Informazione
Facoltà di Sociologia
Laurea Specialistica in Programmazione e gestione delle politiche e dei
servizi sociali
Opera Nomadi di Milano
Bicocca per la pace
Lunedì 18 aprile 2005
Aula Tesi, 2 piano, Edificio U7
via Bicocca degli Arcimboldi, 8 Milano
Il Porrajmos dimenticato.
Rom e sinti in Europa ieri e oggi.
Programma
h. 15.00
Saluto: Enzo Mingione Preside della Facoltà di Sociologia
Introduzione: Alberto Giasanti Coordinatore del Corso di laurea
specialistica
Presentazione del libro "Il Porrajmos dimenticato. La persecuzione di
rom e sinti in Europa", edito dall’ Opera Nomadi, con DVD in allegato.
Intervengono:
Erika Rossi, Francesco Scarpelli curatori del volume e del DVD
Giorgio Bezzecchi, Maurizio Pagani Opera Nomadi di Milano
Modera: Flavia Mammoliti Bicocca per la Pace
Proiezione di un estratto del documentario
"Porrajmos, una persecuzione dimenticata",
realizzato da Drop Out Officina dell'Immagine per l'Opera Nomadi di
Milano con la regia di Francesco Scarpelli e Paolo Poce.
Intervengono:
Barbara Bracco Università di Milano-Bicocca
La morte di massa e lo sterminio delle minoranze nell’Europa del ‘900.
Zoran Lapov -Università di Firenze
La discriminazione dei rom e dei sinti nei paesi dell’Unione Europea.
Conclusioni: Tommaso Vitale - Università di Milano Bicocca
Alle 17.30 sarà inaugurata la mostra fotografica di Paolo Poce, con la
presenza dell’autore e di un gruppo di musicisti sinti.
1. FOIBE: LA MEMORIA NEL POZZO
di Marco Santopadre, per "La Rinascita della Sinistra"
2. La verità nel pozzo, ovvero come si costruisce il senso comune
fascista
di Gino Candreva
3. L'irredentista triestino Menia contro Giacomo Scotti per le sue
dichiarazioni sulla campagna revanscista e revisionista italiana
4. Perchè tutto questo? CROAZIA: UNIONE ISTRIANI RILANCIA RESTITUZIONE
DEI BENI (ANSA 25 MARZO)
ALTRI LINK:
Conseguenze sui rapporti Italia-Slovenia-Croazia
della operazione revisionista-revanscista
"Giornata del Ricordo + Il cuore nel pozzo"
JUGOINFO Lun 14 marzo 2005
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4315
(VEDI ANCHE TUTTI I LINK IVI SEGNALATI)
Battibecchi su "Il cuore nel pozzo" su Osservatorio Balcani: "Buon
senso in fondo al pozzo"
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3886/1/67/
La memoria delle foibe in Istria: intervista a Giacomo Scotti
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3884/1/51/
oppure
JUGOINFO Mer 16 Feb 2005
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4259
Una esule istriana ci scrive
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4239
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4255
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4345
A PROPOSITO DEL FILMATO IL CUORE NEL POZZO IN PROGRAMMAZIONE RAI
Comitato contro le falsificazioni storiche (Trieste)
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/altri.htm#falsificazioni
Iniziativa dell'Associazione Promemoria su "Il cuore nel pozzo" /
Promemoria - Društvo za zašcito vrednot protifašizma in protinacizma
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/altri.htm#promemoria
IN MERITO AL FILM “IL CUORE NEL POZZO”
PRODOTTO DA ANGELO RIZZOLI PER RAI FICTION
redazione de "La Nuova Alabarda" (Trieste)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3793
=== 1 ===
articolo pubblicato dal settimanale La rinascita della sinistra del 18
marzo 2005
FOIBE: LA MEMORIA NEL POZZO
Di Marco Santopadre
Mentre Rai 1 trasmetteva la sua fiction revisionista, a Trieste la
Kappa Vu presentava la 2a edizione del libro “Operazione Foibe. Tra
mito e realtà” di Claudia Cernigoi, un tentativo di inserire quelle
vicende, strumentalizzate dalla destra italiana con l’accondiscendenza
di una parte del centrosinistra, nel giusto contesto storico.
«Quando ho deciso di fare questa nuova versione non pensavo che ci
saremmo trovati nel mezzo di una operazione di revisione storica così
aggressiva. Le cose che i mass media riportano hanno dell’incredibile,
spesso si tratta di episodi inventati oppure di stragi realmente
compiute dai nazisti ma ora attribuite ai partigiani.» Un’ondata di
odio antislavo e antipartigiano senza precedenti. «Non si può prendere
a calci la storia così, piegarla ai propri meschini interessi politici.
Senza contare le ripercussioni negative sulla precaria convivenza in
queste regioni di frontiera tra le varie comunità etniche e
linguistiche.»
Intanto si allunga la lista degli “esuli” italiani che pretendono un
risarcimento economico da Croazia e Slovenia, già 14.000. «In teoria
era l’Italia che avrebbe dovuto indennizzare gli italiani che
abbandonarono la Jugoslavia. In base ad un patto siglato con Belgrado
l’Italia, invece di pagare gli ingentissimi danni di guerra per le
distruzioni prodotte dal suo esercito, avrebbe versato risarcimenti
agli italiani per i beni abbandonati.»
La sensazione, aggiunge l’autrice triestina, è che dietro tutto ciò «ci
sia una manovra oscura di dimensioni europee, rivelata dai collegamenti
che si stanno sviluppando coi cosiddetti “esuli” tedeschi dei Sudeti e
della Polonia.»
Il revisionismo ha due aspetti: la falsificazione della realtà, che
porta ad aumentare senza nessuna prova il numero delle vittime delle
foibe, arrivando a decuplicarle, e un altro aspetto di
decontestualizzazione degli eventi. La tesi alla base della Giornata
del Ricordo è che, alla fine della Seconda guerra mondiale, sconfitti
gli eserciti repubblichino e nazista che occupavano le regioni di
frontiera tra Italia e Jugoslavia, i partigiani jugoslavi operarono una
scientifica pulizia etnica anti-italiana. Migliaia di cittadini di
lingua e cultura italiana, per il solo fatto di essere tali, sarebbero
stati buttati nelle foibe oppure espulsi dalle loro terre. «I territori
liberati dall’esercito jugoslavo nel 1945 non erano abitati solo da
italiani. In molti casi gli italiani uccisi erano o rappresentanti
diretti del governo e dell’esercito occupante, oppure funzionari delle
amministrazioni fasciste, oppure possidenti e imprenditori a volte
arrivati da altre regioni e utilizzati dal fascismo come elementi di
italianizzazione. Erano elementi riconducibili al potere fascista e
all’occupazione militare e coloniale italiana.» Non si può quindi
parlare di pulizia etnica ai danni degli italiani in quanto categoria
etnica, linguistica o nazionale. Che ci siano stati casi di vendette
private è indubbio, cosa inevitabile in un’area sconvolta dalla guerra.
«Anche prima di diventare fascista, l’Italia uscita vincitrice dalla
Prima guerra mondiale impose nei territori slavi recentemente acquisiti
- Istria e parte della Slovenia continentale – un processo di
nazionalizzazione forzata che arrivò al punto di vietare i nomi slavi e
di proibire l’uso delle lingue slave in pubblico: le persone, le città
e le vie furono italianizzati a forza, furono chiuse le scuole locali.»
La stessa politica operata da Roma anche nei territori di lingua
tedesca.
«All’inizio della Seconda Guerra mondiale l’esercito italiano occupò la
Slovenia fino a Lubiana, operando eccidi e deportazioni di massa,
bruciando i villaggi e compiendo una lunga serie di crimini di guerra,
aiutati dai collaborazionisti slavi Ustascia e Domobrani.»
E’ in questo contesto che va inserita la vicenda delle foibe. Non una
vendetta etnica quindi, ma il tragico risultato di decenni di
repressione contro gli slavi e contro gli oppositori del fascismo.
«Molti italiani furono giustiziati in quei giorni, per la maggior parte
esponenti del regime e dell’esercito occupante regolarmente processati
e condannati dai tribunali partigiani. Molti criminali fascisti si
salvarono solo perché le autorità italiane del dopoguerra si
rifiutarono di punirli adeguatamente o di estradarli in Jugoslavia.»
Se si trattava di una enorme pulizia etnica come sostiene la nuova
versione revisionista, come si spiega che i tanti cittadini di lingua e
cultura italiana che decisero di rimanere nell’Istria jugoslava dopo il
’45 godettero di diritti assai maggiori di quelli garantiti dall’Italia
ai propri cittadini di lingua slovena?
=== 2 ===
http://www.geocities.com/prcschio/documentiworld/laveritanelpozzo.rtf
La verità nel pozzo, ovvero come si costruisce il senso comune fascista
“a Pola xe l’Arena/ la Foiba xe a Pisin
che i buta zo in quel fondo/ chi ga certi morbin”
(Canzoncina fascista antislava)
Una volta la formazione della “coscienza nazionale” era affidata ai
grandi romanzi storici, Ettore Fieramosca o Marco Visconti, senza voler
scomodare I promessi sposi, o a poeti come Foscolo e Alfieri, le cui
ossa fremevano amor di patria. Quando a chiamare l’Italia “patria”
erano in maggioranza. Ora bisogna accontentarci di Alberto Negrin e Leo
Gullotta, artisti (ci dicono) di sinistra, prestati (speriamo
temporaneamente) alla destra, e del loro Cuore nel pozzo, una “fiction”
storica, che però non è un romanzone storico, che parla di foibe ed
esodi e vanta la consulenza di Giovanni Sabbatucci, ma è un “racconto
di sentimenti” senza pretese storiche, come dice il suo regista. Questa
sfilza di affermazioni che si contraddicono dovrebbero evitare allo
sceneggiato una critica storica e una critica estetica. Non si può
criticare sul piano scrupolosità storica una storia di sentimenti, e
come si può dare un giudizio estetico a una tragedia così struggente,
senza cadere nella prosaicità e nell’insensibilità?
In realtà il senso del Cuore nel pozzo è un’operazione politica tesa
alla costruzione di un senso comune nazionalista anticomunista,
utilizzando il capro espiatorio della “violenza slava” contro i poveri
italiani, progettata a tavolino dal ministro neofascista della Cultura
popolare Gasparri, già dal 2002. In un’intervista alla Stampa, il 18
aprile 2002, Gasparri dichiarava: “Penso che sarebbe più efficace una
fiction che raccontasse la storia di una di quelle povere famiglie.
Sono grandi tragedie. Come quella dell'Olocausto o di Anna Frank.” E la
Rai ha servilmente ubbidito alle direttive del Goebbelsino di casa
nostra. Una Rai che non ha mai mandato in onda Fascist Legacy,
documentario della Bbc sui crimini italiani in Jugoslavia, Libia e
Etiopia, acquistato già dal nel 1989. In un paese nel quale in pratica
si vieta la proiezione del Leone del deserto, film sulla resistenza
araba all’occupazione italiana della Libia.
Che si tratti di un’operazione politica è dimostrato anche dalla
proiezione dell’anteprima alla vigilia e nella stessa sede, il Palazzo
dei Congressi all’Eur di Roma, della conferenza di celebrazione dei 10
anni di Alleanza Nazionale, ovvero dalla vestizione in doppiopetto del
partito neofascista che, è bene ricordarlo, mantiene ancora nello
stemma il catafalco di Mussolini. E dal sito di An si accede
direttamente, tramite un link, a quello dello sceneggiato. “Fiction”
servita, dunque. Che si tratti di una strumentalizzazione orchestrata a
tavolino se ne deve essere accorto lo stesso Leo Gullotta, che a un
certo punto ha abbandonato la sala dell’anteprima.
Una fiction che fa scempio della verità storica, anch’essa finita nel
pozzo, infoibata con i corpi di tanti innocenti, slavi e italiani, la
cui fine è da addebitare a una guerra, voluta dai nazifascisti, di
aggressione alle popolazioni Jugoslave. E non al sadismo di qualche
capo partigiano jugoslavo come Novak.
