Informazione

In una remota repubblica dell'Asia Centrale ai confini con la Cina si sta
ripetendo il golpe del 5 ottobre 2000 ai danni del Presidente Slobodan Milosevic.
Allora il giornale "Liberazione" titolò "Belgrado ride", chissà se domani
leggeremo "Bishkek ride".
Da Repubblica.it

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L'opposizione accusa di brogli elettorali il capo dello Stato Akayev
Liberato dal carcere il leader dell'opposizione: parlerà al popolo in televisione
Guerra civile in Kirghizistan
Il presidente fugge dal paese
Assaltato il palazzo del governo; occupata la tv nazionale
Due ministri nelle mani dei dimostranti firmano le dimissioni


Uno dei rivoltosi ferito negli scontri con la polizia
BISHKEK - Guerra civile a Bishkek, capitale del Kirghizistan, repubblica
ex sovietica dell'Asia centrale.
Quindicimila manifestanti sono scesi in piazza per protestare contro il presidente
Akayev accusato di brogli elettorali nelle elezioni del 13 marzo scorso.
Respinta in un primo momento da soldati e agenti in assetto anti-sommossa,
che avevano fatto ricorso persino alla cavalleria, l'opposizione kirghiza
ha ripreso il sopravvento ed è riuscita a impadronirsi della cosiddetta Casa
Bianca, il palazzo sede del governo e della Presidenza della Repubblica,
da cui si innalzano denso colonne di fumo. Poco dopo è finita nella mani
dei manifestanti anche la sede della televisione.

Il presidente della repubblica è fuggito verso la Russia mettendo in salvo
la famiglia nella più vicina repubblica ex sovietica del Kazakhstan. Il ministro
della difesa Esen Topoiev, e il ministro dell sicurezza nazionale (e capo
dei servizi segreti), Kalyky Imankulov, bloccati dalla folla, sono stati
costretti dai dimostranti a firmare le lettere di dimissioni. Feroci scontri
tra i manifestanti e la polizia che ha usato i manganelli. Sono stati sparati
colpi di pistola in aria: la gente ha reagito con bastoni e lanciando pietre.
Ci sono almeno trenta feriti.

L'aeroporto della capitale è stato chiuso mentre gli scali di Osh e Jalalabad
sono occupati dai manifestanti. Uno dei principali leader dell'opposizione,
Kurmanbek Bakiyev, insieme a Rosa Otunbaeva, altra principale figura della
rivolta, hanno fatto ingresso trionfale nel palazzo del governo. I dimostranti
sono riusciti a far liberare dal carcere un altro leader dell'opposizione
Felix Kulov chiamato "il generale del popolo": "Parlerà presto alla televisione",
hanno detto i dimostranti. La situiazione nel paese è sempre più drammatica
e l'esito della guerra civile quanto mai incerto.

Centinaia di agenti hanno disertato passando nelle file dei rivoltosi. "
Se i generali e la polizia verranno dalla nostra parte - ha urlato alla folla
l'ex primo ministro Bakiuyev durante un comizio improvvisato sui gradini
del palazzo della Presidenza - risolveremo la crisi pacificamente". I dimostranti
promettono nuove elezioni. Dal canto suo, la Russia ha espresso allarme per
la piega presa dalla crisi in Kirghizistan e ha rivolto un appello perché
nella repubblica ex sovietica "lo sviluppo degli eventi avvenga nell'alveo
della legge".

La situazione politica. Contro i risultati delle elezioni, la variegata opposizione
al presidente (che arruola, tra gli altri, anche vetero-comunisti, notabili
islamici, capi tribù della minoranza uzbeka, bande giovanili), anima da qualche
giorno una rivolta, in particolare in due città del profondo sud del Paese,
Osh e Jalalabad, oltre che nella capitale.

La crisi del paese - che ha qualche punto di contatto e molte differenze
con le recenti "rivoluzioni" pacifiche avvenute in altri Stati ex sovietici
come le lontane Ucraina e Georgia - si trascina dall'inizio della settimana.
E fa da sfondo in queste ore anche a una polemica diplomatica tra l'Ue e
la Russia, che sente odore di accerchiamento geopolitico dopo le svolte verso
Occidente di Tiblisi e Kiev. Secondo il capo della diplomazia europea, Javier
Solana, i disordini kirghizi sarebbero la conseguenza delle irregolarità
elettorali compiute per garantire una larga vittoria dell'establishment e
un parlamento decisamente docile nei confronti del neo presidente.

L'ipotesi di un ribaltone al vertice istituzionale del Kirghizistan, territorio
povero e montagnoso, ma strategicamente cruciale nella regione dell'Asia
centrale, non appare del tutto impossibile. E' concreto il rischio di un
caos crescente e di una spaccatura tra l'estremo Sud (arretrato e popolato
dalla scontenta minoranza etnica uzbeka) e il resto del paese.

(24 marzo 2005)

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KOSMET (deutsch)

1. Die UCK und ihre Massengräber im Kosovo (R. Göbel)
2. Kein Tierschutz für Serben (J. Elsässer) 
3. Kosovo im Jahre sechs: Krieg um Bodenschätze (J. Elsässer) 
4. Sechs Jahrhunderte in Flammen   (P. Urban)


LINK:

Routine-Übung

BERLIN/PRISTINA - Berlin bereitet sich auf neue Unruhen im Kosovo vor
und hat mit der Entsendung von 600 zusätzlichen Bundeswehrsoldaten in
das UN-Protektorat begonnen. Der als ,,Routine-Übung" deklarierte
Militäreinsatz beginnt am Jahrestag des Beginns der März-Pogrome vom
vergangenen Jahr, der Abzugstermin steht noch nicht fest. Während
Beobachter wegen der anstehenden Sezessions-Verhandlungen mit
zunehmenden Gewalttaten im Kosovo rechnen, befürchten mazedonische
Politiker, nach den Kommunalwahlen am kommenden Sonntag könne die
faktische Abspaltung des albanischsprachigen Nordwestens Mazedoniens
weiter voranschreiten. Deutsche Politikberater ziehen unterdessen eine
endgültige Abspaltung Montenegros aus der Staatenunion ,,Serbien und
Montenegro" (ehemals Jugoslawien) in Betracht.

mehr
http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1110240993.php


=== 1 ===

junge Welt, 15.11.2004

Ausland
Rüdiger Göbel

Die UCK und ihre Massengräber im Kosovo

EU-Beobachter Wolfgang Kaufmann berichtet über seine Zeit auf dem Balkan

Fünf Jahre nach dem NATO-Angriff auf Jugoslawien hat mit Wolfgang
Kaufmann jetzt ein EU-Beobachter seine Erinnerungen über die
Vorkriegszeit im Kosovo vorgelegt. Seine Sicht auf die UCK
(Kosovo-Befreiungsarmee) könnte so manchen ernüchtern. »Die albanische
Politik war ein Jahr vor dem Krieg bereits auf völligem
Konfrontationskurs gegen die Serben eingerichtet. Im Gegensatz zu
serbischen Politikern (...) wollten sie alles andere als eine
einvernehmliche Lösung. Und das beruhte meines Erachtens auf dem
Einfluß der UCK (...)«, urteilt Kaufmann. »Trotz gegenteiliger
Beteuerungen lag Entspannung nicht in ihrem Interesse.« Wohlgemerkt,
der Autor ist alles andere als ein Serbenfreund; er war von 1993 bis
2002 fast durchgehend als Angestellter des Auswärtigen Amtes für die
Europäische Union als Krisenbeobachter auf dem Balkan tätig.

Als Leiter einer EU-Beobachtergruppe hielt sich Kaufmann im Zentrum des
Geschehens auf. Der pensionierte Berufssoldat wurde 1998 als erfahrener
Krisenbeobachter in die Stadt Pec im äußersten Westen des Kosovo
gesandt. Sein Auftrag: Brüssel objektiv über die Situation in der
Region informieren sowie Vermittlung und Streitschlichtung vor allem
auf kommunaler Ebene. In seinem Buch »Die Beobachter der Balkankrise«
stellt Kaufmann die Lebensbedingungen der serbischen, vor allem aber
der kosovo albanischen Bevölkerung seines Einsatzgebietes dar. »Während
der etwa 1000 Gespräche, die ich in der Zeit vor dem Krieg mit Albanern
geführt hatte, wagten nur einige total frustrierte albanische Bauern
Anklage gegen die UCK zu erheben. (…) Es waren harte Maßnahmen, mit
denen die UCK gegen die eigene Landbevölkerung vorging«, so Kaufmann.
»Meist richteten sich die Aktionen gegen Familienmitglieder der
Dorfältesten, die getötet wurden.« Für das Klima der Angst im Kosovo
war in erster Linie die UCK verantwortlich, nicht die serbische Führung
und deren Sicherheitskräfte.

Kaufmanns Beobachtungen zufolge muß es seitens der UCK auch
Massenhinrichtungen gegeben haben – für die anschließend die »serbische
Soldateska« verantwortlich gemacht wurde. Ein Albaner in Pec habe ihm
erklärt, die bei Glodane in einem Massengrab »entdeckten Toten seien
nur ein Bruchteil der Albaner aus der Gegend, die durch die UCK
hingerichtet worden seien. Die Regie dafür hätte bei Ramush Haradinaj
und besonders bei Faton K. gelegen«. Kaufmann weiter: »Die Gesamtzahl
der beseitigten Albaner im Westteil des Kosovo um Pec schätzte er auf
etwa zweihundert. Ihm seien noch andere Massengräber als das an der
Kanalmauer bekannt.
Der Grund für die Exekutionen von Albanern sei die Einschüchterung der
Bevölkerung und die Ausschaltung albanischer Bürger, die loyal zum
serbischen Staat gestanden hatten.«

Die Schilderungen albanischen Terrors wirken umso glaubhafter, als
Kaufmann in den Grundzügen seiner Darstellung des Kosovo-Konfliktes im
Grunde dem Mainstream westlicher Medien verhaftet bleibt. Unter dem
Strich aber räumt der Beobachter mit der UCK-Befreiungsromantik ein für
alle mal auf: Serbische Polizei und Militär haben auf Provokationen
reagiert, bisweilen allerdings drakonisch bis maßlos. Rückblickend
urteilt Kaufmann, der fast zehn Jahre lang auf der Gehaltsliste des
Außenministeriums in Berlin gestanden hat, selbstkritisch: »Die Presse
und auch wir Beobachter konnten Ursache und Wirkung in unseren
Berichten durchaus nicht immer auseinander halten.«

* Wolfgang Kaufmann: Die Beobachter der Balkankrise. Books on Demand,
Norderstedt 2004, 276 Seiten, 16,80 Euro (ISBN 3-8334-1200-3)


=== 2 ===

http://www.jungewelt.de/2005/03-22/006.php

junge Welt, 22.03.2005
 
Jürgen Elsässer  

Kein Tierschutz für Serben  

Minister Struck auf Truppenbesuch im Kosovo. Die Bundeswehr kümmert
sich um Unterkünfte für ihre Diensthunde, aber nicht für die
vertriebenen Serben  

Bundesverteidigungsminister Peter Struck trifft am heutigen Dienstag im
Kosovo ein und besucht das Bundeswehr-Hauptquartier in Prizren.
Deutschland stellt mit derzeit rund 3 200 Soldaten das größte
Kontingent in der NATO-geführten Besatzungstruppe KFOR, die seit dem
Abzug der jugoslawischen Armee im Juni 1999 in der serbischen Provinz
Sicherheit vor allem für die nicht-albanischen Minderheiten
gewährleisten soll.
Vor dem Abflug des Ministers machten Agenturberichte allerdings
deutlich, wie sehr die Bundeswehr um das Wohlergehen ihrer Prizrener
Diensthunde besorgt ist. Über eine artgerechte Unterkunft für die Tiere
streiten seit knapp einem Jahr mindestens fünf militärische und zivile
Abteilungen des Wehrressorts; der jüngste Kostenvoranschlag liegt bei
162 000 Euro. Der Bonner Führungsstab des Sanitätsdienstes protestierte
gegen die mangelnde Luxuriösität der geplanten Unterkünfte: Wenn Regen
auf Wellblech prassele, komme es zu »starker Geräuschentwicklung«, was
»ineffektive Ruhephasen« der Tiere und deutliche
Leistungseinschränkungen zur Folge haben könne. Strucks Hundeschützer
fordern frostsichere Stahlbetonplatten mit Zementestrich und
unglasierten Fliesen, das sei mit der oben genannten Summe leider nicht
zu machen.
Amnesty contra Struck
Ob sich der Sozialdemokrat bei seinem Truppenbesuch neben den Problemen
der Vier- auch noch jenen der Zweibeiner widmen kann, blieb bis
Redaktionsschluß unklar. Wie zögerlich die KFOR sich um dem Schutz der
Minderheitenbevölkerung kümmert, zu dem sie der Weltsicherheitsrat in
der UN-Resolution 1244 verpflichtet hat, wird jedenfalls aus einer
Erklärung von Amnesty International deutlich, die zum ersten Jahrestag
der flächendeckenden Pogrome im Kosovo am vergangenen Donnerstag
veröffentlicht wurde. Damals wurden in weniger als 48 Stunden
mindestens 19 Menschen getötet und »4 100 Angehörige von Minderheiten
vertrieben (mehr als die 3 664, die im Verlaufe des Jahres 2003
zurückgekehrt waren), 82 Prozent davon waren Serben«. Von den Verjagten
konnten, so Amnesty, mehr als ein Drittel (1 690) nicht in ihre
gebrandschatzten Häuser zurückkehren und müssen bis heute in anderen
serbischen Enklaven ausharren. Amnesty beklagt, daß insbesondere die
deutsche und die französische Regierung auch ein Jahr nach der
Gewaltwelle »die Ergebnisse ihrer Untersuchung über das Versäumis der
KFOR beim Schutz der Minderheiten« nicht veröffentlicht hätten. Der
Spiegel hatte die Nachgiebigkeit der Struck-Truppe gegenüber den
Albanern seinerzeit unter der Schlagzeile »Die Hasen vom Amselfeld«
kommentiert. Ein erster Bericht der Bundeswehr vom Spätsommer 2004 über
die Ereignisse sei ebensowenig offengelegt worden wie die
Untersuchungen eines Bundestagsausschusses, kritisiert nun Amnesty.
Die »Statusfrage«
Noch vor seiner Ankunft in Prizren forderte Struck erneut eine Lösug
der »Statusfrage« für das Kosovo. Das ist deswegen bemerkenswert, weil
der Status der Provinz in der erwähnten UN-Resolution 1244 eindeutig
festgelegt ist: Sie gehört weiterhin zu Serbien-Montenegro. Wer
unbestimmt von einer anderen Lösung spricht, meint offenbar eine
Loslösung, also eine Eigenständigkeit des Amselfeldes. Michael Schäfer,
Politischer Direktor im Auswärtigen Amt, hat vor kurzem eine Skizze für
die weitere Entwicklung gezeichnet. Darin schloß er eine Rückkehr zum
Status vor dem Jugoslawien-Krieg 1999 kategorisch aus, als die Region
direkt Belgrad unterstand. Ebenso verwarf er den Belgrader Wunsch nach
einer administrativen Teilung in einen größere albanische und eine
kleinere serbische Zone. Zum albanischen Ziel einer vollständigen
Abspaltung von Serbien hieß es hingegen bei Schäfer lediglich, eine
»sofortige unkonditionierte« Unabhängigkeit sei abzulehnen. Diese
Formulierung eröffnet unausgesprochen die Möglichkeit einer
stufenweisen und an bestimmte Bedingungen geknüpfte Sezession der
Provinz. Schäfer machte deutlich, daß »das Auswärtige Amt die Meßlatte
für den Beginn von Statusverhandlungen nicht mehr so hoch hängt wie vor
einem Jahr«, berichtete die Financial Times Deutschland letzte Woche.
Der Terror hat sich für die albanischen Nationalisten also ausgezahlt –
heute ist man in Berlin und anderswo ihren Wünschen gegenüber offener
als vor dem Pogrom.


