Informazione
Dichiarazione di Marcello Graziosi, capolista del PRC alle elezioni
regionali nel collegio di Modena e “candidato resistente”:
“In queste settimane è stato celebrato in diversi Consigli Comunali il
giorno del ricordo e, di nuovo, una ventata di insopportabile
nazionalismo di destra ha spazzato il paese. Italiani vittime innocenti
della barbarie dei partigiani di Tito. Tra poche settimane celebreremo
il 60° anniversario della liberazione dell’Italia e dell’Europa dal
nazifascismo e l’eroica resistenza di tanti popoli contro l’oppressione
e la barbarie di tedeschi e collaborazionisti. Anch’io vorrei ricordare
qualcosa, richiamando per sommi capi la vita di un modenese, Mario
Roatta, classe 1887. Già capo del Servizio Informazioni Militari
(1934-37) e mandante dell’omicidio in Francia di Carlo e Nello
Rosselli, è stato a capo delle milizie italiane che hanno combattuto in
Spagna a fianco di Franco. Comandante della seconda Armata di stanza in
Croazia, fu autore della famigerata Circolare 3, quella che stabiliva
l’atteggiamento da tenere con la guerriglia partigiana e le popolazioni
locali coinvolte: “Non dente per dente, ma testa per dente”. Grazie a
questa circolare, nel corso del 1942 il 20% circa della popolazione
slovena nei territori annessi all’Italia venne internata in diversi
campi di concentramento. Arrestato e processato nel 1944, alla vigilia
della sentenza (marzo 1945) Roatta fuggì prima in Vaticano e poi in
Spagna (con moglie e soldi) grazie a diverse complicità, non ultima
quella del governo De Gasperi, mentre migliaia di partigiani venivano
arrestati e processati per reati comuni. Questo è un pezzo di storia
d’Italia che non si può rimuovere, così come non possiamo rimuovere le
stragi da noi compiute in Libia ed Etiopia. La coscienza di tutto
questo dovrebbe spingerci a mettere al bando per sempre politiche
aggressive e di potenza, in Iraq come nei Balcani. Al bando ogni
revisionismo, costruiamo sulla base dell’antifascismo un paese di pace”.
(ANSA) - TIRANA, 2 MAR - Il secolare codice della vendetta (Kanun)
continua
a restare in vigore nell'Albania del Duemila, e in questo momento 670
famiglie nel nord del Paese vivono chiuse in casa 24 ore al giorno in
una
condizione di vera e propria autoreclusione per sfuggire alla morte. Il
dato
e' contenuto nell'ultimo rapporto del Dipartimento di Stato americano
sul
rispetto dei diritti umani in Albania.
Secondo il rapporto il fenomeno coinvolge anche donne e bambini, esposti
come gli uomini al rischio della vendetta nonostante lo stesso Kanun lo
proibisca. Almeno 160 bambini nell'eta' della scuola dell'obbligo sono
stati
costretti ad abbandonare le lezioni, ma la cifra reale e' probabilmente
piu'
alta: lo stesso ministero dell'Istruzione si e' detto deciso ad
affrontare
il problema creando un nucleo di insegnanti con l'incarico di tenere
lezioni
itineranti nelle varie abitazioni in cui gli scolari sono rinchiusi.
Dei 160
bambini citati nel rapporto, 73 sono considerati ''ad altissimo rischio
di
vendetta''.
Il ''Kanun'' che risale al 1400 e che e' stato riportato in forma
scritta
solo da poco, regola da secoli la vita sociale nelle zone piu' arretrate
dell'Albania, soprattutto nel nord. Fra l'altro il codice fissa in
maniera
rigorosa il diritto di vendicare l'uccisione di un proprio familiare
colpendo i parenti maschi dell'assassino fino al terzo grado. Il diritto
alla vendetta in alcune zone e' addirittura considerato un obbligo,
pena il
disprezzo da parte della collettivita' e la completa emarginazione.
Il perdono da parte dei parenti offesi e' previsto e regolato sulla
base di
un rigoroso rituale e ha consentito finora a 650 nuclei familiari di
tornare
in liberta'. In alternativa il solo modo per sfuggire alla vendetta
resta
quello dell'autoreclusione in casa, luogo ritenuto dal Kanun
inviolabile.
Spetta ad amici e parenti lontani assicurare loro i rifornimenti
alimentari
e provvedere a tutte quelle incombenze che impongono un contatto con
l'esterno, compresi i pagamenti di bollette o la scelta di un abito da
acquistare. Naturalmente nessuno di loro ha la possibilita' di lavorare.
Congelato durante i cinquant'anni del regime [SIC], il fenomeno della
vendetta e' riesploso nei primi anni '90 facendo registrare decine di
delitti
talvolta compiuti per punire uccisioni avvenute prima della seconda
guerra mondiale.
Negli ultimi anni molte regole sono state deformate, il Kanun e'
diventato
pretesto per compiere delitti di stampo mafioso, donne e bambini un
tempo
preservati sono finiti nel mirino, e fra le vittime della vendetta
finiscono
persino agenti di polizia condannati all'autoreclusione per azioni
compiute
in servizio. Il ministero dell'Interno ha costituito un'apposita unita'
incaricata di indagare sugli omicidi provocati dalla legge della
vendetta e
che lo scorso anno sono stati dieci. A differenza di quanto prescrive il
Kanun che lo considera legale, l'omicidio per vendetta e' in realta'
trattato dal codice penale albanese al pari di qualunque altro fatto di
sangue senza alcun tipo di attenuante. Ma neppure l'ergastolo riesce ad
essere un deterrente sufficiente a placare il dovere della vendetta, per
sfuggire alla quale soltanto lo scorso anno 54 famiglie hanno scelto di
abbandonare l'Albania. (ANSA).
BLL-COR 02/03/2005 17:59
(segnalato da F. Rossi per il G.A.MA.DI.)
Data: Gio 3 Mar 2005 18:15:26 Europe/Rome
Oggetto: sulla situazione nel movimento comunista internazionale
17° CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA DI GRECIA
Atene, 9-12 febbraio 2005
http://www.kke.gr , mailto:cpg@...
in http://www.solidnet.org
28 febbraio 2005
Risoluzione sulla situazione nel movimento comunista internazionale
Il dibattito precongressuale ha evidenziato la necessità di
intensificare gli sforzi per il coordinamento, l’elaborazione di
obiettivi comuni di lotta e l’azione comune nel movimento comunista e
operaio per affrontare l’aggressività imperialista. Ha evidenziato la
necessità del socialismo come unica alternativa al sistema imperialista
attuale. La necessità che, con proprie specifiche caratteristiche, si
distingua l’opinione comunista, un polo comunista, per
affrontare meglio i problemi e le difficoltà di questa lotta; così come
la necessità di un intervento coordinato a livello internazionale
nell’ambito della lotta antimperialista, antimonopolista a cui
partecipano forze diverse.
Il Congresso dà incarico al nuovo Comitato Centrale di precisare
l’attività internazionale del Partito nelle seguenti linee generali:
1. La necessità di una presenza che distingua il movimento comunista e
dell’attività comune dei partiti comunisti e operai
Il nostro partito ritiene che negli ultimi tempi si siano fatti alcuni
passi nella direzione di un recupero dell’attività comune nel movimento
comunista internazionale. Un numero sufficiente di partiti comunisti e
operai si sono preparati più adeguatamente per affrontare
l’aggressività imperialista e hanno operato contro le guerre
imperialiste in Afghanistan e, soprattutto, contro quella scatenata
contro il popolo dell’Iraq. Alcuni di questi partiti hanno avuto un
ruolo protagonista nelle lotte della classe operaia e nelle
mobilitazioni dei lavoratori per i loro diritti. Inoltre, in questo
periodo ci si è maggiormente sforzati di coordinare l’attività dei PC
rispetto agli anni passati. Si sono moltiplicati gli incontri regionali
e internazionali.
Nonostante i passi compiuti, il movimento comunista internazionale
rimane ideologicamente frammentato, è ancora in crisi. Nelle sue file
continua la lotta tra i punti di vista rivoluzionari, comunisti e
quelli riformisti, opportunisti; tra la linea della
“resistenza-rottura” e la linea dell’ “adattamento-integrazione” al
sistema dell’imperialismo.
Al centro di questa lotta stanno: l’atteggiamento verso il socialismo
che abbiamo conosciuto e le cause delle sconfitte; l’attualità del
marxismo-leninismo; lo sviluppo della teoria nell’epoca della
transizione al socialismo e nelle condizioni della vittoria temporanea
della controrivoluzione; il carattere del partito comunista; il
carattere dell’imperialismo; la relazione tra le lotte a livello
nazionale e internazionale; la politica delle alleanze, l’atteggiamento
nei confronti della socialdemocrazia; l’atteggiamento dei comunisti nei
movimenti di massa; l’atteggiamento nei confronti della crisi
capitalista e delle contraddizioni interimperialiste e delle guerre
imperialiste; la politica verso le unioni imperialiste, interstatali,
regionali e internazionali; il ruolo storico della classe operaia; le
leggi della rivoluzione e della costruzione socialista;
l’internazionalismo proletario.
Di fronte a questa situazione, il PCG ritiene che occorra intensificare
gli sforzi tra i partiti comunisti perché si ricerchino i modi adeguati
ad affrontare la situazione di crisi, in maniera collettiva e nel
rispetto dell’indipendenza di ogni Partito.
Il nostro Partito intensificherà i suoi interventi a livello
internazionale, nello sforzo diretto ad ottenere una più distinguibile
forma di collaborazione con partiti comunisti ed operai, per il polo
comunista. Questa presenza che deve distinguere i partiti creerà
condizioni migliori per affrontare le difficoltà esistenti. Faciliterà,
inoltre, il raggruppamento antimperialista più in generale.
L’iniziativa per la creazione di questo polo può partire dai partiti
comunisti, i cui punti di vista ideologici e politici siano vicini, che
difendono il marxismo-leninismo e il contributo del socialismo che
abbiamo conosciuto e l’elaborazione di una strategia comune di fronte
all’imperialismo.
La collaborazione ad un livello superiore può realizzarsi su argomenti
che abbiano a che vedere con lo sviluppo della teoria, su temi che sono
al centro dell’attuale dibattito, attraverso lo studio a livello
internazionale delle cause della vittoria della controrivoluzione e
l’elaborazione di una strategia comune nei confronti dell’imperialismo.
Aspiriamo a che le forme della collaborazione abbiano un carattere
pratico, con risultati visibili.
