Informazione
«Iniziativa Partigiani» ha promosso una manifestazione internazionale
Liberazione, istriani e fiumani a Roma e Torino
ROMA - In occasione del 60.esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo,
che si celebra il 9 maggio in tutta l'Europa, la "Iniziativa Partigiani"
italiana, con l'adesione di una decina di associazioni partigiane e antifasciste
dell'Italia, Francia, ex Jugoslavia, Grecia ed Albania ha promosso una manifestazione
internazionale che si svolgerà nei giorni 7 e 8 maggio alla Casa delle Culture
di Roma ed il 9 maggio a Bussoleno (Torino).
Tra gli altri, agli incontri parteciperanno con relazioni e testimonianze
gli storici del Friuli-Venezia Giulia Sandi Volk, Alessandra Kersevan, Giacomo
Scotti, Claudia Cernigoi, Nerino Gobbo (Isola d'Istria) e Vitomir Grbac di
Castua-Fiume. Sulla partecipazione degli italiani alla lotta di liberazione
nell'ex Jugoslavia diranno, attingendo ai ricordi personali, Avio Clemente
che combattè in Bosnia, Vincenzo Giuglar-"Vinko", piemontese che combattè
in varie formazioni croate, serbe e musulmane in Bosnia e Croazia ed Armando
Marras, figlio di Giuseppe Marras che fu comandante della Divisione Partigiana
Italiana "Italia" dopo aver comandato il battaglione "Mameli" nei dintorni
di Zara e la brigata "Matteotti" in Bosnia e Serbia.
Lo scrittore e studioso della partecipazione degli italiani alla LPL nell'ex
Jugoslavia Giacomo Scotti, autore fra altre opere, della voluminosa "Bossa
una stella" insieme a Luciano Giuricin (edizione del Centro di ricerche storiche
di Rovigno, 1975) presenterà una sintesi sul contributo degli italiani dell'Istria
e di Fiume alla lotta di liberazione e sulle vicende del battaglione "Pino
Budicin" in Istria, Gorski Kotar e Lika.
Il programma degli incontri prevede anche dibattiti sui combattenti partigiani
montenegrini, croati e sloveni alla creazione di unità partigiane in Italia
ed alla lotta da essi condotta per la liberazione dell'Italia dai nazifascisti
dopo essere stati liberati dai numerosi campi di concentramento per jugoslavi
sul territorio italiano.
Completerà la manifestazione la proiezione del documentario britannico "Fascist
Legacy" (L'eredità fascista di Ken Kirby sui crimini compiuti dalle truppe
fasciste italiane nelle operazioni di invasione e occupazione in Abissinia
e in Jugoslavia, ed il film artistico "Ne okreći se sine" (Figlio, non
voltarti indietro) del regista croato Branko Bauer, edizione 1956, sulla
guerra partigiana nell'ex Jugoslavia. Sarà inoltre presentato un nuovo libro
del pubblicista croato di Fiume Vitomir Grbac dal titolo "Bijela smrt" (La
morte bianca) scritto in collaborazione con Ratimir Dovecar. Il volume rievoca
la leggendaria marcia di Matic Poljana nella quale, per il freddo, morirono
congelati una quindicina di partigiani dei dintorni di Fiume. Ne fu protagonista
anche il sedicenne Vitomir Grbac. Questi, uscito vivo da quell'inferno di
ghiaccio, fu successivamente inviato in Bosnia e aggregato al battaglione
di scorta al seguito del comandante supremo dell'esercito partigiano, Tito.
Terminò la guerra col grado di colonnello. Per quanto riguarda Ratimir Dovecar,
attualmente professore presso la Facoltà di nautica di Portorose in Istria,
egli è figlio della partigiana Antonija-Tonica Dovecar che, incinta, sfuggì
agli artigli della morte bianca con l'aiuto dei suoi compagni che la trasportarono
a braccia sulla neve. Dopo qualche mese diede alla luce il piccolo Ratimir
(nome che significa guerra e pace).
A Bussoleno (Torino), presso il Nuovo Centro Polivalente, si terrà una tavola
rotonda sul tema "La Resistenza dentro e fuori i confini" con interventi
di Giacomo Scotti, Fulvio Porini (sindacalista) e Ugo Berga dell'Anpi. (sg)
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BALKAN ART IV edizione
Settimana di Cultura Balcanica in Piemonte
dal 16 al 21 maggio 2005
Inaugurazione lunedì 16 maggio
CORTILE del MAGLIO (ingresso da via Andreis e via Borgo Dora, Torino)
Ore 18.30: presentazione della rassegna e delle associazioni partners
a cura di ARCI Piemonte. Partecipano le associazioni: Ingegneria Senza
Frontiere, Assopace, Almaterra, Collettivo Azione Pace onlus, Nema
Frontiera, Percorsi di Pace, Sos Zastava, I.So.La./EquaMente,
Cerchiamo La Pace. Punti informativi e presentazione dei progetti
delle associazioni.
ore 19,30: Suoni e danze del Sud Italia (pizzica e taranta),
danze popolari balcaniche,
aperitivo a base di pita.
ore 21,00: Bandaradan: concerto/spettacolo Klezmer Balcanico,
con la partecipazione de La Paranza del Geco
improvvisazioni di pizzica e taranta.
Ore 22.30:
CAFE' LIBER
C.so Vercelli 2, Torino
Videoproiezioni:
1."Sedmica Italijanske kulture `02" regia di Claudio Paletto
2."Sedmica Italijanske kulture `03" regia di Maicol Casale e Luca Naretto
3."OKC Abrasevic" and the 8th Mostar Intercultural Festival.
4.cortometraggio "Gocce di Mercurio" regia di Claudio Paletto (Banja
Luka `03)
Martedì 17
ore 17: AMANTES art space café
Via Principe Amedeo 38/A, Torino
mostra collettiva di videoarte e scultura:
Darija Bazdan (Dubrovnik), Una Gunjak (Sarajevo), Igor Vidackovic,
Igor Mihalj (Mostar)
ore 18.30: MACHE'
Via della Consolata 9/G, Torino
mostra collettiva di pittura e scultura:
Branko Rusmir, Jelena Vujic (Banja Luka) Vlada Pantelic (Belgrado),
Ivo Bandic (Mostar)
ore 20: CASSETA POPULAR
Via Tripoli 56, Grugliasco (TO)
mostra di fotografia:
Jelena Drobac (Belgrado) Chiara Dalmaviva (Torino)
ore 22.30: LA CADREGA
Via Principessa Clotilde, 23/bis, Torino
mostra collettiva di pittura:
Sanja Majic (Mostar) Ana Banjac (Banja Luka),
Ivana Davidovic, Kristina Draskovic (Belgrado)
Mercoledì 18
ore 19: PUNTO G
L.go Montebello 31 bis, Torino
mostra di pittura e scultura:
Mirsad Hamzic (Mostar) Milena Jovanovic (Belgrado)
ore 21: DE AMICIS
Corso Casale, 134, Torino
mostra di fotografia:
Zoran Crncevic (Banja Luka)
ore 22: CIRCOLO PUEBLO
Corso Palestro 3, Torino
mostra di pittura e scultura:
Predrag Mitric (Banja Luka) Sofija Popovic (Belgrado)
ore 23: C.C.C. SOUNDTOWN
Via Berthollet 25, Torino
Concerto etno-jazz: WD 40 (Banja Luka)
Miroslav Tovirac (Basso), Nebojsa Stupar (Batteria), Miroslav Gacesa
(tastiere e chitarra), Dalibor Popovic (sax, chitarra, voce), Libor
Bocek (chitarra)
Giovedì 19
ore 19: SARDANAPALO
Largo Cibrario, 13/a, Torino
mostra di fotografia: "Faces and Small Faces" Darija Camernik (Celje
Slovenia)
ore 20: DA GIAU
strada Castello di Mirafiori 346, Torino
mostra di pittura:
Jelena Rudic, Zoran Kuresevic (Banja Luka)
ore 22: QUELLI DEL QUETZAL
Giardini Comunali della Bassa,
Via Allende 2/2, Orbassano (TO)
Concerto etno-jazz: WD 40 (Banja Luka)
M. Tovirac, N. Stupar, M. Gacesa, Popovic, L. Bocek
ore 01: MURAZZI PO CENTRO
(Giancarlo) Murazzi del Po 49, Torino
Festa finale con tutti i partecipanti fino all'alba
Venerdì 20
ore 13: ARCI VERNATO
Via dei Conciatori 4, Biella
Incontro con il Comitato provinciale ARCI e con l'Associazione
Culturale Bosniaca di Biella.
ore 20: CAFE' PRIVILEGE
Via Costa di Riva 10, Biella
Concerto etno-jazz: WD 40 (Banja Luka)
M. Tovirac, N. Stupar, M. Gacesa, Popovic, L. Bocek
Sabato 21
ore 13: ARCI PARLAMENTO
Via Parlamento 222, Cossato (BI)
Musica popolare piemontese con Primo Quintavalle
ore 20: IL CIRCOLO VIZIOSO
Via Rimembranza 11, Bioglio (BI)
Concerto etno-jazz: WD 40 (Banja Luka)
M. Tovirac, N. Stupar, M. Gacesa, Popovic, L. Bocek
Questo quarto appuntamento con gli artisti e i dirigenti di Banja
Luka, Belgrado e Mostar è, per noi, un'importante occasione di
consolidamento dei rapporti culturali internazionali e consente di
sviluppare una dimensione dell'agire sociale volontario fondato su
interventi concreti.
Giuseppe Gallicchio
Presidente Arci Nuova Associazione
Comitato regionale del Piemonte
BALKAN ART IV EDIZIONE
Giunge alla IV edizione "BALKAN ART", scambio culturale con i Balcani
avviato nel 2001 da ARCI Piemonte. Dal 16 al 21 maggio, 40 artisti
provenienti da Bosnia Erzegovina, Serbia e Montenegro giungeranno in
Piemonte per diffondere il virus creativo balcanico insieme agli
artisti piemontesi e balcanici presenti a Torino, Biella e nell'area
della Valle Susa. Per 6 giorni assisteremo a incontri e tavole
rotonde, esposizioni di arti visive e spettacoli in diciassette
strutture ARCI, oltre alla festa inaugurale al Cortile del Maglio,
dove i partecipanti avranno modo di esibirsi ed incontrare i cittadini
piemontesi ed instaurare relazioni artistiche e umane.
Quest'anno partecipano alla rassegna diverse associazioni piemontesi
impegnate nell'area dell'ex Jugoslavia con importanti attività di
sostegno e solidarietà.
Dal 2001 oltre 300 artisti e dirigenti italiani, bosniaci, serbi,
sloveni e croati hanno avuto modo di incontrarsi, conoscersi,
confrontarsi, sia in Italia con BALKAN ART che in Bosnia Erzegovina
in occasione della SEDMICA ITALJIANSKE KULTURE organizzata
dall'associazione Marco Polo a Banja Luka. Nel corso degli anni sono
stati prodotti foto e video reportage a memoria delle iniziative svolte.
