Informazione

Dal "Corriere della Sera" di domenica, 10 giugno 2001

�Prodi non aveva i voti per rispettare gli impegni Nato'
Cossiga Francesco

LA LETTERA / Il presidente Cossiga interviene nel dibattito
sulla caduta del governo dell' Ulivo �Prodi non aveva i voti
per rispettare gli impegni Nato'

Caro Direttore, ho letto con molta attenzione le lettere scritte al Suo
giornale dall' on. Prodi, presidente della Commissione Europea, e dall'
ex ministro della Difesa del governo D' Alema I, l' amico Carlo
Scognamiglio.
Solo per precisare i fatti da un punto di vista tecnico e politico,
e quindi non per sollevare polemiche - per carita' di patria - ma per
amore della verita', debbo dire che a coloro i quali, come certamente
Carlo Scognamiglio ed io, anche contattati con preoccupazione e premura
dai rappresentanti dei governi alleati, seguivano con apprensione
l' avvicinarsi dell' inizio dell' intervento umanitario nel Kosovo e
quindi le operazioni militari contro la Serbia, era ben noto che il
governo Prodi non aveva nel suo complesso ne' la volonta' politica ne'
la forza parlamentare per poter prendere decisioni all'altezza del
nostro ruolo nella Nato. E questo anche per la presenza, in esso e
nella sua base parlamentare, di forti componenti pacifiste comuniste
e cattoliche. La prudenza di tutti stese in quel momento un pietoso
velo sui profondi dissensi affiorati nel governo a proposito della
nostra disponibilita' ad affrontare le nostre responsabilita'.
La decisione, la cui responsabilita' l' on. Prodi rivendica al suo
governo, fu quella di mettere le basi nazionali e Nato a disposizione
delle forze aeree dei Paesi alleati per le operazioni aeree contro
obiettivi jugoslavi, la cui partecipazione noi peraltro avevamo
declinato. Ci sarebbe mancato altro di non dichiarare la disponibilita'
dell' Italia all' uso delle basi nazionali Nato per le operazioni
militari da altri Paesi - e non da noi - condotte escludendo un nostro
diretto intervento! Non fu facile per il governo D' Alema passare dalla
sola messa a disposizione delle basi al trasferimento sotto comando
Nato delle nostre forze aeree, che anche solo sulla base del concetto
di difesa integrata, intervennero con missioni di attacco contro
obiettivi militari jugoslavi nel Kosovo. Questa e' la verita'.

* Senatore a vita

---

Il senatore a vita ed ex presidente della Repubblica Italiana
Cossiga con la lettera sopra riportata rivendica anche un poco per
se il "merito" di aver reso possibile l'"intervento umanitario"
nel "Kosovo". Tra i "meriti" di Cossiga, rispetto a dieci anni di
guerra fratricida ed imperialista nei Balcani, e' bene annoverare
anche il suo appoggio ai secessionismi ed alle classi dirigenti
reazionarie ed ultranazionaliste. In particolare, Cossiga e' stato,
secondo quanto ha affermato lui stesso, amico personale di Franjo
Tudjman. (CRJ)

La foto: Cossiga bacia ed abbraccia Tudjman:
> http://members.nbci.com/_XMCM/crjmail/IM/k.jpg

Il seguente articolo e' apparso su "Glas Istre" di venerdi' 16 gennaio
1998:
> http://members.nbci.com/crjmail/DOCS/cossiga.html

Il Presidente dott. Franjo Tudjman ha incontrato Francesco Cossiga

IL RICONOSCIMENTO DELLA CROAZIA, UNA DELLE PIU' GIUSTE DECISIONI DI
COSSIGA

ZAGABRIA (Hina) - Il Presidente della Repubblica di Croazia
dott. Franjo Tudjman ha incontrato giovedi' Francesco Cossiga, ex
Presidente della Repubblica Italiana e senatore a vita, il primo uomo
di Stato straniero ad aver ufficialmente visitato lo Stato croato -
esattamente il giorno dopo [16/1/1992] il suo riconoscimento
internazionale [15/1/1992]. Di questo ha dato notizia l'ufficio
presidenziale. Il Presidente Tudjman ha sottolineato che quella visita
del signor Cossiga, vero amico della Croazia, significo'
incoraggiamento per il popolo croato e rafforzo' la convinzione che la
Croazia, in parte ancora occupata in quel periodo [ci si riferisce
alla presenza degli abitanti di religione ortodossa, contrari a
diventare minoranza di uno Stato considerato per ragioni storiche e
politiche straniero ed ostile; n.d.CRJ], avrebbe raggiunto la sua
completa sovranita'. Il signor Cossiga vede la decisione italiana di
riconoscere la Croazia e di instaurare rapporti diplomatici come una
delle sue piu' giuste decisioni di politica estera statale. Durante
il colloquio e' stata espressa soddisfazione per il fatto che oggi,
esattamente 6 anni dopo il riconoscimento internazionale, la Croazia
[con la "reintegrazione" della Slavonia Orientale, cioe' della zona di
Vukovar; n.d.CRJ] assume il potere sul suo intero territorio e con
questo sugella la sua integrita'. Cosi', secondo l'opinione del signor
Cossiga, sono stati sgombrati dal campo anche gli ultimi ostacoli alla
integrazione euro-atlantica della Croazia. Il signor Cossiga ha in
particolare affermato che impieghera' tutta la sua influenza per
sostenere la Croazia nel raggiungimento di questi scopi. Rimarcando
di avere accettato l'invito del Presidente Tudjman con grande piacere,
il signor Cossiga ha portato al Presidente della Repubblica Franjo
Tudjman i saluti del Presidente della Repubblica Italiana Scalfaro e
del Presidente del governo Prodi, con la convinzione che l'Italia
sviluppera' ulteriori rapporti di amicizia con la Repubblica di
Croazia.

Vlatko Pavletic ha incontrato Francesco Cossiga nel club del Sabor

UN PROGRAMMA RICCO PER IL SENATORE A VITA

Il Presidente del Parlamento di Stato della Croazia, l'accademico
Vlatko Pavletic, ha ricevuto giovedi' l'ex Presidente italiano e
senatore a vita Francesco Cossiga, che si trattiene in visita per
alcuni giorni in Croazia. Con il Presidente del Sabor [Parlamento] ed
il senatore italiano ha partecipato ad un pranzo d'onore nel club del
Sabor anche il vice-Ministro degli Esteri Ivo Sanader e l'ambasciatore
italiano nella Repubblica Croata Francesco Olivieri. Cossiga visitera'
giovedi' la Facolta' di Filosofia a Zagabria, e la sera dovrebbe
essere presente al concerto d'onore nell'HNK [Teatro Nazionale
Croato]. Il senatore italiano partecipera' venerdi' alla cerimonia di
consegna dell'Ordine della Gratitudine dell'ONU nel Castello
Presidenziale. Per sabato e' prevista una visita di Cossiga a Spalato,
Trogir e Solin, per domenica la visita alla Nunziatura Apostolica e a
Vukovar ed Osijek. [Possibile che Cossiga non sia stato decorato anche
con l'Ordine di Re Tomislav?! n.d.CRJ]

---

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RATLINES - La guerra della Chiesa contro il comunismo


"Ratlines" di Mark Aarons e John Loftus
edizione inglese: 1991 - edizione italiana: Newton Compton, 1993.


La storia delle RATLINES � la storia delle reti di fuga dei criminali
di guerra nazisti e ustascia nell'immediato dopoguerra. Questi loschi
individui furono in ogni momento appoggiati dal Vaticano, nella
persona di papa Pio XII e del sottosegretario Montini (che divenne
in seguito papa Paolo VI), con la connivenza dei servizi segreti
occidentali. Questi ultimi cercarono di utilizzarli come terroristi,
nel tentativo di abbattere i regimi comunisti.

Due reti distinte (ma pur sempre collegate) erano state approntate:
una per i tedeschi, diretta dal vescovo Hudal, ed una per i croati,
diretta da padre Draganovic. Personaggi come il truce dittatore
Ante Pavelic, che era stato messo da Hitler a capo dello stato
fantoccio della Croazia Indipendente, sfuggirono ai tribunali
che dovevano punirli per i loro sanguinosi delitti, attraverso la
rete dei conventi e degli istituti religiosi che era stata
predisposta all'uopo. Questi assassini furono poi riutilizzati
nel tentativo di far cadere la Jugoslavia di Tito, formando una banda
di terroristi denotati "krizari" (crociati). Alla fine sono quasi
tutti riusciti a rifugiarsi oltreoceano, in America Latina, in
Australia e in Nord America.

Per ricostruire questa storia ci siamo basati su appunti tratti dalla
prima parte del libro RATLINES, scritto dai giornalisti Mark Aarons e
John Loftus, australiano il primo e americano il secondo.

"Ratlines" di Mark Aarons e John Loftus
edizione inglese: 1991 - edizione italiana: Newton Compton, 1993.

Le parti da noi riportate ``tra virgolette'' riproducono
citazioni testuali dal libro. Tra parentesi, dopo ogni affermazione, �
riportato il numero della pagina da cui l'affermazione � stata tratta.
Talvolta sono state utilizzate fonti diverse, che sono sempre indicate.

Le altre fonti utilizzate sono le seguenti:

"Il Secolo Corto. La Filosofia del Bombardamento. La Storia da
Riscrivere."
di Filippo Gaja, Maquis editore, 1994.

"Die Politik der P�pste im 20. Jahrhundert" (La Politica dei papi nel XX
secolo)
di Karlheinz Deschner, Rowohlt, 1991

"Storia illustrata", supplemento al n.186, intitolato "La caccia ai
criminali nazisti", 1973

---

IN INTERNET:

> http://www.citinv.it/iniziative/info/ratlines.html
> http://web.tiscali.it/trotzkij/ratline.htm
> http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1037 (e
seguenti)

Indice:

Premessa
1. Il titolo
2. Note sull'olocausto
3. Geopolitica vaticana
4. Geopolitica europea
5. Intermarium
6. Strategia americana
7. L'Unione Continentale
8. La rete di fuga dei criminali di guerra tedeschi
9. La rete di fuga dei criminali di guerra croati
10. I krizari
11. Riciclaggio di denaro sporco (di sangue)
12. I personaggi

o I preti

+ Pio XII
+ Giovanni Montini
+ Alois Hudal
+ Siri
+ Krunoslav Draganovic
+ Vilim Cecelja
+ Karlo Petranovic
+ Gregory Rozman
+ Dragutin Kamber
+ Milan Simcic
+ Dominik Mandic
+ Josip Bujanovic

o I nazisti

+ Ferenc Vajta
+ Walter Rauff
+ Franz Stangl
+ Gustav Wagner
+ Alois Brunner
+ Adolf Eichmann

o Gli ustascia

+ Ante Pavelic
+ Vladimir Kren
+ Vjekoslav Vrancic
+ Vilko Pecnikar
+ Ivo Omrcanin
+ Ljubo Milos
+ Lovro Susic
+ Dragutin Toth
+ Bozidar Kavran
+ Srecko Rover
+ Miha Krek

o L'agente statunitense William Gowen

---

Le sigle

* Servizi segreti americani

o OSS = Office of Strategic Service
o CIC = Counter Intelligence Corps (militare)

* Servizi segreti inglesi

o SIS = Secret Intelligence Service
o SOE = Special Operations Executive (militare)

* Servizi di sicurezza della Germania hitleriana

o SS = Schutz Staffel (braccio armato del partito nazista)
o Ge.sta.po = Geheime Staatspolizei

(a cura del Coordinamento Romano per la Jugoslavia, 1995-2001)

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Dal 12 al 16 giugno 2001 ha avuto luogo, organizzato dall'Azienda
Speciale della Camera di Commercio di Milano per lo sviluppo delle
attivit� internazionali (Promos), un convegno dal titolo: "JUGOSLAVIA A
MILANO".

Dal sito internet della Promos http://www.promos-milano.com/ leggiamo:

* Obiettivi:
Presentare le opportunit� offerte dalla ricostruzione dei Balcani ed il
nuovo corso inaugurato in Serbia.
Favorire lo sviluppo di rapporti di collaborazione commerciale e/o
produttiva tra imprese lombarde e jugoslave.

* Attivita'
Organizzazione di una country presentation

* Parteciperanno: il presidente della Camera di Commercio e Industria
Jugoslava, il presidente della Camera Economica di Belgrado, il
direttore della Serbija Sume (l'azienda forestale serba), la giunta del
comune di Belgrado. L'evento � organizzato da Promos in collaborazione
con Regione Lombardia, Comune di Milano e Banca Intesa.

Si tratta di una delle numerose iniziative che stanno avendo luogo in
Italia negli ultimi mesi per sviluppare i rapporti economici, oltreche'
politici, e soprattutto gli investimenti della imprenditoria italiana
nella regione balcanica, con particolare attenzione verso Serbia e
Montenegro, dove e' in corso una disinvolta ristrutturazione di segno
neoliberista. (Per maggiori informazioni sulla crescente presenza del
capitalismo italiano nei Balcani si veda ad es. il bollettino "ANSA
Balcani", http://www.ansa.it)

Una nostra amica jugoslava ha partecipato al convegno per ragioni di
lavoro, ed ha registrato anche la presenza di autorita' politiche. Di
seguito le sue impressioni:

<<...Erano presenti, oltre ai 3 ministri (dell'agricoltura, del
commercio, economia e privatizzazione), i rappresentanti della Camera di
commercio jugoslava e tanti rappresentanti di ditte - settori
alimentare, tecnico, grafico e di imballaggio - e l'ente per le foreste
e turismo di caccia.
...Tutti aspettano, da un giorno all'altro, una legge sulla
privatizzazione, che introdurrebbe un metodo specifico per far svendere
la maggior parte delle ditte jugoslave: tutte meno quell'ottantina che
sull'elenco ufficiale risultano ancora come "statali". La quota che sar�
permesso vendere agli stranieri sar� del 70%. Ma si userebbe il metodo
della "dokapitalizacija", cio� l'acquisizione di capitale straniero - i
compratori, praticamente, invece di comprare un pezzo della ditta,
dovrebbero comprare i macchinari o altro PER la ditta e diventare i
gestori di quella parte del capitale. Diventando, con 51-70% comunque i
padroni veri. Tutti pronti.
Ma, da un vecchio lupo jugo-svizzero, andatosene dalla Jugo gi� nel
1958, e titolare di una grossa ditta, nonch� rappresentante per la
Jugoslavia di una ancora pi� grossa, veniamo a sapere che, almeno nei
suoi ambienti, nessuno � interessato a questo tipo di operazione. Certo,
ne troveranno altri, ma secondo lui � un metodo che non attacca, gli
occidentali non vorranno farlo. E non sono nemmeno interessati a
comprare le ditte sopravvalutate, sostenendo che i loro prezzi sono
praticamente inventati. I macchinari sono vecchi, il mercato
praticamente non esiste. Quindi, ritiene ridicole le offerte degli
Jugoslavi (i cui direttori, fra l'altro, secondo lui, mentono tutti
sugli affari fatti e quelli in corso, per alzare il prezzo, di solito
fanno solo la met� di quello che dicono).
Non credo si siano fatti tanti affari ieri e oggi. Qualche buon contatto
forse per le industrie alimentari. Pare che tutti preferiscano la
Bulgaria, costa meno e hanno meno problemi, � pi� sicura. Si vede che i
Bulgari pagano ancora meno i loro operai. Ma gli occidentali non
sembrano interessati. Il tipo di prima dice: "A me non interessano i
loro problemi sociali. Tratto con una persona sola, e poi � lui che se
la deve vedere con gli operai, con il comune e con i problemi. Per me
lui � il responsabile e io devo avere la situazione pulita e perfetta."
Questo dice tutto...>>

---

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Subject: Onorevole Prodi, non tolga a D'Alema il "merito"
della guerra!
Date: Sun, 10 Jun 2001 18:01:12 +0200
From: Associazione PeaceLink <info@...>
Reply-To: pck-pace@...
To: pck-pace@...