Il polo comunista non può in alcun modo abolire l’indipendenza di ogni
partito e la sua responsabilità nei confronti della classe operaia e
del movimento del proprio paese. Avrà la forma di coordinamento
dell’attività comune, si costituirà in condizioni di parità.
Con i partiti comunisti e operai con cui abbiamo differenze ideologiche
dobbiamo continuare gli sforzi finalizzati ad azioni comuni intorno ad
obiettivi antimperialisti e antimonopolisti, respingendo posizioni
ideologiche e politiche erronee.
Il PCG vuole avere relazioni di collaborazione con tutti i partiti,
senza esclusioni.
Una presenza che distingua il movimento comunista, fattore decisivo
dello sviluppo dei movimenti.
L’attività comune dei comunisti deve trovare la sua espressione nelle
file dei movimenti di massa, nelle mobilitazioni internazionali.
La costituzione del polo comunista con caratteristiche proprie,
l’attività comune e la collaborazione dei partiti comunisti darà
impulso allo sforzo per costruire un movimento internazionale sempre
più forte, basato sul movimento della classe operaia, sui movimenti con
cui manifestano gli altri strati popolari, sui movimenti contro la
guerra, per la pace, sui movimenti della gioventù, delle donne, su ogni
forma di unità che abbia un orientamento radicale.
L’internazionalizzazione della lotta contro l’imperialismo non può
acquisire un carattere di massa e soprattutto saldo se non poggia su un
forte movimento comunista capace di distinguersi, su un polo comunista,
che possa trasformarsi nella leva con cui i popoli riescano ad influire
positivamente sugli avvenimenti internazionali. Ciò rappresenterà anche
un forte fondamento per un’alleanza antimperialista più ampia.
La risposta dei popoli alla strategia imperialista, all’attuale
barbarie, assume molteplici e distinte forme. Senza dubbio, sarebbe più
efficace se queste lotte riuscissero ad ottenere il risultato:
- Di unificare le loro forze nella lotta contro i monopoli e
l’imperialismo a livello nazionale, regionale e internazionale.
- Di lottare in modo decisivo contro le forze del capitale, su tutti i
fronti della loro azione e del loro intervento: nell’economia, nei
diritti sociali, nella cultura, contro gli interventi militari,
economici e politici.
Il movimento della classe operaia e i suoi alleati cercheranno di
interpretare istanze politiche e condizioni di lotta definite dalla
posizione storica dell’imperialismo, come fase superiore del
capitalismo, che corrispondano alle necessità attuali dei lavoratori e
che dimostrino la necessità storica della transizione al socialismo.
La politica imperialista è diretta contro il diritto di ogni popolo a
decidere da solo, senza interventi esterni, in merito al sistema
sociale e politico di un paese.
Lo sviluppo del movimento antimperialista, antimonopolista passa
principalmente per la capacità di misurarsi con i seri problemi che
caratterizzano il movimento comunista internazionale.
Per il tempo trascorso senza che il movimento comunista abbia
affrontato la propria crisi, una serie di altre forze che subiscono
l’influenza diretta della socialdemocrazia, cerca di dirigere questo
movimento verso la collaborazione di classe e verso un capitalismo dal
presunto volto umano.
2. Le forme attuali di collaborazione
Le forme di collaborazione che si sono sviluppate tra i partiti
comunisti e operai, quali gli incontri internazionali, gli incontri
regionali e multilaterali, possono e devono continuare. Devono
ampliarsi attraverso il dibattito e lo scambio di opinioni su temi
teorici e alternarsi con incontri da indirizzarsi su un piano concreto
di azione su temi comuni.
In tal senso, deve essere rimarcata in special modo l’importanza degli
anniversari e degli eventi storici della lotta dei comunisti, della
classe operaia e più in generale delle lotte dei popoli per la loro
liberazione politica, economica e sociale (ad esempio, la Comune di
Parigi, il Primo Maggio, la Rivoluzione Socialista di Ottobre, il
Giorno della Vittoria Antifascista dei Popoli –9 maggio 1945-, la
battaglia di Stalingrado, ecc.) non solo come risposta allo sforzo di
riscrivere la storia da parte degli imperialisti, ma anche come
opportunità di mostrare aspetti attuali della lotta della classe
operaia e dei popoli.
Continuerà e si rafforzerà la solidarietà con i partiti comunisti che
operano in condizioni di illegalità, verranno appoggiati i comunisti e
gli altri combattenti perseguitati per le loro attività, i paesi e i
popoli che resistono all’aggressione dell’imperialismo e i paesi dove i
partiti comunisti sono al potere e cercano di affrontare, nelle attuali
condizioni avverse, la sovversione imperialista e di difendere le
conquiste dei loro popoli.
3. Sul Partito della Sinistra Europea
La creazione del Partito della Sinistra Europea (PSE), con la
partecipazione di certi partiti comunisti, esprime la tendenza a
sottomettersi al negativo rapporto di forza. Indipendentemente dalle
opzioni e dalle dichiarazioni soggettive, obiettivamente costituisce
l’accettazione fatalista della legalità borghese. Il PSE nega la teoria
del socialismo scientifico, le tradizioni comuniste e l’esperienza
delle rivoluzioni socialiste del XX secolo. Opta per la via pericolosa
senza uscita della perdita delle caratteristiche comuniste e
dell’integrazione nelle strutture dell’Unione Europea. In tal modo,
ostacola gli sforzi per il coordinamento e la collaborazione, su un
piano di parità, dei partiti comunisti, operai e di sinistra nello
scontro con il centro imperialista europeo e il sistema capitalista in
generale.
4. Il movimento antimperialista, il movimento per la pace, i movimenti
contro la guerra e gli altri movimenti popolari
In questo periodo un fenomeno importante è rappresentato
dall’apparizione e dallo sviluppo di movimenti, focolai di resistenza
dei popoli, forze radicali che tendono a toccare, con istanze e
obiettivi di lotta, tutto lo spettro della politica imperialista. Al
centro di tali movimenti si trovano i problemi della disoccupazione e
della povertà, le guerre e gli interventi militari, i profitti del
capitale, la militarizzazione, la repressione e la violenza dello
stato, la difesa e lo sviluppo delle libertà democratiche e dei diritti
politici. Sono diretti contro la distruzione dell’ambiente e il
saccheggio delle materie prime da parte dei monopolisti, contro il
razzismo e le persecuzioni di coloro che lottano contro il nuovo ordine.
In certi casi e regioni le lotte operaie assumono dimensioni maggiori.
Si sviluppano lotte contro le privatizzazioni, sui problemi
dell’educazione e della politica sociale. Le lotte per i problemi
sociali tendono ad espandersi in tutti continenti, a durare. Si
utilizzano varie forme di lotta. Le lotte contro la guerra sono state
più massicce e meglio coordinate a livello internazionale, ma non hanno
acquisito caratteristiche di permanenza, di continuità.
Questo sviluppo dimostra che l’aggressività imperialista non è riuscita
a congelare e a sottomettere i distinti movimenti e le lotte dei popoli
contro l’occupazione e l’intervento imperialisti.
Negli ultimi anni si sta manifestando una messa in discussione più
chiara della politica dell’Unione Europea, della NATO e delle altre
unioni imperialiste, emergono parole d’ordine contro i “pensieri unici”
e istanze per un cambiamento sociale più generale. Simili tendenze
vengono alla luce anche in Europa, nei referendum e nelle ultime
elezioni per il Parlamento Europeo.
Lo sviluppo dei movimenti riflette in larga misura un risveglio, che
non si è ancora manifestato nella sua pienezza. Senza dubbio, è molto
lontano dall’esprimere fino in fondo un’alternativa politica in
condizioni di conflitto e rottura con i monopoli e l’imperialismo, a
livello nazionale e internazionale.
Sulle organizzazioni internazionali dei movimenti di massa
Le organizzazioni internazionali più combattive e antimperialiste non
hanno ancora superato gli ostacoli incontrati nel tentativo di creare
infrastrutture serie a livello mondiale, di sviluppare solidi e forti
vincoli di comunicazione con forze che si ricostituiscono e si
rafforzano in molti paesi.
Molte organizzazioni e movimenti hanno ancora difficoltà, poiché non
dispongono di fondi e mezzi per sviluppare azioni internazionali, per
condividere responsabilità nella costruzione di alleanze per lottare in
modo conseguente contro l’imperialismo. A livello nazionale e regionale
hanno contraddizioni interne e differenze a causa della lotta tra le
forze del consenso e quelle dell’emancipazione.
In maggiore o minor misura, organizzazioni internazionali hanno fatto
passi in avanti verso la lotta sul piano internazionale e il
coordinamento della loro azione.
Il Foro Sociale
Nel Foro Sociale Mondiale e nelle sue strutture regionali predominano
forze della socialdemocrazia. Partecipano, inoltre, rappresentanti di
gruppi di impresa, forze del consenso e del compromesso che dichiarano
apertamente la loro inimicizia verso il movimento comunista e operaio e
verso le organizzazioni sociali di classe che vorrebbero sostituire con
organizzazioni non governative (ONG) oppure con organizzazioni della
cosiddetta società civile. Partecipano al Foro e lo appoggiano gruppi
anarchici e trotzkisti, come pure forze governative e apparati dei
paesi imperialisti.
Con le sue azioni il Foro Sociale Mondiale cerca di ingabbiare e
assorbire forze che manifestano le tendenze combattive della classe
operaia e degli altri strati popolari.
In Europa, dove le contraddizioni interimperialiste si acutizzano nel
momento in cui gli Stati Uniti pretendono sempre di più, quasi tutto,
nella spartizione del bottino, alcune forze socialdemocratiche hanno
assunto iniziative, con l’obiettivo di strumentalizzare e manipolare
questi movimenti a vantaggio fondamentalmente di una linea di appoggio
all’imperialismo franco-tedesco. Si rende necessaria l’intensificazione
del confronto politico-ideologico per contrastare il disorientamento
dei movimenti e l’integrazione di forze politiche in una lotta contro
l’amministrazione neoliberale senza un orientamento antimperialista,
antimonopolista. Queste forze aspirano a integrare i movimenti in una
lotta unilaterale contro gli Stati Uniti e a favore di altre potenze
imperialiste che chiedono, nella spartizione dei mercati, una parte
maggiore o almeno pari a quella degli Stati Uniti.
Ciò che il Foro presenta come necessario per i popoli non entra in
contraddizione con quanto è necessario e conveniente per il sistema
capitalista e deve essere respinto affinché la lotta contro
l’imperialismo acquisti un carattere di massa e una prospettiva in
direzione del socialismo.
Traduzione della versione in lingua spagnola della risoluzione
a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Presentano
Venerdì 11 marzo – ore 18 – Libreria Librincentro
Via Viola - Udine
Esuli a Trieste.