=== 3 ===

http://www.jungewelt.de/2005/03-22/007.php

Kosovo im Jahre sechs

Krieg um Bodenschätze

Am Donnerstag jährt sich zum sechsten Mal der Beginn der
NATO-Aggression gegen Jugoslawien. Wer immer gegrübelt hat, warum
dieser offene Bruch des Völkerrechts notwendig war, erhält durch die
jüngsten Beschlüsse der nach dem Krieg eingesetzten
UN-Übergangsverwaltung im Kosovo (UNMIK) einige Aufschlüsse: Am 21.
Januar 2005 hat UNMIK-Gouverneur Sören Jessen-Petersen die Schürfrechte
über die Bodenschätze in der Provinz für internationale Investoren
ausgeschrieben. Bereits innerhalb der ersten zwei Tage meldeten sich
über 600 Interessenten. Durch die Vergabe von Abbaulizenzen rechnet die
UNMIK mit Einnahmen von 13 Milliarden Euro.

»Die Kosovaren könnten leben wie die Scheichs am Golf«, frohlockte
Rainer Hengstmann, Direktor der für die Ausschreibung zuständigen
Unabhängigen Kommission für Minen und Mineralien (ICMM) in Pristina. In
der Tat ist der Rohstoffreichtum enorm: Die Braunkohlereserven des
Kosovo gelten mit einem nachgewiesenen Umfang von 8,3 Milliarden Tonnen
– mindestens dieselbe Menge wird zusätzlich vermutet – als die größten
in Europa. Außerdem wird in der Trepca-Mine in der Nähe von Mitrovica
Kupfer gefördert. Das Vorkommen ist so ergiebig, daß es im Zweiten
Weltkrieg direkt der Wehrmacht unterstellt wurde (der Rest des Kosovo
wurde Großalbanien zugeschlagen); in den achtziger Jahren waren 20 000
Arbeiter in Trepca beschäftigt. Last not least gibt es Hinweise auf
nennenswerte Lagerstätten von Gold (ebenfalls in Trepca) und von Chrom
(an der Grenze zu Albanien).

Bodenschätze und Minen sind de jure im Besitz des serbischen Staates
bzw. jugoslawischer Kombinate. De facto aber können die rechtmäßigen
Besitzer seit dem NATO-Einmarsch im Juni 1999 nicht mehr darüber
verfügen. Der investitionshemmende Streit zwischen De-jure-Besitzern
und De-facto-Beherrschern wird mit dem erwähnten UNMIK-Ukas beseitigt:
Nun ist der Weg frei zur Ausplünderung der serbischen Provinz zum
Nutzen der albanischen Eroberer und der westlichen Konzerne. (je)


=== 4 ===

22.03.2005
Peter Urban  

Sechs Jahrhunderte in Flammen  

Mit der Zerstörung serbischer Kirchen und Klöster im Kosovo
verschwindet ein Weltkulturerbe   Kosovo. 17. bis 19. März 2004: Im
Verlaufe eines Pogroms albanischer Terroristen gegen Serben sterben
mindestens 19 Menschen, über 4 000 müssen fliehen – und 37 Sakralbauten
der orthodoxen Kirche werden verwüstet.
»Sechs Jahrhunderte in Flammen« betitelt die seriöse Belgrader
Tageszeitung Vecernje Novosti ihre Sonderbeilage vom 5. April 2004.
»Gold, reiche Stickereien, Glocken, altes Geld, handschriftliche
Evangelien, mittelalterliche Miniaturen, Fresken aus der
Frührenaissance, Klöster und Kirchen von einmaliger Architektur«, alles
ein Raub des Feuers. Allein in Prizren sind es sieben Kirchen, zum Teil
aus dem 14. Jahrhundert, mit unersetzlichen Wandmalereien.
Die Osmanen überdauert
In der Provinz Kosovo und Metohija, dem Landstrich mit der größten
Dichte an christlichen Kirchen und Klöstern in ganz Europa, waren vor
dem Krieg 1999 über 1 300 Kulturdenkmäler registriert, 372 davon waren
1977 unter den Schutz des Gesetzes gestellt worden: elf prähistorische,
sieben aus illyrischer Zeit, 17 römische, 29 byzantinische, 179
serbische und, man höre und staune, 78 türkische und 38 albanische. Die
wertvollsten Baudenkmäler sind die Kirchen und Klöster des serbischen
Mittelalters, das Patriarchatskloster von Pec und Kloster Gracanica
gehören zum Weltkulturerbe der UNESCO.
Diese Denkmäler haben 500 Jahre Türkenherrschaft überlebt, wenn auch
nicht alle unbeschadet: Die im März 2004 in Prizren geschändete
Kathedrale der Gottesmutter von Ljeviska wird 1756 erstmals als Moschee
erwähnt. In ihr hat ein namenloser Türke in arabischer Sprache eine
Inschrift hinterlassen, in der er die Schönheit der Fresken mit der
Iris seiner Augen verglich, woraufhin er mit Hammer und Meißel den
abgebildeten orthodoxen Heiligen, unter anderen König Milutin die Augen
ausstach, ohne im übrigen die Gesichter zu beschädigen.
Landser fotografieren
Von solch subtilem Umgang mit dem immerhin gemeinsamen Erbe kann bei
den moslemischen Nachfahren der Türken keine Rede mehr sein. Seit
Beginn des NATO-Krieges sind im Kosovo an die 150 orthodoxen Kirchen
und Klöster zerstört worden, insgesamt 40 von ihnen wurden dem Schutz
der KFOR unterstellt. Wie effizient dieser Schutz gehandhabt wird,
könnte am Beispiel des Prizrener Erzengelklosters aus dem 14.
Jahrhundert erzählt werden. Vecernje Novosti merkte lakonisch an, daß
der Bau »geplündert und angezündet wurde in Gegenwart deutscher
Soldaten, die ihn nicht geschützt haben, im Gegenteil: Die beiden
Bundeswehrhelden haben von dem Pogrom Erinnerungsfotos gemacht«.
Die Kirche des Hl.Erlösers in Prizren, 1332 mit Fresken bemalt, ist
abgebrannt, die Fresken sind so gut wie verloren. Von der Kathedrale
des Großmärtyrers Georgije stehen, laut Angaben eines Augenzeugen,
nurmehr drei Mauern, Dach und Kuppel sind abgebrannt, den Torbogen am
Eingang in den Vorhof ziert, in roter Ölfarbe, die albanische Parole
»Morto i Serbi!«
Die KFOR war ganz offenkundig nicht in der Lage, diese Akte der
Barbarei zu verhindern. Ein weiterer Skandal ist, daß die Besatzer
Denkmalschützer, Restauratoren und Kunsthistoriker, aus Belgrad und
anderswoher, aktiv an der Einreise hindern mit der fadenscheinigen
Begründung, man könne nicht für ihre Sicherheit garantieren. Die
renommierte Kunsthistorikerin Professsor Irina Subotic wie auch der
Direkter der Belgrader Behörde für Denkmalschutz, Marko Omcikus,
beklagen nur zu Recht, daß die schwerstbeschädigten Denkmäler ohne
Dächer schutzlos Wind und Wetter ausgesetzt sind – und der Winter im
Kosovo ist immer noch hart. Und während die zerstörten und
gebrandschatzten orthodoxen Kirchen und Klöster vor sich hinrotten,
entwenden Albaner Steine von Novo Brdo zum Ausbau ihrer Wohnhäuser.
Nota bene: Novo Brdo, die große Ruine einer mittelalterlichen Stadt,
die bis heute nicht erforscht ist, die aber im 14. Jahrhundert als die
reichste Stadt des mittelalterlichen Serbien galt.
Verbrannte Erde im Kosovo, in der Wiege der serbischen Kultur. »Für uns
Serben ist das Kosovo keine imaginäre, mythische Vergangenheit, sondern
die Wirklichkeit eines historischen christlichen Schicksals, das
andauert und das ... nicht einmal heute mit dieser neuesten Tragödie
beendet ist«, heißt es in einem Memorandum der Bischofskonferenz der
serbischen orthodoxen Kirche.

(italiano / english)

LATVIA: A NAZI COUNTRY IN THE EUROPEAN UNION


1. I VETERANI DELLE SS MARCIANO A RIGA (UNIONE EUROPEA)

2. Six Months In NATO: Latvia Increases Military Spending On Brussels'
Orders
3. Latvia deputies draft document on Soviet occupation (SIC)
4. 60th Anniversary Of Nazi Defeat: Monument To Soviet Troops Defaced
In Latvia
5. 60th Anniversary Of VE: Latvia Wants 'Reparations' From Russia,
Ethnic Cleansing (SIC)
6. Latvian city permits procession commemorating SS legion
7. Latvian defence minister to visit troops in Iraq
8. RUSSIA'S OSCE REPRESENTATIVE DENOUNCES SS LEGION MARCHES IN EU
COUNTRIES

9. Solidarity With the Communists in Latvia!
"In August-September 1991, the Supreme Soviet of Latvia
made a strong political decision and stopped and, as a result,
banned the activity of the Communist Party of Latvia..."


source: ANTINATO @...

VEDI ANCHE / SEE ALSO:

A very good mailing list on international issues: STOPNATO

http://groups.yahoo.com/group/stopnato/messages

Latvia and Estonia disturbed with national minorities resolution passed
by OSCE (by Vasily Bubnov)

http://english.pravda.ru/printed.html?news_id=13387

Le insegne della Divisione SS "Latvia":

http://srpska-mreza.com/handzar/handzar.htm

"SS Infantry division Latvia. Formed in 1944, made up of Letonian and
folksdojcers..."


=== 1 ===

I VETERANI DELLE SS MARCIANO A RIGA (UNIONE EUROPEA)

“La Russia è indignata”, afferma il ministro degli esteri della
Federazione Russa

http://www.rian.ru
in: http://www.redglobe.org/modules.php?name=News&file=article&sid=4073

16 marzo 2005

“La dimostrazione dei veterani delle SS a Riga è considerata un
avvenimento immorale e inammissibile”, afferma Mosca.

“I legionari delle SS marciano nel cuore della capitale lettone, mentre
la polizia usa la violenza sugli antifascisti. Nulla, se non una logica
perversa, può spiegare la situazione”, afferma il Ministro degli affari
esteri russo in un commento alla parata di oggi svoltasi a Riga. I
veterani delle SS e gli attivisti nazionalisti radicali hanno convocato
la marcia per celebrare una data commemorativa della Legione SS lettone.

“Tutto ciò avviene nella Lettonia di oggi, che, nell’opinione
dell’Unione Europea, risponde pienamente agli standard democratici di
Copenhagen”.

“La Russia ha ripetutamente qualificato tali atti come immorali e
inammissibili. Un’impressione di particolare cinismo provoca la loro
autorizzazione ufficiale. Poco tempo prima dell’anniversario del 60°
della Grande Vittoria, le autorità lettoni cercano ostinatamente nelle
capitali europee il sostegno ai loro sforzi di revisionare i risultati
della Seconda Guerra Mondiale e del verdetto del Tribunale di
Norimberga, che qualifica le SS come un’organizzazione criminale,”
afferma il Ministro degli Esteri.

Traduzione a cura del
Centro di Cultura e Documentazione Popolare     


=== 2 ===

Date: Tue, 2 Nov 2004 12:32:04 -0800 (PST)
From: Rick Rozoff
Subject: Six Months In NATO: Latvia Increases Military Spending On
Brussels' Orders

http://www.interfax.com/com?item=Lat&pg=0&id=5766630&req=

Interfax - November 1, 2004

Latvia to increase defense spending next year

Riga - Latvia is planning to spend about 153 million
lats ($289.22 million) on defense and national
security in 2005, which is 30 million lats ($56.71
million) more than this year, Defense Minister Aris
Slakteris told BNS.
The state budget assigns 153.3 million lats ($289.79
million), or 2 percent of the GDP, for defense and
security programs, Slakteris said. Most of the sum
will be channeled to the National Armed Forces, which
are to continue transition to contracted service, he
stressed.
The Defense Ministry will get 110 million lats
($207.94 million) in 2005, including 80.04 million
($151.3 million) for the National Armed Forces.
"The budget is really growing, and we have no other
way if we head for making the army contracted," the
minister said.
"We will not spend all the money on defense directly,
there will be allocations for sports, for the
Constitution Protection Bureau, the security service
of the seimas and the president, and other security-
related needs, including the research projects we
support," Slakteris noted.
The Defense, National Security and NATO Integration
section of the 2004 national budget provides for
spending 123.8 million lats ($234.03 million), and the
same section of the 2003 budget provided for spending
nearly 83 million lats ($156.9 million).
According to the treaty on Latvia's accession to NATO,
the country must annually spend at least 2 percent of
the GDP on defense.