COMUNICATO STAMPA - ASSOCIAZIONE PEACELINK - TELEMATICA PER LA PACE

Onorevole Prodi, non tolga a D'Alema il "merito" della guerra!

In un articolo apparso sul Corriere della Sera del 7 giugno 2001 l'ex
Ministro della Difesa Carlo Scognamiglio ha sostenuto che la nascita del
governo D'Alema e' stata in buona sostanza un "parto pilotato" per
creare
un governo politico in grado di affrontare l'imminente emergenza
militare
dei Balcani. Scognamiglio ha affermato testualmente che, dopo la caduta
del
governo Prodi, "n� il Presidente Scalfaro, n� l'on. D'Alema, avevano
altra
scelta se non tentare di formare un governo politico, (...) un governo
che
garantisse alle Forze Armate italiane la possibilit� di assolvere con
dignit� i propri compiti nell'Alleanza di fronte alla imminenza di un
conflitto che di necessit� avrebbe visto l'Italia nel ruolo di
protagonista".

Il 9 giugno L'Onorevole Romano Prodi si e' affrettato a replicare alle
affermazioni di Scognamiglio, e sempre dalle pagine del Corriere della
Sera
ha sostenuto che "ancorch� dimissionario, fu il mio governo ad assumersi
la
responsabilit� di decidere a favore dell?Activation Order. E fui io
stesso,
come Presidente del Consiglio, a firmare il relativo provvedimento".

Per dovere di correttezza e di completezza dell'informazione invitiamo
gli
organi di stampa a riportare l'esatto contenuto delle disposizioni
impartite dal Governo presieduto da Romano Prodi nei giorni precedenti
al
suo scioglimento.

I dati che stiamo per citare sono liberamente consultabili all'indirizzo
http://www.parlamento.it/att/uip/kosovo.htm

Dalla consultazione di questi dati emerge quanto segue:

1) Il governo Prodi, pur avendo aderito all' "Activation Order" della
Nato,
avevano esplicitamente limitato l'azione delle Forze Armate al
territorio
nazionale, ne' avevano autorizzato i bombardamenti che sono stati
successivamente effettuati ANCHE DA AEREI DELL'AVIAZIONE ITALIANA, come
risulta da numerose fonti dirette.

2) Il governo Prodi ha unicamente autorizzato attivita' di "DIFESA
INTEGRATA" del territorio nazionale, e non azioni militari al di fuori
dei
confini della repubblica, affermando esplicitamente che "Nell'attuale
situazione costituzionale il contributo delle Forze Armate italiane sar�
LIMITATO ALLE ATTIVITA' DI DIFESA INTEGRATA di difesa integrata del
territorio nazionale." Con il termine "difesa integrata" si indicano
tutte
quelle azioni di supporto e di facilitazione delle operazioni militari
condotte dalle forze Nato nel territorio nazionale, e non certo i
bombardamenti autorizzati in seguito dal governo D'Alema. In questa
circostanza il governo Prodi, parlando dell'"attuale situazione
costituzionale", ha dimostrato di essere ben consapevole dei vincoli
imposti dall'articolo 11 della Costituzione: "L'Italia ripudia la guerra
come strumento di offesa alla libert� degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali".

3) Il governo Prodi ha riconosciuto al Parlamento la facolta' di
deliberare
l'azione militare, affermando in un comunicato che, per tutte le
attivita'
che esulano dalla Difesa Integrata, "Ogni eventuale ulteriore impiego
delle
Forze Armate dovr� essere autorizzato dal Parlamento". Il governo
D'Alema,
d'altro canto, non ha riconosciuto al Parlamento la prerogativa di
essere
l'unica autorita' in grado di deliberare lo stato di guerra, e ha deciso
unilateralmente di dare il via all'azione militare. Il dibattito
parlamentare sull'opportunita' e le modalita' di questa azione militare
e'
avvenuto quando i bombardamenti e i conseguenti "effetti collaterali"
erano
gia' in atto da diverso tempo.

Riteniamo pertanto che l'azione del governo Prodi, ancorche' discutibile
dal punto di vista politico, sia comunque rimasta all'interno dei limiti
imposti dal dettato costituzionale, limiti abbondantemente superati
dalle
successive disposizioni impartite dal governo D'Alema.

Invitiamo i mezzi di informazione a documentare nel modo piu' completo
possibile gli avvenimenti politici che hanno preceduto l'azione militare
della primavera del 1999, consultando anche e soprattutto gli atti
parlamentari e non solamente le "lettere al direttore" con cui ognuno
espone la sua parziale versione dei fatti.

Contemporaneamente esortiamo tutti i rappresentanti politici che hanno
preso parte a vario titolo al governo D'Alema ad assumersi le loro
responsabilita' di fronte alla storia, di fronte alla loro coscienza, e
di
fronte alle vittime civili dell'azione militare contro la Repubblica
Federale di Yugoslavia.

Carlo Gubitosa
Segretario Associazione Peacelink
Volontariato dell'informazione
www.peacelink.it
info@...

ALLEGATO:

I comunicati relativi alla questione del Kossovo emanati dal Governo
Prodi
nei giorni immediatamente precedenti al suo scioglimento.

Fonte: http://www.parlamento.it/att/uip/kosovo.htm

Comunicato n. 157 del 12 ottobre 1998 (Governo Prodi)

In apertura di seduta il Consiglio ha auspicato che la trattativa in
corso
a Belgrado e a Pristina abbia esito positivo in modo da garantire
completa
attuazione della delibera del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
a
protezione dei cittadini del Kosovo. Udite poi le relazioni del Ministro
degli Affari Esteri, Lamberto Dini e del Ministro della Difesa Beniamino
Andreatta ha unanimemente ritenuto di autorizzare il Rappresentante
permanente d'Italia presso la Nato ad aderire al cosiddetto Ordine di
Attivazione (Act Ord). Questa decisione si colloca nel quadro delle
delibere adottate in ambito Onu. Di conseguenza l'Italia metter� a
disposizione le proprie basi qualora dovesse risultare necessario
l'intervento militare da parte dell'Alleanza Atlantica per fronteggiare
la
crisi nel Kosovo. Il Governo ribadisce che l'obiettivo della Nato e
dell'Italia � quello di contribuire ad una soluzione durevole per
consentire di fronteggiare l'imminenza di una catastrofe umanitaria che
minaccia la sopravvivenza di circa 300.000 rifugiati in un'area cos�
vicina
al nostro Paese. Nell'attuale situazione costituzionale il contributo
delle
Forze Armate italiane sar� limitato alle attivit� di difesa integrata
del
territorio nazionale. Ogni eventuale ulteriore impiego delle Forze
Armate
dovr� essere autorizzato dal Parlamento.

Comunicato n. 158 del 16 ottobre 1998 (Governo Prodi)

Il Ministro degli Affari Esteri, Dini, ha svolto una relazione sulle
tematiche di politica internazionale, illustrando in particolare gli
svilupppi della crisi in Kosovo, anche alla luce della riunione
ministeriale di ieri a Parigi del Gruppo di Contatto. Il Ministro Dini
ha
espresso soddisfazione per gli accordi raggiunti a Belgrado nel quadro
del
processo negoziale condotto dall'Ambasciatore Holbrooke, con l'appoggio
del
Gruppo di Contatto, in particolare per l'intesa sulla missione di
verifica
dell'Osce che verr� firmata oggi e per quella sulla sorveglianza aerea
da
parte della nato gi� firmata ieri a Belgrado. Tali accordi sono il
frutto
del coordinamento fra la pressione diplomatica e quella militare e della
coesione dimostrata dai Paesi membri del Gruppo di Contatto e
dell'Alleanza
Atlantica. Essi devono tradursi al piu' presto in una nuova Risoluzione
del
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che conferisca loro
definitiva
autorit�. In merito alla missione di verifica dell'Osce in Kosovo, cui
l'Italia contribuir� in maniera significativa al pari degli altri Paesi
europei del Gruppo di Contatto, Dini ha indicato che essa dovr� essere
dispiegata sul terrenol nei tempi piu' rapidi possibili, per monitorare
il
ritiro delle forze speciali dalla regione, consentire alle
organizzazioni
umanitarie di tornare nella regione e facilitare gli interventi a favore
dei profughi. In tale contesto, ha ricordato che la Cooperazione
italiana
ha gi� inviato una missione a Belgrado e a Pristina per valutare la
possibilit� di creare in tempi brevi un sistema di centri di accoglienza
per gli sfollati. Il Ministro ha infine ribadito che occorre portare
avanti
l'azione di pressione sulle parti in causa per l'avvio di negoziati seri
e
costruttivi sul futuro Statuto di autonomia che consenta l'autogoverno
della regione, sulla base della piattaforma presentata dall'Ambasciatore
Hill, col sostegno del Gruppo di Contatto.

------------

Presidente del Consiglio: Massimo D'Alema (Ds)
Vice Presidente: Sergio Mattarella (Ppi)
Sottosegretario alla presidenza: Franco Bassanini (Ds)
Bilancio e Tesoro: Carlo Azeglio Ciampi
Finanze: Vincenzo Visco (Ds)
Industria: Pier Luigi Bersani (Ds)
Esteri: Lamberto Dini (Ri)
Giustizia: Oliviero Diliberto (Pdci)
Interno: Rosa Russo Jervolino (Ppi)
Commercio estero: Piero Fassino (Ds)
Riforme costituzionali: Giuliano Amato
Beni Culturali Spettacoli e Sport: Giovanna Melandri (Ds)
Sanit�: Rosy Bindi (Ppi)
Ambiente: Edo Ronchi (Verdi)
Funzione Pubblica: Angelo Piazza (Sdi)
Comunicazioni: Salvatore Cardinale (Udr)
Pubblica Istruzione: Luigi Berlinguer (Ds)
Ricerca Scientifica e Universit�: Ortensio Zecchino (Ppi)
Trasporti: Tiziano Treu (Ri)
Difesa: Carlo Scognamiglio (Udr)
Lavori Pubblici: Enrico Micheli (Ppi)
Lavoro e Mezzogiorno: Antonio Bassolino (Ds)
Pari opportunit�: Laura Balbo
Solidariet� sociale: Livia Turco (Ds)
Politiche agricole: Paolo De Castro (Ulivo)
Rapporti parlamento: Guido Folloni (Udr)
Politiche comunitarie: Enrico Letta (Ppi)
Affari regionali: Katia Belillo (Pdci)
(21 ottobre 1998)

-------------

P R O C E S S I A M O L I !!

Il 31 luglio 1999 hanno avuto inizio a New York le attivita' del
"TRIBUNALE INTERNAZIONALE INDIPENDENTE CONTRO I
CRIMINI DELLA NATO IN JUGOSLAVIA", promosso da Ramsey
Clark, con la stesura di 19 punti di accusa contro la NATO ed i
governi occidentali.

Le attivita' del "Tribunale" hanno trovato seguito in molti altri paesi
del mondo. In Italia il primo novembre 1999 alla presenza di
Ramsey Clark ha preso il via la sezione italiana del Tribunale. Nel
corso di questi mesi, confortati dal crescente interesse suscitato e
dalle numerose iniziative di presentazione del "Tribunale Italiano" in
molte citta', abbiamo potuto verificare con dati oggettivi la
veridicita' delle nostre accuse.

A completamento del lavoro svolto in questi mesi, noi sottoscritti
firmatari di questo appello accusiamo le massime autorit� della
Repubblica in carica nel marzo 1999 - in particolare il presidente
del Consiglio dei Ministri Massimo D'Alema e i membri del Governo
per la partecipazione alla guerra illegale e il Presidente della
Repubblica Oscar Luigi Scalfaro per non aver difeso la Costituzione
- nonch� i loro successori per quanto attiene ai crimini in
continuit� con l'aggressione armata, ciascuno secondo la personale
responsabilit� scaturente dalle diverse competenze, azioni e
omissioni:

- per avere collaborato attivamente all'aggressione contro la
Repubblica Federale Jugoslava, paese sovrano da cui non era
venuta nessuna minaccia n� all'Italia n� ai suoi alleati;

- per aver liquidato e vanificato con l'aggressione militare le
iniziative internazionali tendenti a favorire la soluzione con mezzi
pacifici dei problemi esistenti nel Kosovo;

- per avere violato tutti i principi del diritto internazionale e in
particolare la Carta delle Nazioni Unite, i principi del Tribunale di
Norimberga, le Convenzioni di Ginevra e i protocolli aggiuntivi sulla
tutela delle popolazioni civili, nonch� lo stesso trattato istitutivo
della NATO;

- per aver consentito che dal proprio territorio partissero attacchi
contro istallazioni e popolazioni civili, condotti su obiettivi e con
armi appositamente studiate per infliggere il massimo danno,
anche protratto nel tempo, alle persone e alle loro condizioni di vita
(attacchi deliberati contro strutture civili, bombe a grappolo);

- per aver consentito l'utilizzo massiccio di proiettili e missili
all'uranio impoverito, causando danni incalcolabili e per un tempo
indeterminato alle popolazioni della Federazione Jugoslava, con
enormi rischi attuali anche per i volontari civili e per i militari
italiani impegnati nel Kosovo.