Bonifica nazionale e rafforzamento dell’italianità sul confine orientale
di Sandi Volk
(Kappa Vu Edizioni)
Interverranno insieme all’autore:
Luciano Patat
(storico dell’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione)
Alessandra Kersevan
(editrice)
Argomento di questo libro è la questione dell’insediamento a Trieste e
dintorni dei profughi/esuli che abbandonarono dopo la seconda guerra
mondiale l’Istria e la Dalmazia. Svoltosi in più fasi, l’insediamento
degli esuli fu, per lo schieramento filoitaliano a Trieste e per il
governo italiano, dapprima uno strumento per il rafforzamento delle
forze favorevoli all’Italia, in seguito il mezzo per «bonificare
nazionalmente» e «rafforzare l’italianità» di un territorio in cui
larga parte della popolazione - e non solo per la presenza di una
nutrita minoranza slovena - all’Italia guardava con molta sfiducia.
L’insediamento mirato dei profughi è stato uno dei progetti prioritari
per lo stato italiano in questo territorio ed è stato portato avanti e
completato con determinazione. L’autore, attraverso l’analisi di una
enorme quantità di materiale documetario, ne racconta le diverse tappe
e le conseguenze sul tessuto sociale ed etnico delle terre del confine
orientale.
Sandi Volk, nato a Trieste nel 1959, si è laureato in storia
contemporanea all’Università di Trieste e ha conseguito il master e il
dottorato in storia contemporanea presso il Dipartimento di Storia
della Facoltà di Filosofia dell’Università di Lubiana (Slo). Si occupa
di storia contemporanea della Venezia Giulia, in particolare di Trieste
e della storia degli sloveni della regione. Pubblica saggi in Italia e
in Slovenia e collabora con Istituti e Centri di ricerca. E’ membro
della commissione consultiva del Comune di Trieste per il Civico Museo
della Risiera di San Sabba-Monumento nazionale.
Info: Mauro Daltin – Ufficio Stampa Kappa Vu Edizioni
Tel: 0432530540
www.kappavu.it
info@...
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G.A.MA.DI. (Gruppo Atei Materialisti Dialettici) e
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia
INVITANO
Nel 6° anniversario della criminale aggressione
dei Paesi NATO contro la Jugoslavia
Martedì 29 marzo 2005 ore 18
alla Libreria Odradek
Via del Banchi Vecchi, 57
UNA DJIHAD TARGATA U.S.A.
IN EUROPA E NON SOLO
Mujaheddin e servizi segreti occidentali nei Balcani
Dibattito e dialogo con l'autore
JUERGEN ELSAESSER
Giornalista e saggista autore del libro:
"Amerikas Djihad in Europa"
Partecipano inoltre
Prof. Andrea Catone (Ass. Most.za Beograd Bari e Coord. Naz. Per la
Jugoslavia)
Ing. Domenico Anastasia (Com. Scientifico G.A.MA.DI.)
Dott. Andrea Martocchia ( Portavoce del CNJ e Membro del Com.
Scientifico G.A.MA.DI.)
Presiede
Miriam Pellegrini Ferri ( Presidente del G.A.MA.DI.)
Per informazioni e contatti:
gamadilavoce @... – jugocoord @...
*********
Jurgen Elsaesser sarà a TeleAmbiente (Canale 68 per l'Italia centrale)
ospite del G.A.MA.DI. Sabato 26 marzo ore 21 e Martedì 29 marzo ore
12. Da non perdere!
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America's Jihad in Europe
CIA and al-Qaida in the Balkans
Dear ladies and gentlemen,
dear collegues and friends,
I send you the outline of the book "Wie der Dschihad nach Europa kam:
Gotteskrieger und Geheimdienste auf dem Balkan", which will go on sale
in Germany in the next days. You can order a copy by remail, and I can
also ask my publisher to send you a free copy, if you need it to write
a review. By the way: Do you know publishing houses in YOUR country
which might be interested in translating and publishing my book?
All the best, Juergen Elsaesser (www.juergen-elsaesser.de)
*********************
Outline of the book
Wie der Dschihad nach Europa kam: Gotteskrieger und Geheimdienste auf
dem Balkan
(NP-Verlag, 240 pages, 19.90 €)
The main suspects 9/11 attacks fought during the Nineties in the
Balkans. Only an hour's flight from European centers such as Vienna and
Munich, they trained in merciless combat against the infidels – with
the support of the CIA and other Western intelligence agencies.
While the mainstream press and standard literature about al-Qaida
describe the activities of the terrorists on all other continents at
length, the jihadists' European deployment area has been largely
ignored. In particular in the Bosnian civil war, several thousand
Muslims from Arabic countries and Iran fought alongside their Muslim
brethren against the Christians, i.e. Croats and Serbs. As in the
Eighties in Afghanistan, the US Administration did a deal with the
devil: in violation of the UN arms embargo, Washington supplied the
holy warriors with sophisticated weaponry. Osama bin Laden received a
passport from the `pro-Western' government in Sarajevo, and hundreds of
his followers settled permanently in Bosnia and Albania. From there,
U.S. secret agents funneled them into Kosovo and
Macedonia, while others headed for Vienna and Hamburg – where they
prepared the inferno of Sept. 11th.
The book is a result of several years of investigation, and is based
on Anglo-American, French, German and Serbo-Croatian sources, as well
as on information provided by intelligence experts on the Balkans and
members of the UN mission to Bosnia, and on numerous visits there.
Contents
The `Afghan' alliance between the USA and the mujahedin was revived in
the Balkans, and therefore it was no surprise that the main suspects of
9/11 obtained their baptism of fire there (Chapter 1). Because of its
history, Bosnia-Herzegovina offered ideal conditions for establishing a
jihad front (Chapter 2). But it was only due to Western interference
that the radical
Muslims and supporters of Holy War were able to oust the moderate
Muslim politicians in Bosnia in the early Nineties (Chapter 3). Vienna
was at first the control center for the arms smuggling operations to
support the jihad, and it was there that Osama bin Laden obtained a
Bosnian passport (Chapter 4). The Bosnian Muslim army was formed with
the help of money and volunteers from the Islamic world; Bin Laden
himself discussed the details with the Bosnian President Alija
Izetbegovic (Chapter 5). Foreign jihadis in particular committed
terrible atrocities in the course of the three-year-long civil war
(1992-1995), and even some of the massacres attributed to the Serbs may
have been committed by them (Chapter 6).
However, the combat effectiveness of the holy warriors was low at
first; this changed only after Bill Clinton became US President in 1993
and organized the secret supply of arms them—in cooperation with the
US's "arch enemy" Iran (Chapter 7). Military men assigned to the UN
peacekeeping mission, who had observed the breach of the UN arms
embargo, were pressured by US intelligence to keep silent (Chapter 8).
The most important player in this "Bosniagate" was the Pentagon
contractor MPRI (Chapter 9), which also supervised the Bosnian Army
after the Dayton Agreement of 1995 (Chapter 10). Instead of removing
the fundamentalists as the official American legend has it, MPRI put
the most able jihadis on its payroll, trained them in Albania, which by
now was also infiltrated by bin-Laden's associates (Chapters 11 and 12)
and sent them to support the Albanian terrorist movement KLA [=UCK] in
Kosovo and Macedonia (Chapter 13).
The bulk of these activities was financed by Saudi-American
"humanitarian" foundations, in which bin-Laden played only a minor role
(Chapter 14). Indeed, one begins to wonder whether al-Qaida is not more
a PR invention of US foreign policy than an actually active
organization, especially since many of the top terrorists are suspected
of working Western intelligence agencies as well (chapter 17). One
example is the main suspects of 9/11 (Chapter 18), especially the two
alleged masterminds of the plot (Chapter 19).
In any case, thanks to Western patronage, a terrorist bridgehead has
been established in Bosnia-Herzegovina that threatens the further
development of the country itself (Chapter 15), as well as the security
of the whole European continent (Chapter 16). Furthermore, significant
movements of jihadis and transports between the Balkans and Chechnya
have been observed for several years (Chapter 20). But this is not seen
as a danger by Western politicians and media, because the US oil lobby
has already cast an eye on the Russian fossil-fuel reserves (epilogue).
For more information: www.juergen-elsaesser.de
--------------
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/roma290305.htm
SOS Kosovo
I monasteri medievali serbo-ortodossi prima e dopo la guerra
Mostra fotografica e conferenze
---
Most za Beograd Un ponte per Belgrado in terra di Bari
Associazione culturale di solidarietà con le popolazioni jugoslave
via Abbrescia 97, 70121 BARI. most.za.beograd@...
tel. 0805562663-conto corrente postale n.13087754-CF:93242490725
L'associazione opera per la diffusione di una cultura critica della
guerra e il riavvicinamento tra i popoli con culture, etnie, religioni
ed usanze diverse al fine di una equa e pacifica convivenza. Si
impegna per la diffusione di un forte senso di solidarietà nei
confronti delle popolazioni jugoslave e degli altri popoli vittime
della guerra. Ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali.
In particolare l'associazione:
- promuove iniziative di conoscenza della storia e della cultura jugoslave
- promuove, attraverso raccolte di fondi e donazioni, iniziative di
solidarietà nei confronti delle vittime della guerra nel campo
sanitario, scolastico, alimentare e in ogni altro campo; adozioni a
distanza di bambini jugoslavi;
- promuove iniziative di gemellaggio tra enti locali italiani e
jugoslavi, tra scuole italiane e jugoslave, scambi culturali e di
amicizia.
---
SOS Kosovo
I monasteri medievali serbo-ortodossi prima e dopo la guerra
### Mostra fotografica ###
17-31marzo ore 9.30 -19.00
Palazzo Simi, Strada Lamberti, Città Vecchia, Bari
Info: 0805562663
Prenotazioni visite guidate: 0805427003 3339152284
Tra il 1999 e il marzo 2004 (quando è stato scatenato un vero e
proprio pogrom antiserbo che ha provocato decine di morti e centinaia
di feriti e ha costretto ad abbandonare le loro case altre 4000
persone, che si aggiungono agli oltre 220.000 profughi Serbi e di
altre nazionalità non albanesi) sono stati devastati e distrutti circa
120 monasteri medievali e chiese serbo-ortodosse: rischiano di
scomparire definitivamente documenti dell'architettura monumentale,
cattedrali con una pittura murale di inestimabile valore estetico e
storico, testimonianza di una cultura nata in un contesto geografico
caratterizzato dall'incontro tra civiltà orientale e civiltà occidentale.