=== 3 ===

http://www.interfax.com/com?item=Lat&pg=0&id=5780423&req=

Interfax - December 23, 2004

Latvia deputies draft document on Soviet occupation

Riga - A group of Latvian parliamentary deputies has
drafted a declaration to condemn what they called the
Soviet occupation of the country and demand that
Russia pay compensation for Soviet-era damages to the
country.
The declaration also proposes drawing up a program for
the voluntary repatriation of people who came to
Latvia during the Soviet era from other parts of the
former Soviet Union.
The document urges European parliaments and
governments to recognize the Soviet period in Latvia
as a period of occupation, to help eliminate
Soviet-era damage, and to support the proposed
repatriation program.
The declaration also urge the Latvian government to
seek the return from Russia of archives evacuated from
Latvia and free access to Russian archives relating to
the Soviet period in Latvia.
Ieva Ziberga, consultant for the New Times group in
parliament, told the Baltic News Service that the
declaration will instruct the government to appoint a
working group to assess "the crimes of the communist
regime" and value the damage done in that period so
the government can demand compensation from Russia.


=== 4 ===

http://www.itar-tass.com/eng/level2.html?NewsID=1653703&PageNum=0

Itar-Tass - January 18, 2005

Monument to Soviet soldiers profaned in Riga

RIGA - A monument to Soviet soldiers, who liberated
Riga from the Nazi, was profaned on Tuesday, a police
representative told Itar-Tass.
The police will hold an investigation and may open
criminal proceedings, she said.
A source in the Riga City Hall said that the local
budget would pay for cleaning the monument from red
paint.
This is the main monument of the Russian community,
which makes up about 40% of Latvian population.
Thousands of Latvian Russians gather near the monument
on V-Day anniversaries, and rallies in support of
Latvian Russians’ rights were held near it recently.
Latvian nationalists have called for dismantling the
monument several times. It has been stained with
paint, and an unsuccessful demolition attempt has been
made.


=== 5 ===

http://www.interfax.com/com?item=Lat&pg=0&id=5780423&req=

Interfax - January 18, 2005

Latvia deputies draft document on Soviet occupation

Riga - A group of Latvian parliamentary deputies has
drafted a declaration to condemn what they called the
Soviet occupation of the country and demand that
Russia pay compensation for Soviet-era damages to the
country.
The declaration also proposes drawing up a program for
the voluntary repatriation of people who came to
Latvia during the Soviet era from other parts of the
former Soviet Union.
The document urges European parliaments and
governments to recognize the Soviet period in Latvia
as a period of occupation, to help eliminate
Soviet-era damage, and to support the proposed
repatriation program.
The declaration also urge the Latvian government to
seek the return from Russia of archives evacuated from
Latvia and free access to Russian archives relating to
the Soviet period in Latvia.
Ieva Ziberga, consultant for the New Times group in
parliament, told the Baltic News Service that the
declaration will instruct the government to appoint a
working group to assess "the crimes of the communist
regime" and value the damage done in that period so
the government can demand compensation from Russia.


=== 6 ===

http://www.interfax.ru/e/B/politics/28.html?id_issue=10753043

Interfax - February 23, 2005

Latvian city permits procession commemorating SS legion

RIGA - The city council in Liepaja, Latvia on
Wednesday gave permission to the Union of National
Forces to hold a street procession on March 16 in
memory of the Latvian Waffen SS legion.
Viktors Birze, the union's co-chairman, told BNS that
the route was agreed upon with the local
self-government and only slightly differs from the
original.
"I am satisfied that the city council did not give in
to the blackmail from left-wing political parties -
the Latvian National Democratic Party, and the
association For Human Rights in Unified Latvia," he
said.


=== 7 ===

http://www.spacewar.com/2005/050321174157.cdopup0h.html

Agence France-Presse - March 21, 2005

Latvian defence minister to visit troops in Iraq

RIGA - Latvian Defence Minister Einars Repse left Riga
on Monday for Iraq, where he will visit Latvian troops
and discuss the political situation with leaders of
the US-led forces there, the defence ministry said.
Accompanying Repse on his trip to Iraq are Latvian
Land Forces Commander, Lieutenant Colonel Juris
Bezzubovs, Latvian Ambassador to NATO Aivis Ronis and
the US defence attache to Latvia, Leigh Sumner.
They will also discuss the political situation in Iraq
following elections at the end of January, including
the setting up of a new government, and the
participation of Latvian servicemen in rebuilding
Iraq.
Some 120 Latvian soldiers are stationed in Iraq,
mainly in Al Hillah, about 100 kilometers (60 miles)
south of Baghdad, under a Polish command.
In September last year, one month before the soldiers
from the Baltic state was due to leave Iraq,
parliament extended their deployment until June 2005.
On Monday, Prime Minister Aigars Kalvitis told AFP
that Latvia, which joined NATO last year, was
determined to prolong its troops' mission in Iraq for
another year.
Latvian President Vaira Vike-Freiberga told a news
conference Monday that the presence in Iraq of troops
from the Baltic state was vital to building democratic
structures in the country.
"We will continue our presence there," she said, while
expressing the hope that Iraq would soon be able to
guarantee its own internal security.


=== 8 ===

http://en.rian.ru/rian/
index.cfm?prd_id=160&msg_id=5470002&startrow=1&date=2005-\
03-21&do_alert=0

Russian Information Agency (Novosti) - March 21, 2005

RUSSIA'S OSCE REPRESENTATIVE DENOUNCES SS LEGION MARCHES IN EU COUNTRIES

MOSCOW - Russia's OSCE permanent representative Alexei
Borodavkin has pointed to the inadmissibility of
holding SS Legion marches in EU countries.
"There can be no justification for SS Legion veterans
marching in the center of the Latvian capital and for
the police using force against anti-fascists.
Moreover, these events are taking place in modern
Latvia, which is a member state of the EU and the
OSCE," the Russian permanent representative told an
OSCE session in Vienna, Russia's Foreign Ministry
reported on Monday.
Alexei Borodavkin pointed to the inadmissibility of
the "attempts to justify the nazis' ideology and
crimes, heroize the fascist SS organization and its
former legionaries."
"The fascist manifestation in Riga cannot be qualified
otherwise than an insult to the memory of those who
saved the world from Nazi plague," his statement says.
According to Russia's permanent representative, it was
very cynical that the SS Legion march in Riga took
place on the eve of the 60th anniversary of the end of
World War Two. On the eve of this date, the OSCE
Council of Foreign Ministers adopted a special
declaration in Sofia in December 2004, the diplomat
reminded the OSCE session.
The document, in particular, says the following: "We
mourn for tens of millions of persons who perished in
the war, tens of millions of the victims of the war,
the Holocaust, the occupation and repressions. We
commemorate all those who fought for the victory of
humanism over the dictatorship, oppression and
aggression. Time will be unable to belittle the
grandness of their sacrifice."
"However, we have to state regrettably that we do not
find a satisfactory explanation for the fact that the
OSCE and the European Union have refrained from their
assessment of what took place in Riga," Alexei
Borodavkin stressed.
Russia's OSCE permanent representative expressed the
hope that the OSCE would give a principled assessment
of the fascist manifestation in Riga and the act of
desecration of the monument to Soviet soldiers -
liberators in the capital of Latvia in January.
The Russian side has on many occasions qualified SS
marches in Latvia as immoral, inadmissible and
contradicting the judgement of the Nuremberg Tribunal,
which recognized the SS a criminal organization,
Russia's OSCE permanent representative said.


=== 9 ===

Date: Sat, 15 Jan 2005 04:48:26 -0500
From: "mart"
Cc: <ANTINATO @...>
Subject: Fw: Solidarity With the Communists in Latvia

Forward from mart

So much for capitalist "democracy" in the
new NATO vassal states! Solidarity with
Latvian Communists!

mart
========================================
http://www.solidnet.org/cgi-bin/view?FILE/URGENT_actions/
069solidaritycominLatvia.doc

Athens Meeting 8-10 October 2004,
Solidarity Statement For The Communists In Latvia
-------------------------------------------------
From: SolidNet, Monday, October 18, 2004
========================================

Solidarity With the Communists in Latvia

In August-September 1991, the Supreme Soviet of Latvia
made a strong political decision and stopped and, as a result,
banned the activity of the Communist Party of Latvia. That
decision was made without and trial or inquest. The
propaganda of communism was equated to the propaganda
of Nazism ideology and as equated to a crime. This juridical
illegal act was used in order to limit political and civil
rights of former members of the Communist Party of Latvia.

In particular, this fact was later used to persecute the
members of the Communist Party of Latvia (already
forbidden party).

As a result, people who stayed as a members of the
forbidden Communist Party of Latvia, after January
13 1991, more than ten years have no rights to take
part in the elections. They have no rights to vote or
to be elected, neither during the elections in the
Latvian Parliament, and neither during the elections
in the municipalities of Latvia. But at the same time
they have the rights to take part in the election in
the European Parliament.

The status of these people is very odd, because in this
case we do not see the elementary juridical logic. As a
result the political and civil rights of these people are
being infringed, which runs counter to the International
and European legal acts. Latvia is now a member of
European Union and must observe these legal acts.

The members of the International meeting of the Communist
and Labour parties in Athens, Greece in October 8-10 2004
are expressing their disagreement against the fact that the
activity of the Communist Party of Latvia is still banned
in Latvia

We demand tat the official authorities of Latvia solve this
rude infringement of human rights in political views: we
want them to abolish the prohibition of the activity of the
Communist Party of Latvia, to abolish the articles in
Latvian laws, which regulate the procedure of elections
in Latvia, because now, according to these laws the
ex-members of the Communist Party of Latvia have no
right to take part in the elections in the Latvian
Parliament as well as in the elections in the
municipalities of Latvia.

We are addressing this resolution to the leaders of the
countries-members of the European Union, the European
Parliament, and European Union, asking to take possible
measures in order to stop this rude infringement of
the human rights of ex-members of the Communist
Party of Latvia.

Signatures

Party

Algerian Party for Democracy and Socialism
Communist Party of Australia
Democratic Progressive Tribune Bahrain
Communist Party of Bangladesh
Workers' Party of Belgium
New Communist Party of Britain
Bulgarian Communist Party "Georgi Dimitrov"
Communist Party of Bulgaria
Communist Party of Canada
Communist Party of Chile
Communist Party of Bohemia and Moravia
Communist Party in Denmark
Communist Party of Finland
United Communist Party of Georgia
German Communist Party
Communist Party of Greece
Hungarian Workers Party
Communist Party of India
Tudeh Party of Iran
Communist Party of Ireland
Party of Italian Communists
Lithuanian Socialist Party
Communist Party of Luxembourg
Communist Party of Malta
Party of Communists, Mexico
Popular Socialist Party of Mexico
New Communist Party of the Netherlands
Communist Party of Norway
Palestinian Communist Party
Palestinian People's Party
Philippine Communist Party
Portuguese Communist Party
Communist Party of Russian Federation
Communist Workers' Party of Russia - Party of Russian
Communists
CPSU
Communist Party of Slovakia
Communist Party of Peoples of Spain
Communist Party of Sweden
Communist Party of Syria
Communist Party of Turkey
Union of Communists of Ukraine
Communist Party, USA
Communist Party of Vietnam


*End*

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[ ESPANOL: Las ciencias de la dominación mundial
http://www.redvoltaire.net/article4110.html
FRANCAIS: Guerre froide psychologique
Les sciences de la domination mondiale
http://www.reseauvoltaire.net/article15746.html ]

Guerra fredda psicologica

Le scienze della dominazione mondiale

di DENIS BONEAU*

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Le scienze della comunicazione, il cui sviluppo è stato pilotato dalla
CIA a partire dagli anni Cinquanta, hanno costituito uno strumento
essenziale della “guerra psicologica” condotta contro i governi filo
sovietici e contro quei paesi che, resistendo al dominio degli Stati
Uniti, si dimostravano suscettibili di oscillare nel campo comunista.
In collaborazione con l’esercito USA e con i servizi segreti, gli
specialisti del comportamento hanno contribuito a raccogliere
informazioni sul “nemico”, a elaborare la propaganda atlantista (NATO),
a prevenire i movimenti di liberazione ostili a Washington, arrivando
perfino a consigliare gli esperti della tortura. Questa “alleanza fra
il mondo scientifico e quello politico” è all’origine di un dispositivo
ancora oggi utilizzato per diffondere la “Voce dell’America” nel mondo.

8 dicembre 2004


A partire dal 1945, i Presidenti Harry Truman e Dwight Eisenhower hanno
istituzionalizzato le agenzie di propaganda, messe in azione durante la
Seconda Guerra mondiale, assegnando loro una missione originale,
quella di combattere l’Unione Sovietica e le Repubbliche Popolari
satelliti dell’URSS.
La strategia generale elaborata da Truman e i suoi consiglieri,
denominata “contenimento”, consisteva nel bloccare l’espansione del
comunismo e, in particolar modo, nel tentativo di controllare i
movimenti di emancipazione nazionali, suscettibili di portare al potere
dirigenti filo sovietici.
Questo ambizioso progetto aveva bisogno della collaborazione di esperti
in grado di fornire dati geografici, economici, culturali, psicologici
e sociologici sfruttabili dall’Esercito e dai servizi segreti. In
questo contesto, alcuni specialisti di scienze del comportamento,
alcuni di costoro erano già stati impegnati contro il Terzo Reich,
venivano arruolati nei nuovi servizi della propaganda per la Guerra
Fredda.

