Informazione
> lettera speditami dal padre di una delle due bambine che ho in affido,
> viene da Kragujevac...
> Io credo che le parole di questo jugoslavo, oltre a sprigionare una
grande
> forza e serenità d'animo, siano il segno più tangibile di come anche
> l'affido a distanza... unisca i popoli nella fratellanza e nella
solidarietà
> internazionalista.
> Vi ricordo inoltre che qui a Bologna abbiamo attualmente 74 bambini in
> adozione a distanza e che fra gli affidatari ci sono persone
appartenenti
> ad ogni categoria sociale, lavoratori precari ed operai.
> Saluti
> Serena
Kragujevac 23/11/2000
Egregia signorina Serena,
le scrivo a nome della famiglia Rakocevic perchè la sua generosità mi ha
commosso tanto. Non scriverò delle cose a lei già note, della situazione
molto difficile del paese che amo tanto, del tenore di vita e della
miseria
che ci circonda da tutti questi anni. Mi presento, mi chiamo Dobrica,
sono
un lavoratore della Zastava da 22 anni. Sono stato uno sportivo per
tanti
anni e perciò sono abituato a fare la vita sana. Ho una bella famiglia
alla
quale dedico ogni momento della vita. Quando sono andato al mio
Sindacato a
chiedere il suo indirizzo ho saputo una cosa che mi ha colpito molto,
che
lei è di origine slovena. Mi scuso per la commozione ma questa notizia
mi
ha toccato il cuore. Io ho 41 anni e tutte le cose belle nella mia vita
sono legate alla vecchia, bella Jugoslavija. E lei nonostante tutti gli
impegni che ha, ha deciso di aiutarci. E' poco dire grazie, sono
convinto
che il Signore le ha regalato un cuore che batte così forte che tutta la
città di Kragujevac lo sente.
Le mie due figlie adesso sono già ragazze. La maggiore Marica è
laureata,
non lavora ma fa tutti gli sforzi per guadagnare qualche soldo per se e
così almeno un pò aiuta la famiglia. La minore Marija ha 14 anni ha
tutti i
voti ottimi ed è sportiva. Nelle competizioni di nuoto ha già ottenuto
risultati buoni ed adesso allena pallamano in una squadra con un nome
simpatico: Api. Mia moglie Vesna con cui sono sposato da quando avevo 17
anni si è ammalata nel 1990 di un tipo di carcinoma - hozchin morbus
-carcinoma degli organi per la produzione di sangue. E' stata curata per
due anni alle 5 cliniche di Belgrado, ha subito chemioterapie,
radiazioni,
traumi e stress ma è riuscita a smentire tutte le prognosi ed è
sopravvissuta. Tutti i dottori sono d'accordo che ha vinto la sua
volontà
di vivere. Da allora essa va una volta al mese a fare gli esami
dettagliati
a Belgrado, dove seguono la sua malattia. E' invalida di 2a categoria,
il
suo corpo è molto debole perchè a causa delle terapie l'immunità è
calata
molto. Lei è la mia eroina, l'adoro e non so com'è riuscita ad essere
così
forte dopo tutto quello che ha vissuto. Ma nella nostra casa c'è sempre
un'atmosfera allegra e noi non permettiamo alle tragedie di vincerci. Ed
infine, la prego di perdonarmi perchè ho scritto una lettera così lunga.
Grazie alle persone del sindacato Zastava lei riceverà la presente
lettera.
Devo dire che hanno fatto tanti sforzi per diminuire la tragedia che ci
ha
colpito. E poi, le devo dire che noi le saremo amici per tutta la vita.
La
porta della nostra casa, cara Serena è sempre aperta per lei, per il
semplice motivo che queste parole le scrive un'anima slovena che è più
forte di tutte le guerre e i confini.
Con tanti cari saluti ed auguri di buona salute e di tante cose belle
nella
vita.
Famiglia Rakocevic.
---
Chi è interessato ad adottare un bimbo jugoslavo può
rivolgersi all'Associazione "Aiutiamo la Jugoslavia"
aljug@...
Sul sito http://digilander.iol.it/alj/ si possono trovare
ulteriori informazioni.
---
Bollettino di controinformazione del
Coordinamento Nazionale "La Jugoslavia Vivra'"
Sito WEB : http://digilander.iol.it/lajugoslaviavivra
I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente le
opinioni delle realta' che compongono il Coordinamento, ma
vengono fatti circolare per il loro contenuto informativo al
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Sindaca
di Pancevo, in corso di pubblicazione su "La Rinascita della Sinistra".
alberto tarozzi
(Dalla mailing list scienzaepace@...)
---
LA SITUAZIONE DI P A N C E V O
(documento sulla situazione socio-sanitaria a Pancevo inviatoci dal
Municipio di Pancevo, Sindaca prof. B.Kruska. Traduzione di Zivkica
Nedanovski).
----------------------------------------------------------------------------
Pancevo
12 novembre 2000
Egregi signori,
Vi ringrazio tanto per invito che mi avete mandato .Credo che capiate le
ragioni a causa delle quali non posso partecipare personalmente alla
conferenza.
Ho avuto l'onore di diventare la sindaca del Comune di Pancevo il
7 ottobre. Dunque, ho la responsabilità enorme di occuparmi del
benessere
di 130.000 cittadini del mio Comune. Avendo presente questi impegni e
responsabilità, sono del parere, che in questo momento, solo un mese
dopo
la mia nomina, sia importante che io rimanga presente nella mia città.
Cercherò di aiutare i miei concittadini. Con loro devo affrontare molti
problemi attuali. La nostra vittoria alle elezioni è stata imponente. I
nostri cittadini sono impazienti. Vorrebbero che i cambiamenti nella
società avvenissero subito. Vorrebbero vedere i problemi risolti subito,
nel
paese, nella città, senza rinvio.
Vivo in un paese che è in guerra da quasi dieci anni. Grazie alle
sanzioni,
per otto anni non è stato possibile vivere normalmente. Nel
nostro paese, a causa di una gestione della politica economica
catastrofica, è stato distrutto tutto quello che si poteva distruggere.
Qui,
la gente vive da dieci anni senza intravedere un proprio futuro, né un
futuro per i propri figli.
Vivo in un paese che nel 1999 è stato esposto a un bombardamento feroce
alla distruzione di tutto quello che era rimasto. Si è trascurato il
fatto
che lì vivessero esseri viventi. Si è trascurato il fatto che li si può
distruggere non solo fisicamente, ma che le bombe lasciano delle tracce
per
sempre nelle loro vite. Sono orgogliosa del mio popolo perché ha
dimostrato
il rispetto di se stesso in un conflitto che non avrebbe mai dovuto
accadere, fra il mio paese e una potente macchina mondiale. Molti nel
mondo ci hanno identificato tendenzialmente con chi forniva sostegno
al regime di Belgrado. Per noi, si è trattato di patriottismo e di
rispetto
per noi stessi.
Per tutti questi dieci anni Pancevo ha condiviso il destino delle altre
città della Serbia. Siamo riusciti ad ottenere alle elezioni, quattro
anni
fa, un governo locale democratico. Io ne ho fatto parte. Sono stata
responsabile per la cultura del Comune di Pancevo. Sono stata molto
impegnata nella formazione e difesa dei nostri media, Radio Televisione
Pancevo. Bisogna dire che RTP negli ultimi tempi era l'unica casa
mediale
democratica, non solo nel Comune di Pancevo, ma dappertutto fino a dove
si
poteva sentire.
La mia città, avendo un governo democratico, è stata punita tre volte.
Prima
di tutto, dal regime di Belgrado che le ha tolto tutti i finanziamenti
indispensabili per lo svolgimento delle funzioni amministrative
comunali.
Successivamente dai 'paesi democratici', che hanno bombardato tutto il
mio
paese, e hanno distrutto in particolare le città come Nis, Novi Sad,
Kragujevac, Uzice che avevano amministrazioni locali democratiche.
Infine, la mia città è stata punita e distrutta in un modo che ritengo
mostruoso. E' stato bombardato tutto il complesso industriale chimico.
Qualcuno potrebbe affermare che durante la guerra, la Raffineria di
Pancevo
aveva importanza strategica e perciò la sua distruzione poteva essere
giustificata.
Però nessuno potrebbe giustificare lo sprigionamento di quantità
impensabili di sostanze tossiche, dovuto ai bombardamenti del
Petrolchimico e della Fabbrica di fertilizzanti: nell'acqua, nella
terra,
nei fiumi, nell'aria (oltre 150.000 tonnellate di sostanze cancerogene,
mutagene e teratogene fra le quali 17.000 tonnellate di ammoniaca, 1400
di
EDC, otto di mercurio, 1500 di vinilcloruromonomero). Per tutto questo
non
ci sono e non dovrebbero mai esserci giustificazioni!!!
Per una catastrofe provocata intenzionalmente, in un momento in cui
tutto
il mondo è impegnato a proteggere l'ambiente e il pianeta, non ci sono
giustificazioni. E' stato un delitto contro l'umanità con conseguenze
che
non si possono neanche immaginare. La distruzione totale dei fiumi,
della
terra, dell'aria, del cibo, di tutto ... e naturalmente, anche della
gente.
I miei 130.000 cittadini.
Sono una persona molto semplice. Sono professoressa di storia
dell'arte.
Ho lavorato con i ragazzi per 25 anni e insegnavo che devono impegnare
la
propria energia, intelligenza in ciò che è buono e generoso.
Oggi, come sindaca, devo cercare di conservare l'energia rinata nei
miei
cittadini e il loro sperare che forse, se non oggi, domani sarà meglio.
Devo fare di tutto per proteggere la loro salute minacciata per sempre
con
questo genocidio. Purtroppo, per questi scopi, il mio paese è troppo
povero. I paesi che hanno partecipato ai bombardamenti sulla mia città
erano evidentemente abbastanza ricchi per finanziare la produzione di 37
proiettili che sono stati buttati su Pancevo dei quali 28 sull'impianto
chimico. Erano abbastanza ricchi da finanziare un macchinario grande,
delle
armi e delle persone, per provocare la catastrofe ecologica. Tutti
quelli
che hanno partecipato al genocidio sono pronti, se non lo hanno già
fatto,
a dimenticare il caso Pancevo e quello di tante altre città. Questo si
può
capire perché proprio quei paesi hanno approvato i decreti
internazionali
che proibiscono esplicitamente e sanciscono come punibili gli effetti
bellici delle bombe su questo tipo di impianti industriali. Un anno dopo
la
guerra, tranne la comprensione formale che esprimono molte
organizzazioni
umanitarie, da tutto il mondo, e le enormi promesse e i progetti che
rimangono sulla carta, gli investimenti fatti finora per lenire la
catastrofe sono simbolici.
Spero che farete lo sforzo di lenire quanto più presto possibile le
conseguenze del bombardamento dell'impianto chimico. Sperando anche che
possiate capire le ragioni della mia assenza, aggiungo un'immagine breve
della cartella sociale e sanitaria di Pancevo.
Il Comune di Pancevo ha costituito da sempre un ambiente multietnico e
multiconfessionale nel quale attualmente vivono oltre 130.000
abitanti. In città ne vivono 80.000. Il resto degli abitanti vive nei
villaggi .La città essendo situata su due fiumi, ha da sempre goduto di
un
potenziale elevato per il proprio sviluppo economico. Un potenziale che
gli
abitanti di Pancevo hanno sempre saputo sfruttare, come testimonia la
più
vecchia fabbrica di birra dei Balcani che si trova nella nostra città,
l'unica fabbrica di vetro per superfici piane nei Balcani e il porto più
grande porto fluviale della Jugoslavia sul corso di Danubio.
Nella storia più recente, fra le numerose fabbriche e ditte che si sono
costituite la più importante è stato l'impianto chimico che impiegava
diverse migliaia di abitanti.
Con i bombardamenti della fabbrica di aerei agricoli 'Lola Utva', già
nelle
prime ore successive all'inizio della guerra, agli abitanti di Pancevo
era
chiaro che non sarebbero stati risparmiati dalle distruzioni, nonostante
il
fatto che si fossero dichiarati contro il regime. Per questa ragione, la
maggior parte degli abitanti , già nei primi giorni aveva lasciato la
città. Le persone rimaste in città avevano impegni lavorativi e andavano
a
lavorare o a proteggere le loro fabbriche senza pensare ai pericoli.
L'impianto chimico industriale era costruito secondo le licenze
occidentali
e, in genere, degli stessi paesi che hanno partecipato ai bombardamenti.
Inoltre, la precisione con la quale si distruggevano i serbatoi pieni
fra
quelli vuoti, testimonia che neanche in un caso si è trattato di effetti
collaterali.
Il 18 aprile 1999 tutte e tre fabbriche venivano colpite
simultaneamente.
L'ultima volta i serbatoi di nafta della 'Raffineria' sono stati
colpiti,
nella notte alla vigilia della firma dell'armistizio.
E' stato un vero miracolo che a causa dell'intervento abbiano perso la
vita
solo tre operai, due sul posto e uno a causa delle conseguenze, un paio
di
giorni dopo.
Quante persone moriranno un po' alla volta, dipende dalla coscienza di
quelli che hanno il potere di decidere della vita sull'intero pianeta.
Il
tempo dimostra che questo potere non si trova nelle mani di persone bene
intenzionate.
La cartella sanitaria dei cittadini del Comune di Pancevo è senz'altro
peggiorata e la mortalità nel Comune di Pancevo è aumentata del 6 per
cento.
Già durante la guerra si era registrato un aumento di numero degli
infarti e delle altre malattie per le quali è possibile stabilire una
relazione di causa-effetto con situazioni fonti di stress.
Subito dopo i bombardamenti, a partire dalle condizioni delle persone
che
lavoravano nei campi e nei giardini, è stato possibile rilevare dei
mutamenti relativi alle condizioni dell'epidermide. Questi cambiamenti
sono
in genere di carattere allergico. Si accompagnano all'apparizione di
grandi
bolle rosse e sono provocati dalle sostanze che si annidano in alcune
piante (p.es. nel prezzemolo). In alcune persone particolarmente
sensibili
tali sostanze possono causare forti reazioni.
Si presuppone che la reazione allergica sia più forte se e quando
1) Influisce sui soggetti uno dei seguenti fattori: a) il concentramento
di
sostanze che provocano la reazione allergica è aumentato a causa
dell'azione chimica subita dalle piante; b) le radiazioni del sole sono
più
intense perché lo strato dell'ozono si è drasticamente assottigliato; c)
i
soggetti sono in condizioni di stress in seguito ai voli bassi degli
aerei.
2) A causa dell'azione sinergica di tutti i fattori (il cocktail chimico
di
materie tossiche, l'involucro dell'ozono danneggiato, lo stress).
Il sistema immunitario dei cittadini di Pancevo risulta pertanto
indebolito.
Anche se questi cambiamenti producono effetti visivi spaventosi,
nessun
malato è stato però ospedalizzato perché la terapia ambulatoriale è di
per
sé in grado di fornire risultati.