Per approfondimenti visitare il sito www.arci.it/piemonte
I PARTECIPANTI
Banja Luka
Neboja Stupar, Miroslav Tovirac, Libor, Dalibor, Miroslav, Branko
Rusmir, Jelena Vujic, Zoran Kureevic, Jelena Rudic, Ana Banjac, Zoran
Crncevic, Predrag Mitric, Dragan Stanimirovic, Fabio Sampietro,
Radmila Banjac, Aleksandar Miljevic.
Belgrado
Ivana Davidovic, Jelena Drobac, Kristina Draskovic, Milena Jovanovic,
Sofija Popovic, Vlada Pantelic, Ivan Dzidic, Slobodan Djudurovic
Mostar
Igor Vidackovic, Ivo Bandic, Sanja Majic, Mirsad Hamzic, Igor Mihalj,
Jasmina Sabanovic.
Piemonte
Chiara Dalmaviva, Claudio Paletto, Darija Camernik, Maicol Casale,
Luca Naretto, Darija Bazdan, Una Gunjak, Primo Quintavalle, Alberto
Agliotti, Maurizio Pala, Sergio Pejsachowicz, Davide Tilotta, Simone
Campa, Michela De Petris, Marco Schiamone.
LE ASSOCIAZIONI PARTNERS
MARCO POLO (Banja Luka, Repubblica Srpska, Bosnia Erzegovina)
CENTER FOR YOUTH CREATIVITY (Belgrado, Serbia Montenegro)
OKC ABRASEVIC (Mostar, Bosnia Erzegovina)
INGEGNERIA SENZA FRONTIERE (Torino - Italia)
ASSOPACE (Torino - Italia)
ALMATERRA (Torino - Italia)
COLLETTIVO AZIONE PACE ONLUS (Torino - Italia)
NEMA FRONTIERA (Torino - Italia)
PERCORSI DI PACE (Torino - Italia)
SOS ZASTAVA (Torino - Italia)
I.SO.LA./EQUAMENTE (Torino - Italia)
CERCHIAMO LA PACE (Torino - Italia)
CREDITS
Un progetto realizzato da Arci Nuova Associazione, Comitato Regionale
Piemonte
In collaborazione con: ARCI Comitati provinciali di Biella, Torino,
Valle Susa.
Con il contributo di Regione Piemonte.
Con il patrocinio di: Città di Torino, Provincia di Torino, Provincia
di Biella, Città di Biella, Città di Grugliasco, Città di Orbassano.
Si ringraziano:
le Ambasciate d'Italia a Sarajevo e Belgrado,
Idea Solidale - CESVOL, Associazione Il Cortile del Maglio, Circolo
Pueblo, Collettivo Azione Pace Onlus, Rivestitémi, C.C.C. Soundtown
(per l'organizzazione al Cortile del Maglio), Amantes Art Space Café
(per la progettazione e il coordinamento), BJCEM, i gruppi musicali
Bandaradan e La Paranza del Geco e tutti coloro che hanno svolto
azioni di volontariato per una migliore riuscita della rassegna.
Elenco spazi e circoli ARCI Torino, Biella, Vallesusa
1.Amantes (Via Principe Amedeo 38/A, Torino)
2.Da Giau (Strada Castello di Mirafiori 346, Torino)
3.C.C.C. Soundtown (Via Berthollet 25, Torino)
4.De Amicis (Corso Casale, 134, Torino)
5.Café Liber (C.so Vercelli, 2, Torino)
6.La Cadrega (Via Principessa Clotilde, 23/bis, Torino)
7.Maché (Via della Consolata 9/G, Torino)
8.Pueblo (Corso Palestro 3, Torino)
9.PuntoG (L.go Montebello 31 bis, Torino)
10.Sardanapalo (Largo Cibrario, 13/a, Torino)
11.Murazzi Po Centro (Giancarlo) (Murazzi del Po, arcata 49, Torino)
12.Casseta Popular (Via Tripoli 56, Grugliasco, Torino)
13.Quelli del Quetzal (Via Allende 2/2, Orbassano, To)
14.ARCI Parlamento (Via Parlamento 222, Cossato Biella)
15.Il Circolo Vizioso (Via Rimembranza 11, Bioglio, Biella)
16.ARCI Vernato (Via dei Conciatori 4, Biella)
17.Café Privilege (Via Costa di Riva 10, Biella)
Progetti di artisti italiani o ex jugoslavi residenti in Piemonte:
1.Foto reportage "Balcania, schegge di vita tra Sarajevo e Belgrado"
fotografie di Chiara Dalmaviva (Torino) - 12 fotografie 45 x 30 cm.
2.Video-reportage "Sedmica Italjianske Culture"
(Banja Luka BiH 2002) Regia di Claudio Paletto (Torino)
3.Film cortometraggio "Goccie di Mercurio"
Regia di Claudio Paletto (girato tra Banja Luka e Torino)
4.Foto reportage "Faces and small Faces" di Darija Camernik (Celje
Slovenia)
5.Video-reportage "Sedmica Italjianske Culture"
(Banja Luka BiH 2003) Regia di Maicol Casale e Luca Naretto (Torino)
6.Videoarte, di Darija Bazdan (Dubrovnik Croazia)
7.Videoinstallazione - Una Gunjak - "Jaje" (Sarajevo BiH)
Elenco artisti e accompagnatori MARCO POLO Banja Luka -R. Srpska BiH
1.Neboja Stupar - WD 40 (etno jazz band)
2.Dalibor Popović - WD 40 (etno jazz band)
3.Miroslav Tovirac - WD 40 (etno jazz band)
4.Libor Boček - WD 40 (etno jazz band)
5.Zoran Kureević - WD 40 (etno jazz band)
6.Branko Rusmir pittore
7.Jelena Vujic pittrice
8.Zoran Crncevic fotografo
9.Predrag Mitric scultore
10. Dragan Stanimirovic giornalista - Federalna Televisiva
11. Ana Banjac pittrice
12. Jelena Rudic pittrice
13. Zoran Kuresevic pittore
14. Fabio Sampietro dirigente Marco Polo
15. Radila Banja dirigente Marco Polo
16. Aleksandar Miljevic dirigente Marco Polo
Elenco artisti e accompagnatori "Center for Youth Creativity" Belgrado
Serbia e Montenegro
1.Ivana Davidovic designer
2.Jelena Drobac - fotografa
3.Milena Jovanovic - fotografa
4.Sofija Popovic - pittrice
5.Kristina Draskovic - pittrice
6.Vlada Pantelic - scultrice
7.Ivan Dzidic dirigente Center for Youth Creativity
8.Slobodan Djudurovic dirigente Center for Youth Creativity
Elenco artisti e accompagnatori "OKC Abrasevic" Mostar Bosnia
Erzegovina
1.Ivo Bandic - scultore
2.Igor Mihalj - scultore
3.Sanja Majic - pittrice
4.Igor Vidackovic - scultore
5.Mirsad Hamzic - scultore
6.Jasmina Sabanovic - fotografa
BALKAN ART IV
Settimana di Cultura Balcanica in Piemonte
PROGETTAZIONE E COORDINAMENTO
ARCI NUOVA ASSOCIAZIONE COMITATO REGIONALE PIEMONTE
VIA CERNAIA 14 - 10123 TORINO ITALIA - tel. +39 011 5613113 - fax.
+39 011 5613098
piemonte @... - http://www.arci.it/piemonte
IN COLLABORAZIONE CON
PROVINCIALE TORINO
v. Cernaia 14 - 10123 Torino TO - tel. 011 5613113 - fax 011 5613098
torino @... - http://www.arci.it/torino
ARCI NUOVA ASSOCIAZIONE COMITATO PROVINCIALE VALLESUSA
v. Torino 9/e - 10093 - Collegno TO - tel. 011 4112498 - 011
4110053 - fax 011 4112421
vallesusa @... - http://www.arci.it/vallesusa
ARCI NUOVA ASSOCIAZIONE COMITATO PROVINCIALE BIELLA, VERCELLI, IVREA
Via alla Fornace 8/b Biella BI - tel. 015.8491179 - fax.
015.8470867 -
PARTNERS STRANIERI
MARCO POLO
Ul. Zmaj Jovie 13 - 78000 - BANJA LUKA REPUBBLICA SRPSKA - BOSNIA
ERZEGOVINA
marcopolobl @... - http://www.home.blic.net/marcopolobl
tel. +387 65 894003 - fax. +387/51/319142
CENTER FOR YOUTH CREATIVITY
Makedonska, 22 - 11000 BELGRADO - SERBIA E MONTENEGRO
csm @... - http://www.csm.org.yu -
tel. +381.11.32.21.948 - fax. +381.11.753.734; +381.11.32.21.948
OKC ABRASEVIC
MOSTAR - BOSNIA ERZEGOVINA
nedim@ kolaps .org - www.kolaps.org
Date: Sat, 7 May 2005 03:21:37 +0200
Fin du procès COLLON / POLICIERS DE BRUXELLES - VILLE
Jeudi 28 avril, a eu lieu la dernière audience, en appel, de mon procès
contre les policiers de Bruxelles - Ville. Frank Van Impe et Bernard
Jongen m'avaient arbitrairement arrêté et très brutalement tabassé (4
côtes fracturées) dans une camionnette pour avoir organisé une
manifestation pour la paix contre l'Otan en 1999. Jugement : le 16 juin.
- « Dans quel état reviendrai-je de la prochaine manifestation ? »
Déclaration finale de Michel Collon : ci-après
- « L'arrestation de Michel Collon était illégale et arbitraire »
(extraits des conclusions de Maître Selma Benkhelifa). Voir :
http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2005-05-
06%2016:56:11&log=actuperso
- Plaidoirie de l'avocat des policiers : « Qui est un ver de terre ? »
(Ci-après)
- Pour lire la plainte à l'origine des faits, voir :
http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2004-05-
29%2015:48:43&log=actuperso
Ma déclaration finale :
« Si demain, il faut à nouveau manifester pour la paix, j'irai à
nouveau.
Dans quel état reviendrai-je ? »
« Madame la Présidente, Madame et Monsieur les juges, je vous remercie
de m'écouter quelques instants. Je serai bref car le procureur a
parfaitement détruit le tissu de mensonges proférés par les deux
policiers. Mais, quand on est victime d'une agression aussi brutale, de
quoi a-t-on besoin ? De justice, et ça commence par pouvoir dire ce
qu'on a subi, ce qu'on a ressenti.
Quand on a subi un tel choc, pour pouvoir le supporter, ne pas rester
traumatisé, on a besoin de savoir qu'on sera entendu et que les
responsables seront punis. Je vous demande donc de vous mettre un
instant à ma place : que ressentez-vous quand on vous jette par terre,
comme un paquet ? Et dès qu'il n'y a plus de témoins, ces hommes se
mettent à vous frapper sans cesse, à coups de poings sur la figure, à
coups de pied dans les côtes... Vous crevez de mal, vous crevez de
peur, vous pensez, tellement les coups sont violents, que vous allez
mourir ou rester handicapé. Et quand vous suppliez qu'ils arrêtent, ça
les fait rigoler, et ils tapent encore plus.