Dal novembre 1945, il generale John Magruder proponeva di affidare al
servizio segreto militare un progetto ambizioso di propaganda “in tempo
di pace”, basato sul contributo delle scienze umane. Ma la sua
iniziativa non fu sufficiente a convincere Truman che decideva di
smantellare l'OSS [1], l’Ufficio dei Servizi Strategici diretto da
“Wild Bill” Donovan, protetto da Roosevelt. Seguendo questa logica,
venne disciolto anche l’Ufficio Informativo di Guerra (OWI) [2],
accusato di avere favorito la rielezione di Roosevelt nel 1944.
Nel gennaio 1946, Truman insediava il Gruppo Centrale di Informazioni
(CIG), che qualche settimana più tardi diveniva l’Agenzia Centrale di
Informazioni (CIA).
Le operazioni inconfessabili, « propaganda, guerra economica, azione
diretta preventiva, sabotaggio, antisabotaggio, demolizione,
sovversione contro gli Stati ostili, assistenza ai movimenti di
liberazione clandestini, guerriglia, sostegno ai gruppi indigeni
combattenti nei paesi nemici del mondo libero… », venivano affidate
all’Ufficio di Coordinazione Politica (OPC) [3], diretto da un anziano
dell’OSS, Franck Wisner.
In teoria, l’OPC dipendeva dalla CIA; in pratica Wisner, tenuto sotto
debole controllo da George Kennan, disponeva di una conseguente libertà
di azione. Una parte rilevante delle operazioni di “guerra psicologica”
veniva presa in carico dall’OPC.
Wisner reclutava nei suoi quadri degli esperti in modo da raccogliere
dati informativi, convertiva intellettuali “neutri”, e così intendeva
elaborare la propaganda atlantista.


Cos’è la guerra psicologica?

Le operazioni psicologiche designano un insieme molto ampio di
attività, andando dalla propaganda radiodiffusa alla tortura. Queste
attività necessitano di conoscenze approfondite delle popolazioni prese
di mira.
L’Esercito degli Stati Uniti, in un documento redatto nel 1948,
definisce così la “guerra psicologica”: « Questa impiega mezzi fisici o
etici, oltre alle tecniche militari ortodosse, tendenti a:
a. Distruggere la volontà e la capacità di combattere del nemico.
b. Privarlo del sostegno dei suoi alleati.
c. Accrescere in seno alle nostre truppe e in quello dei nostri alleati
la volontà di vincere.
La guerra psicologica impiega qualsiasi arma in grado di influenzare la
volontà del nemico. Le armi sono psicologiche solamente per l’effetto
che producono e non in ragione della natura delle armi stesse. Quindi,
in un quadro di guerra psicologica, la propaganda palese (bianca),
segreta (nera), o grigia – sovversione, sabotaggio, operazioni
speciali, guerriglia, spionaggio, pressioni politiche, culturali,
economiche e razziali – sono considerate come armi utilizzabili. »
Allo scopo di realizzare questo programma di “guerra psicologica”, i
servizi segreti reclutano degli specialisti di scienze del
comportamento in grado di inventare la propaganda bianca, “semplice,
chiara e rinnovata”, e la propaganda nera, destinata a provocare nel
campo dell’avversario “problemi, confusione…terrore”.


I Progetti « Troy » e « Camelot »

Il Progetto « Troy » consisteva nel mobilitare ricercatori per definire
i differenti mezzi disponibili per diffondere la “Verità” (la
propaganda Statunitense) dietro la Cortina di Ferro. L'obiettivo era
quello di rinforzare il dispositivo “Voce dell’America” (VOA), una rete
di radiodiffusioni creata dal Servizio Informazioni Internazionali
(IIS), un organismo messo in piedi da Truman con lo scopo di sostituire
l'OWI.
La “Voce dell’America” era una operazione di propaganda bianca; il suo
ruolo era di fare promozione agli Stati Uniti ( si intende bene che
“Democrazia”, “American way of life”, “Libertà” erano i principali
leit-motives dei discorsi della VOA).
All’origine del Progetto « Troy », James Webb, un consigliere del
Segretario di Stato Dean Acheson, era un fautore della prima ora della
“guerra psicologica”.
Webb raccomandava l’accostamento di esperti universitari al governo.

Gli scienziati del Progetto « Troy » presentavano un rapporto
conclusivo nel quale affermavano che la “Voce dell’America” non era
sufficiente a squarciare la Cortina di Ferro.
Di fronte a questo relativo insuccesso, preconizzavano altri mezzi e
metodi.
Inizialmente, il Progetto « Troy » doveva essere centrato sulle
radiodiffusioni e su lanci di volantini con palloni sonda. Andando
oltre gli obiettivi loro assegnati dai loro mecenati - Marina e
Aviazione militari, e probabilmente la CIA -, gli esperti proponevano
di percorrere altri canali per la propaganda bianca: scambi
universitari, pubblicazione di libri…e facevano notare che
l’informazione poteva propagarsi semplicemente per posta, con
l’intermediazione di giornali professionali e altre pubblicazioni
commerciali e industriali.
Questo studio era ugualmente accompagnato da raccomandazioni pratiche
molto precise. I membri del Progetto « Troy » raccomandavano, ad
esempio, la centralizzazione delle operazioni della propaganda.
Seguendo questo indirizzo, Truman istituiva il Psychological Strategy
Board, la Commissione per le Strategie Psicologiche, che intensificava
gli studi sulla “società sovietica” con un programma di colloqui e
relazioni con i dissidenti, e favoriva la creazione del CENIS, Centro
per gli Studi Internazionali [4] [5].

Questa prima collaborazione di grande levatura prefigurava altre
operazioni dello stesso tipo. L'Air Force, fin dal 1950, commissionava
un rapporto sulla popolazione Coreana. Wilbur Schramm, considerato
come il padre fondatore del paradigma della comunicazione di massa,
John Ridley e Fredericks Williams venivano incaricati di interrogare
dei rifugiati anticomunisti, in modo da elaborare una tattica di
propaganda in Corea. Questo studio approdava a due tipi di documenti :
alcune pubblicazioni nel “Trimestrale di Pubbliche Opinioni” (POQ), la
rivista ufficiale dei fautori della “guerra psicologica”, e un libro
dal titolo “The Reds Take a City – I Rossi prendono una Città”, come un
rapporto segreto destinato all’Esercito.

Un’altra rappresentazione metamorfica della “guerra psicologica”, il
Progetto “Camelot” consisteva, negli anni Sessanta, nel produrre
modelli di processi nazionali rivoluzionari nei paesi del Terzo Mondo,
in modo da guidare le operazioni di contro-rivoluzione. “Camelot”
rappresentava alla perfezione l’intensificazione delle relazioni fra i
comportamentalisti e i servizi segreti Statunitensi.
Lanciato nel 1963, il Piano, destinato a facilitare gli interventi
nello Yemen, a Cuba e nel Congo belga, in teoria doveva permettere di
prevedere e prevenire i rischi di rivoluzioni. In Cile, alcuni giornali
della sinistra denunciarono il coinvolgimento del governo degli Stati
Uniti nel mettere in atto “Camelot” attraverso l’intermediazione
dell’Organizzazione per la Ricerca sulle Operazioni Speciali (SORO). Il
« piano di spionaggio yankee » falliva parzialmente, dato che le
conclusioni dello studio saranno verosimilmente utilizzate dai servizi
Statunitensi per rovesciare Allende e insediare al potere in Cile la
giunta del generale Pinochet [6].


Arruolare gli universitari

L'intesa fra un gruppo di studiosi universitari e l’Esercito permetteva
l’affiorare di una nuova scienza concepita come uno strumento per i
servizi segreti. Le scienze della comunicazione e il paradigma della
“comunicazione di massa”, con i finanziamenti dell’Aviazione, della
Marina, della CIA, del Dipartimento di Stato (…) apportarono numerosi
elementi utili al fine di elaborare una propaganda efficace destinata
ad attraversare la Cortina di Ferro seguendo canali differenti
(volantinaggi, radiodiffusione…). Il campo di studi della disciplina è
vasto: tecniche di persuasione, valutazioni della pubblica opinione,
interrogatori, mobilitazioni politiche e militari, diffusione
ideologica...

Per soddisfare la richiesta di informazioni scientifiche, venivano
finanziati molti centri:
- Ufficio per la ricerca sociale applicata (BASR) di Paul Lazarsfeld,
istituito presso l'Università di Columbia.
- Istituto per la Ricerca Sociale Internazionale (IISR) di Hadley
Cantril.
- Centro di Studi Internazionali (CENIS) di Ithiel de Sola Pool,
(Istituto tecnologico del Massachusetts), che riceveva i finanziamenti
dalla Fondazione Ford, in realtà provenienti dalla CIA.
- Ufficio per la Ricerca sulle Scienze Sociali (BSSR), direttamente
finanziato dalla CIA che desiderava migliorare le tecniche di
interrogatorio. Ecco che la tortura viene concepita come un settore
della ricerca delle scienze sociali [8].
A partire dalla guerra di Corea, il BSSR, principale centro di ricerca
della propaganda “nera”, veniva incaricato di diversi studi da parte
delle Forze Armate. In special modo si trattava di determinare i
“bersagli e i fattori di vulnerabilità” delle popolazioni dell’Europa
dell’Est, prendendosi cura di definire i diversi “aspetti della
violenza psicologica”.
In concreto, il BSSR produceva relazioni sugli effetti delle tecniche
tradizionali negli interrogatori dei prigionieri - elettrochocs,
percosse, droghe…Questi studi finanziati dalla CIA (50% del bilancio
totale del Centro) permettevano inoltre di raccogliere informazioni
soprattutto a proposito delle popolazioni Vietnamita ed Africane con lo
scopo esplicito di rendere più efficace la tortura [9].


Una rivista : Trimestrale di Pubblica Opinione

La rivista Trimestrale di Pubblica Opinione era stata creata nel 1937
da De Witt Poole dell’Università di Princeton. La rivista pubblicava
articoli di “guerra psicologica”, in particolare pubblicazioni
dell’OWI, studi sul morale dei civili tedeschi durante la guerra, saggi
sull’addestramento delle truppe, riflessioni sulla propaganda di
guerra…Alcune ricerche sembravano direttamente ispirate dalle
ossessioni dei servizi segreti e dalle agenzie di propaganda, (sondaggi
d'opinione in Francia e in Italia…).
Il consiglio di amministrazione della rivista era composto da
specialisti reclutati secondo il progetto psicologico della CIA : Paul
Lazarsfeld, Hadley Cantril, Rensis Likert, De Witt Poole (che più tardi
diverrà il Presidente della Commissione Nazionale per l’Europa Libera).
Lo studio dei sistemi di comunicazione dei paesi sotto dominazione
dell’Unione Sovietica o suscettibili di essere conquistati dai gruppi
comunisti permetteva di raccogliere delle informazioni immediatamente
utilizzabili dagli strateghi dell’Esercito, come pure indicazioni
talvolta molto precise sulle modalità della diffusione della propaganda
“bianca” e sui metodi “neri” della diffusione del terrore.
Quindi, le scienze della comunicazione, concepite come mezzi di
sorveglianza e di coercizione, hanno una vocazione puramente
strumentalizzante.


Le scienze della coercizione contro il neutralismo

Il paradigma della comunicazione di massa, nato dai finanziamenti dei
servizi durante la Guerra Fredda, si inseriva in un progetto ideologico
più vasto consistente nella divisione dello scacchiere mondiale
secondo la logica manichea degli strateghi degli Stati Uniti.
Le tesi portate avanti con convinzione dal patriarca della disciplina,
Wilbur Schramm, creavano una nuova prospettiva a questa dimensione
minimalista delle scienze della comunicazione. Il sistema di Schramm,
come quello di Leo Strauss, si fondava sull’antagonismo “good guys /
bad guys” (elementi buoni/elementi cattivi), i buoni e i malvagi.
Questo principio etico, il comunismo simbolizzava il Male e gli Stati
Uniti il Bene, era condiviso dalla maggior parte degli intellettuali o
degli studiosi reclutati al fianco del governo degli Stati Uniti contro
l’espansione dell’Unione Sovietica.
In questa lotta manichea, il neutralismo appariva necessariamente come
una prova di tradimento. Più che convincere i partigiani del comunismo,
il combattimento intellettuale consisteva nel portare dalla propria
parte i neutrali.

Al Congresso per la libertà della cultura,
[http://www.reseauvoltaire.net/article11245.html%5d, gli “Intellettuali
di New York” [http://www.reseauvoltaire.net/article15635.html%5d, seguiti
da una folla di difensori Europei dell’atlantismo, come Raymond Aron,
[http://www.reseauvoltaire.net/article15295.html%5d, in Francia,
designavano il neutralismo come l’obiettivo più importante della “loro”
impresa.
Gli specialisti della comunicazione si davano da fare molto per questo
progetto generale immaginato dalla CIA e dall’OPC. Daniel Lerner, in
un articolo pubblicato da POQ, si interrogava sui differenti aspetti
del neutralismo ed elaborava un ritratto tipico degli individui
appartenenti a questa categoria. Alla domanda su come riconoscere un
neutrale, l’autore rispondeva: “Per un neutrale, la scelta fra gli
Stati Uniti e l’URSS non coincide con la scelta fra la libertà e
l’asservimento”. Egli individuava molti simboli distintivi del
neutralismo: “Pace, sicurezza, distensione nelle relazioni
internazionali”.

Al di là delle somiglianze fra le linee ideologiche della « guerra
psicologica » e quelle del Congresso per la libertà della cultura, che
testimoniavano della relativa coerenza del progetto immaginato da
Wisner e dai dirigenti della CIA, possiamo sottolineare che gli
specialisti della “manipolazione di massa” erano spesso dei marxisti
pentiti.
La carriera di Paul Lazarsfeld è da questo punto di vista esemplare.
Alla fine degli anni Venti, quello che diverrà uno dei principali
ideologi della “comunicazione di massa” è un attivista socialista. In
Francia, egli è nelle posizioni vicine alla SFIO e frequenta Léo
Lagrange. Nel 1932, la Fondazione Rockefeller gli proponeva una borsa
di due anni per studiare negli Stati Uniti. Una delle sue
considerazioni era che esisteva “una corrispondenza metodologica fra
l’acquisto del sapone o l’acquisizione del voto socialista”: quindi si
metteva in evidenza scrivendo articoli di marketing. Rapidamente
contattato dal governo e dai servizi segreti, collaborava ad un
programma di ricerca sugli effetti della radiodiffusione, il Radio
Research Program, finanziato dalla Fondazione Ford, e fondava il BASR,
l’Ufficio per la Ricerca Sociale Applicata, con importanti
finanziamenti grazie ai contratti con l’Esercito e la CIA.
Nel 1951, veniva nominato consigliere per le Scienze Sociali presso la
Fondazione Ford ; inoltre favoriva la creazione di un Istituto di studi
avanzati nelle scienze sociali in Austria e l’avvio di un programma di
scambi con la Jugoslavia e la Polonia. Negli anni Sessanta, si vedeva
assegnare dei ruoli di esperto presso l’UNESCO e l'OCDE [10]. Paul
Lazarsfeld aveva dunque rotto con le organizzazioni di rete socialiste
per incorporarsi nei gruppi di studio scientifici della “guerra
psicologica”.
Non è stato l’unico a seguire questo percorso degno degli
“Intellettuali di New York” [11]. Anche Leo Lowenthal, uno di coloro
che hanno dato principali contributi al POQ, ha partecipato attivamente
all’elaborazione di tecniche “psicologiche” destinate a combattere i
suoi vecchi compagni marxisti.

