente, oltretutto, un
«diffuso senso di paura per una vendetta» che avrebbe potuto abbattersi
indiscriminatamente sugli Italiani dell'Istria come reazione «alla
tracotanza del Regime e dei suoi uomini più violenti che in Istria e
nella Venezia Giulia avevano usato strumenti e atteggiamenti fortemente
coercitivi nei riguardi delle popolazioni slave».


(ripreso da: http://www.contropiano.org/ )

<< ...Il film "II cuore nel pozzo" e’ in effetti la continuazione della
propaganda fascista sui crimini nelle foibe, che va avanti dal 1943 ai
giorni nostri... >>

Intervento del giornalista e scrittore Armando Černjul alla conferenza
stampa della Presidenza dell'Unione delle associazioni dei Combattenti
antifascisti, convocato a Pola il 4.02.2005.

Riassunto dell'ampio testo "Foibomania nei media e libri italiani"
preparato per la tavola rotonda sulle vittime delle foibe.


Del film italiano "II cuore nel pozzo" del regista Alberto Negrin
prodotto dalla RAI, non posso dir niente perche' non I'ho visto. Stando
pero’ a certi articoli apparsi sulla stampa italiana e croata e'
evidente che il film parla dei crimini dei partigiani di Tito e della
riabilitazione del fascismo italiano, temi questi da anni cari al
centrodestra al governo e all’estrema destra. Pero' questa stessa RAI
negli scorsi 15 anni ha mandato in onda numerose trasmissioni e servizi
nei quali vengono falsificati i fatti storici. Infatti sulle tre reti
di questa TV stataIe, in vari periodi di tempo, sono stati presentati i
crimini nelle foibe commessi, come piu' volte sottolineato, dai
partigiani di Tito sugli Italiani solo perche' erano di nazionalita’
italiana, anche se si sa molto bene che nelle foibe finivano Croati,
Sloveni, Tedeschi e aItri. In base a queste trasmissioni nelle foibe
sarebbero stati buttati 3.000, 5.000, 17.000 Italiani...! Dunque alla
RAI o non sanno o non hanno ancora deciso quanta gente sia finita nelle
foibe, poiche’ tirano in ballo cifre differenti e presentano i
comunisti di Tito e i partigiani come criminali genocidi.

Nel contempo non hanno voluto mostrare al pubblico italiano il
documentario "Fascist Legacy" prodotto dalla BBC inglese nel quale sono
illustrati i massacri commessi dai fascisti italiani, trasmesso due
anni fa dall’emittente televisiva italiana La 7. In base ai dati
trovati nell’archivio delle Nazioni Unite dallo storico Michael
Palumbo, un americano di origini italiane, i fascisti in Jugoslavia,
Albania, Grecia, Etiopia. Libia, Francia e Russia uccisero oltre un
milione di persone. Solo nel territorio dell’ex Jugoslavia ne uccisero
circa 300.000.

Il film "II cuore nel pozzo" e’ in effetti la continuazione della
propaganda fascista sui crimini nelle foibe, che va avanti dal 1943 ai
giorni nostri. Dapprima si inizio' con articoli su giornali e riviste,
poi, dopo la II guerra mondiale si passo' ai libri per proseguire con
articoli su quotidiani e mensili, nonche' con trasmissioni radio e
televisive.

Gia’ da diversi anni voglio richiamare I’attenzione sulla foibomania
nei media e libri italiani. Pero' in Croazia I’argomento non interessa
a nessuno tranne che ai combattenti antifascisti o a qualche
giornalista. Cio’ non deve meravigliare considerato che il Governo, il
Parlamento e i vertici statali non hanno reagito al varo, un anno fa,
della legge italiana con cui il 10 febbraio e’ stata proclamata
Giornata del ricordo delle vittime delle foibe e dell’esodo degli
Italiani istriani, fiumani e dalmati. Nella legge si dice, come riporta
I'agenzia ANSA, che nelle foibe finirono 17,000 persone. Con queste
falsita' hanno tentato di parificare le vittime del nazifascismo in
Istria.