- per aver partecipato al bombardamento di impianti chimici e
farmaceutici, causando deliberatamente danni ambientali di
enorme rilevanza, tali da configurare una vera e propria guerra
batteriologica, chimica e nucleare;

- per aver danneggiato l'economia della Costa Adriatica con la
chiusura degli aeroporti civili e per aver consentito e cercato di
occultare lo smaltimento di ordigni bellici nelle acque territoriali
italiane e in quelle immediatamente adiacenti, causando danni alle
persone, all'ambiente, all'economia;

- per aver violato la Costituzione italiana e ignorato le procedure
che essa impone in caso di stato di guerra, guerra che non pu� mai
essere intrapresa dall'Italia ma solo combattuta per difendere
dall'aggressione altrui il nostro paese e i paesi di cui l'Italia sia
impegnata a condividere la difesa;

- per avere attivamente collaborato ad affamare e sacrificare la
popolazione della Jugoslavia, sia nel corso della guerra sia con
l'imposizione di misure di embargo internazionalmente illegittime;

- per avere attivamente collaborato a esercitare pressioni e ingerenze
contro un paese sovrano e le sue legittime istituzioni;

- per avere inviato truppe e personale civile a governare territori
ridotti di fatto a nuovi protettorati e colonie, senza peraltro impedire
nel Kosovo la persecuzione sistematica e l'espulsione della popolazione
di etnia serba e di altre etnie non albanesi, nonch� degli stessi
abitanti di etnia albanese considerati non affidabili o dissidenti dal
nuovo potere di fatto ivi insediato in violazione della risoluzione
1244 dell'ONU;

- per aver usato la Missione Arcobaleno come operazione di promozione e
legittimazione della guerra, e per avere allo stesso fine attivato o
favorito una disinformazione e propaganda di guerra;

- per avere rinunciato all'esercizio della sovranit� del nostro paese e
al diritto-dovere di controllo delle attivit� che vi svolgono comandi,
strutture e mezzi militari stranieri;

- per avere acconsentito a modificare, senza nessuna decisione del
Parlamento, lo "status" politico e giuridico della NATO.

(sezione italiana del Tribunale Indipendente contro i crimini della
NATO, giugno 2000)

-----------------

Dal "Giornale di Brescia", Sabato 10 Luglio 1999

sopratitolo: A guerra conclusa, svelati dal colonnello Francesco Latorre
i numeri dell'operazione "Alled Force"

titolo: Sesto Stormo, 172 missioni per il Kossovo

sottotitolo: Da Ghedi sono stati schierati in Puglia 85 uomini e 12
velivoli, per 418 ore di volo

"...L'altra sera il colonnello Latorre ha svelato tutti i numeri della
cosiddetta operazione Aled Force conclusasi il 10 Giugno con la resa di
Milosevic (sic). Lo ha fatto davanti ai militari del VI Stormo e alle
loro
famiglie (cui e' andato il sincero ringraziamento del comandante...) ma
anche davanti al Generale Gargini, al prefetto, al vicequestore e al
comandante provinciale dei Carabinieri.
Il colonnello ha cominciato spiegando che, a causa della posizione
centrale
in una zona perennemente in crisi (....), "l'Italia e' considerata una
sorta di portaerei nel Mediterraneo. Non a caso, nel corso dell'Allied
Force, l'85% delle missioni h decollato dalle nostre basi". (...)
naturalmente, gli uomini e i mezzi del VI stormo hanno fatto la loro
parte.
Anzi hanno fatto molto.
"L'impegno operativo del VI Stormo - ha detto Latorre - s'e'
concretizzato
in missioni di ricognizione )2 sortite per due giorni la settimana) e in
missioni d'attacco effettuate in un primo periodo da Ghedi, poi da una
cellula schierata a Gioia del Colle ( 6/8 sortite giornaliere per 6
giorni la settimana". (...) da Ghedi in Puglia sono arrivati 85 uomini,
12
velivoli e 12 laser pod. Il rischieramento ha consentito di effettuare
418
ore di volo, che si traducono in 172 sortite: 6 di ricognizione e 166 di
attacchi veri e propri, sferrati contro obiettivi selezionati di tipo
prettamente militare: depositi di munizioni, caseme, aeroporti. V'e'
inoltre da specificare che, per gli attacchi, sono state utilizzate
bombe a puntamento laser e a caduta libera.
Il colonnello Latorre ha anche spiegato come tecnicamente avvenivano le
missioni. Dopo la preparazione alla base, "i nostri aerei decollavano da
Gioia del colle, quindi, fatto rifornimento in volo sull'Adriatico, si
mettevano in "zona d'attesa" su cieli non ostili, tipo la Macedonia e
l'Albania: l'attesa dipendeva dal fatto che si viaggiava in pacchetti di
aerei e che ogni pacchetto aveva tempi precisi per entrare in azione.
Poi, quand'era il nostro turno, si andava sull'obiettivo, quindi,
seguendo
rotte prestabilite, si tornava. Anche grazie alla preparazione dei
nostri
equipaggi, tutto ha funzionato a meraviglia, tant'e' vero che, nel 100%
delle operazioni, uomini e mezzi sono rientrati alla base" (....)

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(6/6/1 - continua)

> http://www.citinv.it/iniziative/info/ratlines.html


Gli ustascia

Ante Pavelic

Detto "il poglavnik" (il duce). Durante la guerra fu leader
dello "Stato Croato Indipendente" ustascia, nel quale mezzo
milione di serbi, ebrei e zingari furono trucidati per suo
ordine personale (80). Dopo la guerra si impegn� nella
costituzione del movimento dei krizari, prima di fuggire in
Sudamerica.

Su Ante Pavelic si confronti anche La politica dei papi nel
XX secolo:
``Nato nel 1889 in Erzegovina, laureatosi in legge nel
1915'', avvocato a Zagabria successivamente. ``Il 7
gennaio 1929, un giorno dopo la proclamazione della
dittatura regia di Alessandro I, Pavelic [...] ed altri
ustascia fondarono la lega per la lotta
nazionalrivoluzionaria. [...] Ogni membro doveva giurare
ubbidienza attraverso un pronunciamento al cospetto di
Dio onnipotente e di tutto ci� che � sacro.''
(Si veda anche la descrizione del giuramento fatta da
padre Cecelja.)
``Il loro precursore spirituale, il politico e pubblicista
Ante Starcevic, moto nel 1896, capo del Partito della
Destra Croata, sosteneva la tesi che [...] "i Serbi sono
lavoro per il macello", [idea che gli valse il titolo di] Padre
della Patria e maggiore ideologo politico croato.'' ``Ci�
che si preparava [era] una guerra santa, una guerra di
religione, che ammetteva qualunque Terrore ed includeva
"la Bibbia e la Bomba l'una di fianco all'altra come
distintivo e mezzo di lotta".

Neanche ebbe fondato il suo partito di ribelli, che Pavelic
[...] con i suoi compari pi� prossimi si rifugi� a Vienna,
poi in Bulgaria, ed infine il regime fascista italiano gli
assicur� ricovero ed alimenti. Mentre un tribunale serbo
lo condannava gi� a morte in contumacia, Mussolini
metteva a disposizione della famiglia Pavelic una casa a
Bologna, la quale serv� poi per anni come quartier
generale degli ustascia. Con l'aiuto del capo della polizia
segreta Ercole Conti e del Ministro di Polizia Bocchini, il
boss dei congiurati fece poi addestrare in Toscana e sulle
isole Lipari gli emigranti croati ed i seguaci ustascia
transfughi, per gli assassinii a venire. Egli disponeva di
alcune trasmissioni di Radio Bari, pubblicava il giornale
"Ustasa" in lingua croata, teneva contatti con centrali di
propaganda nazional-croata a Vienna, Berlino, negli USA
ed in Argentina, e rendeva noti i suoi piani gloriosi al
mondo di volta in volta, attraverso l'esplosione di bombe
sui treni Vienna-Belgrado, con un pi� rilevante tentativo
-subito sedato- di rivolta nelle montagne del Velebit
(1932), e con una serie di attentati particolari.

Tra le prime azioni degne di nota ci furono l'eliminazione
del direttore del foglio filojugoslavo zagrebino "Jedinstvo"
(l'Unit�), Ristovic, freddato nell'agosto 1928 in pieno
giorno in un caff� di Zagabria, e l'assassinio del redattore
capo del giornale di Zagabria "Novosti", Slegl, il 22 marzo
1929. Pavelic lasci� che la polizia rinchiudesse il suo pi�
stretto collaboratore, Gustav Percec, in una prigione di
Arezzo, e l� gli spar� di propria mano, dopo un
interrogatorio con sevizie.

Ma la sua vittima certo pi� eminente fu il Re di
Jugoslavia Alessandro. Un primo attentato al regnante,
uomo gradito in effetti a tanti croati, fu sventato
nell'autunno 1933 a Zagabria dal servizio segreto
jugoslavo. Tuttavia, quando un anno pi� tardi il monarca
giunse a Marsiglia dagli alleati francesi, il 9 ottobre 1934,
fu assassinato mentre era ancora nella zona del porto,
assieme al Ministro degli Esteri francese Louis Barthou,
da un emissario di Pavelic -subito sottoposto a linciaggio
dalla folla. Di nuovo Pavelic fu condannato a morte in
contumacia da Francia e Jugoslavia -ed era la seconda
volta. Ebbene, i fascisti italiani, dopo una custodia
preventiva, gli assegnarono una nuova residenza a Siena
ed una pensione di stato di 5.000 lire al mese.''

In Ratlines troviamo che oltre agli italiani, ``prima della
guerra [anche] i servizi segreti britannici mantennero
stretti rapporti con la sua rete terroristica clandestina,
anche dopo l'assassinio [...] del Re jugoslavo'' (80-81).


Continuiamo a leggere su La Politica dei papi nel XX
secolo:
``Uno scritto autografo, redatto da Pavelic nel 1936 e
riguardante la causa croata, giunse al Ministero degli
Esteri [tedesco] solo nell'aprile 1941, mentre erano in
atto i preparativi della campagna di Jugoslavia. Il
documento di 30 pagine [...] celebra Hitler come
"maggiore e miglior figlio della Germania", loda la
Germania hitleriana quale "potentissima combattente per
il diritto vitale, la vera cultura e la pi� alta civilt�". [...] Il
6 aprile 1941, mentre Belgrado sottoposta al terrore
incessante delle bombe tedesche cominciava a bruciare e
la Dodicesima Armata del Feldmaresciallo Generale List
attaccava il sud della Serbia dalla Bulgaria, Pavelic
incitava le truppe croate per mezzo di un'emittente
clandestina, acch� puntassero le armi contro i serbi.
"D'ora in poi combatteremo fianco a fianco con i nostri
nuovi alleati, i Tedeschi e gli Italiani". [...] La Wehrmacht
di Hitler era salutata in Slovenia e in Croazia
amichevolmente ed anche con entusiasmo.

Il 10 aprile, [...] mentre i tedeschi occupavano Zagabria,
capitale del vecchio Banato, avveniva la proclamazione
della "Croazia Indipendente", sempre in assenza di
Pavelic: [...] "Dio � con i Croati! Pronti per la Patria!".
[La proclamazione era stata] firmata dall'ex-[...]
colonnello Slavko Kvaternik, rappresentante del poglavnik
e Comandante Supremo delle Forze Armate [...].

Il poglavnik fece tenere ancora una parata alla sua truppa
di circa 300 uomini, lo stesso 10 aprile a Pistoia; la sera
fu convocato a Roma da Mussolini; l'11 aprile assicur� a
Hitler gratitudine e sottomissione con un telegramma;
durante la notte del 13 oltrepass� il confine jugoslavo
presso Fiume, giunse a Zagabria nella notte del 15, ed il
17 nomin� il suo primo Gabinetto. Era adesso Capo dello
Stato, del Governo e del Partito, nonch� Comandante in
Capo delle truppe, e governava da dittatore -certo con
sudditanza rispetto ai suoi grandi alleati, dai cui regimi
copi� ampiamente- alla testa di 3 milioni di Croati
cattolici, 2 milioni di Serbi ortodossi, mezzo milione di
Musulmani bosniaci e parecchi altri gruppi etnici minori,
tra i quali 40.000 Ebrei.

Il 18 aprile l'esercito jugoslavo capitolava senza
condizioni. La Serbia fu sottoposta all'occupazione
militare tedesca, e quasi due quinti del Regno di
Jugoslavia andarono a formare lo Stato Indipendente di
Croazia, che si componeva del nucleo di Croazia e
Slavonia insieme alla Sirmia, a tutta la Bosnia (fino alla
Drina) e all'Erzegovina, con una parte del litorale
dalmatino; in tutto quasi 102.000 km quadrati.

Per� nel maggio seguente Pavelic regal� in tutti i modi
quasi la met� della Jugoslavia ai paesi limitrofi: nel Nord
ai Tedeschi, per cui i confini del Reich arrivavano a soli
20 km da Zagabria, nel Nordest all'Ungheria, nel sud alla
Bulgaria e all'Albania, ed infine il Sudovest, l'Ovest (dove
la popolazione croata era la stragrande maggioranza) ed il
Nordovest all'Italia. Qui giunse Pavelic il 7 maggio con
ministri e membri del clero, tra i quali il vicario generale
dell'arcivescovo Stepin�c, vescovo di Salis-Sewis, ed
offr� al Re Vittorio Emanuele III la cosiddetta corona di
Zvonimiro (ultimo re indipendente della Croazia nell'XI
secolo), destinata al meno significativo Conte Aimone di
Spoleto, il quale in effetti non venne mai incoronato, non
apparve mai nel suo regno, e tuttavia parl� in Vaticano
gi� il 17 maggio quale re designato della Croazia (con
l'appellativo di Tomislao II).

