Informazione

Da: ICDSM Italia <icdsm-italia @ libero.it>
Data: Lun 31 Gen 2005 19:56:05 Europe/Rome
A: icdsm-italia @ yahoogroups.com
Cc: aa-info @ yahoogroups.com
Oggetto: [icdsm-italia] L'Aia 26/2, Conferenza: IL PROCEDIMENTO CONTRO
SLOBODAN MILOSEVIC: QUESTIONI DI DIRITTO INTERNAZIONALE


(deutsch / english / italiano)


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COMITATO INTERNAZIONALE PER LA DIFESA DI SLOBODAN MILOSEVIC
ICDSM Sofia-New York-Moscow www.icdsm.org
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(il volantino in lingua inglese si puo' scaricare alla pagina:
http://www.icdsm.org/Conference.doc oppure:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/files/haag260205.doc )

Primo Annuncio

Conferenza Internazionale

IL PROCEDIMENTO DELL'AIA CONTRO SLOBODAN MILOSEVIC: QUESTIONI DI
DIRITTO INTERNAZIONALE

L'Aia, 26 febbraio 2005

L'idea di un diritto internazionale - in particolare di una legge
penale internazionale - è certo seducente per i giuristi come pure per
i non esperti, tanto è vero che nel corso di intere generazioni si è
cercato di stabilire una giurisdizione penale permanente allo scopo di
perseguire crimini di guerra sulla scia dei processi di Norimberga e di
Tokyo. Tuttavia, al di là della persecuzione dei crimini commessi nel
corso della guerra, il precedente di Norimberga chiaramente attesta che
il crimine internazionale per eccellenza è la istigazione di una guerra
di aggressione. Infatti, il Tribunale di Norimberga decretò che:

"La guerra è essenzialmente un male. Le sue conseguenze non si limitano
agli Stati belligeranti, ma riguardano il mondo intero. Perciò, dare
inizio ad una guerra di aggressione non è semplicemente un crimine
internazionale; esso è il crimine internazionale supremo, diverso da
altri crimini di guerra esclusivamente nel fatto che al suo interno
contiene il male tutto intero."

L'ICTY (Tribunale ad hoc per i crimini commessi sul territorio della
ex-Jugoslavia, con sede all'Aia), che è una istituzione creata dal
Consiglio di Sicurezza dell'ONU, non ha la giurisdizione per perseguire
il "crimine internazionale per eccellenza". Secondo alcuni, anzi, esso
di fatto legittima l'aggressione, come può essere esemplificato dal
fatto che l'accusa contro Slobodan Milosevic è stata lanciata nel
momento culminante del bombardamento della NATO sul suolo della
Jugoslavia, che infrangeva la legge internazionale. Mentre, nel corso
del procedimento, con la fase della "autodifesa" si continua a scavare
nelle vicende relative alla distruzione della Jugoslavia da parte degli
interessi occidentali, svariate questioni legali emergono, che verranno
discusse nel corso della Conferenza:

- Il diritto a rappresentare se stessi alla luce del diritto
internazionale e comparativo;
- "Impresa criminale congiunta", un concetto su misura per condanne ed
assoluzioni di comodo
- Quale è una "testimonianza di rilievo" in un processo politico?
- Procedimenti per crimini di guerra dal parte del Consiglio di
Sicurezza: giustificare la aggressione, cancellare la sovranità
nazionale
- Autodecisione ed autodifesa della Jugoslavia in base al diritto
internazionale
- "Par condicio": che cosa ne resta dopo L'Aia?
- Il conflitto armato secondo il diritto internazionale e nel caso
Milosevic
- Effetti della copertura mediatica e del lobbying sul diritto ad un
processo equo
- L'uso improprio delle accuse di genocidio, la banalizzazione del
precedente di Norimberga e dell'Olocausto
- Negare il diritto a difendersi, calpestare il fondamento della legge
- Il diritto ad un processo equo nella legge internazionale e
comparativa: è stato rispettato nel caso Milosevic?
- Si può processare il Tribunale ad hoc dell'Aia? E chi lo farà?

Dopo la presentazione degli interventi ad invito, la Conferenza
terminerà con una tavola rotonda. La lista dei relatori include:


Ramsey Clark, ex procuratore generale degli USA

prof. Velko Valkanov, presidente del Comitato Bulgaro per i Diritti
Umani

prof. Aldo Bernardini, docente di diritto internazionale all'Università
di Teramo

dott. Branko Rakic, esperto di diritto internazionale, Università di
belgrado, assistente legale di Slobodan Milosevic

Thipaine Dickson, avvocatessa canadese esperta di diritto penale
internazionale, portavoce legale dell'ICDSM

Christopher Black, avvocato canadese esperto di diritto penale
internazionale, Presidente del comitato giuridico dell'ICDSM

dott. John Laughland, autore del libro "Il Tribunale penale
internazionale, guardiano del Nuovo Ordine Mondiale" (Regno Unito)

dott. Alexandar Mezhyaev, esperto di diritto internazionale, Kazan
(Russia)


La Conferenza avrà luogo presso l'Hotel Golden Tulip Bel Air,
indirizzo: Johan de Wittlaan 30 (vicino alla sede dell'ICTY), dalle ore
13:30 alle ore 19:00.
L'ingresso costa 10 euro

La Conferenza è organizzata dal Comitato Internazionale per la Difesa
di Slobodan Milosevic (ICDSM) e dalla Vereinigung für Internationale
Solidarität (VIS) e.V. (Associazione per la Solidarietà Internazionale,
Germania). Per contatti:
Vladimir Krsljanin, Secretary of the ICDSM,
e-mail: slobodavk @ yubc.net , tel.: +381 63 8862 301


NOTE (a cura di ICDSM-Italia):

1) per raggiungere L'Aia dall'Italia si può usufruire delle offerte
delle compagnie aeree a basso costo (es. Virgin, RyanAir): è però
necessario prenotare IMMEDIATAMENTE i biglietti, via internet, per
avere prezzi davvero convenienti.

2) Per l'organizzazione di questa conferenza lo sforzo economico è ai
limiti delle possibilita' dell'ICDSM, che è stato perciò costretto a
prevedere un biglietto d'ingresso. Tutti i
nostri sostenitori sono calorosamente invitati a contribuire
generosamente e con urgenza! Per i versamenti dall'Italia:

Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC


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ENGLISH
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INTERNATIONAL COMMITTEE TO DEFEND SLOBODAN MILOSEVIC
ICDSM Sofia-New York-Moscow www.icdsm.org
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(to download the leaflet:
http://www.icdsm.org/Conference.doc or:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/files/haag260205.doc )


First Announcement

I n t e r n a t i o n a l
C o n f e r e n c e

The Hague Proceedings against Slobodan Milosevic:
Emerging Issues in International Law

The Hague, 26 February 2005


The idea of international law – in particular international criminal
law – is undeniably appealing to jurists and non-lawyers alike, as
generations have sought to establish a permanent criminal jurisdiction
to prosecute war crimes in the wake of the Nuremberg and Tokyo trials.
Beyond the prosecution of the crimes that are committed in war,
however, the Nuremberg precedent clearly articulates that the supreme
international crime is the instigation of a war of aggression. Indeed,
the Nuremberg Tribunal held that:

"War is essentially an evil thing. Its consequences are not confined to
the belligerent states alone, but affect the whole world. To initiate a
war of aggression, therefore, is not only an international crime; it is
the supreme international crime differing only from other war crimes in
that it contains within itself the accumulated evil of the whole."

The ICTY, a Security Council institution, does not have the
jurisdiction to prosecute the "supreme international crime". Some argue
that it in fact legitimizes aggression, which can be exemplified by the
serving of an indictment against President Slobodan Milosevic at the
height of the 1999 NATO bombing of Yugoslavia, contrary to
international law. As the defence phase of the proceedings continue to
delve into the destruction of Yugoslavia by Western interests, legal
questions emerge which will be discussed in this conference:

- The right to self-representation in international and comparative law;
- Joint criminal enterprise, tailor-made to convict and a tool of
de-nazification
- What is "relevant" testimony in a political prosecution?
- War crimes prosecutions by the Security Council: justifying
aggression, eliminating national sovereignty
- Self-determination and self-defense of Yugoslavia under international
law
- "Equality of arms": what is left after The Hague?
- Armed conflict under international law and in the Milosevic case
- Effect of media coverage and lobbying on the right to a fair trial
- Misuse of genocide charges and trivialization of Nuremberg precedent
and Holocaust
- Denying the right to defend oneself – stepping on the fundamentals of
law
- The right to a fair trial in international and comparative law: has
it been respected in the Milosevic case?
- How can the Hague be judged, and who will judge it?


After the presentation of the invited contributions, the conference
will end with a panel discussion.
The list of speakers includes:


Ramsey Clark, former US Attorney General (USA) – keynote address

Professor Velko Valkanov, Chairman of the Bulgarian Human Rights
Committee (Bulgaria) – keynote address

Professor Aldo Bernardini, international law, Teramo University (Italy)

Dr Branko Rakic, international law, Belgrade University, legal
associate to President Milosevic (Serbia)

Tiphaine Dickson, international criminal lawyer, legal spokesperson of
the ICDSM (Quebec)

Christopher Black, international criminal lawyer, Chair, Legal
Committee of the ICDSM (Canada)

Dr John Laughland, author of the book: “The International Criminal
Tribunal: Guardian of the New World Order” (UK)

Dr Alexandar Mezhyaev, international law, Kazan (Russia)

The Conference will take place in the Golden Tulip Bel Air hotel, Johan
de Wittlaan 30 (close to the ICTY) from 1:30-7:00 pm. Conference
admission is 10 EUR.

Organized by the International Committee to Defend Slobodan Milosevic
(ICDSM) and Vereinigung für Internationale Solidarität e.V.
(Association for the International Solidarity)
Contact person:
Vladimir Krsljanin, Secretary of the ICDSM,
e-mail: slobodavk @ yubc.net , tel.: +381 63 8862 301


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URGENT FUNDRAISING APPEAL
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After the Hague Tribunal declared war against human rights and
International Law by banning President Milosevic's right to
self-defense, our activities for his liberation and for the restoration
of his freedom and for the national sovereignty of the Serbian people
need to be reorganized and intensified.
We need professional, legal work now more than ever. Thus, the creation
of conditions for that work is the imperative at this moment.

The petition of 100 lawyers and law professors from 18 countries, and
other related activities of the ICDSM Legal Committee, produced a
public effect incomparable to any other previous action by the ICDSM.
President Milosevic has the truth and law on his side. In order to use
that advantage to achieve his freedom, we must fight this totally
discredited tribunal and its patrons through professionally conducted
actions which would involve the Bar Associations, the European Court,
the UN organs in charge and the media.
Our practice has shown that ad hoc voluntary work is not enough to deal
properly with these tasks. The funds secured in Serbia are still enough
only to cover the expenses of the stay and work of President
Milosevic's legal associates at The Hague (one at the time). The funds
secured by the German section of the ICDSM (still the only one with
regular contributions) are enough only to cover minimal additional work
at The Hague connected with contacts and preparations of foreign
witnesses. Everything else is lacking.
3000-5000 EUR per month is our imminent need.

Our history and our people oblige us to go on with this necessary
action.
But without these funds it will not be possible.
Please organize urgently the fundraising activity
and send the donations to the following ICDSM accounts:

Peter Betscher
Stadt- und Kreissparkasse Darmstadt, Germany
IBAN: DE 21 5085 0150 0102 1441 63
SWIFT-BIC: HELADEF1DAS

or

Vereinigung für Internationale Solidarität (VIS)
4000 Basel, Switzerland
PC 40-493646-5

All of your donations will be used for legal and other necessary
accompanying activities, on instruction or with the consent of
President Milosevic. To obtain additional information on the use of
your donations or to obtain additional advice on the most efficient way
to submit your donations or to make bank transfers, please do not
hesitate to contact us:

Peter Betscher (ICDSM Treasurer)
E-mail: peter_betscher @ freenet.de
Phone: +49 172 7566 014

Vladimir Krsljanin (ICDSM Secretary)
E-mail: slobodavk @ yubc.net
Phone: +381 63 8862 301

The ICDSM and Sloboda need to address governments, international human
rights and legal organizations, and to launch legal proceedings. The
ICDSM plans a legal conference at The Hague. Sloboda has just sent to
the
patriotic factions in the Serbian Parliament an initiative to adopt a
parliamentary Resolution against the human rights violations by the
Hague Tribunal and to form an international team of experts to make an
extensive report on these violations which would be submitted to the UN.

For truth and human rights against aggression!
Freedom for Slobodan Milosevic!
Freedom and equality for people!

On behalf of Sloboda and ICDSM,

Vladimir Krsljanin,
Foreign Relations Assistant to President Milosevic

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To join or help this struggle, visit:
http://www.sloboda.org.yu/ (Sloboda/Freedom association)
http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend Slobodan
Milosevic)
http://www.free-slobo.de/ (German section of ICDSM)
http://www.icdsm-us.org/ (US section of ICDSM)
http://www.icdsmireland.org/ (ICDSM Ireland)
http://www.pasti.org/milodif.htm (ICDSM Italy)
http://www.wpc-in.org/ (world peace council)
http://www.geocities.com/b_antinato/ (Balkan antiNATO center)


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DEUTSCH
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Flugblätter auf Englisch, hier:
http://www.icdsm.org/Conference.doc oder hier:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/files/haag260205.doc


Internationale Konferenz in Den Haag/NL, am Samstag, 26.02.2005

Der Haager Prozess gegen Slobodan Milosˇevic´
auf dem Prüfstand des internationalen Rechts

Die Idee eines Internationalen Rechts – insbesondere einer
internationalen Strafgerichtsbarkeit – übt eine unleugbare
Anziehungskraft auf Juristen wie auch Nichtjuristen aus. Generationen
haben im Anschluss an die Prozesse von Nürnberg und Tokio versucht,
eine permanente Strafgerichtsbarkeit zu schaffen, um Kriegsverbrechen
anzuklagen. Über die Anklage der Straftaten, die in einem Krieg
begangen werden, artikuliert der Nürnberger Präzedenzfall klar, dass
die schwerste internationale Straftat das Anstacheln zu einem
Angriffskrieg ist. Die Aussage des Nürnberger Tribunals:

„Der Krieg ist seinem Wesen nach ein Übel. Seine Auswirkungen sind
nicht allein auf die kriegführenden Staaten beschränkt, sondern treffen
die ganze Welt. Die Entfesselung eines Angriffskrieges ist daher nicht
bloß ein internationales Verbrechen; es ist das schwerste
internationale Verbrechen, das sich von anderen Kriegsverbrechen nur
dadurch unterscheidet, dass es in sich alle Schrecken der anderen
Verbrechen einschließt und anhäuft.“

Eine Anklage dieses “schwersten internationalen Verbrechens“ liegt
nicht im Zuständigkeitsbereich des vom Sicherheitsrat geschaffenen
ICTY. Manche argumentieren, daß es tatsächlich die Aggression
legitimiert, wofür die Tatsache als Beispiel dient, dass das ICTY 1999
auf dem Höhepunkt des NATO-Bombardements Jugoslawiens entgegen
internationalem Recht eine Anklage gegen Präsident Milosˇevic´ erhob.
Die Verteidigungsphase des Prozesses befasst sich ausführlich mit der
Zerstörung Jugoslawiens durch westliche Interessen. Hieraus ergeben
sich juristische Fragen, die auf der Konferenz diskutiert werden sollen:

- Das Recht auf Selbstvertretung im internationalen Rechtsvergleich
- Das Recht auf einen fairen Prozess im internationalen Rechtsvergleich
und im Fall Milosˇevic´
- „Waffen- und Chancengleichheit“ – was bleibt nach Den Haag?
- Was ist eine „relevante“ Zeugenaussage bei einer politischen Anklage?
- Der Sicherheitsrat als Ankläger von Kriegsverbrechen: Legitimierung
der Aggressionen und Eliminierung der Souveränität von Nationalstaaten
- Völkerrecht und die Selbstbestimmung und Selbstverteidigung
Jugoslawiens
- Bewaffnete Konflikte im internationalen Recht und im Fall Milosˇevic´
- Das „gemeinschaftliche kriminelle Unterfangen“ – maßgeschneidert für
die Verurteilung und zur Erstellung von Persilscheinen
- Missbrauch von Völkermordanklagen und Trivialisierung der Nürnberger
Prozesse sowie des Holocaust
- Wie Berichterstattung und Lobbyismus das Recht auf einen fairen
Prozess beschränken
- Wer richtet über das Haager Tribunal?

mit Beiträgen und anschließender Podiumsdiskussion:

Ramsey Clark, Rechtsanwalt, ehemaliger Justizminister, USA

Prof. Dr. Velko Valkanov, Vorsitzender des Bulgarischen
antifaschistischen Verbandes und Vorsitzender des Bulgarischen Komitees
für Menschenrechte, Bulgarien

Prof. Aldo Bernardini, Völkerrechtler, Universität Teramo, Italien

Dr. Branko Rakic´, Völkerrechtler , Universität Belgrad, Assistent von
Slobodan Milosˇevic´, Serbien und Montenegro

Tiphaine Dickson, Internationale Strafverteidigerin, Juristische
Sprecherin des Internationales Komitees für die Verteidigung von
Slobodan Milosˇevic´ (ICDSM), Kanada

Dr. Alexandar Meshjaew, Völkerrechtler , Rechtsanwalt, Russland

Prof. Dr. John Laughland, Journalist und Autor, "Das Internationale
Strafgericht: Wächter der Neuen Weltordnung", England

Dr. Dr. h.c. Hans Koechler, Professor der Philosophie, Präsident der
International Progress Organization, Österreich


Veranstaltungsort: Golden Tulip Bel Air Hotel, Johan de Wittlaan 30,
Den Haag, neben Kongresszentrum
Zeitraum: 13.30 – 19.00, Teilnahmegebühr: 10,- Euro,
Anmeldung, Fahrgelegenheit: Peter Betscher , Tel.: 0172/7566014 sowie
www.free-slobo.de

Veranstalter:
Internationales Komitee für die Verteidigung von Slobodan Milosˇevic´
(ICDSM)
Vereinigung für Internationale Solidarität (VIS) e.V.