La Mostra, organizzata dalle associazioni ADIRT e Most za Beograd in
collaborazione con Mnemosyne-Centro per la protezione del patrimonio
culturale e ambientale del Kosovo e Metohija, illustra il patrimonio
artistico-culturale del Kosovo nel suo corpus bizantinoslavo, da San
Pietro di Korisa a Studenica di Hvosno, alla Madonna di Ljevisa, al
Patriarcato di Pec, da Gracanica a Decani, ai Santi Arcangeli presso
Prizren. Illustra altresì gli enormi danni inflitti a questo
patrimonio negli ultimi 5 anni, in cui la politica di pulizia etnica
dell'UCK si è accanita particolarmente anche contro l'eredità
culturale e spirituale serba.
In concomitanza con la Mostra, sono state organizzate due conferenze:
l'una sull'arte e il patrimonio storico-artistico del Kosovo e
Metohija, anche in relazione ai rapporti intercorsi tra Serbia e
Puglia nel Medioevo; l'altra per discutere e riflettere sulla
situazione attuale e le prospettive politiche di una regione che,
lungi dall'essere pacificata dopo quasi 6 anni di protettorato ONU, è
un "buco nero" nel cuore dell'Europa.
---
Giovedì 17 marzo ore 16.30 - Palazzo Simi
Strada Lamberti, Città Vecchia, Bari
### Il grande patrimonio artistico-religioso del Kosovo e Metohija a
rischio di estinzione ###
Interventi di
Nellina Guarnieri, presidente dell'ADIRT
Giuseppe Palomba, associazione Most za Beograd
Giuseppe Andreassi, Sovrintendente per i beni archeologici della Puglia
Aleksandar Simic, consigliere giuridico del primo ministro serbo V.
Kostunica
Svetlana Stipcevic, docente di lingua e letteratura serbo-croata
presso l'Università di Bari
Branko Jokic, già direttore del Museo di Pristina, membro di Mnemosyne
Relazioni di
Mirjana Menkovic, Presidente di Mnemosyne-Centro per la protezione del
patrimonio culturale e ambientale del Kosovo e Metohija
Lo stato del patrimonio artistico-culturale del Kosovo dopo la guerra
e i pogrom del marzo 2004
Rosa d'Amico, direttrice della Pinacoteca nazionale di Bologna, membro
promotore del comitato "Salva i monasteri"
L'arte bizantina in Serbia tra `200 e `300.
padre Gerardo Cioffari, direttore del Centro Studi Nicolaiani
I rapporti tra la Puglia e la Serbia nel Medioevo
Nino Lavermicocca, ADIRT
Aspetti della cultura artistica dei monasteri serbi ai tempi dello zar
Milutin II
Saluti di rappresentanti istituzionali ed enti patrocinatori
---
venerdì 18 marzo ore 16.00
Aula "Contento"
Facoltà di Giurisprudenza - p.zza C. Battisti, Bari
### Lo status giuridico internazionale del Kosovo. Situazione attuale
e prospettive di soluzione politica ###
Relazioni e interventi di
Dott. Aleksandar Simic, consigliere giuridico del primo ministro serbo
V. Kostunica
Prof. Giovanni Cellamare (Università di Bari)
Prof. Nicola Cufaro Petroni, Centro Interdipartimentale Ricerche sulla
pace dell'Università di Bari
Prof. Nico Perrone, Università di Bari
Prof. Vincenzo Starace, Università di Bari
Prof. Ugo Villani, Università La Sapienza, Roma.
Ivan Pavicevac, Coordinamento per la Jugoslavia
On. Luana Zanella, del comitato "Salva i monasteri"
On. Maria Celeste Nardini, già membro della Commissione parlamentare
Difesa
Tommaso di Francesco, del quotidiano Il manifesto
Stefano Boccardi, del quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno
Coordina
Andrea Catone, Presidente dell'associazione Most za Beograd
---
Organizzata da
Most za Beograd - Un ponte per Belgrado in terra di Bari -
Associazione culturale di solidarietà con le popolazioni jugoslave
ADIRT - Associazione difesa insediamenti rupestri e territorio
Con la collaborazione di
Mnemosyne - Centro per la protezione del patrimonio culturale e
naturale del Kosovo e Metohija, Belgrado
Col patrocinio di
CIRP - Centro Interdipartimentale di Ricerche per la Pace - Università
di Bari
Sovrintendenza per i beni archeologici della Puglia
Provincia di Bari
Comune di Bari
Durante il periodo della Mostra saranno proiettati documentari e
diapositive sulla situazione del Kosovo e sui disastri della guerra:
Mnemosyne (a cura di), L'eredità culturale multietnica del Kosovo in
pericolo
(documentario, 2004)
Michel Collon, Vanessa Stojlkovic, I dannati del Kosovo
(edito in VHS con il libro di Enrico Vigna, Kosovo "liberato" le
menzogne per fare le guerre le ragioni per fare la pace, La città del
Sole, Napoli, 2003)
Corrado Veneziano, Sedìci persone le parole negate del bombardamento
della TV di Belgrado
(edito in DVD con il libro "Se dici guerra umanitaria, a cura di
Corrado Veneziano e Domenico Gallo, Besa ed., 2005)
Pasquale Giordano, Le altre verità del Kosovo (2004)
From: "ANTIC.org-SNN" <miroslav@...>
To: <serbian_way@...>
Cc: <balkans@...>
Subject: [serbian_way] Dubrovnik hoax again...A Letter to The Guardian (UK)
from Prof. John Peter Maher
Date: Fri, 4 Mar 2005 13:51:40 -0500
Reply-To: "ANTIC.org-SNN" <miroslav@...>
A Letter to The Guardian (UK) from Prof. John Peter Maher - with additional
comments
=======================================
First of all...here is the item in The Guardian (UK) to which Prof. Maher
is referring:
Regular version at http://www.guardianunlimited.co.uk/serbia/article/0,2479,379868,00.html
Printer-friendly version at http://www.guardianunlimited.co.uk/Print/0,3858,4074291,00.html
"Forbidden film pierces Serbs' fog of denial: Less room to hide for men who
committed atrocities - Special report: Serbia, Rory Carroll in Belgrade,
Tuesday October 10, 2000, The Guardian
Email addresses for The Guardian are as follows: letters@... simon.waldman@...
julian.borger@... david.rowan@... letterfrom@...
=====================================
Subject: to the Guardian: Dubrovnik hoax again
To: letters@...
Sent: Wednesday, October 11, 2000 11:20
Sir:
Your piece mentions the "...pounding of the beautiful Croatian town of Dubrovnik
in 1991. 'They used ships. Can you believe it?'...
This is a fraud. Who on your staff was bought by Ruder Finn? Since 1991 the
press has dozens of times printed the hoax that the Pearl of the Adriatic
was reduced to rubble. Those stories were fakes. That Dubrovnik has been
rebuilt is exponentially fake. On March 25, 1992, I visited Dubrovnik to
see for myself the truth about the war. The Old City of Dubrovnik was never
destroyed. It was barely scratched.
Roof tiles blown off by concussion had all been replaced when I visited the
city TWO YEARS AGO, THREE MONTHS after the "destruction". Your writer has
a poor vocabulary in English. Buildings are "holed."
Dubrovnik's destruction was an invention of PR companies in the hire of the
war criminals who broke up Yugoslavia without negotiations. The big bombardment
was from PR fakers, not navy guns. -- like the Kuwaiti incubator babies hoax
used by President Bush to stoke up war fever. PR liars Hill & Knowlton, Ruder
Finn, and Waterman Associates have earned millions in fanning the flames
of this war.
The press, that's you, belongs in the war crimes docket with the New World
Order thugs for churning out mendacious "news" stories about Serb death camps
and rape camps, abetting war and mayhem. The story of an organized Serb rape
policy is a racist fraud, like the Protocols of the Elders of Zion, propagated
to foment hatred and incite war against the innocent. Though it's not polite
any more to slander Afro-American or Jews, Serbs are fair game for the lynch
mob.
The "Serb-dominated federal navy" off Dubrovnik was commanded by Admiral
Stane Brovet, a Slovene. The target was not the Old City, but the Napoleonic
fort of St. Sergius far above Dubrovnik and hotels outside the city walls,
where Croatian forces were billeted and because of the presence of refugees,
had set up gun positions from which they fired on the federal forces in order
to provoke death and destruction. Zagreb's aim was to provoke a Western attack
on the Serbs. On December 5, 1991, Croatian forces mounted a mortar on a
flat bed truck running up and down the Stradun taking potshots at naval forces
in order to provoke counterfire.
The "Dubrovnik burning" pictures were shot with long lenses. This compresses
perspective, making it look like there is no distance between objects that
are quite separated in real space. Thus, columns of smoke billowing up from
the harbor are superimposed on the walled city. The photographic effect is
as staged as the stabbing of the lady showering in Hitchcock's movie
"Psycho."
That smoke was from the fuel tanks of two pleasure boats burning in the Old
Harbor -- outside, of course, the walls. Dubrovnik's Old City never burned.
Bullet holes along Stradun were from gunfire inside the walls, at ground
level at close range in a fight on the street between rival Croatian factions.
Scaffolding was set up in front of facades in anticipation of the shooting
to come. Video tapes of gunfire along the ancient walls, run backward, show
clearly that the puffs of gun smoke are from outgoing, not incoming fire.
"Western" reporters in Dubrovnik since they cannot read Serbo-Croatian, do
not mention the graffiti calling for the lynching of Serbs: Srbe na vrbe
(literally "[hang] the Serbs on the willow trees"). My videotapes of Dubrovnik
from March 25, 1992, have been aired on Chicago Cable Access TV, Channel
19. Want to see them?
Croatian city? Tito made a gift of it to his native Croatia after WW II.
Dubrovnik was never before "Croatian."
The Byzantine decoration found by restorators beneath paint in the Dominican
monastery attests the Serbian and Greek origins of Dubrovnik. This war is
the latest chapter in the predation of Orthodox lands by the Western Church.
(I'm RC, by the way.) The only building in the Old City of Ragusa to be gutted
by explosives and fire was the one housing a priceless collection of medieval
manuscripts and icons. It was not navy guns that did the damage, but plastique
and incendiary devices planted on the spot by Croatian forces. Enter it on
your map, across the street from the Orthodox church, which you fail to note
is Serbian. -- 3,000 Serb and 7,000 Croat refugees from Dubrovnik have taken
refuge -- in Belgrade.
J. P. Maher Ph.D. Emeritus Professor, Chicago
=======================================================
(Here we quote Prof. Maher again, from his review of another book, in which
Prof. Maher recounts his own visits to Dubrovnik to investigate the claims
of damage.)