Que ressentez-vous quand on vous traite pire qu'un animal, quand on
vous prive de toute dignité, de tout respect ? Dans ces circonstances,
je pense qu'un homme peut comprendre ce qu'éprouve une femme lors d'un
viol.
Après, quand vous apprenez qui vous a fait ça, vous vous demandez
quelle sorte de gens prennent ainsi plaisir à frapper, humilier,
torturer ?
J'ai parlé de viol. En fait, ces deux brutes Van Impe et Jongen ont
violé nos libertés démocratiques. La liberté de manifestation. La
liberté d'expression.
Car je ne suis pas masochiste. En arrivant au lieu de rassemblement, je
savais très bien qu'il n'y aurait pas de manifestation. Avec des
centaines de policiers en tenue de combat et en civil, un hélico, des
autopompes, des gaz lacrymogènes, usant de violence en divers endroits,
pas question de manifester. Mais juste d'aller exprimer au public et
aux médias qu'il était scandaleux qu'on interdise de manifester pour la
paix, que cette interdiction de manifester était illégale car condamnée
en urgence, à notre requête, par la plus haute instance belge, le
Conseil d'Etat.
Un bourgmestre peut interdire une manifestation à tel moment ou à tel
endroit, par exemple parce qu'elle gênerait la circulation. Mais la
Constitution belge lui défend explicitement d'interdire toute
manifestation pour la paix n'importe où n'importe quand. C'est pourtant
ce qu'avait fait le bourgmestre de Bruxelles François-Xavier de Donnéa,
grand ami de l'Otan et des Etats-Unis.
On était en plein dans l'illégalité, en plein abus de pouvoir. Et c'est
cela qu'il fallait cacher en supprimant la liberté d'expression. L'Otan
n'aime pas qu'on conteste ses guerres. C'est pour cela que le
journaliste Bogaert du Morgen a été arrêté, ainsi d'ailleurs que quatre
journalistes ce jour-là.
Et c'est pour avoir revendiqué la liberté d'expression que j'ai été
puni. Des témoins ont entendu des policiers dire après mon arrestation
: « On l'a bien eu, le journaliste ! » Ma profession n'étant pas écrite
sur ma figure, ils savaient donc qui j'étais. Et j'étais visé d'avance
en tant qu'organisateur de la manifestation pour la paix.
La preuve : à mes côtés, venant de la conférence de presse et se
dirigeant avec moi vers le lieu de rassemblement, se trouvait une
dizaine de personnes dont trois professeurs d'université, Messieurs
Franck, Piérart et Bricmont. Dans un de leurs procès-verbaux, que même
le Parquet considère comme mensongers, les supérieurs de ces policiers
brutaux ont prétendu que nous aurions foncé dans un « assaut brutal »
vers les policiers. Quiconque regardera l'âge et le gabarit de ces
professeurs d'université ne pourra qu'éclater de rire.
Mais, comme le dit le professeur Franck dans son témoignage : « Pour
répondre à votre question, je m'étonne aussi que ni moi-même, ni M.
Coumont (syndicaliste), ni M. Piérart, ni M. Bricmont, n'avons été le
moins du monde inquiétés ni même interpellés. Il n'y a même pas eu le
moindre contrôle d'identité. Je ne serais pas surpris que le sort
particulier réservé à M. Collon résulte de son identification par les
forces de l'ordre. »
Quand on se fait frapper avec une telle violence, on se demande avec
angoisse : « Qu'ai-je fait de mal ? » On a besoin de comprendre
pourquoi quelqu'un peut vous détester au point de casser vos os, de
détruire votre corps. On se pose sans cesse la question car on veut
pouvoir continuer à vivre en paix. Le problème : qui peut vous protéger
puisque ceux qui vous ont fait ça, sont justement ceux-là qui sont
censés vous protéger, paraît-il.
Il faut donc chercher la cause d'une telle haine. Dans la camionnette,
en commençant à me tabasser, le policier Jongen m'a hurlé : « Sale
anarchiste, tu vas voir ce que c'est de vouloir manifester ! »
Même s'il est mal renseigné sur mes convictions politiques précises,
Jongen montre ainsi qu'il agit par motivation de haine politique.
D'ailleurs, à l'audience précédente, il a déclaré : « Quand la gauche
manifeste, y a toujours de la castagne ! » (sic). Faux !
Personnellement, j'ai déjà participé à de nombreuses manifestations, il
m'est arrivé d'en organiser plusieurs, et ça s'est toujours bien passé.
Par contre, je veux bien croire que lorsque Jongen intervient, il
apporte la castagne lui-même !
Ce que montre ce procès, et les agissements de ces policiers, c'est
qu'il y sans doute une présence d'éléments d'extrême droite, fascistes,
dans la police de Bruxelles - Ville, comme on l'a vu aussi dans la
commune de Schaerbeek. Qu'attendent les autorités de Bruxelles - Ville
pour mettre fin à ce scandale ? D'autres victimes ?
A l'audience précédente, le procureur a déclaré : « Je m'inquiète de la
déclaration (du policier Gosselin poursuivi ainsi que Van Impe pour le
tabassage d'un supporter) disant 'Pourquoi aurions-nous frappé Legrand
alors que nous aurions pu attendre le commissariat' ? "
Bavure, dérapage verbal ? Non, à une autre occasion, ils ont déclaré :
"Nous ne pouvions pas le tabasser à trente mètres de ses amis" Question
: à partir de combien de mètres cela devient-il possible ?
Et lorsque j'ai été confronté à Van Impe et Jongen au comité P
(surveillance des polices), il a été dit dans le même genre : "On
n'allait quand même pas le tabasser, il y avait plein de caméras".
Je conclus. Pourquoi cette violence gratuite ? On a essayé de nous
enlever le droit de manifester contre la guerre. Mais je vous le redis
très clairement, Messieurs les policiers : le droit de manifester est
inscrit dans la Constitution et aucun bourgmestre, aucun ministre, et
même pas un policier de Bruxelles - Ville ne pourra nous l'enlever,
est-ce clair ?
Vous avez essayé de me faire peur. Et encore en mars 2003, alors que je
protestais contre des brutalités policières envers un jeune (arrêté
lors de la manifestation Irak), un de vos collègues est venu
m'intimider : "Une manifestation, ça ne vous a pas suffi?"
Non. Je ne me laisserai jamais intimider. Si demain Bush déclenche
encore une guerre, avec ou sans la participation ou la complicité de
l'Europe, j'irai encore manifester.
Ce procès est donc important, Madame la Présidente, Madame et Monsieur
les juges, non seulement pour le passé, mais aussi et surtout pour
l'avenir.
Un citoyen de Bruxelles a-t-il le droit de se promener dans la rue sans
se faire arrêter arbitrairement ? Depuis ce procès, j'ai entendu
beaucoup d'histoires de gens, des jeunes surtout, qui ont été arrêtés
et frappés arbitrairement dans le centre de Bruxelles, mais ils n'osent
déposer plainte. Je me bats aussi pour eux.
Un manifestant, même de gauche, a le droit de s'exprimer contre la
guerre dans les rues de Bruxelles ? Je le redis donc clairement : si
demain, il faut manifester à nouveau pour la paix, j'irai. Dans quel
état je reviendrai de cette manifestation, cela dépendra de votre
jugement. Merci de votre attention. »
---
La plaidoirie de l'avocat des policiers :
Qui est un ver de terre ?
L'avocat des policiers brutaux est Maître Vincent De Wolf, par ailleurs
bourgmestre de droite d'Etterbeek. Sans état d'âme, sa plaidoirie a
recopié tels quels les mensonges de ses clients tout en essayant
d'escamoter les contradictions multiples qu'y avait relevées le
procureur : « Mes clients n'ont aucun remords, car ils n'ont rien fait.
»
Entre autres amabilités, De Wolf a comparé le procureur à un ver de
terre qui se contorsionne pour essayer de savoir si l'arrestation était
judiciaire (sur base d'un délit commis, auquel cas le policier doit
avertir sur le champ le parquet) ou simplement administrative
(arrestation provisoire sans formalités).
Mais en réalité, lui-même s'est contorsionné comme un ver de terre
pendant une heure trente pour échapper à la seule et unique question de
ce dossier : Comment expliquer que la victime rentre en bon état dans
cette camionnette de police et en sorte avec quatre côtés cassées ?
Images et citations manipulées
Ne pouvant répondre à cette question simple et décisive, De Wolf
prétend d'abord que je serais tombé sur le sol au début de
l'arrestation avec quatre policiers sur moi et que mes côtes auraient
été fracturées à ce moment. Puis, il prétend que les enregistrements
télé montrent qu'un autre policier me porte un coup de pied. Faux, on
voit bien qu'il s'agit juste d'un pas en avant, à vitesse normale, et
c'est pas comme ça que l'on peut casser quatre côtes (sans compter que
de nombreuses autres blessures m'ont été infligées dans la camionnette,
toutes attestées par de nombreux certificats médicaux).
A propos de certificats, De Wolf en cite un : mes blessures n'auraient
provoqué qu'une « gêne légère ». Il oublie juste de signaler que ce
dernier certificat date de... huit mois après les faits !
Car De Wolf est le champion de la citation tronquée. Ainsi, il relate
le témoignage d'une autre personne arrêtée, l'acteur flamand Mark
Tuypens : « Wij wisten dat de betoging aanvankelijk verboden was ».
Qu'il traduit : « Nous savions que la manifestation était interdite »,
essayant de prouver par là que c'est de notre côté qu'on a voulu braver
la loi. De Wolf « oublie » juste de traduire le mot-clé : «
aanvankelijk verboden ». La vraie déclaration était : « Nous savions
que la manifestation était interdite A L'ORIGINE ». C'est-à-dire
qu'elle ne l'était plus puisque le Conseil d'Etat avait annulé cette
interdiction. Rien qu'en taisant un mot, De Wolf parvient à inverser le
blanc et le noir.
Diabolisez la victime !
Pour faire oublier que son dossier est indéfendable, De Wolf a appliqué
la « méthode Bush ». Vous êtes manifestement l'agresseur ? Il y a plein
de témoins ? Diabolisez la victime, salissez-la. Accusez-la, par
exemple, de posséder des armes de destruction massive et de représenter
un danger.
Quelles armes dangereuses pouvait-on m'attribuer ? Pas facile puisqu'il
y avait plein de caméras et qu'elles montrent clairement que je suis
agressé. Alors, De Wolf prétend : « Collon n'était pas porteur de sa
carte d'identité ! »
Ah, le dangereux crime ! Il avait déjà sorti cela en première instance.
Et il lui avait déjà été répondu : « C'est faux ! Les policiers m'ont
arraché mon sac avec mes papiers. Il m'a été restitué deux jours plus
tard à mon domicile, et j'en ai le P-V ». Il n'avait pas insisté. Mais
comme il n'a rien de bon dans son dossier et qu'il sait qu'il parle en
dernier lieu, sans que je puisse lui répondre, il n'est pas gêné de
ressortir ce mensonge avéré, espérant me créer une image de dangereux
terroriste.