Ogni crimine, e cosi’ anche quelli delle foibe in Italia e sul suolo
dell'ex Jugoslavia, va condannato. Pero’ i crimini prima di tutto
devono venir accertati da storici obiettivi. Purtroppo in Italia la
maggioranza di essi falsifica i dati mentre nell’ex Jugoslavia e anche
nella Croazia indipendente, non hanno fatto quasi nulla. Pertanto e'
difficile seguire Ia foibomania in Italia, specie la sua presenza sui
media che e' molto massiccia rnentre le case editrici fanno a gara a
 chi stampa piu' libri sul tema. Inoltre le citta', le province, le
regioni e lo stato italiano finanziano le associazioni dei cosiddetti
esuli che stampano libri e riviste e che hanno pretese verso i
territori croati!

Tra i primi autori che dopo la II guerra mondiale hanno scritto dei
crimini nelle foibe c’erano persone nate o che hanno le radici
nell’odierna Croazia e che hanno gonfiato i numeri degli infoibamenti.
Essi sono Luigi Papo e il sacerdote Flaminio Rocchi, e altri e piu'
tardi a loro si sono aggiunti Giorgio Bevilacqa, Marco Pirina e altri.
Papo, vicepresidente dell’Unione degli Istriani a Trieste ed ex
comandante della Guarnigione delle milizie fasciste a Montona ha
scritto diversi libri e centinaia di articoli firmandosi con vari
pseudonimi. A seconda delle necessita’ socio-politiche, nelle foibe
gettava 7063, 3739 o addirittura 16.550 vittime. Si tratta dello stesso
Papo che nel 1994, in una trasmissione della RAI, era stato presentato
come testimone di quando durante la guerra venivano ammazzati gli
Italiani, e come scrittore ricercatore. Ha dichiarato che in base alle
sue ricerche, dopo il 1 maggio del 1945 nelle foibe erano finiti 3.739
ltaliani e dal 1943 al 1945 tra Trieste e I' lstria 16.550. Piu' tardi
ha cambiato i numeri affermando che alcuni di essi "sarebbero stati
buttati nelle foibe".

Undici anni dopo la RAI realizza il film "II cuore nel pozzo" che sara’
trasmesso il 6 e il 7 di questo mese sulla prima rete!

Uno degli autori piu' giovani e’ Marco Pirina, che ha scritto diversi
libri sulle foibe e peggior bugiardo sul tema del suo "professore"
Papo, di cui il piu' sporco e’ intitolato "Genocidio". Si tratta di un
estremista di destra, suo padre era un u-comandante fascista fucilato
in guerra dai partigiani. Papo e Pirina hanno preparato materiale per
I’atto di accusa a Roma, dove dei crimini sono stati accusati gli
antifascisti di Croazia e Slovenia. Papo a Roma era testimone al
processo contro Oskar Piškulić, giudicato in contumacia.

Va detto che i vertici delle cosiddette associazioni degli esuli, con
l’aiuto del neoirredentismo e della destra al vertice del potere
politico italiano, hanno definito il piano di stampare questi libri in
tiratura limitata. Hanno anche accolto la proposta che bisognava
trovare uno scrittore che "infiammasse” I’opinione pubblica, lo hanno
trovato nel giornalista e scrittore di successo Arrigo Petacco di cui
I’editore Mondadori (un tassello dell’impero editoriale di Berlusconi)
nel 2002 ha pubblicato il libro "L'esodo degli Italiani d’lstria,
Dalmazia e Venezia Giulia". Il libro ha avuto diverse edizioni e
I’autore e’ stato premiato. Questo e' un libro pieno di falsita' e
accuse. Cosa dire ancora dell'autore di molti libri? Per questa
occasione e' sufficiente affermare che Petacco, servendosi della
letteratura di quegli storici e di altri falsificatori, ha scritto che
i partigiani di Tito tra il 1943 e il 1945 gettarono nelle foibe
migliaia di vittime innocenti, piu’ di tutto Italiani, quindi qualche
tedesco, ustascia, cetnici e Neozelandesi delle unita’ britanniche. In
base ai suoi scritti nelle foibe istriane sono finiti 10.000 o 20.000
oppure 30.000 persone.