=======================================================
I went with Dejan Lucic into the Old City on 25 March 1992, three months
after the fighting. The shutters along the Stradun showed traces of small
arms fire from street fighting that could only have been between Croatian
rival forces The limestone pavement had a dozen shallow pock marks from mortar
rounds, not navy guns It is not clear to me whether these were from JNA or
Croatian positions.
The press gave us pictures, shot with long lenses, hence compressing intervening
space, in which plumes of smoke issue from the fuel tanks of boats in the
Old Harbor (Ploce side), hence outside the walls Also outside the walls on
the far side smoke billowed from a hotel, housing Croatian gun emplacements
The smoke from the two sources, both outside the walls, bracketed and silhouetted
the towers of the Old City in scenes evocative of Dante's Inferno, which
was also fiction.
In March 1992 damage to the Old City was negligible Every roof was tiled,
most showing the patina of weathering and age Visitors today can confirm
this as they look over the city from above.
Dr Cohen refers (page 127) to the "shelling of the synagogue." I filmed the
synagogue One window pane on the street side, Zudioska Ulica, was broken.
I had read in Croatian and western publications that the "Serb dominated
NA " was destroying or had destroyed the "port of Dubrovnik.". I read the
contrary in Serbian newspapers A competent grammarian or translator must
ask if is this is appositional of (as in [the City of] Chicago ) or some
other relation (as in the mayor or the South Side of Chicago)?
Was it possibly the port section of Dubrovnik, i. e. Gruz? I felt the only
way to be sure of the truth was to see it with my own eyes Having read, too,
that a treasure of Serbian manuscripts and icons had been destroyed by Croatian
forces, I asked my camera man, a native Dubrovniker, to take us to the site
He took us to a building in front of the Serbian Orthodox Cathedral There
stood the shell of a multi-storey building. On the facing wall of a building
to the left of it was a sign, plainly and prominently lettered in Serbian
Cyrillic IKONE, and in English "ICONS" The building indicated was gutted,
a shell. The walls were intact; the interior was a void And it was not navy
guns that did it, since adjacent buildings showed no damage. It was plastique
and arson on the spot.
On 15 May 1995 Princess Francesca Von Habsburg gave a slide show at the National
Press Club in Washington Between two shots of a ruined two-floor villa at
Cilipi, near the airport. (Airports tend to be outside the walls of medieval
cities.) Her Highness sandwiched an interior shot that she said was of the
same villa, despite the discrepancy that the interior shot was of a building
with several storeys. It was the one I just described
The target of the JNA ships had been the Napoleonic fort high above the city
on Mount Saint Sergius, Srdj. Artillery concussions blew off the tiles of
the roofs far below
British journalist Boris Beloff and EU representative Michael Shuttleworth
each also (separately) visited the scene and reported they found it as I
describe Had the Old City been targeted, it would have taken only two hours
to demolish it.
Croatia and her helpers, the PR companies, enjoy a revolving door between
press and government White House Officials "leave government service" and
turn up in lucrative jobs with the PR merchants They pulled a fast one on
the public with this horror story of the destruction of Dubrovnik One Washington
PR firm, Ruder Finn, is collecting money to buy tiles for shattered Ragusa.
There have been reports that this is the target of an FBI fraud investigation,
but we should not be surprised if the Clinton administration sees that the
matter is swept under the rug. Croatian strategy from the beginning was to
provoke all out war to destroy Yugoslavia, painting the Serbs as the "bad
guys" . Here is Susan L. Woodward:
An assault on Dubrovnik (beginning in early October), which was protected
under the UN Educational, Scientific, and Cultural Organization (UNESCO),
was particularly significant in creating antagonism toward Serbia and the
Army: the Croatian government had calculated in using sharpshooters on the
Dubrovnik walls to provoke a YPA attack on the city, knowing that Dubrovnik
would attract . attention.
Susan L Woodward. 1995. Balkan Tragedy Chaos and Dissolution after the Cold
War Washington: The Brookings Institution.
==============================================================
Now here's what we, T.V. and Alida Weber, observe:
First of all, a disclaimer: We take NO position either for or against any
individual, action, organization, or government policy position in Yugoslavia.
And unless we decide to move there ourselves, we think that's none of our
business. More to the point, we insist that it is none of the U.S. government's
business.
We were outraged when we found out that foreign political contributions had
influenced the last U.S. election. And we're just as outraged that the U.S.
government tells people in other countries what to do and whom to vote for.
More to the point, we absolutely condemn any Western propaganda that makes
false allegations against, and stirs up enmity toward, the Serbian people.
This racist material should never be circulated anywhere, and ESPECIALLY
not in Serbia.
Why do we say this?
First of all, FALSE accusations of genocide can be, and all too often are,
used as an excuse to perpetrate very REAL genocide against the nation that
was falsely accused. In fact, FALSE accusations of genocide are probably
the most effective type of propaganda for bringing about real genocide, for
those so evilly inclined.
"Direct and public incitement to commit genocide" is punishable, according
to Article 3 of the U.N. General Assembly resolution 260 A (III), "Convention
on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide." (See http://www.unhchr.ch/html/menu3/b/p_genoci.htm).
"The following acts shall be punishable: (a) Genocide; (b) Conspiracy to
commit genocide; (c) Direct and public incitement to commit genocide; (d)
Attempt to commit genocide; (e) Complicity in genocide."
And then there's Article 20 of the International Covenant on Civil and Political
Rights, which reads:
"Any propaganda for war shall be prohibited by law."
"Any advocacy of national, racial or religious hatred that constitutes incitement
to discrimination, hostility or violence shall be prohibited by law."
Evidently, a film was recently shown in Belgrade that is nothing more than
a cobbled-together mess of recycled Western propaganda about all of the evils
that the Serbs allegedly committed under Milosevic.
Why would any Serb show a racist, anti-Serb film like this?
Who knows... maybe it was an act of appeasement to the insatiable powers-that-be
in the West. Maybe it was an effort to get Serbs angry at Milosevic for supposedly
having led the Serbian people down the wrong path. Maybe it was a misguided
and wrongheaded notion of "glasnost and perestroika."
Be that as it may, this propaganda film was crammed with lies and distortions,
of which the nonexistent attack on Dubrovnik is just one. As usual, there
is no attempt to present anything that would stand up to the rules of evidence.
Were it to be presented in any fair trial, it'd be laughed out of court.
But it wasn't presented in a fair trial. Instead, it was presented at a time
and place that neither lent itself to any healthy debate nor offered any
opportunity to refute this libeling of the Serbian people.
Even some SERBS don't realize that, just because you see a picture of dead
bodies, and someone blames it on Serbs, does NOT mean that Serbs actually
did it!
The exhibition of this film, along with Western "news" coverage of its
exhibition in papers such as The Guardian, will have the following bad
effects:
1. It will turn Serbs, especially young people, against their own people.
How? Easy. After all, no one person can be everywhere at once during a war.
They'll think that, just because THEY never saw Serbs commit any atrocities,
doesn't mean Serbs weren't doing something terrible SOMEWHERE. And Serbs
all too often are outspoken and vociferous in their criticism of themselves
and one another...without realizing the evil purposes to which this criticism
may be put by their mortal enemies.
2. This leads to the fact that the film will provide additional fuel for
the Tony Blair contingent - for use as damage control, to renew attacks against
Serbs in the future, or to provide an excuse for attempting to keep Serbs
from returning to Kosovo.
3. It will prepare public opinion in Serbia for Kostunica or his successors
to give in to Western pressure and begin turning Serbs over to the U.S.-funded
kangaroo court at the ICTY.
4. It will give the neo-Ustashe and neo-Handjak Holocaust-deniers yet another
'red herring,' to keep people from figuring out what happened to the Serbs
in World War II.
And it will probably have other bad consequences as well.
The long and the short of it is not only that the lies and distortions in
the film itself will affect the Serbs who see it, but that - under the guise
of 'news' - the fact that the film was just now shown in Belgrade becomes
an excuse for all sorts of nefarious Serb-bashing in the West!
T. V. Weber and Alida M. Weber, nee Jatich
NEXT YEAR IN KOSOVO!!!!!
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ingiustamente detenuto in Giappone dal 13 luglio 2004 in attesa di estradizione,
quando, su ordine delle autorità USA, gli è stato arbitrariamente revocato
il passaporto mentre stava tornando da Tokyo verso le Filippine. Ricordiamo
che Fischer è accusato soltanto di reati di opinione e se venisse estradato,
verrebbe incarcerato per scontare una pena di 10 anni per aver violato l'embargo
USA contro la Jugoslavia e giocato una partita contro il campione russo Spassky
in Montenegro.
All'apolide Fischer ora è stato concesso il passaporto islandese (paese
dove si laureò campione del mondo nel 1972, primo in assoluto non sovietico),
il quale è stato spedito presso l'ambasciata a Tokyo. Una delegazione di
eminenti personaggi islandesi, in visita a Tokyo per consegnare a Fischer
il passaporto, si è vista rifiutare il permesso di visitare il campione.
Il Comitato per la liberazione di Bobby Fischer è seriamente preoccupato
per le sue condizioni di salute, a oggi ignote, e vede in quest'ultimo episodio
un tentativo di pressione psicologica nei confronti del detenuto.
Per questo hanno organizzato per oggi una Conferenza Stampa.
Vedi anche:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3654
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3659
-------- Original Message --------
Subject: Free Bobby Fischer! URGENT News Conference
Date: Thu, 3 Mar 2005 07:32:59 +0900
From: John Bosnitch
To: Bobby Fischer List
CC: Japan Chess Association
URGENT: Free Bobby Fischer!
CRISIS NEWS CONFERENCE
FRIDAY, March 4, 1:30 PM
Foreign Correspondents' Club of Japan
Iceland Delivers Fischer Passport, But Visitors Refused Access
Bobby Fischer Being Held Incommunicado
The Committee to Free Bobby Fischer will be holding a news conference on
Friday, March 4, 2005 starting from 1:30 PM at the Foreign Correspondents'
Club of Japan to report on the latest developments in the case:
Iceland has delivered a passport for Bobby Fischer to its embassy in Tokyo
and is now consulting on the appropriate way to get it into his hands.
Two delegations have arrived in Tokyo from Iceland to secure Bobby's release.
The first is led by Mr. Saemi Palsson, Bobby's personal friend and the chief
of his security when he played the 1972 chess world championship in Iceland.