Dans le même genre, il s'approche des juges et leur montre... une photo
qui ne figure pas au dossier : « Regardez le regard de Collon sur cette
photo, ce n'est pas une victime ! » Curieusement, nous n'avons pas le
droit de voir cette photo, or il serait intéressant de voir à quelle
manipulation il a pu se livrer. Mais la présidente ne semble pas
impressionnée, et la photo n'est pas versée au dossier.
Six ans plus tard, la camionnette devient « trop petite » !
Enfin, De Wolf exhibe des photos des deux modèles de camionnettes qui
ont pu servir au transport. Pour essayer de prétendre que l'espace
intérieur était trop petit pour qu'un homme puisse y porter des coups
de pied. Pourtant, dès le début de ma plainte, et sans jamais varier,
j'ai indiqué que Van Impe (qui est de petite taille) se tenait debout,
légèrement courbé, et de cette façon pouvait très bien porter de
violents coups de pied. Vous devez savoir que dans cette camionnette,
la banquette n'occupe que les deux tiers gauches de l'espace, la partie
droite étant entièrement dégagée de bas en haut.
Au dernier moment, six ans après les faits, De Wolf sort ce lapin de
son chapeau : « Camionnette trop petite ! ». Mais il n'ira pas jusqu'à
proposer une reconstitution. Il aurait pu demander à son client brutal
de se coucher par terre dans cette camionnette tandis qu'une autre
personne aurait démontré qu'il était bien possible de lui donner des
coups de pied dans les côtes !
On a beaucoup parlé, ces derniers temps, des « droits de la victime ».
Il reste du chemin en ce sens : cet avocat a eu le droit de répéter les
mensonges de ses clients et d'inventer de nouveaux trucs grossiers
pendant une heure et demie en gardant le dernier mot et sans que je
puisse répondre.
Mais je ne crois pas que les juges se laisseront impressionner par ses
trucs grossiers. Les deux audiences ont été très claires : si on entre
intact dans une camionnette et qu'on en sort avec quatre côtes
fracturées, les seuls coupables possibles sont les policiers présents
dans cette camionnette. Point à la ligne.
SOURCE:
http://www.michelcollon.info/mailinglist.php
60 anni dopo: ribaltare gli esiti della II Guerra Mondiale?
[La "ricerca sulla pace" tedesca usa oggi, come un secolo fa, gli
strumenti del differenzialismo etnico per destabilizzare l'Europa
centroorientale e ripristinare l'"ancien regime". Ne parla un articolo
del sito http://www.german-foreign-policy.com]
Orwellscher Friede
BERLIN/OSNABRÜCK/KALININGRAD (Eigener Bericht) - Die ,,Deutsche
Stiftung Friedensforschung" (DSF) wird aus dem Militärhaushalt der
Bundesregierung bezahlt und vermittelt für genehme Projekte mehrerer
Wissenschaftsinstitute Staatsgelder. Von der Militärfinanzierung
profitiert unter anderem die Hessische Stiftung Friedens- und
Konfliktforschung (HSFK). Weitere Gelder der DSF, die mehrheitlich aus
dem Bundesbildungsministerium fließen, gehen an Einrichtungen in
Hamburg und Marburg. Nach eigener Aussage will die DSF der deutschen
Außenpolitik Möglichkeiten der ,,Intervention" im Fall von
,,ethnischen Konflikten" aufzeigen. Aktuelle Anlässe für eine deutsche
Interventionstätigkeit ergeben sich demnach in Kaliningrad, im Kosovo
sowie im ,,nördlichen Schwarzmeergebiet". Mit Untersuchungen über die
dortige Konfliktlage hat die DSF den Ethno-Spezialisten Stefan Troebst
beauftragt. Troebst wurde mehrfach beschuldigt, durch die Konstruktion
von ,,Ethnien" Voraussetzungen für spätere Destabilisi
erungsversuche zu schaffen.
http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1109893119.php
Paix orwellienne
BERLIN/OSNABRÜCK/KALININGRAD (compte-rendu de la rédaction)
La,,Fondation allemande pour la recherche de la paix? (DSF :
,,Deutsche Stiftung Friedensforschung?) est financée sur les fonds du
budget militaire fédéral et accorde des crédits publics à des projets
agréés de plusieurs instituts scientifiques. De ce financement du
Ministère de la défense profite entre autres la Fondation hessoise de
recherche sur la paix et la résolution de conflits (HSFK). D?autres
subsides de la DSF qui proviennent en majeure partie du Ministère
fédéral de l?Éducation viennent alimenter des instituts situés à
Hambourg et à Marbourg. De son propre aveu, la DSF veut indiquer aux
responsables de la politique extérieure des opportunités
,,d?intervention? en cas de ,,conflits ethniques?. Selon elle,
l?Allemagne serait susceptible d?intervenir actuellement à
Kaliningrad, au Kosovo ainsi que ,,dans la région située au Nord de la
Mer noire?. La DSF a chargé le spécialiste des questions ethniques
Stefan Troebst d
?études sur la situation conflictuelle qui y règne. Troebst a été
accusé à plusieurs reprises de créer, en réactivant les ,,ethnies?,
les conditions propices à des tentatives ultérieures de déstabilisation.
http://www.german-foreign-policy.com/fr/news/art/2005/51500.php
Una iniziativa internazionale ed internazionalista
nel 60.esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo
Roma, 7-8 maggio 2005, Casa delle culture (Via S. Crisogono)
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/index.htm
Per contatti: PARTIGIANI! Segreteria organizzativa
c/o RCA, Via di Casal Bruciato 27, I-00159 Roma
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LA LOCANDINA:
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IL TESTO DI CONVOCAZIONE DELLA INIZIATIVA:
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INIZIATIVA GEMELLATA:
"LA RESISTENZA: DENTRO E FUORI I CONFINI"
Bussoleno (TO), lunedi 9 maggio 2005
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/iniziative.htm#bussoleno
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Altre iniziative per il 60.mo della Liberazione:
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Private US-Militärfirmen im jugoslawischen Bürgerkrieg
[Una intervista a Franz-Josef Hutsch, ex ufficiale della Bundeswehr e
testimone al "processo" Milosevic, sul ruolo delle agenzie di
mercenari occidentali nella guerra contro la Jugoslavia]
Die Generalprobe für den Angriff auf den Irak
Im Gespräch
Franz-Josef Hutsch, Ex-Major der Bundeswehr und Zeuge im
Milosevic-Prozess, über private US-Militärfirmen im jugoslawischen
Bürgerkrieg
FREITAG: Was hat Sie grundsätzlich dazu bewogen, im Prozess gegen
Milosevic als Zeuge der Verteidigung auszusagen?
FRANZ-JOSEF HUTSCH: Als die Berater von Milosevic an mich herantraten,
etwas mehr über diesen ominösen Hufeisen-Plan von 1998/99 zu erfahren,
dachte ich, einen Beitrag zur Wahrheitsfindung leisten zu können.
Bezogen auf einen Krieg, von dem ich immer den Eindruck hatte, er sei
sehr stark von der NATO inszeniert gewesen ist. Aber vor dem Haager
Tribunal wollte ich nicht das Instrument einer Seite sein. Es gab
einerseits den so genannten Hufeisen-Plan, andererseits aber auch
Massaker - und ich habe beide Phänomene recherchiert. Insofern war
klar, dass ich kein typischer Zeuge der Verteidigung bin. Ich bin aber
auch nicht der typische Zeuge der Anklage. Ich bin Kriegsreporter. Und
als solcher habe ich beobachtet, geforscht und berichtet.
Warum haben Sie sich entschlossen, in einem Augenblick auszusagen, in
dem es die meisten Zeugen ablehnen, vor dem Tribunal zu erscheinen,
weil Milosevic das Recht auf Selbstverteidigung aberkannt wurde?
Ihre Frage impliziert, ich hätte entscheiden können, ob und wann ich
aussage. Beides lag aber nicht in meiner Hand. Ich bin vom Tribunal
als Zeuge vorgeladen worden, weil mich Slobodan Milosevic auf die
Zeugenliste gesetzt hat. Es gab vor diesem Hintergrund nur zwei
Möglichkeiten: Entweder hätte man mich von der Zeugenliste streichen
müssen - oder ich wäre zwangsweise vor das Tribunal geführt worden.
Die Einzigen, die einen Nutzen daraus ziehen konnten, hätte ich mich
verweigert, wären jene gewesen, die mich in den letzten Tagen vor
meiner Aussage bedrohten und forderten, nicht in den Zeugenstand zu
treten.
MPRI und die beiden Operationen "Blitz" und "Gewittersturm" in
West-Slawonien und in der Krajina
Sie haben in Ihrer Aussage über die private amerikanische Militärfirma
"Military Professional Resources Inc."(MPRI) gesprochen. Wer hat
eigentlich in Ex-Jugoslawien derartige Privatunternehmen, so genannte
PMFs, engagiert - und wer hat sie bezahlt?
Die MPRI ist die private Militäragentur schlechthin, die sogenannte
dreckige Jobs für die CIA oder generell für die US-Nachrichtendienste
erledigt. Die Firma arbeitet in allen möglichen sensiblen Bereichen,
in denen man ein offizielles Auftreten der Vereinigten Staaten
verhindern will. Da kann es zu grotesken Situationen wie 2001 kommen,
als MPRI auf der einen Seite die mazedonische Armee ausgebildet hat,
finanziert durch das Pentagon, also ganz offiziell - auf der anderen
Seite aber auch die albanische UÇK in Mazedonien unter ihren Fittichen
hatte.
Wer waren da die Auftraggeber?
Das kann man jetzt nur mutmaßen, aber es spricht vieles dafür, dass es
die CIA war. Dieses amerikanische Doppelspiel auf dem Balkan führte
unter anderem zu der Groteske, dass im August 2001 von Camp Bondsteel
im Kosovo aus US-Fallschirmjäger 17 Ausbilder der MPRI zusammen mit
UÇK-Kämpfern aus Aracinovo evakuierten - kurz bevor der Ort durch die
mazedonische Armee eingenommen wurde.
MPRI war während des Jugoslawien-Krieges offenbar auch in Kroatien und
Bosnien. Wissen Sie, wer hinter diesem Auftrag stand?
Nach meinen Recherchen waren auch da US-Dienste beteiligt. In Bosnien
wurde MPRI ja ganz offiziell engagiert, um die Armee der
bosnisch-kroatischen Föderation zu reformieren - das war Teil eines
internationalen Hilfsprogramms und passierte nach dem Abkommen von
Dayton, das Ende 1995 unterschrieben wurde. Aber MPRI war auch schon
vorher in Bosnien. Ebenso wie in Kroatien. Als die kroatische Armee im
Dezember 1994 praktisch besiegt war, wurde sie dank MPRI reorganisiert
und in die beiden Operationen "Blitz" im Mai 1995 und "Gewittersturm"
zur Vertreibung der Serben aus West-Slawonien beziehungsweise der
Krajina im August 1995 geführt. Während meiner Recherchen war ich auf
dem Gefechtsstand einer kroatischen Brigade, auf dem die
Kommandosprache Englisch war. MPRI hat nicht nur die
Militäroperationen geführt, sondern auch dafür gesorgt, dass es
zugleich NATO-Luftangriffe auf serbische Stellungen gab. Das würde man
militärisch als "Close Air Support" für Bodentruppen bezeichnen.