[Sulla morte di W. Deakin, che fu tra l'altro biografo di Tito ed uno
dei maggiori testimoni "dall'interno" dei principali eventi della
Seconda Guerra Mondiale]

http://news.serbianunity.net/bydate/2005/January_26/15.html?w=p

Sir William Deakin - decisive role in Cetniks vs Partisans battle for
British help

Telegraph
January 26, 2005


Sir William Deakin, the historian and founding Warden of St Antony's
College, Oxford, who died on Saturday aged 91, led the first British
military mission to Tito's headquarters - thereby playing a salient, if
enduringly controversial, role in Churchill's decision to abandon the
Royalist Cetniks in favour of the Communist Partisans.

The then Captain Deakin was serving in the Yugoslav section at SOE
Cairo when, in May 1943, he was parachuted on to Tito's mobile alpine
headquarters. As the representative of GHQ Middle East, he was to
ascertain Communist strength, before the dispatch of a full mission
under a brigadier.

Hitherto, the Cetniks, commanded by Drazha Mihailovic, who had been
appointed minister of war by the government-in-exile, had been the sole
recipient of British aid and recognition.

In his campaign memoir The Embattled Mountain (1971), Deakin claimed to
have embarked upon this exploratory sally with "unsuspecting
innocence". Yet he had already participated in a discussion at SOE
Cairo headed by the Chief of Staff, Brigadier Keble. These proceedings
were heavily influenced by the Left-winger Basil Davidson, and a
Communist, "James" Klugmann - neither of whom were well disposed
towards Mihailovic.

Keble granted Davidson and Klugmann unauthorised access to decrypts of
German ciphers. There was nothing to suggest that Mihailovic had
collaborated with the Nazis: indeed, the decrypts showed that the
Germans were determined to eliminate him. But the material suggested he
commanded the less effective of the two resistance movements.

The enthusiastic patronage which Mihailovic enjoyed from the Foreign
Office and SOE headquarters in London appeared to preclude any attempt
to shift policy. But Deakin, as Davidson observed, was "like Churchill
himself, among those Conservatives who thought that an alliance with
the devil far preferable to allowing the Nazis the least advantage".

Before the war, Deakin had served as Churchill's research assistant on
Marlborough: His Life And Times; and he was able to use his personal
access to the Prime Minister to circumvent the chain of command. When
Churchill visited Cairo in January 1943, Deakin helped to prepare a
memorandum based on the decrypts for the Prime Minister. Shrewdly, this
did not counsel a complete break with the Cetniks, but urged support
for all resistance groups, regardless of ideological leaning.

In consequence, Churchill authorised an independent mission to the
Partisans without reference to SOE London. Deakin was chosen to head
"Operation Typical" - a six-man joint SOE-Military Intelligence mission
to Partisan headquarters.

He was dropped near Mount Durmitor at the nadir of Partisan fortunes
during the German "Fifth Offensive"; Tito's 20,000-strong band were
surrounded by 120,000 Axis troops. They were forced to cross the
Durmitor range, into the relative safety of Eastern Bosnia; Deakin
underwent what Lord Birkenhead described as "a hideous experience".
Even grizzled veterans of this most brutal of conflicts were favourably
impressed with Deakin's personal courage.

Despite Tito's initial suspicion that the British mission's reports
might eventually be passed on to its counterpart attached to
Mihailovic, a bond was rapidly forged between the two men, who
addressed each other in German. When Tito's band was caught on an
exposed mountainside during a low-level German air raid, Deakin managed
to push Tito into a foxhole, so saving his life. Both were wounded, and
Tito's Alsatian, Tiger, and Capt Bill Stuart (who commanded the
Military Intelligence component of the mission) were killed.

Deakin - who was neither aware that Tito was the secretary-general of
the Communist Party, nor of high-level contacts between the Partisans
and the Germans - was favourably impressed by the Yugoslav's
"pragmatism".

"The Partisan leadership has no plan or intention of immediate social
revolution," he reported. "The prime object is the construction of the
country after the war and it is realised that revolutionary action will
cause internal struggles which will fatally weaken the country." Above
all, his radio reports claimed that Mihailovic's collaboration with the
Germans had been "close, constant and increasing" over the past two
years.

Deakin extolled the fighting capacities of the Partisans, requesting
urgent re-supply, and admitted taking on "a binding and absolute
identity with those around me". Nor were the Partisans unsparing in
their efforts to convince him. "My system of indoctrinating Deakin was
to take him to a stream nearby, where we used to bathe,'' remembered
Vlatko Velebit, later Tito's ambassador to Britain. "I took captured
documents with me to translate for his use. Deakin got more and more
convinced that the Mihailovic movement was really no good."

Such was the message which Deakin conveyed to Brigadier Fitzroy Maclean
who, as doubts mounted about Mihailovic, had been dispatched in
September 1943 as Churchill's personal liaison officer (and into whose
mission Deakin's was subsumed ).

"We had expected a forbidding academic figure," said Maclean of Deakin,
"and were relieved to find a very young and rather untidy undergraduate
who combined an outstanding intellect with a gift for getting on with
everyone."

Maclean not only accepted Deakin's estimate of Partisan strength -
itself twice the Germans' own - but trebled it. After Maclean had been
secreted out, he returned in November 1943 to collect Deakin by
aircraft, so that he could report in person to Churchill (who was again
in Cairo ).

For nearly two hours, Churchill interrogated Deakin. "It was a
miserable task," Deakin recalled. "As I talked I knew that I was
compiling the elements of a hostile brief which would play a decisive
part in any future break between Britain and Mihailovic."

Churchill instructed Deakin personally to convey to King Peter - then
also in Cairo - the evidence of his war minister's collaboration. The
King was mortified.

In February 1944, Churchill was able to report to the House of Commons
that "a young friend of mine" had completed his mission. Deakin - who
by then had become head of SOE Cairo - received the DSO, and upon the
transfer of GHQ to Italy was attached to the staff of Harold Macmillan
( Minister Resident in the Mediterranean) as adviser to the Balkan Air
Force.

Whilst he was stationed at Bari, the final decision was taken to
withdraw the military missions from Mihailovic's forces. Following the
Partisan victory, Deakin moved to the re-established embassy in
Belgrade as first secretary and chargé d'affaires, where he witnessed
Tito's disregard for his earlier promises.

Such was the atmosphere that when Deakin received the news of the
Conservative defeat in 1945, one old woman commented to him: "Poor Mr
Churchill. I suppose that now he will be shot" - as was Mihailovic in
the following year, after his eyes had been gouged out.

Frederick William Dampier Deakin was born on July 3 1913 and educated
at Westminster and Christ Church, Oxford, where he took a First in
Modern History. He was elected a Fellow of Wadham College in 1936; when
Keith Feiling resigned as Churchill's literary assistant later that
year, he suggested Deakin as his replacement.

Deakin adapted swiftly to Churchill's unorthodox working methods and
was soon attending meetings of Churchill's "wilderness years" coteries.
Such was his esteem for Deakin that in 1938 Churchill dispatched him to
President Benes of Czechoslovakia to gauge the embattled Republic's
intentions.

When war broke out, Deakin joined the Queen's Own Oxfordshire Hussars
(Churchill's old regiment). Nothwithstanding Churchill's simultaneous
return to the Admiralty, the research on A History of the
English-Speaking Peoples continued apace; even during the Norway
campaign of April 1940, Deakin was obliged to present himself at 11pm
to Admiralty House to discuss the chapters on the Norman Conquest.

In 1941 Deakin transferred to SOE, and was initially deployed
recruiting young Communists of Croatian origin in Canada.

After the war he resigned from the Foreign Office, and resumed his
Wadham Fellowship and his position as Churchill's director of
historical researches. When Churchill began work on his history of The
Second World War, Deakin sifted through the mass of papers then held in
the Cabinet War Rooms, and drafted much of the text.

Deakin then accepted the challenge of becoming the founding Warden of
St Antony's, established as a postgraduate foundation in 1949. He was
obliged to devote much time to fund-raising, and despite his evident
distaste for the task, was notably successful with such trusts as the
Ford Foundation.

In part, his achievement derived from his "expand to survive"
philosophy; he helped to pioneer "regional studies" as part of the
International Relations syllabus and Russian, Latin American and Far
Eastern Centres were all established under St Antony's aegis.

Notwithstanding the delight he took in writing about conspiracy, Deakin
took umbrage at the wide-spread suggestion that St Antony's was a
training-ground for spies. In 1961 he was a member of the Radcliffe
Committee on security procedures.

Deakin's books included The Brutal Friendship (1962), which analysed
the Hitler-Mussolini alliance, and The Case of Richard Sorge (with G R
Storry, 1965), which recounted the life of the Tokyo-based German
Communist who gave Stalin forewarning of Operation Barbarossa. But
despite the critical acclaim which greeted these works, Deakin remained
irrevocably associated with the Yugoslav controversy.

In 1954, Evelyn Waugh - for whom Deakin had tried to obtain a temporary
consular appointment, to monitor the persecution of his Croatian
co-religionists - wrote to Ann Fleming: "Bill Deakin is a very lovable
and complicated man. He can't decide whether to be proud or ashamed of
his collaboration with Tito."

Deakin's public and personal pronouncements belied such inner turmoil.
After Tito's break with Stalin in 1948, Deakin was an influential
exponent of the orthodoxy, best expressed by Ernest Bevin, that "Tito
is a scoundrel, but he is our scoundrel".

Some observers adjudged that the memory of the wartime friendship with
Deakin emboldened Tito to breach the Iron Curtain. Moreover, by his
teaching gifts, Deakin ensured that future generations of historians
would continue to verify his version of events.

In 1967 he was invited to form the British section of the International
Committee for the History of the Second World War. Anglo-Yugoslav
colloquia, chaired by Deakin, met privately and by invitation only,
with the Yugoslav view represented by official historians.

After his retirement as Warden in 1968, Deakin was elected an honorary
Fellow of St Antony's and moved to France. He continued to visit Tito
on his palatial island retreat at Brioni, and in 1980 he was part of
the official British delegation at his funeral.

When faced with a string of "revisionist" histories and the break-up of
the Titoise federation, Deakin opted for a dignified silence.

He was knighted in 1975 and elected an honorary Fellow of the British
Academy in 1980. He held the Russian Order of Valour (1944), the
Chevalier de la Legion d'Honneur (1953) and the Yugoslav Partisan Star,
1st Class (1969).

He married first, in 1935, Margaret, daughter of Sir Nicholas Beatson
Bell; they had two sons. He married secondly, in 1943, Livia Stela
("Pussy") Nasta of Bucharest.

[ Scott Taylor, ufficiale canadese e reporter di guerra, critica
duramente le politiche occidentali dal Kosovo all'Iraq, e le menzogne
su cui esse sono state costruite.
Dopo aver documentato per anni la situazione in Kosovo e Macedonia,
Taylor e' stato recentemente rapito e rilasciato in Iraq, vedi:
Kidnapped by Ansar Al-Islam: How Scott Taylor Survived and Was Saved in
Iraq (by Christopher Deliso, Sept. 18, 2004)
http://www.antiwar.com/deliso/?articleid=3606 ]

http://www.gateway.ualberta.ca/view.php?aid=3808

War veteran accuses media of furthering lies

Erik Jacobs

Miscommunication and outright lies tainted the media’s coverage of both
Iraq and Kosovo, argued Scott Taylor, a veteran of the Canadian
military and editor of Esprit de Corps, the magazine of the Canadian
military.

Taylor, who spoke Tuesday, 18 January at ETLC made his case in a
presentation entitled “From Belgrade to Baghdad: How Mistakes in the
Balkans Led to Disaster in Iraq,” focusing on the two wars, and the
misinformation that followed.

“People like Madeline Albright were claiming 100 000 people were killed
in Kosovo,” Taylor said.

In actuality, Taylor explained only about 2000 Serbs and Albanians,
most of them fighters, were killed.

The effectiveness of the bombing campaign was similarly exaggereatd.
Despite claims of massive damage to the Serbian army relatively little
damage was done inactuality.

“The Americans spent $13 billion to destroy 13 tanks. That’s $1 billion
a tank,” Taylor said.

Taylor also sharply criticized the occupation of Kosovo after the
bombing campaign.

“[Serbian refugees] were dragged from their cars and beaten while NATO
troops looked on,” he said of NATO’s failure to protect Serbian
civilians in Kosovo.

“All the king’s horses and all the king’s men couldn’t make the
Albanians and Serbs like each other.”

Shifting to the post-11 September era, Taylor accused the Americans of
arrogance in their invasion of Iraq.

“We told the Americans that if you go that way, you’re going over a
cliff. They went that way, they went over the cliff, they’re burning,
and they’re asking us to get in the front seat,” said Taylor.

“[The Pentagon] said we’d be out of there in six months. That was what
their war planning was based on.”

Taylor also noted that morale has been slipping.

Despite the fact that the US armed forces voted four to one for the
Republicans, many soldiers in Iraq are getting frustrated, especially
those who had their tours extended.

Additionally, US efforts to train a new Iraqi army and police have had
little success. Half of the police force is considered unreliable; 40
per cent deserted and another ten per cent turned on the Americans.
Taylor also described how six heavily armed police stations in the city
of Mosul were overrun with hardly a shot fired.

Taylor was highly critical of the media for not properly reporting the
failures in Kosovo and Iraq. He said although outright censorship is
rare, distortion is not.

Taylor related one incident in which a copy editor changed a story he
had written about an atrocity committed by Albanian rebels’ allies in
Macedonia.

“[The copy editor] switched it, because he knew from what he’d read
about Kosovo that it was the Albanians who were the victims, so he
changed it to a Macedonian atrocity.”

The structure of the media itself can be a detriment to discovering the
truth in a conflict, Taylor said.

“They pay the money for the

airfare, they pay the person to go over there, they pay for the
satellite phone at ten bucks a minute for them ... they’d better have a
story,” he said.

“You can’t get in there and say, ‘Listen, I’m going to look around for
a couple weeks, get the feel of things,’” he said, noting journalists
often end up repeating what other major news outlets are saying rather
than doing their own research.

Taylor stressed the necessity of learning the truth about past mistakes
and failures so that we may learn from them in the future.

“Nobody wants to go back and look at the mistake that Kosovo was,” he
said.

Failing this kind of self-criticism, Taylor predicted dire consequences
for the US.

“We may be seeing the beginning of the end of the American empire,” he
said.

Ultimately, Taylor said that it is up to the public to demand the truth.

“People have to be questioning, should be questioning, what is
happening,” he said.

L’Europa superpotenza
I comunisti, la democrazia e l’Europa
Roma, sabato 29 gennaio, ore 9.30-17.30
Convegno nazionale
Centro Congressi Cavour (via Cavour 50/A)

Il Parlamento italiano ha approvato a stragrande maggioranza una
Costituzione Europea liberista, antidemocratica e guerrafondaia senza
alcun referendum popolare come invece è previsto in altri paesi
dell'Europa. Il deficit democratico è diventato così una voragine. I
partiti della sinistra sono arrivati a questo appuntamento in ordine
sparso e con scarsissima consapevolezza della posta in gioco e della
natura del processo in corso: Il PRC ha votato coerentemente NO al
Trattato Costituzionale; i Verdi si sono astenuti; il PdCI ha votato un
SI "critico(?)".