Il terreno scientifico dei “comportamentalisti” era lo studio dei
sistemi di comunicazione dei paesi a “rischio”. Nulla di straordinario
dunque nel fatto che la storia di questa disciplina fosse strettamente
collegata ai conflitti nei quali erano coinvolti gli Stati Uniti
durante la Guerra Fredda, sia apertamente – Corea, Vietnam – sia
segretamente – Cile, Angola...


Attualità della “guerra psicologica”

Il dispositivo messo in piedi da Wisner è sopravvissuto alla Guerra
Fredda. Parallelamente al reclutamento dei “comportamentalisti”, la CIA
ha finanziato la creazione di numerosi centri di ricerche
internazionali o di “studi di area” aventi lo scopo di produrre
informazioni sulle zone geografiche “a rischio”.
Dal 1947, la Fondazione Carnegie,
[http://www.reseauvoltaire.net/article14683.html%5d, fornisce i fondi
necessari a lanciare il Centro di ricerche sulla Russia, il Russian
Research Center. A partire dal 1953, uno dei principali paraventi della
CIA, la Fondazione Ford,
[http://www.reseauvoltaire.net/article13171.html%5d, alimenta 34
Università, in modo che possano essere sviluppate ricerche
internazionali.
Questo progetto non è riservato solo agli Stati Uniti. La Fondazione
Rockefeller finanzia in Francia differenti centri “studi di area”, dopo
essersi presa cura di verificare l'appartenenza politica dei
ricercatori sovvenzionati. La VIa Sezione della Scuola Pratica di alti
studi, che più tardi diverrà la Scuola di alti studi in scienze sociali
(EHESS [http://www.reseauvoltaire.net/article14465.html%5d ), accoglie
delle équipes di ricercatori che hanno prodotto lavori sulla Cina,
sulla Russia e su altre regioni obiettivo dei servizi segreti degli
Stati Uniti. Gli studi internazionali costituiscono ancor oggi una
delle preoccupazioni essenziali dell’EHESS.

Nello stesso modo, la « Voce dell’America », la VOA, rete di
radiodiffusioni della propaganda Statunitense, giocattolo preferito dai
comportamentalisti del Progetto “Troy”, resta attiva.
La legge, votata nel 1960 dal Congresso, promulgata nel 1976 dal
Presidente Ford, recita: “La comunicazione diretta radiofonica, (la
propaganda bianca), con i popoli del mondo serve a lungo termine agli
interessi degli Stati Uniti (…) Le informazioni della VOA saranno
precise, obiettive, e complete (…) La VOA presenterà la politica degli
Stati Uniti in maniera chiara ed efficace ( !).”
Diffuse dalla stazione madre emittente di Greenville (Carolina del
Nord), le trasmissioni VOA sono attualmente destinate ai paesi africani
e a priori sembrano prendere in contropiede l’influenza francese nella
regione, (d’altronde, già nel 1960 la VOA ha istituito un servizio
francofono).
Conclamando la sua indipendenza, la VOA perfeziona così la sua regola
fondamentale: “Nel mondo, e in particolare in Africa, la radio resta il
mezzo principale di accesso all’informazione. Oggi come ieri (sic), il
nostro obiettivo è quello di presentare dei programmi costituiti da
informazioni affidabili e senza preconcetti, sulle quali i nostri
ascoltatori possono contare.”

Da un punto di vista generale, le scienze della comunicazione hanno
favorito l’emergere di una nuova forma di propaganda di guerra adattata
alla Guerra Fredda, vale a dire, non proprio concepita per una classica
contrapposizione, ma contemporaneamente per la battaglia ideologica
Est/Ovest e per i conflitti di bassa intensità che sono andati a
svilupparsi nel Terzo Mondo.

Nel 2001, l’Amministrazione di George W. Bush ha riattivato l’insieme
dei dispositivi della Guerra Fredda, non più per lottare contro
l’Unione Sovietica, ma per imporre un Nuovo Ordine Mondiale. Dopo gli
attentati dell’11 settembre, questa riattivazione è stata giustificata
dalle necessità della “guerra al terrorismo”. In questo contesto, la
CIA ha coinvolto nuovamente la Università. Il Direttore delle ricerche
scientifiche dell’agenzia, John Philips, h assunto il controllo del
Rochester Institute of Technology ; Micheal Crow, vice direttore della
Società di economia mista della CIA nel campo informatico, è divenuto
rettore dell’Università dell’Arizona; mentre Robert Gates, ex-direttore
della CIA sotto Bush padre, dirige attualmente la Texas A&M University.

Denis Boneau


[1] L’OSS, Office of Strategic Services, Ufficio di Servizi Strategici,
è un servizio segreto di informazioni e di azione esterna, messo in
funzione durante la Guerra mondiale. Ha impiegato scienziati in scienze
sociali, come Herbert Marcuse o Margaret Mead.
[2] L’Office of War Information, l’Ufficio dell’Informazione di Guerra,
era diretto da Elmer Davis.
[3] L’OPC, Office of Policy Coordination, Ufficio di Coordinazione
Politica, è la struttura amministratrice della rete « stay-behind
(stare nel retroscena) ». Vedere « Stay-behind, le reti di ingerenza
americane » di Thierry Meyssan, Voltaire, 20 agosto 2001,
[http://www.reseauvoltaire.net/article8691.html%5d.
[4] Alan Needell, “Progetto Troy e correlazione con la Guerra Fredda”,
e “Università e Impero, Denaro e politiche nelle scienze sociali
durante la Guerra Fredda”, The New Press, 1998.
[5] Il Centro di Studi Internazionali (CENIS) è un dipartimento del
celebre MIT (Massachusetts Institute of Technology) diretto da Max
Millikan.
[6] Ellen Herman, “Progetto Camelot e la carriera della Psicologia da
Guerra Fredda”, ibid.
[7] « La Fondazione Ford, paravento filantropico della CIA », Voltaire,
5 aprile 2004 [http://www.reseauvoltaire.net/article13171.html%5d.
[8] « I manuali di tortura dell’Esercito degli Stati Uniti » di Arthur
Lepic, Voltaire, 26 maggio 2004.
[9] Christopher Simpson, “Scienza della Coercizione, Ricerche sulla
Comunicazione e Guerra Psicologica, 1945-1960”, Oxford University
Press, 1994.
[10] Michael Pollack, « Paul Lazarsfeld, fondatore di una
multinazionale scientifica », in Atti della ricerca in scienze sociali,
n° 25, gennaio 1979.
[11] « Gli Intellettuali di New York e l’invenzione del
neoconservatorismo » di Denis Boneau
[http://www.reseauvoltaire.net/article15635.html%5d , Voltaire, 26
novembre 2004.

Da: Roberto Pignoni
Data: Mar 22 Mar 2005 17:02:14 Europe/Rome
Oggetto: Il mercato chiede foibe, Repubblica risponde

Il mercato chiede foibe, ''Repubblica'' risponde.

L'ultimo numero del ''Venerdi' '', in edicola il 18 marzo,
contiene un ampio servizio che trae spunto
da un'iniziativa dal titolo ''Resistenze'',
che si terra' in Friuli, alla Villa Manin di Passariano
dal 16 aprile al 2 giugno. Essa avra' per fulcro
un'esposizione di ritratti fotografici di partigiani
di ieri e di oggi, allestita con la consueta
professionalita' e dedizione da Danilo De Marco.

Nelle immagini pubblicate dal Venerdi'
i lineamenti dei partigiani fotografati
da Danilo De Marco sono tesi e sofferti.
Chi conosce la loro odissea personale,
la persecuzione sistematica di cui furono oggetto
negli anni successivi alla guerra,
quando per lavorare era indispensabile il benservito del prete
e i comunisti erano condannati a emigrare
mentre le posizioni di potere venivano rioccupate
da chi le aveva tenute durante il ventennio,
non puo' non provare un senso di rispetto
per la purezza dei loro sguardi,
per la geometria incavata e solenne delle loro fisionomie.
Un volto puo' dire quello che non si trova sui giornali,
in televisione, sui manuali delle scuole.

Ora, come la vede Repubblica?
Il titolo dell'articolo ci introduce alle loro immagini in questi
termini:

''Noi, partigiani al confine slavo (sic!) al tempo delle foibe''.

Come se non bastasse, il sommario insinua
che l'espressione intensa e dolente di quei volti si deve al fatto

''... di aver saputo. E di avere taciuto.''

Segue, nel corpo dell'articolo, una serie di considerazioni
piuttosto rozze, perfettamente in linea
con le direttrici dell'offensiva di disinformazione
che ha investito i media negli ultimi mesi.
I luoghi comuni ci sono tutti, senza indulgere in sfumature:
il ''cinismo di Tito'',
il suo ''tradimento'' della Resistenza,
la sua determinazione ad annettersi buona parte del Friuli
come ''bottino di guerra'',
la scia di sangue che ne sarebbe seguita,
a partire dall'eccidio di Porzus
ordinato, si sostiene, dal IX Corpus
(l'organizzazione militare dei partigiani sloveni)
allo scopo di togliere di mezzo i patrioti che si opponevano
alle mire espansionistiche jugoslave.

Conosco abbastanza bene alcune delle persone
che vengono raffigurate sul ''Venerdi' '' di Repubblica
e so che la loro visione di quanto accadde
in quegli anni e' sensibilmente diversa.
Uno di essi ha pagato di persona, con un lungo
periodo di internamento nel carcere militare di Gaeta,
il coraggio con cui smaschero' una provocazione contro la Jugoslavia
imbastita lungo il confine da un gruppo di militari anticomunisti
(erano le prime avvisaglie della Gladio),
nei mesi successivi alla conclusione della guerra.

Dubito fortemente che, quando imbracciarono le armi,
Attila, Cinccènt, Cino da Monte e il Cid
si preoccupassero di trovarsi ''al confine slavo''.
Quello di cui erano dolorosamente, fisicamente consapevoli
era di abitare in una regione ceduta al Terzo Reich dai fascisti:
l'Adriatisches Kustenland, istituita per decreto
del Furher il 10 settembre del 1943,
e comprendente le provincie di Udine, Gorizia, Trieste, Fiume, Pola,
oltre a una porzione consistente dell'attuale Slovenia.

Ci teneva, Hitler, a quei territori, e si affretto'
a inviarvi uno dei suoi fedelissimi:
l'Hoherer SS und Polizeifuhrer Odilo Globocknik
con la sua squadra di specialisti, l'Einsatzkommando Reinhard,
che si era gia' occupata con successo
dello sterminio degli ebrei polacchi.
Le conseguenze di tanta attenzione,
a partire dalla Risiera di S. Sabba, sono tristemente note.

Tale, il contesto.
Con queste premesse, lo scontro fu durissimo,
e non ebbe nulla di ''locale'', dal punto di vista partigiano.
In quegli anni, nelle stesse formazioni di Attila, Cinccènt,
Cino da Monte e del Cid combattevano italiani, sloveni, rom, spagnoli,
e un buon numero di disertori austriaci, tedeschi e cosacchi.
Il loro sacrificio ci ha permesso di liberarci dal Terzo Reich
e riconquistare una sovranita' che ci era stata tolta
da quei fascisti, collaboratori di Kesserling e Globocknik,
che oggi si vorrebbe definitivamente riabilitare.

Non cercate lumi su questo, sulle pagine di Repubblica.
Non vi troverete la storia di Fulmine, partigiano friulano,
liberato dalle carceri di Udine grazie a un'azione perfetta
portata a termine da un distaccamento della G.A.P.
(i ''Diavoli Rossi'' di Romano il Mancino)
di cui facevano parte, fra gli altri, combattenti russi e ungheresi.

Esiste una foto terribile, ripescata negli archivi
dell'A.N.P.I. da Danilo De Marco.
E' trascorso qualche mese dall'azione alle carceri.
Il corpo di Fulmine e' quasi segato in due
dalla raffica del plotone d'esecuzione.
In primo piano, legata a un altro palo,
la sagoma di un uomo piegato su se stesso.
Non sappiamo se il partigiano senegalese trucidato
insieme a Fulmine fosse consapevole di morire
nelle vicinanze di quello che Repubblica chiama ''il confine slavo''.

Il suo corpo e' un nero, doloroso arco
che segna un altro confine, che separa due umanita',
due sentimenti della vita e del mondo.
L'universo di rapporti, l'idea di convivenza
per cui si sacrificarono Fulmine e il suo anonimo compagno
sono ancora da realizzare.

La curvatura amara degli zigomi dei partigiani,
sulle pagine di Repubblica, ci ricorda questo.
Nel loro sguardo, si riflette la stessa luce
che illuminava le marce lungo i crinali ''del confine slavo''.
Frequentandoli, lavorando con loro, ho potuto prendere coscienza
della ricchezza di un mondo, di una cultura,
di una dimensione etica da cui dovremmo ripartire,
non solo per comprendere quello che e' successo sessant'anni fa,
ma soprattutto per dotarci di strumenti adeguati
ad affrontare le minacce cui e' esposto oggi
quel fragile tessuto che chiamiamo ''democrazia''.