Palsson is accompanied by media representatives from the Icelandic Broadcasting
Corporation's Channel 2 Television station. The second delegation is a group
of eminent citizens including Einar S. Einarsson, Icelandic chess federation
chief, Gardar Sverrisson, leading campaigner for Bobby Fischer and activist
in Icelandic public affairs, and Gudmundur G. Thorarinsson, former member
of parliament and organizer of the 1972 world chess championship.
These leading Icelandic figures will be joining Japan Chess Association chief
Miyoko Watai, Fischer's lead lawyer Masako Suzuki, and Committee to Free
Bobby Fischer chairman John Bosnitch at the news conference.
Bobby Fischer filed an application for voluntary departure to Iceland last
Friday and the Committee will be announcing the action it is taking to demand
an immediate Japanese government response.
The Icelandic delegation hopes to take Bobby back to Iceland with them by
his 62nd birthday, on March 9th. However, detention center officials refused
them the right to even meet with Bobby Fischer at the East Japan Immigration
Detention Center in Ushiku, Ibaraki Prefecture when they arrived there on
Wednesday, March 2.
The Committee to Free Bobby Fischer is deeply concerned that this unprecedented
denial of visits to Bobby Fischer might reflect an effort by the authorities
to put even further psychological pressure on him in these critical moments
of the battle for his freedom. As of Wednesday, Bobby Fischer's rights to
make phone calls out to his lawyers, supporters, and the media were also
cut off. The Committee can no longer in any way confirm the physical safety
or health of Mr. Robert James Fischer.
Friday's news conference will address these very worrisome new developments
and the steps that Bobby Fischer's supporters are taking to try to confirm
his status.
Media contact...
John Bosnitch
Committee to Free Bobby Fischer
090-8119-6679
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---------------------
[ T. Dickson, giurista canadese, consulente legale dell'ICDSM, rivela
gli ultimi abusi compiuti dalla ?corte? dell'Aia e li paragona alle
modalità con cui agiva la ?Star Chamber?, la ?Camera Stellata?, famigerato
tribunale politico istituito da Enrico VIII e abolito nel 1640-41?]
Ben oltre la ?Camera Stellata?:
La Difesa di Milosevic all?Aia sta per essere sospesa
di Tiphaine Dickson
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)
La URL di questo articolo a:
http://globalresearch.ca/articles/DIC502A.html
------------------
Nota dell?Editore di
www.globalresearch.ca
Centro per la Ricerca sulla Globalizzazione
Noi vogliamo portare all?attenzione dei nostri lettori questa importante
analisi di
Tiphaine Dickson sul processo di Milosevic, che fa il punto sulla sfacciata
criminalizzazione del diritto internazionale, in appoggio all?invasione militare
guidata da Stati Uniti e NATO e all?occupazione della Jugoslavia.
Quella che viene affrontata nel caso del Tribunale dell?Aia è la criminalizzazione,
a livello istituzionale, di una struttura garantita dall?ONU.
Il Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex Jugoslavia, l?ICTY, non
solo è stato coinvolto nella copertura dei crimini di guerra e delle atrocità
degli USA-NATO, ma anche nell?atto di accusa contro un ex capo di stato,
per i crimini commessi dalle forze di invasione della NATO, attraverso procedure
tipiche della ?Camera Stellata? [famigerato tribunale politico istituito
da Enrico VIII e abolito nel 1640-41], senza tenere conto delle atrocità
messe in atto dalla loro contigua organizzazione terroristica, come l?Esercito
di Liberazione del Kosovo (KLA), alla quale era stato conferito nel corso
dell?invasione del 1999 lo status di struttura di fiducia dell?ONU, malgrado
i suoi legami con Al Qaeda e il crimine organizzato.
La ?Criminalizzazione dello Stato? avviene quando criminali di guerra occupano
posizioni di autorità, che consentono loro di decidere ?chi sono i criminali?,
quando di fatto sono loro stessi i veri criminali.
Questa criminalizzazione dello Stato non si limita solo all?Amministrazione
Bush, invece permea tutto il sistema ONU, che appoggia gli interventi a guida
USA-NATO sotto la mascherata della conservazione della pace. Questi interventi
?umanitari? condotti da criminali di guerra, sono implementati sotto gli
auspici di quella che eufemisticamente viene definita come la ?comunità internazionale?.
?Peacekeeping? in Jugoslavia, Afghanistan, Haiti e Iraq è equivalente a ?occupazione
militare?. È inutile dire che, per raggiungere i loro obiettivi, i criminali
di guerra delle alte cariche devono anche ridefinire i contorni del diritto
internazionale, mettendo in funzione un sistema che ci ricorda le procedure
della ?Camera Stellata? del XVII secolo.
Ed è precisamente questo il senso della ricerca di Tiphaine Dickson sul processo
a Milosevic.
------------------
Tiphaine Dickson collabora a Global Research ed è un avvocato per la difesa
nelle corti penali, specializzata in diritto penale internazionale con sede
a Montréal. Ha diretto il collegio di difesa in uno dei primi tribunali ONU
che giudicavano sul genocidio prima del Tribunale Internazionale per i Crimini
nel Rwanda.
Il 14 febbraio 2005, la Camera Penale del Tribunale Internazionale
per i Crimini nella ex Jugoslavia, l?ICTY, esaminando il caso Milosevic,
riprendeva il procedimento dopo averlo aggiornato la settimana scorsa in
seguito al parere di un medico ONU, per cui Slobodan Milosevic aveva bisogno
di qualche giorno per riprendersi da un attacco di influenza avvenuto all?inizio
di febbraio. A questo riguardo, la copertura giornalistica dei media aveva
lamentato i ?ritardi del processo? e aveva imputato alla malattia, generalmente
descritta come un ?semplice attacco influenzale?, di causare ?perdita di
tempo?.
Il Tribunale ammoniva il Presidente Milosevic ?che stava sprecando tempo?
nella sua disamina dell?ex Ministro degli Esteri di Jugoslavia, rispetto
alla secessione delle ex Repubbliche e del coinvolgimento straniero nei conflitti
che di conseguenza si sono succeduti. Per la Corte, Mr. Milosevic stava formulando
domande ?prive di senso?, mentre invece si trattava di questioni di palese
rilevanza e di cruciale importanza.
Il Pubblico Ministero richiedeva di continuare il dibattimento anche in assenza
di Mr. Milosevic.
La situazione è inquietante ed è del tutto evidente che l? ICTY sta ponderando
di prendere radicali misure, compresa l?interruzione, e per ultimo la conclusione
prematura della difesa di Slobodan Milosevic.
Infatti, l?ICTY, una istituzione del Consiglio di Sicurezza dell?ONU, ha
predisposto la scena per giustificare la fine di questo dibattimento, rendendo
responsabile di questo risultato il Presidente Milosevic, attraverso quattro
ordinanze, e due di queste sono state emesse nelle ultime due settimane.
La prima, gli è stato imposto un consulente legale, contro la sua volontà.
La seconda, in absentia il procedimento viene ritenuto valido. La terza,
non è concesso agli avvocati imposti di ufficio di ritirarsi a causa di ragioni
etiche. E l?ultima, la durata delle argomentazioni dell?Accusa viene artificialmente
ridotta, e il tempo accordato a Slobodan Milosevic gonfiato, computando i
suoi contro-interrogatori dei testimoni
dell?Accusa come tempo dedicato alla sua difesa, in un sistema inusitato
secondo la statistica.
Slobodan Milosevic, direttamente o indirettamente, in tutte e quattro le
ordinanze è reso responsabile per ogni sfavorevole condizione nel procedere
degli avvenimenti processuali. Tutto viene messo in gioco per mettere fine
alla vicenda!
In settembre, la Corte aveva imposto un consulente legale d?ufficio contro
l?espresso desiderio dell?imputato, una pratica descritta dalla Corte Suprema
degli Stati Uniti come abbandonata da tantissimo tempo, dal tempo della ?Camera
Stellata? mai rimpianta, un?infame struttura esecutiva del XVI secolo e della
prima metà del XVII secolo per condurre i processi politici.
La decisione del Tribunale di imporre un avvocato di ufficio, con ampi poteri
di determinare la strategia della difesa, scatenava una crisi: i testimoni
a difesa si rifiutavano di collaborare con i consulenti imposti, Steven Kay
e Gillian Higgins, in precedenza in carico dell?ICTY come ?amici curiae?,
amici della corte, affibbiati a
Slobodan Milosevic come avvocati difensori, chiaramente per il fatto che
costoro erano stati parte nel processo per più di due anni, e che questo
veniva a costituire, per lo meno, un palese conflitto di interesse. Mr.
Kay protestava amaramente, e pubblicamente, per la non collaborazione dei
testimoni a difesa, (il Tribunale aveva ricevuto la lista dei testimoni a
difesa di Slobodan Milosevic, e allora aveva imposto l?avvocato d?ufficio!),
e si lamentava della scarsa cooperazione di Milosevic in quanto il dibattito
processuale tendeva effettivamente a bloccarsi per il puro e semplice stillicidio
di testimoni che dovevano recarsi a testimoniare all?Aia.
L?imposizione dell?avvocato di ufficio, contro la volontà dell?accusato,
in aperta violazione della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili
e Politici, che prevede come minimo il diritto fondamentale della personale
autodifesa, nello scorso novembre veniva approvata, come questione di diritto,
dalla Corte di Appello (si era ricorso in appello contro Mr. Kay e Ms. Higgins,
subito dopo l?imposizione iniziale).
L?ordinanza ha ridotto questo diritto, che è garantito dallo stesso Statuto
dell?ICTY come diritto fondamentale, al grado di una mera ?presunzione?.
Nel mettere in atto questo, il Presidente della Corte di Appello, lo statunitense
Theodor Meron, stabiliva che tutti i diritti fondamentali ?di minimo? offerti
all?imputato dallo Statuto dell?ICTY (che sono stati derivati, almeno a parole,
dalla Convenzione Internazionale per i Diritti Civili e Politici, trascurando
solo, inspiegabilmente, la clausola della Convenzione sul diritto ad essere
processati da una Corte indipendente, imparziale, e di competenza), sono
?al pari? con il diritto all?autodifesa personale. In altre parole, il diritto
per l?imputato all?autodifesa è proprio una ?presunzione?, come lo sono tutti
gli altri diritti processuali minimi, fondamentali, riconosciuti internazionalmente,
previsti dallo Statuto dell?ICTY, come il diritto di conoscere la natura
dell?imputazione, il diritto di rimanere in silenzio, il diritto di presentare
prove a discarico nelle stesse condizioni dell?Accusa, il diritto di avere
un interprete, e il diritto di essere giudicato solo quando si è presenti.
Nei fatti, tutti questi sono stati stravolti nella loro essenza come diritti.