Con l'approvazione parlamentare della Costituzione Europea ci troviamo
di fronte ad una scelta gravissima nel metodo e nel merito. Si è
arrivati all'approvazione senza neanche tentare di imporre un
referendum popolare e democratico sulla Costituzione che consentisse
discussione, informazione e battaglia politica nel paese (il fatto che
questo obiettivo fosse stato impugnato dalla Lega non giustifica la
latitanza e l'inerzia dei partiti della sinistra).

I principi ispiratori fondamentali della Costituzione Europea si basano
sul liberismo e il dominio del mercato nella sfera economico-sociale e
sulla dottrina dell'intervento militare preventivo sul piano della
Difesa Europea. Crescenti risorse verranno destinate all’Esercito
Europeo. La direttiva Bolkestein porta a destinazione la
privatizzazione dei beni comuni e il dominio dei poteri forti
finanziari sulla società. La regressione sociale sul lavoro e i diritti
è il prezzo che l’establishment europeista consacra alla competizione
globale. In pratica è tutto ciò contro cui ci siamo battuti in questi
anni. Quale progetto i comunisti e i movimenti sociali intendono
opporre all’Europa superpotenza? A questo intende dare un contributo il
convegno che la Rete dei comunisti ha organizzato per sabato 29 gennaio.



Le relazioni introduttive ai lavori - che affronteranno gli aspetti
politici, economici, militari, sociali, ideologici del processo che ha
portato all'Unione e alla Costituzione Europea - saranno tenute da:
Mauro Casadio, Vladimiro Giacchè, Giorgio Gattei, Guglielmo Carchedi,
Joaquim Arriola, Flavio Bezzerra De Farias.

I lavori della mattina inizieranno alle 9.30 con alcune delle relazioni
e riprenderanno alle 14.00 con la altre relazioni. Sia la mattina che
il pomeriggio sono previsti due spazi per gli interventi e il dibattito.



Le forze politiche della sinistra e le realtà di movimento sono
invitate a partecipare e a portare il proprio contributo alla
discussione.

DOCUMENTO DEL CONVEGNO su
http://www.contropiano.org/Documenti/2005/Gennaio2005/29-01-
05Documento_Convegno_nazionale.htm 



La Rete dei comunisti

tel. 06-4394750



Mail: cpiano@...
Sito : http://www.contropiano.org

(vedi anche:
Il Porrajmos dimenticato -- Fwd: iniziative giornata memoria Opera
Nomadi inviti
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4199 )

----- Original Message -----
From: Opera Nomadi operanomadi @ tiscalinet.it
Sent: Tuesday, January 25, 2005 7:21 PM
Subject: invito all'ascolto di "Le storie di Stanka e Maria"

La deportazione dei Sinti e dei Rom in Friuli Venezia Giulia

 
Invito all'ascolto di:
Le storie di Stanka e Maria
 
http://www.radioparole.it/stankaemaria/stankaemaria.html

un documentario radiofonico di Andrea Giuseppini
prodotto dall'Opera Nomadi
con il patrocinio e il contributo dell'Assessorato alla cultura della
Regione Friuli Venezia Giulia
© Opera Nomadi e Radioparole 2005


Prima parte

In Friuli Venezia Giulia vive una comunità Rom di origine slovena.
Le famiglie che la compongono si chiamano, per lo più, Braidich,
Hudorovich e Levakovich. In pochi però conoscono la loro storia.
Per esempio quella di Stanka.
Stanka ha 75 anni ed è nata in provincia di Lubiana. Nel 1942,
dopo l'occupazione e l'annessione della Slovenia da parte dell'Italia
fascista, Stanka e la sua famiglia, la madre e otto tra fratelli e
sorelle,
vengono deportate nel campo di concentramento di Gonars, in
provincia di Udine.
In questo campo sono state recluse decine di migliaia di civili
sloveni e croati e sono morte di stenti e malattie quasi 500 persone.
Nei ricordi di Stanka ci sono la terribile fame, il grande freddo e
le morti, tra le quali anche quella di una piccola bambina Rom.
A Gonars, infatti, furono deportate dal fascismo diverse altre famiglie
Rom slovene e croate.
L'8 settembre del 1943 le guardie fasciste abbandonano il campo
di Gonars, e Stanka e gli altri prigionieri sono liberi di andarsene.
Ma il racconto di Stanka non finisce qui. Con l'arrivo dei tedeschi e
l'occupazione nazista si apre, infatti, un altro capito nella storia
della
deportazione e persecuzione dei Rom e dei Sinti in Friuli Venezia
Giulia nel corso della seconda guerra mondiale.


la seconda parte

Maria è nata a Trieste nel 1929. Anche suo padre è nato e vissuto
nella stessa città. La loro è una famiglia sinta italiana di musicisti e
giostrai.
Quando, nel 1943, i tedeschi occupano il Friuli Venezia Giulia, Maria e
la sua famiglia, per fuggire ai pericoli del conflitto si spostano nella
campagna friulana.
Vivono di elemosina e, in cambio di qualche lavoro, trovano ospitalità
in alcune famiglie di contadini. Più volte però vengono fermati dai
soldati tedeschi.
Finché una notte le SS arrestano il giovane fratello di Maria.
Negli stessi giorni anche il fratello di Stanka e altri ragazzi Rom e
Sinti
vengono fermati. Saranno tutti deportati nei campi di concentramento
nazisti.
Dopo qualche mese anche la madre di Stanka viene deportata dal
carcere di Udine al lager di Ravensbruck.


Oltre alle testimonianze di Stanka e Maria, ascolterete, nella prima
parte,
la ricostruzione della storia del campo di concentramento fascista di
Gonars
proposta dalla voce di Alessandra Kersevan. Mentre, nella seconda
parte, lo
scrittore sloveno Boris Pahor, ricorderà un episodio della sua
deportazione
nel lager Natzweiler, lo stesso in cui passò anche il fratello di Maria.
Sempre nella seconda parte, la partigiana Rosina Cantoni, deportata a
Ravensbruck, racconterà del suo incontro con la madre di Stanka


grazie a:
Stanka e Maria, Alessandra Kersevan, Rosa Cantoni, Boris Pahor, Eva
Rizzin, Lavio Rainard, Renato Grego, Ida Braidic e Nada Braidic

Sostienici
Il progetto di Radioparole è possibile grazie al molto lavoro
volontario e ai pochi contributi pubblici che riusciamo a ottenere.
Se vuoi aiutare la nostra iniziativa richiedi un compact disc di "Le
storie di Stanka e Maria" scrivendo a info @ radioparole.it

---

OperaNomadi Sezione Lazio
Ente Morale (DPR 347-26.3.1970)

in collaborazione con
COMUNITA’ EBRAICA di Roma
ANPI

27 Gennaio 2005
GIORNATA della MEMORIA
60° della Liberazione

Ore 18.00 Fiaccolata
da Piazza Santa Maria Maggiore a Via degli Zingari
davanti alla Lapide commemorativa del Porrajmos (sterminio) dei Rom e
Sinti

Presiederanno:

On. le Raffaela Milano
Assessora Politiche Sociali e Sanitarie

comandante
Massimo Rendina
Presidente ANPI

Ahmet Sejdic
Partigiano jugoslavo
rom

(english / italiano. Na s-h-om ovde:
http://guskova.ru/misc/balcan/2004-04-22)

Il nostro Giorno della Memoria

---

Il testo che segue è stato scritto per un Giorno della Memoria
celebrato lo scorso anno (2004). Esso ci pare tuttavia molto molto
pertinente con la celebrazione odierna, e lo diffondiamo, anche nella
sua traduzione italiana, come documento esclusivo e come monito a
ricordare anche gli aspetti dimenticati, occultati e censurati dello
sterminio commesso dai nazifascisti nel corso della II Guerra Mondiale.
(a cura di AM, fonte: http://guskova.ru/misc/balcan/2004-04-22e )

---

NEL GIORNO DELLA MEMORIA DELLE VITTIME DEL GENOCIDIO 2004 (Jasenovac 22
Aprile 1945)

Per 20 anni l'Enciclopedia Britannica ha continuato a riportare la
frase:

"IN BOSNIA... I FASCISTI CROATI HANNO DATO INIZIO AD UN MASSACRO DI
SERBI CHE, NELLE INTERE CRONACHE DELLA II GUERRA MONDIALE, E' STATO
SUPERATO PER BARBARIE SOLAMENTE DALLO STERMINIO DI MASSA DEGLI EBREI
POLACCHI."

Il mondo ancora non conosce la straziante morte di centinaia di
migliaia di esseri umani innocenti : serbi, ebrei, popolazione rom
(zingari), uomini, donne e bambini che hanno incontrato la loro
terribile fine nel campo di sterminio di Jasenovac. II mondo ancora non
sa che una bandiera quasi identica alla bandiera dei sanguinari
assassini nazisti è sventolata pure sui martiri di Jasenovac.

Il mondo rimane silenzioso laddove esso dovrebbe urlare per lo sdegno e
l'incredulità. I nazisti croati non solo se la sono cavata riguardo ad
un assassinio - essi cercano di farla franca rispetto ad un intero
olocausto.

Dovremmo permettere che questo accada? Dovremmo rimanere silenziosi?
Non siamo dunque silenziosamente complici di questo gigantesco
olocausto?

Il 22 Aprile 1945 oltre un migliaio di internati, sopravvissuti del
campo di sterminio croato di Jasenovac, ha tentato una disperata fuga
da una orrenda morte certa. Solo ottantotto hanno raggiunto la libertà
per raccontare l'orrore che avevano lasciato dietro di se.

E' un'ironia della giustizia che la 59esima giornata di commemorazione
di questa tragedia, e delle centinaia di migliaia di altre vittime
degli ustascia croati sepolte nel campo di sterminio di Jasenovac, sia
contraddistinta dalla pubblicazione del libro revisionista "Jasenovac
1941-1945, Campo di Lavoro e di Morte" della signora Natasa Mateusic,
curatore del Museo Jasenovac.

Dopo che l'Archivio Jasenovac e gli oggetti furono trasferiti, di
ritorno dal Museo Americano dell'Olocausto di Washington DC, al Museo
Jasenovac, le autorità croate hanno assunto un nuovo atteggiamento
nella preparazione della mostra delle testimonianze commemorative.
Nella nuova sistemazione, non ci sarà alcuna esposizione di strumenti
di uccisione, mazzuoli, stiletti, ceppi, catene, ne' lo speciale
coltello ricurvo conosciuto con il nome infame di "coltello serbo"
(usato dagli ustascia croati per tagliare velocemente la vena giugulare
delle vittime). In tale modo, escogitato dagli esperti della
istituzione del museo croato, Jasenovac non sarà più un luogo di orrore
che mette in mostra corpi mutilati e decomposti e documentari filmati
della bestiale distruzione croata di esseri umani. Come ha detto la
signora Natasa Jovicic, Direttrice del Memoriale di Jasenovac : "Noi
non intendiamo legittimare l'uccisione, vogliamo invece commemorare le
vittime."

La mostra "Jasenovac - Il sistema dei campi di sterminio ustascia",
organizzata dal Museo della Vojvodina e dal Museo delle vittime di
Genocidio di Belgrado, presentata alla Prima Conferenza Internazionale
su Jasenovac tenutasi a New York nell'Ottobre 1997 nonchè alla Seconda
Conferenza Internazionale su Jasenovac tenutasi a Banja Luka e Donja
Gradina (Repubblica Srpska) nel Maggio 2000, fu etichettata nel
succitato libro della signora Mateusic come una "propaganda
dell'inclinazione della popolazione croata al genocidio" (pag.158).
Nello stesso libro, la Terza Conferenza Internazionale su Jasenovac
tenutasi a Gerusalemme nel Dicembre 2002, era vista come un "percorso
nello spirito del sospetto verso la Croazia in generale, con accuse
implicite, che ancora cela la verità sul Campo di Jasenovac e sul
numero delle sue vittime". La nuova mostra di Jasenovac non menziona
il genocidio che gli ustascia commisero contro gli internati rom.

Durante il 2003 sono stati pubblicati molti libri su Jasenovac.
L'autore del libro "Jasenovac - Cifre" , Mladen Ivezic, minimizza
grossolanamente il numero delle vittime trucidate nel Campo di
Jasenovac. Questa è una citazione dalla conclusione del suo libro: "Nel
campo di concentramento e di lavoro di Jasenovac, e cioè in tutte le
officine del campo ed in tutti i settori, nei luoghi di lavoro come le
foreste eccetera, incluso anche il Campo di Stara Gradisca, a seguito
di tutte le cause possibili, probabilmente il numero totale delle vite
perdute variò fra 1.000 e 2.000, eventualmente 3.000, ma è impossibile
che siano morte più di 5.000 persone" (pag.200). Un membro
dell'Accademia Croata delle Scienze e delle Arti, Josip Pecaric, nel
suo testo "Libri Maliziosi" (Nepocudne Knjige) elogia la conclusione
tratta dall'autore Ivezic come una "nuova scoperta scientifica".

Narcisa Lengel-Krizman nel suo libro "Il genocidio dei rom - Jasenovac
1941" dichiara che "il numero dei rom uccisi in Croazia può, con una
ragionevole certezza, essere stimato a malapena in 8.500" (pag.62). Che
queste cifre dei rom morti per mano degli ustascia siano false è
dimostrato dal seguente episodio. Durante la mia visita a Jasenovac nel
Giorno della Memoria 2002, il signor Dragoljub Ackovic, Presidente dei
rom, mi ha portato ad un luogo di sepoltura a Ustica (Donja Gradina),
dove giacciono le ossa di circa 12.000 rom massacrati dagli ustascia
croati.

Quando il Premier della Croazia, Ivo Sanader (HDZ), ha recentemente
fatto visita al memoriale di Jasenovac, il Presidente del Consiglio del
Memoriale di Jasenovac, Slavko Goldstein, ha dichiarato che al massimo
80.000 internati sono morti nell'intero complesso dei siti di uccisione
a Jasenovac. Questa cifra combacia abbastanza con la posizione del
Museo Americano dell'Olocausto di Washington, che stima il numero delle
vittime in circa 90.000. Il Museo delle vittime del Genocidio di
Belgrado, cinque anni or sono ha compilato un elenco di 79.800 vittime
con nomi e cognomi, numero che è la cifra minima ed indica che il
numero delle vittime è di gran lunga più alto. La nuova Enciclopedia
del Genocidio porta il numero delle vittime di Jasenovac a "centinaia
di migliaia". Un ricercatore in materia di crimini degli ustascia
croati commessi a Jasenovac, Dragoje Lukic, ha compilato un elenco di
19.432 bambini di età compresa fra neonati di un giorno e ragazzi di 14
anni, con i loro nomi e cognomi. Durante la Terza Conferenza
Internazionale su Jasenovac, tenutasi a Gerusalemme il 29 e 30 Dicembre
2002, ho presentato a Yad Vashem un elenco con i nomi di 1.911 bambini
ebrei che sono stati crudelmente massacrati nei campi di Jasenovac.

Alla Prima Conferenza Internazionale su Jasenovac (New York, NY, 1977),
il dottor Eli Rosenbaum, Direttore dell'Ufficio Investigazioni Speciali
del Dipartimento della Giustizia americano, ha presentato un documento
del Comando di occupazione Tedesco, datato 6 Dicembre 1943, proveniente
dagli Archivi Nazionali americani e preannunciato dal Dipartimento di
Stato Americano, che rivela che il numero delle vittime fu di 120.000
nel campo di Jasenovac e di 80.000 nel campo di Stara Gradisca. Così,
il numero totale delle vittime di entrambe le località, riferito al 6
Dicembre 1943, ammontava a 200.000. Questo numero è significativamente
aumentato attraverso i successivi, anche più sanguinosi, due anni 1944
e fino al 22 Aprile 1945. La Commissione di Stato sui Crimini di Guerra
della II Guerra Mondiale, nel suo Rapporto per la Commissione
Internazionale sui Crimini di Guerra (1946) ha stimato il numero delle
vittime di Jasenovac fra 500.000 e 600.000. L'Enciclopedia
dell'Olocausto si è attestata sulla cifra di 600.000.