Roberto Pignoni

[ Ulteriori informazioni sulla serie di iniziative di questi giorni a
Bari alla pagina: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/soskosovo.htm ]

Most za Beograd – Un ponte per Belgrado in terra di Bari
Associazione culturale di solidarietà con le popolazioni jugoslave
via Abbrescia 97, 70121 BARI.    most.za.beograd @...
tel. 0805562663
conto corrente postale n. 13087754 - CF:93242490725

Con preghiera di pubblicazione nella pagina dedicata agli eventi
culturali e mostre


Prosegue fino al 31 marzo a Palazzo Simi (Strada Lamberti, Città
Vecchia, Bari) la Mostra fotografica "SOS Kosovo - I monasteri
medievali serbo-ortodossi prima e dopo la guerra"
ore 9.30 -19.00 - Info: 0805562663 - Prenotazioni visite guidate:
0805427003 – 3339152284

Nel corso della mostra sono in programma anche altri eventi:


Mercoledì 23 marzo, ore 17.00 

Le altre verità del Kosovo

video di Pasquale Giordano (2004)

 
Giovedì 24 marzo, ore 17.00

I dannati del Kosovo

video di Michel Collon e Vanessa Stojlkovic
(edito in VHS con il libro di Enrico Vigna, Kosovo “liberato” – le
menzogne per fare le guerre le ragioni per fare la pace, La città del
Sole, Napoli, 2003)

 
Venerdì 25 marzo, ore 17.00

L'eredità culturale multietnica del Kosovo in pericolo

documentario a cura di Mnemosyne (2004)

 
Giovedì 31 marzo, ore 17.30

il prof. Nino Lavermicocca interviene sul tema:

La Serbia tra oriente e occidente al tempo del re Milutin.
Storia-Arte-Eredità culturale

[ "Si, Kouchner mentiva": alcune note di Michel Collon ripercorrono
fasi della costruzione della disinformazione strategica sulla
Jugoslavia. Disinformazione essenziale per portare a compimento lo
smembramento del paese, nell'interesse della canaglia imperialista
europea e statunitense. Un breve excursus dalla guerra in Bosnia fino a
quel regime di apartheid in Kosovo che Kouchner, da primo responsabile
dell'amministrazione coloniale ONU sul territorio, ha attivamente
contribuito a realizzare... ]

---------- Initial Header -----------

From : "Michel Collon"
Date : Sun, 20 Mar 2005 19:13:59 +0100
Subject : Oui, Kouchner mentait

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Oui, Kouchner mentait...
MICHEL COLLON

Le co-auteur d'un des plus gros médiamensonges des années 90 vient
d'avouer.
Instructif pour l'avenir, car les trucs de manipulation sont toujours
les mêmes...

Flash-back. Eté 92, guerre en Bosnie. Bernard Kouchner et ses «
Médecins du
monde » diffusent dans la presse et sur les murs de Paris une pub,
frappante et
coûteuse. La photo - montage présente des « prisonniers » d'un camp
serbe en
Bosnie. Derrière des barbelés. Kouchner y accole l'image d'un mirador
d'Auschwitz. Son texte accuse les Serbes d' « exécutions en masse ».

Info ou intox ? Intox, reconnaît Kouchner douze ans plus tard. Son
récent livre
autopublicitaire, Les guerriers de la paix, relate une entrevue avec
Izetbegovic
(le dirigeant nationaliste musulman au pouvoir à l'époque à Sarajevo),
sur son
lit de mort :

- Kouchner : C'étaient d'horribles lieux, mais on n'y exterminait pas
systématiquement. Le saviez-vous ?
- Izetbegovic : Oui. L'affirmation était fausse. Il n'y avait pas de
camp
d'extermination quelle que fût l'horreur des lieux. Je pensais que mes
révélations pourraient précipiter les bombardements.

Ce médiamensonge a effectivement fait basculer l'opinion vers le
soutien aux
bombardements. Toute la presse occidentale l'avait diffusé massivement
Mais le
récent démenti a été passé sous silence. Le public ne peut savoir qu'il
a été roulé.

Le demi-aveu de Kouchner et ce silence médiatique posent des questions
cruciales :

1° Kouchner savait-il bien plus tôt ?
Réponse : Oui. Dès 1993, un journaliste de France 2, Jacques Merlino,
révélait
la supercherie dans un bouquin au titre éloquent « Toutes les vérités
ne sont
pas bonnes à dire ». Il y interviewait le directeur de Ruder Finn,
agence US de
relations publiques. Lequel, très fier, avouait avoir monté de toutes
pièces la
campagne des « camps d'extermination » : « Nous avons circonvenu trois
grandes
organisations juives : B'nai B'rith, American Jewish Committee et
American
Jewish Congress. Aussitôt, nous avons pu dans l'opinion publique faire
coïncider
Serbes et nazis. Le dossier était complexe, personne ne comprenait ce
qu'il se
passait en Yougoslavie, mais d'un seul coup, nous pouvions présenter
une affaire
simple avec des bons et des méchants. »
En mentant, fait observer le journaliste ! Réponse : « Nous sommes des
professionnels. Nous ne sommes pas payés pour faire la morale. »
Donc, Kouchner savait depuis longtemps et ce n'est pas joli - joli d'à
présent
mettre toute la faute sur le dos d'un mort.

2° Les médias ont-ils enterré les preuves de la supercherie ?
Réponse : Oui. Un journaliste allemand Thomas Deichman a montré dès
1994 que
l'image des barbelés était truquée, que les « prisonniers » n'étaient
pas
enfermés. En fait, elle était tirée d'un reportage ITN où ils
déclaraient être
bien traités, mais la journaliste avait coupé ces déclarations !
On trouvera l'affiche de Kouchner, les commentaires de Deichmann, et
notre
exposé des trucages dans notre livre Poker menteur. Daté de 1998. Donc,
il ne
fallait pas attendre aujourd'hui pour rectifier :
http://www.michelcollon.info/display.php?image=img/tm/tm_yougo34.jpg
Dans un reportage-vidéo « Sous les bombes de l'Otan » (1999), nous
avions aussi
présenté les images tournées par une télé locale, qui démontraient la
tricherie
du reportage ITN.

3° Kouchner a-t-il été protégé, même par des « critiques de médias » ?
Réponse : Oui. Un exemple : Daniel Schneidermann (Arrêts sur images,
France 5)
nous avait contacté sur ce dossier, puis nous a écarté du débat pour ne
pas
nuire à Kouchner.
On n'a pas non plus interrogé ses médiamensonges sur le Kosovo et son
bilan
catastrophique dans cette province. Nous disons bien : médiamensonges,
et non
erreurs. Son plan de carrière visant le poste de secrétaire - général
de l'ONU,
il lui faut tout faire pour plaire aux USA.

4° Pourquoi fallait-il présenter une histoire « simple », mais fausse ?
Pour cacher la responsabilité des grandes puissances occidentales dans
ce conflit :
- Depuis 1979, la CIA allemande soutenait des extrémistes pour faire
éclater la
Yougoslavie.
- En 1989, le FMI avait mis la pression néolibérale pour éliminer
l'autogestion
et les droits travailleurs, excitant la crise et les nationalismes.
- En 1991, l'Allemagne avait armé les extrémistes croates et musulmans
avant la
guerre.
- De 1992 à 1995, les Etats-Unis ont délibérément prolongé le conflit,
comme en
atteste l'envoyé spécial européen en Bosnie, lord Owen.
http://www.michelcollon.info/reponses_tm.php
- Pour quels intérêts, toutes ces manoeuvres ? Eliminer un système
social trop à
gauche, mais aussi contrôler les Balkans stratégiques et les routes du
pétrole.

5° S'agit-il de nier tous les crimes commis ?
Pas du tout, mais lorsque nos gouvernements cherchent à nous entraîner
par une
propagande de guerre « bons contre méchants », il est important de
repérer leurs
intérêts cachés. Et leurs trucages d'infos. Par exemple, s'agissant des
camps de
prisonniers en Bosnie, l'ONU en avait recensé six croates, deux serbes
et un
musulman. Et c'étaient plutôt des camps de regroupement en vue
d'échanges, et
non des camps d'extermination. Mais, les nationalistes croates et
musulmans
étant "nos" alliés, ou plutôt "nos" agents, Kouchner, Bernard-Henri
Lévy et
autres invités médiatiques permanents les ont mensongèrement blanchis.
Il faudrait juger les criminels de guerre. Tous les criminels de
guerre, dans
tous les camps. Mais pas par des tribunaux bidons mis sur pied par une
justice
des vainqueurs où les USA et l'Otan se placent d'office au-dessus de la
loi et
même carrément hors-la-loi puisqu'ils violent la Charte de l'ONU à tour
de bras.

6° Y a-t-il eu d'autres médiamensonges « réussis » dans cette guerre ?
Oui. Un seul exemple. Quand l'Otan a commencé à bombarder la
Yougoslavie, en
1999, elle a affirmé réagir à ce qu'elle appelait un « massacre de 40
civils »
par l'armée yougoslave, à Racak, village du Kosovo. Mais Belgrade
parlait d'un
combat entre deux armées, provoqué par les forces séparatistes
albanaises. L'ONU
avait commandé un rapport à une commission de légistes dirigée par un
docteur
finlandais, Madame Ranta. Celle-ci a confirmé la thèse de Belgrade.
Mais aucun
média n'en a parlé. Le médiamensonge reste intact pour l'opinion.
Pourquoi ? Parce que les médiamensonges de Kouchner, BHL et Cie ont
permis de
diviser la gauche et de l'empêcher de s'opposer à une guerre en réalité
injuste.
L'opinion publique, ça se travaille. Et la prochaine fois, ça
recommencera.

Ces questions seront prochainement débattues en Belgique et en France :
Cinq ans après l'intervention de l'OTAN au Kosovo, quel bilan tirer ?
Quel est
aujourd'hui le sort des minorités nationales ? Quels sont les
véritables enjeux
géopolitiques de cette guerre et la place des Etats-Unis dans les
conflits?

21 / 3 - MONS (Belgique)
Projection + débat Les Damnés du Kosovo
Avec Vanessa Stojilkovic et Michel Collon.
Org. Initiative pour les Droits des Etrangers (IDE)
Au cinéma Plaza Art - Info : 065/35.15.44 plaza.art @ skynet.be

29 / 3 - CARPENTRAS (France)
Projection + débat Les Damnés du Kosovo.
Avec Vanessa Stojilkovic. Org. Cercle Concorcet. Au lycée agricole de
Serres-Carpentras, à 20h30.
Info : camille.vivante @ wanadoo.fr

[ Ulteriori informazioni sulla serie di iniziative di questi giorni a
Bari alla pagina: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/soskosovo.htm ]

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culturali e mostre


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Lunedì 21 marzo, ore 17.00 - proiezione del documentario
(a cura di Mnemosyne di Belgrado)

L'eredità culturale multietnica del Kosovo in pericolo

 
Martedì 22 marzo, ore 17.00 - proiezione del video di Corrado Veneziano,

Sedìci persone – le parole negate del bombardamento della TV di Belgrado

(edito in DVD con il libro “Se dici guerra umanitaria, a cura di
Corrado Veneziano e Domenico Gallo, Besa ed., 2005)

www.resistenze.org - associazione e dintorni - forum di belgrado -
18-03-05

Marzo 2005

Attraverso la cooperazione tra il Belgrade Forum di Serbia e Montenegro
e le Associazioni “SOS Yugoslavia” e “Nuovi Partigiani Pace” Italia,

si è  Costituito il Forum di Belgrado, Italia.

Coordinatore e responsabile per l’Italia, come deciso dal Comitato
Direttivo del Forum  a Belgrado, nella sessione del  16 marzo 2005,
sarà Enrico Vigna.

E’ con profonda soddisfazione e rinnovato impegno che annunciamo
l’apertura di questa stretta e fraterna collaborazione, che ci
auguriamo utile e proficua nel prosieguo del raggiungimento degli
obiettivi comuni che ci uniscono con il prestigioso e autorevole
Belgrade Forum, di cui sotto pubblichiamo la  presentazione ufficiale.
Questa cooperazione è il frutto del lavoro svolto in questi anni, come
Associazione SOS Yugoslavia e Nuovi Partigiani della Pace, nel campo
della lotta contro l’aggressione alla Repubblica Federale Jugoslava,
lavoro svolto sia sul terreno informativo, che su quello della
Solidarietà concreta al popolo jugoslavo, mediante i Progetti messi in
campo e realizzati dal 1999 ad oggi.

E’ per il sottoscritto un onore e una responsabilità notevole assumere
ufficialmente il compito di coordinatore e responsabile del lavoro del
Forum di Belgrado per l’Italia.

Negli incontri avuti a Belgrado con il Presidente del Forum Z.
Jovanovic  e con i suoi responsabili, abbiamo concordato una serie di
intendimenti, percorsi e progetti di lavoro, finalizzati ai valori e
obiettivi completamente comuni ed omogenei, che caratterizzano le
attività delle nostre reciproche strutture.

Per le nostre Associazioni è come un riconoscimento di quanto
concretamente fatto qui in Italia, e soprattutto là sul campo in questi
difficili e duri sei anni di lavoro solidale e nella lotta per la pace
contro la guerra. Ci auguriamo di essere all’altezza degli impegni e
della fiducia in noi riposti, e del conseguimento degli obiettivi che
ci siamo preposti.

I primi passi concreti sono:

- Apertura di una finestra stabile del Forum di Belgrado sul sito
www.Resistenze.org, dove saranno contenuti e segnalati materiali,
appelli, articoli e progetti, espressione delle attività del Forum,
tradotti in italiano e la possibilità di andare direttamente al sito di
www.Artel.co.yu, dove sono ospitati in lingua serba.

- Costituzione del Forum di Belgrado Italia,che consisterà in un gruppo
di lavoro qui, che condivida obiettivi di lavoro proposti e i principi
fondanti stabiliti.

- Costituzione di un Consiglio scientifico del  Forum in Italia, con
personalità culturali, scientifiche, politiche che si mettono a
disposizione di questo lavoro, con i loro contributi specifici

- Organizzazione di partecipazionidall’Italia a Meeting e
seminari,organizzati in Serbia.

- Rafforzamento di collaborazionistrette che siano utili alle
reciproche attività e lavori, mediante strumenti comuni che permettano
di favorire una maggiore incisività dell’informazione e documentazione,
riguardanti la situazione e le battaglie per la verità, la pace e la
giustizia sociale.

- Pubblicizzazione delle  reciproche attività, anche attraverso
riviste, giornali e radio locali con cui, già abbiamo stabili
collaborazioni.

- Nell’ultimo incontrosono anche già stati individuati alcuni progetti
di lavoro concreto che, non appena definiti nei dettagli, renderemo
noti.

Da subito invitiamo chiunque sia interessato a collaborare e
partecipare a questa progettualità, a contattarci all’indirizzo :
posta@...

Torino 19 marzo 2005,

Enrico Vigna Presidente di“SOS Yugoslavia” e portavoce dei “Nuovi
Partigiani della Pace”.