E l�, in Vaticano, il giorno seguente si present� il
poglavnik, colui il quale era stato ripetutamente
condannato a morte a causa di svariati omicidi,
accompagnato da una delegazione numerosa -Pavelic
"circondato dai suoi banditi", annotava lo stesso Ministro
degli Esteri Ciano nel suo diario solo poche settimane
prima. Le concessioni territoriali del poglavnik all'Italia,
che laggi� conduceva con brutalit� la sua politica del
"mare nostro", causarono sconforto in tutta la Croazia,
come rifer� il 21 maggio il generale Glaise von Horstenau.
"Dovunque si vada si ascoltano minacce contro gli
Italiani". Eppure la stampa cattolica del paese era molto
commossa per l'attenzione e la cordialit� di papa Pio XII,
che salut� Pavelic ed i suoi gangsters durante un'udienza
privata particolarmente festosa -un grande ricevimento-
e si accomiat� da loro in modo amichevole, con i migliori
auguri di buon proseguimento.''


Anche Ratlines si sofferma sui rapporti fra il poglavnik e
la Chiesa:
``Le atrocit� erano gi� in corso nel momento stesso in cui
Pio XII ricevette il poglavnik in un'udienza privata alla
fine di aprile 1941'' (80). ``Pio XII e i suoi consiglieri
pi� anziani nutrivano opinioni estremamente benevole
nei confronti del suo cattolicesimo militante. Durante la
guerra Pavelic aveva convertito con la forza decine di
migliaia di ortodossi serbi sotto la minaccia della pena
capitale'' (80). In virt� di ci� ``agli occhi del Vaticano
Pavelic rappresentava un militante cattolico, un uomo che
ha peccato, ma che l'ha fatto per lottare a favore del
cattolicesimo'' (92).

Il papa riceveva regolarmente gli emissari di Pavelic, ai
quali forniva ogni volta ``delle assicurazioni relative al
fatto che il Santo Padre avrebbe aiutato la Croazia
cattolica'' (82-83). A Branko Bokun, giovane jugoslavo
che tent� di segnalare alle autorit� vaticane i misfatti del
regime croato, non fu invece accordata l'udienza
richiesta. ``Bokun era stato mandato a Roma da uno dei
capi dei servizi segreti jugoslavi a chiedere l'intervento
del Vaticano per fermare il massacro in Croazia. [Egli era]
armato di un voluminoso fascio di documenti, di resoconti
e di testimoni oculari, e persino di fotografie dei
massacri. [...] Voleva consegnare il suo incartamento a
monsignor Giovanni Montini, sottosegretario di Stato per
gli Affari Correnti, ma non riusc� a ottenere udienza''
(81-82). ``A Bokun venne semplicemente detto che le
atrocit� descritte nell'incartamento erano opera dei
comunisti, ma che erano state attribuite in mala fede ai
cattolici'' (82).

``Allo stato di Pavelic fu negato il riconoscimento
ufficiale da parte del Vaticano'' (82), ma ``quando
Pavelic chiese un'altra udienza con il Santo Padre nel
maggio del 1943, il Segretario di Stato Maglione gli
assicur� che non c'erano difficolt� connesse con la visita
del poglavnik al Santo Padre, se non per il fatto che non lo
si sarebbe potuto ricevere come un Capo di Stato. Lo
stesso Pio XII promise di dare nuovamente a Pavelic la
sua benedizione personale, [malgrado il fatto che] in quel
periodo la Santa Sede possedesse gi� abbondanti prove
delle atrocit� commesse dal suo regime'' (82).

Pavelic amava vantarsi dei suoi crimini, e si dice che
esibiva sul suo tavolo una grossa coppa contenente
``circa venti chili di occhi di serbi inviatigli dai suoi
fedeli ustascia'' (83).


Al termine della guerra Pavelic scomparve (83). ``Mentre
i suoi uomini combattevano ancora, il poglavnik era
scappato con il suo seguito di comprimari, tra cui circa
500 padri cattolici, a capo dei quali erano il vescovo di
Banja Luka, Jozo Gavic, e l'arcivescovo di Sarajevo, Ivan
Saric (morto poi a Madrid nel 1960). Fu accolto nel
convento di San Gilgen, presso Salisburgo, insieme a
quintali d'oro rubato'' (da La politica dei papi). Nel
maggio 1945, Pavelic fu arrestato dagli agenti del SIS
(133). Pi� che di un arresto, bisogna parlare per� di una
protezione. Infatti fu proprio il SIS ad aiutarlo a fuggire
(129), nascondendolo ``a Klagenfurt, dove possedeva un
appartamento e una villa'' (86). Il vescovo di Klagenfurt
era un membro dell'Intermarium (136). Klagenfurt si
trovava nella zona occupata dagli inglesi.

``Nel luglio del 1945 l'ambasciatore jugoslavo a Londra
disse agli inglesi che Pavelic [...] era stato fatto
prigioniero a Celovac (Klagenfurt) da truppe inglesi. Il
Foreign Office si mostr� inflessibile nel sostenere che
Pavelic non era mai stato in mano loro'' (83). Anche i
``serbi cetnici sostenevano che Pavelic era travestito da
monaco in un monastero a Klagenfurt'' (84).

Londra negava, ma secondo rapporti statunitensi del 1947
gli ``alleati inglesi avevano sempre mentito. [...] Il
servizio segreto jugoslavo aveva sempre avuto ragione.
Secondo fonti attendibili, Pavelic era davvero riuscito a
superare la frontiera austriaca e a raggiungere i confini
inglesi, dove venne protetto dagli inglesi, nei settori
sorvegliati e requisiti dagli inglesi, per un periodo di due
settimane, [...] rest� nella zona di occupazione inglese per
almeno due o tre mesi, rimanendo in contatto con il SIS''
(86).

``Nell'aprile del 1946, Pavelic lasci� l'Austria e giunse a
Roma, accompagnato soltanto da un tenente di nome
Dochsen. Entrambi gli uomini erano vestiti da preti della
Chiesa cattolica romana. Trovarono rifugio in un collegio
situato in via Gioacchino Belli 3. Il compagno di viaggio
di Pavelic era, in realt�, Dragutin Dosen, un ex-alto
ufficiale della guardia del corpo del poglavnik'' (86).
``Subito dopo essere arrivato [...] a Roma, il poglavnik [...]
aveva trovato rifugio presso Castelgandolfo, residenza
estiva del papa'', dove aveva spesso l'occasione di
incontrarsi in segreto con monsignor Montini'' (87).
``Sembra che molti nazisti gravitassero intorno a
Castelgandolfo, [e] che Pavelic alloggiasse con un
ex-ministro del governo nazista rumeno'' (87).

``Pavelic aveva ottenuto un passaporto spagnolo sotto il
nome di Don Pedro Gonner, in previsione della sua fuga
definitiva, probabilmente alla volta della Spagna o del
Sudamerica'' (87). ``I gesuiti furono tra gli ecclesiastici
che maggiormente l'aiutarono e appoggiarono i suoi piani
per lasciare l'Italia organizzando il suo viaggio verso la
Spagna sotto il falso nome di padre Gomez'' (89).
``Tuttavia, verso la met� del 1946 Pavelic temette di
trovarsi troppo strettamente sotto controllo e [...] ritorn�
in Austria'' (87), e ritorn� nuovamente a Roma alla fine
dell'anno.

Sin dal momento in cui era fuggito, il poglavnik era
rimasto in stretto contatto con padre Draganovic,
segretario della Confraternita di San Girolamo dei Croati
a Roma (88,94), il quale ``sin dal mese di agosto del 1943
[...] si era trovato a Roma a negoziare per Pavelic in
Vaticano'' (98). L'agente segreto del CIC Robert Mudd,
nel febbraio 1947, scrisse il seguente rapporto
sull'istituto di San Girolamo:

``Per poter entrare in questo monastero,
bisogna sottoporsi ad una perquisizione
personale per verificare se si � in
possesso di armi o di documenti, si deve
rispondere a domande sulla propria
provenienza, sulla propria identit�, su chi
si conosce, su quale sia lo scopo della
propria visita e come si sia venuti a
sapere della presenza di croati all'interno
del monastero. Tutte le porte che mettono
in comunicazione stanze diverse sono
chiuse e quelle che non lo sono hanno di
fronte una guardia armata e c'� bisogno di
una parola d'ordine per andare da una
stanza all'altra. Tutta la zona �
sorvegliata da giovani ustascia armati in
abiti civili e ci si scambia continuamente
il saluto ustascia'' (110).

``In un'intervista registrata, Simcic ammise l'esistenza,
all'epoca, di una strettissima sorveglianza all'interno
dell'istituto [...] necessaria a causa della minaccia,
sempre presente, di attacco da parte dei comunisti''
(110).

Il motivo di tante precauzioni era molto semplice. Fra
l'Istituto di San Girolamo e ``quella che si riteneva fosse
una delle biblioteche vaticane, in via Giacomo Venezian
17-C'' si trovavano nel 1947 numerosi ustascia ricercati.
Si trattava del poglavnik Ante Pavelic e di membri del suo
governo (111):

1.Ivan Devcic, tenente colonnello
2.Vjekoslav Vrancic, vice ministro
3.Dragutin Toth, ministro
4.Lovro Susic, ministro
5.Mile Starcevic, ministro
6.Dragutin Rupcic, generale
7.Vilko Pecnikar, generale
8.Josip Markovic, ministro
9.Vladimir Kren, generale

Alcuni di questi assassini risiedevano in Vaticano:
``Gli ustascia che risiedevano in Vaticano facevano la
spola tra i loro alloggi e la Confraternita [andando] avanti
e indietro dal Vaticano varie volte la settimana, a bordo
di un'automobile con autista la cui targa recava le iniziali
CD, Corpo Diplomatico. [...] A causa dell'immunit�
diplomatica, era impossibile fermare l'automobile''
(113).


La realt� � che ``il Vaticano stava nascondendo il
poglavnik, con la connivenza del SIS'' (132). Ovviamente,
``il SIS non aveva aiutato il Vaticano a salvare Ante
Pavelic per malintesi concetti di benevolenza e carit�.
Voleva molto in cambio. Voleva degli agenti per infiltrarsi
nella Jugoslavia comunista, per ottenere informazioni
segrete e per colpire con azioni terroristiche bersagli
strategici e uomini al servizio dei comunisti, soprattutto
gli agenti della temuta polizia segreta'' (129). Fu solo 18
mesi dopo la scomparsa di Pavelic che gli inglesi
ufficialmente "scoprirono" che costui si trovava in
Vaticano. A quel punto scaricarono la responsabilit�
dichiarando che era fuori dalla loro giurisdizione (85).

All'inizio del 1947 Pavelic si trovava ``in un complesso
extraterritoriale cinto da mura [che] si trova in cima al
colle Aventino [e] che secondo l'opinione generale �
crivellato di tunnel sotterranei che uniscono tra loro i
singoli edifici.'' Tale complesso ospita varie
organizzazioni della Chiesa, fra cui il Monastero di Santa
Sabina, nel quale l'agente americano Gowen riteneva a
quei tempi che avesse trovato ospitalit� il poglavnik, e
l'Ordine Militare Sovrano dei Cavalieri di Malta (87-88).
Secondo l'autore de Il Secolo Corto, l'Ordine di Malta
aveva anch'esso una sua rete per la fuga dei criminali di
guerra. Ne faceva parte William J. Casey, che divenne
capo della CIA negli anni ottanta.

Gli ustascia godevano di ottimi contatti con la polizia
italiana (89). Un'altra delle loro basi si trovava in Via
Cavour 210 (88).

In agosto Pavelic ``si nascondeva come ex-generale
ungherese sotto il nome di Giuseppe [...] e viveva in una
propriet� della Chiesa sotto la protezione del Vaticano, a
Via Giacomo Venezian, [...] insieme al famoso terrorista
bulgaro Vancia Mikoiloff (sic) e ad altre due persone.
Nell'edificio vivevano circa altri dodici uomini. Erano
tutti ustascia e costituivano la guardia del corpo di
Pavelic. Quando Pavelic usciva, si serviva di
un'automobile con la targa del Vaticano (SCV)'' (90-91).
``Andava regolarmente in giro a bordo delle auto ufficiali
vaticane che, recando le speciali targhe dei corpi
diplomatici, non potevano essere fermate dalle autorit�
occidentali, neppure quando Pavelic lasciava il territorio
vaticano'' (91).

I servizi segreti inglesi e americani conoscevano i
movimenti di Pavelic ed avevano ricevuto l'ordine di
arrestarlo. Tuttavia, dopo un continuo scarica-barile fra i
due servizi segreti, l'operazione fu ``lasciata morire''
(89-91). ``La posizione degli inglesi era cinica e
disonesta; mentre il SIS proteggeva Pavelic, il Foreign
Office protestava perch� gli Stati Uniti si sforzavano di
sabotare il piano per arrestare il poglavnik'' (89). ``Il
motivo [...] era davvero molto semplice. Gli alti ufficiali
statunitensi stavano formando, all'epoca, la loro rete di
ex-nazisti, e cominciavano a coordinare le proprie
attivit� con quelle del Vaticano e di Londra'' (92).


Alla fine Pavelic ripar� in Argentina: ``salp� dall'Italia il
13 settembre del 1947, viaggiando a bordo del piroscafo
italiano Sestriere sotto il nome di Pablo Aranyos, un
presunto profugo ungherese, e giunse a Buenos Aires il 16
novembre'' (95). ``Pavelic si serv� dei suoi contatti molto
influenti all'interno dei servizi segreti italiani per attuare
il suo piano di fuga'' (96). ``Padre Draganovic [...] forn� il
passaporto della Croce Rossa di cui si serv� Pavelic e
organizz� i dettagli del viaggio in nave'' (95). Sembra
addirittura che Draganovic ``accompagn� personalmente il
criminale di guerra a Buenos Aires, dove rimase con lui
per dodici mesi'' (95). Secondo un'altra versione dei
fatti, tuttavia, la persona che accompagn� l'ex-poglavnik
era ``un altro sacerdote croato, un certo padre Jole, che
era in realt� padre Josip Bujanovic'' (95).