Ancora è troppo presto per usare il linguaggio degli statistici in
relazione alle conseguenze visibili della colata e della combustione
delle
materie tossiche nell'ambiente e quindi sulla salute dei cittadini.
Non per questo è il caso di aspettare che le conseguenze si manifestino
al
pieno in tutti i loro effetti. Possiamo fare una comparazione di tipo
tecnico-professionale monitorando i cambiamenti nella salute dei piccoli
animali domestici a Pancevo.
I piccoli animali domestici vivono con noi, accanto a noi. Possiamo
grosso
modo stabilire che i processi vitali, in loro, risultano sette volte più
celeri che negli esseri umani.
Da qui a qualche anno, se non interverremo efficacemente, la situazione
sanitaria reale degli abitanti di Pancevo minaccia di diventare
catastrofica. I dati che seguono non sono completi. Ci sono stati
forniti
da un direttore dell'ambulatorio veterinario per i piccoli animali
domestici, che comprendono il controllo solo degli animali che vivono in
casa, nonché gli animali che sono sistemati in luoghi di raccolta posti
sotto il controllo professionale dello stesso servizio. Dal punto di
vista
sanitario fra sei anni, detto più precisamente fra 5 anni e mezzo ci si
possono già aspettare conseguenze gravi per gli esseri umani.
Ci riferiamo a quei cambiamenti registrati sui piccoli animali
domestici,
apparsi dopo i bombardamenti che si possono attribuire senza dubbio
all'inquinamento generalizzato:
-- i cambiamenti strutturali dell'apparato osteo-articolare, che
rappresentano la conseguenza del cibo e dell'acqua ingeriti dagli
animali,
contenenti una quantità enorme di sostanze tossiche che implicano tempi
lunghi di dimezzamento nel loro processo di soluzione;
-- l'aumento dei tumori, nell'ordine del 160%;
-- l'aumento di giovani animali nati morti:
-- una diminuzione dei concepimenti;
-- l'insufficienza polmonare acuta (i polmoni sono apparentemente sani,
però, internamente, si è registrata una disfunzione nello scambio delle
sostanze).
Il peggiore dei fenomeni verificatisi è l'apparizione dell'osteosarcoma,
la
forma peggiore di un carcinoma che finora si è visto molto raramente
solamente nei gatti e nei cani di età superiore ai 10 anni.
E' molto difficile fornire una valutazione precisa di quanto sta
accadendo.
Sarà però sufficiente affermare che negli ultimi 15 anni, nella prassi
del
veterinario di Pancevo non era stato finora notato nessun caso simile.
Dalla la guerra in poi, sono invece stati registrati cinque casi.
Uno di questi casi si riferisce a una cagna di 18 mesi, ammalatasi solo
tre
mesi dopo i bombardamenti.
(per informazioni ulteriori è possibile contattare la dr. Gordana
Blitva,
chirurga-veterinaria, specialista per i piccoli animali domestici, 00381
13
345 688- indirizzo e -mail bivag@... , oppure il prof. dr.
Jugoslav
Vasic, Facoltà di veterinaria -Belgrado 00 381 11 684 154).
L A P R O T E Z I O N E S A N I T A R I A
La protezione sanitaria sul territorio del comune intero di Pancevo
viene
effettuata dal Centro sanitario 'Juzni Banat' (il Banato del sud)
nell'ambito delle sue tre unità: la Casa della salute, l'Ospedale
comunale
e il Centro per la protezione della salute.
La Casa della salute è composta da ambulatori specializzati. Fino al
settembre, nell'ambito di questa istituzione, si è provveduto alla
prestazione di 1.482.315.servizi sanitari.
L'Ospedale comunale ha tutti i reparti specializzati per la prestazione
del
soccorso professionale sanitario in tutti i settori, a tutti gli
abitanti
della regione del Banato del sud, nonchè alle altre regioni a seconda
dei
bisogni. Risulta che, nel settembre di quest'anno, nell'Ospedale sono
impiegate 1.653 persone, delle quali 1.219 sono professionisti (i
medici
specialisti 203, alta specializzazione 34, di base 49, i dentisti 57, i
tecnici sanitari -con laurea breve- 158, le infermiere 704.).
L'Ospedale
ha 751 letti. Nei primi nove mesi dell'anno sono stati curati 14.992
pazienti, mentre negli ambulatori dell'Ospedale si è provveduto a
prestare
1.207.140 servizi.
Breve nota relativa alle strutture ospedaliere e al loro funzionamento.
--Nell'Ospedale comunale si curano giornalmente 550-600 pazienti
--La dialisi utilizza ogni giorno fra i 40 e i 50 pazienti tra i quali
due
bambini.
--Attraverso il servizio specialistico-consultivo degli ambulatori
passano
1000-1100 pazienti al giorno.
--Nel laboratorio vengono effettuate giornalmente 3.800-4.000 analisi.
--Nel laboratorio della Casa della salute si effettuano 2.500-2.800
analisi
(i bisogni sarebbero maggiori, però mancano i reagenti).
--Nel gabinetto della Casa della salute e nell'Ospedale comunale si
fanno radiografie per 100-120 pazienti.
--Si effettuano 140-150 visite mediante ultrasuoni.
A causa della pesante situazione economica, l'attrezzatura nell'Ospedale
è
del tutto logorata o inutilizzabile.
Avendo presente che gli abitanti di Pancevo sono esposti ai rischi
maggiori
a causa delle sostanze presenti nella terra e nell'acqua, che sono,
secondo criteri universalmente riconosciuti, cancerogene e mutagene, ci
si
aspetta che, in un futuro prossimo, il fabbisogno di prestazioni di
soccorso professionale sanitario verranno ad aumentare notevolmente.
Grazie all'aiuto dell'organizzazione svizzera SDR è stata ristrutturata
la
caldaia, la lavanderia e una parte della cucina.
Tra gli apparecchi sanitari che sono necessari per un lavoro normale,
sono
da sostituire o mancano del tutto la cose che seguono:
1. Apparecchio per la radiografia (n.1).
2. Apparecchio digitale per radioscopia (grafia) tomografia (n.1).
3. Apparecchio per mammografia (n.1).
4. KT-scanner, tomografo computerizzato (n.1).
5. Apparecchio ultra suono con doppler.
6. Camere per lo svilluppo dei film (n.2).
In particolare nel laboratorio:
1. Apparecchio computerizzato per le analisi ematologiche (n.2).
2. Apparecchio computerizzato per le analisi bio-chimiche (n.2).
3. Le centrifughe (n.4).
Per quel che riguarda l'endoscopia:
1. Apparecchio per le colonscopie.
2. Apparecchio per le gastroscopie.
3. Apparecchio per le gastroscopie per interventi.
Per il resto:
1. Attrezzatura di monitoraggio per le cure intensive.
2. Attrezzatura di monitoraggio per le unita' coronariche.
3. Strumenti chirurgici generali (per tutti i settori).
4. Apparecchio per le analisi dei gas (pneumatofisiologia per il
reparto infantile e per il laboratorio) (n.2).
5.Apparecchio per la puntura pleurica (per il reparto polmonare) (n.1).
6.Defribillatore (n.4).
7.Apparecchio ECG (n.10).
8.Spirometro.
9.Apparecchio per la rianimazione (n.5)
10.Apparecchio per l'udito, per i bambini con l'udito danneggiato.
Il Centro per la trasfusione presso l'Ospedale è stato fondato nel 1967.
Il
sangue si procura esclusivamente tramite i donatori volontari sul
territorio
del Banato del sud .
Nel laboratorio si raccoglie il sangue, si fanno i test sui gruppi e gli
anticorpi nonché la preparazione del sangue sicuro e dei suoi
elementi.per
la chirurgia, pediatria, neonatologia, emodialisi, chirurgia interna e
cura
intensiva. L'attrezzatura è vecchia di 15 anni, però ancora funziona
bene.
Il sangue per i riceventi è gratuito. A causa del fatto che i reagenti e
i
siero-test per l'analisi del laboratorio si producono all'estero e
hanno
una validità breve, questo servizio ha avuto grandi difficoltà nel
procurare sangue sicuro per i pazienti. Quest'estate, per esempio, a un
certo momento c'erano oltre 100 unità di sangue che, a causa di mancanza
di
test, non potevano essere trattate. Cosi il capo del Centro per la
trasfusione, a quel punto, è stato costretto a consigliare alla
dirigenza
dell'Ospedale di far sospendere tutte le operazioni (tranne i casi
urgenti). Durante l'anno di guerra 1999, ci sono stati 4.835 donatori
volontari di sangue solo a Pancevo, il che, considerando le dimensioni
demografiche della città, rapportato agli standard mondiali rappresenta
una percentuale molto alta.
Nel comune di Pancevo ci sono 7.019 donatori volontari di sangue l'anno.
I bisogni mensili Del Centro per la trasfusione del sangue sono i
seguenti:
1. Le borse doppie per il sangue da 350 ml.(n.300).
2. Le borse doppie per il sangue da 450 ml.(n.500)
3. Le borse triple per il sangue da 350 ml.(n.100).
4. Le borse quadruple per il sangue da 450 ml.(n.50).
Elisa test:
1.Anti HIV
900 test (9 scatole )
2.Anti HCV
900 test
3.HBs AG
900 test
Siero test:
1. anti A (100ml)
2. anti B (100ml)
3. anti AB (100ml)
4. anti D (100ml)
5. anti D kgm (100ml)
6. anti M (2ml)
7. anti N (2ml)
8. anti Kell (5ml)
9. anti Cellano (5ml)
***alcune osservazioni:
La sala per gli interventi NON HA neanche un defribillatore
(l'apparecchio
per rianimazione cardiaca nel caso di cessazione del funzionamento).
Neanche il reparto per le terapie conorariche ne è dotato. Nel marzo di
quest'anno il Pronto Soccorso ha ricevuto un apparecchio. E 'l'unico per
prestare aiuto in situazioni del genere. Manca un apparecchio per
analizzare la quantita' gassosa,nonche'la sorta dei gas presenti nel
sangue
dai bambini. A causa dell'inquinamento, molti bambini hanno problemi
respiratori.
LA STRUTTURA SOCIALE
Il danno materiale causato complessivamente dai bombardamenti è
valutata a
oltre un miliardo di dollari. Migliaia e migliaia di operai sono
rimasti
senza lavoro, direttamente perché sono state distrutte completamente le
loro fabbriche e anche, indirettamente, gli operai che prestavano i
servizi oppure dipendevano in qualche modo dalle fabbriche distrutte.
Adesso tutti questi lavoratori sono formalmente impiegati però non
ricevono
gli stipendi.
-Secondo la relazione dell'Ufficio di collocamento di
Pancevo dal settembre dello scorso anno il numero delle persone
disoccupate
è 17.206.
-Il numero di famiglie con ambedue o con un genitore
disoccupato che ha un reddito sotto la media del livello comunale è 386e
in
queste famiglie vivono 636 bambini.
-La città fornisce oltre 2000 pasti gratuiti, in
genere
ai pensionati le cui pensioni non arrivano regolarmente.
-L'assistenza sociale non è stata pagata per quel che
riguarda il 1998 e i primi sette mesi del 1999. Solamente il 22.09.2000
è
stato effettuato un versamento, relativo all'agosto 1999.
-Dal 15 ottobre sono entrate in vigore le restrizioni
giornalieri dell'elettricità, in media 9 ore al giorno (da qualche parte
ancora di più).
-10.500 famiglie possiedono il riscaldamento
centralizzato e 31.000 il riscaldamento autonomo (elettricità, carbone,
legna, gas).
JKP, la ditta comunale per il riscaldamento,
attualmente
non possiede le risorse energetiche per gli inizi della stagione fredda.
Le quantità necessarie sono:
-Crude oil 4.000 t.
-Gas 11.000.ooo m3
-Heating oil 190 t.
-Carbone 600 t.
La costo totale di tali beni ammonta a 3.283.600 DM.
La questione dell'acquedotto di Pancevo riveste grande importanza
per i
problemi ecologici presenti sul territorio del Comune di Pancevo.
JKP Vodovod i Kanalizacija attinge le risorse idriche da trattare
per
ricavarne acqua potabile da fonti sotterranee dove, per fortuna, non
confluiscono nelle correnti che provengono dalla zona industriale. Visto
che il livello delle acque sotterranee è alto, e le loro correnti sono
imprevedibili, non è affatto sicuro che gran parte delle sostanze
tossiche
situate nel terreno non arrivino fino alle sorgenti dalle quali si
attingono le acque per il loro trattamento.
La fabbrica per la produzione dell'acqua potabile non è stata
distrutta direttamente dai bombardamenti, ma risulta abbastanza
danneggiata.
Infatti ,in conseguenza alla distruzione del sistema
elettroenergetico,a causa dei cambiamenti frequenti della tensione
elettrica, tutti e quattro gli apparecchi per la ozonizzazione
dell'acqua,
sono inutilizzabili. Attualmente funziona solo un apparecchio, prestato
dall'Acquedotto belgradese.
Inoltre ,la rete di canalizzazione in città, non rispetta gli
standard. Succede spesso che, dopo piogge abbondanti, molte cantine e i
pianterreno, siano inondati, proprio a causa dell'alto livello delle
acque
sotterranee.
Però, il problema più grave, relativamente all'acqua potabile , è
sofferto dagli abitanti di un piccolo villaggio , Ivanovo ,vicino a
Pancevo. L'unico posto che non sia ancora allacciato alla rete idrica
comunale. I suoi abitanti attingono l'acqua dai propri pozzi. Il
problema
maggiore consiste nel fatto che Ivanovo è situato lungo la corrente che
proviene dalla zona industriale, lungo la riva del Danubio. Le analisi
del
campione di acqua preso in una scuola elementare a Ivanovo, rivela la
presenza di grandi quantità di ammoniaca e di manganese.
Il Comune di Pancevo ha cominciato, prima della guerra, a
realizzare
il progetto di allacciamento di questo villaggio all'acquedotto
comunale.
Voleva impedire ai suoi abitanti di esporre a rischio la loro
salute.
Cosi il tubo principale per l'acquedotto è giunto fino al centro del
villaggio.
I cittadini, da parte loro, hanno provveduto all'istallazione
idrica
nelle proprie case. Manca solamente la realizzazione delle
infrastrutture
nel villaggio.
Per questo progetto, che costa 400.000 DM , il Governo italiano
era
interessato lo scorso anno. Non abbiamo informazioni di cosa sia
successo
di quel progetto. E' ancora alle prese con la burocrazia oppure non è
più
stato preso in considerazione? Non abbiamo informazioni aggiornate.
Le strutture educative per i bambini di età fino ai 7 anni sono ospitate
in
18 sedi, in 17 casi si tratta di asili.
La maggior parte di essi è in condizioni pessime. Ogni attrezzatura atta
a
facilitare le attività didattiche con i bambini costituirebbe un aiuto
molto importante.
---
Bollettino di controinformazione del
Coordinamento Nazionale "La Jugoslavia Vivra'"
Sito WEB : http://digilander.iol.it/lajugoslaviavivra
I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente le
opinioni delle realta' che compongono il Coordinamento, ma
vengono fatti circolare per il loro contenuto informativo al
solo scopo di segnalazione e commento ("for fair use only")
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> http://www.ecircle.it/an_ecircle/articles?ecircleid%c2%91979 oppure
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Le liste piy calde!!