Nel suo libro "Jasenovac 1941-1945 - Campo di lavoro e di morte",
Natasa Mateusic, rlferendosl a Slavko Goldsteln, non rlconosce
l'autorità della Commissione Internazionale e nemmeno la Dichiarazione
di Gerusalemme. Una delle conclusioni portate nella Dichiarazione
richiesta per la prossima (la Quarta) conferenza internazionale da
tenersi nella località di Jasenovac, in Croazia, o al Centro UNESCO di
Parigi, è stata l'idea di preservare il Complesso del Memoriale di
Jasenovac, attualmente suddiviso nei territori sia della Croazia che
della Repubblica Srpska (Bosnia-Erzegovina), come un Retaggio
Universale sotto la protezione dell'UNESCO, come è stato fatto con il
campo di sterminio di Auschwitz (Retaggio Universale # 80). Goldstein e
Mateusic concludevano nel loro libro che il Museo del Memoriale di
Jasenovac (JUSP) dovrebbe organizzare per conto proprio un simposio
internazionale al campo di Jasenovac, estendendo l'invito ai membri
individuali che hanno presieduto la Terza Conferenza Internazlonale dl
Jasenovac a Gerusalemme nel 2002, ma non alla Conferenza come
istituzione.

In questo Giorno della Memoria, chiedo, ai sostenitori della necessità
di denunziare e preservare la verità su Jasenovac, di organizzare
urgentemente un incontro di una commissione internazionale su
Jasenovac, e propongo che l'incontro sia presieduto dal Dr. Bernard
Klein, con il Dr. Michael Berenbaum, il Prof. Walter Roberts, il Dr.
Efraim Zuroff (Gerusalemme), Vanita Singh (India), il Dr. Marco Aurelio
Rivelli (Italia), la Dr.ssa Jelena Guskova (Russia), il Prof. Dr. S.
Zivanovic (Londra, GB), Alexis Troude (Francia), il Dr. Rajko Dolecek
(Repubblica Ceca), il Prof. Ian Hancock (Organizzazione Internazionale
Rom), il Dr. Milan Bulajic (Coordinatore). La Commissione dovrebbe
portare avanti il seguente programma:

* Adempimento della Dichiarazione di Gerusalemme
* Preparazione della Quarta Conferenza Internazionale su Jasenovac
* Valutazione dei nuovi progetti sul complesso del Memoriale di
Jasenovac
* Attivarsi per porre il complesso del Memoriale di Jasenovac sotto
l'UNESCO - protezione Retaggio Universale

In questo Giorno della Memoria bisognerebbe ricordare che il Ministro
ustascia della Polizia, Andrija Artukovic, non è stato processato a
Zagabria, nel 1986, per il genocidio commesso sui serbi cristiani
ortodossi, sugli ebrei e sui rom, e che anche l'ex comandante dei campi
di genocidio di Jasenovac, Dinko Sakic, nel 1999 a Zagabria non fu
processato per genocidio. Tuttavia la Corte d'Appello de L'Aja, il 19
Aprile 2004, tre giorni prima del Giorno della Memoria, ha confermato
la sentenza della Camera Processuale sul presunto genocidio dei
musulmani bosniaci a Srebrenica, nel luglio 1995, contro il Generale
Radislav Krstic, ex Comandante dei Corpi serbi "Drina".

In un recente confrontro alla Radio "Europa Libera" con un
rappresentante della Federazione dei musulmani di Bosnia, Jasmin
Odabasic, ho sostenuto, nella mia qualità di Dottore in Diritto
Internazionale, che l'Esercito della Repubblica Srpska non aveva
commesso un genocidio sui musulmani bosniaci a Srebrenica. Possono
esserci stati dei crimini per vendetta, che dovrebbero essere
legalmente investigati e perseguiti identificando sia le vittime che i
perpetratori. (Per esempio, ci sono testimonianze di mercenari che,
indossando uniformi dell'Esercito della Repubblica Srpska, hanno ucciso
dei musulmani impiegati alle Poste, allo scopo di incolpare i serbi dei
loro crimini. Questi mercenari erano pagati in oro, 12 kg, marchi,
valuta tedesca, e ad alcuni è stato procurato un lavoro in Kosovo e
Zaire).

La Federazione Bosniaca [croato-musulmana] ha citato in giudizio alla
Corte Internazionale di Giustizia de L'Aja i serbi e la Jugoslavia per
un presunto genocidio contro i musulmani di Bosnia, chiedendo un
risarcimento di 200.000 miliardi di dollari americani, in accordo con
gli avvocati di parte civile.

II nuovo governo jugoslavo ha ritirato la sua contro-accusa per il
genocidio dei musulmani sulla popolazione serba in Bosnia e nell azona
di Srebrenica, senza la richiesta di una reciproca ritrattazione delle
incriminazioni da parte dei musulmani. In aggiunta, anche la Croazia
sta citando in giudizio i serbi e la Jugoslavia per un presunto
genocidio, dimenticando il suo proprio, quel genocidio reale che i
croati hanno commesso contro i serbi di Krajina nello stesso anno 1995
del presunto genocidio serbo a Srebrenica. (L'ultimo censimento croato
indica che c'è solo il 4,2% di serbi attualmente in Croazia, a fronte
del 12,3% prima del furibondo attacco croato sui serbi nel 1991 e dopo).

Nel Settembre 2002 il Direttore ed i Comitati d'Amministrazione e di
Supervisione del Museo delle Vittime di Genocidio di Belgrado sono
stati licenziati, ed il Museo è stato ricollocato nella città di
Kragujevac. II Dr. Milan Bulajic, fondatore e direttore del Museo per
10 anni, è stato interdetto dal rientrare e persino dal reclamare i
suoi documenti personali ed i manoscritti e le attrezzature d'ufficio
che egli aveva fornito al Fondo per la Ricerca sul Genocidio.

In questo Giorno della Memoria, io chiedo ai serbi, agli ebrei, ai rom
ed ai loro amici ed a tutti gli altri coinvolti in questi avvenimenti
avversi, di dare una mano ed aiutare a continuare la battaglia per
mantenere la verità di Jasenovac viva e visibile. I contributi per il
Fondo per la Ricerca sui Genocidio, che è la sola istituzione legale
attiva dedicata alla ricerca sul genocidio commesso sui territorio
della ex Jugoslavia, che ora continua inesorabile in Kosmet contro i
non-albanesi, possono essere convogliati a:

Vojvodjanska Banka, Beograd,

* Dinars: account no. 355-1044680-61
* Foreign currency: BUBY 22 zr. 355-000000901002282, acc.no.: 5475
(saving no. 4244200481)
* In Dollars: Intermediary Bankers Trust, New York, NY Account
#56A: BKTRUS33 57A: /04-415-457, VBUB 0S22
* EUROs: Intermmediary 56A: COBADEFF (Commerzbank Frankfurt)
* Sterling Pounds: Intermmediary 56A:NWBKGB2L National Wenstminster
Bank PLC London
* Beneficiary Customer 59:4244200481;

Il Direttore del Fondo per la Ricerca sul Genocidio, Dr. Milan Bulajic

Fund For Genocide Research, Director: Dr. Milan Bulajic
Ulica 27 marta br. 24, 11000 Belgrade, Serbia and Montenegro
Tel/fax: +381 11 334 77 58 and +381 11 323 87 90
E-mail: <milanbulajic@...>

Dr. Milan Bulajic, President
Fund For Genocide Research


--- english original text:

http://guskova.ru/misc/balcan/2004-04-22e

ON THE DAY OF REMEMBRANCE OF GENOCIDE VICTIMS 2004
(Jasenovac, April 22, 1945)

For 20 years Encyclopedia Britannica used to repeat the sentence:

“... IN BOSNIA ... THE CROATIAN FASCISTS BEGAN A MASSACRE OF SERBS
WHICH, IN THE WHOLE ANNALS OF WORLD WAR II, WAS SURPASSED FOR SAVAGERY
ONLY BY THE MASS EXTERMINATION OF POLISH JEWS ...”

The world still does not know about torturous death of hundreds of
thousands of innocent human beings: Serbs, Jews, Roma people (Gypsies),
men, women and children who met their horrible end at death camp
Jasenovac. The world does not know that a flag almost identical to the
flag of the bloody Nazi murderers is once again raised over the martyrs
of Jasenovac.

The world is silent where the world should be screaming in shock and
disbelief. Croat Nazis not only did get away with a murder — they try
to get away with a massive holocaust!

Should we allow it to happen? Should we remain silent? Are we not then
a silent accomplice in this gigantic holocaust?

On April 22, 1945 over one thousand inmates, survivors of the Croatian
genocide camp Jasenovac, attempted a desperate break through from
certain, gruesome death. Only eighty-eight made it to freedom to tell
of the horror they left behind.

It is an irony of justice that the 59th commemoration day of this
tragedy, and the hundreds of thousands of other Croatian Ustashi
victims buried at the Jasenovac death camp, is marked with the release
of the revisionist book “Jasenovac 1941-1945, Death and Labor Camp” by
Ms. Natasa Mateusic, curator of the Jasenovac Museum.

After the Jasenovac Archive and artifacts were transferred back from US
Holocaust Museum at Washington, DC to Jasenovac Museum, the Croatian
authorities took a new approach in setting up the exhibition of the
memorabilia. In the new arrangement, “there will be no display of
killing mallets, daggers, shackles, chains and the special curved knife
known by the infamous name of “Serb-Cutter” (Used by the Croatian
Ustashi for the speedy slitting of the victim's jugular vein). In this
approach, devised by the Croatian museum institution experts, Jasenovac
will no longer be a site of horror, displaying mutilated, rotten
corpses and filmed documentaries of the Croatian bestial destruction of
humans. As Ms. Natasa Jovicic, Manager of the Jasenovac Memorial put
it: “We are not going to legitimize the killing , but will instead
commemorate the victims”.

The exhibition, “Jasenovac-System of Ustashi Death Camps”, organized by
the Museum of Vojvodina and Museum of Victims of Genocide, Belgrade,
presented at the First International Conference on Jasenovac, held in
New York in October 1997, and also at the Second International
Conference on Jasenovac, held in Banja Luka and Donja Gradina (Serb
Republic) in May 2000, was labeled in the above mentioned Ms.
Mateucis's book as a “propaganda of genocide prone Croatian people (p.
158)”. In the same book, the Third International Conference on
Jasenovac, held in Jerusalem in December 2002, was seen as “run in the
spirit of the suspicion toward Croatia in general, with implicit
accusations that it is still concealing the truth of the Ustashi camp
Jasenovac and the numbers of its victims”. The new Jasenovac exhibition
does not mention the genocide the Ustashi committed against the Roma
inmates.

During 2003, several books on Jasenovac have been published. The author
of the book “Jasenovac-Numbers”, Mladen Ivezic, grossly minimizes the
numbers of the victims slain in the Jasenovac camp. Here is one
quote-conclusion from his book: “In the concentration and labor camp of
Jasenovac, ie, in all camp workshops and camp divisions, at the work
locations, such as in the forests, etc., including the Stara Gradiska
camp, as well, from all possible causes, most likely the total number
of lost lives ranges between 1,000 and 2,000, eventually, 3,000 , but
it is impossible that more than 5,000 died (p. 200). A member of the
Croatian Academy of Science and Art, Josip Pecaric, in his book
“Malicious Books” (Nepocudne knjige), praises the conclusions,
expressed by author Ivezic, as a “new scientific achievement”.

Narcisa Lengel-Krizman, in her book “Genocide of the Romas — Jasenovac
1941”, states “that the number of Romas killed in Croatia may, with a
reasonable certainty, be estimated to be barely 8,500 (p. 62)”. That
these numbers of Romas, who perished at the hand of the Croatian
Ustashi, are false will be demonstrated by the following episode.
During my visit to Jasenovac, on the Commemoration Day in 2002, Mr.
Dragoljub Ackovic, President of Roma, took me to one grave site at
Ustica, Donja Gradina, where lay the bones of about 12,000 Romas
slaughtered by the Croatian Ustashi.

When HDZ Premier of Croatia, Ivo Sanader, has recently paid a visit to
the Jasenovac Memorial, President of the Council of Jasenovac Memorial,
Slavko Goldstein, stated that not more than 80,000 inmates died at all
Jasenovac complex killing locations. This number fairly matches up with
the position of US Holocaust Museum in Washington, which estimates the
number of victims to be up to 90,000. The Museum of Victims of
Genocide, Belgrade, five years ago has compiled a list of 79,800
victims with the names, first and last, the number which is a bare
minimum and indicates that the real number of victims is multifold
higher. The new Encyclopedia of Genocide brings the number of the
Jasenovac victims to “the hundreds of thousands”. A researcher in the
crimes the Croatian Ustashi committed in Jasenovac, Dragoje Lukic,
compiled a list of 19,432 children, ages from babies one day old to the
youths of 14 years old, with their first and last names. During Third
International Conference on Jasenovac, held in Jerusalem on December 29
and 30, 2002, I have presented to Yad Vashem a list with names of 1,911
Jewish children who were cruelly slaughtered in the Jasenovac camps.

At First International Conference on Jasenovac (New York, NY, 1997),
Dr. Eli Rosenbaum, Director of the Office for Special Investigations,
US Department of Justice, presented a document by the German occupation
command, dated December 6, 1943, filed at US National Archives and
announced by the US Department of State, revealing the numbers of
victims as 120,000, at the Jasenovac camp and 80,000, at the Stara
Gradiska camp. So, the total number of victims at both locations,
reported by December 6, 1943, amounted to 200,000! This number has
significantly augmented through the following, even bloodiest, 1944
year and through April 22, 1945. Croatian State Commission on WWII War
Crimes, in its Report for International Commission on War Crimes (1946)
estimated the number of the Jasenovac victims to be between 500,000 and
600,000. Encyclopedia of Holocaust sticks to figure of 600,000.

In her book “Jasenovac 1941-1945 — Death and Labor Camp”, Natasa
Mateusic, referring to Slavko Goldstein, does not recognize the
authority of International Commission, nor the Jerusalem Declaration.
One of the conclusions brought in Declaration called for the next, the
forth international conference on Jasenovac to be held at the site of
Jasenovac, Croatia, or at the UNESCO Center in Paris, was the idea of
preserving the Jasenovac Memorial Complex, now divided on the territory
of both Croatia and Serb Republic (Bosnia and Herzegovina), as a World
Heritage under the UNESCO protection, as has been done with the Nazi
death camp Auschwitz (World Heritage # 80). Goldstein and Mateusic
concluded in their book that the Jasenovac Memorial Museum (JUSP)
should organize an international symposium on the Ustashi camp
Jasenovac of their own, extending the invitation for the participation
to the individual members, who attended Third International Conference
on Jasenovac, Jerusalem in 2002, but not to the Conference as an
institution.”

On this Day of Remembrance, I am pleading to the supporters of exposing
and preserving the Jasenovac truth to urgently organize a meeting of an
international commission on Jasenovac, and propose the meeting to be
chaired by Dr. Bernard Klein, with Dr. Michael Berenbaum, Prof. Walter
Roberts, Dr. Efraim Zuroff (Jerusalem), Vanita Singh (India), Dr.Marco
Aurelo Rivelli (Italy), Dr. Jelena Guskova (Russia), Prof. Dr. S.
Zivanovic (London, GB), Alexis Troude (France), Dr. Rajko Dolocek (Czek
Republic), prof. Ian Hancock (Int. Roma Org.), Dr. Milan Bulajic
(Coordinator). The Commission would pursue the following agenda:

* Implementation of the Jerusalem Declaration;
* Preparation for the Fourth International Conference on Jasenovac.
* Evaluation of the new projects on the Jasenovac Memorial complex
* Taking actions to place Jasenovac Memorial Complex under the
UNESCO — World Heritage protection.

On this Day of Remembrance, it should be also remembered that Ustashi
Minister of Police, Andrija Artukovic, was not tried in Zagreb, back in
1986, for genocide committed over the Orthodox Christian Serbs, Jews
and Romas, and that the former commander of Jasenovac genocide camps,
Dinko Sakic, was not in 1999, Zagred, tried for genocide, either.
However, ICTY Appeals Chamber in the Hague, on April 19, 2004, three
days before Commemoration Day, confirmed the Trial chamber Judgment,
for an alleged genocide of Bosnian Muslims at Srebrenica in July 1995,
for General Radislav Krstic, former Commandant of Serb Drina Corps .

In a recent duel on radio “Free Europe” with a representative of Bosnia
Muslim Federation, Jasmin Odabasic, I argued, as PHD in International
Law, that Serb Republic Army did not commit a genocide over the Bosnian
Muslims at Srebrenica. There could have been crimes of revenge, which
should be liegally investigated and prosecuted by identifying both
victims and perpetrators. (For instance, there is the evidence of
mercenaries, who were wearing uniforms of the Serb Republic Army and
killed Muslim POW's, in order to blame their crimes on the Serbs. These
mercenaries were paid by gold, 12 kg, DM's, German currency, and some
were provided with jobs in Kosovo and Zaire).