Quando ``riapparve in Argentina, [...] il dittatore Juan
Per�n lo assunse come consulente per la sicurezza'' (95).
``Un certo Daniel Crljen [mandato in Argentina da
Draganovic per trovare una sistemazione a Pavelic] era
giunto in aereo a Buenos Aires, grazie all'assistenza del
Vaticano, per conferire con il generale Per�n a proposito
dell'organizzazione in Argentina di un movimento
ustascia chiamato "�lite". Crljen era uno dei principali
ideologi e propagandisti del movimento, dato che durante
la guerra aveva incitato al massacro dei Serbi. La
missione di Crljen ebbe certamente successo; l'arrivo di
Pavelic serv� solamente a completare il trasferimento in
Argentina di quasi tutto il suo governo. Tra i veterani che
l'attendevano per dargli il benvenuto c'erano quasi tutti i
ministri del gabinetto sopravvissuti, come pure molti
funzionari municipali, capi militari e della polizia. Erano
per la maggior parte criminali di guerra ricercati'' (96).

Per il seguito della storia di Pavelic, leggiamo La Storia
dei Papi del XX secolo:
``Dopo la caduta di Per�n, Pavelic sfugg� nel 1957 ad un
attentato cos� come riusc� a sottrarsi alla polizia
argentina; di nuovo fin� in un convento, stavolta presso i
Francescani di Madrid, e mor� settantenne (alla fine del
1959) nell'ospedale tedesco (sic!) della capitale
spagnola.''

(6/6/1 - continua)

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(6/6/2 - continua)

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Gli ustascia

Vladimir Kren

Durante la guerra fu generale e comandante in capo
dell'aviazione dello "Stato Croato Indipendente": ``il
generale Vladimir Kren, l'ex-ufficiale dell'aviazione
jugoslava che, nell'aprile del 1941, aveva organizzato il
passaggio ai tedeschi di molti dei suoi militari, era stato
ricompensato con la carica di comandante dell'aviazione
di Pavelic'' (118).

Vladimir Kren fu uno dei pochi amici di Pavelic che fu
preso:
Nell'indagare sulla presenza di criminali croati a San
Girolamo, l'agente americano ``Gowen organizz� un
audace furto con scasso nell'ufficio di Draganovic. [...]
Uno dei documenti pi� importanti era una lista di nomi di
croati che venivano nutriti, vestiti, alloggiati e provvisti
di ogni altra cosa nel monastero di San Girolamo. [...] In
tale elenco erano inclusi anche i nomi di diversi criminali
di guerra jugoslavi ricercati da tempo, dei quali
Draganovic aveva continuamente negato la presenza: [...]
almeno una ventina delle persone alloggiate all'interno
dell'istituto si trovavano nelle liste nere occidentali''
(112-113).

In questo modo, i servizi occidentali avevano saputo che
``un gruppo di criminali di guerra ricercati [...] si era
imbarcato sulla "Philippa" il 4 marzo 1947'' e che fra loro
si trovava Vladimir Kren, che viaggiava sotto il falso
nome di Marko Rubini (118-119). Kren fu arrestato dal
maggiore Clissold, della British Special Screening
Mission, la squadra alla ricerca dei nazisti. ``Questa fu
una delle pochissime occasioni in cui lo spionaggio
occidentale trionf�. [...] Qualche settimana pi� tardi, gli
inglesi prepararono un'imboscata nello stesso istituto di
San Girolamo, arrestando circa un centinaio di uomini che
stavano andandosene al termine di un incontro'' (118).
Alla fine, Kren fu consegnato al governo jugoslavo (118).

Vjekoslav Vrancic

Fu sottosegretario del Ministero degli Interni di Ante
Pavelic. ``Tale ministero [...] era direttamente
responsabile dei campi di concentramento nonch�
dell'apparato poliziesco particolarmente repressivo''
(112). Divenne poi il contatto radio in Austria per le
missioni dei krizari (133).

Nel 1947, ``Vrancic doveva essere consegnato agli
jugoslavi ma, tre giorni dopo questa decisione, egli sfugg�
misteriosamente alla custodia degli inglesi. Riusc� quindi
a mettersi al sicuro all'interno della Confraternita di San
Girolamo, prima che padre Draganovic lo facesse
espatriare attraverso la sua ratline. Nel novembre del
1947 [arriv�] in Argentina sotto il nome di Ivo Rajicevic;
in quel paese Vrancic divenne una figura di primo piano
nella rinascita dell'apparato terroristico ustascia'' (112).

Vilko Pecnikar

Genero di Ante Pavelic (134), Pecnikar era un ``veterano
del movimento e organizzatore dei gruppi terroristici di
Pavelic prima della guerra. Durante il conflitto raggiunse
il grado di generale nella guardia del corpo personale di
Pavelic e fu capo anche della brutale gendarmeria che
operava in stretta collaborazione con la Gestapo'' (112).

Dopo la fine del conflitto ``Draganovic e Pecnikar
lavorarono a stretto contatto per riorganizzare il
movimento ustascia'' (112) ed entrambi gestirono
insieme il tesoro degli ustascia (134). ``Manteneva
contatti con diverse organizzazioni naziste clandestine e
gestiva un sofisticato servizio segreto che collegava i
gruppi italiani con quelli austriaci'' (134).

Ivo Omrcanin

Durante il breve periodo di vita della Croazia
Indipendente, fu ``un funzionario del Ministero degli
Esteri ustascia'' (127).

Successivamente, ``Lavor� a stretto contatto con
Draganovic per dare una mano nelle vicende relative
all'emigrazione dei profughi croati. [...] Lavor�
direttamente sotto la guida di Draganovic nel Pontificio
Comitato Croato di Assistenza tra il 1948 e il 1953,
girando per i campi di profughi e inviando migliaia di
fuggiaschi attraverso la ratline. [...] Si vanta anche di aver
inviato attraverso la ratline 30.000 persone, tra cui molti
scienziati e tecnici tedeschi'' (127).

``Omrcanin [....] vive oggi a Washington, da dove pubblica
una serie di trattati di propaganda pro-ustascia'' (127).

Ljubo Milos

``Fu un alto ufficiale nel campo di concentramento di
Jasenovac. Uno dei suoi atti esemplari fu l'uccisione
rituale degli ebrei. Dopo l'arrivo al campo di un mezzo di
trasporto, Milos indossava un camice da medico, ordinava
alla guardia di portargli tutti coloro che avevano richiesto
un ospedale, li conduceva all'ambulanza, li metteva lungo
il muro e, con un colpo di coltello, tagliava la gola delle
vittime, spezzava loro le costole e le sventrava.

Milos diresse anche altri brutali metodi di sterminio.
Prigionieri nudi venivano gettati vivi nella fornace accesa
della fabbrica di mattoni annessa al campo, mentre altri
venivano percossi a morte con mazze e martelli.
Decisamente, Milos non era un innocente patriota croato
che si era limitato a prestar servizio nel governo di
Pavelic per senso del dovere nei confronti della propria
nazione. Era un volgare e sadico assassino, colpevole
proprio di quel tipo di crimini che Draganovic riteneva
meritassero una punizione. Eppure Draganovic estese
anche a lui la sua carit� cristiana.'' (120).

Il prete croato, infatti, fece fuggire Milos, e gli diede
anche molti soldi (120). Milos scamp� ``all'arresto da
parte degli alleati proprio grazie a padre Draganovic,
nonostante i suoi sanguinosi precedenti'' (132). ``Milos
viveva in un campo italiano e stavano per arrestarlo.
Draganovic fu avvertito segretamente da qualche agente
dei servizi segreti inglesi e us� la sua sofisticata
organizzazione per far sparire Milos, portandolo in salvo''
(121).

In seguito fu catturato in Jugoslavia nel corso di una
missione terroristica (121): nel 1948 figur� come
imputato al processo dei krizari (132).

Lovro Susic

Ministro dell'economia di Ante Pavelic (111), ``collabor�
strettamente coi nazisti alla deportazione di lavoratori
croati per lavori forzati in Germania, prestando servizio,
in seguito, presso la sanguinaria divisione delle SS
denominata Principe Eugenio'' (111).

Nel 1945 si trovava a Wolfsber, dove custodiva gran
parte del tesoro ustascia, prima di affidare tale tesoro a
Draganovic, Hefer, e Pecnikar (133-134). Nel 1947 si
rifugi� nell'istituto di San Girolamo (111), e poi divenne
uno dei comandanti delle operazioni dei krizari (134).

Dragutin Toth

Durante il conflitto il dottor Dragutin Toth fu Ministro del
Commercio di Ante Pavelic, presidente della Banca
Nazionale Croata e, infine, Ministro delle Finanze (111).
``Riusc� ad arrivare alla ratline di Draganovic e a
raggiungere l'Argentina verso la met� del 1947'', e ci�
malgrado il fatto che Londra e Washington avessero gi�
raggiunto un accordo per consegnarlo a Tito (111).

Bozidar Kavran

``Prima della guerra [aveva fatto parte, insieme a Rover,]
del movimento clandestino ustascia in Bosnia, [ed
entrambi] furono coinvolti in un complotto per assassinare
Re Pietro'' (146). ``In tempo di guerra fu il comandante
del quartier generale ustascia'' (146).

``Dopo la fine del conflitto gli fu affidata la responsabilit�
della base austriaca dei krizari a Trofaiach. Lavor�
direttamente agli ordini di Pavelic e Draganovic nelle
operazioni terroristiche e spionistiche dei krizari'' (146).
Fin� imputato al "processo pilotato" del 1948 (146).

Srecko Rover

Ustascia sin da prima della guerra, i suoi camerati lo
soprannominavano affettuosamente "piccolo lupo" (147).
Fece parte, insieme a Kavran, di un complotto per
assassinare Re Pietro (146). ``Quando nel 1941
arrivarono i nazisti, Rover entr� a far parte di una delle
micidiali corti marziali itineranti di Pavelic, che
giustiziavano in maniera sommaria i nemici razziali e
politici degli ustascia. Dopo aver prestato servizio in
questa squadra di sterminio itinerante, Rover fu inviato
in Austria per essere addestrato come agente speciale e
quindi promosso a prestar servizio nella guardia del corpo
personale di Pavelic, un'unit� di polizia repressiva simile
alla Gestapo'' (146).

Divenne il contatto degli americani nei krizari: ``Dopo la
guerra, Rover si un� alla moltitudine di criminali di guerra
latitanti, dandosi alla macchia nella campagna italiana, e
presto si arruol� nel movimento clandestino dei krizari.
Alla Confraternita di San Girolamo, ottenne da
Draganovic i documenti d'identit� falsi che gli permisero
di procurarsi dei certificati ufficiali, soprattutto quelli di
residenza italiana.

Rover lavor� a stretto contatto con Draganovic,
intraprendendo numerose missioni per conto
dell'eminenza grigia degli ustascia, [ossia Draganovic,] e
riuscendo ad arrivare, alla fine, ai vertici del comando dei
krizari. All'inizio del 1946, Rover fu mandato a Trieste
per lavorare nella rete spionistica di Draganovic. Contatt�
il colonnello Perry e stabil� stretti rapporti di lavoro con
l'ufficiale dei servizi segreti americani. [...] Perry rimase
impressionato dai progetti di Rover, dato che reclut� il
capitano dei krizari e gli forn� documenti di viaggio e
d'identit�. L'americano lo invi� in Jugoslavia per creare
un percorso clandestino attraverso cui si potessero far
penetrare degli agenti all'interno di quel paese.

[...] Quasi ogni volta che [Rover] si trovava nei guai con le
autorit� occidentali, Perry veniva in suo aiuto. I reparti
alleati specializzati nella caccia ai nazisti arrestarono
Rover in varie occasioni, ma gli interventi di Perry ne
garantivano sempre il rilascio. Il rapporto con gli
americani permise anche al "piccolo lupo" di avere
accesso a risorse e informazioni grazie alle quali fece
rapidamente carriera tra le file dei krizari, fino a
diventare, alla fine, comandante in seconda di Kavran
della base di Trofaiach, in Austria.

[...] Da principio faceva il corriere e consegnava istruzioni
top secret ai capi krizari. Divenne anche abile nel
procurarsi e falsificare sofisticati documenti d'identit� e
di viaggio, permettendo a se stesso e ai suoi compagni di
viaggiare liberamente persino all'interno della Jugoslavia
comunista. Poi reclut� volontari per le missioni
terroristiche e di spionaggio.

[...] Si rec� a Roma per incontrarsi con Draganovic e
riferirgli di persona i suoi ultimi successi. Cominci�
presto a lavorare a stretto contatto con altri importanti
membri della rete di Draganovic. [...] Fin dall'inizio del
suo rapporto con Perry, sembr� che le cose andassero
storte. Per esempio, la prima missione per conto
dell'americano aveva condotto Rover a Rijeka e Zagabria.
Questi torn� indietro senza correre rischi, ma la persona
che percorse dopo di lui lo stesso itinerario venne
immediatamente catturata.

[...] Quasi tutte le operazioni dei krizari in cui ci fu lo
zampino di Rover si rivelarono un completo disastro. Lo
stesso Pavelic arriv� a sospettare che Rover fosse un
agente comunista che faceva il doppio gioco, o almeno una
specie di agente provocatore. Tra i principali leader dei
krizari, Rover sembra sia stato uno dei pochi a entrare pi�
volte in Jugoslavia senza essere scoperto e arrestato dalla
polizia segreta di Tito.

[...] Quando, verso la met� del 1948, furono varate le
ultime disastrose operazioni, a Rover fu affidata la
responsabilit� di guidare i gruppi terroristici all'interno
del paese. Per coincidenza, tutti gli uomini da lui portati
oltre il confine furono uccisi o catturati, la maggior parte
nel giro di poche ore, i dispersi entro pochi giorni. Nello
stesso anno, i sopravvissuti si trovarono di fronte al
tribunale di Tito a Zagabria. Sembra che Srecko Rover sia
stato uno dei pochi tra i pi� importanti krizari a non
trovarsi tra le loro fila. In seguito Rover riport� fiaschi
simili anche in Australia'' (146-148).

Miha Krek

Presidente di Intermarium e amico intimo di Vajta (67).
``Capo del Partito Popolare Cattolico della Slovenia, [...]
Krek lavorava per i servizi segreti inglesi'' (67,137).
Lavorava in stretta collaborazione con monsignor Anton
Preseren, ``assistente generale del potente ordine dei
gesuiti'' (137).

L'agente statunitense William Gowen

Fu incaricato dal CIC per indagare sulla rete clandestina istituita
per permettere ai nazisti di fuggire ed arrestare i criminali
ricercati presenti a Roma (57). Fu tuttavia convinto da Ferenc
Vajta a premere sugli USA affinch� collaborassero con
Intermarium (73). Vajta gli aveva anche rivelato l'appoggio del
SIS ai krizari (132).