L’editore berlusconiano Mondadori pubblica il libro di Petacco e nei
giorni scorsi ha stampato un libro sull’esodo e sulle foibe di cui e’
autore Gianni Oliva. Allo stesso tempo il premier italiano grida "Mai
piu’ il fascismo e il comunismo" mentre pone in rilievo il dittatore
fascista Mussolini che secondo lui non avrebbe commesso crimini fuori
dall’Italia.

Oltre a cio', la sinistra italiana o meglio il centro sinistra dopo
essersi inchinata ai neofascisti, ha cominciato a inchinarsi anche
dinanzi ai monumenti eretti ai fascisti. E per i crimini delle foibe
danno la colpa ai partigiani di Tito, in primo luogo Croati, Sloveni e
Italiani. Ultimamente si fanno sentire certi politici e giornalisti
croati con interventi a favore della gentaglia neofascista e di quanti
vorrebbero riabilitare iI nazifascismo. Da Pola a Fiume, da Zagabria a
Zara e Spalato parlano e scrivono contro i combattenti antifascisti
come dei peggiori criminali. Riportero' il caso piu' fresco. Il critico
cinematografico e scrittore Jurica Pavičić di Spalato, nel magazine del
quotidiano "Jutarnji List" ( 22.01.2005) ha pubblicato l'articolo
intitolato "Tito ucciso dalle sue armi". Occupandosi di Tito  e di
Tudjman ha scritto tra l'altro: "l’uno e I' altro hanno attuato la
pulizia etnica delle minoranze, Tito degli Italiani e Tedeschi e
Tudjman dei Serbi." E’ chiaro che Pavičić ha ascoltato I'intervento di
un anno fa al Parlamento croato di Furio Radin (oppure ne ha letto) e
probabilmente non e’ cosciente di aver scritto falsità e calunnie!!!
Della pulizia etnica a danno degli Italiani, molto prima di Radin e
Pavičić hanno parlato e scritto anche i politici, scrittori e
giornalisti italiani appartenenti all'estrema destra piu' radicale.



 

[ Un nuovo intervento del leader del Nuovo Partito Comunista di
Jugoslavia (NKPJ), Branko Kitanovic, sul problema del revisionismo
storico. Sullo stesso tema vedi anche:

Čerčil, Ruzvelt, De Gol - mislili su drugačije
Saopštenje NKPJ povodom teksta "Akademija posvećena velikom zločincu"
objavljenom u "Politici" 5.1.2005.g.
http://komunist.free.fr/arhiva/jan2005/nkpj02.html

È disponibile in rete la traduzione integrale in lingua italiana del
Programma della NKPJ:
https://www.cnj.it/POLITICA/nkpj2004.htm

Nova komunistička partija Jugoslavije - PROGLAS 2004
http://komunist.free.fr/arhiva/maj2004/proglas-nkpj.html ]


http://komunist.free.fr/arhiva/jan2005/kitanovic.html
Arhiva : : Januar 2005.

Upornost u epigonstvu falsifikatora i antikomuniste

Povodom teksta P. Simića "Više obzira prema žrtvama"
(Politika, 25.1.2005.)

U odgovoru na moj napis od 12.1.2005.g. Petar Simić se hvali svojom
pripadnošću antikomunističkom horu i horu "drugih humanih ljudi". Svoja
saznanja i "argumente" on uzima iz navodnih priča njegovih davno
preminulih poznanika i iz knjiga Jurija Borojeva "Staljin u anegdotama"
i Šejli Klajna "Najveć zlotvori u istoriji".

Sam naslov knjige "Staljin u anegdotama" pokazuje da ona nije zasnovana
na istorijskim činjenicama. Rusi često pod "anegdotom" podrazumevaju i
vic. A u anegdotama i vicevima može i bubašvaba da proguta slona, a
jagnje da pojede vuka.

Šeli Klajn se u svojim izmišljotinama jedino poziva na trockiste Isaka
Dojčera i Simona-Debaga. A to je isto kao kada bi neko kao
"nepristrasne" svedoke o Aušvicu i Jasenovcu pozvao Himlera i Pavelića.
Navedena knjiga je tipičan politički šund iz golemog antikomunističkog
arsenala i ne zasniva se ni na jednom verifikovanom istorijskom izvoru
i argumentu. Nemam prostora, a kada bih ga dobio mogao bih da navedem
na stotine primera iz ove knjige koji pokazuju koliko njen autor ne zna
ili izmišlja "podatke" i "događaje".