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75 UOMINI + 24 DONNE = 99 PERSONE STANNO MORENDO!!!!!
Oggi, 28 Novembre 2000, e' il 40esimo giorno di sciopero della fame dei
prigionieri politici in Turchia. Invitiamo tutte le persone impegnate a
sostegno dei diritti dei prigionieri poltici a manifestare il loro
supporto
in questa fase critica della lotta. In Europa, il sostegno al Death Fast
sta
entrando nel suo 30esimo giorno di sciopero della fame. Anche i
militanti
che stanno sostendendo la battaglia dei prigionieri rivoluzionari in
Turchia
stanno conducendo oggi il loro 21esimo giorno di sciopero della fame.
La richiesta dei prigionieri di non entrare nelle celle d'isolamento e'
una
richiesta che dovrebbe essere raccolta da tutte le persone progressiste
e
democratiche.
La politica repressiva contro i prigionieri politici in Turchia si
manifesta
attraverso massacri e torture. Mentre le persone di questa terra
soffrono la
fame, il governo spende milioni di dollari nella costruzione di unita'
di
isolamento. Il loro obbiettivo e' di distruggere i prigionieri politici
e di
trasformare le prigioni in centri di tortura.
La resistenza dei prigionieri e' la speranza delle persone; i
prigionieri
non abbandoneranno mai la loro militanza e il loro amore per il popolo.
Cosa potete fare in questo momento? Come potete dimostrare il vostro
sostegno?
I prigionieri necessitano di vitamina B1. Se ognuno ne potesse inviare
200mg
sarebbe un aiuto veramente prezioso. Sarebbe altresi' importante che
giungessero in Turchia delegazioni per seguire il proseguio della lotta
e
per vedere le famiglie dei familiari.
E' fondamentale che le persone inviino messaggi di protesta alle
autorita'
turche e messaggi di solidarieta' ai prigionieri e alle loro famiglie.
Ovunque siate nel mondo, e' un diritto e un dovere resistere
all'oppressione. Ovunque siate nel mondo, e' un vostro dovere sostenere
chi
lotta e resiste.
Noi crediamo fortemente che tutte le dimostrazioni di solidarieta' che
si
agiranno sul piano europeo possano salvare molte vite oggi in pericolo
nelle
prigioni turche.
Inviate messaggi di protesta a:
PRIME MINISTER'S OFFICE: Tel: 0090 312 417 04 76 Fax: 0090 312 434 21
10
JUSTICE MINISTER : Fax: 0090 312 414 62 57
INTERIOR MINISTER: Tel: 0090 312 425 40 80 Fax: 0090 312 418 76
96
Inviate messaggi di solidarieta' a: Tel: 0044 20 72541266 Fax: 0044
20
79232095
E-Mail: ikm_london@...
75 UOMINI + 24 DONNE = 99 PERSONE STANNO MORENDO!!!!!
AGIAMO SUBITO!
---
Oggetto:
DHKC Statement: 132 (Death Fast)
Data:
Tue, 28 Nov 2000 20:53:10 -0000
Da:
"dhkcbureau" <dhkcbureau@...>
A:
<Undisclosed-Recipient:;>
Date: November 25, 2000 Statement: 132
OUR APPEAL TO THE WORLD
Our appeal is to all forces and institutions in the world which are on
the
side of human rights, the law and justice and against fascism.
Resistance is continuing in the prisons of Turkey.
This resistance started on October 20 when nearly 1,000 prisoners
submitted
their bodies to hunger. And on November 19, 99 prisoners continued with
a
DEATH FAST.
The resistance in the prisons of Turkey expects your support. The
resistance
expects the support of all the peoples of the world, revolutionary,
democratic and progressive institutions and human rights organisations.
The resistance is appealing to all the peoples of the world to join its
resistance to fascism. In the name of those who are resisting and
marching
towards death, we seek to send this appeal to the entire world.
On November 19, that is, on the 30th day, the action was turned into a
DEATH
FAST, and today is the 37th DAY! Now, 99 revolutionary prisoners are on
the
DEATH FAST.
75 male captives and 24 women prisoners are marching towards death.
WHAT DO THE REVOLUTIONARY PRISONERS WANT?
WHY DID THEY GO ON THE DEATH FAST?
Let us briefly summarise their demands:
1 - They want the immediate closure of the "special" prisons, called the
'F'
Type prisons, created from isolation cells, designed to deprive
prisoners of
their revolutionary personality and to more conveniently inflict torture
and
death upon them. These prisons are meant to isolate all inmates and are
in
fact torture centres patented in the USA.
2 - They want the immediate abolition of Law No. 3713, called the
Anti-Terror Law, a law designed to obstruct every form of struggle by
the
people and every attempt by them to organise themselves. This is the
sort of
law which means that trade unionists and workers can be branded
"terrorists"
, and those who say hello to a revolutionary can be thrown in prison for
"aiding terrorism". This is the sort of law which has given legal
underpinning to the murder of thousands of people over the past decade.
This
law is the law of the torturers and the death squads.
3 - They want the abolition of the courts known as the State Security
Courts
which legitimise illegality and protect torturers and mafia members,
while
at the same illegally and without proof sentencing revolutionaries to
death
or decades in prison.
4 - They want those responsible for murdering three prisoners in Buca
Prison
(1995), four prisoners in Umraniye (1996), 10 prisoners in Diyarbakir
(1996)
and 10 prisoners in Ulucanlar (1999) to be brought to judgement, along
with
those who tortured prisoners in the course of operations carried out at
various dates. In short, they want justice, democracy and humane living
conditions in their country.
In Turkey, for the sake of these demands, 99 prisoners are marching
towards
death. 37 days have passed in which they have paid the price of hunger.
There is a strong possibility that they will begin to die after 50 days
have
elapsed. From the 60th day onward, each day will be a "day of death".
This is our appeal to the world: prevent their deaths!
Support this just and honourable resistance!
THE DEMOCRATIC RESISTANCE TO THE PRO-AMERICAN FASCIST AUTHORITIES
In Turkey, in the prisons and in every area we are conducting a grim
struggle for democracy against the authorities, who are fascists backed
by
the USA. The decision to throw political prisoners and convicts into the
cells was not taken by the Justice Ministry nor by the prison
administrations, it was taken by the MGK (National Security Council).
And in
our country the MGK is the means whereby the army expresses its
dominance.
The racist and fascist party the MHP (Nationalist Movement Party - "Grey
Wolves") has taken its place in the pro-American government, and to
implement MGK decisions has unleashed one massacre and provocation in
the
prisons after another. It is continuing to do so.
On September 26, 1999, 10 prisoners were slaughtered at Ulucanlar for
refusing to accept the cell-type prisons. To legitimise throwing
prisoners
into the 'F' Type prisons, mafiosi in the jails were encouraged to start
rebellions. In every incident it was the revolutionary prisoners who
paid
the price.
The prisoners in the resistance are waging a democratic struggle against
a
fascist government.
To all individuals and institutions on the side of democracy, freedom,
human
rights and justice, all revolutionary, democratic and progressive
organisations!
THERE ARE MANY THINGS YOU CAN DO.
All institutions and organisations in your countries can organise
demonstrations and solidarity hunger strikes. Faxes, e-mails and letters
can
be sent to the Justice Ministry of Turkey and other relevant
institutions.
(At the end of our statement details of institutions are given.)
Internet sites of organisations and institutions can be used to make the
resistance more widely known and increase support for it.
The prisoners in the resistance expect your solidarity.
DO NOT WAIT FOR THEIR DEATHS!
Support this struggle against fascism and for justice and freedom!
Choose
ways convenient to you of protesting against the consulates of Turkey
which
exist in your countries. Support the hunger strikes and demonstrations
taking place in Europe. Our supporters in a number of European countries
are
continuing, through various associations and mass organisations, to plan
and
carry out hunger strikes, demonstrations and marches. Among them too are
people who have gone on the Death Fast. Our supporters in the prisons of
Europe are also on hunger strike. Unite your own strength with theirs.
HUNDREDS ARE PREPARED TO JOIN THE DEATH FAST!
The resistance of the revolutionary prisoners is a heroic resistance, a
matter of honour for all revolutionaries and progressives. At the
moment, in
17 prisons in our country about 900 revolutionary prisoners are on
hunger
strike. In 13 prisons, 99 prisoners have started the DEATH FAST.
The breakdown of the prisoners and convicts on the Death Fast according
to
the court proceedings opened against them (note: for alleged membership
of a
particular "illegal organisation") is as follows:
63 - DHKP-C: Revolutionary People's Liberation Party-Front
30 - TKP(ML): Communist Party of Turkey (Marxist-Leninist)
6 - TKIP: Communist Workers' Party of Turkey
75 of the Death Fasters are men and 24 are women.
They are marching towards death. The figures we have given are for the
FIRST
TEAM OF DEATH FASTERS.
Hundreds of revolutionary prisoners have volunteered for the Death Fast
and
are applying to
their organisations to take part.
According to the action programme of the revolutionary prisoners, SECOND
and
THIRD DEATH FAST TEAMS and yet further ones will start.
The decision taken by our comrades in the prisons is very clear:
"WE WILL DIE BUT WE WILL NOT GO INTO THE ISOLATION CELLS!"
THEY WILL WIN OR THEY WILL DIE!
The resisters are marching to their deaths for their political identity
and
their honour. To help them win we must mobilise our own strength.
Do not wait for their deaths!
It is obvious what will happen if their demands are not accepted. The
determination of the prisoners is beyond question.
They are part of a tradition of "doing what they say and defending what
they
do". In 1984, to stop the introduction of prison uniforms, they lay down
to
die and did die. Four revolutionary prisoners were martyred. In 1996,
when
the introduction of cell-type prisons was again brought on the agenda,
thousands of prisoners and convicts started resistance and 12
revolutionary
prisoners were martyred, creating a legend of heroism. In the event that
today's demands are not accepted, they will give new martyrs but again
they
will win!
The victory of the resistance will be the victory of justice and of
everyone
who defends freedom, the victory of all the revolutionaries,
progressives,
democrats, defenders of human rights and all the world's peoples.
THIS IS OUR APPEAL
Let us get moving and be able to win victory without giving dozens of
martyrs!
ALL FORCES WHICH ARE AGAINST FASCISM AND IMPERIALISM
This is an appeal by the DHKP-C to the entire world.
99 prisoners are marching towards death. and hundreds more are following
in
the footsteps of their great heroism.
Members of prisoners' families who are not themselves in jail have also
lain
down to die and joined the Death Fast.
Turkey is a country where a great price is paid to continue the
revolutionary struggle.
We have been paying this price for years. But we have not abandoned the
defence of democracy, justice, freedom, revolution and socialism, not
even
for a moment.
Again we are part of a great resistance to fascism in Turkey. We are
resisting fascism for the sake of democracy.
99 PRISONERS ARE MARCHING TOWARDS DEATH.
This great heroism, this great self-sacrifice, this great and deep
belief,
increases the burden borne by the consciences, morality and political
responsibility of all who describe themselves as human beings.
We appeal to all those who believe in justice and freedom to take up
their
responsibilities!
In the prisons of Turkey we are adding new pages to the pages recounting
the
honourable and heroic resistance of the world's peoples to fascism. We
are
writing history.
Once again we announce with all the strength of our belief and our
resolution:
THOSE WHO RESIST WILL WIN!
DEVRIMCI HALK KURTULUS CEPHESI
(REVOLUTIONARY PEOPLE'S LIBERATION FRONT)
1 - From their Internet sites, the DHKC Bureaus of Belgium, Holland and
England are capable of informing you day by day of developments,
actions,
the health situation of the prisoners, and through the statements issued
by
our Party-Front. These sites can also be used to contact us and send
messages and questions. Messages will immediately be examined.
The addresses of our DHKC Bureaus
DHKC Bureau, Belgium
E-mail addresses:
DHKC - dhkc@...
DHKC - dhkc.bruxelles@...
DEATH FAST - deathfast@...
Internet site - www.dhkc.org
Telephone and fax numbers:
Tel: 0032 2 2802228
Tel/Fax: 0032 2 2300866
Fax: 0032 2 2802229
Address:
Rue Belliard 197
bte 8
1040 Bruxelles
DHKC Bureau, England
E-mails:
dhkc - dhkcbureau@...
dhkc - dhkc@...
Telephone and fax numbers:
Telephone: 0044 207 254 1266
Fax: 0044 207 923 2095
Telephone: 0044 207 254 1288
Address:
BM Box 8253
London WC1N 3XX.
Amsterdam, Holland
Press Agency Ozgurluk - ozgurluk@...
Internet site: www.ozgurluk.org
Telephone and fax numbers
tel/fax 0031 20 676 1745
Address:
Dusartstraat 38
1072 HT Amsterdam
2 - Also, in connection with the resistance, there is the Internet site
of
the prisoners' families in Turkey (TAYAD) as well as the IKM site in
Europe
(Committee For Struggle Against Torture Through Isolation), and
information
can also be obtained from these.
(TAYAD) hucreiskencedir.cjb.net
IKM in Turkish - www.hucreiskencedir.de
IKM in English - http://www.noisolation.de
www.ozgurluk.org
3 - To support the resistance and protest against fascism in Turkey's
'F'
Type prison policy, faxes can be sent to the following institutions:
Republic of Turkey Prime Minister's Office: Tel 0090 312 417 0476, Fax
0090
312 434 2110
Republic of Turkey Justice Ministry: Fax :0090 312 414 6257
Republic of Turkey Interior Ministry: Tel: 0090 312 425 4080, Fax: 0090
312
418 7696
---
----- Original Message -----
From: "DHKC" <dhkc@...>
>
> TO ALL EUROPEANS,
> TORTURE IS BEING BROUGHT TO EUROPE
> TORTURERS, RAPISTS AND MURDERERS ARE COMING TO EUROPE
>
> The Hunger Strike, which was begun on October 20, 2000 in Turkey's
> prisons, was converted into a Death Fast on November 19. The demands
> are: The closure of the 'F' Type cell prisons. Law 3713 with all its
> consequences must be abolished. The Tripartite Protocol must be
> abolished. The State Security Courts and all the consequences flowing
> from them must be abolished. At regular intervals, the prisons must be
> supervised by delegations of lawyers, doctors, prisoners' families,
> representatives of relevant non-governmental organisations and the
> Association of Judicial Personnel. Those responsible for the massacre
> and torture of our friends in Buca, Umraniye, Diyarbakir, Ulucanlar,
> Burdur prisons must be swiftly indicted and punished. Our friends who
> are suffering from various ailments or from the Death Fast or were
> wounded in operations in the prisons and have had no medical treatment
> are to be released. Those who tortured our sons and daughters when
they
> were detained are to be put on trial in a manner accessible to public
> opinion. All anti-democratic laws which impede the struggle for
people's
> democracy and freedom must be abolished, there must be an end to the
> oppression of the Kurdish nation and other national minorities. Where
> the integration phase of Turkey with Europe is concerned, this also
> means carrying the inhuman conditions in the prisons, which created
the
> basis for the Death Fast, to Europe. The European Union which tries to
> include Turkey, also imports inhuman practices into Europe. The
> institutions, political parties, governments, states and peoples of
> Europe should know this fact.