Già a partire dai titoli di testa lo sceneggiato prende per buone le
cifre delle “migliaia e migliaia” di infoibati. Cifra diffusa
dall’estrema destra, già a partire dalla riconquista italotedesca del
1943, poi rafforzata nel dopoguerra da “storici” come Luigi Papo e
altri. Dopo la breve parentesi del potere popolare nel 1943, il ritorno
dei nazifascisti è stata accompagnata da esecuzioni di massa di
partigiani e civili, antifascisti jugoslavi e soldati italiani che non
volevano combattere nelle file della Rsi. A giustificare queste
rappresaglie venne costruita la menzogna delle migliaia di infoibati
italiani. Le denunce di scomparsi, dopo il 1943 e dopo il 1945, in
totale sono di circa 10.500, tra vittime degli scontri e della guerra
di liberazione, morti in combattimento o nei campi di concentramento,
tra italiani e jugoslavi. Gran parte di questi erano collaborazionisti
e fascisti, tantissimi gli slavi e gli antifascisti infoibati durante
il ventennio o tra il ’43 e il ‘45. Giacomo Scotti, nel suo “Le foibe
fasciste che nessuno ricorda”, riporta che su 400 vittime nelle foibe
istriane del 1943 oltre la metà avevano cognomi slavi italianizzati. Lo
stesso Scotti, citando fonti triestine, tra cui lo storico Galliano
Fogar o l’ex sindaco di Trieste, riporta le vittime degli infoibamenti
ad alcune centinaia.
Eppure la sola federazione fascista di Trieste, già nel 1921, conta
circa 14.000 iscritti. E’ la più importante d’Italia. Mentre decine di
migliaia di italiani, fascisti o semplicemente opportunisti, avevano
partecipato alla cacciata degli slavi dalle loro terre, alla
spoliazione delle loro proprietà. La politica di snazionalizzazione di
Mussolini venne perseguita tramite l’espulsione di croati e sloveni e
l’incoraggiamento agli italiani perché occupassero le terre
abbandonate. La canzoncina riportata in testa (riferita da un
intervento di Giacomo Scotti) minaccia di infoibamento chiunque si
opponga all’italianizzazione delle terre slave di confine. Nonostante
questo, non si sviluppò tra le popolazioni slave un odio antitaliano,
in quanto tale. E contrariamente a quello che racconta l’alpino
Fiorello nello sceneggiato, i titini salvarono migliaia e migliaia di
soldati italiani. Alcuni si unirono all’Esercito di liberazione
jugoslavo, come la divisione “Garibaldi” in Montenegro, diretta da
ufficiali badogliani, che combatterono fianco a fianco degli jugoslavi
contro i nazifascisti; altri vennero rifocillati e fatti tornare a
casa; altri ancora ospitati dalla popolazione serba, croata o slovena
fino al termine della guerra. Scotti ricorda ancora l’episodio dei
3000 marinai di leva che vennero imbarcati su un treno diretto in
Germania per essere deportati, scortati da qualche centinaio di
tedeschi, che li avevano ricevuti in consegna dai “patrioti” della
Repubblica di Salò. Bene, i partigiani jugoslavi fermarono il treno e
liberarono i marinai italiani, che così, aiutati dalle popolazioni
locali, riuscirono a raggiungere l’Italia. Alcune decine si unirono ai
partigiani nella loro lotta di liberazione. Come racconta Tomislav
Ravnic,[segretario delll’Unione soldati antifascisti della Croazia],
gli antifascisti croati sono sconvolti dal fatto che i media italiani
scrivano che i partigiani uccidevano gli Italiani solo in quanto
Italiani. "Questa è una menzogna – dichiara Ravnic – quando nel 1943
abbiamo catturato 15.800 soldati italiani, non gli è successo nulla.
Avevamo un rapporto umano nei confronti dei prigionieri italiani. E'
per questo che io dico a Berlusconi, a Fini e alla compagnia che
dovrebbero inchinarsi di fronte ai nostri soldati che hanno salvato
migliaia di persone. I partigiani non hanno ucciso gli Italiani, ma i
fascisti che sono stati condannati dai Tribunali nazionali." (riportato
dal sito Osservatorio sui Balcani, 7 febbraio 2005)
Quindi la “confessione” di Ettore-Fiorello al Don Bruno-Gullotta è
priva di ogni fondamento.
In realtà la fiction confonde volutamente due periodi storici,
riportando episodi del 1943 al 1945. Ma forse al momento Sabbatucci era
distratto. Lo scopo è una mistificazione ideologica ben precisa. Si
vuol dare infatti l’idea del soldato italiano sbandato, che appartiene
a dopo l’armistizio del 1943. Ma la vicenda si svolge nel 1945, dopo il
ritiro tedesco. Anche allora c’erano “soldati” italiani, ma erano
quelli che avevano scelto, volontariamente, di combattere nelle file
della Rsi. Altro che soldati pacifisti. Sul piano della ricostruzione
regge poco l’escamotage che Ettore-Fiorello è un reduce dell’Armir,
soprattutto quando si rimprovera d’aver abbandonato il fucile. Oggi
sappiamo che oltre 600.000 militari italiani rifiutarono di combattere
per il Duce dopo l’8 settembre e per questo furono deportati in campi
di concentramento in Germania. Coloro che continuarono la guerra erano
volontari della morte, torturatori, aguzzini. Ebbene, un gruppo di
questi volontari di Salò, guidati da Ettore-Fiorello, a un certo punto
si trovano di fronte il sadico partigiano Novak e la sua banda, li
disarmano e… li lasciano andare incolumi, senza un graffio. Qual è il
messaggio? Gli italiani tutti buoni, anche i torturatori fascisti; gli
slavi tutti sadici, assassini, “slavocomunisti”. Lo stesso Novak, come
ci informa il sito dello sceneggiato, vuole rapire il figlio “per
eliminarlo” ( – sintesi). Dunque, un partigiano slavocomunista che
ammazza la madre di suo figlio oltre a qualche decina di altri poveri
disgraziati, che insegue per mezza Istria un gruppo di bambini condotti
da un sacerdote e un repubblichino pacifista, solo per rapire il figlio
allo scopo di eliminarlo. Nel frattempo distrugge qualche villaggio e
incendia qualche asilo, giusto per non stare con le mani in mano. E’ la
moderna favola dei comunisti che mangiano i bambini, solo che gli
slavocomunisti sono più raffinati: prima li arrostiscono. Il tutto
condito dai consigli per gli acquisti di sottilette, shampoo
antiforfora o cioccolatini vari.
Leo Gullotta spiega che “è un'occasione innanzitutto per accendere una
fiammella sul totale silenzio dopo 60 anni”. E’ il solito ritornello.
Ogni volta si “scopre” la storia dall’inizio. Nessuno che dica “non
sapevo nulla nonostante la copiosa pubblicistica”. Eppure sono almeno
quaranta anni che si parla delle vicende belliche al confine orientale,
incluse le foibe, come il libro di Mario Pacor Confine orientale, ed.
Feltrinelli, 1964. Da allora si sono succedute centinaia di
pubblicazioni più o meno scientifiche sull’argomento. Mentre però la
ricerca storiografica ha segnato dei progressi importanti, anche se di
valore disomogeneo, con studi più recenti, da Raoul Pupo a Tone Ferenc,
a Giacomo Scotti a Claudia Cernigoi, a numerosi altri, l’estrema destra
oggi al governo ripropone tesi e personaggi legati alla Repubblica
sociale italiana e al fascismo, come Luigi Papo di Montona (Paolo de
Franceschi), ex ufficiale della Guardia nazionale repubblicana
fascista, responsabile della “Zona di operazioni litorale adriatico”,
tra i più prolifici difensori della tesi del “genocidio nazionale” e
della minaccia “slavocomunista”, i cui testi sono copiosamente
acquistati con denaro pubblico e regalati con non richiesta generosità
dalle Amministrazioni locali di destra a scuole e biblioteche.
Di parlare se ne è parlato e si continua a parlare; che non se ne parli
come vorrebbero i neofascisti al governo è un’altra faccenda.
Ed è il senso dell’operazione Il cuore nel pozzo. Fabbricare un
immaginario collettivo nazionalista attorno al programma politico di
Alleanza Nazionale. Ma non si tratta solo di un’operazione di basso
profilo elettorale. Costituisce il tentativo di rileggere la storia
d’Italia come storia della continuità della legittimità delle classi
dominanti, da quella liberale alla fascista a quella attuale. In questo
contesto tutti i crimini dell’imperialismo vengono sottaciuti, perché
commessi nell’interesse nazionale, dal massacro delle popolazioni
etiopi e jugoslave, ai bombardamenti sulla Serbia, all’intervento in
Irak. Questo consenso nazionalista è veramente “bipartisan”, unendo
nello stesso abbraccio Violante e Fini, D’Alema e donna Almirante.
Da qui la mitologia della “morte dello Stato” dopo l’8 settembre,
rappresentata dalla sconfitta di Ettore-Fiorello, la costruzione
dell’eterno nemico slavo che preme alle porte orientali (come dice
Papo) rappresentato dal sadico Novak, la celebrazione
dell’identificazione nazionale col clericofascismo, rappresentato dai
buoni soldati italiani e da Don Bruno-Gullotta. E’, detto in termini
gramsciani, un’operazione di egemonia culturale finalizzata al dominio
politico. Quando An parla di “memoria condivisa” a proposito delle
foibe, in realtà intende questo consenso nazionalista antislavo e, più
in generale, sulla condivisione degli interessi del capitalismo
nazionale italiano. Il cuore nel pozzo è stato accolto con entusiasmo
nei circoli più estremi del fascismo triestino; la platea
dell’anteprima a Roma era composta solo da esponenti di Alleanza
Nazionale. D’altro canto in Slovenia e Croazia lo sceneggiato è stato
accolto con comprensibile timore e preoccupazione. Invece di chiedere
scusa per gli oltre 300.000 jugoslavi uccisi dai nazifascisti, li si
tratta da assassini e sadici torturatori. Un revanscismo antislavo che
sembrerebbe anacronistico oggi che la Slovenia e la Croazia stanno per
essere ammessa nell’Ue. Eppure ha un suo motivo profondo.
L’imperialismo italiano ha contribuito in maniera decisiva alla
dissoluzione dell’ex Jugoslavia, sostenendo economicamente,
politicamente e militarmente i nazionalisti che precipitavano la
Federazione nella carneficina. E oggi cerca di rinfocolare gli odi
etnici per sgretolare gli staterelli sloveno e croato, inglobando
nell’Italia le regioni di confine, in particolare l’Istria e la
Dalmazia, che non ha mai cessato di considerare parte del “mare
nostro”. E’ la vecchia aspirazione di Mussolini espressa in un discorso
del 20 settembre 1920 a Pola: “per realizzare il sogno mediterraneo
bisogna che l’Adriatico, che è un nostro golfo ,,, sia in mani nostre;
di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara”. Da qui il
giorno del ricordo, il 10 febbraio, votato alla quasi unanimità dal
Parlamento. Il 10 febbraio, giorno dei trattati di pace del 1947, o,
come si dice dalla parte dei fascisti, del Diktat imposto all’Italia.
Ma questa è un’altra storia, sulla quale cercheremo di tornare.
Gino Candreva
10 febbraio 2005
=== 3 ===
[ Per le dichiarazioni di Giacomo Scotti vedi:
La memoria delle foibe in Istria: intervista a Giacomo Scotti
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3884/1/51/
oppure
JUGOINFO Mer 16 Feb 2005
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4259 ]
http://www.ilmanifesto.it
Da "Il Manifesto" del 23/2/2005, a pagina 8
Ha raccontato la vera storia delle foibe. An chiede al governo di
togliergli la pensione
Menia «interroga»
Il deputato fascista triestino, con tipico stile intimidatorio, chiede
a cinque ministri di indagare sullo storico dalla doppia cittadinanza
MATTEO MODER
TRIESTE
«Sono i soliti fascisti». E' afflitto e preoccupato Giacomo Scotti,
collaboratore del Manifesto dalla Croazia, scrittore, storico,
esponente di spicco dell'Unione italiana, fatto oggetto da quello che
lui definisce un atto «intimidatorio e persecutorio» da parte del
deputato triestino di An, Roberto Menia, che ha presentato
un'interrogazione a 5 ministri sul fatto che Scotti, con altri
cittadini sloveni e croati, di nazionalità italiana, percepisce la
pensione sociale dall'Italia. «Ci sono cittadini sloveni e croati che
hanno una falsa residenza a Trieste per godere dei servizi
pensionistici e sanitari italiani» scrive Menia, prendendo Scotti come
capro espiatorio e riproponendo a distanza di qualche anno la polemica
innescata dai fascisti sugli «infoibatori slavocomunisti» che
prendevano la pensione dall'Inps per aver servito sotto l'Italia. Il
deputato di An chiede ai ministri un'indagine sulle doppie residenze e
di verificare eventuali abusi «di tipo previdenziale e elettorale»,
magari con l'apertura di un'indagine della magistratura.