Fu l'arteficie della scelta americana di coprire i criminali in fuga.
Consigli� ``all'America di chiudere un occhio sul fatto che il
Vaticano proteggesse un nazista'', e cio� Vajta, giustificando la
cosa ``in considerazione del contributo della Santa Sede alla
causa anticomunista'' (78). Il 6 luglio 1947, Gowen ``sugger� che i
servizi segreti americani assumessero il controllo
dell'Intermarium'' (92).

(6/6/2 - FINE. Seguono NOTE)

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www.tenc.net
[Emperor's Clothes]

AMERICA AT WAR IN MACEDONIA

by Michel Chossudovsky
Professor of Economics, University of
Ottawa [14 June 2001]

[See map at
http://www.bsrec.bg/taskforce/SYNERGY/oilprojects2.html
. ]

Washington's covert war in Macedonia aims to
consolidate America's sphere of influence
in southeastern Europe. At stake is the strategic
Bulgaria-Macedonia-Albania transport, communications
and oil pipeline "corridor" which links the Black Sea
to the Adriatic coast. Macedonia stands at the
strategic crossroads of the oil pipeline corridor.

To protect these pipeline routes, Washington's goal is
to install a "patchwork of protectorates" along
strategic corridors in the Balkans. The promise of
"Greater Albania" used by Washington to foment
Albanian nationalism is part of the
military-intelligence ploy. Amply documented, the
latter consists in
financing and equipping the Kosovo Liberation Army
(KLA) and its National Liberation Army (NLA) proxy
to wage the terrorist assaults in Macedonia.

The development of America's sphere of influence in
Southeastern Europe --in complicity with Britain--
supports the interests of the oil giants including
BP-Amoco-ARCO, Chevron and Texaco. Securing
control and "protecting" the pipeline routes is
paramount to the success of these multi-billion dollar
ventures:

AA successful international oil regime is a
combination of economic, political, and military
arrangements to support oil production and
transportation to markets.1

The Anglo-American consortium which controls the AMBO
Trans-Balkan pipeline project linking the
Bulgarian port of Burgas to Vlore on the Albanian
Adriatic coastline largely excludes the participation of
Europe's competing oil giant Total-Fina-Elf. 2 In
other words, US strategic control over the pipeline
corridor is intent upon weakening the role of the
European Union and keeping competing European
business interests at arms' length.

WHO IS BEHIND THE TRANS-BALKAN PIPELINE?

The US based AMBO pipeline consortium is directly
linked to the seat of political and military power in
the United States and Vice President Dick Cheney's
firm Halliburton Energy.3

The feasibility study for AMBO's Trans-Balkan Oil
Pipeline, conducted by the international engineering
company of Brown & Root Ltd. [Halliburton's British
subsidiary] has determined that this pipeline...will
become a part of the region's critical East-West
corridor infrastructure which includes highway, railway,
gas and fiber optic telecommunications lines.4

And upon completion of the feasibility study by
Halliburton, a senior executive of Halliburton was
appointed CEO of AMBO. Halliburton was also granted a
contract to service US troops in the Balkans
and build "Bondsteel" in Kosovo, which now constitutes
"the largest American foreign military base
constructed since Vietnam".5 Coincidentally, White and
Case LLT, the New York law firm that President
William J. Clinton joined when he left the White House
also has a stake in the AMBO pipeline deal.

MILITARISATION OF THE PIPELINE CORRIDORS

The AMBO Trans-Balkans pipeline project would link up
with the pipeline corridors between the Black
Sea and the Caspian Sea basin, which lies at the hub
of the World's largest unexplored oil reserves
(See map of
http://www.bsrec.bg/taskforce/SYNERGY/oilprojects2.html
). The militarisation of these
various corridors is an integral part of Washington's
design.

The US policy of "protecting the pipeline routes" out
of the Caspian Sea basin (and across the Balkans)
was spelled out by Clinton's Energy Secretary Bill
Richardson barely a few months prior to the 1999
bombing of Yugoslavia:

"This is about America's energy security... It's also
about preventing strategic inroads by those who
don't share our values. We're trying to move these
newly independent countries toward the west... We
would like to see them reliant on western commercial
and political interests rather than going another
way. We've made a substantial political investment in
the Caspian, and it's very important to us that
both the pipeline map and the politics come out
right."6

The Anglo-American oil giants, including
BP-Amoco-Arco, Texaco and Chevron --supported by US
military might-- are competing with Europe's oil giant
Total-Fina-Elf (associated with Italy's ENI) which
is a big player in Kazakhstan's wealthy North East
Caspian Kashagan oil fields. The stakes are high:
Kashagan is reported "so large as to even surpass the
size of the North Sea oil reserves."7 The
competing EU based consortium, however, lacks a
significant stake and leverage in the main pipeline
routes out of the Caspian Sea basin and back (via the
Black Sea and through the Balkans) to Western
Europe. The key pipeline corridor projects --including
the AMBO project and the Baku-Cehyan project
through Turkey to the Mediterranean-- are largely in
the hands of their Anglo-American rivals, which
rely heavily on US political and military presence in
both the Caspian basin and the Balkans.

Washington's design is to eventually distance all
three AMBO countries, namely Bulgaria, Macedonia
and Albania from German-EU influence through the
installation of full-fledged US protectorates. In
other words, US militarisation and geopolitical
control over the projected pipeline linking Burgas in
Bulgaria to the Adriatic port of Vlore in Albania is
intent upon undermining EU influence as well as
weakening competing Franco-Belgian-Italian oil
interests.

Negotiations concerning the AMBO pipeline have been
supported by US government officials through
the Trade and Development Agency's (TDA) South Balkan
Development Initiative (SBDI) "designed to
help Albania, Bulgaria and FYR Macedonia further
develop and integrate their transportation
infrastructure along the east-west corridor that
connects them."8

The TDA points to the need for the three countries to
"use regional synergies to leverage new public
and private capital [from US companies]" while
underscoring the responsibility of the US government
"for implementing the initiative." With regard to the
AMBO pipeline, it would appear that the EU has
largely been excluded from the planning and
negotiations. "Memoranda of understanding" (MOU) have
already been signed with the governments of Albania,
Bulgaria and Macedonia which strip the
countries' national sovereignty over both the pipeline
and the transport corridors by providing
"exclusive rights" to the Anglo-American consortium:

" ...[The] MOU states that AMBO will be the only party
allowed to build the planned Burgas-Vlore oil
pipeline. More specifically, it gives AMBO the
exclusive right to negotiate with investors in and
creditors of the project. It also obligates ... [the
governments of Bulgaria, Macedonia and Albania] not
to disclose certain confidential information on the
pipeline project.9

"EAST-WEST CORRIDOR 8"

The AMBO pipeline project is linked up with another
strategic project entitled "Corridor 8", initially
proposed by the Clinton Administration in the context
of the "Balkans Stability Pact". Of strategic
importance to both the US and the European Union,
"Corridor 8" includes highway, railway, electricity
and telecommunications infrastructure. In turn, the
existing infrastructure in these sectors is slated for
deregulation and privatisation (at rock bottom prices)
under IMF-World Bank supervision.

Although rubber-stamped by EU transport ministers as
part of the process of European economic
integration, "Corridor 8" feasibility studies were
conducted by US companies financed directly by the
TDA. In other words, Washington seems to have set the
stage for the takeover of the countries'
transport and communications infrastructure. American
corporations including Bechtel, Enron and
General Electric (with financial backing from the US
government) are competing with companies from
the European Union.

Washington's design is to open up the entire corridor
to US multinationals in a region situated in the
European Union's "economic backyard", where the power
of the Deutschmark tends to dominate over
that of the US dollar.

"EU ENLARGEMENT"

In early 2000, the European Commission began
negotiations on EU associate membership status with
Macedonia, Bulgaria and Albania. And in April 2001, at
the height of the terrorist assaults, Macedonia
became the first country in the Balkans to sign a
so-called "stabilisation and association agreement"
(SAA) constituting an important step towards full EU
membership. The agreement provides the basis
for "trade liberalisation, political co-operation,
economic and institutional reform and transplantation of
EU legislation." Under the SAA, Macedonia would (de
facto) be integrated into the European monetary
system, with full access to the EU market.10

The terrorist assaults coincided chronologically with
the process of "EU enlargement", gaining
momentum barely a few weeks before the signing of the
historic "association agreement" with
Macedonia. Amply documented, the US has military
advisers working with the terrorists. Was this a
mere coincidence?

Also, Robert Frowick, "a former US diplomat", was
appointed to head the OSCE mission in Macedonia in
mid-March, again barely a few weeks before the signing
of the "association agreement." In close liaison
with Washington and the US embassy in Skopje, Frowick
initiated a "dialogue" with NLA rebel leader Ali
Ahmeti. He was also instrumental in brokering an
agreement between Ahmeti and the leaders of the
Albanian parties, which form part of the government
coalition.

This agreement negotiated by Frowick has largely
contributed to destabilising political institutions,
while at the same time jeopardising the process of EU
enlargement.11 Moreover, the deteriorating
security situation in Macedonia has provided a pretext
for increased US political, "humanitarian" and
military interference, while contributing to weakening
Skopje's economic and political ties to Germany
and the EU. In this regard, one of the "binding
conditions" of the "association agreement" is that
Macedonia conform to "EU standards on democracy".12
Needless to say, without a "functioning
government" in Macedonia, the EU association process
with Brussels cannot proceed.

The puppet governments installed in Tirana, Skopje and
Sofia, while largely responding to US diktats,
are currently being swayed in the direction of the
European Union. Washington's intent is ultimately to
curb Germany's "Lebensraum" into Southeastern Europe.
While paying lip service to "EU enlargement",
the US has consistently favoured "NATO enlargement" as
a means to pursuing its strategic interests in
Eastern Europe and the Balkans, while Germany and
France have opposed it.

While the tone of international diplomacy remains
mannerly and polite, US foreign policy under the
Bush administration has become distinctly
"anti-European". According to one observer:

"At the heart of the Bush team, Colin Powell is
[considered] the friend of the Europeans, while the
other ministers and advisers are considered arrogant,
hard and indisposed to listen or to give the
Europeans a place."13

GERMANY AND AMERICA

Amply documented, the CIA is behind the KLA and the
NLA rebels, who are waging the terrorist
assaults against the Macedonian security forces. While
the CIA's German counterpart the Bundes
Nachrichten Dienst (BND) collaborated with the CIA in
overseeing and financing the KLA prior to the
1999 war, recent developments suggest that the BND is
not involved in Washington's
military-intelligence ploy in Macedonia.14

Barely a few weeks before the signing of the
"association agreement" with the European Union,
German troops stationed in Macedonia in the Tetovo
region were (mid March 2001) "accidentally"
targeted by the NLA. While the Western media --echoing
in chorus the official statements-- maintains
that German troops were "caught in the cross-fire",
reports from Tetovo suggest that the NLA shelling
"was deliberate." In any event, the incident would not
have occurred had Germany's BND been working
with the rebel army:

"Up to 600 German troops were forced to leave Tetovo
overnight after their barracks... were caught in
crossfire... [They] were too lightly armed to defend
themselves against the Albanians. The Germans
will replace the departing troops with a Leopard tank
squadron [belonging to the
Panzer-Artillerie-Batterie division stationed in
Nordrein-Westphalen]. ...[T]he new [German] firepower
may be used to knock out Albanian positions now
established around Tetovo,..." 15

In a bitter irony, two of the commanders responsible
for the terrorist assaults in the Tetovo region had
been trained by British Special Forces:

"Embarrassingly for KFOR, it emerged that two of the
Kosovo-based commanders leading the Albanian
push [into the Tetovo region] were trained by former
British SAS and Parachute Regiment officers in the
days when NATO was more comfortable with the fledgling
Kosovo Liberation Army (KLA). A former
member of a European special forces unit who
accompanied the KLA during the Kosovo conflict said
that a commander with the nom de guerre of Bilal was
organising the flow of arms and men into
Macedonia, and that the veteran KLA commander Adem
Bajrami was helping to co-ordinate the assault
on Tetovo. Both were taught by British soldiers in the
secretive training camps that operated above
Bajram Curri in northern Albania during 1998 and
1999."16

These same British trained rebel commanders view
Germany as the "enemy" because Bundeswehr
troops stationed in Macedonia and Kosovo --rather than
providing "protection" to NLA "freedom
fighters" in the same way as their British and
American KFOR counterparts-- frequently detain
"suspected terrorists" at the border:

"A spokesman for the Albanians' National Liberation
Army (NLA) in Pristina warned the Bundeswehr its
involvement would constitute 'a declaration of war by
the Federal Republic of Germany'". 17

In response to NLA threats, the Bundeswehr sent in its
own Special Forces, the Fallschirmj�ger
(Parachutists) to work with its
Panzer-Artillerie-Batterie squadron.18 German Defence
Minister Rudolf
Scharping confirmed that "he was ready to send more
tanks and troops to bolster Bundeswehr
forces".19 Yet in recent developments, Berlin has
chosen to withdraw most of its troops from the
Tetovo region and not in any way challenge the US
military-intelligence ploy in support of the NLA
rebels. Some of these German troops are now stationed
on the Kosovo side of the border.

While the NLA received a shipment of brand new
advanced weaponry "made in America", Germany
donated (mid-June) to the Macedonian Security forces
all terrain vehicles as well as weapons "for
sophisticated infrared tracing in the battlefield."
According to a report from Macedonia, the small
contingent of German troops which still remains in the
Tetovo region "was under heavy attack from the
terrorists who attacked them with mortar from the
mountains above Tetovo. That is probably the
response of yesterday's [14 June 2001] donation to our
army made by the German government".20

While divisions between "NATO allies" are never made
public, Germany's Foreign Minister Joschka
Fischer --in a strongly worded statement to the
Bundestag directed against "the Albanian extremists in
Macedonia"-- has called for "a long-term arrangement,
aimed to make the whole region closer to
Europe." (i.e. free of US encroachment). The German
position is in marked contrast to that put forth by
the US, which requires the Skopje government to grant
amnesty to the terrorists, modify the country's
constitution and incorporate the NLA rebels in
civilian politics:

"The pact reportedly called for the rebels to stop
their fight in exchange for amnesty guarantees. The
rebels would also have the right to veto future
political decisions regarding ethnic Albanian rights. The
accord was reportedly mediated by Robert Frowick, a
former U.S. envoy who currently served as a
Balkan representative for the Organization for
Security and Cooperation in Europe." 21

THE ANGLO-AMERICAN AXIS

The clash between Germany and America in the Balkans
is part of a much broader process which affects
the heart of the Western military-industrial complex
and defence establishment.