>
> HUMAN RIGHTS IN TURKEY ARE SYSTEMATICALLY VIOLATED
> Police stations in Turkey are torture centres. The police HQs,
military
> garrisons, secret buildings of Turkish national intelligence are
torture
> centres. Up to the present, hundreds of thousands of our people have
> been tortured in these centres. Thousands of women and men were raped.
> Thousands of our people were massacred. Several European institutions
> are aware of at least the majority of these cases of torture and
> massacre. Because of these cases of torture, the European Court of
Human
> Rights (ECHR) has condemned Turkey on many occasions. Today, that is,
in
> the year 2000, nothing has changed. That same Turkey, without any
> change, has become part of the EU. Europe, which condemned Turkey in
the
> past because of its criminal activities against humanity, is ignoring
> the crimes of Turkey now and is becoming an accomplice of Turkey. The
> prisons of Turkey are the massacre centres. Besides the systematic
> violations of the captives' rights, these are the places where torture
> and mass murder takes place. Never mind protecting rights, lives are
in
> danger in the prisons. On September 21, 1995 in Buca Prison, three
> political prisoners were beaten to death; on January 6, 1996 in
Umraniye
> Prison, four political prisoners were beaten to death; on September
24,
> 1996 in Diyarbakir Prison, ten political prisoners were beaten to
death;
> on September 26, 1999 in Ulucanlar Prison, ten political prisoners
were
> killed by torture and gunshots. Also, hundreds of political prisoners
> were left handicapped after the operations by the security forces.
> Dozens of prisoners have died of illnesses because of ill treatment in
> the prisons. Thousands of prisoners have serious medical problems in
> these torture centres which are called prisons. Today, that is, in the
> year 2000, nothing has changed. On top of all these, they are trying
to
> change the existing ward-type prisons into cell-type prisons. The
> prisoners' lives were already at risk when they were living together
in
> wards. By putting them into individual cells the authorities are
trying
> to take away all possibility of them defending themselves. Turkey
wants
> more freedom to kill in prisons. Europe knows all these things. All
the
> European states, politicians and law practitioners know these facts
very
> well. To embrace Turkey while knowing all these things means being an
> accomplice in all these inhuman practices in prisons. The streets of
> Turkey are places where those who defend their rights are
> beaten and killed. Whether permitted or not, all democratic activities
> are subject to police
> attack. Young or old, men or women, children or adults. all those who
> take part in demonstrations are subjected to the attacks of the
security
> forces. It is free to beat and kill the workers, civil servants,
women,
> youth, students, pensioners and all sections of the people who are
using
> their
> constitutional right - participating in demonstrations - to defend
their
> rights. There is no permission to use existing rights of participating
> in unions and other legal rights. Today, that is, in the year 2000,
> nothing has changed. Europe knows these things very well. There is no
> need to enumerate the violations one by one. These are "ordinary"
things
> we come across on the streets. It will be enough
> to watch any of the television news. Our fathers, mothers and young
> girls are dragged on the streets and our people are subjected to
savage
> attacks. The Europe which welcomes Turkey will also carry this reality
> onto its own streets. In Turkey there is no freedom of thought and
> freedom of taking part in organisations.
> Laws in Turkey regulate the ban on thoughts. Opposing massacres,
> torture, violations of human rights and tyranny in Turkey, defending a
> dignified life and democratic liberties and propagating these thoughts
> are forbidden. Almost every day many journalists who oppose the
regime
> are detained, tortured and receive decades-long imprisonment.
> Newspapers, magazines, radio
> stations, TV channels are closed and their editors and responsible
> editors are sent to prison. In today's Turkey, if you are a
journalist,
> it is normal to be imprisoned for a time. Besides all this, Turkey is
> known for the highest number of cases of imprisonment and murder of
> journalists. The
> streets of Turkey were the scene of the murder of a 17-year-old
> newspaper distributor.
> Today, that is, in the year of 2000, nothing has changed. Europe knows
> well the censorship and punishment of press. The ECHR has also
condemned
> Turkey for this on several occasions.
> Everyone who defends his or her rights is a "terrorist" in Turkey. His
> or her punishment is torture, murder or imprisonment. In Turkey, those
> who are for a democratic system, those who want an
> independent and free country, those who want a just regime and not
> tyranny are seen as terrorists. They are murdered in the streets, in
> their houses or workplaces, wherever they are. They are tortured,
> detained and held in prisons - under inhuman conditions - for years.
But
> even prisons are not enough. In order to destroy their beliefs, they
try
> to put them in isolation cells. With article 3713, the anti-terror
law,
> the entire country is converted into a prison. Turkey wants to create
a
> decayed and intimidated population that is silent. This is the reason
> for the state terror, oppression, bans, torture and massacres. Europe
is
> well aware of this. The Kurdish people who want their national
identity
> are "terrorists". Even a minimum demand for nationhood is repressed by
> blood and terror. The rest of the world knows the savagery that the
> Kurdish people have faced for
> decades. The bombed and burned villages, torture, massacre, people who
> are forced to eat manure and the young people who are dragged to death
> behind tanks - all these things are the reality of the Kurdish people.
> The European Parliament, The Council of Europe and the ECHR are
> completely
> aware of these things. Up to the present, dozens of reports have been
> written and many times the state in Turkey has been condemned. The
> reality of the state in Turkey being the accused in one third of all
the
> ECHR hearings is proof of this. That is, Turkey being the country most
> on
> trial by European bodies on grounds of human rights violations is
enough
> to make everything understandable. In addition to these the annual
> reports of Amnesty International have shown clearly what we have tried
> to describe above.
> The European people must oppose the decision of the European
governments
> to accept Turkey into the EU just because of their economic interests.
> The European people know fascism. The recent past of Europe is still
> remembered. Today's policy on Turkey, which means to bring fascism
back
> to Europe, must be abandoned. Whether or not they are Liberal,
> Socialist, Green and Christian Democrat, all the European political
> parties and politicians from different tendencies will be accomplices
of
> fascism in Turkey by bringing Turkey to Europe. This means
re-importing
> fascism. This means bringing torture, massacres, "disappearances" in
> detention, burning villages. to
> Europe. This must be stopped immediately. The continuing Death Fast
> resistance in Turkey's prisons against the F-type isolation cells is
> bringing the reality of Turkey where all basic human rights are
> violated, onto the agenda again. The Death Fast resisters are
abandoning
> the most valuable things of human beings; their lives, loved ones and
> hopes for a dignified life. For thousands of years, mankind has
created
> numerous examples of heroism for the sake of a dignified life. Today
> this example is the Death Fast resisters. It is a duty of humanity to
> support them and not permit new deaths.
>
> IT IS IN OUR HANDS TO PREVENT DEATHS, TAKE THE DEMANDS OF THE DEATH
FAST
> RESISTERS AS YOUR OWN.
> PS: The following list is the list of volunteers who are currently
alive
> with their hopes, ideals, emotions and beliefs. They will leave us if
we
> react too late.
>
> ÜMRANÝYE PRISON:
> DHKP-C Trial: AHMET ÝBÝLÝ, AHMET ÖZDEMÝR, ERGÜL ACER, YILDIZ
GEMÝCÝOÐLU,
> ZEHRA KURTAY, ÜMÜÞ ÞAHÝNGÖZ, ZEYNEP ARIKAN, GÜLAY KAVAK, MEHMET
ZÝNCÝR,
> MUHARREM GENÇ, VELÝ GÜNEÞ, HASAN PINAR, ALÝ ÞANLI, ALÝ RIZA DEMÝR,
OSMAN
> OSMANAÐAOÐLU, TKP(ML) Trial: DURMUÞ KURT, MEHMET KEREM, CEM YILDIZ,
> ÖZGÜR AYRILMAZ, YAÞAR YAÐAN TKÝP Trial: SERVET PAKSOY
>
> ÇANKIRI PRISON:
> DHKP-C Trial: HASAN GÜNGÖRMEZ, ÝRFAN ORTAKÇI, CÝHAN ÞEKER, TEMEL
> ÇAÐIRTEKÝN, ÖZGÜR SONER TKÝP Trial: MUHARREM KURÞUN
>
> BURSA PRISON:
> DHKP-C Trial: ERDAL ARIKAN, MURAT ÖZDEMÝR, MESUT ÖRS
> TKP(ML) Trial: ORHAN BUDAK, A. ÝHSAN ÖZKAN, ERDAL ÇETÝNKAYA, ALÝ
KÖÇMEN,
> ADÝL KAPLAN, ÖZGÜR KOÇAK, YUSUF KARACA
>
> AYDIN PRISON:
> DHKP-C Trial: SÝNAN EREN, SUAT KARABULUT, BURHAN GARDAÞ
> ÇANAKKALE PRISON:
> DHKP-C Trial: FÝDAN KALÞEN, AYÞE BAÞTÝMUR, SEMRA ASKERÝ, FATMA ERSOY,
> AYÞE EREN, NAZAN YILMAZ, KEMAL ALTINGÜL, TUNCAY BERBER, MUHARREM
GÜZEL,
> DAÝMÝ ATEÞ.
> TKP(ML) Trial: BERNA ÜNSAL
>
> MALATYA PRISON:
> DHKP-C Trial: ESMA ARSLANBOÐAN, Þ. MURAT ÖZTEN
> TKP(ML) Trial: HAKKI ALPHAN, MAHMUT METE, ALI EKBER DOÐAN, HAVVA DOÐAN
>
> BARTIN PRISON:
> DHKP-C Trial: MUSTAFA ERKAN ÇETÝN, AHMET YILMAZ, HAMÝT SÜREN, ALÝ
ÇOLAK,
> CENGÝZ SOYDAÞ
> TKP(ML) Trial: C. TAYYAR BEKTAÞ, ÖZGÜR SALTIK
> TKÝP Trial: RESUL AYAZ
>
> GEBZE PRISON:
> TKP(ML) Trial: A. MUSA AYDIN, NEBAHAT POLAT, YADÝGAR BAYAR, ALÝ RIZA
> DERMANLI, ÇETÝN CAN.
> TKÝP Trial: DÜZGÜN ZENGÝN
>
>
> UÞAK PRISON:
> DHKP-C Trial: SEVGÝ ERDOÐAN, BERRÝN BIÇKILAR, VÝCDAN ÞAHÝN.
> TKP(ML) Trial: GÖNÜL ASLAN.
>
> BUCA PRISX-Mozilla-Status: 0009ESUT AVCI, ABDULLAH BOZDAÐ, SERHAT
KARADUMANLI.
> TKP(ML) Trial: CELAL ALPAY
> ULUCANLAR PRISON:
> DHKP-C Trial: FATMA HÜLYA TÜMGAN
> TKÝP Trial: HATÝCE YÜREKLÝ
>
> BAYRAMPAÞA PRISON:
> DHKP-C Trial: GÜLSEREN ÖZTÜRK, SUNA ÖKMEN, AYLA ÖZCAN, FIRAT TAVUK,
AÞUR
> KORKMAZ, ALÝ ATEÞ, RECEP CÝNGÝTAÞ, AYHAN KOÇ, ÝSMET ÜNVER, KADÝR KAYA.
> TKP(ML) Trial: MURAT TARGAY, HÜSEYÝN ASLAN, ÖKKEÞ KARAOÐLU.
>
> CEYHAN PRISON:
> DHKP-C Trial: HALÝL ÖNDER, MEHMET KAN, MURAT KIRSAY
>
> REVOLUTIONARY PEOPLE'S LIBERATION FRONT
> (DHKC), BELGIUM
---
Bollettino di controinformazione del
Coordinamento Nazionale "La Jugoslavia Vivra'"
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Oggetto: da ABC relazione su ultimo viaggio in Bosnia e Serbia
Rispedito-Data: Mon, 27 Nov 2000 16:44:57 +0100
Rispedito-Da: pck-yugoslavia@...
Data: Mon, 27 Nov 2000 16:38:01 +0100
Da: "abcsolidarieta" <abcsolidarieta@...>
Rispondi-a: pck-yugoslavia@...
A: pck-yugoslavia@...
Gentili amici,
i nostri affidi a distanza in Serbia hanno avuto un rapido aumento
durante e
subito dopo i bombardamenti dello scorso anno. Era bene accelerare
l'inizio
delle consegne nelle scuole e nelle fabbriche. Il nostro primo viaggio a
tal
fine si è quindi svolto nel settembre '99, per consegnare a ciascun
bambino
tre rate di affido. Poiché le adesioni continuavano a crescere, nuovo
viaggio in dicembre, per consegnare ancora tre rate in Serbia e, con
l'occasione, sei in Bosnia, dove le consegne precedenti erano avvenute
in
aprile.
Si poneva il problema di allineare le consegne in Serbia e Bosnia,
riducendo
i viaggi a due ogni anno, uno in primavera e uno in autunno, anche per
trovare le scuole aperte e condizioni climatiche favorevoli. Così, il
viaggio successivo è stato compiuto nel maggio 2000, con la consegna di
quattro rate sia in Serbia che in Bosnia; l'ultimo a fine ottobre, con
la
consegna di sei rate ovunque. Da ora in poi il ritmo rimarrà questo.
Cordiali saluti.ABC SOLIDARIETA' E PACE
BREVE RELAZIONE SUL VIAGGIO DI ABC IN SERBIA E BOSNIA E INTERVISTE
Partenza da Roma sabato 21 ottobre. Arrivo a Backa Topola domenica sera.
La
cittadina non è illuminata. La nostra ospite - direttrice della locale
scuola primaria (Osnovna Skola) "Nikola Tesla" - ci accoglie in casa a
lume
di candela. Vi sono frequenti interruzioni di energia elettrica - ci
dice -
non solo da noi, ma in tutta la Serbia.
Lunedì 23 - alla "Nikola Tesla", spettacolo in nostro onore: recite,
canti,
danze tradizionali in costume serbo ed ungherese. Poi i discorsi di
prammatica e la consegna delle borse di studio.
Martedì 24 - mattina: consegna delle borse di studio alla O.S."Svetozar
Markovic Toza", in Novi Sad. La scuola è gemellata con la nostra media
"P.Villari": lasciamo al direttore numerose lettere di alunni di
quest'ultima per i loro coetanei serbi. Pomeriggio: alla O.S. "Nikola
Tesla"
di Belgrado-Rakovica. Povero il quartiere, povera la scuola, poverissimi
gli
alunni cui diamo le borse di studio: stanno quasi tutti, da cinque anni,
in
un vicino campo profughi. Alla fine, come già in precedenti occasioni,
una
frotta di donne ci chiede di aggiungere i loro figli alla lista. Non
siamo
in grado, e ci si stringe il cuore. Arrivo a Kragujevac la sera.
Alloggio in
albergo, in un bel parco con un monumento che ricorda le centinaia di
civili
impiccati dai nazisti per rappresaglia anti-partigiana, compresi tutti
gli
alunni di una scuola media.