«Non è la prima volta che Menia sfoga il suo livore contro di me -
spiega Scotti - anche il 9 febbraio a Trieste ha ripetuto che Giacomo
Scotti, "che lasciò l'Italia per rifugiarsi nel paradiso comunista
jugoslavo, risulta residente a Trieste e perciò ho interrogato il
Governo per sapere se magari questo signore prende la pensione
dall'Italia per fare un lavoro sporco, così come c'è qualcuno che
infoibava eppure prende la pensione dell'Inps"...». «Menia non lo dice
- afferma lo storico - ma gli dà fastidio la mia attività nell'Unione
italiana di cui sono vicepresidente e contro la quale ha presentato
un'altra interrogazione contro il presidente Maurizio Tremul:
un'offensiva pianificata e mirata - continua - che coinvolge anche
altri connazionali con doppia residenza e doppia cittadinanza, come lo
consente agli esponenti della minoranza italiana una legge italiana del
1991».
«Sono decenni che faccio la spola tra le due sponde dell'Adriatico a
"intessere ponti"- continua Scotti - e Menia finge di ignorare che io
nel cosiddetto paradiso comunista ho sofferto l'inferno. Solo che non
speculo su questo. Come scrittore, storico, pubblicista - precisa -
penso di aver contribuito al risveglio culturale della minoranza
italiana in Istria e nel Quarnero pubblicando 120 volumi, centinaia e
centinaia di articoli e saggi, in cui ho difeso e difendo la lingua e
la cultura italiana in Istria, Fiume e Dalmazia. Ho denunciato i
crimini del regime jugoslavo nel mio citatissimo Goli Otok. Il Gulag di
Tito. Dire che l'autore di queste opere prende la pensione italiana per
fare "un lavoro sporco" è terribile. Si sputa - spiega - addosso a un
italiano solo perché è un uomo di sinistra, lo si tratta da nemico da
distruggere e privarlo anche del pane se possibile».
Scotti percepisce in Italia la pensione, ma quella di povertà o assegno
sociale di 500 euro al mese. A Fiume ha un domicilio, la residenza a
Trieste, da circa 7 anni. «Ho la pensione sociale italiana da quando
raggiunsi i 65 anni di età - oggi ne ho 76 - perché essendo spessissimo
disoccupato per motivi politici e avendo conosciuto due volte la galera
in quel regime, ho fatto lavori precari, traduzioni dall'italiano e
dallo jugoslavo, ma anche il facchino. Dopo l'ultimo definitivo
licenziamento che mi colpì nel 1981 (una recensione non gradita al
regime), in Jugoslavia avevo accumulato troppi pochi anni di lavoro per
poter usufruire di una pensione minima. Con la vecchiaia e avendo la
residenza in Italia ho chiesto e ottenuto la pensione sociale quella
che ora Menia vorrebbe portarmi via assieme alla carta sanitaria. Ho
due cittadinanze, e amo due terre, può l'onorevole Menia proibirmi di
essere quello che sono?».
All'interrogazione-provocazione di Menia avranno certo contribuito i
rigorosi servizi di Scotti sulle foibe istriane pubblicati dal
Manifesto e anche che Claudio Magris nel suo importante editoriale
sulle foibe sul Corriere della Sera si sia direttamente rifatto a lui.
«Per motivi elettorali - prosegue - a ondate, Menia e i suoi parlano
sempre con lo stesso linguaggio dei giornali fascisti del 1943:
slavo-comunisti, infoibatori, nemici della patria - rileva - loro che
la patria l'han tradita in mille modi. Dicono che hanno combattuto per
conservare l'Istria. Ma la Decima Mas, i repubblichini, erano al
servizio della Gestapo e delle SS e hanno bruciato 500 villaggi in
Istria, vendicandosi così dei cosiddetti infoibatori. Per 230 infoibati
in Istria nell'insurrezione del settembre `43 , e io rispetto davvero
queste vittime, ne hanno ammazzati oltre 5.000 dal 4 ottobre fino a
dicembre 1943, deportandone 17mila nei lager nazisti. Hanno una memoria
parziale - sottolinea - ricordano solo quello che fa comodo a loro. Non
si parla del genocidio fascista, né di collaborazionismo, né delle
decine e decine di lager fatti durante l'occupazione italiana di
Slovenia, Dalmazia e Montenegro». «Perché questo accanimento? Perché
sono i soliti fascisti...».
=== 4 ===
CROAZIA: UNIONE ISTRIANI RILANCIA RESTITUZIONE DEI BENI
(ANSA) - TRIESTE, 25 MAR - Una serie di iniziative volte a porre l'
accento sulla questione della restituzione agli esuli istriani,
giuliani e dalmati dei beni abbandonati, quale condizione per l'
adesione della Croazia all' Unione europea saranno avviate dalla
prossima settimana dall' Unione degli Istriani. Critiche sono state
rivolte ai massimi rappresentanti del governo italiano dal presidente
dell' associazione Massimiliano Lacota, che denuncia in una nota quella
che definisce ''la chiara volonta' di questo governo di rinunciare
definitivamente alla restituzione dei beni agli esuli''. Prendendo
atto, infine, della diversita' di vedute registrate tra le stesse
associazioni di esuli, Lacota ha richiamato a ritrovare, almeno su
questa questione, una unita' di intenti.(ANSA). CNT
25/03/2005 17:21
[ Si terrà a Berlino, i giorni 9 e 10 aprile p.v., una importante
Conferenza Internazionale sul necessario risarcimento - ancora di là da
venire - di molte delle vittime del nazismo (serbi, greci, russi, gli
italiani di S. Anna di Stazzema, i deportati...) da parte dello Stato
tedesco. Si parlerà anche della finora mancata condanna di tanti dei
responsabili di quei crimini.
Per contatti ed ulteriori informazioni:
AK Distomo, c/o Anwaltsbüro Martin Klingner,
Budapester Str. 49, D - 20359 Hamburg
Tel. ++ 49 (0) 40 439 60 01 Fax: ++ 49 (0) 40 439 31 83
E-Mail: compensation @ zeromail.org
http://www.ns-opfer-entschaedigen.org ]
Quelle: W. Schulz
----- Original Message -----
From: Bernhard Thiesing
To: Bernhard Thiesing
Sent: Saturday, March 05, 2005 3:03 PM
Subject: Internationale Konferenz am 9./10. April in Berlin
NS-Opfer entschädigen - NS-Täter bestrafen!
Internationale Konferenz am 9./10. April 2005 in Berlin
Der Arbeitskreis Distomo veranstaltet gemeinsam mit dem Arbeitskreis
Angreifbare Traditionspflege und Support for Survivers of Nazi
Persecution International am 9. und 10. April 2005 in Berlin die
Konferenz "NS-Opfer entschädigen - NS-Täter bestrafen". 60 Jahre nach
der Befreiung vom Nationalsozialismus sind zahlreiche NS-Opfer nie für
ihr Leid entschädigt worden.
Tausende NS-Täter mussten dagegen nie eine strafrechtliche Verurteilung
oder auch nur Verfolgung befürchten. Die Bundesrepublik Deutschland
lehnt die legitimen Anliegen vieler Opfergruppen nach wie vor ab.
Die Konferenz bilanziert die bisherige deutsche Entschädigungspolitik.
Überlebende von NS-Verbrechen berichten über ihre Erlebnisse,
Erfahrungen und Forderungen. Mitglieder von Opferverbänden, Juristen
und Historiker informieren über den aktuellen Stand von
Kompensationsklagen und die Praxis der Strafverfolgung von NS-Tätern.
Es geht darum, Organisationen von Überlebenden und ihre Unterstützer zu
vernetzen sowie Strategien zur Durchsetzung konkreter Forderungen zu
entwickeln.
Als Referenten haben unter anderen zugesagt: Argyris Sfountouris
(Überlebender des Massakers in Distomo 1944), Ioannis Stamoulis
(Rechtsanwalt, Griechenland), Dragan Novovic (Verband der NS-Opfer aus
Serbien und Montenegro), Joachim Lau (Rechtsanwalt, Italien), Pavel
Polian (Universität Freiburg i. Br., Autor des Buchs "Deportiert nach
Hause. Sowjetische Kriegsgefangene im 'Dritten Reich' und ihre
Repatriierung"), Christiaan F. Rüter (Institut für Strafrecht der
Universität Amsterdam, Verfasser von "DDR-Justiz und NS-Verbrechen")
sowie Ingo Müller (Universität Bremen, Autor des Buchs "Furchtbare
Juristen" über NS-Richter und ihre Karriere in der Nachkriegszeit).
Bitte weisen Sie in Ihrem Medium, insbesondere auch auf Ihrer Website,
oder per Weiterleitung dieser E-Mail auf die Tagung im April hin! Die
Konferenz kostet Geld. Deshalb wird dringend um finanzielle Zuwendungen
auf folgendes Konto gebeten: Kontoinhaber: wei ji, Kontonummer 7079500
bei der Bank für Sozialwirtschaft, Bankleitzahl (BLZ) 370 205 00.
Zweckgebundene Spenden können - steuerlich absetzbar - auch auf das
Konto des Landesverbands Hamburg der Vereinigung der Verfolgten des
Naziregimes - Bund der Antifaschistinnen und Antifaschisten (VVN-BdA)
überwiesen werden.
Die Bankverbindung der VVN-BdA Landesverband Hamburg lautet: Hamburger
Sparkasse (HASPA), Kontonummer 1206127183, BLZ 200 505 50. Bis zum
Betrag von 50 Euro genügt dem Finanzamt der Einzahlungsbeleg. Bei
größeren Beträgen muss bei der Überweisung die Anschrift (Str.,
Hausnr., PLZ, Ort) angegeben werden, damit eine entsprechende
Spendenbescheinigung zugesandt werden kann. In beiden Fällen das
Stichwort "Entschädigungskonferenz April 2005" nicht vergessen!
Kontakt:
AK Distomo, c/o Anwaltsbüro Martin Klingner, Budapester Str. 49, D -
20359 Hamburg
Tel. ++ 49 (0) 40 439 60 01 Fax: ++ 49 (0) 40 439 31 83
E-Mail: compensation @ zeromail.org
Weitere Informationen unter: www.ns-opfer-entschaedigen.org
Hier noch ein Hinweis: Mit einem Programmschwerpunkt "Widerstand im
Zweiten Weltkrieg" erinnert der Fernsehsender ARTE noch bis Anfang
April an mutige Frauen und Männer, die unter größtem Risiko für das
eigene Leben dem Terror der Hitler-Faschisten entgegentraten. Weitere
Informationen dazu unter:
http://www.arte-tv.com/de/geschichte-gesellschaft/Widerstand/792530.html
Beste Grüße
Bernhard Thiesing
===
-----Ursprüngliche Nachricht-----
Von: Eberhard Radczuweit [mailto:info @ kontakte-kontakty.de]
Gesendet: Donnerstag, 8. April 2004 09:35
An: Eberhard Radczuweit
Betreff: ehemalige Kriegsgefangene
KONTAKTE KOHTAKTbI e.V.