 
Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali

Il Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali è un Associazione
indipendente di cittadini, non governativa, no profit, e non partitica.

E’ stato fondato il 22 maggio 2001, ma le sue attività sono cominciate
come associazione non governativa nell’autunno del 1999; le sue
attività si svolgono nel territorio dell’ex Federazione Jugoslava,
l’attuale Serbia e Montenegro.

Il Forum di Belgrado è impegnato per la causa della pace, della
libertà, della comprensione e solidarietà tra i popoli e stati, per il
conseguimento dei massimi livelli raggiunti a livelli europeo e
mondiale, degli standard democratici, riguardo ai diritti umani,
civili, politici, economici e culturali dei popoli.

Rifiutale divisioni, le esclusioni fondate su aspetti politici,
religiosi, nazionali, etniche e sociali.

Il Forum si batte per estendere la solidarietà e la collaborazione tra
tutti i popoli e paesi, attraverso tutti gli strumenti del progresso
universale.

A partire da questi presupposti generali fondanti, il lavoro del Forum
di Belgrado si caratterizza nello studiare e analizzare i vari aspetti
economico-sociali nella Serbia e Montenegro, nel costruire relazioni
internazionali nei Balcani, in Europa e nel mondo, e fa un lavoro di
informazione per l’opinione pubblica, mediante il propugnamento della
verità e dei fatti riguardanti questa regione.

A partire da queste basi il Forum costruisce collaborazioni con
organizzazioni e associazioni affini in Serbia Montenegro, nei paesi
vicini in Europa e nel mondo; partecipa e organizza assemblee e
convegni su basi regionali e internazionali.

E’ membro come NGO di ECOSOC – u e del Consiglio Mondiale della Pace
(WPC).

I membri del Forum di Belgrado sono in gran parte accademici,
scienziati, scrittori, artisti, diplomatici, giuristi, giornalisti e
altri intellettuali; con il loro lavoro e militanza intendono
contribuire e raggiungere gli scopi sopra indicati.

Il Presidente è Zivadin Jovanovic per molti anni diplomatico ed ex
Ministro degli Esteri della Federazione Jugoslava.

Tutte le attività del Forum sono svolte con lavoro completamente
volontario, senza alcun compenso economico; le attività vengono
sostenute con l’autofinanziamento dei membri, con contributi e
sottoscrizioni volontarie, e con la vendita di libri e materiali
pubblicati dal Forum.

Il Forum di Belgrado organizza convegni tematici, seminari e altre
forme di confronto e scambio di opinioni e analisi, su problemi
politici, economici e nazionali; producendo poi dei libri, mediante le
proprie edizioni.

Prende posizioni ufficiali e pubbliche sui grandi temi di attualità,
riguardanti problemi interni e internazionali, e partecipa a battaglie
per il trionfo della giustizia e della verità.

Il Forum di Belgrado ha organizzato finora quindici seminari e
convegni, dove sono stati affrontati i più importanti temi riguardanti
la Jugoslavia e la Serbia Montenegro.


Sono stati pubblicati finora dodici libri e altri tre sono in
preparazione.

Alcuni temi affrontati sono stati: “Jugoslavia e le politiche militari
euro-atlantiche per inglobarla” ; “ Terrorismo internazionale ” ; “
Documenti sulla costituzione della confederazione Serbia Montenegro” ;
“ Priorità dello Stato e  Problemi Nazionali” ; “ Profughi e rifugiati
dal Kosovo Metohija” ; “ Tribunale dell’Aja” ; e altri.

Di molti di questi convegni sono poi stati pubblicati gli atti,
mediante  libri.


L’indirizzo del Forum è : 27 Marta 95/1 Belgrado
Tel. E fax : 011/3220088

email : beoforum @...    oppure : office @...
011/ 3096972

Il Forum è anche presente sul sito web : www.artel.co.yu

[ Sulla giornata mondiale del 19 marzo ulteriori informazioni ai siti:
http://www.nowar19marzo.com
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/roma190305.htm
http://www.march19th.org/
http://troopsoutnow.org ]

Una manifestazione straordinaria apre una nuova fase del movimento
contro la guerra.
 
Comunicato del Comitato per il ritiro dei militari dall'Iraq
 
Una partecipazione vera, ampia, straordinaria e determinata fino in
fondo ha caratterizzato la manifestazione di Roma del 19 marzo
nell'ambito della giornata mondiale contro la guerra.
Decine di migliaia di persone (50.000, 70.000 o quanto volete) hanno
dato vita ad una manifestazione popolare su una piattaforma finalmente
adeguata alla posta in gioco: via subito le truppe dall'Iraq; sovranità
dell'Iraq e riconoscimento della legittimità della resistenza
all'occupazione; via le basi militari USA e NATO dal nostro paese,
hanno rappresentato il minimo comune denomitore di una coalizione di
forze che hanno posto al centro l'obiettivo di mantenere alta e più
qualificata la mobilitazione contro la guerra mettendo fine alla
ritualità delle manifestazioni per la pace e facendo saltare
clamorosamente e pubblicamente il tentativo di depotenziare il
movimento.messo in moto da mesi della "politica"
Una manifestazione motivata e determinata che ha saputo fare fronte con
maturità ed efficacia alla chiusura degli spazi di agibilità imposti
dal governo Berlusconi e dai responsabili dell'ordine pubblico.
Una manifestazione che non è arretrata di un millimetro di fronte
all'impressionante schieramento poliziesco e che con creatività ha
saputo praticare l'obiettivo di arrivare fino a Palazzo Chigi, la sede
di un governo che resta il principale responsabile della partecipazione
dell'Italia alla guerra e all'occupazione dell'Iraq.
Da oggi è chiaro a tutti che non è stata violata una "zona rossa" ma è
stato penetrato ed imposto un territorio politico: quello in cui di
fronte alle ambiguità e all'inettitudine dell'opposizione parlamentare
del centro-sinistra, è l'autonomia del movimento che entra in campo
contro il governo Berlusconi e i troppi silenzi della Presidenza della
Repubblica, ponendo con forza gli obiettivi condivisi dalla maggioranza
sociale di questo paese e della coalizione di forze che ha fortemente
voluto la manifestazione di sabato 19 marzo.
La scelta di alcune di forze di concentrarsi e di andare a Bruxelles
piuttosto che contribuire alla manifestazione di Roma, è qualcosa di
più un errore politico, è la sanzione che l'autonomia del movimento
contro la guerra ha fatto adesso un passo in avanti irreversibile. La
riuscita della manifestazione anche in assenza degli apparati
organizzativi e del consenso dei grandi partiti, dei maggiori sindacati
ed associazioni, indica che un nuovo percorso politico e con contenuti
più avanzati è avviato.
Il ritiro immediato delle truppe dall'Iraq, lo smantellamento delle
basi militari USA e NATO, il riconoscimento della resistenza irachena
come fattore legittimo e compagno di strada dei movimenti che in tutto
il mondo stanno lottando per mettere fine alla guerra, sono adesso un
elemento di consapevolezza e chiarezza comuni dentro il movimento. Si
tratta adesso di incalzare un governo in difficoltà perchè ritenuto
responsabile di una crisi politica, sociale e morale che la sua
complicità nella guerra di Bush ha fatto implodere ed esplodere. Con la
manifestazione del 19 marzo una nuova fase del movimento contro la
guerra si è aperta.
Grazie a tutti e a tutte coloro che vi hanno creduto e partecipato fino
in fondo
 
Roma 19 marzo
 
Comitato per il ritiro dei militari dall'Iraq
viadalliraqora@...

https://www.cnj.it/INIZIATIVE/milano010405.htm
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Milano, Venerdi 1 aprile
ore 21.00

Al Centro Popolare la FUCINA
Via Falck 44, Sesto S.Giovanni
(MM1 Sesto Rondò o FS, di fronte al Cinema Dante.
Mail: ass.lafucina @ libero.it)

FOIBE, UN FALSO STORICO

Dibattito con:
CLAUDIA CERNIGOI, autrice di “Operazione Foibe. Tra storia e mito”
e
ALESSANDRA KERSEVAN, editrice

Lo scorso 10 febbraio si e’ celebrata la “giornata del ricordo”,
contraltare del centrodestra alla “giornata della memoria” istituita a
ricordo degli stermini del nazismo.
La RAI ha prodotto una fiction ad hoc sulle foibe, applaudita dalla
destra e dalla sinistra istituzionale, mentre i settori piu’
lungimiranti della destra hanno approfittato dell’assenza di ogni
critica a questa operazione di palese revisione della storia per
proseguire l’opera di denigrazione della Resistenza (di ieri, per
criminalizzare quella di oggi), che prosegue con la concessione delle
pensioni di guerra ai repubblichini di Salo’, con gli scarsi fondi
messi a disposizione per la celebrazione del 60 della Resistenza
antifascista, con la programmazione di una nuova fiction tratta dal
libello anticomunista “Il sangue dei vinti” di Giampaolo Pansa, ecc.
Il tutto, mentre le truppe italiche di nuovo calcano terre straniere in
veste di colonizzatori, mentre quasi quotidianamente centri sociali o
sedi politiche vengono dati alle fiamme e distrutti, mentre si
restringono gli spazi di agibilita’ politica per chi non si piega al
pensiero unico.

Il popolo jugoslavo ha avuto, a causa del fascismo e del nazismo, oltre
300.000 morti, decine di migliaia di internati nei campi di
concentramento italiani e tedeschi, terre confiscate ed interi villaggi
distrutti. Chi sono gli “infoibati”? In larga misura coloro che,
direttamente o indirettamente, si sono resi responsabili di queste
atrocità. Questo per noi significa collocare l’esistenza delle “Foibe”
(per quello che veramente sono state nelle forme e nei numeri) come
giusta e inevitabile risposta popolare a fascisti, squadristi,
repubblichini, collaborazionisti, delatori e spie. L’unica giustizia
possibile.
Infatti i 1.300 italiani, criminali di guerra, responsabili dei crimini
in Africa prima ed in Jugoslavia poi, richiesti dai paesi coinvolti,
non sono mai stati consegnati, ma sono rimasti impuniti e spesso hanno
assunto posti di comando nel periodo successivo alla guerra.

Per questo e’ oggi importantissimo organizzare momenti di informazione
su questi temi, poiche’ crediamo che simili iniziative contribuiscano
alla conoscenza, attraverso i fatti, di come realmente si sono svolti
gli avvenimenti, a contrastare la cosiddetta opera di “pacificazione”,
che vorrebbe porre sullo stesso piano antifascisti e fascisti,
liberatori ed oppressori, torturati e torturatori.


Claudia Cernigoi è nata a Trieste nel 1959. Giornalista pubblicista dal
1981, ha collaborato alle prime radio libere triestine e oggi dirige il
periodico “la Nuova Alabarda” (il sito è www.nuovaalabarda.tk). Ha
iniziato ad occuparsi di storia della seconda guerra mondiale nel 1996,
e nel 1997 ha pubblicato per la Kappa Vu il suo primo studio sulle
foibe, Operazione foibe a Trieste. In seguito ha curato una serie di
dossier (pubblicati come supplemento alla “Nuova Alabarda”) su
argomenti storici riguardanti la seconda guerra mondiale e sulla
strategia della tensione. Nel 2002, assieme al veneziano Mario
Coglitore, ha pubblicato La memoria tradita, sull’evoluzione del
fascismo nel dopoguerra (ed. Zeroincondotta di Milano).


Operazione Foibe
Tra storia e mito

di Claudia Cernigoi

Kappa Vu Edizioni
Udine 2005
Pagine 308 - 16.00 Euro

Sul libro e sull'autrice vedi anche le schede alla pagina:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4223

Info: Mauro Daltin – Ufficio Stampa Kappa Vu Edizioni
Tel: 0432530540 -- info @ kappavu.it
www.resistenzastorica.it
www.kappavu.it

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https://www.cnj.it/INIZIATIVE/milano010405.htm

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24 MARZO -- VI ANNIVERSARIO DELLA AGGRESSIONE
DELLA N.A.T.O. CONTRO LA R.F. DI JUGOSLAVIA

https://www.cnj.it/24MARZO99/index.htm

Sul nostro sito internet stiamo raccogliendo la documentazione
essenziale sui crimini commessi, sulle denunce insabbiate, sulla
degenerazione del dibattito politico e culturale anche a sinistra in
occasione della prima "guerra umanitaria" scatenata nel cuore
dell'Europa dopo la II Guerra Mondiale. Contro quelli che
preferirebbero dimenticare. CNJ

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http://www.resistenze.org/sito/as/sosyu/assy5c18.htm
www.resistenze.org - associazione e dintorni - s.o.s. yugoslavia -
18-03-05

24 Marzo 1999 – 24 Marzo 2005 - Noi non dimentichiamo!

A sei anni dalla vile e vergognosa aggressione alla Repubblica Federale
Jugoslava, oggi la verità e le loro menzogne di guerra sono sotto gli
occhi di tutti. Hanno bombardato, distrutto, devastato, avvelenato e
annichilito un paese e un popolo, solo per i loro interessi economici,
politici e militari. I risultati sono scolpiti nella tremenda realtà
del popolo serbo e jugoslavo.

Riportiamo come atto di denuncia e memoria storica questi articoli di
due eminenti personalità indipendenti:
W. Rockler (giudice al processo di Norimberga) e H. Pinter ( scrittore
e professore universitario ).

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L’ILLEGALE BOMBARDAMENTO DELLA YUGOSLAVIA

di Walter Rockler (Pubblico Ministero americano al Processo di
Norimberga)


Argomento del video indirizzato alla Conferenza “Kosovo – Giorno della
Verità – nuovo e pericoloso per l’Europa” tenutasi presso la Friends
House (Camera degli Amici), Londra, organizzato da Justice Yugoslavia
(Campagna per la Giustizia dei Popoli della Yugoslavia - CJPY) e
Cristiani Contro l’Aggressione della NATO (CANA), 24 febbraio 2001.

Le mie osservazioni saranno dirette uno alla legalità del bombardamento
NATO della Yugoslavia come metodo di imposizione/accettazione della
NATO verso il Governo yugoslavo, in merito all’occupazione del Kosovo;
due agli ipocriti pretesti usati per giustificare il bombardamento e
l’occupazione; e tre ad alcuni “risultati” del bombardamento e
dell’occupazione.