The Bosnian Federation has sued Serbs and Yugoslavia, for an alleged
genocide against Bosnia Muslims, at International Court of Justice at
the Hague, asking for a compensation of US $200 billions, according to
the plaintiff attorneys. The new Yugoslav government withdrew its
countercharge against the Muslims genocide over the Serb population in
Bosnia and Srebrenica area, without the request for a reciprocals
withdrawal of the Muslims' indictment. Additionally, Croatia is also
suing Serbs and Yugoslavia for an alleged genocide, forgetting of its
own, a real genocide the Croats committed against the Krajina Serbs in
the same 1995 year of the alleged Serbian genocide in Srebrenca (The
Croatian last census shows that there are only 4.2 percent of Serbs in
Croatia now, down from 12.3 percent before the Croatian onslaught on
the Serbs in 1991 and after.)

In September 2002 Director, Governing and Supervisory Boards of the
Museum of Victims of Genocide in Belgrade, were “discharged” and Museum
was relocated to the city of Kragujevac. Dr. Milan Bulajic, the founder
and ten years director of Museum, was forbidden to reenter it and
reclaim even his personal documents and manuscripts, or the office
equipment he had provided to the Fund for Genocide Research.

On this Day of Remembrance, I am pleading to the Serbs, Jews, Romas and
their friends, and all others concerned with these adverse
developments, to reach out and help to continue the struggle to keep
the truth of Jasenovac alive and visible. Contributions for the Fund
for Genocide Research, which is the only active legal institution
dedicated to the research of genocide committed on the territory of
former Yugoslavia, now going unabated in Kosmet against the
non-Albanians, can be wired to:

Vojvodjanska Banka, Beograd,

* Dinars: account no. 355-1044680-61
* Foreign currency: BUBY 22 zr. 355-000000901002282, acc.no.: 5475
(saving no. 4244200481)
* In Dollars: Intermmediary Bankers Trust, New York, NY Account
#56A: BKTRUS33 57A: /04-415-457, VBUB 0S22
* EUROs: Intermmediary 56A: COBADEFF (Commerzbank Frankfurt)
* Sterling Pounds: Intermmediary 56A:NWBKGB2L National Wenstminster
Bank PLC London
* Beneficiary Customer 59:4244200481;

Fund For Genocide Research, Director: Dr. Milan Bulajic
Ulica 27 marta br. 24, 11000 Belgrade, Serbia and Montenegro
Tel/fax: +381 11 334 77 58 and +381 11 323 87 90
E-mail: <milanbulajic@...>

Dr. Milan Bulajic, President
Fund For Genocide Research

( Na srpskohrvatskom ovde:
http://guskova.ru/misc/balcan/2004-04-22 )

http://komunist.free.fr/arhiva/jan2005/mirkovic.html
Arhiva : : Januar 2005.

Rodoljupci iz Topčidera

Vlada Srbije formirala je ovih dana Savet za Kosovo, na čijem je čelu
predsednik vlade, a odmah zatim i Fond za Kosovo radi obezbeđenja
novčanih sredstava za rad Saveta. Ovo su zadnji bedni pokušaji jedne
nesposobne vlasti da samostalno rukovodi zemljom i rešavanjem njenih
najkrupnijih problema, pa to prikriva raznim spektakularnim potezima
poput navedenih. Ne može vlada koja slepo i poslušno sledi politiku
SAD, EU i NATO po svim pitanjima da ima drukčiji stav od njih ni po
pitanju Kosova. Zato narodu osetljivom na samo pominjanje tog pitanja
treba stalno vezivati "crnu maramu" preko očiju kada se ono nađe na
dnevnom redu. Božićni prijem predsednika vlade u Topčideru (Dom garde)
za donatore koji treba da napune kasu ovog jadnog Saveta je nastavak te
priče. Jedina vredna stvar na tom prijemu su TV kamere jer su
zabeležile sve aktere kojima Albanci imaju biti zahvalni ako Kosovo
dobije nezavisnost.

U taj scenario uklopila se i SPC, zapravo njen vrh, koji je i
najkrivlji za sva krvoprolića, paljevine i pljačke na Kosovu jer je
svojom verskom politikom mržnje i netolerancije među Srbima i Albancima
i doveo do oružanog sukoba. Ne brine on za Kosovo i Srbe koji tamo još
žive, a među njima i mnogi monasi i monahinje, već za svoja bogatstva -
zemlju, šume, vinograde, što treba da im omogući lagodan i raspusnički
ovozemaljski život. Grabež koju ispoljava SPC u sticanju bogatstava
danas u Srbiji tokom privatizacije samo pokazuje istinitost iznetog.

Prenošenje nadležnosti i svih poslova vezanih za Kosovo na Čovićev
komitet Vlada Srbije se sve vidljivije uklapa u plan SAD i EU o
stvaranju nezavisnog Kosova. Najaktivniji u sprovođenju ovog plana su
potpredsednik vlade M. Labus i ministar spoljnih poslova zajednice
"koja ne postoji" V. Drašković i, naravno, najrevnosniji u toj ekipi B.
Tadić, čije su zasluge za novi poraz na Kosovu najveće. Oni su
najrevnosniji službenici SAD, EU i NATO. Zahvaljujući njima Srbija
ulazi u 2005. godinu, kada se rešava status Kosova, sa uškopljenim
sistemom odbrane i bezbednosti. Služba bezbednosti nema pojma šta se
događa na jugu Srbije a kamoli na Kosovu, zašta su najbolji dokaz
martovski događaji na Kosovu 2004! Ko je od rodoljubaca iz Topčidera
tih dana bio na Kosovu da zaštiti Srbe i njihove kuće, manastire? Niko!
Oni su lili "krokodilske suze" po Beogradu! Ali, da služba bezbednosti
i kojim čudom sazna o zlu koje se sprema od toga ne bi bilo velike
koristi jer Srbija nema vojsku! Od društvene institucije koja je
uživala skoro stopostotno poverenje naroda , stigla je u takvo stanje
da na nju u zemlji niko više ne računa kao na snagu koja može da utiče
na bilo šta. Ona je postala teret sadašnjoj vlasti koja smatra da su
odbrana i bezbednost zemlje već stvar SAD, EU i NATO. Nije ni čudo što
je, posle nesretne pogibije mladog Albanca (Dasnim Hajrulah) na granici
Srbije i Makedonije Riza Halimi, "mali Rugova" iz Preševa, zatražio da
se vojska i policija povuku iz Preševske doline i da u nju uđu
međunarodne snage!

Otkuda ta bezobzirnost i odlučnost SAD, EU i NATO da stvore nezavisno
Kosovo? Kosovo je jedan od najočiglednijih primera uspešnosti
socijalističkog sistema u SFRJ. Na temelju tekovina zajedničke borbe
Srba i Albanaca 1941-1945. (bratstvo i jedinstvo, zajednička svojina,
samoupravljanje) ostvareno je ono što je izgledalo nemoguće u dugoj
istoriji Kosova, kojom su dominirali albanski begovi i srpski knezovi -
zajednički život dva naroda i dve vere! Na Kosovu su ideje komunizma
ostvarile najubedljiviju pobedu nad kapitalističkom ideologijom. Zato
je tu i počelo razbijanje SFRJ još dalekih šezdesetih godina prošlog
veka (demonstracije albanskih separatista 1968.) i tu će se, po
planovima SAD, EU i NATO, i završiti 2005. Time bi se, po njihovom
mišljenju, zatro svaki trag komunizma na Balkanu kao sistema koji je
bolji za većinu ljudi od kapitalističkog.

Jedini koji se još ne predaju i koji se bore za opstanak na Kosovu su
Srbi koji tamo i dalje žive. Oni su to pokazali u martu 2004. Oni se
bore za svoje živote, svoju ličnu i zajedničku imovinu. Tih dana su
bili prinuđeni da u toj borbi upotrebe i oružje, što je , po mom
mišljenju, bilo od većeg značaja za zaustavljanje nasilja nego
intervencija KFOR! Da li je njihov otpor uticao na njihove sunarodnike
izbegle u Srbiju, koji po njoj drže mitinge i pišu pisma stranim
ambasadama i sudovima moleći ih za zaštitu i motivisao da odjure na
Kosovo i uključe se u tu borbu? Nimalo, koliko znam. Nema među njima
Obilića, sve Vuk do Vuka Brankovića.

Od vlade Srbije takođe ne treba očekivati da bilo šta uradi na vraćanju
Kosova u sastav Srbije. Samo smena ove kapitalističke, kapitulantske i
kvislinške vlasti, za koju je glasalo jedva 50 odsto stanovništva
Srbije, a na lokalnom nivou tek 30 odsto, i izbor nove, u kojoj bi
dominirali radnici, može zaustaviti ovaj nacionalni i socijalni
sunovrat i vratiti nam pozicije nezavisne i samostalne zemlje u svakom
pogledu, sposobne da takva opstane u današnjem svetu u kome dominira
nasilje velikih sila. Mi smo nekada bili primer stotinama zemalja da je
to moguće. Danas nam mnoge od njih pokazuju to isto jer su i velike
sile ranjive i male zemlje i mali narodi mogu ih, svojom hrabrošću i
pameti naterati da poštuju njihovo pravo da sami uređuju svoj život.
Današnja vlast, nažalost, nije ni hrabra a još manje pametna!

Činjenica da većina ljudi u Srbiji misli da su ekonomska i politička
rešenja u njoj za vreme socijalizma bila bolja i savremenija nego
današnja (brojne ankete i ispitivanje javnog mnenja, masovno osnivanje
novih društvenih organizacija i udruženja sa imenom Tita i Jugoslavije
itd.), čine realnom opciju brzog okupljanja i organizovanja
socijalistički i jugoslovenski orijentisanih političkih snaga u Srbiji
, koje će je vratiti na stabilne i progresivne puteve razvoja. To je
ujedno i poziv komunističkim strankama i organizacijama na jedinstveno
delovanje kao avangardne snage radnika odnosno svih ljudi koji žive od
svog ličnog rada.

Direktor "Centra Tito"
Stevan Mirković,
general u penziji

TERRORISMO UMANITARIO


Il "Corpo di protezione del Kosovo", organizzazione di copertura
dell'irredentista Esercito di Liberazione del Kosovo (formalmente
disciolto, in effetti responsabile dei recenti pogrom e
dell'instaurazione del regime di apartheid dal giugno 1999 in poi),
partecipa alle operazioni di "soccorso umanitario" alle vittime del
maremoto del sudest asiatico... Con la benedizione di USA, GB,
Germania, Francia ed Italia.


http://www.rferl.org/newsline/4-see.asp
Radio Free Europe/Radio Liberty - January 21, 2005

INTERNATIONAL COMMUNITY BACKS KOSOVA'S OFFER TO HELP TSUNAMI VICTIMS

UN officials and diplomatic representatives of the
United States, United Kingdom, Germany, France, and
Italy (known locally as "the Quint") agreed in
Prishtina on 20 January to back an offer by the Kosova
Protection Corps (TMK) to assist with relief work in
southeast Asia, dpa [Deutsche Presse-Agentur]
reported.
Mark Dickinson, chief British diplomat in Prishtina,
said that "the crisis in southeastern Asia is a good
opportunity for the [TMK] to prove their skills and
experience" in disaster-relief work.
The 5,000-strong TMK is modeled on a French civilian
organization. *It is headed by a former commander of
the disbanded Kosova Liberation Army (UCK) and
regarded by most Kosovar Albanians as the core of the
future army of an independent Kosova. Some of its
camps look very much like military installations, with
pictures of UCK heroes and memorabilia on display.* PM

(source: Rick Rozoff - yugoslaviainfo @yahoogroups.com)

(italiano / english / francais)

SOROS / NED / UCRAINA

1. Ucraina, Otpor e nonviolenza. Un commento di Bruno Steri.

2. Links on George Soros' subversion activities

3. People power? Or George power? (Mark Almond)

4. News:
- Soros Foundation: Ukraine 'Battle Between East And West'
- CENTRAL ASIA: Soros Foundation to continue despite setbacks
- Central Asia Speaks: Soros Falls from Grace in Central Asia

5. Altri link:
- Esportatori di rivoluzioni? Ma non fatemi ridere!
- Ukraine, la NED sur la défensive
- L'Ukraine : un modèle pour les relations transatlantiques ?
- Ukraine : l’opposition et le « modèle serbe »


=== 1 ===

COMMENTO DI BRUNO
STERI                                                                   
   

Roma, 20.1.2005

Un recente e argomentato libro di Luciano Canfora (La democrazia.
Storia di un’ideologia) ci spiega che l’etimologia del termine
‘democrazia’ riconduce alle nozioni di ‘popolo’ (demos) e ‘forza’
(kràtos): il popolo agisce sui rapporti di forza (talvolta anche
attraverso l’investitura di un princeps, di un principe), fa in qualche
modo violenza allo statuquo, per guadagnare una forma istituzionale che
sottragga potere ai pochi privilegiati, ai ceti forti. Questo è – in
radice e dal punto di vista della sua genesi storica – il significato
di ‘democrazia’. Duole notare che, da Atene ad oggi, tale termine sia
talmente logorato nell’uso da aver addirittura capovolto il suo senso.

Lo possiamo arguire dalla vicenda ucraina, il cui copione ripete quello
già sperimentato in Serbia (ex Jugoslavia) e in Georgia, e che in
sostanza ci fa capire come si “esporta la democrazia” nei paesi
dell’Europa dell’Est; ossia come si estende il dominio e il raggio
degli interessi capitalistici, coniugando nonviolenza, fondazioni e
servizi segreti statunitensi. Ormai tale questione è scomparsa dalle
prime pagine dei giornali, come se fosse stata anch’essa sommersa nel
dramma dell’onda anomala abbattutasi sul Sud-Est asiatico. E invece non
dobbiamo lasciar disperdere i suoi tratti politici essenziali.

Il suddetto genere di “soccorso democratico” ovviamente non
siimprovvisa, richiede un’adeguata organizzazione e ingenti risorse
finanziarie: devono essere mobilitate per settimane intere – giorno e
notte – decine di migliaia di persone e dunque occorre disporre di
cibo, medicine, vestiti, tende per il pernottamento. Il tutto offerto
gratuitamente, dai buoni pasto alle ricariche dei telefonini cellulari.
Come hanno riferito i resoconti giornalistici, Pora – l’associazione
che ha guidato i raduni di piazza a Kiev e organizzato il sostegno al
“democratico” nonché filo-occidentale Yushenko – ha ricevuto cospicui
finanziamenti dall’Open Society Institute del magnate pro-Kerry George
Soros e – per la par condicio – dall’International Republican
Institute, dal National Endownment for Democracy e dall’Usaid (Agenzia
Statunitense per lo Sviluppo Internazionale): solo quest’ultima – e
solo per l’Ucraina – ha devoluto 55 milioni di dollari.

Così, a suon di dollari, viene instaurata la democrazia in Ucraina –
poco importa che lo si faccia, come ha commentato con preoccupazione lo
stesso ‘Corriere della Sera’, al fianco delle croci uncinate dei
neonazisti – allo stesso modo in cui è stato fatto da Otpor in Serbia e
da Kmara! in Georgia, dove le medesime agitazioni di piazza hanno
insediato l’ultraffidabile (per gli Usa, si intende) Mikhail
Saakachvilli.

E’ davvero degno di nota che questi militanti dello “sviluppo
democratico” siano stati addestrati dalla Cia: dicono infatti le
cronache che il colonnello americano in pensione Robert Helvy li abbia
tutti riuniti a Budapest già nel 2000 e li abbia istruiti a dovere. Ma
quel che è più notevole è che il manuale adottato da tutti costoro e
distribuito a Belgrado in migliaia di copie è la Bibbia della
nonviolenza del guru americano Gene Sharp, From Dictatorship to
Democracy. Potenza dello “sviluppo democratico”: la nonviolenza al
servizio della Cia!

Dal suddetto libello sono tratte le 198 tattiche nonviolente pubblicate
– alquanto incautamente – da ‘Liberazione’ a giugno dell’anno scorso e
successivamente presentate come un prodotto del ‘movimento’: uno
scivolone che oggi, possiamo ben dire, appare in tutta la sua
equivocità politica. Così come sarebbe politicamente assai grave, a mio
parere, se iscritti a Rifondazione Comunista partecipassero o
aderissero a iniziative tese a promuovere il suddetto genere di
“sviluppo democratico” targato Cia, quale appunto la cosiddetta
“Tournée dell’amicizia” lanciata dall’ucraino Pora: con la non
esaltante prospettiva di ritrovarsi tra i filosionisti di Pannella e i
“democratici” di Azione Giovani e Forza Nuova.

Secondo l’Economist, prossimi obiettivi del “soccorso democratico”
saranno Russia e Bielorussia, ma pressanti richieste pare arrivino a
questi free-lance della democrazia anche da Venezuela e Cuba. Il quadro
mi sembra sufficientemente chiaro: esso impone ai comunisti di
assicurare un’attenta e costante controinformazione e di alzare il tono
della denuncia politica.