MPRI leugnet das ...
Ich habe selbst gesehen und gehört, wie ein amerikanischer
MPRI-Offizier einem kroatischen Brigadekommandeur bei den Angriffen
auf Glina während der Operation "Sturm" Anweisungen gab.
Es heißt in der bisher umfassendsten Studie von Peter W. Singer über
private Militärdienstleister, dass sie auch deshalb in Bosnien
eingesetzt wurden, um dort den iranischen Einfluss zurückzudrängen.
Ging es da um eine Art Taliban-Formation auf dem Balkan?
Diese Kämpfer, von denen etliche in Afghanistan ausgebildet wurden,
waren in Bosnien in Mudschahedin-Brigaden zusammengefasst.
Aufschlussreich ist, dass 1996, als diese Leute demobilisiert werden
mussten, amerikanische Werber von MPRI auftauchten, um die
Mudschahedin in die Türkei zu schicken, wo sie zu Flugleitpersonal
ausgebildet wurden, das vom Boden aus Luftangriffe auf Erdziele
steuert. Ab Anfang 1998 sind diese für einen modernen Luftkrieg
unverzichtbaren Spezialisten zur UÇK ins Kosovo geschickt worden. Die
Amerikaner haben sich also bereits 1996 auf Luftangriffe im Kosovo
vorbereitet. Gerade dieser Umstand ist es, der mich von einem
inszenierten Krieg sprechen lässt.
Wie hat MPRI während des Bosnienkrieges eventuell mit den Mudschahedin
kooperiert?
Eine direkte Kooperation konnte ich nicht nachweisen. Aber es gibt
Beweise dafür, dass MPRI versucht hat, Ausrüstungen in die
UN-Schutzzone Srebrenica zu bringen. MPRI ist an die Soldaten des dort
stehenden niederländischen Blauhelm-Bataillons herangetreten und
wollte Material und Personal zur Verfügung stellen, um den serbischen
Funkverkehr abzuhören. Der niederländische Kommandeur, Tom Karremanns,
hat das damals mit dem Hinweis auf die Neutralität der UNPROFOR
(UN-Schutztruppe für Bosinien-Herzegowina - d. Red.) abgelehnt. Das
hat er mir persönlich bestätigt.
Es handelt sich bei MPRI also um eine eindeutig amerikanische
Organisation.
So ist es. Um die enge Verknüpfung von MPRI und US-Militärs noch
einmal zu verdeutlichen: Ein US-Offizier oder Unteroffizier nimmt
unbezahlten Urlaub von der Army, engagiert sich für zwei oder drei
Jahre bei MPRI und wird dann in die Army reintegriert. Zum einen
stellt die ihre Führungskräfte unbezahlt frei, um für MPRI zu
arbeiten. Zum anderen tut das der Karriere dieser Militärs keinen
Abbruch, im Gegenteil.
Es geht demnach keineswegs nur um pensionierte Generäle oder Offiziere
wie immer behauptet wird?
Nein. MPRI ist nicht die einzige Privatagentur, die in Ex-Jugoslawien
tätig war oder immer noch ist. Die Firma CACI etwa - berüchtigt durch
den Folterskandal von Abu Ghraib im Irak - führt seit einiger Zeit
"antiterroristische Verhöre" in Bosnien und im Kosovo durch. Dann gibt
es noch die Halliburton-Tochter "Kellog Brown & Roots", die ebenso
engagiert ist wie etwa die Agentur "DynCorps". Meines Wissens stellte
DynCorps auch das US-Kontingent der "Kosovo Verification Mission"
(KVM) im Herbst 1998 - kurz vor Beginn der NATO-Luftangriffe.
Angeblich waren 150 von 200 Beobachtern Mitarbeiter dieser Firma.
Können Sie das bestätigen?
Ja, das deckt sich absolut mit meinen Recherchen.
Neutrale Beobachter?
Natürlich nicht. Die meisten Amerikaner und Briten haben nicht als
neutrale Verifikateure gearbeitet, sondern vor allem Aufklärung für
die amerikanische Zielplanung betrieben.
Aber das bedeutet doch alles, dass diese privaten Agenturen im Prinzip
außerhalb des internationalen Rechtssystems agieren. Wer kontrolliert
die denn?
Niemand.
Wir haben es demnach eindeutig mit einer Privatisierung von
Kriegführung zu tun. Welche Konsequenzen hat das für die Aufarbeitung
der Kriege in Ex-Jugoslawien?
Wir müssten anfangen, genau das kritisch zu durchleuchten. Ich wundere
mich ja stets von Neuem, dass so viele Dinge immer noch hingenommen
werden. Nehmen wir mal den Ranta-Report zum Massaker von Raçak (*).
Ein Bericht, der eindeutig sagt, es habe keine Schändungen der Leichen
gegeben. Nur Verunstaltungen durch wilde Hunde. Die Süddeutsche
Zeitung hat, ohne dass sie einen Reporter vor Ort hatte, detailliert
beschrieben, wie einem Mann die Ohren abgeschnitten worden seien.
Matthias Rüb ging in der FAZ noch deutlich weiter: Er schrieb von
Enthauptungen und ausgestochenen Augen. Er berichtete dies so genau,
als hätte er die Leichen in Raçak gesehen. Dabei war er zu diesem
Zeitpunkt in Budapest. Wir korrigieren nicht einmal diese Dinge in der
deutschen Presse.
Die meisten Journalisten waren 1999 willfährige Helfer der NATO, doch
darüber wird nicht diskutiert. Wie wir dann das Engagement von
privaten Militäragenturen aufarbeiten wollen, ist mir schleierhaft.
Aber das wäre dringend notwendig, wenn wir nicht immer wieder in die
gleiche Falle schlingern wollen. Das beste Beispiel ist doch, dass der
jüngste Irak-Krieg bis ins Detail der Inszenierung des
Kosovo-Konfliktes gefolgt ist. Der war - wenn Sie so wollen - die
Generalprobe für den Angriff auf den Irak. In diesem Zusammenhang ist
es doch aufschlussreich, dass die Verifikateure der OSZE, die Raçak
untersucht haben, nahezu allesamt Amerikaner waren.
Alles Angehörige der Agentur "DynCorps"?
So ist es. Nur ein Detail noch zum Thema Raçak, das von einem absolut
ungewöhnlichen Verfahren zeugt. Wenn Beobachter zu einem Einsatz
aufbrechen - ob von der UNO, der OSZE oder der EU beauftragt -,
stammen sie prinzipiell aus mindestens zwei Nationen. In Raçak aber
gab es seinerzeit rein amerikanische Patrouillen.
Das Gespräch führte Mira Beham
(*) Am 15. Januar 1999 wurden in der kosovarischen Ortschaft Raçak 45
Albaner getötet. Die Schuld an diesem Massaker wurde serbischen
Sicherheitskräften gegeben, aber sie konnte weder durch den Bericht
der Ranta-Kommission noch spätere Recherchen zweifelsfrei nachgewiesen
werden.
[Quelle: W. Schulz]
Fonte: http://www.arcipelago.org/
LA VIGNETTA DI VAURO:
http://www.arcipelago.org/berti.GIF
Da Il Mattino del 29/04/2005
Relax post-voto mercoledì sera per Berlusconi alla cena per il 62esimo
compleanno di Vittorio Cecchi Gori. Al party - organizzato alla Casina
Valadier a Roma da Valeria Marini, presente il gotha della politica,
del mondo del cinema e della finanza - c'erano tra gli altri FAUSTO
BERTINOTTI CON LA MOGLIE, Lamberto Dini, Willer Bordon, Mauro
Pescante, Mauro Leone, Irene Pivetti. Il premier è arrivato poco dopo
le dieci. Un Berlusconi ancora in forma e che non mostrava
assolutamente i segni della lunghissima maratona politica degli ultimi
giorni. E in attesa del festeggiato - che è arrivato con la Marini
un'ora e mezza dopo a causa dei ritardi degli aerei - lo chansonnier
caprese Guido Lembo di «Anima e Core» si è avvicinato al tavolo del
presidente (che era in terrazza con Mara Venier, il compagno Nicola
Carraro, Lina Wertmuller, il manager Giuliano Andreani e la moglie)
chiedendo se poteva cantare qualche brano. Berlusconi ha detto subito
sì chiedendo al re delle notti capresi di cantargli "A' Gelusia", un
motivo che il premier ha scritto a quattro mani con Mariano Apicella,
il chitarrista napoletano diventato grazie a lui famoso. Rammaricato,
Lembo ha detto di ignorare il testo e ha raccolto il suggerimento di
Mara Venier di impararlo per la prossima occasione. Berlusconi quindi
ha ripiegato su un repertorio napoletano più conosciuto e ha chiesto a
Lembo di cantargli "'Na voce 'na chitarra un po' di luna". Dopo poche
note, il presidente del consiglio tra la sorpresa di tutti ha dato
vita ad un vero e proprio duetto canoro con Lembo, conquistandosi
l'applauso della platea. Quindi ha continuato nella sua performance
improvvisata e ha cantato un altro motivo della canzone napoletana
degli anni '60, "Resta cu mme'", per finire con un classico della
melodia partenopea, "Passione". Il lungo fuori programma del Cavaliere
ha stupito tutti gli ospiti, e più di tutti il cantore caprese che ha
sottolineato la "napoletanità" e la bravura di Berlusconi che è
apparso a tutti padronissimo del difficilissimo dialetto napoletano.
Alla fine della serata Lembo ha sfruttato l'occasione e ha invitato il
premier a Capri. a.m.b.
Riceviamo e volentieri giriamo:
Da: Roberto Pignoni <pignoni@ mat. uniroma1. it>
Data: Dom 10 Apr 2005 10:10:16 Europe/Rome
Oggetto: via dei Gordiani, Roma. Prove tecniche di fascismo quotidiano
Roma, venerdi' 8 aprile. Fa un certo effetto aprire gli occhi
in una citta' silenziosa per decreto. Gli uffici chiusi,
le macchine ferme, per non interferire con i funerali del papa.
Mi viene in mente mio padre, quando mi raccontava
di un mattino, sul fronte di Cassino,
in cui li sveglio', in trincea, un silenzio insopportabile.
Compresero allora che l'attacco era imminente.
In questo clima artificiale mi alzo,
guardo fuori, mi connetto sonnecchiando alla rete.
Una mail mi ricorda che l'8 aprile e' ufficialmente
la ''giornata internazionale del popolo rom''.
Singolare coincidenza. Proprio oggi abbiamo deciso di andare al campo,
a via dei Gordiani, per girare qualche intervista.
Faranno parte di un video che stiamo realizzando
fra Lubiana, il Friuli e Roma, e che tocca il tema
della deportazione, nelle sue interpretazioni storiche,
tristemente note a ogni persona informata,
e in quelle piu' recenti, di cui si ha una percezione
piuttosto edulcorata, sfocata, imprecisa...
Le differenze sono evidenti, certo.