Il Tribunale internazionale ?ad hoc? li considera solo come pure e semplici
?presunzioni?, che possono essere quindi violate a discrezione della Camera
processuale quando conviene, o si cercano ?giustificazioni?.
E visto che effettivamente non sono più di tanto diritti, ne consegue che
effettivamente non possono essere più di tanto violati. E se non possono
essere violati, allora non esistono più di tanto incentivi a rispettarli,
tanto meno a garantirli, come ?diritti minimi?, neppure a sanzionare o a
rimediare al loro stravolgimento.
La decisione del Presidente Meron è stata quasi universalmente recepita come
l?aver fornito una vittoria al Presidente Milosevic, dato che questo capovolgeva
non la legittimità, tanto meno la correttezza, dell?imposizione di un qualche
consigliere legale, ma piuttosto le modalità disposte dal Tribunale per una
tale ?nomina?, questa la delicata formula usata dall? ICTY, dell?avvocato
di ufficio.
Perciò, il Presidente Meron aveva indicato che a Mr. Milosevic veniva consentito
presentare la sua difesa e porre domande ai suoi testimoni, imponendogli
l?avvocato di ufficio a sostegno in caso di malattia. D?altro canto, il
Presidente Meron nel dare inizio alla sua conduzione della Corte di Appello
aveva peraltro fatto una minacciosa dichiarazione: il diritto di essere giudicati
solamente se si è presenti in aula non è assoluto (in apparenza lo è, ma
è solo una ?presunzione?) e può essere ovviato da una ?sostanziale rottura?
delle procedure. Questo sconvolgimento non necessita di delibere o di intese
con l?imputato, e può essere indotto anche da una semplice malattia.
La possibilità di tenere dibattimenti ?in absentia?, nel caso che Milosevic
risultasse malato, (come era stato energicamente sostenuto l?estate scorsa
dall?ex Ambasciatore USA per le Questioni sui Crimini di Guerra, presso il
Tribunale per la Divulgazione delle Leggi Internazionali), veniva quindi
approvato dalla Corte di Appello.
Ai primi di febbraio, il Presidente Meron negava una richiesta da parte dei
difensori d?ufficio che si vedevano costretti a dimettersi dal processo,
adducendo la loro incapacità etica di continuare in assenza di collaborazione
da parte del ?cliente?, e protestando per il suo pubblico criticismo rispetto
al loro operato.
Gli avvocati Britannici accusavano direttamente il Presidente Milosevic,
l?unica persona i cui diritti erano stato violati da questa imposizione,
della loro situazione etica: ?L?imputato ha reso impossibile un rapporto
di ?scambio sincero e di fiducia?.?
Di conseguenza, il Presidente Meron, prendendo per buone le dichiarazioni
di Kay e Higgins, addossava la responsabilità della loro incapacità ad agire
in favore di un imputato riluttante direttamente sulle spalle della vera
vittima della situazione: ?Un imputato non ha il diritto di distruggere il
rapporto di fiducia che intercorre fra lui e il suo avvocato difensore.?
( Sebbene il Presidente Milosevic avesse puntualizzato nell?udienza preliminare
che era impossibile distruggere qualcosa, unilateralmente o con altre modalità,
che non era mai esistito fin dal primo momento.)
Quindi, citando la precedente decisione della Corte di Appello nel caso ugualmente
sorprendente (e fosco, secondo una prospettiva di legittimità e di diritti
umani) del Generale Vidoje Blagojevic, il Presidente Meron risolveva una
volta per tutte le questioni di natura etica, incluse le problematiche di
interesse generale per i giuristi del tipo: come rappresentare un cliente
che rifiuta le vostre prestazioni, che non vuole comunicare con voi, i cui
testimoni non si fidano di voi, che non vogliono comunicarvi gli avvenimenti,
(anche quelli rilevanti per una difesa, compresi gli alibi), e come si può
agire in favore di un imputato reticente, quando nello stesso processo legale
si è agito dalla parte avversa?, e ribadiva sugli obblighi degli avvocati
di ufficio nei confronti del Tribunale ICTY, una istituzione non riconosciuta
da Slobodan Milosevic come struttura legale legittima.
Il Presidente Meron affermava che: ?In tali circostanze, quando un Imputato
senza giustificazioni resiste ad essere rappresentato legalmente da un Avvocato
di Ufficio a lui assegnato, gli obblighi professionali dell?Avvocato di Ufficio
a rappresentare l?Accusato persistono.?
È stato inopportuno che la decisione del Presidente Meron non abbia fatto
chiarezza se l?Ordine degli Avvocati Britannici avesse fornito un parere
rispetto alle problematiche etiche sollevate o se al riguardo all?Ordine
fosse stato richiesto un parere dal consigliere legale imposto.
Qualunque fosse la posizione dell?Ordine Britannico, una istituzione venerabile
la cui opinione poteva ben essere di conforto a questo dibattimento, per
quanto fosse interessato l?ICTY, Mr. Kay e Ms. Higgins dovevano continuare
ad agire, visto che il Presidente Meron sosteneva che al Presidente Milosevic
non poteva essere concesso di ?confezionare? una motivazione per il ritiro
degli avvocati di ufficio, rifiutando di cooperare. ?Permettergli? di farlo,
scriveva Theodor Meron, sarebbe stato come ?rendere nulla? la decisione della
Corte di Appello di approvare l?imposizione di avvocati di ufficio! Si può
solo ammirare la perfezione della circolarità di questa argomentazione.
Come indicazione finale che questo procedimento penale può ben presto
essere portato fuori strada, nella settimana scorsa la Corte Penale ha deliberato
per un calcolo scompagnato del tempo assegnato alle due parti, l?Accusa e
Mr. Milosevic, per la presentazione delle loro rispettive argomentazioni.
La decisione va ben lontano di una conta di minuti e dimostra che l?istituzione
è chiaramente in sofferenza rispetto a quello che era stato annunciato come
il ?Processo del Secolo?. Questo bizzarro calcolo del tempo, sconosciuto
nei normali processi, e in madornale contrasto con le procedure conosciute
nel sistema accusatorio, ha il significato di indicare che questo procedimento
si è trascinato tediosamente per le lunghe, e che il Tribunale Internazionale
per i Crimini nella ex Jugoslavia ora rischia di violare l? ?integrità? della
giustizia internazionale nel ?fare di tutto? per continuare in modo schiacciante
a negare un procedimento imparziale all?accusato.
Questa proposta sta in decisa continuità con la realtà di un processo squilibrato
che non è stato mai caratterizzato da imparzialità, ma dalla persistente
violazione dei diritti del Presidente Milosevic e dello stesso diritto internazionale,
dal momento in cui l?imputato veniva accusato, al culmine di una campagna
illegale di bombardamenti, nel corso di una guerra di aggressione contro
la nazione di cui era il legittimo Presidente, da un?Accusa che puntualmente
informava i media sul suo nuovo status, che lo avrebbe squalificato dalla
partecipazione ad una pace negoziata.
Questo processo è stato al contrario, in molte occasioni, lento in modo straziante,
e la vittima principale è stato il Presidente Milosevic, ?trasferito? all?Aia
dopo essere stato sottratto con la forza da una struttura a Belgrado senza
ricorrere ad un tribunale per la giustizia ordinaria ed in violazione della
Costituzione, secondo le indicazioni della Corte Costituzionale Jugoslava
(di allora), e detenuto sotto l?autorità dell?ONU dal 28 giugno 2001.
Desta costernazione notare che la giustizia internazionale, o quello che
tenta di apparire come tale, tolleri i quattro anni e mezzo di detenzione
di un uomo che soffre di una forma di ipertensione difficile da curare, e
che ora sta peggiorando, e utilizzi questa malattia come giustificazione
per imporre un avvocato di ufficio, però solo quando l?imputato ha iniziato
la sua difesa, in un quadro di preoccupazione per la sua salute che risultava
molto meno evidente durante la maratona senza giustificazioni della presentazione
storico/politica delle prove da parte dell?Accusa, Ms. Del Ponte, molte delle
quali assolutamente prive di rilevanza, per andare sul leggero.
Che l?ICTY tenti di addossare a Slobodan Milosevic la responsabilità per
questo interminabile processo, è assurdo. Inoltre, il fatto che la Pubblico
Ministero presentasse le sue accuse, mentre erano in corso ancora le indagini,
per molto osservatori è risultato inspiegabile e decisamente tortuoso.
La difesa di Slobodan Milosevic, sorprendentemente poco riportata dai media,
peraltro minaccia di fare molta luce su quello che egli (e in misura crescente,
i suoi testimoni) ha descritto, non come le ?Guerre Balcaniche?, ma come
un?unica guerra contro la Jugoslavia, uno stato in vita non più a lungo,
i cui ultimi giorni sono stati contrassegnati da bombardamenti aerei mai
visti a Belgrado, se non da parte degli Alleati alla fine della Seconda Guerra
Mondiale e da parte della Germania Nazista nel 1941.
Questa è la guerra che il Presidente Milosevic sta iniziando ad analizzare
nella sua difesa, e questo può ben costituire la ragione per cui improvvisamente
?si sta sprecando tempo?, il ?processo si è trascinato abbastanza?, e ?l?integrità
del procedimento? è ora messa in gioco. Infatti, questa difesa potrebbe
ben rappresentare la vera ?sostanziale turbativa? per fare decadere il processo
e quindi compromettere l?intera istituzione.
http://www.globalresearch.ca/
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Articoli di Tiphaine Dickson pubblicati:
?Elezioni in Iraq sotto occupazione militare: il Canada complice in una parodia
di democrazia?
http://globalresearch.ca/articles/www.globalresearch.ca/articles/DIC501A.html
?Il Tribunale ICTY all?Aia: questa è la ?Camera Stellare?!? di Tiphaine Dickson
http://globalresearch.ca/articles/www.globalresearch.ca/articles/DIC409A.html
?Il Giudice che presiede il processo a Milosevic rassegna le dimissioni;
Cathrin Schütz
intervista la giurista Canadese Tiphaine Dickson?
http://globalresearch.ca/articles/www.globalresearch.ca/articles/DIC402A.html
?Questa è la natura della bestia?: perché il Tribunale ICTY all?Aia non può
prestare attenzione al diritto di Slobodan Milosevic all?autodifesa, di Tiphaine
Dickson e
Aleksandar Jokic
http://globalresearch.ca/articles/DIC410A.html
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Giovedì 10 marzo - Ore 21:15
mediateca comunale
via bernabei (nei pressi di piazza del papa)
PRESENTAZIONE in anteprima nazionale
DEL LIBRO di COSTANTINO DI SANTE (storico):
ITALIANI SENZA ONORE
I CRIMINI IN JUGOSLAVIA E I PROCESSI MANCATI
(1941/1951)
ed. ombre corte - verona
[vedi piu' sotto una scheda del libro]
Interverrà l’autore;
A SEGUIRE
PROIEZIONE DEL FILM/DOCUMENTARIO INEDITO:
FASCIST LEGACY
SUI CRIMINI DELLE TRUPPE ITALIANE IN Jugoslavia,
PRODOTTO DALLA BBC INGLESE E CENSURATO IN RAI;
[ su Fascist Legacy vedi la Scheda filmografica:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1796 ]
La cittadinanza è invitata
ORGANIZZANO:
a.c.u.
gulliver
sinistra universitaria
Giovani Comunisti
foglio canaglia giovanile
Con il Patrocinio dell’istituto regionale di storia
del movimento di liberazione nelle marche
---
Novità in libreria - ombre corte
via a. poerio 9, 37124 verona, tel. 0458301735
Costantino Di Sante (a cura di)
Italiani senza onore
I crimini in Jugoslavia e i processi mancati
(1941-1951)
pp. 170, euro 18,00
Isbn 88-87009-65-1
All'aggressione militare della Jugoslavia da parte italiana dell'aprile
1941 seguì, nei ventinove mesi dell'occupazione, una politica di
"pacificazione" attuata attraverso l'esercizio sistematico e
pianificato della violenza ai danni della popolazione civile.