Mercoledì 25 - Consegna delle borse di studio a bambini e ragazzi figli
di
operai disoccupati (causa bombardamento della grande fabbrica
automobilistica "Zastava") iscritti al sindacato maggioritario. Cena a
lume
di candela offerta dalla dirigente di questo sindacato, un'abile ed
energica
signora che noi scherzosamente chiamiamo - e lei ci sta - la "Lady di
ferro
di Kragujevac". Qualche tempo prima, avvenuta la svolta politica a
livello
nazionale, lei e i suoi colleghi erano stati violentemente contestati da
gruppi di operai dissenzienti. Si è ora addivenuti - c'informa - a un
accordo per elezioni sindacali da tenere prossimamente.
Giovedì 26 - Consegna delle borse di studio nelle sedi dei due
sindacati
minori: "Nezavisnost!" (Indipendenza) e "Nezavisni Sindikat" (Sindacato
indipendente) Dovunque siamo andati, ieri e oggi, interviste di
giornalisti,
riprese televisive. A sera giungiamo a Nis.
Venerdì 27 - Alla "Industria Meccanica", poi alla "Industria
elettronica".
Anche qui, giornalisti e videocamere. Alla "Elettronica" il dinamico e
ambizioso direttore che ci aveva ricevuto cordialmente la volta scorsa è
stato sostituito, ancora sotto il vecchio regime, da un generale, e la
gente
di Nis ci scherza sopra. Si attendono ora le decisioni del DOS, la nuova
coalizione politica, presieduta da Kostunica, che ha vinto le elezioni
presidenziali di settembre.
Sabato 28 - la mattina alla O.S."Ivan Goran Kovacic"; il pomeriggio a
una
piccola scuola in estrema periferia: Ci sono soltanto le prime quattro
classi e due aule. Gli stessi genitori stanno ristrutturando l'edificio,
che
andava in rovina. Accoglienze calorose, spettacolo dei bambini, tavolata
con
vivande preparate dalle famiglie.
Arrivo in Bosnia domenica sera. Consegna delle borse di studio alla O.S.
"Pale" il 30 e il 31 mattina; alla O.S. "Sveti Sava" di Lukavica il 30
sera,
alla O.S. "Sveti Sava" di Rogatica il 31 pomeriggio. C'informano che è
appena finito uno sciopero degli insegnanti. In Bosnia la vita costa
sempre
di più, nel quadro di una rincorsa prezzi-stipendi. Una ex insegnante
della
scuola di Pale, ora dirigente del sindacato unico, ci dice che molte
fabbriche sono state acquistate dai loro stessi direttori, il che lascia
adito a evidenti sospetti. E' in corso la campagna elettorale per le
politiche. Nella zona delle nostre iniziative è scontato il successo del
partito nazionalista serbo.
Mercoledì 1° novembre - rientro in Serbia e cordiale colloquio, a
Pancevo,
con la dirigenza del locale Istituto d'igiene e protezione ambientale,
allo
scopo di concordare gli adempimenti burocratici per il trasporto e la
consegna come aiuti umanitari (quindi senza le esorbitanti spese
doganali)
di un primo, consistente blocco di strumenti da fornire all'Istituto nel
quadro della campagna "Pancevo chiama Italia", condotta da ABC con il
sostegno del "manifesto".
Giovedì 2 - riposo a Backa Topola. Il 3 partiamo per il viaggio di
ritorno, che si conclude il 4, sotto un inesorabile diluvio dal Tarvisio
a
Roma.
Qui di seguito troverete delle interviste fatte durante il nostro
viaggio in
Bosnia (Republika Srpska) e Serbia (una sintesi verraà pubblicata sul
prossimo numero di "A, B, C, solidarietà e pace" che riceverete a
dicembre).
Si è trattato di persone di vario livello ed estrazione sociale,
dall'insegnante al sindacalista, dal profugo al pensionato. Fedeli alla
nostra linea di sempre, della non ingerenza diretta negli affari interni
di
quel popolo e della fiducia nella sua capacità di risolverli
autonomamente,
le nostre domande riguardavano essenzialmente i problemi della vita
quotidiana. Per chi ha voluto fare riferimento, in un senso o
nell'altro,
anche a motivazioni politiche, abbiamo registrato le sue parole con la
massima obiettività.
Nelle riunioni, al termine delle quali sono state tenute alcune delle
interviste, il nostro rituale discorsetto di cortesia s'inquadrava
essenzialmente (slanci "lirici" a parte) nel seguente schema:
Voi sapete - ve lo abbiamo sempre detto - che la nostra associazione non
viene a intromettersi nei vostri problemi politici interni. Sappiamo che
voi
siete un popolo civile, capace di risolvere da solo i suoi problemi. Non
c'è
bisogno che nessuno venga a farvi il maestro di democrazia o di altro, e
meno che mai una piccola associazione come la nostra. Questo vuol forse
dire
che gli altri popoli possono tranquillamente disinteressarsi di voi e
fare
come se voi non esisteste? Evidentemente non è giusto e nemmeno
possibile.
In questo mondo in cui le distanze sono sempre più corte, l'economia
sempre
più integrata, il confronto culturale sempre più ravvicinato, è ora di
capire che tutti i popoli della Terra vivono insieme e sono
interdipendenti,
come i viaggiatori su una stessa nave.
E allora come comportarsi? Su quali basi fondare le relazioni fra i
popoli?
Sull'oppressione del più forte sul più debole? Sulla guerra, sui
bombardamenti? Sul "Tu devi fare quello che dico io"? Ancora no, tutto
il
contrario.
Perciò un'associazione come la nostra, con quale spirito e atteggiamento
deve venire da voi? Poco è l'aiuto economico che possiamo darvi: qualche
borsa di studio a bambini e ragazzi più bisognosi. Ma grande è
l'amicizia
reciproca: a poco a poco ci siamo affezionati a voi, e voi ci
riconoscete
come vostri fratelli.
Speriamo proprio che in un futuro non lontano potrete ricostruire la
vostra
Nazione, la vostra economia, così da non aver più bisogno di aiuti
"materiali". Quando ciò sarà ce lo direte voi stessi. Continueremo certo
a
venire da voi, ma per riabbracciarvi, per bere insieme un po' di rakja,
che
è molto buona; e voi ci ricambierete le visite, e berrete insieme a noi
il
nostro vino, che è esso pure molto buono.
Lunedì 23 ottobre- Jelena Simovic (Direttrice della O.S."Nikola Tesla",
Backa Topola)
Abbiamo attraversato tante situazioni problematiche in questi ultimi
dieci anni, che la parola "Speranza" è diventata un'astrazione. Ciò che
è
vero è vero. La nostra vita non è [adesso] né migliore né più facile. La
Vojvodina, il granaio della Jugoslavia, rischia la rovina, dato che
l'intera
produzione agricola sta attraversando un periodo estremamente negativo.
Grano, mais, barbabietole da zucchero, patate, frutta: peggio di così
non si
era mai visto.
A causa della mancata accumulazione di riserve, delle condizioni
tecniche
obsolete, dello sciopero dei minatori, abbiamo gravi problemi anche con
l'elettricità. Attualmente la sua erogazione è razionata: quattro ore si
e
sei no. Le candele sono l'articolo più venduto, proprio come il pane. Di
conseguenza c'è un altro grave problema: il riscaldamento. Le scuole
stanno
al freddo, per mancanza di carbone, di gasolio e di corrente elettrica.
Il tutto è aggravato dal cambiamento a livello di governo locale, tra
i
cui compiti dovrebbe esservi appunto il riscaldamento delle scuole. I
nuovi
amministratori hanno bisogno di tempo per acquisire capacità (forse
all'inizio, forse per sempre) per organizzare questo importante lavoro.
Il costo della vita cresce di giorno in giorno. La nafta del 50%. E'
vero
che adesso è disponibile alle stazioni di servizio, ma se i nostri
stipendi
medi sono di 70 DM, non è possibile spenderne 40 per rifornirsi di
gasolio
per tutto il mese (parlo di 40 litri) [La signora Simovic sta
evidentemente
riferendosi alle "pompe" statali, dove il carburante è contingentato e
non
si trova mai; non a quelle private, dove si trova, ma un litro di
gasolio
costa DM 1,5/1,6 e uno di benzina DM 2, cioè rispettivamente, lire
1.500/1.600 e lire 2000].
L'olio da cucina costa il 100% in più; il prezzo dei trasporti è
cresciuto del 50%, il latte del 50%, la carne dal 50% in su. Il pane
costa 8
dinari nei forni privati, 10 in quelli statali.
Stipendi e salari sono sempre gli stessi, tranne che nelle fabbriche,
dove i direttori li aumentano per paura dei sindacati (ma per molti
direttori fedeli all'ex governo si può ormai parlare soltanto di ex
accordi
con i sindacati).
Viaggiare con l'autobus costa troppo. Col treno, significa subire
forti
ritardi. Accade spesso che un treno passeggeri addirittura non parta, e
che
occorra aspettare la partenza di quello successivo,
per ore e ore.
Un marco tedesco (DM) è cambiato attualmente a 30 dinari (cambio
ufficiale). Io personalmente sono contraria all'affermarsi di valute
straniere qui da noi; preferirei un dinaro più forte e stabile.
Per molte famiglie è difficile mandare i figli a scuola. Libri,
quaderni
e soprattutto vestiti decenti, costano molto. La scuola si sforza sempre
di
organizzare iniziative finalizzate all'acquisto di libri e quaderni a
condizioni migliori: così, in febbraio, partiremo con un'iniziativa per
acquistare libri in tre rate. In aprile faremo lo stesso per i quaderni.
Così tutto è pronto perché entro la fine dell'anno scolastico corrente,
almeno il 90% degli alunni possa beneficiare di questo acquisto rateale
per
l'anno scolastico prossimo. Aiutiamo anche gli alunni profughi e poveri
con
libri e quaderni gratuiti.
La situazione dei profughi è estremamente dura. Nella nostra zona ne
sono
venuti almeno 3.000. Molti di loro trovano sistemazione presso parenti,
ma
circa 500 stanno in "centri collettivi", in pessime condizioni. Tutto è
problema per loro: cibo, riscaldamento, vestiario: Molte persone in una
sola
stanza; un bagno per molte persone. Non hanno ancora alcuna speranza di
tornare alle terre d'origine, di riavere le loro case, gli appartamenti,
i
campi che loro coltivavano in proprio..
Io sono felice che molta buona gente italiana abbia comprensione per
le
sofferenze del mio popolo e specialmente per i profughi. Grazie a Dio
abbiamo un'associazione come ABC, gente onesta, che ci dà l'anima e il
cuore. Con il sostegno dei donatori italiani, aiutano in Serbia circa
600
bambini e ragazzi con borse di studio, di cui vivono anche le loro
famiglie.
Fidiamo molto nella loro amicizia, sperando che questi tempi duri e
difficili finiranno un bel giorno, e che riusciremo a sopravvivere, come
sempre. Non crediamo nei governi europei. Stanno in ginocchio di fronte
agli
USA. Come hanno potuto permettere il bombardamento di un Paese vicino,
di
una nazione europea storicamente e culturalmente ricca. Le loro bombe,
le
bombe americane, ci hanno avvelenato tutti, i serbi e gli altri europei.
Tutti gli europei dovrebbero stringersi insieme, forti della loro
civiltà e
della loro storia. Gli USA dovrebbero esser messi in condizione di
bussare
alla porta dell'Europa con grande rispetto, come alla porta di una
vecchia
"Lady". Io non credo buona alcuna strada di accodamento agli USA.
Dobbiamo
avere una strada europea e un progresso europeo. Non dobbiamo credere ai
buoni propositi e ai fini umanitari americani. Dove arrivano, cominciano
le
guerre: E poi (quale cinismo!) gli interventi umanitari per aiutare la
povera gente. Preferiamo rimanere poveri che essere aiutati in questa
maniera. Rispettiamo gli amici veri e speriamo, con loro, di rimanere
tali
per sempre!
Lunedi 23 ottobre: Zeljko (da tempo direttore dell'AIK - "Agricoltura
Industria Kombinat" - e maggior esponente della comunità serba,
minoritaria
a Backa Topola). In questa cittadina il sindaco è tradizionalmente
ungherese, e il presidente del Consiglio comunale - precisamente, fino a
poco tempo fa, l'ing. Zeljko - un serbo. L'ingegnere era particolarmente
risentito - diciamo pure che era furibondo - per come sono andate le
elezioni presidenziali nella sua città e in altre vicine, dalla stessa
composizione etnica a maggioranza ungherese. Per i serbi, si è creato un
problema nuovo: o votare "da serbi", ma allora per il partito socialista
di
Milosevic, come facevano da tempo; ovvero votare "da democratici", ma
allora, non avendo localmente un partito democratico proprio, votare per
il
più moderato dei due partiti ungheresi. Risultato: i serbi hanno perso
ogni
posizione di potere nel Consiglio comunale, e rischiano di perdere la
loro
stessa identità politica.
Mercoledì 25 ottobre: Ruzica Milosavljevic (dirigente dell'
"Organizzazione
sindacale unitaria" - alla "Zastava", Kragujevac)
Il prossimo inverno sarà il più difficile di questi ultimi dieci
anni.
Il nostro sistema energetico è stato distrutto dai bombardamenti. Noi
abbiamo cominciato a ricostruire secondo priorità essenziali, ma in
mancanza
di investimenti, non abbiamo potuto fare tutto il necessario. Perciò, a
causa del maggior carico invernale, si è prodotta una caduta energetica
con
erogazione di elettricità interrotta per quattro o sei ore consecutive;
altri giorni abbiamo elettricità per due ore, poi per altre sei, e così
via.
Ciò si riflette sulla produzione industriale, che non può funzionare
regolarmente. Anche la vita quotidiana è più difficile: già si comincia
a
sentire il freddo nelle case e nelle scuole. Le riserve di gas sono al
minimo; la Russia non ce ne manda perché non abbiamo pagato i debiti
contratti al riguardo.
Nelle scuole, causa mancanza di riscaldamento e minor numero di ore
di
luce solare, le lezioni sono state ridotte a mezz'ora ciascuna (il
secondo
turno deve terminare alle 17). A casa, poi, gli alunni fanno i compiti
con
la candela, come durante i bombardamenti.
A causa delle quotidiane interruzioni di corrente, gli
elettrodomestici
[chiamati complessivamente, in Serbia, "Bela Tehnika", cioè "Tecnica
bianca"], generalmente vecchi di quindici anni, si guastano spesso, ed è
difficile ripararli; impossibile, nelle attuali condizioni, comprarne di
nuovi.
Siamo già stati avvertiti che, ciò nonostante, il prezzo della
corrente
elettrica sarà aumentato del 25%. Non so come la potranno pagare i
moltissimi lavoratori forzatamente a casa. Hanno accumulato debiti per
l'elettricità, ma anche per l'acqua. Ogni tanto gliele staccano per
qualche
giorno, più che altro come avvertimento; poi interviene il sindacato
sugli
Enti fornitori. Ma nessuno sa come pagare i debiti, ed è diffuso il
timore
che una volta o l'altra questa relativa tolleranza finisca. Non parliamo
poi
dell'affitto di casa, per tanti lavoratori al salario minimo garantito,
corrispondente a 15.000 lire italiane.