Le tragedie di sessant'anni fa hanno una dimensione tale
da rendere improponibile, se non offensivo, ogni raffronto diretto.
Questo non significa che non si possano indagare
alcune analogie, simmetrie, e certe inquietanti ''affinita' culturali''...
La mail che scorre sul monitor del computer
contiene una denuncia, un appello:
l'O.I.M. (''Organizzazione Internazionale per le Migrazioni'')
e' costretta ad abbandonare, per mancanza di fondi, il programma
di sostegno ai rom dell'Europa centrale e orientale sopravvissuti
all'olocausto.
145.000 persone anziane che, ci informa l'O.I.M.,
sono destinate a morire letteralmente di fame e di freddo
perche' private del modesto sussidio (da 20 a 120 dollari al mese)
di cui hanno usufruito finora, a titolo di riparazione
per quanto hanno sofferto sessant'anni fa.
Mentre attraverso a piedi la citta' deserta, risalendo la Prenestina,
ripenso a una frase di quel documento:
"...La caduta del comunismo e l'abbandono dello stato sociale
che garantiva il lavoro, l'alloggio, il riscaldamento
e l'assistenza sanitaria hanno colpito i rom con estrema durezza,
in un'epoca che vede riemergere le discriminazioni,
le ostilita' e le violenze nei loro confronti...''
E' quello che sento ripetere a via dei Gordiani,
dove e' palpabile il rimpianto per l'atmosfera aperta e multiculturale
della Yugoslavia degli anni sessanta,
un paese in cui i rom non si sentivano discriminati,
avevano le stesse possibilita' di impiego, di istruzione,
di carriera delle altre persone.
L'appuntamento classico e' davanti alla chiesa di via dei Gordiani.
Ci muoviamo di li'. Prima sosta, il container di Michu.
Parla Dragan, suo figlio.
E' nato a Busto Arsizio 29 anni fa.
E' cresciuto in Italia insieme ai fratelli,
di qualche anno piu' grandi di lui.
Hanno frequentato le stesse scuole, vissuto nelle stesse citta',
tifato per le medesime squadre di calcio.
C'e' un'unica differenza: i fratelli sono italiani, Dragan no.
Eh gia', a un certo punto i cani da guardia della razza
hanno cambiato le regole del gioco,
modificando le normative per accedere alla cittadinanza.
Dragan e' rimasto fuori. Con lui, tutta una cordata:
la moglie, il figlio... sempre in bilico fra
la condizione del clandestino e quella di chi,
potendo esibire uno straccio di contratto di lavoro,
puo' prendere sonno senza temere di risvegliarsi
dietro le grate del C.P.T. di Ponte Galeria.
''Che succede, Dragan, se perdi il permesso di soggiorno?
Che accadrebbe a tua moglie, se non avesse piu' un lavoro?''
''Lo sai, Robbe'. Vai a fare due passi dall'altra parte del campo.''
Effettivamente, la seconda tappa sara' ''dall'altra parte del campo''.
Abbiamo in programma di incontrare Lazzaro, un vecchio splendido,
orgoglioso, il cui sguardo esprime dignita' e integrita' assolute.
Ne ha viste di tutti i colori, Lazzaro, nel corso
della sua esistenza. Ci piacerebbe chiedergli
di quel mattino a Kragujevac, nell'ottobre del 1941,
quando arrivarono i nazisti e si salvo' miracolosamente,
mentre i suoi familiari venivano trucidati con altri 7.300 concittadini,
rastrellati insieme a loro.
Vorremmo che ci raccontasse quello che gli capito'
quando faceva l'operaio a Brescia
e fu condannato ad anni di carcere,
per un furto di una bici che non aveva commesso.
Erano i giorni del sequestro Moro; gli occhi si fanno lucidi
e la voce vibra ancora per l'indignazione
quando rievoca quell'episodio.
Queste, le intenzioni.
Ma al container di Lazzaro non arriveremo mai.
Ci ferma Dragan - un altro Dragan, figlio di Lazzaro.
Acchiappa Antonio, grida frasi disperate
direttamente dentro la telecamera.
Ha perso il lavoro, e rischia di perdere il figlio.
Michel e' un ragazzo dolce, simpatico, istruito.
Ha diciotto anni, e' nato e cresciuto a Roma.
Nemmeno lui, come il figlio di Michu,
ha avuto la cittadinanza.
Qualche giorno fa e' arrivata la polizia
e se l'e' preso, per rimpatriarlo in Serbia.
''Rimpatriarlo''?
Spedire una persona in un paese che non ha mai visto,
dove non conosce nessuno
e del quale non parla la lingua - si chiama ''rimpatrio'' questo?
Mi pare un tema da proporre ai miei colleghi accademici
della Sapienza, quando tengono convegni sulla ''letteratura del
dispatrio''.
Ponte Galeria sarebbe una sede interessante
per un seminario sull'argomento.
Dragan si e' precipitato dietro a Michel, quella mattina.
E' corso a Ponte Galeria, al Centro di Permanenza Temporanea
per reclamare suo figlio.
Non si e' presentato al lavoro, e lo hanno licenziato.
Anche lui, adesso, rischia di perdere il permesso di soggiorno,
di seguire il destino di Michel,
in una singolare versione del ''ricongiungimento familiare''.
Insieme a Michel, hanno trascinato a Ponte Galeria altri quattro ragazzi.
Fra loro, Koleta e' l'unica nata in Jugoslavia.
Nemmeno lei se l'aspettava: suo marito Nebojsha ha il permesso di
soggiorno,
e' in dialisi, e Koleta si prende cura di lui.
Vallo a spiegare al prefetto e al questore
che un marito dializzato non si puo' assistere
per corrispondenza, da Belgrado o Kragujevac.
Altri tre giovanissimi deportati, Zuhki, Branko e Ghina,
sono nati e cresciuti in Italia, come Michel.
Nemmeno a loro, come a Michel, e' concesso
di accedere al traguardo della cittadinanza.
In questo paese democratico
e profondamente cattolico (come dubitarne, in giorni come questi)
le ''colpe'' dei padri ricadono sui figli.
Se papa' si e' distratto un istante,
se non puo' dimostrare di aver goduto del permesso di soggiorno
per diciotto anni ininterrotti - da quando sei nato,
affacciandoti al Belpaese, a quando hai raggiunto
la maggiore eta' - la cittadinanza te la puoi scordare.
Di conseguenza, in questa terra di clandestini e sanatorie,
decine di migliaia di ragazzi come Zuhki Branko e Ghina,
sono invisibili per lo Stato.
Fantasmi, cui e' negato lo status di cittadini.
Eppure, un documento e' indispensabile, altrimenti come ottieni la
patente,
la tessera sanitaria e (non sia mai) il permesso di soggiorno?
E cosi' Zuhki, Branko e Ghina hanno fatto il passaporto.
L'unico possibile: quello serbo, lo stesso dei genitori.
Errore. Ammesso che di errore si possa parlare,
quando sei in condizione di scacco matto dalla nascita.
Fatto sta che quel passaporto,
rilasciato dall'ambasciata serba di Roma,
ti da diritto a un posto letto per sessanta giorni a Ponte Galeria,
dentro il Centro di Permanenza Temporanea,
e, a seguire, a un biglietto aereo di sola andata,
con accompagnatore in divisa - destinazione Belgrado.
Branko lasciera' a Roma sua moglie Zlata,
italiana come lui (ma non per il nostro governo)
incinta di un bambino e madre di altri tre figli.
Italiani anche loro, secondo gli insegnanti,
per le assistenti sociali, per il pizzicarolo e il barista,
perfino per i vigili urbani che lo scrivono sui verbali.
Per tutti insomma, tranne che per il nostro governo.
Saranno grandi, Cristina, Pamela e Michael,
quando Branko li potra' riabbracciare.
Se vieni espulso, per DIECI ANNI
non puoi rimettere piede in Italia - altrimenti finisci in galera.
Ghina invece, e' gia' a Belgrado.
Sua madre Stana,
una triste esile figura fasciata da un aderente
abito nero, porta il lutto da anni.
Si veste cosi', da quando giunse la notizia
che l'altra figlia era stata assassinata
in un paese della Lombardia.
La morte visita spesso i campi zingari.
Ricordo la sera in cui arrivo' la cassa,
con dentro quel corpo adolescente,
e non fiatava nessuno, in via dei Gordiani.
Oggi Stana tiene in braccio una bimba.
La figlia di Ghina e' troppo piccola per capire
che sua madre dorme all'aperto, sulle panchine di Belgrado,
che l'hanno scaricata all'aeroporto con trenta euro in tasca
e i vestiti che aveva addosso,
quando l'hanno strappata dal container dove viveva.
Michel, Branko, Ghina, Koleta, Zuhki. E poi Stana, Dragan, Zlata...
Il loro destino si è consumato il 21 marzo, primo blitz di primavera.
Mentre caricavano i ragazzi sui cellulari, una zingara ha gridato:
''Perche' li portate via?
Sono nati qui, non hanno fatto niente di male.
In Serbia non ci sono mai stati, non conoscono nessuno.''
''Facciamo quello che vogliamo'', le hanno risposto.
E' un assioma antico, inconfutabile.
Un postulato su cui si regge il dispositivo
che si riproduce al buio dei corridoi delle Questure,
dove operano funzionari rigorosi e inflessibili,
un tipo umano immune da cedimenti emotivi,
da condizionamenti etici e sociali.
''Facciamo quello che vogliamo'' - una lapidaria lezione
di diritto costituzionale,
impartita da un anonimo esponente delle forze dell'ordine,
che in quattro parole, dicasi venticinque lettere,
ci dimostra con chiarezza cartesiana che i rastrellamenti,
le reclusioni nei Centri di Permanenza Temporanea,
le deportazioni e le espulsioni,
sono un'opportunita' fantastica per rosicchiare ogni giorno,
un pezzetto alla volta, quel po' di liberta' che ci rimane.
Roberto Pignoni
In occasione del 25esimo anniversario della morte di Josip Broz "Tito"
riproduciamo di seguito questo testo messo in circolazione
dall'agenzia di Stato italiana ANSA nel goffo tentativo di sminuire o
ridicolizzare il fenomeno straordinario della rivalutazione della
figura e dell'opera di Tito, oggi, in tutte le repubbliche jugoslave,
anche e soprattutto nelle giovani generazioni. Nonostante l'odio
ideologico che fa trapelare, e nonostante alcune illazioni e falsita',
questo comunicato sortisce in tutti noi l'effetto opposto: e cioe' ci
ispira ammirazione e vicinanza per i nostri compagni oggi in visita al
mausoleo di Tito a Belgrado. CNJ
http://www.ansa.it/balcani/fattidelgiorno/200505031716197711/200505031716197711.html
SERBIA: 25 ANNI MORTE TITO, JUGONOSTALGICI A BELGRADO
(Di Beatrice Ottaviano)
(ANSA) - BELGRADO, 3 MAG - Per la sinistra giovanile dei Balcani e'
una icona al pari di Che Guevara, i pensionati lo ricordano con
rimpianto, gli adulti piu' provati dalla competizione del libero
mercato ne parlano con nostalgia: a un quarto di secolo dalla morte,
il fondatore della Jugoslavia comunista Josip Broz Tito gode di una
rinnovata popolarita'.