 
P.S.: Allego, per chi non l’avesse letto, un significativo articolo sul
merito della questione comparso a suo tempo su ‘Il Riformista’ [vedi al
link:
https://www.cnj.it/documentazione/riformista241204.doc
"LA NUOVA GENERAZIONE DI RIVOLUZIONARI. SI SCRIVE PORA O OTPOR, MA SI
LEGGE SOROS. Giovani, nonviolenti e popperiani: hanno cominciato a
Belgrado, vinto in Georgia, dilagato a Kiev." Da Il Riformista del
24/12/2004. ]


=== 2 ===

The Secret Financial Network Behind "Wizard" George Soros (by William
Engdahl)
http://www.questionsquestions.net/docs04/engdahl-soros.html

It-s time for George Soros to visit Armenia and arrange one more
revolution? (by Vasily Bubnov)
http://english.pravda.ru/printed.html?news_id=12482

The 'Sorosization' of the world
http://www.pittsburghlive.com/x/tribune-review/opinion/columnists/
datelinedc/s_181896.html

New Statesman: Soros is the uncrowned king of eastern Europe (by Neil
Clark)
http://www.thetruthseeker.co.uk/article.asp?ID=835

GEORGE SOROS, BIG MONEY, THE DRUG CARTELS, AND THE BUYING OF THE
PRESIDENT, 2004
http://www.usasurvival.org/ck091504.shtml

The Dark Lord Soros
by A.M. Siriano - 26 January 2004
http://www.intellectualconservative.com/article3072.html

Georgia: Soros Foundation, Foreign NGOs Pay Leaders, 12,000 Officials
(by Keti Sikharulidze)
http://www.messenger.com.ge/issues/0781_january14_2005/news_0781_2.htm


=== 3 ===

http://www.newstatesman.com/
site.php3?newTemplate=NSArticle_World&newDisplayURN=200411290007

People power? Or George power?

Mark Almond
Monday 29th November 2004

Observations on Ukraine. By Mark Almond

George Soros, the billionaire philanthropist, promised to "spend
whatever it takes" to defeat George W Bush. So when the president was
returned to office, he said he felt like retiring to a monastery. Yet
outside America, the missionaries of Soros's lavishly funded Open
Society foundations march in parallel columns with the Bush
administration. Domestic enmities don't stop the two Georges presenting
a united front abroad when it comes to promoting friends and punishing
foes.

A year ago, they jointly helped topple Georgia's president Eduard
Shevardnadze by putting financial muscle and organisational metal
behind his opponents. Now Ukraine has felt the full force of their
displeasure.

Bush's representatives have alleged fraud in the presidential elections
held on 21 November, which ended in victory for the current prime
minister, Viktor Yanukovich, who is regarded as pro-Russian. Meanwhile,
Soros's activists have marched in support of the west's favoured
candidate for president, Viktor Yushchenko, and have provided the
visiting media and election observers with allegations of fraud and
intimidation.

The principal charge is that the official results are at odds with exit
polls run by what western embassies call "independent" polling agencies
(ie, agencies partly paid by western funds channelled through the
embassies). Sound familiar? The exit polls in America's presidential
elections were also wildly out. As Michael Meacher reports (page 22),
the official result in Florida, for instance, was 7 per cent worse for
John Kerry than the exit poll. The Republican senator Richard Lugar was
in Ukraine, but he didn't caution locals against taking exit polls at
face value.

I talked with two exit pollsters in western Ukraine. They stopped every
20th voter and asked how he or she voted. There was no weighting by age
or class. Forty per cent refused to answer. Of the rest, 80 per cent
said they voted for Yushchenko. But things are not so simple. The two
pollsters were also local figures, known as pro-Yushchenko journalists.
Mightn't a Yanukovich voter be shy of stating a preference to them?

Despite allegations about media bias towards the prime minister, you
would hardly have known, from what I saw of local TV channels in
western Ukraine, that he even existed. Even on polling day, Yushchenko
and other public figures were shown voting, but not the prime minister.
And on election eve, the Eurovision Song Contest winner Ruslana and
other pop stars big in Ukraine appeared sporting orange
(pro-Yushchenko) symbols.

One observer, the Tory MEP Charles Tannock, compared Ukraine to
despotic Turkmenistan because Yanukovich was almost unanimously
endorsed by his home region in eastern Ukraine. But then Yushchenko got
votes of 90 per cent or more in western regions. Maybe both candidates
have enforcers in their own regions who can stuff ballots. What is
certain is that western observers never cry foul when a Soros-backed
candidate gets a Saddam-style result. They, like the western media,
prefer the modern fairy tale of "people power": plucky, freedom-loving,
youthful opposition versus slab-faced, ex-communist apparatchiks and
oligarchs.

Western election observers in Ukraine were led by the Labour MP Bruce
George, who was their chief in Georgia last year. His criticisms helped
get the steam up for "people power" there. Yet a few weeks after
Shevardnadze was ousted, he saw nothing odd when the west's favoured
candidate won 96 per cent of the vote to replace him. Generous George
Soros stepped in to pay the salaries of the new president's ministers
and policemen in Georgia. Soros's business partner Kakha Bendukidze
became economy minister.

Does Soros have similar partners-in-waiting for Ukraine? We shall see.
But though they are enemies at home, Bush and Soros always seem to be
on the same, winning side abroad.
This article first appeared in the New Statesman. For the latest in
current and cultural affairs subscribe to the New Statesman print
edition.


=== 4 ===

http://www.newsday.com/news/local/wire/ny-bc-ny--ukraineelections-
1129nov29,0,1305243.story?coll=ny-ap-regional-wire

Newsday / Associated Press - November 29, 2004

Prominent Ukrainian-Americans express hope for resolution

By RICHARD PYLE

NEW YORK - Prominent Ukrainian Americans expressed
hope on Monday that a high court in Kiev would nullify
the Nov. 21 victory of Prime Minister Viktor
Yanukovych in balloting that opponents claimed was
blatantly rigged in his favor, but they differed on
how it might resolve the crisis.
One expert said that even if the Supreme Court ordered
a new election, there was no guarantee that the
government would agree to give the pro-Western
candidate Viktor Yushchenko another chance.
"The court has ruled in his favor on issues in the
past and the government did not follow through," said
Adrian Hevryk, a representative of the Soros
Foundation, who returned last week from observing the
election in Kiev.
"The government is controlled by Yanukovych and it is
not in his interest. ... What we are seeing here is a
real battle between East and West, and unfortunately
it is coming down on the shoulders of the poor souls
freezing in the streets of Kiev," said Hevryk, whose
organization aims to build free and open societies
around the world.
....
The United States and the European Union agree the
presidential election results were marred by massive
fraud and cannot be accepted. Yushchenko, whose wife
is U.S.-born, says he wants to push the country to
greater integration with Western Europe.
Yanukovych, backed by outgoing President Leonid Kuchma
and Russian leaders, said Monday he did not believe
there was fraud, but "if there is evidence of
falsification, I will agree with this decision" to
hold a new election. He said, however, that it should
be limited to two provinces where it happens he has
strong support. ....

---

SOURCE: ANTINATO @yahoogroups.com
From: Rick Rozoff

http://www.irinnews.org/
report.asp?ReportID=44953&SelectRegion=Central_Asia&SelectCountry=CENTRA
L_ASIA

Irin News.Org - UN Office For The Coordination Of Humanitarian Affairs
- January 6, 2005

CENTRAL ASIA: Soros Foundation to continue despite setbacks

[This report does not necessarily reflect the views of
the United Nations]

ANKARA - The Soros Foundation has said it will
continue its work in the region and has dismissed
suggestions it was suffering from an image problem
with the authorities in Central Asia, where three out
of four of its country-based foundations have
encountered difficulties in their operations.
"I don't really feel it's a public relations problem.
I can't really speculate on the nature of an
authoritarian regime or its reactions," Laura Silber,
senior policy adviser for the Soros Foundation and
Open Society Institute (OSI), told IRIN from New York.
Her comments follow a report by a Turkish newspaper
that Tajik President Imomali Rahmonov had accused some
organisations, and in particular the Soros Foundation,
of acting to destroy Tajikistan's unity.
Rahmonov reportedly raised the issue at the Tajikistan
Democratic People's Party convention, which was closed
to the press, the Istanbul-based Zaman newspaper said.
The text of the president's speech was published in
Tajikistan's Minbari Khalk newspaper, claiming that
the Soros Foundation supported subversive radio
stations and newspapers such as Varorud, Odamu Olam
and Ruzi Nav. He went on to say, "The aim of these
mass circulation media is to destroy the Tajikistan
administration," the 30 December Zaman report added.
But according to Silber, the president later denied
saying this, describing the report as "recycled".
"That's actually not a subject of concern to us,
considering that President Rahmonov himself didn't say
what he is being quoted as saying," the Soros
Foundation official claimed.
However, given recent events in the region, perhaps
more concern is exactly what is needed. Just last
month, a branch of the Soros Foundation in Kazakhstan
was charged with tax evasion by the authorities.
"It seems that the Kazakh government wants to close
down the foundation," Dariusz Zietek, head of the
Soros Foundation-Kazakhstan (SFK), told IRIN earlier
from the commercial capital, Almaty, describing the
event as politically motivated.
According to Kazakh financial officials, a criminal
investigation was opened against the US-based
foundation funded by billionaire Hungarian-born
financier George Soros, after nonpayment of some US
$400,000 in back taxes it owned since 2001, plus some
$200,000 in penalties.
"As far as Kazakhstan is concerned, we're still
holding out hope that the foundation can continue to
operate, although there has been a pattern of
harassment," Silber conceded.
In Uzbekistan, in April 2004, the Soros Foundation,
which aims to promote open societies [....] by shaping
government policy and supporting education, media,
public health, and human and women's rights, as well
as social, legal and economic reform, was forced to
close its operations after the Uzbek authorities
refused to extend its registration, accusing it of
trying to discredit the government's policies.
Such incidents are hardly new for the international
foundation, currently active in more than 50 countries
worldwide. In 1998, the foundation was forced out of
Belarus, allegedly for using funds to finance the
Belarusian opposition, the BBC reported.
Why the Soros Foundation might be facing difficulties
in Central Asia is difficult to say. Some speculate
that the authoritarian [....] governments of the
region might be concerned at the possibility of a
Georgia-type revolution, a bloodless event in which
some believe the Soros Foundation played a role.
....
Meanwhile, the call for real political change in the
region cannot be denied. Just last month, a Kazakh
opposition delegation travelled to Ukraine to study
the methods used by supporters of opposition candidate
Viktor Yushchenko.
According to a member of the delegation, Tolen
Tokhtasynov, the ideas of both Georgia's Rose
Revolution and the Ukrainian protest movement were
finding fertile ground in Kazakhstan ahead of its 2007
presidential election, a Radio Free Europe Report
said.

[For more information on the Soros Foundation see:
http://www.soros.org/about%5d


http://www.newscentralasia.com/
modules.php?name=News&file=article&sid=1122

News Central Asia (Turkmenistan) - January 7, 2005

Central Asia Speaks: Soros Falls from Grace in Central Asia

Commentary

After Kazakhstan and Kyrgyzstan, Tajikistan has also
voiced concerns about the activities of Soros
Foundation. This completes the quorum.
In rapid sequence, Uzbekistan kicked out Soros,
Kazakhstan issued a back-taxes notice that is likely
to lead to closure of Soros offices, President Askar
Akayev of Kyrgzstan whipped Soros for interfering in
the society and President Imomali Rakhmanov of
Tajikistan told his cabinet of ministers that he
considered Soros a destructive presence for the
society.
Why has the entire Central Asian region united against
Soros, a supposedly philanthropic organization engaged
in grand and noble projects of absolutely the greatest
possible value to the primitive and barbarian
societies of Central Asia?
Here are, very briefly, some of the reasons:
One of the declared aims of Soros Foundation and its
downstream organizations is to create ‘Civil Society’
in Central Asian nations. This noble intention is
quite possibly based on the assumption that Central
Asia is inhabited by barbarians and uncivilized
creatures – ‘natives’ in short.
While treating the Central Asian people as
‘uncivilized’ creatures and their societies as
‘uncivilized’ societies, it would be useful to
remember that Central Asians have no genocide on their
hands. Neither Jews nor Native Americans - ‘Red
Indians’ of not long ago’ - came to the verge of
extinction at the hands of Central Asian people.
One must also not forget that while African Americans
- is *nigger* too embarrassing now? - were struggling
for their basic rights, guests of any colour and
religion were welcome in any Central Asian yurt. Then,
as now, black, white, brown and yellow people broke
bread in the same bowl in this uncivilized part of the
world. The Silk Road never had a colour-coded social
order.
None of the Central Asian countries are civilized
enough to subject their visitors to cavity searches.
People coming from different parts of the world are
not photographed and fingerprinted on arrival. How
uncivilized!
They have still not asked a visiting defence minister
of a friendly country or a serving general of a
‘coalition partner’ to take off their shoes at the
airport, an uncivilized inhibition that needs to be
discarded.
Apart from these obviously uncivil traits, there are
many other drawbacks in the Central Asian societies.
The cradle to grave social network that is not
dependent on the state is something that needs Soros
treatment. There is virtually no need for old peoples
homes because, by default, the youngest child looks
after the parents until their death. It is not a
burden to them; it is honour and pleasure - the
ability to return something of the love and care they
got in their infancy and childhood. It is a clear
violation of civil rights. A civilized society must
send its young to the boarding school and the old to
the old peoples home. Very young and very old are a
hindrance to the process of civilization.
Central Asian women, especially from rural areas, have
the nasty habit of covering their bodies. This
practice encroaches on the civil liberties of men. It
is irritating to see that only hands and face are
naked to the visible eye, I mean, visible to the naked
eye. People cannot develop their full potentials in
societies where acres and acres of female flesh are
not exposed to the environment – and to the lusting
eye.
Unmatched hospitality of the Central Asian people is
another source of concern. A civilized society is
where Sikhs can be mobbed and killed because they
resemble Muslims in appearance, where mosques can be
desecrated and burned, where people can be knifed if
they are coming out of a prayer house of that ‘other
religion’, where it is not safe to travel in the
subway, where jail wardens look the other way when
inmates beat and asphyxiate someone for being ‘weird’,
where hardly anyone knows who is living next door and
where skinheads can proudly practice racial
discrimination.
The trouble is that like most things American, Soros
approach is based on a monochrome template: Black and
white, American society and uncivilized society,
democracy or dictatorship, with us or against us.
The real world, the world where Central Asians live
along with most other nations, is not a cheap joke of
a bored God. It is not black and white. It is fully
alive in all the colours that anyone can perceive or
imagine.
Asserting that there is only one acceptable model of
democracy and that is American model and you better
take it or we would shove it down your throats, saying
that only a certain way of dressing and eating is
acceptable in the civilized world and you must do it
our way or we would force you to do it, propagating
that regime change is the only medicine for all the
ailments of a society, teaching that everything that
exists must be demolished to build something else,
chiding that nothing is right and everything is wrong
is not really the most imaginative way of serving any
people, least of all the Central Asian people who have
a collective heritage of thousands of years of
civilization.


=== 5 ===

Esportatori di rivoluzioni? Ma non fatemi ridere!

02.12.2004 scrive Luka Zanoni
Sono in molti a speculare sulla partecipazione degli ex attivisti di
Otpor nella crisi Ucraina, tanto che la stampa li descrive come
“esportatori di rivoluzioni”. Ma qual è la verità di tutto questo? Ne
parliamo con alcuni di loro

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3684/1/51/

Ukraine, la NED sur la défensive

Dans un article retentissant, diffusé par de nombreux médias
électroniques, Patrick J. Buchanan reprend les informations que nous
avons été les premiers à révéler sur la manipulation de la révolution
ukrainienne par la NED/CIA. Il dénonce le retour aux ingérences des
années 50 et demande la création d'une commission d'enquête du Congrès
sur les agissements de la NED. Nadia Diuk, de la NED, prétend au
contraire que la révolution ukrainienne est spontanée.

http://www.reseauvoltaire.net/rubrique981.html

L'Ukraine : un modèle pour les relations transatlantiques ?

Peter Mandelson présente le renforcement de l'atlantisme comme un moyen
de faire progresser l'indépendance de l'Europe et explique que pour
prévenir tout conflit entre les États-Unis et l'Europe, le meilleur
moyen est d'abattre les barrières commerciales qui les séparent. De son
côté, Robert Kagan voit dans la crise ukrainienne une opération
réussie, fruit d'une coopération entre les États-Unis et l'Union
européenne, un modèle pour l'avenir.

http://www.reseauvoltaire.net/rubrique980.html

Ukraine : l’opposition et le « modèle serbe »

http://www.balkans.eu.org/article4848.html

Inizio del messaggio inoltrato:

> Da: "Opera Nomadi" <operanomadi @ tiscalinet.it>
> Data: Gio 20 Gen 2005 19:11:01 Europe/Rome
>
> Oggetto: iniziative giornata memoria Opera Nomadi inviti

---

Opera Nomadi

Porrajmos lo sterminio dimenticato dei Rom e dei Sinti

Gennaio 2005

Altre iniziative A ROMA:

(...)