I prezzi aumentano ogni giorno; l'inflazione pure: il cambio di un
DM è
di 30 dinari.
Il regime precedente riusciva a mantenere la pace sociale mediante il
prezzo politico del pane, del latte, di altri generi di prima necessità.
Un
mese fa un kg. di zucchero costava 8 dinari; adesso 30. Un litro di olio
16
dinari, adesso 55. E così via [per prezzo "politico" s'intende quello
da
rifornimento statale, peraltro saltuario]. Prima la frutta e la verdura
non
erano care, ma adesso si fanno sentire gi effetti della siccità [che
durava
ancora, da mesi, quando siamo arrivati, e ha ceduto il posto ad
abbondante
pioggia, almeno in Vojvodina ma speriamo anche altrove, il giorno della
nostra partenza].
Quanto costa mandare un bambino a scuola. Circa 8-900 dinari per
zainetto, libri, quaderni, matite. I libri non si possono comprare
usati,
per molte materie per le quali sono da fare esercizi comportanti il
riempire
a penna una o più pagine, lezione per lezione
Alla "Zastava" siamo molto preoccupati di non poter portare a termine
il
programma di ricostruzione. A livello della Repubblica, è stata
completata
la prima fase della ricostruzione industriale ed era cominciata la
seconda.
Previsto, subito dopo, l'inizio della terza, e quindi una ripresa e un
aumento della produzione industriale per l'anno prossimo. Questo
pogramma è
stato sospeso dal nuovo governo.
Attualmente sono stabilite le seguenti priorità, nell'ordine:
polizia,
esercito, programma sociale e sanitario. L'industria è al sesto posto. I
nuovi dirigenti della "Zastava" hanno approvato un nuovo programma,
basandosi su una forte somma che dovrebbe essere stanziata entro la fine
dell'anno; ma non sappiamo se ciò si dimostrerà realizzabile.
Loro intanto, alla "Zastava", avevano ripreso la produzione [noi di
ABC
avevamo visto funzionare, già nel maggio scorso, il reparto automobili],
ma
c'è l'intralcio delle interruzioni di corrente elettrica. Nei reparti
non
c'è riscaldamento, dipendiamo dalla temperatura esterna, quindi non
possiamo
essere ottimisti.
Tutti aspettano le elezioni di dicembre [parlamentari], e ciò fa
dimenticare i problemi reali; quindi la "Zastava" non potrà compiere il
proprio programma, che era finanziato dal governo. Non potremo ottenere
finanziamenti per pagare gli operai e un programma sociale. I nuovi
dirigenti hanno accettato di continuare il programma stabilito, ma non
si sa
da dove devono arrivare i soldi. Si aspettano interventi dall'estero,
mentre
la "Zastava" ha fretta .
L'eventualità di investimenti esteri è reale. La fabbrica delle auto,
che
assorbe la maggior parte dei dipendenti, ha contattato tutti i più
grossi
produttori mondiali, ottenendo solo promesse di collaborazione futura,
"dichiarazioni d'intenti". Avevamo avuto offerte da ditte estere
riguardanti
la "componentistica" (principalmente, appunto, nel ramo automobili), ma
tutto è rimasto per aria a causa delle sanzioni. Speriamo che nel
prossimo
futuro si faranno discorsi concreti. Alcune ditte ci hanno avvertito che
verranno, ma il nuovo presidente del gruppo "Zastava", Savicevic, ha
detto
che con gli accordi col capitale straniero si andrà più piano, che
dovremo
programmare vetture più moderne. Esse sono state presentate a Belgrado,
Zagabria e Skoplje.
Sempre resistenti, duri da piegare, i lavoratori della "Zastava"
erano
già avanti nel realizzare il sogno della ricostruzione. Speriamo
verranno
tempi migliori. Ci spaventa solo la possibilità che lavoratori ridotti a
condizioni di povertà non perdano la pazienza e diano luogo a una
rivolta
sociale. Speriamo che questo inverno potremo sopravvivere, grazie agli
aiuti
e alle donazioni degli amici italiani (e tedeschi). Dovreste vedere la
felicità delle famiglie quando ricevono lettere dall'Italia.
Giovedì 26 ottobre, mattina - gruppo di donne rimaste dopo la
distribuzione
delle borse di studio al "Nezavisni Sindikat" di Kragujevac e di
Kraljevo-
Una di esse ci tiene a darci nome e cognome: Gordana Cosic.
Sperano che l'inverno sarà migliore di come si sta profilando.
Aspettano che dalle nuove autorità e dagli aiuti internazionali vengano
i
mezzi per un inverno sopportabile: gas, combustibile, elettricità. La
comunità internazionale non può tirarsi indietro. Attualmente hanno
riserve
di gas cittadino solo per 10-15 giorni, arrivate dall'Ungheria. Non è
certo
una soluzione di lungo periodo.
Il Paese è nel disastro economico. Occorrono aiuti non solo per il
riscaldamento, ma per tutto: viveri, medicine. Per l'elettricità, prima
ci
aiutavano Grecia, Romania e Bulgaria. Dalla Russia, solo promesse.
In una famiglia con un membro laureato, lo stipendio medio è di 80
DM
(2400) dinari. Per una famiglia operaia, la metà. Il salario minimo
garantito è pari a 12 DM (360 dinari).
Un kg. di zucchero costa 35-45 dinari, di pane 8-10 din.; un lt. di olio
50
din.; la carne da 300 in su.
Le scarpe da bambino costano 50 DM, da uomo 50-100 DM, un maglione
10-20. Tutto ciò è quindi fuori portata di una tasca media. Soprattutto
è
grave che manchino le medicine.
Loro saranno contenti se alla "Zastava" comincerà una produzione
con
capitale estero. Loro sanno fare tutto, ma non hanno capitali. Bisogna
cambiare i direttori dei vari rami produttivi, che hanno distrutto ciò
che
era rimasto. Ma durante la notte non si può fare niente, bisogna
aspettare.
I vecchi dirigenti hanno grandi colpe, non tutti, ma molti di loro erano
dei
disonesti. Quelli che non hanno fatto niente di male, rimangano pure.
Come
direttore generale hanno messo un esponente della coalizione DOS: era
stato
direttore di complessi alberghieri. Per questo era molto noto in Europa.
Loro non accettano le "Unità di crisi". Ha ragione Kostunica: tutti
gli
aspiranti a cariche direttive vadano in tribunale a far controllare la
loro
onestà e idoneità. Nel campo culturale, ad esempio, dieci anni fa il
museo
d'arte di Belgrado ha cambiato direttore, che aveva portato artisti da
tutto
il mondo. Adesso da dieci anni è senza lavoro. Ha pubblicato molti
libri, ne
scriverà uno anche per italiani. Si chiama Zoran Gavric: scriverà una
monografia sul famoso pittore francese Marcel Duchamp. Le persone come
lui
vengono reintegrate dalla coalizione DOS nelle loro primitive funzioni.
26 ottobre- pomeriggio- Prof. Veroljub Dugalic, presidente del "Gruppo
G.17
Plus" - Come ci ha spiegato, il gruppo ha carattere umanitario ma anche
una
valenza genericamente politica di opposizione al vecchio regime e quindi
di
adesione alla coalizione DOS. Il nome si spiega col fatto che ai soci
fondatori, 17 economisti, si sono poi aggiunti numerosi professionisti
di
altri rami.
Riferiamo quanto ci ha detto, secondo l'ordine da lui spontaneamente
seguito.
Il governo di Svezia ha stanziato un milione di DM all'anno, per
borse
di studio destinate a 1000 studenti universitari in tutta la Serbia, dei
quali 700 a Kragujevac. A questa città giungono aiuti anche da Germania
e
Norvegia. Sono arrivate da poco 320 tonnellate di bitume, sufficienti
per
aggiustare 150 km. di strade. L'anno scorso veniva nafta da Venezia,
quest'anno niente. Adesso, però, la cosa più importante sono le
medicine. La
loro ricezione è già pronta.
Il prossimo inverno sarà molto difficile. Se non arrivano la nafta,
l'elettricità, ecc., i problemi saranno molto gravi. Abbiamo avuto tante
promesse: ma la gente non vede ancora miglioramenti concreti, e qualcuno
comincia a dire: "era meglio prima...". Sono urgenti aiuti umanitari di
emergenza.
E' importante continuare la collaborazione con l'Italia. I serbi da
dieci anni sono isolati. La produzione è a terra. L'industria lavora al
ritmo di 1/3 rispetto a dieci anni fa.
Lo stipendio medio è pari a 60-70 DM. Kruscevac, Kragujevac, Nis
sono
città che stanno certamente male. Ma altre città della Serbia
meridionale
stanno ancora peggio: più profughi e minore sviluppo. Nis ha avuto
l'industria del tabacco [la fabbrica è attualmente distrutta], Vranje
quella
dei mobili, ma in altri posti della Serbia meridionale non c'è quasi
niente.
Annoso problema dell'industria di Nis: esportavano prodotti da
varie
fabbriche in Slovenia, Macedonia, Croazia, Bosnia: questo adesso non c'è
più. Per mancanza di capitali e di sbocchi di mercato, ora tutti i
maggiori
sistemi industriali sono fermi. Non possiamo fare più niente senza
capitale
estero. Ci servono investitori seri.
Gli aiuti che ci servono comportano due tempi: nell'immediato, gli
aiuti
umanitari più urgenti; più in là investimenti, con interesse reciproco.
Certo, la nostra tecnologia è troppo vecchia, ma abbiamo il capitale
umano.
Inoltre, chi investisse adesso in Serbia non vi troverebbe concorrenti.
L'opposizione democratica ha vinto. Le porte sono aperte al
cambiamento:
c'è da fare il primo passo, il più difficile. Ma adesso debbono venire
aiuti
umanitari al più presto, altrimenti la gente si stanca, non vedendo
cambiamenti reali.
La popolazione - giova insistere - è stanca di soffrire, spera nel
cambiamento. Ma una riconversione dell'economia richiede del tempo. Per
il
momento ci servono aiuti immediati; da parte nostra abbiamo fatto tutto
ciò
che era necessario per averli, ma la comunità internazionale deve
accelerare
i tempi. Le cose elementari della vita, dal cibo alla corrente
elettrica,
alle medicine, ci servono subito.
Sabato 28 ottobre- Il pensionato Jovan ci riceve nella stanzetta in cui
vive, da solo. C'è appena spazio per il letto, un tavolo con sedie, una
cucina e una stufa a carbone. La sua pensione - ci dice - è
relativamente
buona, pari a 60 marchi al mese, cioè 1800 dinari. Quale paniere di beni
ci
può comprare in un mese?
Ci pensa su, prende carta e matita e ci scrive questo elenco: 300 dinari
per
il pane, 110 per l'olio, 90 per lo zucchero, 250 per la carne, 120 per
medicine, 300 per la stufa a carbone, 250 per l'elettricità, 100 per
caffè e
thè, 60 per i trasporti, 200 spese varie, 20 per tasse. Non c'è da stare
allegri, commenta, ma c'è chi sta peggio di me.
Giovedì 2 novembre- Sulla via del ritorno, ci fermiamo nuovamente alla
scuola primaria di Backa Topola. Parliamo a lungo con la signora
Smiljana
Krkovic, insegnante di matematica e fisica, profuga da Glina (Croazia).
Per
l'80% della popolazione serba - ci dice - si prospetta un inverno duro,
per
le lunghe interruzioni di corrente elettrica, loro fonte principale di
riscaldamento, il vestiario non abbastanza pesante, spesso scarpe rotte,
e
così via. Non dubita della buona volontà del nuovo governo di risolvere
questa drammatica situazione, ma senza adeguate risorse finanziarie, non
vede come sia possibile.
Il costo della vita è aumentato notevolmente dal periodo delle
elezioni
ad oggi. Sia i produttori che i commercianti approfittano del carattere
transitorio e non ancora consolidato della situazione politica. Il nuovo
governo non è ancora in grado di controllare gli aumenti, davvero
eccessivi,
dei prezzi dei generi alimentari e non solo. Siamo quasi a livelli di
fame.
Riguardo al rapporto fra marco tedesco e dinaro, pensa che il
cambio
ufficiale di 1 a 30 corrisponda a quello reale, poiché l'economia è in
pezzi. Spera che in futuro si arriverà a un rapporto di 1 a 3.
La maggior parte degli alunni della scuola rientra nella fascia
della
popolazione che può considerarsi povera, e che comprende circa l'80% del
totale. Spesso li vede seguire le lezioni non motivati, perché denutriti
e
vestiti in modo non adeguato alle temperature della regione. Hanno
l'indispensabile di libri, quaderni e altro materiale scolastico, ma
abbisognano di manuali per le esercitazioni di matematica, fisica,
chimica e
varie altre materie, nonché di vocabolari per le lingue straniere e di
testi
letterari.
Il personale docente non si trova certo in una situazione migliore:
gli
insegnanti non hanno stipendi sufficienti e, per sopravvivere, sono
costretti a svolgere anche altri lavori, a discapito della scuola.
Molto doloroso è il problema dei profughi. Anche lei appartiene a questa
categoria, da ben cinque anni. Abbiamo alloggi precari - ci dice. In 15
famiglie, 50 persone in tutto, siamo sistemati in una baracca di legno
con
15 stanze, il che vuol dire che ogni famiglia abita in una stanzetta non
più
ampia di 16 mq. Abbiamo in comune 3 WC e una doccia. In un corridoio
sono
ammassati legna, viveri in scatola, ecc. Abbiamo avuto dall'Italia,
tramite
l'UNHCR [Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati], una
lavatrice, un frigorifero e un congelatore. Ciascuna famiglia può
utilizzare
la lavatrice ogni otto giorni. Abbiamo anche una cucina elettrica, ma il
problema maggiore è farsi la doccia: ci tocca riscaldare l'acqua in
pentoloni. Ogni famiglia ha lettini da campo, un armadio di metallo, un
tavolo e un paio di sedie. Su quello stesso tavolo si prepara il cibo,
si
mangia, si studia, si fanno i compiti.
Quasi nessuno dei profughi è tornato a casa propria in Croazia,
perché
lì di dire di essere serbo uno non se lo può nemmeno sognare. E poi
anche lì
la situazione economica è degradata, c'è molta disoccupazione: per un
serbo,
trovare lavoro sarebbe ancora più difficile. Per un insegnante, ci
sarebbe
ben poco da fare, dato che gli alunni croati debbono avere soltanto
insegnanti croati. Molti profughi sono stati costretti ad andare a
vivere in
Paesi lontani: Canada, Australia, USA, Svezia, e qualcuno anche in
Italia.
Alcuni sono morti di nostalgia, altri per il dolore di aver perduto i
loro
beni, la loro dignità; altri ancora sono finiti in ospedali
psichiatrici.