All'indomani della cessazione della guerra, il governo jugoslavo
presieduto da Tito reclamò, perché potessero essere giudicati, i
militari e civili italiani ritenuti responsabili dei crimini.
Nonostante gli accordi internazionali prevedessero la loro
estradizione, il governo italiano si mosse per evitarne la consegna e
impedire che i processi venissero celebrati, negando di fatto la
possibilità che di quei crimini si potesse serbare una memoria
giudiziaria. Ciò fu possibile anche grazie alle controrelazioni
realizzate nel 1945 dallo Stato Maggiore dell'esercito, nelle quali si
sminuivano le accuse jugoslave, addossando la responsabilità delle
violenze commesse alla guerra fratricida esplosa tra le popolazioni
slave e alle aggressioni portate dal movimento partigiano alle truppe
italiane.
Per la prima volta presentati nella loro interezza, l'atto d'accusa
jugoslavo e i documenti della difesa italiana, qui raccolti e
commentati, risultano uno strumento prezioso per comprendere le logiche
e i metodi che si accompagnarono alla spietata occupazione italiana e
per far luce sulle responsabilità nella copertura e nell'insabbiamento
dei crimini.
Costantino Di Sante è ricercatore presso l'Istituto regionale per la
storia del Movimento di Liberazione delle Marche e responsabile della
Biblioteca provinciale di storia contemporanea di Ascoli Piceno. Tra le
sue pubblicazioni, L'internamento civile nell'ascolano. Il campo di
concentramento di Servigliano 1940-1944 (Ascoli Piceno, 1998) e il
catalogo della mostra Fascismo e Resistenza nel Piceno (Ascoli Piceno,
2003). Ha curato I campi di concentramento in Italia. Dall'internamento
alla deportazione, 1940-1945 (Milano, 2002).
(Fonte: Mailing list Balcani dell'associazione PeaceLink.
http://www.peacelink.it/webgate/balcani/maillist.html )
Data: Mar 1 Mar 2005 10:13:43 Europe/Rome
A: icdsm-italia @yahoogroups.com
Oggetto: [icdsm-italia] CDSM-UK: Three Meetings
[ Tre iniziative pubbliche, questo mese a Londra, del Comitato per la
Pace nei Balcani e della Sezione Britannica del Comitato Internazionale
per la Difesa di Slobodan Milosevic ]
CDSM-UK: Three Meetings
1. Peace in the Balkans Seminar. London, Tuesday 1st March 2005
2. 6th Anniversary of Nato Bombardment - Commemorative Rally. London,
Wednesday 23rd March 2005.
3. CDSM Public Meeting. London, Wednesday 30th March 2005.
"THE AGGRESSORS SHALL NOT WRITE OUR HISTORY"
1) --------------
Peace in the Balkans Public Seminar
ICTY: parliamentary debate report back
Alice Mahon has been allocated time for a parliamentary debate on the
International Criminal Tribunal on Former Yugoslavia on Wednesday 23^rd
February. This seminar will report back on that debate. It takes place
as follows:
TUESDAY 1ST MARCH
With Alice Mahon MP and John Randall MP
7pm to 8.30pm in the Grimmond Room, Portcullis House, London SW1
(above Westminster tube station)
2) ------------------
6th Anniversary of NATO Bombardment
Commemorative Rally
This commemoration will take place on the eve of NATO beginning its
bombardment of Yugoslavia six years ago. Our speakers will be notified
by email and a message left on the Peace in the Balkans phone line (020
7582 6263) at a later date. The meeting takes place as follows:
WEDNESDAY 23RD MARCH
With *Alice Mahon MP *and *John Randall MP*
6.30pm to 8pm, Grand Committee Room, House of Commons, London SW1
*Please note:* in the event that a general election is called and
parliament closes, we will aim to find an alternative venue in central
London for this rally. In this eventuality, please check our answer
phone.
3) --------------------
COMMITTEE TO DEFEND SLOBODAN MILOSEVIC – UK
PUBLIC MEETING
CONWAY HALL
RED LION SQUARE
HOLBORN
LONDON
WEDNESDAY 30th MARCH 7.30p.m.
Speakers include:
NEIL CLARK (Broadcaster & Journalist)
MISHA GAVRILOVIC (British/Serbian Alliance)
IAN JOHNSON (CDSM-UK)
"THE AGGRESSORS SHALL NOT WRITE OUR HISTORY"
==========================
ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27
00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957
email: icdsm-italia @ libero.it
*** CONTRIBUISCI E FAI CONTRIBUIRE:
Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC ***
IL NOSTRO SITO INTERNET:
http://www.pasti.org/linkmilo.htm
IL TESTO IN LINGUA ITALIANA DELLA AUTODIFESA DI MILOSEVIC, IN CORSO
DI REVISIONE E CORREZIONE, E' TEMPORANEAMENTE OSPITATO ALLA PAGINA:
https://www.cnj.it/documentazione/autodifesa04.htm
LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)
==========================
Yalta e degli Accordi di Potsdam, con i quali si concluse la II Guerra
Mondiale ridefinendo i confini nell'Europa Centrale. Dopo lo
squartamento della Jugoslavia e la disgregazione di URSS e
Cecoslovacchia, questi temi non sono piu' tabu', bensi' attualissima
agenda quotidiana delle grandi potenze imperialiste. Per i paesi che
hanno perso la guerra (Germania in testa, ma anche Italia: vedi le
pressioni per Istria e Dalmazia) si tratta di capovolgere gli esiti del
conflitto generato dalla barbarie nazifascista, e trasformare la
sconfitta in trionfo postumo... ]
Streit um Jalta
WARSZAWA/RIGA/BERLIN (Eigener Bericht) - In Polen werden die Ergebnisse
der Konferenz von Jalta angezweifelt und damit auch die Beschlüsse der
Anti-Hitler-Koalition auf Abtretung der Ostgebiete des Deutschen
Reiches. Bei ihrem Konferenztreffen in Jalta auf der Krim hatten die
Weltkriegssieger 1945 beschlossen, das polnische Territorium nach
Westen zu verschieben und die Verluste Warszawas an den östlichen
Grenzen mit deutschen Gebieten zu kompensieren. Zugleich verständigten
sich die Alliierten in Jalta über europäische Einflusssphären, in deren
sowjetischen Bereich u.a. Polen geriet. Jalta sei ,,kein Anfang einer
neuen Friedensordnung in Europa, sondern auch der Anfang einer neuen
Versklavung in Mittel- und Osteuropa", heißt es unter polnischen
Abgeordneten im Europa-Parlament. Scharfe Kritik an der
Nachkriegsordnung äußern auch hochrangige Politiker aus den baltischen
Staaten. Die Auseinandersetzungen gipfeln in Streitigkeiten über die
Teilnahme an den Moskauer Feierlichkeiten zum 60. Jahrestag der
Befreiung vom Nationalsozialismus. Die für den 9. Mai geplante Reise
der Staatsoberhäupter in die russsische Hauptstadt müsse unterbleiben,
da sie einer Anerkennnung des angeblichen ,,Unrechts" von Jalta
gleichkomme, argumentieren polnische Außenpolitiker. Die Aktivitäten
osteuropäischer Jalta-Kritiker kommen Berliner Revisionsbestrebungen
zugute, die auf eine völlige Delegitimierung sämtlicher
Deutschlandbeschlüsse der USA, der UdSSR und Großbritanniens abzielen
(Potsdamer Abkommen).
mehr
http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1109030660.php
Litiges à propos de Yalta
VARSOVIE/RIGA/BERLIN (Communiqué interne) - Les conclusions de la
conférence de Yalta, et par ce fait également les décisions de la
coalition anti-hitlérienne concernant les cessions de la partie
orientale du Reich allemand, sont mis en doute en Pologne. Lors de la
conférence de Yalta, en Crimée, en 1945, la puissance victorieuse avait
décidé de décaler le territoire polonais vers l'ouest et de compenser
les pertes de Varsovie le long des frontières à l'est par des
territoires allemands. En même temps les alliés se mirent d'accord à
Yalta sur des sphères d'influence européenne, soviétiques par exemple
sous lesquelles fut placé la Pologne entre autres. Selon des députés
polonais au parlement européen Yalta n'aurait pas été ,,seulement le
début d'un nouvel règlement de paix en Europe, mais, de plus, le début
d'un nouvel esclavage de l'Europe centrale et de l'Est". D'éminents
politiciens des états baltes ont émis aussi de sérieuses critiques à
l'égard du règlement de l'après guerre. Les controverses culminent à
propos de la participation aux cérémonies moscovites du 60ème
anniversaire de la libération du national-socialisme. L'argumentation
des politiciens en affaires étrangères polonais repose sur le fait que
le voyage des chefs d'états dans la capitale russe, prévu le 9 mai,
devrait être évité car il équivaudrait à une reconnaissance de la
supposée ,,injustice" de Yalta. Les activités des critiques est-
européens de Yalta arrangent les efforts de révision berlinois qui
visent à la totale délégalisation de toutes les décisions des USA, de
l'Union soviétique et de la Grande-Bretagne concernant l'Allemagne
(accords de Potsdam).
L'Article
http://www.german-foreign-policy.com/fr/news/article/1109026801.php