Verein für Kontakte zu Ländern
der ehemaligen Sowjetunion
Feurigstr. 19
D 10827 Berlin
www.kontakte-kontakty.de
www.buerger-engagement-fuer-ns-zwangsarbeiter.de
Rundbrief an 36 Spenderinnen und Spender zu Gunsten ehemaliger
sowjetischer Kriegsgefangener
Sehr geehrte Damen und Herren,
vom 19. bis 25. April bin ich als Gast des Armenischen Vereins der
rehabilitierten Gefangenen des II. Weltkrieges in Jerewan. Für
besonders bedürftige Mitglieder unserer Partnerorganisation übergebe
ich 10.000 EUR von unserem Spendenkonto. Damit ist bereits die Hälfte
der für diese NS-Opfer bereitgestellten Mittel in Höhe von 100.000 EUR
verwendet worden. Alle weiteren Spenden, die mit dem Kennwort
"Kriegsgefangene" gegeben werden, kommen zunächst ehemaligen
Kriegsgefangenen in der Ukraine zugute. Mit der Ukrainischen
Nationalstiftung "Erinnerung und Versöhnung" wurden die
Auszahlungsmodalitäten vertraglich vereinbart. Es werden nur jene
ehemaligen Kriegsgefangenen begünstigt, die nachweislich Zwangsarbeit
leisteten, von keiner anderen Stelle begünstigt werden. Jeder erhält
von uns einen persönlichen Brief und 300 EUR. Da auch in der Ukraine
die Altersrenten extrem niedrig sind, ist dies eine spürbare Hilfe. Wir
erhalten in Kürze die Daten von 1.700 Personen. Für die erste Tranche
an die 360 Ältesten unter ihnen stehen bereits Mittel zur Verfügung.
Die Russische Nationalstiftung hat bereits die Daten von 10700
ehemaligen Kriegsgefangenen geschickt, die vergebens Anträge gestellt
haben für vorenthaltene Löhne aus Zwangsarbeit in Deutschland. Da die
Anträge teilweise 10 Jahre alt sind, ist anzunehmen, dass ein großer
Teil von ihnen bereits verstorben ist. Nach den Lebenden wird jetzt
gesucht.
Gleichzeitig recherchieren wir in GUS-Ländern nach anderen
"vergessenen" Opfern des NS-Regimes, jedoch mehrheitlich werden es die
ehemaligen Kriegsgefangenen sein, denen wir noch zum Lebensende eine
humanitäre Geste übermitteln können. Die Zahl der für uns erreichbaren
wird auf rund 10.000 geschätzt, das hieße, drei Millionen EUR zu
sammeln. Ob uns das gelingt, ist noch ungewiß.
Mit freundlichen Grüßen
und guten Wünschen für erholsame und wenigstens zeitweise sonnige
Ostertage
Ihr
Eberhard Radczuweit
===
junge Welt, 25.06.2004
Inland
Ulla Jelpke
Das Unrecht bleibt
»Entschädigungsgelder« für Zwangsarbeiter aus der Nazizeit reichen
nicht. Regierung bricht Versprechen
Vor vier Jahren beschloß der Bundestag das Gesetz zur Errichtung der
Stiftung »Erinnerung, Verantwortung, Zukunft« (EVZ). Nach der
skandalösen Verweigerung einer Entschädigung für die Zwangsarbeiter der
Nazizeit wurden mit fünfzigjähriger Verspätung endlich an die noch
überlebenden Opfer symbolische Beträge (bis maximal 15 000 DM) als
»Entschädigung« ausgezahlt.
Auf der Sitzung des Kuratoriums der Stiftung EVZ am Mittwoch und
Donnerstag in Berlin wurde deutlich, daß die Auszahlung weitgehend
planmäßig verläuft, daß es aber zugleich neue Ungerechtigkeiten gibt.
Da das Stiftungskapital nicht ausreicht, sind die finanziellen
Leistungen an die Opfer unterschiedlich hoch.
Bis Mitte 2005 werden endlich an alle Berechtigten die Gelder
ausbezahlt sein. Insgesamt drei Milliarden Euro sind von der Stiftung
an die Partnerorganisationen für 1,5 Millionen Leistungsberechtigte
(ehemalige Zwangsarbeiter oder deren Rechtsnachfolger) zur Verfügung
gestellt worden.
Alle Partnerorganisationen mit Ausnahme der Jewish Claims Conference
(JCC) und der International Organization of Migration (IOM) sind auch
schon zur Auszahlung der zweiten Rate übergegangen. Daß JCC und IOM
dazu noch nicht in der Lage waren, liegt an dem größten Problem, mit
dem sich das Kuratorium auseinandersetzen mußte: Bei diesen beiden
Organisationen reicht ebenso wie für russische Betroffene der
zugeteilte Gesamtbetrag nicht aus.
Als im Jahre 2000 die Bundesrepublik Deutschland und die
Stiftungsinitiative der deutschen Wirtschaft je fünf Milliarden DM als
Stiftungskapital einzahlten, wurde auch ein Verteilungsschlüssel für
die Auszahlung an die Opfer vereinbart. Am Verhandlungstisch saßen die
USA, Rußland, Polen, die Tschechische Republik, die Ukraine,
Belorußland und die Jewish Claims Conference. Die jeweiligen
Partnerorganisationen wurden mit der Auszahlung der Gelder betraut. Es
gab damals aber keine Vertretung der nichtjüdischen Opfer aus anderen
als den genannten Staaten. Für diese Opfergruppe bürgerte sich der
respektlose Name »Rest der Welt« ein. Da es keine Institution gab, die
bei den Verhandlungen die Interessen dieser Naziopfer vertrat, war der
»Rest der Welt« bei der Aufteilung des Stiftungskapitals von vornherein
benachteiligt. Zugleich wußte damals niemand exakt, mit welcher Zahl an
Anspruchsberechtigten zu rechnen war.
Daher gab es im Deutschen Bundestag schon bei der Verabschiedung des
Stiftungsgesetzes erhebliche Zweifel, ob das Geld für alle Opfer
ausreichen würde. In einer Entschließung vom 5. Juli 2000 bekannte sich
das Parlament zu der Verpflichtung aller Beteiligten, ein eventuelles
Defizit auszugleichen.
Dieses Versprechen ist aber vom Kuratorium (in dem Verteter von
Regierung und Wirtschaft sitzen) am Mittwoch nicht erfüllt worden. Mit
der Auszahlung an die Opfer war die IOM beauftragt worden. Dort gingen
330000 Anträge von ehemaligen Zwangsarbeitern ein, die meisten aus
Osteuropa, vor allem aus dem ehemaligen Jugoslawien. Diese Opfer hatten
in der Vergangenheit niemals die Chance, von Deutschland irgendeine
»Entschädigung« für die Naziverbrechen zu erhalten. Nun fehlt aber der
IOM ein Betrag von rund 200 Millionen Euro zur Gleichbehandlung dieser
Opfer. Bei der JCC beträgt der Zusatzbedarf gegenüber dem ursprünglich
geschätzten 228 Millionen Euro, bei Rußland 22 Millionen Euro.
In dieser Lage müßten eigentlich der Bundesfinanzminister und die
deutsche Wirtschaft frisches Geld in die Hand nehmen, um die
Ungerechtigkeiten auszugleichen. Angesichts der Haushaltsmisere denkt
aber die Bundesregierung nicht daran, dies zu tun. Wenigstens ein Teil
der fehlenden Gelder kann aber über Zinsen, die mittlerweile bei der
Stiftung aufgelaufen sind, aufgebracht werden. Somit erhält die IOM für
die von ihr betreuten Opfer insgesamt noch 125 Millionen Euro, die JCC
143 Millionen Euro und Rußland 14 Millionen Euro. Dennoch wird etwa die
IOM an einzelne Opfergruppen nur 75 Prozent der gesetzlich vorgesehenen
Summe von umgerechnet 15 000 DM ausbezahlen können.
Diese einvernehmlich getroffene Entscheidung über die Verteilung der
Zinsen, welche die Stiftung erwirtschaftet hat, kann aber das
Grunddilemma nicht übertünchen: Staat und Wirtschaft haben viel zu spät
mit der »Entschädigung« begonnen und zu wenig Geld zur Verfügung
gestellt. Manchen Opfern mag allein die Anerkennung deutscher Schuld
genügen, andere werden die beschämend niedrigen Einzelbeträge eher als
Provokation empfinden.
http://www.jungewelt.de/2004/06-25/011.php
===
junge Welt, 16.07.2004
Interview
Interview: Ulla Jelpke
Zwangsarbeiter nicht entschädigt: Deportierte aus Italien ohne
Schadensersatz?
jW sprach mit Rechtsanwalt Joachim Lau
* Rechtsanwalt Joachim Lau hat die Beschwerde auf Schadensersatz von
italienischen Militärinternierten, die während der Nazizeit zu
Zwangsarbeit eingesetzt wurden, vor dem Bundesverfassungsgericht
vertreten.
F: Das Bundesverfassungsgericht (BVerfG) hat die Verfassungsbeschwerde
von über 940 ehemaligen italienischen Deportierten, Soldaten und
zivilen Bürgern gegen das Stiftungsgesetz zur Entschädigung von
Nazizwangsarbeitern zurückgewiesen. Wie hat das Gericht diese
Entscheidung begründet?
Meine Mandanten hatten das Stiftungsgesetz grundsätzlich in Frage
gestellt. Der Grund: Der Gesetzgeber hat ehemalige Zwangsarbeiter in
bezug auf ihre Schadensersatzansprüche gegen den deutschen Staat und
seine Unternehmen, die sie ausgebeutet hatten, rechtlos gestellt. Das
Gesetz bedeutet eine rechtswidrige, entschädigungslose Enteignung aller
ehemaligen Deportierter Italiens. Alle Parteien haben dabei mitgewirkt.
In der Zeit vor der Wiedervereinigung haben oberste Bundesgerichte
argumentiert, daß die Ansprüche ehemaliger Zwangsarbeiter aufgrund des
Londoner Schuldenabkommens »derzeit« nicht geltend gemacht werden
könnten. Später waren die Ansprüche verjährt.
Im Rahmen der vorliegenden Verfassungsbeschwerde habe ich dargelegt,
daß die Schadensersatzansprüche italienischer Staatsbürger mitnichten
verjährt sind. Daraufhin hat das Bundesverfassungsgericht
rechtswidriger Weise festgestellt, daß ausländische Staatsbürger nie
Schadensersatzansprüche gegen das deutsche Reich erworben hätten und
die Grundrechte meiner Mandanten deswegen durch den gesetzlichen
Ausschluß nicht verletzt würden.
Von der Dreistigkeit dieser Argumentation bin ich überwältigt. So viel
juristisches Fingerspitzengefühl hätte ich den obersten deutschen
Justizbeamten nicht zugemutet – das sage ich selbst auf die Gefahr hin,
daß mir diese öffentliche Huldigung ihrer Professionalität ein weiteres
Disziplinarverfahren einbringt. Selbstverständlich konnten ausländische
Staatsbürger, die vor dem 8. Mai 1945 Opfer von Verbrechen wurden, auf
der Basis des damaligen Rechtes Schadensersatzansprüche erwerben.
Nicht weniger überraschend ist die Feststellung des Gerichtes, daß der
Gesetzgeber den Rechtsweg wegen der Ablehnung eines
Entschädigungsantrages ausschließen darf. Auch hier haben die
Volksvertreter bei der Verabschiedung des Stifungsgesetzes geschlafen
oder sie waren bösartig.
F: Die italienischen Militärinternierten sind von Anfang an weder
materiell noch formell als Kriegsgefangene nach der Genfer Konvention
anerkannt worden. Später sind sie gegen ihren Willen als »zivile
Fremdarbeiter« bezeichnet worden. Wieso darf die Bundesregierung
nunmehr behaupten, daß sie von Ansprüchen ausgeschlossen sind?
Eine Rechtsgrundlage gibt es hierfür nicht. Kein Gericht darf und wird
diese Rechtsfrage überprüfen, denn keinem ehemaligen Zwangsarbeiter ist
es erlaubt, ein deutsches Gericht anzurufen. Die rechtsaufsichtlich
erteilte Anweisung der Bundesregierung, die italienischen
Militärinternieren seien in
Wirklichkeit Kriegsgefangene und somit völkerrechtlich irrelevant, ist
zynisch. Ebenso ist es nicht nur abartig, sondern rechtlich äußerst
fragwürdig, daß die ehemaligen Deportierten rechtlich auch heute noch
als Kriegsgefangene angesehen werden und deshalb von den »Wohltaten«
der deutschen Stiftung ausgeschlossen sind.