Belgrado si prepara a ospitare domani un pellegrinaggio che di anno in
anno vede crescere la partecipazione, il raduno degli jugonostalgici
alla 'Casa dei fiori', la lussuosa [sic] villa del leader comunista
ora sede di un museo. ''Negli ultimi tre o quattro anni il numero dei
visitatori e' cresciuto in maniera esponenziale - dice all'Ansa
Svetlana Ognjanovic, portavoce del museo - se nel corso del 2003 erano
14.000, l'anno scorso ne sono arrivati 35.000. Quest'anno ne
attendiamo almeno 60.000, e per la giornata di domani gia' si
annunciano lunghe code''. Nei suoi 25 anni di apertura al pubblico, la
'Casa dei fiori' ha avuto ben 16 milioni di visite.
I 'pellegrini' arrivano da Slovenia, Bosnia, Macedonia, anche da
quella Croazia che dette i natali al fondatore della Federazione
jugoslava e che nonostante la scarsa nostalgia del passato e le
tensioni con Belgrado resta legata al suo simbolo. Qualcuno ha deciso
di percorrere a piedi i 450 chilometri che separano il villaggio di
Tito, Kumrovec, da Belgrado. Altri amanti della marcia sono partiti
una settimana fa dalla capitale macedone Skopje. ''Tito affascina
tutti - sostiene fiera Ognjanovic - anche gli stranieri: solo stamane
abbiamo ricevuto un gruppo di 300 americani''.
L'ideatore dei Paesi non allineati e' un marchio sfruttato dalle
agenzie turistiche serbe: il suo celebre treno blu, che ne accompagno'
fra l'altro la salma in un lungo viaggio di addio attraverso i
Balcani, e' da un anno a disposizione degli amanti della vacanza
'storica', e l'Ente per il turismo della capitale organizza ogni
estate escursioni sui suoi luoghi simbolo.
Che i pensionati rimpiangano un passato in cui, affermano, tutto era a
portata di borsa e i servizi sociali funzionavano a dovere, e' un
fatto scontato. Piu' intrigante e' la passione di molti giovani non
solo serbi per la figura del 'dittatore gentiluomo', come alcuni lo
hanno ribattezzato. ''In Slovenia siamo stati i primi a distruggere il
mito di Tito - dice all'Ansa Boris Zupanc, studente di Lubiana
arrivato oggi a Belgrado assieme a un gruppo di amici - ma ora siamo i
primi a rivalutarlo. Sotto il suo governo, la disoccupazione giovanile
non esisteva e l'universita' era gratuita. E non si puo' dire che il
suo fosse un vero regime comunista: la proprieta' privata era in parte
tollerata, e si poteva viaggiare all'estero''.
Fra gli adolescenti vanno di moda le magliette con l'effige di Josip
Broz, il caffe' Tito - coi suoi camerieri in divisa da aparatcik e
cipiglio d'obbligo [sic] - e' uno dei ritrovi piu' alla moda di
Belgrado, i poster del fondatore della Jugoslavia vanno a ruba. Per le
strade della capitale sono apparsi in questi giorni manifesti a firma
di un sedicente 'gruppo giovanile comunista' dove si afferma che Tito
''ha garantito lavoro a tutti con salari decenti, ha abolito guerre,
nazionalismo e odio interetnico, ha messo in carcere Vojsilav Seselj
(leader ultranazionalista del Partito radicale serbo, ora nelle
carceri del Tribunale penale internazionale dell'Aja, ndr), Franjo
Tudjman e Alija Izetbegovic (gli ex presidenti croato e musulmano
bosniaco protagonisti con Slobodan Milosevic delle guerre balcaniche
degli anni '90, ndr).
Internet, ben 78.800 siti sono dedicati a Tito, e poche sono le voci
che chiedono memoria per la passata repressione del regime comunista:
come quella di Aleksa Gilas, figlio del celebre dissidente Milovan
Gilas, che ha visto il padre entrare e uscire dal carcere per tutta la
vita. Per lui e per altri intellettuali serbi, la follia nazionalista
di fine secolo ha le sue radici proprio nelle mistificazioni di quel
regime [sic].
Ma per capire l'affetto che ancora lega molti ex jugoslavi alla figura
di Josip Broz, basta ricordare la vecchia ''parabola dei sette
miracoli di Tito: tutti lavoravano, ma nessuno faceva niente, nessuno
faceva niente ma tutti i piani erano rispettati, i piani erano
rispettati ma i negozi erano vuoti, i negozi erano vuoti ma tutti
avevano tutto, tutti avevano tutto ma tutti rubavano, tutti rubavano
ma non mancava mai niente''. (ANSA).
OT
03/05/2005 17:16
Salve a tutti!
Ad un mio intervento nel lontano 1992 (lontano per i tragici eventi
succedutisi) dal pubblico una persona irritata apostrofò: "La
Jugoslavia non esiste più!".
Hanno fatto si scomparire la denominazione di Jugoslavia, ma siamo
rimasti noi jugoslavi resistenti e combattenti! Dunque si può parlare
di "ex jugoslavi" malgrado esistiamo?! Anche i curdi sono senza patria
ma non si dichiarano ex curdi!
Mi trovo qui con voi oggi a celebrare il 60-esimo anniversario di
Liberazione, ricordando la Resistenza di allora ma anche ricordando i
popoli che tuttora lottano per la propria libertà.
Di resistenza anche contro il revisionismo storico, auspicando sempre
l'unità di azione nel movimento comunista operaio in cui ha mancato la
cosiddetta sinistra, ma ahimé anche il (i) Partito comunista!
D'altronde cosa si può aspettare da un Segretario del partito che nei
suoi comizi nomina più il papa che Marx?!
In Italia a causa del revisionismo storico e dello spostamento a
destra di tutto il quadro politico e culturale negli ultimi anni si è
cercato di sminuire il significato della lotta partigiana e di far
dimenticare i fondamenti antifascisti della Repubblica.
Ma esite in Italia anche una rimozione ben più profonda e che risale
subito dopo la liberazione. E la rimozione del carattere
internazionale ed internazionalista della resistenza partigiana.
Voglio ricordare che la Jugoslavia è il paese dove più massiccia ed
eroica è stata la partecipazione popolare alla lotta antifascista e
antinazista.
Anche partigiani italiani hanno combattuto in Jugoslavia, come i
partigiani jugoslavi in Italia, sopratutto tra Umbria, Marche ed Abruzzo.
Il nord est italiano è stato liberato con il contributo essenziale
dell'esercito partigiano jugoslavo e, ad esempio, Trieste dal IX corpus.
Queste verità storiche non possono essere contraddette nemmeno dalla
peggiore propaganda revisionista quale quella scatenatasi negli ultimi
anni su questioni quali le "foibe", Porzus, con "cuori nel pozzo", etc.
Sono felice di vedere in questa piazza, oggi, tanti giovani. E da
questa piazza abbiamo il dovere di trasmettere ai giovani i sani
ideali della guerra di liberazione, della convivenza tra i popoli,
l'uguaglianza...
Per tutti questi motivi organizzeremmo a Roma, il 7 e 8 maggio
prossimo, un'iniziativa "Partigiani", alla quale saranno proiettati
alcuni film, documentari ed alla quale abbiamo invitato a parlare
combattenti e figli di combattenti dall' Italia, Jugoslavia, Albania..
Lasciatemi ancora qualche minuto per ricordare la Jugoslavia. In
questi giorni ricorre il VI anniversario della barbara aggressione
NATO. 78 giorni di bombardamenti dei dieci stati più potenti nel mondo
contro la piccola Jugoslavia ("pardon", Serbia)!
La Jugoslavia, che fù un esempio di covivenza, di pace, che poteva
essere da esempio per l'Europa unita.
Quasi per cinque decenni in Jugoslavia abbiamo vissuto nel socialismo
che aveva decine di difetti ma migliaia di pregi. La Jugoslavia è
stata smembrata. Tutte le ex repubbliche jugoslave sono spinte in un
capitalismo selvaggio che ha migliaia di difetti e nessun pregio!
Nel socialismo era grantito il lavoro (una delle principali conquiste
operaie) e tutti lavoravano. Ora la maggior parte della popolazione
non ha lavoro, ne soldi. E non ci saranno fintantoché al potere
saranno governi borghesi imposti con le armi e i dollari NATO, coi
quali si comprano i leccapiedi ed i vili. Tutte le Repubbliche
jugoslave si trovano ora occupate, economicamente e militarmente.
Con l'azione comune tra il governo vassallo e degli stati NATO, anche
il nome della Jugoslavia federativa (costituita dalla Serbia e
Montenegro), ha cessato di esistere. Sistematicamente e con l'inganno
stanno dividendo la Serbia e il Montenegro (e ancora non si fermeranno).
Noi jugoslavi resistiamo, con l'auspicio di "un ritorno alla
fratellanza e all'unione (almeno quella possibile) dei popoli
jugoslavi. Il loro cammino comune verso la democrazia, come è stato
varie volte nella loro storia, è la via della salvezza, la pace
duratura su quella terra. Ogni altro tentativo serve a nulla!" (*)
Perciò la vecchia esclamazione è più che mai attuale (maggari un pò
aggiornata),
"Morte all'imperialismo (che sempre fascismo è) e libertà ai popoli!"
Ivan per il CNJ
(*) Antonio Jerkov in "Balcanica", rivista di politica e cultura
Studenti che si terra' in Venezuela dal 7 al 25 agosto 2005]
http://komunist.free.fr/arhiva/mar2005/festival.html
Arhiva : : Mart 2005.
XVI Svetski festival omladine i studenata
Venecuela, 7.-15. avgust 2005.
Za mir i solidarnsost - borimo se protiv rata i imperijalizma!
Svakih pet godina, desetine hiljada mladih iz čitavog sveta okupe se
pod zastavom mira, prijateljstva, međunarodne solidarnosti na Svetkom
festivalu omladine i studenata.
Na festivalu mladi učestvuju u forumima i diskusijama o svim pitanjima
koji se tiču svih generacija. Festival je mesto razmene ideja i
iskustava iz borbe protiv rata, rasizma, seksizma, privatizacije,
globalizacije, napada na pravo radničkog organizovanja i unitenja
ivotne sredine. Mi ćemo dokazati nae pravo na obrazovanje,
zaposlenje, rasnu, polnu i ekonomsku jednakost, agrarne reforme,
nezavisnost i samoopredeljenje.
Kao prostor za dijalog i razumevanje festival odraava različitost i
bogatstvo međunarodnih omladinskih i studenskih pokreta i njihovih
zahteva.
Festival je izrastao na temeljima Drugog svetskog rata kada se hiljade
mladih okupilo u Pragu, u Čehoslovačkoj, 1948. godine i izglasalo
zahtev mladih da svet vie nikad ne zadese strahote faizma. Od tada
festival je prerastao u forum koji je u toku ,za progresivne mlade iz
cijelog svijeta.
Delegati na festivalu učestvuju u velikom broju aktivnosti - panel
diskusijama, sportskim i umetničkim aktivnostima, itd.