Recimo, Š. Klajn tvrdi da je Staljinov otac bio stolar. A on je bio
obućar. On kaže da je Staljin 18.4.1902.g. uhapšen i poslat u "radni
logor" u Sibir. Medjutim, Staljin je prvi put poslat u jesen 1903.g. u
Istočni Sibir u progonstvo, a "radnih logora" tada nije bilo u carskoj
Rusiji. Klajn piše da se Staljin oženio 1904.g. "mladom seljančicom
Jekaterinom Švanidže". Netačni su i godina i profesija J.Švanidže. Ona
i njena sestra Aleksandra imale su u Tbilisiju (koji je tada imao oko
200 hiljada žitelja) najveći modni krojački salon.

Razni buržoaski i antikomunistički autori tvrde da je u SSSR-u
streljano 10, 20, 30 ili čak 70 miliona ljudi, zavisno od toga ko je
naručilac i koja ih obaveštajna služba finansira. Međutim, do sada
nijedan od njih se nije pozvao na bilo kakav relevantan dokaz. Ja sam u
napisu od 12. januara citirao dokumente ruskog Parlamenta, zvaničnih
ruskih institucija i komisija, i to ne iz vremena socijalizma. Oni
govore da je počev od 1920 - 1953.g. u SSSR po svim osnovama –
kriminal, izdaja, špijunaža, učešće u Vlasovljevim jedinicama, za vreme
kolektivizacije i partijskih čistki streljano 642 hiljade ljudi. Razume
se, ako bih dobio prostora ja bih ove podatke detaljnije mogao da
prezentiram.

Potpuno je proizvoljna tvrdnja da je 1937.g. u SSSR-u bilo "ozakonjeno
pogubljenje maloletnika i mučenje zatvorenika". Ova tvrdnja koju
preuzima Simić, iz političkog šunda, predstavlja izmišljotinu sličnu
onom Rimljaninu koji se hvalio da je prstom dotakao Sunce.

P. Simić kaže kako ja o oceni Staljina "navodim davna mišljenja
(uglavnom ličnosti koje nisu znale za Staljinova nedela ili su morale
da ga veličaju, kao njegovi maršali)…"

Ličnosti koje sam naveo: Čerčil, Ruzvelt, De Gol, Mao Cetung, Ajnštajn,
Žukov, Rokosovski, Vasiljevski… su bili Staljinovi savremenici i skoro
sve su ga nadživele jednu, dve ili više decenija. I one su smatrale da
je Staljin najveća ili jedna od najvećih ličnosti u istoriji. Maršali
koje sam pomenuo pisali su o Staljinu dvadesetak godina posle njegove
smrti i niko ih tada nije mogao prisiliti da ga veličaju. Sve ove i
druge ranije pomenute ličnosti valjda su mnogo kompetentnije od Petra
Simića, koji je opsednut patološkim antikomunizmom, zasnovanim na
neznanju.

Simić indirektno sugeriše čitaocima da ja nisam iz Srbije, što inače
karakteriše njegovo služenje proizvoljnostima. Ja sam rođen u Srbiji,
kao i moj otac i drugi preci.

"Humani" autori iz čijih knjiga se napaja antikomunizam P. Simić nigde
ne uvršćuju u zlotvore one čelnike SAD koji su zločinačkom agresivnom
politikom krivi za milione ubijenih u Koreji, Vijetnamu, Avganistanu,
Kambodži, Iraku, Jugoslaviji… Od 326 ratova i većih oružanih sukoba
posle II svetskog rata SAD su direktno učestvovale ili su podstakle i
podržavale 311. A ovi "milosrdni anđeli" i agresije u cilju sprečavanja
humanitarnih katastrofa" odneli su preko 30 miliona ljudskih žrtava.

Da li tom "humanom horu" pripada i Petar Simić, čiji glas ipak ne znači
mnogo, jer je on epigon falsifikatora.

Beograd, 27.1.2005.

Branko Kitanović