>>From the early 1990s, the US and Germany have acted
jointly as NATO partners in the Balkans,
coordinating their respective military, intelligence
and foreign policy initiatives. While maintaining in
their public statements a semblance of political
unity, serious divisions started to emerge in the wake
of the Dayton Accords (1995), as German banks
scrambled to impose the Deutschmark and take over
the monetary system of Yugoslavia's successor states.

Moreover, in the wake of the 1999 war in Yugoslavia,
the US has reinforced its strategic, military and
intelligence ties with Britain, while Britain has
severed many of its ties (particularly in the area of
defence and aerospace production) with Germany and
France.

Launched in early 2000, U.S. Defense Secretary William
Cohen and his British counterpart, Geoff Hoon,
signed a "Declaration of Principles for Defense
Equipment and Industrial Cooperation''. 22 Washington's
objective was to encourage the formation of a
"transatlantic bridge across which the DoD
[US Department of Defense] can take its globalization
policy to Europe."23

The US defence industry --which now includes British
Aerospace Systems (BaeS)-- is clashing with the
Franco-German defence consortium EADS --a conglomerate
composed of France's Aerospatiale Matra,
Deutsche Aerospace, which is part of the powerful
Daimler group, and Spain's CASA. In other words, a
major split in the Western military-industrial complex
has occurred with the US and Britain on one side
and Germany and France on the other.

Oil, guns and the Western military alliance are
intimately related processes. Washington's design is to
eventually ensure the dominance of the US
military-industrial complex in alliance with the
Anglo-American oil giants and Britain's major defense
contractors. These developments evidently also
have a bearing on the control over strategic
pipelines, transport and communications corridors in the
Balkans, Eastern Europe and the former Soviet Union.

In turn, this Anglo-American axis is also matched by
increased cooperation between the CIA and
Britain's MI5 in the sphere of intelligence and covert
operations as evidenced by the role played by
British SAS Special Forces in training KLA rebels.

WAR, "DOLLARISATION" AND THE NEW WORLD ORDER

"Protection" of the pipelines, covert activities and
the recycling of drug money in support of armed
insurgencies, militarisation of strategic corridors,
defence procurement to "Partnership for Peace" (PfP)
countries are all an integral part of the
Anglo-American axis and its quest to dominate oil and gas
routes and transport corridors out of the Caspian sea
basin and from the Black sea across the Balkans.

More generally, what is happening in the broader
region linking Eastern Europe and the Balkans to the
former Soviet republics is a relentless scramble for
control over national economies by competing
business conglomerates. And behind this process is the
quest by Wall Street's financial establishment
--in alliance with the defence and oil giants-- to
destabilise and discredit the Deutschmark (and the
Euro) with a view to imposing the US dollar as the
sole currency for the region.

Control over "money creation" --imposing the rule of
the US Federal Reserve system throughout the
World-- has become a central feature of US
expansionism. In this regard, Washington's
military-intelligence ploy not only consists in
undermining "EU enlargement", it is also intent upon
weakening and displacing the dominion of Germany's
largest banking institutions (e.g. Deutsche Bank,
Commerzbank and WestDeutsche Landesbank) throughout
the Balkans.

In other words, the New World Order is marked by the
clash between Europe and America for "colonial
control" over national currencies. And this conflict
between "competing capitalist blocks" will become
increasingly acute when several hundred million people
from Eastern Europe and the Balkans to Central
Asia start using the Euro as their "de facto" national
currency on January 1st 2002.

See map at
http://www.bsrec.bg/taskforce/SYNERGY/oilprojects2.html
).

NOTES

1 Robert V. Baryiski, The Caspian Oil Regime: Military
Dimensions, Caspian Crossroads Magazine
,Volume 1, Issue No. 2, Spring 1995.

2. Reference to the European Union in this article
should be interpreted as the "European Union minus
Britain".

3 See Albanian Telegraph Agency, Tirana 28 July 1998
and Milsnews, Skopje, 23 January, 1997 available at
http://www.freerepublic.com/forum/a379fb721329c.htm.

4. Milsnews, op cit.

5. See Karen Talbot's incisive analysis: "Former
Yugoslavia: The Name of the Game is Oil, People's
Weekly World, May 2001 at
http://www.ecadre.net/pages/news/stories/990197752.shtml
, see also
Marjorie Cohn, "Pacification for a pipeline:
explaining the US Military presence in the
Balkans, The Jurist, Legal Education Network, June 2001,
http://jurist.law.pitt.edu/forumnew22.htm.

6. George Monbiot, A Discreet Deal in the Pipeline,
The Guardian, 15 February 2001.

7. Richard Giragosian, "Massive Kashagan Oil Strike
Renews Geopolitical Offensive In Caspian", The
Analyst, Central Asia-Caucasus Institute, Johns
Hopkins University-Paul H. Nitze School
of Advanced International Studies, 7 June, 2000,
http://www.soros.org/caucasus/0059.html.

8. See the Trade and Development (TDA) by Region at
http://www.tda.gov/region/sbdi.html.

9. Alexander Gas and Oil Connections,
http://www.gasandoil.com/goc/news/nte04224.htm,
October 2000.

10. Under so-called "asymmetric trade preferences"
with the EU.

11. For further details on the role of Robert Frowick,
see Michel Chossudovsky, "Macedonia:
Washington's Military-Intelligence Ploy". June 2001

12. See AFP, 10 April 2001.

13. According to Pascal Boniface, director of the
Paris Institute of International and Strategic Relations,
UPI, 11 April 2001.

14. For details on CIA-BND support to the KLA see
Michel Chossudovsky, "Kosovo Freedom Fighters
Financed by Organised Crime", Covert Action Quarterly,
Fall 1999 also available at
http://www.heise.de/tp/english/inhalt/co/2743/1.html),

15 Tom Walker, NATO Troops caught in a Balkan Ulster,
Sunday Times, London, 18 March 2001,

16. Ibid.

17. Ibid.

18. See Deutsche Fallschirmj�ger nach Tetovo, Spiegel
Online, 24 March 2001, see also, Bundeswehr
verlegt Soldaten ins Kosovo, Spiegel Online, 23 March
2001.

19. Deutsche Press Agentur, 19 March 2001,

20. Information transmitted to the author from Skopje,
June 2001.

21. Facts on File, World News Digest, 30 May 2001.

22. Reuters, 5 February 2000.

23. The agreement was signed (according to a Pentagon
official quoted in Muradian) shortly after the
creation of British Aerospace Systems resulting from
the merger of BAe with GEC Marconi. British
Aerospace (Bae) was already firmly allied to America's
largest defense contractors Lockheed Martin and
Boeing. For further details see Vago Muradian,
Pentagon Sees Bridge to Europe, Defense Daily, Vol.
204, No. 40 Dec. 01, 1999.

Recent articles by the author on the Balkans:

"Washington Finances Ethnic Warfare in the Balkans",
April 2001, at
http://www.emperors-clothes.com/articles/choss/fin.htm
or
http://www.canadiandimension.mb.ca/extra/x0404mc.htm

"Economic Terrorism", May 2001 at
http://emperors-clothes.com/articles/choss/eco1.htm or

http://alainet.org/active/show_news.phtml?news_id25
.

C Copyright by Michel Chossudovsky, Ottawa, June 2001.
All rights reserved. Permission is granted to
post this text on non-commercial community internet
sites, provided the essay remains intact and the
copyright note is displayed. To publish this text in
printed and/or other form, contact the author at
chossudovsky@..., fax: 1-514-4256224.

URGENT APPEAL! 14 JUNE 2001

TO THOSE WHO HAVE DONATED TO OUR FUNDRAISING
APPEAL -
THANK YOU!

BUT EMPEROR'S CLOTHES STILL URGENTLY NEEDS
HELP!

Nobody funds Emperor's Clothes. Our only source of
money is people like you. All
contributions help, big and small.

Our work has expanded but our income has not. We are
now several months behind on
long distance and international phone bills.

All but local service has been turned off.

We have other big bills too, including for Lexis, our
key research tool.

We use long distance for interviews (if we need a
translator, this involves a three-way
call) to consult with writers, to check the accuracy
of information and sometimes to
discuss articles being translated. We also use
international calls to help write and
edit
articles for media besides Emperor's Clothes.

Using international long distance, we were able to
stay in constant touch with the
unarmed witnesses guarding Mr. Miloshevich's house
when it was attacked March 28th
and 29th. That is why you could read accurate news on
Emperor's Clothes - the only
honest reports available anywhere.

After the attack, by using international phone calls
we were able to talk directly with
people involved in the negotiations between Mr.
Miloshevich and the current Serbian
authorities. So we knew first hand that the 'NY Times'
report that Mr. Miloshevich was
suicidal during the talks was a lie.

Because we need to use the phone so much, our bills
are well over a thousand dollars a
month. Now our long distance and international service
has been turned off because we
owe almost $5000. We are in danger of losing phone
service altogether. In addition, we
owe over $1500 to Lexis, a key research tool, which
allows us to check the accuracy of
newspaper excerpts and quotes over the past 20 years.

If everyone who cares about Emperor's Clothes chips
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time.

Any help you can send will be greatly appreciated!
$20, $50, $100 or $1000 - it will all

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(5/6 - continua)

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Dominik Mandic

Era ``rappresentante ufficiale del Vaticano presso la
Confraternita di San Girolamo: [...] era, inoltre, un alto funzionario
dell'ordine francescano,
poich� ricopriva la carica di economo generale (tesoriere)''
(109). ``Mandic era l'alto funzionario francescano che mise la
stampatrice
dell'ordine a disposizione della Confraternita di San Girolamo in
modo da poter fornire le carte d'identit� false ai fuggiaschi'' (128).
``Padre
Dominik Mandic controllava le finanze dell'istituto di san
Girolamo con notevole destrezza [nella veste di] tesoriere della sezione
ufficiale
croata della Pontificia Commissione di Assistenza Profughi'' e
provvide a riciclare il denaro sporco di sangue degli ustascia
(127-128).

Josip Bujanovic

Sacerdote fascista croato (134) e criminale ricercato (95).
``Durante la guerra era stato il leader ustascia della citt� di Gospic''
(134-135).
``Prese parte al massacro dei contadini ortodossi'' (135).
``Bujanovic abbandon� la Croazia all'arrivo dei comunisti e divenne un
alto ufficiale
krizari'' (135). ``Organizz� il viaggio di Pavelic in Argentina e
poi [sembra che] lo segu� in Sudamerica, prima di stabilirsi
definitivamente in
Australia'', dove oggi vive ancora serenamente (95,135).

I nazisti

Ferenc Vajta

Ferenc Vajta era un ``criminale di guerra ungherese, tirapiedi
nazista'' (76), ``autore di spietati eccidi di massa'' (78).

Prima della guerra aveva studiato alla Sorbona e si era unito alla
loggia Grand Orient, ``specializzata nelle faccende dell'Europa centrale
e
orientale'' e con vedute filofrancesi (62). ``� stato protagonista
attivo della politica clandestina degli emigrati politici sin dal 1932,
quando
cominci� a impegnarsi in questi campi per ordine del Ministero
degli Affari Esteri ungherese'' (73).

Fu ``uno dei principali propagandisti nazisti nei quotidiani
patrocinati dalla Germania'' (71). Inoltre ``aveva lavorato per i
servizi segreti
ungheresi prima della guerra'' (71). ``Tra il 1941 e il 1944, i
governi ungheresi filonazisti avevano inviato spesso Vajta in missioni
speciali,
anche a Berlino, a Istanbul e in numerosi paesi balcanici che,
all'epoca, collaboravano attivamente con i tedeschi'' (71). Nel 1944 fu
promosso
a Console Generale a Vienna (71). Tent� poi di giustificare il suo
collaborazionismo con la necessit� di frenare l'avanzata comunista (71).

Alla fine della guerra fu ``console ungherese a Vienna, inviato
per organizzare il trasloco dell'industria ungherese e stabilire
itinerari di fuga per
i "profughi". [...] Allest� pi� di 7.000 vagoni ferroviari carichi
di macchinari e di pezzi di fabbriche per raggiungere la Germania
occidentale e
salv� dai sovietici la grande maggioranza dei borghesi e degli
aristocratici ungheresi. I francesi scoprirono presto che Vajta era uno
dei pochi
uomini a sapere dove fosse stata trasferita l'industria ungherese.
I francesi erano disperatamente a corto di soldi per finanziare le
operazioni
clandestine e il tesoro rubato di Vajta divenne, nel 1945, la
principale base finanziaria della ripresa d'interesse per l'Intermarium
da parte della
Francia'' (61).


Subito dopo la guerra ``fu preso in una retata del CIC e detenuto
a Dachau. Fortuna volle che uno dei suoi compagni di prigione fosse il
principe
ereditario del Siam; un funzionario inglese venne per liberare
quest'ultimo, e riconoscendo il nome di Vajta fece uscire anche lui''
(70).

Vajta, infatti, era ``considerato troppo prezioso nelle operazioni
di spionaggio da francesi e inglesi, per essere riconsegnato al governo
del suo
paese'' (71). E infatti nel 1945 ``fu assoldato dal Deuxi�me
Bureau e dall'Alto Comando Francese in Austria'' (62). Lavor� ``per pi�
di due
anni sia coi servizi segreti francesi sia con quelli inglesi,
organizzando due movimenti clandestini contro i russi'' (61). Sotto la
direzione
francese prima e inglese poi, fu il principale organizzatore
dell'Intermarium (62).


Il 10 aprile 1947, Vajta fu arrestato a Roma dalle autorit�
italiane, ``ma il 26 aprile venne rilasciato, malgrado si trovasse sulla
lista ufficiale dei
criminali di guerra e l'Italia dovesse consegnarlo come tale alle
autorit� straniere. [...] Il rilascio di Vajta era stato congegnato da
Pecorari,
segretario generale della Democrazia Cristiana [e vicepresidente
dell'Assemblea costituente] e da Insabato, capo del Partito Agrario
Italiano''
(69).