Zigtausende italienische zivile und militärische Deportierte sind unter
dem Zwangsarbeitersystem gestorben oder hatten lebenslang darunter zu
leiden. Es ist historisch unbestritten, daß die italienischen
Militärinternierten nicht als Kriegsgefangene behandelt wurden und man
ihnen den Kriegsgefangenenstatus verweigerte. Deswegen müssen sie heute
entschädigt werden.
F: Welche Möglichkeiten und Wege sehen Sie, daß Ihre Mandanten noch zu
ihrem Recht auf Schadensersatz kommen?
Die Stimmung unter den Betroffenen ist sicherlich nicht gut, weil
Deutschland die Rechte der Zwangsarbeiter ein weiteres Mal mißachtet.
Wir werden gemeinsam mit den Organisationen der ehemaligen Deportierten
diskutieren, wie und ob wir die aufgeworfenen Rechtsfragen in ein
internationales Forum bringen oder ob wir Deutschland vor einem
italienischen Gericht verklagen, nachdem der Oberste Gerichtshof
Italiens uns mit einem Urteil dazu die Möglichkeit eröffnet hat.
http://www.jungewelt.de/2004/07-16/020.php
1. CONQUISTATA LA KIRGHIZIA, QUALI I PROSSIMI OBIETTIVI
DELL’IMPERIALISMO USA?
di Anton Surikov (trad. di M. Gemma)
2. Kirgizistan: Ambasciatore USA appoggia opposizione
3. COLPO DI STATO IN KIRGHIZISTAN
Selezione di articoli, tabelle e dati
a cura di S. Franchi (PRC Bologna)
=== 1 ===
CONQUISTATA LA KIRGHIZIA, QUALI I PROSSIMI OBIETTIVI DELL’IMPERIALISMO
USA?
di Anton Surikov
http://forum.msk.ru/news/2005/1150.html
Pochissimi giorni prima del rovesciamento del presidente kirghizo
Akayev, ad opera della cosiddetta “rivoluzione dei tulipani”
(immediatamente riconosciuta dagli Stati Uniti), Anton Surikov,
studioso vicino al Partito Comunista della Federazione Russa,
riprendendo un suo precedente lucido lavoro di analisi della situazione
in Asia Centrale, descriveva così gli impressionanti scenari, che
potrebbero profilarsi nel prossimo futuro all’interno della CSI e ai
confini della Cina.
Già il 10 febbraio di quest’anno, vale a dire quasi un mese e mezzo fa,
nel mio articolo “Verso la dissoluzione”, pubblicato in “Forum.msk.ru”
e in “Pravda.info”, scrissi precisamente quanto segue:
“E’ verosimile che in primavera, da qualche parte, costoro (gli
americani e gli inglesi) siano in grado di mettere in pratica il loro
contro-progetto per l’Asia Centrale. Lo scenario potrebbe consistere
nel provocare la destabilizzazione e il caos nella regione di Osh in
Kirghizia, poi nella valle di Fergana in Uzbekistan fino a Tashkent, e
successivamente nel Kazakhstan meridionale e in Tagikistan. Le forze
islamiste e le scontente elite regionali sono in pratica già schierate.
Se tale piano fosse realizzato, verrebbe creata una poderosa piazza
d’armi da utilizzare per esercitare pressione sul Singkiang cinese,
abitato dagli uighuri musulmani. Contemporaneamente, la Federazione
Russa sarebbe investita dal terribile tsunami dei profughi dell’Asia
Centrale” (...)
Traduzione dal russo di Mauro Gemma
=== 2 ===
Kirgizistan: Ambasciatore USA appoggia opposizione
BISHKEK - L'ambasciatore degli Stati Uniti in Kirghizistan, Stephen
Young, ha dato il suo appoggio all'opposizione che ha costretto alla
fuga il presidente Askar Akaiev.
In una dichiarazione alla televisione americana Cnn, Young ha detto che
''quanto sta accadendo riguarda solo il popolo kirghizo e le sue
decisioni'' e che ''gli Stati Uniti sono fieri di avere un ruolo di
sostegno''. Il diplomatico ha aggiunto di aver parlato con esponenti
dell'opposizione ''che intervengono per stabilizzare la situazione''.
''Mi rallegro in anticipo - ha detto ancora Young - di poter lavorare
insieme a loro nei prossimi giorni''.
Fonte: http://www.contropiano.org
=== 3 ===
COLPO DI STATO IN KIRGHIZISTAN
Di seguito alcuni articoli tratti dalla stampa di questi giorni, per
meglio capire il significato di fondo di quanto sta succedendo in
KIRGHIZISTAN e in quella parte dell'Asia, definita da alcuni strateghi
americani come il "cuore dell'Eurasia".
Franchi
---
Il Sole 24 ore di venerdi 25 marzo 2005: “Dal Caucaso alle steppe
asiatiche, dai confini dell'Europa con l'Ucraina, alla Cecenia e
all'Afghanistan, nella nuova mappa della geopolitica del potere e
dell'energia è riaffiorato un antico continente, l'Eurasia, che per
gran parte del Novecento, con la fine dell'Impero Ottomano e della
Russia degli Zar, sembrava ormai alla deriva della storia. È un
continente di terre mobili, instabili, emerso con il crollo del Muro
nell' 89 e la disgregazione dell'Urss”
La Repubblica di venerdi 25 marzo 2005: “Una realtà contrastata in modo
nemmeno troppo sottile dall'America, il cui palese progetto strategico
è costituire, dopo la sostituzione dei regimi ostili in Afghanistan e
in Iraq, un'area geostrategica unica, dal Medio Oriente all'Asia
centrale, e sul cui sfondo i pozzi di petrolio pompano oro nero a ritmo
sempre più serrato.”
Il Corriere della sera di venerdi 25 marzo 2005: “La prossima
rivoluzione potrebbe avvenire in Russia? «No, i prossimi sono il
Kazakistan, la Bielorussia e forse l’Armenia». Perché non in
Russia? «In Russia c'è una differenza fondamentale: il presidente è
molto popolare... Per ora».”
Il Corriere della Sera di sabato 26 marzo 2005: Richard Pipes “A medio
termine la stessa Russia potrebbe cambiare regime... si sta formando di
nuovo un'opposizione. Se fra tre anni Putin tentasse di ricandidarsi
cambiando la Costituzione forse scoppierebbe la rivolta… Pechino, tra
l'altro, seguirà gli eventi con molta preoccupazione: libertà e
democrazia bussano anche alla sua porta”
SUGLI ALTRI ESSERI UMANI)
CASA/ REPUBBLICA CECA: RICORSO A STRASBURGO CONTRO AFFITTI
TRIBUNALE DIRITTI UMANI HA GIA' DATO TORTO ALLA POLONIA
PRAGA, 9 marzo 2005 - I proprietari delle case in affitto nella
Repubblica Ceca intendono rivolgersi al Tribunale dei diritti umani, a
Strasburgo, per ottenere l'abolizione degli affitti calmierati dallo
Stato, hanno annunciato a Praga due associazioni di proprietari
immobiliari. La denuncia contro lo Stato sarà presentata tra circa un
mese, ha reso noto oggi l'Associazione dei proprietari immobiliari
(Osmd) e la richiesta di risarcimento si aggirerà tra uno e 1,7
miliardi di euro. Non e' giusto che un mio inquilino con l'affitto
calmierato paghi mensilmente 1500 corone (50 euro), mentre dove gli
affitti sono regolati dal mercato per un appartamento delle stesse
dimensioni si pagano 20 mila corone (667 euro)ha detto Girolamo
Giormani, un italiano originario delle Puglie che da 15 anni vive a
Praga e possiede alcune case d'affitto a Praga-Vinohrady, un quartiere
elegante al centro di Praga. Secondo Petr Docekal, che dirige una
identica associazione a Brno, in Moravia, negli appartamenti ad affitto
regolato vivono nella Repubblica Ceca circa tre milioni di persone, con
perdite per i proprietari nell'ordine di 1,7 milioni di euro. In
conseguenza della decisione presa nel 2003 dal governo di
centrosinistra guidato all'epoca da Vladimir Spidla, la crescita dei
canoni d'affitto nella Repubblica ceca e' congelata. Da anni al
ministero delle Finanze e' in preparazione una nuova legge, in base
alla quale gli affitti nei prossimi cinque o sei anni potranno crescere
annualmente fino al 10%. Ma e' bloccata da dissensi all'interno della
coalizione e dell'opposizione. Le due associazioni ceche contano sul
precedente stabilito dalla polacca Marie Hutten-Czapska di Danzica, in
Polonia, che recentemente ha ottenuto dal Tribunale per i diritti
umani una condanna della Polonia in quanto con la sua rigida politica
di controllo sugli affitti avrebbe impedito ai proprietari immobiliari
di recuperare le spese per la manutenzione dei loro immobili.
Da http://www.unioneinquilini.it/
Qualche nota aggiuntiva: a ottobre ci saranno le elezioni presidenziali in
Kyrgyzstan. Akaev, Presidente in carica dal '91, ha detto che non farà nulla
per modificare la legge che non gli consente di ripresentarsi, ma è chiaro
che l'Occidente non si fida e la macchina dell'ormai collaudata "rete dell'ingerenza
democratica" si è rimessa in moto per le recenti elezioni parlamentari, attraverso
il solito copione già visto dapprima in Jugoslavia e poi in Georgia ed Ucraina:
USAid, NED e altri carrozzoni da una parte e OSCE, ONG e i difensori dei
diritti umani dei potenti dall'altra. In mezzo, tra l'incudine e il martello,
il governo nemico di turno, pressato anche dall'interno da cosiddette "opposizioni"
annaffiate da fiumi di dollari.
Sul sito della CIA http://www.cia.gov/cia/publications/factbook/geos/kg.html
c'è una dettagliata analisi sul Kyrgyzstan da cui si possono capire alcune
cose: nel paese ci sono importanti minoranze tajike e uzbeke e con i due
paesi ci sono contenziosi sui confini. Inoltre il Kyrgyzstan confina per
800 Km con la Cina e ospita una minoranza di uiguri (turcofoni, tanto cari
a Pannella e Bonino) pari all'1% della popolazione. Ultimamente Akaev ha
operato svariati arresti ed estradizioni in Cina di personaggi definiti "terroristi",
al pari di come li definisce il governo cinese.
Sempre dal sito della CIA apprendiamo che in Kyrgyzstan ci sono importanti
riserve di risorse naturali ed acqua, quest'ultima causa di altre tensioni
con Uzbekistan e Tajikistan ed inoltre il paese, in prevalenza abitato da
agricoltori, ospita coltivazioni di droga ed è uno scalo per il mercato del
Sud-est asiatico e l'Europa, ma finora il governo di Akaev ha tenuto sotto
controllo il fenomeno.
> -----Original Message-----
> From: mario_ferrandi [mailto:mario.ferrandi@...]
> Sent: Thursday, March 24, 2005 12:55 AM
> To: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
> Subject: [noberluska] L'Impero finisce così, in una landa
> sconosciuta ai più...
>
> BISHKEK (Reuters) - Il presidente kirghizo Askar Akayev, che
> sta affrontando violente proteste nel sud del paese per
> presunti brogli elettorali, ha provocatoriamente sostenuto
> oggi che il voto è stato legittimo, pur escludendo un
> massiccio uso della forza per porre fine all'agitazione.
> [...]
> Akayev, appoggiando i deputati eletti, ha così respinto il
> giudizio degli osservatori internazionali, che hanno
> criticato le elezioni parlamentari di febbraio e marzo,
> considerate irregolari.
>
> Da parte dei contestatori, che continuano a chiedere le
> dimissioni del presidente e a controllare le due città (una è
> la seconda più importante località del Kirghizistan), per il
> momento non c'è stata alcuna reazione immediata.
>
> Ieri Akayev si era detto pronto a negoziare con
> l'opposizione, ma oggi non ha ripetuto l'offerta.