La gente è sempre più alla ricerca quotidiana di come sopravvivere,
e
per molti ciò significa essere psicologicamente a rischio. E' anche
vero,
però, che noi serbi sappiamo adattarci a qualunque situazione. E' la
nostra
grande risorsa: saper scherzare su noi stessi anche nei momenti più
difficili. Moltissimi serbi, oramai, hanno toccato il fondo, ma non
hanno
perso la speranza di tornare a galla.
L'Europa può aiutarci molto a rimetterci in piedi. L'aiuto
principale
dovrebbe essere un contributo serio alla riattivazione della nostra
economia. Molti Paesi europei sono in debito con noi, dovrebbero darci
una
mano a ricostruire ciò che hanno distrutto con i bombardamenti.
Penso che la Serbia appartenga all'Europa non solo geograficamente,
ma
con la sua civiltà, il suo patrimonio culturale, con la sua gente
laboriosa
e con la nuova generazione di giovani che riesce a superare così dure
prove.
---
Bollettino di controinformazione del
Coordinamento Nazionale "La Jugoslavia Vivra'"
Sito WEB : http://digilander.iol.it/lajugoslaviavivra
I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente le
opinioni delle realta' che compongono il Coordinamento, ma
vengono fatti circolare per il loro contenuto informativo al
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"La sinistra italiana e i nuovi Hitler"
articolo apparso su Aginform n.14 (ottobre 2000)
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Italian Interests and Policies
in Central-Eastern Europe and in the Balkans
Lieutenant General Carlo Jean
Introductory Remarks
Italy and Central-Eastern Europe
History's Weight and Opportunities
Political and Security Interests
Economic Interests
Conclusions
Summary
Introductory Remarks
When speaking of national interests, it may be advisable to provide a
precise definition of the phrase. By its nature, its meaning is
ambiguous,
so that this expression used to be censored and banned from the Italian
public debate. However, the phrase "national interests" refers to a
crucial concept which, at least implicitly, lays at the very basis of
any
foreign policy goal.
Interests are not objective or deterministic, although they are defined
on
the basis of domestic and international influence and opportunities as
well as on strong and weak points both of a material character and
relating to the political and institutional systems. Opting for one
particular interest or policy means giving up other interests and
policies. Political, diplomatic, economic and military resources are
always limited. Therefore, an interest cannot merely be defined in
absolute terms. It must also be viewed in comparative terms. In defining
national interests and policies, the availability of adequate resources
to
implement them must be taken into consideration. An interest is such
only
if it can be achieved. If not, it is a mere wish or just empty talk.
Moreover, interests are influenced by the time factor. Short-term
interests usually differ and sometimes widely diverge from long-term
ones.
The present concurrence of radical geo-political, demographic, social
and
technological changes has dramatically accelerated the pace of domestic
and international developments. Therefore, global and long-term
forecasts
and projects have acquired a far more crucial significance than they
used
to have. Italian politics must widen its time horizon through adequate
institutional reforms, and the various Ministries involved in foreign
policy must improve their forecast, planning and inter-sectorial
cooperation capabilities. The planned institutional reforms - such as
the
proposed Foreign Ministry reform and the creation of a foreign policy
planning and coordination body at the Presidency of the Council of
Ministers - seem to indicate that the Italian situation in this respect
may rapidly improve.
This essay focuses on Central Europe and the Balkans only. However,
since,
as it was mentioned above, interests and policies have a global
character,
Italy's future prospects, vocations, limits and potential capabilities
are
shortly outlined in order to provide the wider context needed to fully
understand sectorial and regional evaluations. A brief account of past
Italian policies in the area is also provided, because historical
experience is bound to affect present perceptions in Italy, Central
Europe
and the Balkans. An evaluation of Italy's security and economic
interests
follows. Lastly, the potentials of the policies Italy can implement are
analysed, with special reference to the Central European Initiative,
which
Italy identified as a key component of its "Ostpolitik" at the Graz,
November 6-8 1996 meeting.
Italy and Central-Eastern Europe
A cursory glance at a geographical map conveys the impression that Italy
is a Mediterranean country or, at least, a Southern European country, an
appendix of Central Europe. Some even claim Italy's "insularity" and -
although not going so far as to propose a revival of the "mare nostrum"
concept - state that Italy's national identity can find its full
expression in the Mediterranean only. According to this approach, the
Balkans and Southern-Eastern Europe belong to the East rather than to
the
West or, at least, to a gray area between the two.
However, if physical geography and historical reminiscences of the Roman
Empire, the sea-faring Republics and the Middle Ages are put aside and
if
the present and possible future fluxes are taken into consideration -
that
is, if a geopolitical approach is adopted - the resulting evaluation is
quite different. Italy is a European rather than a Mediterranean, a
continental rather than a maritime country. Its weak and its strong
points
in the Mediterranean (merely in terms of foreign trade shares) clearly
indicate that it has a role in the South only because it belongs to the
North. The huge problems and conflicts in the Mediterranean are
incompatible with Italy's limited political, economic and military
resources. Italy can play a role in the area only by taking part in
common
initiatives within a EU and NATO framework. The Mediterranean is
extremely
important and even crucial for Italy, from the points of view of
non-military threats (e.g. migration waves), of its energy sources and
of
the economic prospects offers. However, Italy will be able to exploit
these opportunities to the full only when the cost of labour in Eastern
Europe will increase to the point that Italian companies will be induced
to transfer their labour-intensive productions southwards. In turn, such
a
development will be possible only if this latter area offers acceptable
stability conditions. If not, there will be no alternative but a
separation policy, i.e. a Bysantium-style grand policy rather than a
Roman-style grand policy based on cooperation and integration.
Whilst Central-Eastern Europe and, in the longer run, the Balkans, are
bound to become fully integrated in the Western system - since this
process is but a "return to Europe", as Milan Kundera defined it - the
South has much fewer integration prospects. Whilst the East wants to be
absorbed into the West, the South claims its own identity and cultural
specificity as distinct from and even in conflict with the West. Since
it
will never become a part of Europe, it cannot achieve as much importance
as Eastern Europe and the Balkans.
Although Eastern Europe's problems are admittedly serious, the Middle
Eastern and North African ones are far worse. Since Italy's resources
are
limited, it has no choice but to take part in common initiatives within
Europe and NATO (Barcelona, MENA Economic Summit, CSCM, PFM, etc.). In
this respect, the main risk for Italy is being isolated or marginalized
in
the Mediterranean, although the present situation is quite different
from
that of the period when the slogan "let us cling to the Alps" was
popular.
Should Europe be dominated, in the future, by the so-called "Weimar
triangle" (France, Germany and Poland), with which Spain is apparently
developing increasingly close links, the consequences for Italy might be
much more disastrous than those of its exclusion from the Contact Group
for the former Yugoslavia - which may even have been a piece of luck,
because it has left a larger room for manoeuvre to Italy or, at least,
has
dissociated Italy from the meager results of the former.
On the other hand, in Central-Eastern Europe and in the Balkans, Italy
has
greater competitive advantages (for instance, as far as the volume of
foreign trade is concerned, it ranks second in the former area rather
than
fourth as in the Mediterranean). Since the end of the Cold War, Italy
has
rediscovered the geo-politics of pre-unitarian states and, especially,
their links to Central-Eastern Europe, Russia and Ukraine. The Adriatic
Sea is turning into a kind of internal lake connecting the Italian
Peninsula with the Balkans. Moreover, it is becoming the only route -
apart from the Trieste-Ljubljana-Budapest axis - leading to
Central-Eastern Europe.
As was authoritatively stated, "the European circle remains our priority
and implies a twofold line of deepening the Union and widening it to the
East". The strategic priority in Italy's foreign policy lies in Central
Europe and in the Balkans. This objective must be transformed into a
real
"Italian Ostpolitik". Priorities must be global. Convergent - and
therefore compatible - policies must be defined in the various sectors.
Furthermore, Italy is a medium power. Therefore, it cannot confine
itself
to implementing a regional policy, as it may have done in the past. It
has
global interests, and it must pursue them by exploiting its potential,
which is undoubtedly greater in trade than in the political or military
sectors. Strengthening its relations with Eastern Europe may enable
Italy
to play a greater role in Europe, especially in view of EU's
enlargement.
In this respect, we do not share the frequently voiced opinion that the
"loss of a barycentre", that is, EU's and NATO's enlargement to Northern
Central Europe alone, must be regretted. We believe that this
enlargement
may be beneficial for Italy, provided that it succeeds in replacing the
ecumenist and Third-worldist aspirations marking its foreign policy
rethorics and a large part of the domestic political background, with a
comprehensive, consistent definition of Italy's interests and policies
towards Central-Eastern Europe and the Balkans, and that adequate
efforts,
resours and political attention are devoted to their implementation.
These
interests dont consist in the creation of a political sphere of
influence, but in the economic integration not only to expand the
Italian
economy, but most importantly to increase the stability in an area
strictly linked to the Italian security. For this reason Italy strongly
supports the rapid entering of Slovenia and Romania in the Atlantic
Alliance and in the European Union. The Central European Initiative is
an
instrument to support the implementation of this goal.
History's Weight and Opportunities
In the Risorgimento, Italy entertained very close relations with the
national movements in the Balkans, in Hungary and in Poland, as shown by
the number of volunteers from these countries who fought in the
Risorgimento wars and by the number of Italian volunteers who fought in
these countries' wars of independence. In the aftermath of World War I,
the Italian nationalist movement squandered this capital of friendly
relations.
Ironically, Italy's policy towards the former Yugoslavia has always
displayed a quality of contrariness: it was inflexible and aggressive
when
Yugoslavia was strong and enjoyed large international support, and it
was
hesitant and conciliatory when Yugoslavia was weak and isolated. In the
first post-war period, Italy backed Croat and Macedonian secessionism,
thus weakening Yugoslavia which, on the other hand, was a key element in
the balances developed in the Versailles and Trianon Treaties. It
supported Bulgaria and especially Hungary, that is, the countries which
wanted to change the status quo. It tried to compete with Germany's
penetration into the Danube and Balkan regions and backed Austria's
independence, thus helping to destabilize the European balances. As a
consequence, it became a vassal of Germany's and several of its
North-Eastern provinces were absorbed into the German Reich.
In the second post-war period, the situation improved considerably after
the territorial dispute with Yugoslavia was solved, especially with the
1975 Osimo Treaty. Relations with Belgrade were rapidly intensified, and
not only in the economic field. They also extended to politico-strategic
relations, since Yugoslavia had the role of a rampart between Italy and
the Warsaw Pact and helped maintaining stability in the Balkans, thus
increasing Italy's weight within NATO. Moreover, better relations with
Yugoslavia also brought about domestic benefits, since they made it
easier
to accept the defeat in the war and, especially, helped to create
cohesion
among the domestic political forces, and to ease clashes between the
majority and the opposition on Italy's international position.
Relations to Central-Eastern European countries, and especially Hungary
and Poland, were just as well-developed. Regarding Czechoslovakia,
relations were initially strained by a few negative episodes, such as
Radio Prague's aggressiveness against Italy and allegations that the
Czech
secret service was colluding with Italian terrorist groups. Relations
with
Bulgaria suffered a setback after the attempt on the Pope's life. On the
other hand, in the 1980's relations to Poland, which were already
intensive, were greatly boosted by the presence of a Polish Pope and by
the support provided by the Italian Catholic groups and Trade Unions to
the Solidarity movement. The latter undoubtedly played an important role
in undermining the Soviet Empire in Central-Eastern Europe, and in
determining its eventual collapse.
During the Cold War, Italy entertained fairly intensive relations to
Romania, which claimed to belong to Europe because of its Latin, rather
than Slav and Orthodox, heritage and pursued a policy of national
independence, didnt participate to the invasion of Czechoslovakia and
cooperated with Yugoslavia reinforcing its non-aligned status. As a
whole,
during the whole Cold War period, Italy's relations with Central-Eastern
Europe tended to intensify in periods of detente with the Soviet Union.
However, ties remained close also in periods of high East-West tensions.
The current role of Italy's presence in Central-Eastern Europe as a
whole
and the favour it generally enjoys in the region stems from Italy's
"mini-Ostpolitik", launched in the 1950's by Fanfani and Gronchi, much
earlier than the great German "Ostpolitik" of the 1970's and 1980's.
Until
the collapse of the "wall", these two policies always converged and
displayed interesting factors of complementarity and synergy.
The various initiative which were adopted within this context - such as
the inter-regional agreements of Alpe Adria, marked by a strong
involvement of Bavaria, and the accords which led to the 1989 Budapest
declaration, which created the Quadrangular alliance (Italy, Austria,
Hungary and Yugoslavia) and shifted cooperation onto government level -
played an important role in weakening the Soviet external Empire and in
paving the way for more intensive and fruitful cooperation initiatives
after 1989, when Europe's geo-political division ended.
Discrepancies started with the end of the Cold War and the increasingly
tangible prospects of German re-unification, which gave rise, in Italy,
to
exaggerated fears that Germany would acquire a hegemonic role in the
whole
area, undermining Italy's position. This scenario gave rise to rather
incongruous reactions, such as the attempt to counterbalance the Weimar
axis, i.e. the "Paris-Berlin-Warsaw" axis, by creating a "Barcelona
(sic!)-Trieste-Ljubljana-Budapest-Kiev" axis. In this respect, an
"influence zone" concept was revived, according to which Italy and
Germany
were supposed to compete in the whole Danube-Carpatians area. It was
also
suggested that Italy might exploit the temporary weakening of Germany's
external-projection capabilities during its re-unification process in
order to consolidate its own position in the area.
At the outset, Italy mobilized considerable financial means to pursue
this
policy. However, the concept rapidly lost credibility when the
initiative
was extended north of the Danube, to the Baltic Sea. As Luigi Vittorio
Ferraris humorously put it, Italy was planning to build a Mitteleuropa
without Germany, which equated "making an omelet without eggs".
Yugoslavia's collapse as well as Italy's political and institutional
crisis and plummeting budgets greatly reduced the momentum of the
initiative, although it progressively expanded to reach its present 16
member and observer states.
Basically, the end of the Cold War and German re-unification have
radically changed the situation. Apparently, Italy has not yet fully
realized that it is one of the main "victors" of the Cold War and that
its
overall geo-political situation has altered with respect to the past,
not
only because of the collapse of its domestic "wall", but also because of
the vast opportunities that have opened in Eastern Europe. By
concentrating too much on its domestic problems and on its political and
institutional crisis, and by devoting too few attention and resources to
its foreign policy in what is a crucial period of transition in
Central-Eastern Europe, it runs the risk of losing vital opportunities
and
of reducing its role in the Western integration and stabilization of the
area.
The geo-political concepts of vital space, exclusive influence zones and
territorial expansion have lost all meanings. International economic and
political relations are no longer marked by a vertical and hierarchical
structure. At present, geo-politics is dominated by flows, rather than
by
space, and is marked by network structures. Each country's ability to
safeguard its own interests mainly depends on its involvement in the
networks and on its capability to attract flows. International relations
are no longer zero-sum games, and are increasingly becoming positive-sum
games. Contacts and cooperation have acquired decisive importance as
against competition for dominance and power. The new situation offers
vast
opportunities for Italy to develop its relations in the region.