In seguito cerc� di ottenere l'appoggio degli Stati Uniti
all'Intermarium, e nel mese di luglio fu assoldato dal CIC (70). Aveva
``eccellenti
contatti in Vaticano, in Inghilterra, in Francia e in Spagna''
(73). Inoltre ``conosceva personalmente il generale Franco, il ministro
degli esteri
spagnolo Artajo e il cardinale primate di Spagna'' (74).

Nel 1947, Vajta intraprese un viaggio segreto con Casimir Papee,
``uno straordinario diplomatico polacco [...] presso la Santa Sede dal
1939,
[...] un autorevole membro dell'Intermarium [che aveva]
collegamenti con i servizi segreti occidentali. [...] Nel corso del loro
viaggio i due
s'incontrano con funzionari dei servizi segreti inglesi e
francesi'' (73-74).

A seguito di pressioni da parte del governo ungherese, la polizia
italiana emise un mandato d'arresto nei confronti di Vajta (73). Il 3
settembre,
al ritorno dal suo viaggio con Papee, l'ungherese fu avvisato
``del suo imminente arresto. [...] Vajta si rec� immediatamente a
Castelgandolfo,
la residenza estiva del Pontefice.'' La mattina del giorno
successivo pot� tornare impunemente a Roma, grazie alle sue potenti
amicizie:
``Alcide De Gasperi, che era anche primo ministro, aveva
personalmente garantito per la [sua] salvezza.'' Inoltre egli aveva
ottenuto dei
documenti falsi, rilasciati dai francesi. A Roma ottenne una breve
ospitalit� ``presso un padre gesuita ungherese nell'Universit�
Gregoriana
Gesuita'', e scapp� poi per Livorno con l'agente del CIC Gowen,
per poi scappare in Spagna (74).

Da quell'anno, si mise a lavorare per gli americani al progetto
dell'Unione Continentale (74-75). Il 16 dicembre 1947 arriva a New York
``con
un visto emesso dal consolato americano a Madrid e contrassegnato
dalla dicitura "Diplomatico"'' (76). Negli USA, Vajta incontr� ``il
cardinale Spellmann, il leader gesuita padre La Farge e un gran
numero di capi politici emigrati'' allo scopo di ``procurarsi appoggi
per l'Unione
Continentale'' (77).

La visita di Vajta non pass� inosservata, e grazie all'intervento
dei due noti giornalisti Drew Pearson e Walter Winchell ``il governo fu
sommerso dalla pubblicit� negativa'' (77). ``Vajta fu
immediatamente arrestato, e il 3 febbraio 1948 gli ungheresi chiesero la
sua
estradizione.'' ``Gli americani non volevano restituirlo
all'Ungheria'' e finalmente fu ``cacciato dagli Stati Uniti nel febbraio
del 1950 [e] dopo
il rifiuto da parte di Italia e Spagna di raccoglierlo, and� in
Colombia'' (77).

``Il Vaticano intervenne e fece in modo che la Colombia lo
accettasse e che un piccolo collegio cattolico situato laggi� lo
impiegasse. Trascorse il
resto della sua vita a Bogot� come professore di economia'' (78).

Walter Rauff

Criminale di guerra, capo della Gestapo nella Repubblica di Sal� e
terminale milanese della rete di fuga del vescovo Hudal nel dopoguerra.

Partecip� direttamente allo sterminio degli Ebrei, mettendo a
punto un'innovativa tecnica di morte:
``A seguito dell'angoscia provata da Himmler [ministro degli
interni] nell'assistere a una fucilazione di massa di ebrei a Minsk nel
1941, Rauff
aveva diretto lo svolgimento del programma per la messa a punto di
furgoni a gas mobili'' nei quali morirono ``circa centomila persone, per
la
maggior parte donne e bambini dell'Europa orientale'' (41).

``In seguito alla caduta del regime di Mussolini, nel settembre
del 1943 Rauff fu inviato in Italia settentrionale, dove prest� servizio
presso le
SS nella zona intorno a Genova, Torino e Milano. Ancora una volta
il suo incarico era quello di sterminare la popolazione ebrea'' (41).

Nella primavera del 1943, il vescovo Hudal ``entr� in contatto con
questo famigerato autore di stragi'', incontrandolo a Roma, dove Rauff
era
stato mandato dal suo superiore Martin Borrmann per sei mesi
(41-42). ``In quei mesi furono stabiliti i primi contatti col Vaticano,
che
avrebbero portato, infine, all'istituzione da parte di Hudal di
una rete per l'espatrio clandestino dei criminali nazisti'' (42).


``Con l'aiuto di Rauff, i pi� alti funzionari della Wehrmacht
nell'Italia settentrionale [ed in particolare l'Obergruppenf�hrer Karl
Wolff]
intrapresero una serie di negoziati segreti per la resa. Allen
Dulles, il capo del servizio segreto americano in Svizzera, concluse la
resa con le
forze tedesche con l'aiuto di intermediari del Vaticano. A questi
negoziati venne dato il nome in codice di "operazione Sunrise" e, anche
se non
abbreviarono la guerra, gli ufficiali nazisti che vi parteciparono
sfuggirono ad una dura pena'' (46).

Sull'operazione Sunrise, Il Secolo Corto ci fornisce ulteriori
particolari (cap. 15).
L'operazione era condotta ufficialmente ``per risparmiare inutili
morti'', ma il suo scopo reale era invece ``di evitare che fossero i
partigiani
democratici italiani a conseguire la vittoria sull'esercito
tedesco, poich� ci� avrebbe rafforzato il loro potere.'' I contatti fra
Dulles e Rauff
erano cominciati ``gi� all'inizio del gennaio 1945. Nel marzo
dello stesso anno, le trattative fra OSS e SS erano giunte a un punto
talmente
avanzato da giustificare una prova concreta di buona fede da parte
tedesca. Il 3 marzo Walter Rauff ebbe un incontro a Lugano con Dulles.
[...]
L'incontro [...] serv� per organizzare il rilascio dei prigionieri
americani e inglesi che si trovavano nelle mani della Gestapo in Italia.
Le
trattative proseguirono poi a ritmo serrato.'' A met� aprile
``Wolff si rec� in Svizzera contando sulla sua reputazione personale
presso gli
anglo-americani per ottenere garanzie da parte di Dulles che "gli
elementi idealisti e rispettabili dell'esercito, del partito, e delle SS
avrebbero
potuto svolgere una parte attiva nella ricostruzione della
Germania". Non si trattava quindi soltanto della resa delle truppe
tedesche nell'Italia
settentrionale, ma di qualcosa che implicava una connivenza futura
con i quadri qualificati del nazismo. Dulles concesse in pratica
un'amnistia
ufficiosa alle SS. Quasi una pace separata, comprendente non solo
la salvaguardia della vita, ma anche la libert� personale e la
protezione
dell'espatrio verso luoghi lontani e sicuri.''

``Quando, il 29 aprile del 1945, l'esercito tedesco si arrese,
Rauff ottenne un falso passaporto a nome di Carlo Comte e affitt� un
appartamento
a Milano. Poi prese la sua copia dei documenti della polizia
segreta di Mussolini, che comprendevano le liste degli iscritti al
partito fascista, e
la seppell� di nascosto fuori citt�. Sapeva che quei documenti si
sarebbero rivelati molto utili nei mesi a venire e la sua previsione si
dimostr�
corretta. Il giorno seguente, tuttavia, Rauff venne arrestato
dagli americani e rinchiuso nella prigione di San Vittore a Milano. Nel
giro di alcune
ore, arriv� un sacerdote e fece in modo che l'ufficiale tedesco
venisse trasferito in un ospedale dell'esercito americano'' (46).

``Rauff venne rilasciato per essere affidato alla custodia della
"S Force Verona", un'unit� dell'OSS che operava con la squadra di
controspionaggio speciale anglo-americana in Italia, comandata da
James Jesus Angleton. Tra le altre cose, la S Force era l'equivalente
occidentale della sezione anticomunista di Rauff durante la
guerra'' (46).
NOTA: Angleton e Dulles divennero in seguito, rispettivamente,
capo del controspionaggio e direttore della CIA, e mantennero per tutta
la
durata della loro carriera il controllo esclusivo sui collegamenti
tra i servizi segreti americani ed il Vaticano (47).

Rauff fu rilasciato dopo un lungo interrogatorio sulle attivit�
anticomuniste della Gestapo (47). Monsignor Giuseppe Bicchierai,
segretario del
cardinale di Milano Schuster, ``organizz� le cose in modo tale che
questi potesse starsene nascosto nei conventi della Santa Sede'' (46).

``Rauff prese contatto con l'arcivescovo di Genova Siri e and�
immediatamente [a Milano] a lavorare per il Vaticano alla creazione di
un
sistema per far fuggire clandestinamente i nazisti'' (47).
Secondo Il Secolo Corto, dal 1945 al 1949 Rauff, agendo per conto
dei servizi segreti americani ``sotto la copertura di un'organizzazione
di
aiuto ai rifugiati gestita dal Vaticano, avrebbe fatto partire
clandestinamente verso asili sicuri pi� di 5.000 fra agenti della
Gestapo e SS.''

Nel 1949 Rauff lascia l'Italia per il Sud America, senza neanche
prendere la precauzione di usare documenti falsi: il nome sul passaporto
era
infatti proprio il suo. Visse tranquillamente in Cile, paese che
ne neg� l'estradizione anche dopo che fu eletto il socialista Salvador
Allende.

Franz Stangl

Fu comandante del campo di sterminio di Treblinka (33). Verso la
fine della guerra fu trasferito in Jugoslavia a combattere contro i
partigiani
(34). Catturato dagli americani, dal 1945 al 1947 fu rinchiuso nel
campo di prigionieri di guerra di Glasembach. Intorno al Natale 1947 gli
americani lo consegnarono agli austriaci, che lo trasferirono a
Linz. Da qui evase nel maggio successivo, e si incammin� verso Roma
(34).

``Dopo essere giunto a Roma, si mise alla ricerca del vescovo
Alois Hudal, [il quale gli procur�] un alloggio a Roma, [...] gli diede
[...] denaro,
[...] un passaporto della Croce Rossa, [...] un visto d'entrata in
Siria, un posto in una fabbrica di tessuti a Damasco, e un biglietto per
la nave''
(34-35).

Fugg� insieme a Gustav Wagner e ``alla fine giunsero in Brasile
entrambi e lodarono il vescovo Hudal per l'aiuto che aveva offerto
loro'' (36).

Stangl fu catturato definitivamente da Simon Wiesenthal nel 1967
in Brasile (35-36). Nel 1970 venne condannato all'ergastolo in Germania,
e
mor� in carcere un anno dopo.

Gustav Wagner

Comandante del campo di concentramento di Sobibor durante la
guerra (36). Arrestato, fugg� dalle prigioni alleate e percorse insieme
a Franz
Stangl la strada per Roma. Fugg� infine in Brasile grazie
all'opera caritatevole del vescovo Hudal (36).

Alois Brunner

``Uno degli ufficiali pi� spietati che portarono a compimento il
programma di deportazione degli ebrei'', riusc� a fuggire ``attraverso
la rete
ordita dal Vaticano per permettere la fuga dei nazisti'' (36).

``Fugg� a Damasco, in Siria, dove vive ancora sotto il nome di
dottor George Fischer, [...] impunito per le centinaia di migliaia di
vittime che
invi� a Stangl e Wagner affinch� le processassero'' (36).

Adolf Eichmann

``Principale artefice dell'olocausto'' nella veste di ``capo del
Dipartimento per gli affari ebrei'' (36).

Nel 1950, Hudal gli forn� ``una nuova identit�, quella del profugo
croato Richard Klement e lo mand� a Genova. L� Eichmann [...] fu
nascosto in
un monastero, sotto il controllo caritatevole dell'arcivescovo
Siri, prima di essere fatto fuggire clandestinamente in Sudamerica''
(36).

``La Caritas ha pagato tutte le spese di viaggio per permettere a
Eichmann di raggiungere il Sudamerica'' (37).

``Alla fine, Eichmann fu rintracciato in Argentina dal servizio
segreto israeliano, rapito, processato e giustiziato a Gerusalemme nel
1962''
(36).


(5/6 - continua)

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ALLA LARGA!


Security Advisroy for Belgrade
Date: Thu, 14 Jun 2001 14:45:28 +0200
From: Sinisa Durkulic <DURKULIC@...>
CC: icva-bgd@...




We have received the following security advisory from the UN
Designated Official for Security in the FRY (UNLO Belgrade):

Quote:

"On 16 June, at 16:00 hours, the Socialist Party of Serbia
(SPS) plans to stage a rally in Trg Republike.

If the gathering reaches about 30,000, the organizers may
march from Trg Republike to the Central prison.

International agencies based in Belgrade are recommended
to exercise caution on 16 June at the timing indicated and to
avoid being in the center of town at that time". unquote

Regards


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"SAREMO INESORABILI"

In applicazione dei diktat del sistema finanziario globale, che impone
la ristrutturazione drastica delle imprese statali e parastatali e la
loro veloce privatizzazione ovvero svendita al capitale monopolistico
transnazionale, circa 5000 addetti delle banche jugoslave perderanno il
lavoro nelle prossime settimane.
A chi gli chiedeva se se ne fosse reso conto e come intendesse reagire
al malcontento, il Governatore della Banca Centrale di Jugoslavia
Mladjan Dinkic - membro del "Gruppo G17", appoggiato dal FMI e dalla
"sinistra" italiana antimilosevic - ha risposto laconico: "Saremo
inesorabili".

DINKIC:WE WILL BE INEXORABLE
BELGRADE, June 13 (Tanjug) National Bank of Yugoslavia governor
Mladjan Dinkic said Wednesday that on June 15 will start preparations
for
interventions in the domestic banking system within the reconstruction
process, so that on July 1 it will be know which banks are "good" and
which are "bad."
Dinkic said at a working meeting with journalists, on the topic
"Strategy of reconstruction of the banking system," highlighted the fact
that 28 banks whose recovery is uncertain employ over 20,000 people,
while
the entire Yugoslav banking sector has about 24,000 employees.
The governor assessed that in the process of consolidation of
banks about 5,000 employees will lose their jobs.
Asked whether he was aware of possible political pressure on the
National Bank of Yugoslavia and on him as governor, not only because of
the
liquidation of banks but also because of protests of people who will be
left without jobs, Dinkic underlined that the process of recovery and
return of confidence in the domestic banking system must be carried out
without compromise, and warned: "we will be inexorable."

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