Conosco la Kirgizia, per averci lavorato svariati mesi in epoca sovietica
(1987):
http://www.bernardini.com/izo/87kirgizija.jpg
Poi due anni fa, col Parlamento Europeo, quando ho visitato anche altri tre
Stati che conoscevo in epoca sovietica: il Kazachstan, l'Uzbekistan
http://www.bernardini.com/izo/peuzb2003.jpg
Ed il Tad?ikistan
http://www.bernardini.com/izo/petad2003.jpg
Infine, sono stato in Kirgizia giusto tre settimane fa, sempre col Parlamento
Europeo, come osservatore OSCE/ODIHR al primo turno delle elezioni parlamentari
http://www.bernardini.com/clients/odihrkg2005.jpg
Tutto questo giusto per la cognizione di causa.
La Kirgizia faceva parte della via della seta di Marco Polo. Per darvi un'idea
della collocazione e del contesto geografico, eccovi alcune mappe:
http://www.kvs.spb.ru/images/docs/303.gif
http://www.strani.ru/st/sng/krg/krg.gif
http://life.undp.kg/images/LIFE2003Web.gif
http://www.dca.gov.kg/_img/map_nark_l.gif
http://www.climatechange.undp.kg/rus/images/pictures/regr.gif
http://www.centralasiatravel.com/images/central_asia_big.jpg
http://us.i1.yimg.com/us.yimg.com/i/travel/dg/maps/96/750x750_kyrgyzstan_m.gif
http://www.worldswitch.com/Countries/Kyrgyzstan/images/KyrgyzstanM.jpg
http://freenet.bishkek.su/kyrgyzstan/pict/map.gif
http://www.mountain-equipment.co.uk/reports/kyzyl/kyrgyzstan_map.gif
http://www.footprint-adventures.co.uk/images/maps/kyrgys4.gif
Veniamo adesso al contenuto dell'agenzia della Reuters ed alle mie riserve.
Non posso garantire per le altre località del Paese, né per la precedente
campagna elettorale nell'insieme del Paese, ma posso assicurare, avendo fatto
incursioni random in una decina di seggi, che nella capitale Bi?kek e nella
sua provincia pedemontana, checché ne abbia detto l'OSCE, le elezioni sono
passate in modo del tutto democratico e senza brogli. Sicuramente, in modo
ben più trasparente che in Iraq, in Afghanistan ed in Florida. Di parere
diverso, evidentemente, è la Reuters, nota agenzia di burattini imperialisti,
che, anziché informare, ritiene di essere dispensatrice di assiomi di democrazia:
"Akayev, che sta affrontando violente proteste nel sud del paese per presunti
brogli elettorali, ha provocatoriamente sostenuto oggi che il voto è stato
legittimo". Provocatoriamente? Non è forse uno schierarsi, questo, da parte
della Reuters?
Ha ragione Akaev a non aver rinnovato l'offerta di negoziazioni. Ha ragione
da vendere: O? e D?alal-Abad non sono in mano all'opposizione, come si va
affermando in Occidente, ma a bande di criminalità organizzata, che l'opposizione
stessa non sa come e non è in grado di fronteggiare. Provate a guardare le
cartine di cui pocanzi vi ho riportato i link: il Paese ha la conformazione
di un'orma di mulo, nella cui parte interna si va incuneando la parte orientale
dell'Uzbekistan. L'insieme si chiama Valle di Ferganà, e dall'ultima cartina
noterete che si tratta della più rigogliosa, forse l'unica, regione di questa
parte del mondo, stretta da montagne ed aree desertiche. O? e D?alal-Abad
sono esattamente dentro tale cuneo, ed è significativo verificare come le
diverse mappe non concordino nel tracciare i confini tra i due Stati. Vi
invito anche a fare mente locale sui filmati riportati dalle troupes televisive
occidentali: i più attenti avranno notato un copricapo piuttosto alto di
colore bianco, molto diffuso. E' il tipico copricapo kirgizo. Quelli ancor
più attenti avranno però notato, quando si trattava di O? e D?alal-Abad,
che prevaleva un copricapo basso con base quadrata e punta piramidale. E'
la tjubetejka uzbeka. Chi sta innescando tutto questo forse ancora non si
è reso conto che rischia di provocare uno scontro interetnico in una regione
delicatissima, che dista dall'Afghanistan più o meno quanto Roma da Firenze.
Non siamo né in Ucraina, né in Georgia, qui la rivoluzione non sarebbe né
degli aranci, né delle rose, ma, al limite, delle pietre e delle piccozze.
Akaev è un intellettuale e continua ad essere il Presidente più democratico
di tutti gli Stati asiatici postsovietici. Un presidente particolarmente
pragmatico, che, facendo di necessità virtù, ha salvato il proprio Paese
dalla variante Far West, quando, nel 1999, per porre fine alle incursioni
di bande organizzate di rapinatori, ha invitato in casa russi ed americani.
Letteralmente. L'aeroporto di Bi?kek è suddiviso in una parte militare ed
una civile. Quella militare è piena di caccia statunitensi, a ridosso della
base, che ho visitato sempre due anni fa: qualche decina di olandesi, altrettanti
tedeschi e francesi, e circa trecento yankees. Veniva usata come scalo per
i bombardamenti in Afghanistan. Ci sono, però, anche i russi, per la precisione
nel lago di Issyk-Kul' (1.600 m sul livello del mare, una superficie di oltre
6.000 kmq - rispetto ai 370 kmq del più grande lago italiano, quello di Garda
- ed un perimetro costiero di poco meno di 700 km, quasi un Napoli-Milano)
con una base di armamenti sperimentali antisommergibile, e con una base area
nella città di Kant, a venti chilometri dalla capitale Bi?kek.
Qualora il tentativo - manovrato da potenze straniere, ha ragione Akaev!
- di giocare la carta ucraina e georgiana andasse in porto, provate un po'
ad immaginare quale dei due eserciti rimarrebbe?
Mark Bernardini
mark@...
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24 MARZO -- VI ANNIVERSARIO DELLA AGGRESSIONE
DELLA N.A.T.O. CONTRO LA R.F. DI JUGOSLAVIA
https://www.cnj.it/24MARZO99/index.htm
Sul nostro sito internet stiamo raccogliendo la documentazione
essenziale sui crimini commessi, sulle denunce insabbiate, sulla
degenerazione del dibattito politico e culturale anche a sinistra in
occasione della prima "guerra umanitaria" scatenata nel cuore
dell'Europa dopo la II Guerra Mondiale. Contro quelli che
preferirebbero dimenticare. CNJ
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(english / srpskohrvatski)
http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2005-03-17.html
POVODOM SEST GODINA OD AGRESIJE NATO NA SR JUGOSLAVIJU
BEOGRADSKI FORUM ZA SVET RAVNOPRAVNIH
Beograd, 17. mart 2005. godine
Saopstenje
Ovog meseca, tacnije 24. marta, navrsava se sest godina od pocetka
agresije NATO pakta 1999. godine na Saveznu Republiku Jugoslaviju.
Tokom agresije, koja je trajala 78 dana stradalo je vise hiljada ljudi,
ogroman broj ih je ranjen i trajno onesposobljen za zivot. Razorena je
putna i zeleznicka mreza, fabrike, skole, bolnice, naftna postrojenja,
spomenici kulture. Direktna materijalna steta je procenjena na 100
milijardi US dolara. Upotrebom osiromasenog uranijuma trajno je
zagadjeno zemljiste i voda na sirokom prostoru Srbije i Crne Gore, a
posebno na Kosovu i Metohiji. Posledice po stanovnistvo i novo –
rodjencad se osecaju u strahovitim deformacijama, ali te posledice ce
se tek jos drasticnije pojaviti sa protekom vremena. Aveti razrusenih
zgrada i danas su vidljive u centru Beograda.
Agresija NATO na SR Jugoslaviju predstavlja nezabelezeni udarac
medjunarodnom pravnom poretku, principima medjunarodnih odnosa i
sistemu Ujedinjenih nacija. Ona je po motivima i posledicama najvazniji
globalni dogadjaj posle Drugog svetskog rata. Bio je to rat protiv
Evrope, cije posledice ona tek sada oseca. Agresija NATO na SR
Jugoslaviju je utrla put unilateralnoj upotrebi sile u medjunarodnim
odnosima i potonjim napadima na Afganistan i Irak, postavljajuci
stalno pitanje – ko je sledeci ?
Tokom agresije ostvareno je saveznistvo NATO sa teroristickom OVK.
Posledice tog saveznistva osecaju se i danas kroz nastavljanje
terorizma protiv srpskog i drugog nealbanskog stanovnistva na Kosovu i
Metohiji, rusenje spomenika hriscanske kulture i etnicko ciscenje
srpskog i drugog nealbanskog stanovnistva. Najupecatljivi dokaz toga
su dogadjaji od 17. do 19. marta 2004. godine, kada su albanski
teroristi proterali dodatnih vise hiljada Srba sa svojih vekovnih
ognjista i uništili još 35 srpskih srednje-vekovnih crkava i manastira.
Posledice su - odrzavanje veza i prisustva ''spavajucih ''celija Al
Kaide na Balkanu. Posledica je i to sto se ne dopusta vracanje na KiM
preko 250 hiljada Srba i drugih nealbanaca koji su proterani posle
dolaska UNMIK-a i KFOR-a do danas. Posledica je i to sto ni jedan od
150 srusenih crkava i manastira od 10. juna 1999. godine do danas nije
obnovljen, uprkos svim obecanjima.
Teza o tzv. frustriranosti kosovski Albanaca izmisljena je i nametnuta
sa ciljem da se sve to opravda i da se promovise plan o otcepljenju
Kosova i Metohije od Srbije, odnosno, plan za stvaranje velike
Aalbanije, na racun teritorija Srbije, Crne Gore, Makedonije i Grcke.
Nisu Albanci na KiM frustrirani, vec je ta teza lansirana da olaksa
ostvarivanje planova za promenu medjunarodno priznatih granica na
Balkanu. Zasto niko ne govori o tome da su Srbi frustrirani, posebno
oni na KiM i 250 hiljada izbeglica koje ne mogu da se vrate u svoje
domove ? Jesu li oni ravnodusni prema svemu tome? Balkanu i Srbiji
Crnoj Gori su potrebni mir, stabilnost i razvoj. To je ostvarljivo
samo uz postovanje postojecih granica. Pre tzv. konacnog resenja za
Kosovo i Metohiju mora se naci put za vracanje 250 hilja proteranih
Srba na KiM.
Prilog:
Napadi na civile
Tokom agresije NATO na Saveznu republiku Jugoslaviju od 24. marta do
10. juna 1999. godine, avijacija NATO izvrsila je mnogobrojne napade
bombama na civile i civilne objekte. U tim napadima stradala su deca,
bolesnici, putnici, ljudi na ulicama, pijacama, u kolonama izbeglica.
Porusene su bolnice, porodicne kuce, skole, crkve i manastiri,
mostovi. Zvanicnici NATO-a su takve napade nazivali ''kolateralnom
stetom'', iako cinjenice govore o namernom zastrasivanju i
nastojanjima da se unisti moral stanovnistva.
Podsecamo na neke slucajeve bombardovanja u kojima su stradali civili:
4. april – toplana u Beogradu (jedan mrtav);
12. april – Putnicki voz u Grdelickoj klisuri (20 mrtvih);
14. april – Kolona izbeglica na Kosovu i Metohiji (73 mrtva);
23. april – Radio-televizija Srbije (16 mrtvih);
1. maj – Most na Kosovu i metohiji (39 mrtvih);
2. maj – Autobus kod Savinih voda na Kosovu i metohiji (17 mrtvih);
7. maj - Kineska ambasada u Beogradu (tri mrtva);
7. maj - Nis (14 mrtvih)
8. maj - Most u Nisu (dva mrtva);
13. maj – Izbeglicki logor na Kosovu i Metohiji (48 do 97 mrtvih);
19. i 21. maj - Zatvor Dubrava kod Istoka na Kosovu i Metohiji (99
mrtva);
30. maj - (Sveta Trojica) – Most na Velikoj Moravi u Varvarinu (10
mrtvih, medju kojima i srednjo-skolka Sanja Milenkovic i svestenik
lokalne crkve).
Ovo je samo manji broj neduznih civilnih zrtava NATO agresije. Kao
ljudi, narod i drzava imamo moralnu obavezu da odamo pocast i svim
drugim zrtvama agresije. Na toj dugoj listi zrtav prisetimo se i
dvoghodisnje Milice Rakic, iz Batajnice, kraj Beograda, zrtava palih
prilikom bombardovanja decijeg odeljenja bolnice ''Dragisa Misovic'' u
Beogradu i mnogih drugih. Primetimo hiljade i hiljade ranjenih koji su
i dalje medju nama, cesto bez minimuma za zivotnu egzistenciju.