25 gennaio ore 11:30
c/o Scuola M.S. "F. Parri"
(Via Olcese 28, zona Tor Tre Teste)

26 gennaio ore 16:00
c/o Biblioteca Comunale Ostiense
(Via Ostiense 113a)

27 gennaio ore 18:00
Fiaccolata
(vedi sotto)

Le manifestazioni prevedono, oltre alla testimonianza e all’intervento
di testimoni e studiosi, la presentazione del libro:

“Il Porrajmos dimenticato, la persecuzione dei Rom e dei Sinti in
Europa"

Realizzato dall’Opera Nomadi con il contributo dell'Unione Comunità
Ebraiche Italiane (Fondo legge 249/2000) e la proiezione del DVD
allegato al libro

---

OperaNomadi Sezione Lazio
Ente Morale (DPR 347-26.3.1970)

in collaborazione con
COMUNITA’ EBRAICA di Roma
ANPI

27 Gennaio 2005
GIORNATA della MEMORIA
60° della Liberazione

Ore 18.00 Fiaccolata
da Piazza Santa Maria Maggiore a Via degli Zingari
davanti alla Lapide commemorativa del Porrajmos (sterminio) dei Rom e
Sinti

Presiederanno:

On. le Raffaela Milano
Assessora Politiche Sociali e Sanitarie

comandante
Massimo Rendina
Presidente ANPI

Ahmet Sejdic
Partigiano jugoslavo
rom

---

Il Porrajmos dimenticato

Le persecuzioni di Rom e Sinti in Europa

Edizione Opera Nomadi
Con il contributo
dell'Unione comunita Ebraiche Italiane
Fondo Legge 249/2000

a cura di:

Giorgio Bezzeccht Maurizio Pagani, Erika Rossi, Francesco Scarpelli,
Tommaso Vitale,
con la collaborazione di Michele Sasso

ricerca fotografica e coordinamento redazionale:

Francesco Scarpelli progetto grafico e art direction:

Antonio Boni progettazione multimediale DVD:

Mala (www.malasystem.com)


ringraziamenti:

Gloria Arbih, Giovanna Boursier,
Fabio Lossani, Roberta Migliavacca,
Marcelllo Pezzetti, Cedec di Milano,
Drop Out Officina dell'Immagine,
Alberto Melis
Prefazione

Zingari? Rom, Sin ti, Kalè.

La persecuzione da parte delle dittature nazifasciste del XX secolo non
è che un capitolo della lunga storia di pregiudizi e malversazioni che
il popolo Rom, che chiamiamo zingaro, ha subito e subisce, al punto che
molti ancora oggi sono restii a dichiarare la loro identità di fronte a
un Gagiò, un estraneo.

Ancora oggi, in Europa, gli zingari sono considerati un problematico
«corpo estraneo», dalle istituzioni prima ancora che dagli abitanti. A
dispetto di molte realtà sono definiti nomadi, la cui presenza va
rieducata, se non scoraggiata. In certi Land tedeschi vigono ancora
norme naziste che vietano la circolazione e la sosta di carovane e
roulotte zingaresche. In Italia, decine di interrogazioni parlamentari,
centinaia di interventi da parte delle amministrazioni o dei singoli
esponenti politici e istituzionali segnalano la persistenza di tutti i
pregiudizi più scontati. Sono sporchi e portano malattie,' sono furbi e
vagabondi, rubano le auto e svaligiano gli appartamenti. Nel 2000 il
sindaco di Cernusco sul Naviglio, vicino a Milano, cercava volontari,
che avrebbe pagato 2.500 Euro tratti dal bilancio comunale, per
spargere liquame su di un 'area dove alcuni rom avevano fermato le
proprie roulotte. Secondo il sindaco era un «atto di giustizia» per
risarcire i «danni» recati al benessere dei «cittadini».
Salvo eccezioni non si può dire che l'ostilità sia minore nella
società, fra la gente comune. A Roma, per dire di un imbroglione, si
dice che <fa lo zingaro», e «zingaro» è il colera in alcune zone della
Puglia e della Basilicata. Per non parlare dello spauracchio che li
dipinge come rapitori di bambini. Quello dello zingaro, insomma, è
ancora un cliché al negativo che si riflette nella rappresentazione dei
mezzi di comunicazione come nélle politiche amministrative.' non
concittadini, ma estranei, il cui contatto risulta pericoloso per gli
individui e per la società ospitante.
Chi studia la realtà sociale europea, segnala che sono proprio gli
zingari, oggi, i più esposti al rischio di esclusione, di
comportamenti e azioni xenofobe, razziste e persecutorie. Tutto ciò
mentre, senza rinunciare alla loro identità, si sono aperti alla
cultura dominante, la nostra, come mai era accaduto prima. In primo
luogo perché oggi possono frequentare le nostre scuole, e poi perché
anche loro condividono con noi l'immaginario prodotto dalla TV
I tempi sarebbero maturi, per tentare di comporre una dicotomia
lacerante, che accompagna questo popolo da quando è giunto in Europa, e
che ha
raggiunto il suo tragico culmine nella prima metà del novecento ma se a
farla da padrone restano diffidenze pregiudiziali e politiche sociali
emarginanti, talvolta conflittuali con gli stessi principi del moderno
Stato di diritto, risulta impossibile giungere a un maggiore livello di
integrazione sociale. Favorire questa integrazione tramite la
conoscenza e la comprensione delle radici storiche e sociali che hanno
prodotto la situazione di oggi, è proprio lo scopo di questo lavoro,
che ci ha impegnati per quasi due anni, e che intende fornire strumenti
di indagine e di approfondimento sulla storia degli zingari e delle
loro secolari tragedie.
Un libro dunque, corredato da una ricca bibliografia, che ricostruisce
il percorso degli zingari europei seguendo un 'ottica
interdisciplinare, e che si chiude con l'intervento di Tommaso Vitale,
docente di Sociologia all 'Università Bicocca di Milano, sulla
condizione odierna a Milano e in Italia. Un DVD-Rom multimediale,
ancora, che segue l'impostazione del libro e raccoglie, oltre a un
documentario sulla persecuzione in Italia (Porrajmos, una persecuzione
dimenticata), interviste e testimonianze video rilasciate da
sopravvissuti, e numerosi documenti storici e fotografici, offerti a
insegnanti e studenti per preparare lezioni e avviare ricerche, tesi e
dossier. Per cominciare a conoscere. Per non dimenticare.
Per ricordare che la nostra civiltà, a sessant'anni dal Porrajmos
(1ermine che, come Shoah per gli ebrei, indica lo sterminio o, in senso
letterale, distruzione, divora mento), ha il dovere di sorvegliare, di
non dimenticare le proprie responsabilità, e soprattutto di avere ben
presente che esiste un universo umano degno di rispetto anche dietro
all'espressione «zingaro».
Un 'espressione che alla fine, con l'ironia di chi viaggia e conosce,
loro stessi hanno imparato ad accettare, anche se preferiscono
chiamarsi Sinti, che contiene la radice fonetica della più antica
provenienza, o Kalè, in Spagna, che ancora risuona di India.
E soprattutto Rom, che non vuol dire nomade, ma uomo libero.

Francesco Scarpelli, Frika Rossi

Introduzione

Una delle difficoltà nelle quali ci siamo imbattuti in avvio di lavoro,
è stata la distinzione fra storia e memoria: la prima quale
ricostruzione dei fatti accaduti, che ormai appartengono al passato la
seconda come fenomeno in continuo divenire che appartiene al presente.
E’ il tempo presente, ormai si sa, a scandire il trascorrere dell
'esperienza colletti-va del popolo Rom, che non ha forma scritta per
trasmettere la propria parola (ma ben più impellenti problemi legati
alla sopravvivenza quotidiana), messa così da parte o più facilmente
ignorata dalla civiltà della scrittura. La scarsità delle fonti
disponibili in Italia, invece, continua a costituire un limite per la
ricerca storica sul Porrajmos, licenziando in modo sommario e
superficiale riletture assolutorie o revisionistiche degli eventi, tese
a minimizzare anche in questo ambito il peso del fascismo sulla storia
nazionale, le deportazioni, le stragi, il genocidio.
L'assenza nel nostro Paese, negli anni che precedettero la guerra e poi
durante il secondo conflitto mondiale, di un 'esplicita legislazione
razziale relativa agli zingari, non deve trarre in inganno.
In realtà già gli scritti sugli zingari degli scienziati Renato Semizzi
e Guido Landra, consulenti di Mussolini ed estensori delle Leggi
razziali, segnarono, fra il 1938 e il 1940 una prima svolta
significativa e poi un cambio di rotta repentino nella politica del
Regime. Inoltre l'ampia discrezionalità nell'applicazione estensiva di
alcune norme antiebraiche e il ricorso a disposizioni prefettizie in
materia d'ordine pubblico consentirono l'invio al confino e
l'internamento nei campi di prigionia dei rom sul territorio nazionale
o la deportazione verso lager nazisti, segnando una continuità di
sostanza con quanto di più cruento ed efferato andava avvenendo ad
opera dei tedeschi nei territori dell'Europa Orientale. I mm stranieri,
insieme a saltibanchi e girovaghi, vennero a trovarsi nel mirino della
polizia fascista già dal 1926, respinti oltre frontiera benché
provvisti di regolare passaporto. Nel 1938 ebbero inizio nelle regioni
del Nord Est vari rastrellamenti e deportazioni in massa di famiglie
rom verso il meridionale e le isole. La repressione mostrò ben presto,
dal 1941, in conseguenza dell'occupazione nazifascista dei territori
jugoslavi, il suo aspetto più cruento ad opera dei nazionalisti
ustascha di Ante Pavelic, che, in più occasioni, tra il 1929 e il 1941,
avevano trovato protezione e rifugio in Italia, per volere dello stesso
Mussolini.
In seguito alle prime disposizioni d'internamento inviate dal Capo
della Polizia di allora, Arturo Bocchini, ai Prefetti del Regno e al
Questore di Roma con Circolare dell'li settembre 1940, zingari
stranieri e italiani furono arrestati e trasferiti nei campi
provinciali allestiti dal Ministero dell’Interno a Bolzano, Berra,
Boiano, Agnone, Tossicia, Ferramonti, Unchiaturo e nelle isole, tra cui
la Sardegna, la Sicilia e le Tremiti, in regime di internamento libero,
in cui i rom
si dispersero, sprovvisti di ogni mezzo di sussistenza.
Nel 1941, con Circolare 27Aprile, il Ministero emise quindi un ordine
esplicito finalizzato all'internamento degli zingari italiani, che
andarono ad aggiungersi, in molti casi in luoghi destinati
esclusivamente a loro, agli oltre cinquanta campi destinati
all'internamento civile. Ad Agnone, nei pressi di Campobasso, vennero
così a trovarsi zingari jugoslavi a cui si aggiunsero dal luglio 41
cinquantotto rom provenienti dal campo di Boiano (rinchiusi nei quattro
capannoni di un ex tabacchificio), in condizione di estrema indigenza e
di pessima igiene. A Tossicia vennero rinchiusi 118 rom sloveni, che
trovarono scampo con la fuga, dopo l'otto settembre del 1943, unendosi
in Emilia, Liguria e Piemonte, anche alle milizie partigiane, nelle cui
fila combatterono alcuni rom e sin ti insigniti della medaglia d'oro
per la Resistenza.
I documenti disponibili non possono raccontare tutto, specie quando
sono trascritti solo da altri, perché trascurano la dimensione orale e
sociale delle testimonianze raccolte tra i sopravvissuti, e che invece
ci portano a rifiettere su una condizione dei rom molto più critica e
pericolosa, conseguenza dell'adesione del Regime a una più ampia
politica razziale estesa anche agli zingari. Tranne che in studi più
recenti, «la memoria custodita nelle comunità rom» è stata di fatto
ignorata, tralasciando di indagare i racconti dei perseguitati e di
incrociarli con i dati riscontrabili negli archivi statali, comunali,
delle questure e dei giornali dell’epoca, rimuovendo e tacendo un vuoto
storico e una forte responsabilità sociale. I piani di sterminio del
popolo rom vennero attuati non solo nei territori annessi dal dominio
nazista ma anche dai governi collaborazionisti, in particolare in
Romania e Jugoslavia, che furono, con la Polonia, tra i principali
teatri di questa efferata persecuzione. Molto si è scritto sul «campo
zingari per famiglie» il famigerato Zigeunerlager di Auschwitz
-Birkenau e sugli esperimenti condotti su cavie umane dal Dottor
Mengele e dai suoi collaboratori, i cui crimini sono rimasti largamente
impuniti. Poco o nulla si conosce, invece, della tragedia del campo di
Jasenovac, in Croazia, attivo dal novembre 1941 al 25 Aprile 1945 nella
regione di Lonja, presso la linea ferroviaria Zagabria - Belgrado, che
rappresenta l'altro luogo simbolo dei crimini commessi contro il popolo
rom dagli ustasha collaborazionisti. La persecuzione di rom e sinti in
territorio croato è già attiva nel luglio 41, prima con la schedatura
delle famiglie ad opera dei comuni, delle polizie locali e delle
prefetture, poi con i primi trasporti (29 aprile 41 da Zagabria – 300),
persone, e nel 42 la deportazione verso i luoghi di internamento
diventa di massa. Jasenovac, istituito sotto il nome di «comando dei
campi di raccolta e di lavoro», prevedeva la gestione di cinque
sottocampi: uno di questi Stara Gradisca, denominato il mattonificio,
per lungo tempo rappresentò la parte più spietata dell'internamento in
quanto «campo della morte principale», desti-
nato alla liquidazione di persone pericolose e sgradite per l'ordine
pubblico e la sicurezza.' ebrei, serbi, antifascisti croati ma
soprattutto zingari. il numero delle vittime di Jasenovac, stimato
dalla Commissione di Stato dcll'ex Jugoslavia si attesta fra le
seicento e le ottocentomila unità, una cifra non precisa, in quanto gia
nell'aprile del 1945 gli ustasha avevano eliminato quasi ogni traccia
dei loro crimini, distruggendo elenchi di vittime, riesumando cadaveri
per bruciarli e distruggendo gli edifici del campo. In Serbia l'armata
tedesca della Wehrmacht perseguitò e uccise in modo sistematico la
popolazione rom. Non c'è dunque modo di conoscere l'esatto numero di
quanti morirono nei campi di concentramento, o di fame e di freddo in
tutta Europa. Interi gruppi sparirono da zone di antico insediamento,
come l'Olanda, insieme alla generazione degli anziani, depositari del
sapere e delle tradizioni. Non solo i limiti della precisione
statistica e lo stato di guerra generalizzato, ma la stessa struttura
sociale dei gruppi e il loro prudente mimetismo, che rendeva parziale
il censimento anagrafico dei nuclei familiari, la forte dispersione
territoriale, le sommarie registrazioni degli internati e la
distruzione dei documenti rendono arduo anche un calcolo
approssimativo. I fatti che col trascorrere del tempo sono emersi dalle
testimonianze e dai documenti ritrovati, hanno riproposto la
comparazione di un destino comune fra ebrei e zingari: che cioè
quest'ultimi, fatte salve le distinzioni, siano stati perseguitati, al
pari dei primi, in quanto biologicamente esistenti e non, come
sostenuto fin dall'immediato dopoguerra, per la loro presunta
asocialità. Senza contare che anche per sinti e rom vale ciò che
qualcuno ha sostenuto ovvero: «non è … verosimile il ritrovamento di un
ordine scritto da Hitler circa lo sterminio degli ebrei europei...
quanto maggiore è il crimine, tanto minore è la possibilità che se ne
trovino prove scritte al livello più alto di un Governo...». Oblio
degli eventi e obbligo morale di dichiararsi a favore della memoria
scadono, oggigiorno, talvolta, nel pericolo di un facile conformismo,
una banalizzazione del male tale da esorcizzare e liquidare la
questione della colpa e delle responsabilità che rimangono in molti
casi ancora aperte.
A sessant'anni dalla liberazione di Auschwitz, occorrerebbe che la
società tutta si interrogasse sulle vicende di quel passato e al
rapporto tra i popoli europei e quello zingaro, e su quanto
insidiosamente le ideologie di ieri si nascondano in molte critiche e
pregiudizi dell'oggi.