Svaki Festival nudi priliku da se upozna istorija i borbe zemlje gosta
i regije. Ovog leta u Karakasu mi ćemo pokuati da upoznamo dostignuća
i pobede naroda Venecuele, koji je izloen otvorenim ekonomskim i
političkim napadima SAD i meanju u sosptvenu borbu za ostvarivanje
socijalnih i ekonomskih prava. Mi ćemo imati priliku da izrazimo nau
solidarnsot sa narodom i omladinom Venecuele u njihovoj borbi za svoje
opredeljenje.
Autor teksta:
YCLUSA
* * *
Organizator Festivala je Svetska federacija demokratske (komunističke)
omladine čije je svetsko sedite u Budimpeti, a Evropsko u Lisabonu.
Svetska federacija demokratske omladine naslednik je nekadanje
revolucionarne Komunističke omladinske internacionale (KOI). SFDO
okuplja veliki broj komunističkih i drugih progresivnih omladinskih
organizacija iz čitavog sveta. Jedini clan SFDO sa prostora nekadanje
SFRJ je podmladak NKPJ - Savez komunističke omaldine Jugoslavije (SKOJ).
----------
http://komunist.free.fr/arhiva/mar2005/herrera.html
Arhiva : : Mart 2005.
Solidarnost sa Revolucijom u Venecueli!
Veoma je lako odgovoriti na pitanje zato vladajuća tampa grmi protiv
Čavesa i njegove vlade : zadojeni idealima Simona Bolivara oni
predvode Revoluciju u Venecueli. Koliko je jako njeno uporite u
narodu mogli smo se uveriti i sami prilikom Internacionalnih Susreta
za Opstanak Čovečanstva, odranih početkom decembra 2004. u Karakasu.
Od 1998. narod nesmanjenim poletom istrajava na revolucionarnom putu.
Navedimo samo prelomne trenutke tog puta: izbor Čavesa za predsednika,
reforma Ustava, ponovno izglasavanje na referendumu avgusta 2004. kada
je osujećen pokuaj svrgavanja zakonito izabranog predsednika, pobeda
na oktobarskim lokalnim izborima iste godine... sredinom aprila 2002.
ustanak protiv pučisticke faisoidne oligarhije i stojičko prkoenje
optoj nestaici nastaloj decembra iste godine usled pokuaja
buroazije da izazove privredni kolaps. Reakciji su nosioci Revolucije
izbili iz ruku svaki argument, jer su detaljno razradili i pravno
osmislili u narodu duboko usađeno hrićansko poimanje pravde i
pravičnosti. Glavno geslo glasi da od Ustava nema odstupanjana. Jasno,
drutvena pravda ne postoji ako "se o svemu narod ne pita" .
To je ono čemu stremi Čaves, taj izvanredno nadareni revolucionarni
vođ. U ovim smutnim vremenima kada idejno izdajstvo i malodunost
uzimaju sve vie maha kod "levičarskih" vođa, kako u Latinskoj Americi
tako irom sveta, gotovo da iznenađuje njegov nepokolebljivi
antiimperijalizam. Cilja pravo u metu: Čovečanstvo je ugroeno i
neizostavno mora smoći snage da pronađe izlaz iz kapitalizma i utaba
puteve buduće socijalističke izgradnje. Nije slučajno to Sjedinjene
Američke Drave smatraju da u čitavoj carevini od Čavesa nemaju ljućeg
neprijatelja. Utoliko pre to je bliskost sa Kubom sve izraenija. No,
ma koliko Revolucija bila nenasilna, ne znači da je goloruka. Nedavno
je prilično oruja nabavljeno "jer je narod čvrsto reen da brani i
teritoriju i Revoluciju". Uzvieni su to politički ideali i zasad se
Čaves dri uprkos agresivnosti jo uvek moćne lokalne buroazije. Na
internacionalnom planu, uporno insistira na hitnom stvaranju
jedinstvenog antiimperijalističkog fronta Latino-Američkih drava.
Konkretno predlae udruivanje u ofanzivni kontinentalni front svih
nacionalnih petrolejskih kompanija i stvaranje jedinstvene mree
televizijskih kanala koja bi bila u slubi naroda. Dodajmo svemu tome
da su retki dravnici poput njega koji dre stranu herojskog i gordog
Iračkog naroda.
Venezuela obiluje prirodnim bogatstvima, naročito naftom, no, unatoč
tome dve trećine stanovnitva ivi u siromatvu a trećina čak u bedi.
Poslednjih nekoliko meseci stvari, međutim, počinju da se menjaju na
bolje zahvaljujući revolucionarnim programima započetim mahom u drugom
tromesečju 2003. Boljitak je zabeleen u kolstvu, zdravstvu, ishrani,
povećana je stopa zaposlenosti i uopte u smislu istinski neotuđivih
prava irokih drutvenih slojeva. U okviru revolucionarnog programa
100 000 to civilnih to vojnih učitelja opismenilo je za samo godinu
dana 2.2 miliona nepismenih. Oko 770.000 mladih je u okviru posebnog
programa steklo diplomu srednjeg kolskog obrazovanja. Svi ti programi
nose ifrovane nazive i veoma su prilagođeni potrebama. Programom
ifrovanim "ećer" omogućeno je da pola miliona mladih stekne
stipendije za univerzitsko obrazovanje. Zdravstvena zatita je osetno
poboljana blagodareći kubanskim lekarima. Njih 18.500 trenutno radi u
najzabitijim delovima Karakasa i unutranjosti zemlje, lečeći
sirotinju u selima Anda na Zapadu, u umama Amazonije na Jugu, i
ravničarskim predelima na Istoku. Ovim programom potpuno besplatnu
zdravstvenu zatitu lekara opte prakse i specijalista steklo je 17
miliona siromanih kojima su dostupne bolnice i zdravstveni narodni
dispanzeri sa stomatolozima i oftamolozima. Stopa smrtnosti kod dece
je bezmalo u čitavoj zemlji oborena ispod 20%. Napomenimo da u Brazilu
iznosi 35%. Zasluuje panju i revolucionarni program koji je omogućio
da preko 10.700 pacijenata potpuno besplatno bude izlečeno od
katarakte u bolnicama na Kubi. Programom borbe protiv gladi obuhvaćeno
je 10 miliona lica. Omogućeno im je snabdevanje osnovnim potreptinama
u nekih 11.000 subvencionisanih dravnih prodavnica po veoma povoljnim
cenama. Pored toga oko pola miliona dobija besplatan obrok u narodnim
menzama, i ne samo obrok već i svaku drugu pomoć u smislu lične
higijene, saveta, zabave i razonode, pa i krov nad glavom, kad
zatreba. Za samo nekoliko meseci prepolovljen je broj onih kojima ni
pitka voda nije bila dostupna. I to je jedna od tekovina Revolucije. U
Karakasu polako reavaju i problem kriminala. Veoma je mnogo programa
za otvaranje novih radnih mesta, otvaraju se banke za sirotinju,
podiu zadruge. Revolucija polako prodire u sve privredne sektore.
Preko 10.000 oskudnih seoskih domaćinstava dobilo je do tada
neobrađivane zemljine posede. U urbanim sredinama siromani su dobili
parcele za ličnu stambenu izgradnju. Posebnim programom obuhvaćeno je
stanovnitvo starosedelaca Indiosa. Preko 20%, preciznije preko 5
miliona Venecuelanaca, steklo je dravljanstvo, odnosno lične isprave
koje im pruaju pravo do tada uskraćenog glasa na izborima.
Jasno, svako bi mogao da kae da ostvareni rezultati nisu dovoljni i
da bi valjalo sve to ubrzati. Svakako je ostalo mnogo toga jo da se
uradi da bi Venecuela bila zemlja dostojna ivota. Moraju se međutim
uvaiti postojeće okolnosti, neizvesni odnosi snaga u zemlji i izvan
zemlje. Svakog dana svaka od navedenih tekovina predstavlja veliko
ohrabrenje za sve napredne ljude irom sveta. Dalji napredak
Revolucije zavisiće u prvom redu od unutranjih faktora i borbenog
elana bez koga nosioci Revolucije neće moći da osvoje institucije,
sredstva informisanja, strukture koje raspolau sredstvima za
proizvodnju. Zavisiće od obuke kadrova, stepena opte mobilisanosti.
Zavisiće takođe i od presudne uloge Armije u odnosu na narod sa kojim
je sklopila savez. Lokalna buroazija je krajnje reakcionarna i
izvesno se neće tek tako predati. Spremna je za obračun kao i njene
gazde u Vaingtonu.
U nedostatku pouzdanih izvora, Marx nije raspolagao elementima na
osnovu kojih bi mogao da sagleda veličinu Simona Bolivara i njegovog
sutinski revolucionarnog dela. Međutim, nama, savremenim marksistima
XXI veka ona ne moe promaći. Borac za slobodu i jedinstvo naroda,
Simon Bolivar, oličenje je optevaećeg revolucionarnog obrasca. Za
svakoga od nas solidarnost sa narodom Venecuele i njegovom vladom
sveta je dunost, bezuslovna i neodlona.
Rémy HERRERA
(Remi Erera)
most.za. beograd@libero. it
SE DICI "GUERRA UMANITARIA"
Guerra e informazione (e guerra all'informazione) a partire
dall'invasione della Nato nel Kosovo
Un nuovo libro a cura di Corrado Veneziano e Domenico Gallo. Testi di
Andrea Catone, Giulietto Chiesa, Tommaso Di Francesco, Domenico Gallo,
Monica Maggioni, Predrag Matvejevic, Corrado Veneziano, Ugo Villani
### Martedì 10 maggio ore 19.30
Libreria Feltrinelli via Melo 119 - Bari
Intervengono
Corrado Veneziano
curatore del libro, docente di Linguistica, Roma
Andrea Catone
Associazione Most za Beograd
Giuseppe Scelsi
magistrato
Laura Marchetti
assessore provinciale all'ambiente
Proiezione del video
Sedícipersone. Le parole negate del bombardamento della Tv di Belgrado
Quando le bombe spengono le voci.
Ksenija Bankovic aveva 28 anni il 23 aprile del 1999 e svolgeva con
grande passione il suo lavoro di assistente al montaggio, anche Jelika
Munitlak aveva 28 anni ed era molto soddisfatta del suo lavoro di
truccatrice. Oggi, dopo sei anni, Ksenija e Jelika hanno ancora 28
anni. Sono state spogliate della vita alle ore 2,06 del 23 aprile
1999, assieme ad altre quattordici persone, come loro addette al
lavoro presso gli studi della Radio Televisione Serba di Belgrado. Un
missile =ABintelligente=BB della NATO aveva deciso di impadronirsi
della loro vita, di spegnere per sempre il sorriso di Ksenija e di
Jelika e derubarle dei loro sogni di ragazze...
### Mercoledi 11 maggio
Lecce - Libreria Apuliae (via Cesare Battisti 1) - Ore 19.00
presentazione del libro Se dici guerra umanitaria;
intervengono Corrado Veneziano
e Andrea Catone - Associazione Most za Beograd.