Beogradski forum za svet ravnopravnih
---
NATO aggression on Yugoslavia: 6 years later
http://www.artel.co.yu/en/reakcije_citalaca/2005-03-21.html
Belgrade Forum for World Equality
Belgrade, March 17, 2005
NOTICE
This month, March 24th specifically, marks the sixth anniversary of
the beginning of the NATO pact's 1999 aggression against the Federal
Republic of Yugoslavia. During the aggression, which lasted 78 days,
thousands of people became casualties, a large number of whom were
wounded and rendered disabled for the rest of their lives. The result
was the destruction of the road and rail network, schools, hospitals,
petroleum facilities and cultural monuments. The direct material
damage is estimated at US$ 1 billion. The use of depleted uranium has
lastingly polluted land and water the length and breadth of Serbia and
Montenegro, particularly Kosovo and Metohija. The consequences on the
population, particularly infants and children is being seen in
terrible birth defects and this is just the tip of the iceberg which
will only get worse with time. The ghosts of ruined buildings are
still visible in the center of Belgrade.
The aggression of NATO on the Federal Republic of Yugoslavia
represents a previously unseen strike at the international legal
system and relations and the entire United Nations system. Its motives
and consequences represent the most important occurrence in world
affairs since WWII. It was a war against Europe whose consequences are
only now being accurately seen. NATO's aggression against the Federal
Republic of Yugoslavia represented the thin wedge of the doctrine of
unilateral use of force in international relations and, after the
attacks on Afghanistan and Iraq the question asks itself, "Who is
next?"
In the course of that aggression NATO became allied with the terrorist
KLA. The results of this association is felt to this day in the
continuation of terrorist activities against Serbs and other
non-Albanians throughout Kosovo and Metohija, witnessed by the
destruction of Christian cultural monuments and the ethnic cleansing
of Serbian and other non-Albanian populations. The
most visible evidence of this state of affairs occurred in the period
of March 17- 19, 2004, when Albanian terrorists cleansed additional
thousands of Serbs from the homes and hearths in which they have lived
for centuries as well as destroying an additional 35 Middle Age
Serbian churches and
monasteries.
The consequences have been the maintenance of ties and the presence of
'sleeper cells' of Al-Quaidi in the Balkans. A further consequence is
that over 250 thousand Serbian and non-Albanian refugees, who were
forced from Kosovo during the 1999 NATO attack and afterward, have
been denied the ability to return to Kosovo, contrary to all promises
to the contrary.
The thesis regarding 'frustrated Kosovo Albanians' was manufactured
and forwarded with the object of justifying NATO's illegal attack and
to move forward the detaching of Kosovo and Metohija from Serbia, and
the creation of a 'Greater Albania' at the detriment of the lands of
Serbia, Montenegro, Macedonia and Greece. The Albanians in Kosovo
Metohija aren't frustrated; that thesis was launched to expedite the
implementation of plans for the changing of internationally recognized
borders in the Balkans. Why does no one speak of the fact that Serbs
are frustrated, particularly those in Kosovo and the over 250 thousand
who can't return to their homes? Are they unconcerned about the state
of affairs? The Balkans and Serbia Montenegro need peace, stability
and development. That is only possible within existing borders. Before
the so-called final decision on Kosovo Metohija there must be a way
found to return the 250 thousand refugee Serbs to Kosovo Metohija.
Attachment:
Attack on civilians
During the NATO aggression on the Federal Republic of Yugoslavia from
March 24-June 10, 1999, NATO aircraft committed many multiple attacks
against civilians and civilian infrastructure. In those attacks
children, the sick, travelers, people on the streets, in the markets,
refugee columns all
suffered. Hospitals, homes, schools, churches and bridges were all
attacked and destroyed. The spokespersons of NATO called these kinds
of attacks 'collateral damage', even though the evidence shows that
the purpose of these bombings was to terrorize and destroy the moral of
the civilian population.
We remind the readers of some of the occurrences in which civilians
were casualties:
April 4 - Heating plant in Belgrade (1 dead) April 12 - Passenger
train at Grdelica (20 dead) April 14 - Refugee column in Kosovo
Metohija (73 dead) April 23 - Radio Television Beograd (16 dead) May 1
- Bridge in Kosovo (39 dead) May 2 - Civilian bus near Savinih voda in
Kosovo (17 dead) May 7 - Chinese embassy in Belgrade (3 dead) May 7 -
Nis (14 dead) May 8 - Bridge in Nis (2 dead) May 13 - Refugee camp in
Kosovo Metohija (48 to 97 dead) May 19 & 21 - Dubrava prison at Istok
(99 dead) May 30 - Bridge at Varvarin (10 dead)
This is only a small number of the innocent civilians of NATO's
aggression. As humans, a people and a nation we have the moral
obligation to honor all the other casualties of that aggression. On
that other list of casualties let us remember 2 year old Milice Rakic
from Batajnice, a suburb of Belgrade, the casualties of the bombing of
the children's ward of Dragisa Misovic Hospital in Belgrade and many
others. Let us remember the thousands and thousands of wounded who are
still with us, often without the basic minimum for existence.
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24 MARZO -- VI ANNIVERSARIO DELLA AGGRESSIONE
DELLA N.A.T.O. CONTRO LA R.F. DI JUGOSLAVIA
https://www.cnj.it/24MARZO99/index.htm
Sul nostro sito internet stiamo raccogliendo la documentazione
essenziale sui crimini commessi, sulle denunce insabbiate, sulla
degenerazione del dibattito politico e culturale anche a sinistra in
occasione della prima "guerra umanitaria" scatenata nel cuore
dell'Europa dopo la II Guerra Mondiale. Contro quelli che
preferirebbero dimenticare. CNJ
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24 MARZO -- VI ANNIVERSARIO DELLA AGGRESSIONE
DELLA N.A.T.O. CONTRO LA R.F. DI JUGOSLAVIA
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preferirebbero dimenticare. CNJ
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Da: "Un Ponte per...ufficio stampa" <stampa @ unponteper.it>
Data: Mer 23 Mar 2005 18:54:24 Europe/Rome
A: "info-unponteper" <info-unponteper @ unimondo.org>
Oggetto: [info-unponteper] 24 marzo 1999 - 24 marzo 2005: 6 anni dalla
guerra alla Jugoslavia
Rispondere-A: "Un Ponte per...ufficio stampa" <stampa @ unponteper.it>
Sono passati ormai 6 anni dalla prima 'Guerra Umanitaria' , inaugurata
dalla Nato contro i paesi dell'ormai, ex-Jugoslavia. Eppure non un
dubbio sulla giustezza di quell'intervento è ancora arrivato a scuotere
le coscienze macchiate di sangue di chi, anche nel nostro paese, ha
appoggiato l'inutile guerra. Decine di migliaia di rifugiati di tutte
le etnie continuano a vivere ogni giorno sulla loro pelle le
conseguenze della guerra, ma le uniche parole che arrivano in questi
giorni dalle forze politiche sono tese alla riaffermazione della
giustezza degli interventi armati. Quasi a voler di nuovo mostrare
all'eterno alleato statunitense, il loro volto più affidabile.
Noi abbiamo però conosciuto la tragedia degli sfollati dal Kosovo,
persone a cui ancora viene negato un futuro, conosciamo i centri di
accoglienza temporanea ormai diventati definitivi, la tragedia delle
popolazioni senza alcun diritto, senza neanche la garanzia di poter
tornare un giorno a vivere nella propria terra.
Così come conosciamo la disperazione dei familiari delle migliaia di
persone scomparse, a 'processo di democratizzazione' già avvenuto, per
mano dell'UCK. Una banda armata presentata come 'esercito di
liberazione' e poi riciclata nelle forze di polizia del 'Kosovo
liberato'. Un Kosovo che oggi rappresenta la più grande base Nato
d'Europa, crocevia di traffici illeciti di cui nessuno però parla.
A sei anni dalla prime 'bombe umanitarie', il nostro impegno resta
sempre quello di testimoniare una situazione drammatica mai risolta.
Invitiamo le forze politiche a partecipare alle nostre missioni, ad
incontrare le famiglie costrette a far affidamento soltanto sulla
nostra capacità di sensibilizzazione, a parlare con le donne che
cercano di sopravvivere provando a vendere, grazie al nostro aiuto, i
loro ricami, o a visitare negli ospedali i bambini vittime delle
leucemie causate dall'uranio impoverito; bambini che non riusciranno
mai ad essere salvati da medici che non hanno a disposizione nessuno
strumento adatto. Sono sofferenze che conosciamo e non dimentichiamo; a
6 anni dalle prime 'bombe umanitarie' continuiamo a rinnovare il nostro
impegno di denuncia e testimonianza.
Un Ponte per...
Campagna per Belgrado
"Un ponte per..."Associazione Non Governativa di Volontariato per la
Solidarietà Internazionale
ONG - piazza Vittorio Emanuele II, 132 00185 ROMA
tel.0644702906 mail to: stampa @ unponteper.it
web:www.unponteper.it
info-unponteper mailing list
per cancellarsi/modificare la propria iscrizione
http://lists.unimondo.org/cgi-bin/mailman/listinfo/info-unponteper
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dell'Europa dopo la II Guerra Mondiale. Contro quelli che
preferirebbero dimenticare. CNJ
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Bari alla pagina: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/soskosovo.htm ]
Most za Beograd – Un ponte per Belgrado in terra di Bari
Associazione culturale di solidarietà con le popolazioni jugoslave
via Abbrescia 97, 70121 BARI. most.za.beograd @...
tel. 0805562663
conto corrente postale n. 13087754 - CF:93242490725
Con preghiera di pubblicazione nella pagina dedicata agli eventi
culturali e mostre
Vi preghiamo di prender nota della variazione di programma per VENERDI
25 MARZO, quando saranno proiettati i nuovi documentari del regista
serbo Ninoslav Randjelovic sul Kosovo:
"Notes about the Rock" (sottotitoli in inglese)
e
"Snesko belic u mraku" (il pupazzo di neve al buio, febbraio 2005)
Prosegue fino al 31 marzo a Palazzo Simi (Strada Lamberti, Città
Vecchia, Bari) la Mostra fotografica "SOS Kosovo - I monasteri
medievali serbo-ortodossi prima e dopo la guerra", organizzata
dall'ADIRT e da "Most za Beograd".
ore 9.30 -18.30 - Prenotazioni visite guidate: 0805427003 – 3339152284
Nel corso della mostra sono in programma anche altri eventi:
Giovedì 24 marzo, ore 17.00
I dannati del Kosovo, di Michel Collon e Vanessa Stojlkovic (edito in
VHS con il libro di Enrico Vigna, Kosovo “liberato” – le menzogne per
fare le guerre le ragioni per fare la pace, La città del Sole, Napoli,
2003)
Venerdì 25 marzo, ore 17.00
anteprima dei documentarii del regista serbo Ninoslav Randjelovic
"Notes on the rock" (sottotitoli in inglese)
"Snesko belic u mraku" (il pupazzo di neve al buio, febbraio 2005)
Giovedì 31 marzo, ore 17.30
il prof. Nino Lavermicocca
interviene sul tema: La Serbia tra oriente e occidente al tempo del re
Milutin. Storia-Arte-Eredità culturale
Bobby Fischer has won his unprecedented one-man battle against the sole
world superpower, the United States. After his unlawful jailing for over
eight months in Japan on U.S. orders, Bobby won his freedom by appealing to
the independent people of Iceland to remember and protect an old friend. The
Icelanders have responded in a manner that to them is merely normal, but
which to the rest of the world constitutes nothing less than outstanding
bravery.
Demonstrating its society's deep respect for every human being's right to
freedom of thought and expression, Iceland responded with action, not merely
empty words. Its grant of citizenship and a new passport has freed Bobby
Fischer from a trap set for him by the U.S. and Japanese governments.