Maurizio Pagani,
Vicepresidente Opera Nomadi Milano Coordinatore del Progetto

Giorgio Bezzecchi,
Ricercatore e Segretario Nazionale Opera Nomadi

http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2005-01-22.html

BEOGRADSKI FORUM: Saopštenje za štampu

BEOGRADSKI FORUM ZA SVET RAVNOPRAVNIH
Beograd, 21. januar 2005. godine

Svim medijima

Nacionalni i državni prioriteti i Haški tribunal

Na konferenciji za štampu Beogradskog foruma za svet ravnopravnih,
razgovaralo se o nacionalnim i državnim prioriteima, i o Haškom
tribunalu, onako kako ova pitanja vidi ova nezavisna, nestranacka i
nevladina organizacija. O tim temama govorili su akademik Mihajlo
Markovic, Predsednik programskog saveta Foruma, univerzitetski
profesori Oskar Kovac i Oliver Antic, general-potpukovnik Radovan
Radinovic i raniji ministri inostranih poslova Vladislav Jovanovic, i
Živadin Jovanovic predsednik Beogradskog foruma.

Povod je pojavljivanje dve nove knjige Beogradskog foruma posvecenih
ovim temama, ciji su autori, pored govornika na današnjoj konferenciji
akademici Kosta Cavoški i Kosta Mihajlovic, unirzitetski profesori
Mirko Zurovac, Ljubiša Lazarevic, Jelena Guskova, Pavle Bubanja, Milan
Vucinic, Caslav Koprivica i drugi javni delatnici.

Zajednicka ocena je da Srbija, odnosno i Srbija i Crna Gora, nema
nacionalnu i državnu strategiju ni kad je rec o ocuvanje države,
jedinstva njene teritorije i suvereniteta, ni kad je rec o ekonomskom
i kulturnom razvoju. Ocenjeno je takode da ne postoji ni strategija
spoljne politike. Razoren je sistem odbrane i bezbednosti ne radi
ulaska u Evroopu, vec radi udovoljenja NATO paktu. Zbog toga, više
nego ikada u modernoj istoriji, u opasnosti su vitalni legitimni
interesi države i nacije, njihovo mesto na Balkanu, Evropi i svetu.
Narod se obmanjuje politikom koja štiti strane interese uz frazeologiju
da je to put u Evropu, u prijateljstvo sa Amerikom, u demokratiju i
opšti procvat.

Jedan od ucesnika je rekao da je ovih dana strana država otkrila
srpskoj javnosti da u ministarstvima naše države, ukljucujuci resore
odbrane, unutrašnjih i spoljnih poslova, rade strani savetnici, kao
instruktori. On je podsetio da je tako bilo u slucaju kvislinške
Nediceve vlade za vreme okupacije.

Oni su naglasili, da ne postoje nikakvi opravdani razlozi da se u vezi
sa Kosovom i Metohijom, Srbija drži nejedinstveno, snishodljivo i
kolebljivo onako kako to cini sadašnja vlast. Pravna, politicka i
moralana pozicija Srbije je jasna: Kosovo i Metohija je integralni deo
srpske državne teritorije i niko ga ne može oduzeti , niti trgovati s
njim u ime nekakvih ''viših interesa''. Govornici su se založili da se
u novi Ustav Srbije uvrsti odredba da je Kosovo i Metohija, pokrajina
sa širokom autonomijom, u sastavu Republike Srbije. To je evropski i
civilizacijski standard.

Ucesnici konferencije su obavešteni da je Beogradski forum do sada
izdao 15 knjiga sa temama iz unutrašnje i spoljne politike,
organizovao više desetina konferencija i okruglih stolova. Najavljeno
je i skoro izdavanje dve nove knjige – Intelektualci i stvarnost u
Srbiji i Spoljna politika Srbije i Crne Gore. Za 19. februar
predvidena je Skupština Beogradskog foruma o problemu Kosova i
Metohije.

Predsednik

Živadin Jovanovic

http://www.artel.co.yu/sr/izbor/jugoslavija/2005-01-15.html

PRIZNAJEM

Spomenka Deretic, novinar
informgraf @...

Beograd, 15. januar 2005. godina

O mrtvima sve najbolje, ali samo na sahranama. Inace, svetska bi
istorija licila na Andersenovu bajku "Carevo novo odelo", svi bi se
pravili da ne vide kako je car go. Narikace bi Nerona ozalile kao
ljubitelja umetnosti, a i Hitelera svakako, pa bi i Medlin Olbrajt
oplakale kao plemenitu lepoticu. Posto nisam narikaca, a ni sestra
Baticeva, niti sam strasljiva, priznajem da nikako ne mogu da oprostim
lideru DS-a i upokojenom premijeru Srbije Zoranu Djindjicu sto je
preko nemacke televizije ARD (a er de) sedamdeset sestog dana napada
NATO-a na Jugoslaviju trazio da se nastavi bombardovanje sve dok ne
padne rezim Slobodana Milosevica. Zapamtite: svako ko je poginuo ili
je bio ranjen posle sedamdeset sestog dana od 24 marta lezi na dusi i
Zorana Djindjica. Mogu da se pravim da ne znam kako je Djindjic bio
kum sefa surcinske mafije kako se tajanstveno i naglo obogatio, kako
je obmanjivao narod da ce se u Srbiju sliti milijarde dolara kada
demokrate dodju na vlast (mogli su mu poverovati samo glupaci ili
ocajnici), kako ce Evropa Srbima ukinuti vize, ali nikada necu Zoranu
Djindjicu oprostiti sto je Srbiju povukao u provaliju. Bio je to samo
jedan vest i vispren mangup.
Priznajem da nikada necu oprostiti onima koji su unistili nasu vojsku.
To nije uspeo NATO iako se svojski trudio. Jednoga dana cemo moci da
procitamo i ruske podatke koliko su stvarno nasi branioci unistili
NATO-vih aviona a, bilo je i nekoliko pokusaja natosaveznicke pesadije
da iz Albanije pocne kopnenu ofanzivu, a sve bezuspesno. Vojsku
Jugoslavije (D.Z.S.CG.) unistavju a uskoro ce dokrajciti domaci
janicari. U Srbiji sada, u orvelovskom novogovoru nazivaju reformom
vojske ono sto znaci njeno unistenje. Jos nisu Tadic i Davinic
dovoljno uradili. Jos nema dovoljno hemafrodita sto umesto u kasarne
idu u staracke domove, obdanista ili kabinete. Jos americka televizije
BEEE 92 nije dovoljno nasu vojsku oblatila. Pa ni Atlantski savez
Srbije i Crne Gore koji se zalaze za nas ulazak u NATO ( NATO nas je
bombardovao, bezumnici iz Instutita za Geopolitcka istrazivanja
vlasnika Reljina) nije dovoljno casnih srpskih oficira penzionisao.
Tek predstoji, kladim se da se srpska vojska "reorganizuje" po
regionima, da postane seljacka straza da se u korenu zatre i svaka
pomisao na odbranu Srbije. Sta li nam sve satansko spremaju Jankovici
janicari? ( Pavle Jankovic je, na primer, zamenik ministra vojnog
americkog Davinica, i diplomirao je i navodno magistrirao u Londonu ne
znam sta, ali znam da potpisuje dokumenta koja salje NATO- u).
Priznajem da bih streljala svakog ko je izdao otadzbinu i unistio nasu
vojsku. Bog im dao po zasluzi. Djavo uvek svom segrtu naplati racun.
Kostunicin ministar spoljnih poslova, kome je Bog oduzeo pamet,
smutljivac Vuk Draskovic, predlozio je zakon o izjednacavanju cetnika
i partizana i radikalima je, koji su za ovaj Zakon glasali, oduzeo bar
10% odsto glasova na buducim izborima. Zemlja propada, Albanci hoce
nezavisno Kosovo i Metohiju, gazde nasih kolaboracionista hoce Srbiju
da uniste, a ministar spoljnih poslova razmislja o vojnicima koji su
se borili pre 60 godina, od kojih je vecina mrtva, pa Draskovic,
nevernik, preuzima posao Boga. Umesto sto je prosetao Vatikonom i sa
zenom Danicom zaljubljeno gledao u Vojitulu (a u Solanu zvirka kao
Romeo u Juliju) Draskovicu Vuku bolje bi bilo da klekne pred Putina i
da moli pomoc Rusije da nam Zapad ne pojede Kosovo i Metohiju. Da ne
zaboravim: mnogo se kolaboracionisti trude da srpski narod okrenu
protiv Rusije. Tacno je, nije nam Jeljcin pomogao , ni Kozirjev, ni
Ivanov ni Cornamirdin (crna njuska). Ali jeste ruska Duma, jesu ruske
patriote generali, i jeste ruski narod. Srbi pamtite: Rusija , Kina i
Indija jesu jedine velesile koje nas nikada nisu napale, ni
bombardovale naravno. Sta je Srbija dobila kada je pred Briselom i
Vasingtonom pocela da puzi? Prezir. Zapad nista Srbiju manje ne mrzi
samo je sada jos i prezire. Mislim da nece jos mnogo vode proteci
Moravom pre nego sto ce Brisel i Vasington pristati, a u stvari
traziti da se i ovaj jad od drzavne zajednice pocepa na tri drzave: na
Kosovo i Metohiju kao drugu albansku drzavu na Balkanu na Crnu Goru i
na predkumanovsku Srbiju. Cak slutim da ce i tu iskasapljenu Srbiju
pretvoriti u regije da bi nekakve slepe i sakate regijice usle u
evropske integracije. Lepo kaze predsednik opstine Presevo Ragmi
Mustafa : " ako je Srbija zaista opredeljena za evrospke integracije,
onda ce prihvatiti nase zahteve" a albanski zahtevi su, sto je Brisel
pozurio da pozdravi, da se nasa vojska povuce sa granice sa
Makedonijom i da se otvore granicni prelazi i tamo gde ih do sada nije
bilo, da bi albanski teroristi lakse mogli da idu iz Makedonije u
Srbiju i obrnuto. Nevladina organizacija Medjunarodna krizna grupa,
inace glavni generator svih sukoba na Balkanu sada tvrdi da su po
"medjunarodni mir Kosovo i Metohija opasniji cak od Iraka i
Avganistana". A Srbi unistili vojsku!
Priznajem da ne verujem da je srpska vojska u Srebrenici ubila 7800
muslimana. Znam (zivi su svedoci) da su mudzahedini Nasera Orica pekli
na raznju Srbe pohvatane u selima u Srebrenickoj opstini. Srpski
seljaci u Kravicama su gotovo svi pobijeni. Oricevi vojnici pobili su
3000 srpskih civila u srebrenickoj opstini. A bosansko Podrinje je
usko, svako svakog zna i Srbi muslimane i muslimani Srbe, decenijama su
susedi. Verujem da su se rodjaci pobijenih Srba osvetili onim
muslimanskim vojnicima prerusenim u civile koje su prepoznali kao
ubice. Ali da Srbi ubijaju muslimanke i njihovu decicu ne verujem. U
to mogu da poveruju Borka Pavicevic, Nikola Samardzic, Natasa
Miljkovic, Sonja Biserko, Natasa Kandic, i jos po neki janicar ili
degenerisani mazohista.
Ne verujem da su u to poverovali ni oni nesrecnici iz Republike Srpske
jad od funkcionera Cavic, Mikerevic i Ivanic iako su potpisali sramno
priznaje da su u Srebrenici Srbi pobili 7800 muslimana. Srpsko
rukovodstvo u Bosni i Hercegovini kladim se da je ucenio prljavi
britanski sektas (sajantista) Pedi Esdaun. On je Srbe prevario pa
zgazio. A za kolaboracioniste u Banja Luci vazi isto sto i za njihove
drugare u Beogradu i Podgorici. Ako znaju da razmisljaju znace i kako
uvek kolaboracionisti prolaze, kada svane sloboda.
Priznajem da je Srbija dosla do ivice provalije. Brisel i Vasington ce
joj predloziti da hrabro zakoraci napred.
Procitajte drugu najbolju knjigu - Orvelovu "1984" !

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http://www.artel.co.yu/sr/izbor/jugoslavija/2005-01-22.html

KAZNITI KRIVCA

Mirela Beloševic, novinar
informgraf @...

Beograd, 18. januar 2005. godine

Godina u kojoj je jedan od najvažnijih poslova restrukturiranje
velikih javnih preduzeca pocela je štrajkom JAT ervejza.To je inace
treci ili cetvrti štrajk u ovom javnom preduzecu u poslednja dva
meseca. Ovog puta štrajkuju piloti. Bezocno protestvuju u zemlji gde
su plate 10 i više puta manje od njihovih. Doduše, nisu primili platu
za novembar ali sa najmanjom platom od 130 000 dinara mogli su da
izdrže bolje nego oni koji primaju u drugim firmama 13 000 dinara.
Prilikom ranijih štrajkova tražili su da im se plate povecaju za iznos
koji je u velicini celog primanja radnika i intelektualaca. Dozvolili
su sebi da potpuno obustave saobracaj iako je zakonski predvidjeno da
se mora održati minimum 30 odsto saobracaja. Ministar za kapitalne
investicije Velimir Ilic nije se zbog toga narocito potresao jer mu
je, ruku na srce, bilo bitnije da poznatoj estradnoj zvezdi cestita
srpsku novu godinu na cacanskom trgu ( po sistemu hleba i igara, više
hleba nego igara) i organizuje narodu zabavu. Strašno je to što, ako
krivac i postoji on ovim štrajkom nije kažnjen. Piloti su kaznili one
koji su žurili avionom na neku neophodnu terapiju, neodložni sastanak,
one koji nicim nisu zaslužili da gube vreme po aerodromskim
cekaonicama. Medjutim, piloti su pouceni primerom svih onih koji su
kažnjavajuci narod (štrajkovi usred grada, obustave saobracaja)
izdejstvovali deo onog što su tražili. Potsetimo, isuviše cesto je
Vlada popuštala, gasila požar tamo gde ga nije na vreme predupredila.
Druga je prica što se direktori Jata smenjuju po politickoj
pripadnosti a u partiji koja stavi šapu na ovo javno preduzece nema
uvek kvalitetnih kadrova koji umeju da upravljaju ovakvim sistemom.
Štrajkovi i pretnje postaju vec morbidni, jer kako drugacije objasniti
pretnje da lekari nece izdavati smrtovnice ako im se ne ispuni obecano
povecanje plata. Ostaje nam samo da se zapitamo da li je moguce da smo
toliko daleko od svega što je civilizovano, da neko cak ne može da
sahrani najbližeg zato što neko drugi ima potrebu da nekog treceg
kazni. Ni u najvecem bolu obican svet nije poštedjen od korupcije.
Naime, kažu, postoji dogovor lekara i privatnih pogrebnika da za
preporuku ili dojavu adrese pokojnika dobiju 200 evra a za toliko onda
mora da poskupi usluga pogrebnika. Posle ovakvih primera ostaje nam
samo da se zapitamo zašto smo se tako urnebesno radovali pri ulasku u
novu godinu ako i u njoj moramo da ispaštamo zbog morbidnih dilova.S
druge strane ne treba ni sindikatima preterano zamerati što ,boreci se
za svoja prava cesto kažnjavaju nedužne ljude jer ocigledno
predstavnici vlasti ne reaguju ni na šta drugo osim na tu vrstu
ucene.Što je grupa ljudi koja ucenjuje opasnija za opstanak aktuelne
vlasti, to je i reagovanje brže a ustupci veci.
U godini u kojoj javna potrošnja mora biti smanjena, celnici gradskih i
lokalnih samouprava setili su se (dok smo mi bili zabavljeni problemom
uticaja PDV-a na namirnice) da podignu cene koje su pod njihovom
kontrolom. Primer je poskupljenje javnog prevoza u Beogradu uoci Nove
godine nakon cega je usledilo novo posle uvodjenja PDV-a, kao i
trostruko uvecanje cena parkiranja. Kažu nisu dugo povecavali cene.
Koliko god nas rastuži postupak, toliko nas nasmeje
objašnjenje.Prepucavanja izmedju republicke vlade i uprave Beograda
pokret potrošaca tumaci kao marketinški potez.
Pocetak godine nije prošao ni bez, skoro vec zaboravljenih, sankcija.
Mocna Amerika je ovoga puta bila "obazriva" kažnjavajuci, dopustila je
da se za pomoc Srbiji potroši 60 miliona uskracujuci 10 miliona
dolara. To je kažu više najava nekih gorih i vecih kazni. Srecom te je
opet kažnjen pravi "krivac". Gde da nadjemo Ratka Mladica i da li da
ga uopšte tražimo zbog tricavih 10 miliona dolara? Još jedna dilema za
narod kome je zapravo, ako ne jedini, onda najveci problem kako da
zaradi za preživljavanje svoje porodice od prvog do prvog.