Dopo il successo del potere Occidentale o NATO, nella divisione della
Bosnia in tre enclavi etniche, ciascuna incessantemente ostile alle
altre due, questo potere ha deciso di arrogarsi un ulteriore dovere di
regolare gli affari Serbi. In Kosovo, lo storico cuore della provincia
Serba, la minoranza Serba è stata continuamente perseguitata dalla
maggioranza Albanese immigrata dopo la Seconda Guerra mondiale.

I Serbi, governavano l’amministrazione, le politiche e la sicurezza
della Provincia. L’UCK Albanese, una volta, indicata come
organizzazione terroristica dagli Stati Uniti, divenne la carta
impiegata per le imboscate alla polizia Serba e agli amministratori; ed
i Serbi certamente venivano perseguitati, in quanto ciò equivaleva
oggettivamente ad una guerra civile di bassa intensità.

I dirigenti della NATO convocarono un meeting a Rambouillet con i
dirigenti jugoslavi in cui la NATO ha consegnato un ultimatum
non-negoziabile: il Kosovo doveva essere sottomesso alle regole NATO,
con lo scopo finale dell’indipendenza della provincia Albanese.
L’ultimatum fu sostenuto dalla minaccia di fare a pezzi la Yugoslavia
sottomettendola. Il Governo jugoslavo ha rifiutato la proposta della
NATO, con il risultato che la NATO usando la forza per “ragioni
umanitarie”, ha messo in atto la minaccia del bombardamento. Ciò ha
provocato un incessante bombardamento di notte e di giorno con una
media valutata di 14.000 missioni durante quasi tre mesi. Usando le
bombe intelligenti, le bombe silenziose, le bombe a grappolo e quelle
all’uranio impoverito, i bombardamenti al servizio dell’umanitarismo
hanno ucciso più di mille uomini, donne e bambini; hanno colpito le
fabbriche, gli acquedotti, gli elettrodotti, le emittenti TV e
radiofoniche, ponti, treni e civili abitazioni, senza parlare
dell'Ambasciata cinese. Durante il periodo del bombardamento, centinaia
di migliaia di albanesi hanno lasciato il Kosovo, molto probabilmente
forzati dalle truppe serbe.

La domanda diventa, data la presunta purezza dei motivi della NATO che
hanno l'obiettivo di assicurare la verità, la libertà ed il senso
democratico, era questo un bombardamento argomento censurabile secondo
il diritto internazionale? La risposta breve è che il bombardamento è
stato un atto di flagrante disprezzo del diritto internazionale, e,
secondo quella legge, un atto criminale.

Come fonte primaria del diritto internazionale, il giudizio del
Tribunale di Norimberga, nel 1945-1946, in merito al caso dei
principali criminali di guerra nazisti, è evidente e chiaro. I capi
americani e britannici spesso invocano in modo retorico ed elogiano
quel giudizio, ma ovviamente non lo hanno letto. La corte
internazionale ha dichiarato: "Iniziare una guerra di aggressione,
quindi, non è soltanto un crimine internazionale, è uncrimine
internazionale supremo chedifferisce da altri crimini di guerra
solamente in quanto contieneall’interno di sé, la malvagità accumulata
nel suo complesso ".

A Norimberga, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno esercitato
pressioni riguardo il processo dei capi nazisti per la pianificazione e
l'inizio della guerra aggressiva come estremo crimine. Il membro della
Suprema Corte di Giustizia Robert Jackson, capo del personale americano
al processo, ha asserito "che lanciare una guerra di aggressione è un
crimine e che nessuna situazione economica o politica può
giustificarlo".

La Carta della Nazioni Unite considera l’aggressione allo stesso modo.
Gli articoli 2,4 e 7 proibiscono le minacce di forza o l'uso di forza
da parte di uno Stato contro un altro e gli interventi nella
giurisdizione interna di qualsiasi Paese. L'assemblea generale delle
Nazioni Unite nella Risoluzione 2131, una “Dichiarazione
sull’Inammissibilità dell’Intervento", ha rafforzato il punto di vista
che un intervento militare, in qualsiasi Paese sia compiuto, è
un’aggressione e un crimine senza giustificazione.

Oggi c’è semplicemente una perversione dell'Organizzazione del Trattato
Nord Atlantico (North Atlantic Treaty Organization), originariamente
formata come alleanza difensiva sotto l’osservazione della Carta delle
Nazioni Unite. Il Trattato all’inizio ha impegnato i relativi firmatari
ad astenersi dalla minaccia o dall'uso di forza in qualsiasi maniera
incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite ed ha riconosciuto
esplicitamente la responsabilità primaria del Consiglio di Sicurezza
(delle Nazioni Unite) in merito al mantenimento della pace e della
sicurezza internazionali. Ovviamente, nell'escludere l'approvazione
delle Nazioni Unite e nell’ evitare il rischio di veto russo o cinese
per il bombardamento, la NATO ha ignorato e violato questo obbligo di
base.

A partire da un altro punto di vista di diritto internazionale, il
bombardamento condotto dalla NATO ha costituito un crimine di guerra.
Contrariamente alla convinzione dei nostri pianificatori di guerra, il
bombardamento aereo senza restrizione riguardante i siti civili è
escluso dal diritto internazionale. Il bombardamento delle
infrastrutture di un Paese – acquedotti, impianti elettrici, ponti e
fabbriche - non è un attacco relativo agli obiettivi militari
legittimi. Il nostro bombardamento inoltre ha provocato eccessivi
incidenti mortali e danni ai civili, che violano ancora un altro
standard.

Quando il bombardamento della NATO è iniziato non c’erano state
atrocità diffuse e massacri in Kosovo e l’esodo su grande scala degli
Albanesi non era in corso. Ciò non era in alcun caso la preoccupazione
del dettame NATO di Rambouillet, che ha rispecchiato alcune
considerazioni curiose. Così la NATO ha richiesto che la Yugoslavia
migliorasse la relativa economia seguendo le linee del mercato libero.
La NATO ha inoltre richiesto il diritto di spostare le truppe NATO
attraverso tutta la Yugoslavia, ma con la clausola che tali truppe non
fossero soggette alla legge e alla giurisdizione jugoslava. In realtà,
la Yugoslavia doveva trasformarsi in una sorta di Shanghai, colonia
straniera dell’inizio del ventesimo secolo.

Fingendo che un motivo del bombardamento fosse la relativa necessità,
gli apologeti della NATO hanno indicato l’esodo degli Albanesi dal
Kosovo come un crimine internazionale, per quanto l'ipocrisia coinvolta
in questo pretesto per l’assassinio dai cieli sia stata vergognosa,
così tale ipocrisia non è una casualità. Quando i Croati, sostenuti
attraverso la protezione e l'incoraggiamento della NATO, hanno cacciato
i Serbi dalla zona della Krajinapochi anni fa, con 200.000 - 300.000
Serbi espulsi con forzadalle loro case, questo comportamento non ha
evocato la critica da parte dei filantropi della NATO. Attualmente con
il Kosovo sotto l'occupazionebenevola della NATO, circa 100.000 o più
Serbi del Kosovo sonostati costretti a scappare in altre zone della
Yugoslavia sotto la minacciaomicida dell’UCK. Chi condanna o impedisce
questo esodo? E’ stato stimato che durante il periodo intero delle
operazioni della NATO,700.000 rifugiati Serbi sono stati costretti a
scappare in Yugoslavia. Ciò ha prodotto un assordante silenzio sia da
parte del New York Times che del London Times suggerito dalle
indicazioni del Dipartimento di Stato USA e dal Foreign Office
britannico. Decine di migliaia di ROM o zingari inoltre sono stati
cacciati fuori dal Kosovo.

...Ma dopo tutto, suppongo che ci sia un limite all’umanitarismo.

Attualmente l’UCK ha iniziato gli attacchi e le uccisioni nelle regioni
della Yugoslavia oltre i confini della provincia del Kosovo. La NATO,
che ha il compito, come occupante del Kosovo di esercitare la legge e
l'ordine, di mantenere i diritti civili della cittadinanza e di
mantenere un minimo di pace, sembra essere debole. In tal caso, la NATO
che cosa fa in Kosovo?

Quando ero un giovane accusatore dei nazisti a Norimberga, lessi le
analisi del membro della Corte di Giustizia Robert Jackson che
dichiarava: "Se determinati atti in violazione di trattati sono
crimini, sono crimini sia se li fa gli Stati Uniti, sia se li fa la
Germania, e non siamo autorizzati a stabilire una regola di
comportamento criminale contro altri, se non siamo disposti ad
accettarla verso di noi".

Oggi, non posso che essere persuaso che la distruzione e le uccisioni
di civili in Yugoslavia, espressione del forte contro il debole, siano
state qualche cosa di meno che l'uccisione al servizio dell’arroganza;
e respingo i miseri pretesti per questo comportamento criminale. W.
Rockler

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24 Marzo 1999

Anniversario del bombardamento Nato della Repubblica Federale Jugoslava

Harold Pinter ( scrittore, drammaturgo, professore universitario
inglese)


Gradirei leggervi un estratto del libro, potente e importante, di Eve
Ann Prentice, la Guerra di una Donna, sull’azione della Nato in Serbia.

“La piccola vecchia signora sembrava che avesse tre occhi. Ad
un’analisi più attenta, era l’effetto della granata che si era
esercitata sulla sua fronte e l’aveva uccisa. Una delle sue scarpe era
stata strappata via ed i ravanelli che lei aveva appena comperato al
mercato, giacevano come schizzi di sangue vicino alla sua mano distesa.

Subito i morti sembravano pressoché camuffati tra macerie, pezzi li
legno e vetri infranti ma una volta che cominciavi ad osservare, i
corpi erano dappertutto, alcuni coperti con tovaglie o lenzuola, altri
che giacevano semplicemente esposti la dove erano caduti. Non c’era un
pollice quadrato di muro, albero, macchina o essere umano che non fosse
stato torturato dalla granata. Case che ore prima erano state graziose,
con i loro recinti di legno e le finestre incorniciate dai fiori
sbocciati, adesso erano crivellate dai colpi dell’artiglieria. Vedove
in nero, appoggiate al cancello del loro orto, singhiozzando nel
fazzoletto, osservavano i loro vicini morti, stesi tra vetro rotto,
alberi divelti, auto bruciate, biciclette contorte.

Proprio vicino ai cadaveri erano sparpagliate borse di plastica, con
sparsi attorno pacchetti, uova, frutta, freschi di mercato ma che ormai
non sarebbero più stati mangiati.

Era Venerdì 7 Maggio 1999 nella città meridionale di Nis; e la Nato
aveva commesso un errore. Invece di colpire un edificio militare vicino
all’aeroporto, a circa tre miglia, i bombardieri avevano lasciato
cadere il loro carico letale in un groviglio di viuzze vicino al centro
cittadino. Almeno trentatre persone vennero uccise e un’altra ventina
subì ferite tremende; brandelli di mani, piedi, braccia completamente
volati via, addomi e toraci sventrati da frammenti di metallo volanti.

Questo non era stato un bombardamento “ordinario”, se può esistere una
cosa del genere. L’area era stata colpita da bombe a grappolo, congegni
progettati per causare, alla loro esplosione, una dispersione mortale
di frammenti di metallo roventi. Il governo jugoslavo aveva accusato
l’Alleanza di aver usato queste armi in altri attacchi che avevano
abbattuto civili ma l’indicazione ad Ovest era stata irrisa con sdegno”.

Il bombardamento di Nis non era nessun ‘errore’. Il generale Wesley K
Clark, all’inizio dei bombardamenti Nato, dichiarò: “noi stiamo
portando sistematicamente e progressivamente attacchi, distruzione,
degrado, devastazione e alla fine- a meno che il Presidente Milosevic
acconsenta alle richieste della comunità internazionale- distruggeremo
queste forze e le loro installazioni e i loro appoggi”. Le ‘forze’ di
Milosevic, come noi sappiamo, includevano stazioni della televisione,
scuole, ospedali, teatri, case di anziani- e la piazza del mercato di
Nis. Era in effetti una rappresentazione fondamentale della politica
della Nato per terrorizzare la popolazione civile.

Io vi chiederei di comparare quelle immagini della piazza del mercato
di Nis con le fotografie di Tony Blair con suo figlio appena nato che
era contemporaneamente su tutte le prime pagine. Che bel papà e che bel
bambino. La maggior parte dei lettori non avrebbe messo in relazione il
padre orgoglioso con l’uomo che aveva lanciato bombe a grappolo e
missili all’uranio impoverito sulla Serbia. Come noi sappiamo, dagli
effetti dell’uranio impoverito usato in Iraq, nel prossimo futuro in
Serbia nasceranno bambini che non sembreranno così carini come il
piccolo Leone. Ma loro non avranno i loro ritratti nei giornali.

Gli Stati Uniti furono determinati ad intraprendere la guerra contro la
Serbia per una e una sola ragione: affermare il proprio dominio
sull’Europa. E sembra molto chiaro che non si fermeranno là. Nel
mostrare il loro disprezzo per le Nazioni Unite e la Legge
Internazionale, gli Stati Uniti hanno aperto la via a più oltraggi alla
morale, più “interventi umanitari”, più dimostrazioni della loro
indifferenza al destino di migliaia e migliaia di persone, più bugie,
più stupidaggini, più sadismo casuale, più distruzione.

Ed il governo della Gran Bretagna segue la causa con un’ansia che può
meritare solamente il nostro disgusto. Noi siamo di fronte ad una
macchina brutale, spietata e malvagia. Questa macchina deve essere
riconosciuta per quello che è, e affrontata.

Questo intervento è stato tenuto alla Conferenza dei Balcani del
Comitato per la Pace,
nella Sala Conway, il 10 Giugno 2000 –

Da harolpinter.org
A cura di : Associazione SOS Yugoslavia


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24 MARZO -- VI ANNIVERSARIO DELLA AGGRESSIONE
DELLA N.A.T.O. CONTRO LA R.F. DI JUGOSLAVIA

https://www.cnj.it/24MARZO99/index.htm

Sul nostro sito internet stiamo raccogliendo la documentazione
essenziale sui crimini commessi, sulle denunce insabbiate, sulla
degenerazione del dibattito politico e culturale anche a sinistra in
occasione della prima "guerra umanitaria" scatenata nel cuore
dell'Europa dopo la II Guerra Mondiale. Contro quelli che
preferirebbero dimenticare. CNJ

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