On Thursday, March 24, 2005, Bobby Fischer will be released from the East
Japan Immigration Detention Center in Ushiku, north of Tokyo, and he will
drive to Narita Airport, to the east of Tokyo, for onward travel to his new
home in Iceland. He will be joined by his fiancée, the women's chess
champion of Japan, Ms. Miyoko Watai, who will fly to Iceland with him.
They should be leaving the detention center at 9:00 AM Japan time and arrive
at Narita Airport sometime after 10:00 AM. At the airport, we will be trying
to give Bobby Fischer a chance to speak to the media sometime between 10:00
AM and 12:00 noon. We hope he will be able to describe his Japanese ordeal
and the two decades of harassment by the U.S. government for holding
unapproved political views.
When he won the World Chess Championship in 1972 and took the title away
from the Soviet Union, this true U.S. national hero showed the world how one
freethinking man can defeat any system, no matter how powerful. By going
forward, despite U.S. sanctions, with his rematch chess championship against
Boris Spassky in Yugoslavia in 1992, he demonstrated that no government can
stop a man from freely practicing his art anywhere on this planet. And now,
over the past nine months, Bobby Fischer has proven that the individual can
withstand the combined forces of the world's mightiest governments, whenever
he has justice on his side.
We have witnessed a historic battle.
Bobby Fischer will be flying out of Tokyo's Narita Airport on the
Scandinavian Airways flight to Copenhagen that leaves at 12:40 PM on
Thursday. His many supporters here in Japan and around the world salute him.
Media Contact:
John Bosnitch
Chairman
The Committee to Free Bobby Fischer
http://www.freebobbyfischer.net
Mobile telephone: +81(90)8119-6679
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4335
Un Natale in Istria, Ricordando
Era la prima volta dal 1947 che passavo il Natale in Istria nelle due
vecchie case dei nonni nel mio paese vicino a Pisino.
A sessanta cinque anni, ero ritornata a casa. Cittadina americana, docente
universitario, vedova di marito americano, con una figlia a New York, qui
ero rimasta la figlia di Pepi. Mi conoscevano tutti. Dovetti fare molte
visite. La moglie di mio cugino--la chiamero' Loredana-- mi disse, "Mio
nonno fu ucciso dai tedeschi." In visita ai suoi genitori--gente della mia
eta'--chiesi a sua mamma: "Suo padre era partigiano?" "Si, e pure mio zio."
"Cosa successe?" "Qui a Galignana, arrivo' la notizia che mio padre era
stato ucciso e che dovevamo scappare. Andammo in bosco--mia madre, io, i
miei fratelli, i nonni, gli zii--tutta la famiglia. Bruciarono la casa. E
non solo la nostra. Molte qui in paese." "E come avete fatto senza casa?"
"Quando se ne andarono i tedeschi e quelli che ci avevano fatto la spia--i
collaboratori fascisti--mia mamma riusci' a salvare poche cose dall'incendio
ed andammo a vivere nel bosco."
Il giorno di Natale, passo a salutare un amico, lo chiamero' Ive.
Ha dieci anni piu' di me e ricorda il fascismo. Parla a mala pena l'italiano
e ricorda la snazionalizzazione sotto il regime di Mussolini. E' un uomo
buono Ive, come si dice da queste parti.
Non beve, coltiva i campi, cura le sue mucche, e' religioso.
Gli chiedo, "Impiccarono un tale alla stazione." Annui'. "Come accadde?"
"Era un giovane partigiano, non di queste parti, dicisettenne. I tedeschi lo
torturano nella casa di Paolo [lo stradino]. E poi fecero marciare il paese
nella stazione e ci fecero guardare mentre lo issarono sul palo della
rifornitura dell' acqua." "Allora e' vero il mio ricordo." "Si, c'eri pure
tu. C'eravamo tutti." "Era vivo?" "No. Poi lo lasciarono appeso per tre
giorni. Volevano che ne sentissimo la puzza."
Dico a Ive, "Mia mamma ricordava un giorno di Pasqua del '44 o '45. Andava
gli otto chilometri a piedi al castello di Pisino con una signora del paese.
Non ricordo il nome. Andavano tutte e due a vedere se i loro uomini, presi
in una rappresaglia tedesca a retata giorni prima, erano ancora vivi. Quando
girarono la curva, sotto la stazione, videro il primo impiccato. L'amica di
mia mamma grido' il nome del marito e abbraccio' l'albero dal quale lui
pendeva."
"Si, era uno del paese. Ne impiccarono diciasette. Lungo il viale di Pisino.
Uno, quello che tua mamma ricordava, era del nostro paese. Portava viveri in
montagna. Ai partigiani."
Mia zia ha ottanta tre anni. A capodanno, le chiedo, "Una volta, dovemmo
scappare a Pagobize. Ricordo che mettemmo materassi, viveri, e coperte su
dei carri trainati dai buoi. Andammo di notte." "Si, era l'otto ottobre del
1943. Erano arrivati i tedeschi. Fummo avvertiti che avrebbero bruciato il
paese. Pensavamo che rifugiandoci per i paesi delle colline avremmo potuto
salvarci.
La gente ci dette rifugio. Pero' quella stessa notte ci fu una grande luce.
Ci cercavano con dei grandi riflettori. Vennero a perquisire casa per casa.
Noi della nostra famiglia eravamo tutti ammucchiati in una stanza." "Pure i
nostri padri?" "Si, pure i padri. Apri' la porta un ufficiale tedesco. Fece
cenno di starcene zitti. Ci rassicuro'. Poi se ne ando'." Pure questo era
stato veramente vissuto, mi dico--questo incubo che mi perseguito' per
decenni.
Nel sogno, mi trovavo in una specie di paese fortificato. Poi cadevano le
mura, e mi trovavo i tedeschi di fronte.
Vengo alla questione delle foibe. Dico a mia zia, "Il nonno, il padre di mia
mamma, era fascista?" Ebbe un fuggevole sorriso, come di scusa. Non voleva
ferirmi. Dissi, "Dimmi la verita'. Cosa dicono in paese?" "Dicono che era
forte fascista. Lo presero l'otto settembre. Non si seppe mai nulla di
preciso, pero' senza dubbio fu infoibato." "Tu, cosa ne pensi?" "Furono
tempi terribili. La gente si vendico'." "I partigiani, tu li temevi?"
"No. Avevamo solo paura dei tedeschi." Questo coincide con il mio ricordo.
A mia cugina Beatrice, ricordo, "Ci avevamo mandate a portare la colazione
alla gente che lavorava nei campi. Al ritorno, sulla strada ci si
avvento'adosso, a picchio un aereo tedesco che si mise a mitragliarci. Tu
eri piu' piccola di me. Ricordi? Qualcuno corse dai campi, ci trascino' nel
tombino sotto la strada. E quella notte bombardarono Pisino. Noi passammo la
notte in cantina. In silenzio eccetto per il gocciolio dell'acqua da un
rubinetto che nessuno badava a tappare. C'era pure la bisnonna e il prozio
Martino."
Disse lei, "Si, bombardarono Pisino perche' i partigiani avevano dato
l'assalto ad un treno che portava soldati italiani arrestati a Pola in
prigionia in Germania e li avevano liberati."
Sento il bisogno di ricordare perche' leggo che La Repubblica sta
caratterizzando i partigiani del "confine slavo" come dei consapevoli
terroristi. Oh, non usano questo termine, pero' lo intendono. Io voglio dire
che se una donna di sessanta cinque anni, allora bambina, ha questi ricordi
e li conferma nel suo paese, chi era il fautore del terrore? Mi sembra che
si stia rovesciando la realta', dicendo che i partigiani fossero gli agenti
del terrore. E non e' vero. Chiunque si prenda il disturbo di andare in
Istria ad intervistare i superstiti, trovera' che il bilancio del terrore si
verte di una maniera strarompente da una sola parte: la parte nazifascista.
Ho voluto testimoniare a questo favore. Solamente questo. Mi si permetta.
Luciana Opassi Bohne
Edinboro University
Edinboro, Pennsylvania
E' davvero inquietante il fatto che proprio in questi giorni, in cui cade il sesto anniversario della guerra "umanitaria", la prima nel suo genere, della Nato alla Jugoslavia, molti di quei politici che hanno sulla coscienza il dramma che decine e decine di migliaia di rifugiati serbi (ma anche di altre etnie) vivono ininterrottamente da quei giorni, abbiano ripreso voce per riaffermare la giustezza, bontà loro non sempre, degli interventi armati.
E' inquietante che questi politici, alla vigilia di elezioni importanti, quasi a farne campagna elettorale contro il governo guerrafondaio della destra, riprovino a mostrare all'eterno alleato statunitense, nel 1999 sotto lombrello Nato, il loro volto più affidabile. Peccato che sia macchiato di sangue.
Per noi che, in questi anni, abbiamo conosciuto la tragedia degli sfollati dal Kosovo e ci siamo battuti per portare loro solidarietà concreta attraverso numerose iniziative realizzate, quelle parole pesano come macigni. Non un dubbio è affiorato nelle coscienze di costoro, non una parola è mai uscita dalle loro bocche per tutte quelle famiglie e per tutti quei ragazzini, vittime innocenti di scelte infami. Gente che ha perduto tutto e che, dopo sei anni, non sa neppure cosa l'aspetta nel futuro perché pure questo diritto gli è negato. Come è negato, per i famigliari degli oltre mille scomparsi nel dopo guerra, il diritto di sapere che fine hanno fatto i loro cari, vittime, a "processo democratico" già avvenuto, della violenza di una banda armata, l'UCK, che in tempo di "guerra al terrorismo", è stata fatta passare per "esercito di liberazione" e riciclata nella forza di polizia del Kosovo liberato. Un Kosovo, oggi, base Nato più grande dEuropa e, soprattutto, crocevia di traffici illeciti dei quali, però, non si parla.
Dire che con questi politici dovremo stare attenti, è davvero poco.
Il nostro impegno, a sei anni da quelle bombe umanitarie, è ancora quello di testimoniare una situazione drammatica, per nulla risolta. Migliaia di famiglie vivono in condizioni precarie in centri di accoglienza che da temporanei sono divenuti definitivi. Il diritto al rientro in Kosovo è una chimera, sbandierata da politiche opportunistiche una volta del governo, una volta dellopposizione, una volta della comunità europea. Non ci credono più neppure loro. Gente che ha perduto tutto e che avrebbe diritto almeno al risarcimento di ciò che gli è stato confiscato, distrutto, bruciato.
Porteremmo volentieri questi politici privi di dubbi nelle nostre missioni.
Per farli incontrare con le decine di famiglie di sfollati sostenute a distanza e che sono costrette a fare conto su di noi e sulla nostra capacità di sensibilizzare e testimoniare la loro situazione;
per farli partecipare alle iniziative con bambini, sfollati e non, che vivono le difficoltà di un dopo guerra che ha solo creato tanti nuovi poveri, come se al mondo non ce ne fossero già abbastanza;
oppure, per portarli a visitare le donne sfollate che, fra mille difficoltà e fatiche, ancora sanno ricamare a mano e cercano, col nostro aiuto, di vendere qualcuno di quei lavori, straordinari, per farne salario;
oppure, potremmo fargli vedere come operano i medici negli ospedali, ancora costretti ad arrangiarsi con mezzi che, alla sola vista, ci farebbero allontanare disgustati.
Ma, più semplicemente, potremmo far loro conoscere un ragazzino che da due anni e mezzo è qui da noi, in Italia, a Roma, per curare lAnemia Aplastica, terribile malattia del midollo. Magari, incontrandolo, potrebbero essere assaliti dal dubbio che le migliaia di tonnellate di uranio impoverito distribuito generosamente su quella che ora si chiama ex Jugoslavia, non fanno male solo a qualche nostro soldato ma pure a tanti bambini, colpiti da leucemie varie, che non potranno mai curare.
E per tutti loro che non riusciamo a dimenticare.
E per tutti loro che continuiamo a testimoniare e a denunciare.
E per tutti loro, che abbiamo il dovere di farlo.
Ed è per loro, che restiamo in attesa che almeno un dubbio possa fiorire nelle certezze dei colpevoli di allora.
Un Ponte per... (campagna per Belgrado)
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"Deve esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto
dove non soffriremo e tutto sarà giusto..."
(francesco guccini - cyrano)
Un ponte per...
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