Therefore,
Italy has a great interest in promoting the region's stability, order
and
development.
The definition of national interests and foreign policy options - also
in
the sector of military policy, either at national or multinational
level,
especially in European and NATO contexts - must be aimed at fully
exploiting Italy's potential in Central-Eastern Europe and in the
Balkans.
In this region, there are excellent conditions to develop cooperation
with
Germany, which shares Italy's interest in the rapid normalization and
integration of the whole area into the great Western institutions, such
as
the European Union and NATO. Italy's and Germany's "Ostpolitik" policies
would be enhanced by complementarity, rather than by competition.
However,
cooperation with Germany in Central-Eastern Europe requires that Germany
is prepared to pursue this line, which, for the time being, cannot be
taken for granted, although now all countries are following in the area
common European, rather than competitive national approaches.
Political and Security Interests
The disappearance of the Soviet threat has dramatically changed the
concept of security. Security does no longer imply defending one's
national territory against aggression. It involves maintaining stability
in order to enable Central-Eastern Europe and the Balkans to achieve
political and economic integration into the European regional system. If
politico-strategical stability were not achieved, their integration
would
be unfeasible, because high political risks would make private
investments
too expensive and because no stable economic cooperation would be
possible.
This basic interest, which Italy can pursue only by cooperating with the
other European countries which share the same objectives, is made even
more crucial by the fact that an outbreak of ethnic and identity-based
conflicts and the deriving destabilization of the whole Balkanic area
may
result in uncontrollable migration tides and in an intensification of
fundamentalism and terrorism which are bound to directly involve Italy.
Lastly, this development might result in strife within the alliances in
which Italy is a member and, domestically, in tensions between ethical
and
humanitarian claims and the need for a "Realpolitik" which keeps into
account Italy's national priorities and scant public resources.
The need to prevent conflicts which would be bound to involve Italy also
stems from the country's political and military weakness, although so
far
Italy has erred on the side of caution, taking tardy and limited
actions.
In particular, Italy's refusal to take part in the British-French Rapid
Reaction Force seems wholly unjustified.
These problems do not confine themselves to the Balkans - from Bosnia to
Kosovo and Macedonia - whose conflicts may destabilize the whole
Adriatic
region and extend to Albania, Bulgaria, Greece and Turkey. Other
potential
dangers are the presence of Hungarian minorities in Romania, Slovakia
and
Vojvodina and, although to a lesser extent, the tensions between Greece
and Turkey and between Bulgaria and Turkey.
Intensive Italian engagement in the multilateral actions organized to
solve these problems - both peace-supporting operations and political,
economic and humanitarian initiatives - can help maintain Italy's
presence
in the whole region, promote Italy's role in Europe, improve its tainted
national image and, more practically, safeguard its national interests
in
the EU and in NATO.
In defining Italy's policy in the region, the key point to be considered
is the implementation of an order in former Yugoslavia which can be
maintained in the long run, after the withdrawal of Western forces from
Bosnia. At that date, the risk of conflicts breaking out in Kosovo,
which
implies even greater dangers for Italy, will increase. The problem,
however, reaches much further. It also involves NATO's and EU's eastward
enlargement as well as US-Russian relations and interests in the Balkans
and in Central-Eastern Europe as a whole. In this respect, short-term
interests often diverge from long-term ones, and sub-regional interests
often clash with regional or pan-European interests.
In the case of Bosnia, it is obvious that stability could have been
attained much more easily, in the short period, by partitioning Bosnia
between Serbia and Croatia or breaking it up into three ethnically
"pure"
states than by the Dayton solution of creating a multi-ethnic state
which
imposes coexistence on people who do not want to coexist. However, the
two
former options do not only clash with Western values and principles.
They
are also liable to fuel instability in the long period. A similar
discrepancy emerges as far as the debate on war criminals in Bosnia is
concerned. If NATO forces had been entrusted with the task of hunting
down
and arresting war criminals, attacks and retaliations would have
certainly
ensued, jeopardizing NATO's presence in Bosnia and, therefore, the
likelihood of putting a stop to the conflict. However, in the longer
period, only the arrest and the trial of war criminals by the Hague
Supreme High Court can be a decisive factor of stabilization. Should
local
courts submit war crinals to trial, their verdicts would be considered
biased and retaliatory and would trigger further reprisals or even
large-scale guerrilla and terrorist initiatives which have not yet taken
place in the former Yugoslavia.
It seems justified to accuse the international community of following an
inconsistent strategy, which is oriented to the long term
(multi-ethnical
Bosnia) on the one hand, and on the short period on the other (failed
arrest and trial of war criminals). However, it must be pointed out
that,
de facto, NATO has carefully avoided any decisive actions in issues
which
could help, at least theoretically, to create a really multi-ethnic
Bosnia, such as, for instance, the repatriation of refugees. In this
respect, doubts have emerged on whether implementing multiethnicity
really
is the truly objective of the international community.
Italy's action has been balanced. Its maintaining relations to Beograd
and
its refraining from the anti-Serb hysteria which marked many other
Western
states have been an advantage for the international community as a
whole.
Italy's line, far from deriving from Machiavellian considerations,
merely
stemmed from a pragmatic assessment that there were two options
available:
either imposing an international mandate on all the former Yugoslavia
for
an indefinite period of time, or seeking an agreement with all the
involved parties. Since the former option was wholly unrealistic, the
second was to be adopted. On the other hand, it must be highlighted that
many of the critics of the meetings between Italian Foreign Ministers
and
Serb President Slobodan Milosevic were the same people who greeted the
attack on Moscow's White House and the accession of Russia into the
Council of Europe! Should their motives be analysed, it might be
discovered that the "Idealpolitik" facade really concealed a
"Realpolitik".
Easing the international attitude towards the Serbs and promoting
Beograd's return into the European institutions, starting with OSCE and
the Central European Initiative, is not only in the Italian interest. It
can help ensuring long-term stability in the Balkans. The recent
anti-Milosevic demonstrations organized by students and workers in
Beograd, although unlikely to bring about a political change, are
helping
to improve the image of the Serb people, who used to be consistently
criminalized, in the eyes of the international public. This may provide
a
starting point to face Serbia's basic problems with realism - in the
style
launched by the American negotiator, Richard Holbrooke - and help it to
join Europe, to which it, too, belongs.
A plan which seems to completely fulfil the objective of stability in
the
Balkans is the so-called Euroslavia project. Its goal is not to impose
anything or to rebuild a new Yugoslavia, not even according to a smooth
confederation model. It aims at re-establishing economic relations among
the various Republics, promoting development in order to damp down the
conflict and preparing the whole area for association and, in the long
term, integration into the European Union. The direct or indirect
actions
which are being carried out by the Italian diplomacy to prevent a
conflict
in Kosovo should be comprised into this project, intensified and, if
possible, coordinated with similar US and EU initiatives.
Should the situation in Kosovo break down, a consequent mass migration
of
a few hundred thousand people might deteriorate the situation to
breaking
point throughout the Balkans. If the migrants flowed into Macedonia,
they
would destabilize the present situation there. If, on the other hand -
which is much more likely, since the Serbs would block all entries into
Macedonia to prevent the situation from worsening - the refugees headed
into Albania, they would trigger a "domino effect" resulting in an
immigrant tide to Apulia on a scale which would make the 1991 "invasion"
pale in comparison.
Besides pressurizing Beograd into accepting a reasonable and
internationally-guaranteed autonomy for Kosovo, there is an immediate
need
to start preparing for the worst case. It would be reasonable to draw
plans for an emergency logistic intervention and especially to promote
turistic development on the Albanian coast, in order to host possible
refugees in Albania and eventually repatriate them into their regions of
origin. The project may be funded through new allocations in line with
the
Italian Bill on Frontier Areas, which should be extended to the whole
Adriatic Sea, by relaunching the Adriatic Initiative and by coordinating
it with the Central European Initiative.
The Euroslavia and the Kosovo projects undoubtedly have an utmost
priority
and must be granted full political and financial support despite the
current budget difficulties. They are not merely to be viewed as
insurance
premiums. They are actual investments, since Italy has a strong
potential
interest in the development of these regions.
Another critical problem for Italy is NATO's - and, in the longer
period,
EU's - eastward enlargement. Actually, the enlargement is the only way
to
consolidate US presence and engagement in Europe, which are essential
both
to preserve balances in Europe and in the Mediterranean and to ensure
political and strategic links between the Mediterranean and Central
Europe. NATO's enlargement can increase internal stability, which is an
essential prerequisite for economic development, and can especially
prevent divergencies in the policies of the various Western European
states, such as those which had the well-known negative effects in
former
Yugoslavia. Rather than an enlargement proper, this process can be
defined
as the re-absorption into Europe of countries which had been separated
from it by the Cold War.
Whilst Germany has a direct interest in the enlargement of NATO to the
Visegrad countries, Italy attaches great importance to the accession of
Slovenia and Romania (and Bulgaria, if it applies) into NATO in the
first
group. Slovenia's membership is important in that this country provides
a
link between Italy and Hungary. The recent intensification in relations
among Italy, Slovenia and Hungary ("Trilateral") within the Central
European Initiative mirrors this basic Italian interest, which is shared
by Slovenia and Hungary. The same interest emerges in the Italian
Defence
Minister's proposal to create joint German-Italian units which should be
open for participation to Austria, Slovenia, Hungary and possibly the
Czech Republic. To date, Germany has not taken the proposal into
consideration, although its implementation would provide a clear signal
that it is not pursuing hegemonic interests in Eastern Europe. An
increased military cooperation has been therefore forecast in the
framework of the "Trilaterale".
Furthermore, Romania's accession into NATO would prevent Turkey from
being
isolated in the Black Sea region. On the other hand, its exclusion may
increase the existing tensions in the Hungarian minority in
Transylvania,
who would view it as a first step towards exclusion from Europe.
Logically, this interest should lead to greater Italian preparedness to
cooperate in the military sector, too. For instance, it should take part
more intensively in joint activities within NATO's "Partnership for
Peace"
project and, if necessary, provide additional funding to NATO's common
infrastructure programme. The latter should be coordinated with the
construction of the road and railway axes which are to link the Adriatic
Sea with Hungary on one side, Serbia and Romania on another and
Macedonia
and Bulgaria on a third side.
However, initiatives to prevent NATO's selective enlargement - which is,
in a certain sense, paradoxically, confined to the most stable
countries,
that is, to those which have less urgent need of NATO guarantees - from
creating insecurity and instability in the excluded applicants should be
implemented as soon as possible. The Central European Initiative may be
an
adequate forum to discuss these problems before they become explosive.
As
much is also proved by the fact that the Central European Initiative was
acknowledged to have the potential not merely to prepare Central and
Eastern European countries for prospective association and membership
into
the European Union, but also to implement security objectives typical of
OSCE, which took part in the November 1996 Graz meeting with observer
status.
Economic Interests
The economic importance of Central and Eastern Europe and of the Balkans
for Italy has recently been highlighted by the Agnelli Foundation in a
report of the series "Nuova Geoeconomia". Over time, the whole area is
bound to be associated and eventually integrated into the European
Union.
All the Italian Regions, and especially the Adriatic-rim ones, will
derive
great benefits from it. Integration is facilitated both by geographical
proximity and by similar basic values. The return to Europe is a central
goal for the peoples of Central-Eastern Europe and the Balkans and
features in the political programmes of ruling and opposition parties
alike.
Italy has a strong interest in the rapid and full integration of the
whole area. Apart from obvious political and security reasons, its
economic position will become more competitive as a result. Small and
medium Italian companies have already shifted many sectors of production
which are labour-intensive or directed to the lower market niches in the
area. The flexibility of small and medium companies makes them
particularly able to penetrate and cooperate with the markets of the
area,
which are characterized by considerable fluctuations.
Regarding volume of trade, Italy ranks second after Germany in the
Eastern
European markets and first in the Balkanic peninsula and in
South-Eastern
Europe. Moreover, it has a strong potential to increase its trade in the
area. According to recent estimates, it may not only consolidate its
position, but also gain market shares as compared to Germany.
Italy will be able to fully exploit this trade potential only if it
steps
up its engagement in the sectors of development aid, public support to
exports, banking and insurance. Therefore, an important national
interest
- which, obviously, is not merely confined to Central-Eastern Europe and
the Balkans - is providing the "system-country" with adequate means to
face regional and global geo-economic competition. This objective can
only
be achieved by relinquishing Italy's conservative and obsolete welfare
state policy. This process is strongly supported by the present Italian
Government.
Italy's economic penetration in the area, too, is complementary, rather
than competitive, with Germany's. As a consequence, cooperative rather
than competitive policies may be pursued in the economic sector, too,
and
the two countries' initiatives may be coordinated both at a bilateral
level and within the EU and the world's economic institutions. The
spectre
of a Mitteleuropa viewed as Germany's exclusive influence and hegemony
area seems a myth with no real foundations.
The sector which deserves the most intensive and determined efforts is
that of large infrastructure projects - especially roads and railways,
but
also the ambitious project of a navigable waterway connecting the rivers
Isonzo and Danube. All these projects would connect the Adriatic Basin
with the Danube and, further eastward, with Ukraine and Russia. The
opening of the Rhein-Danube canal and the future opening of the
Danube-Oder waterway give a competitive edge to the North Sea and Baltic
harbours as against the Northern Adriatic ones. Moreover, the latter are
not yet coordinated so as to achieve economies of scale. In short, they
lag well behind as compared to the improvements in the transport system
north of the Alps.
Besides their economic role, infrastructure projects also have political
importance. For instance, the growth of Euroslavia is mainly based on
them. Clearly, Italy cannot sustain these projects alone, but should
promote them within the European Union. Visions and integrative
proposals
tailored to the specific situation of the Balkans and South-Eastern
Europe
are needed, as is already happening as far as Central Europe is
concerned.
Delays in this respect may undermine Italy's competitive advantages in
the
whole region.
Conclusions
So far, in Italy, the impact of the end of the Cold War and of the
deriving changes in Central-Eastern Europe and in the Balkans has not
been
fully understood. As much has hampered a far-sighted definition of
Italy's
national interests and foreign policy regarding this region, which has a
crucial role for Italy because of its geographical proximity and of
Italy's intensive present and, especially, potential economic relations
with it.
These deficiencies have partly been determined by regional and local
pressure, especially regarding relations with former Yugoslav republics;
by Italy's political and institutional crisis, which has drawn attention
almost exclusively to domestic problems; by the fact that single issues
such as the problem of the properties of Istrian and Dalmatian exiles,
which, although undoubtedly important, should have been viewed within a
more far-sighted context, have been unduly exploited for domestic policy
objectives. In the recent past, the Italian diplomacy has found itself
in
the embarrassing situation of seeing Italy depicted as a potentially
destabilizing, revisionist state which wished to carry out an arrogant
power policy it could not afford unless at a very local level. Italy's
exclusion from the Contact Group undoubtely was partly due to its image
as
an overly ambitious country incapable of carrying out realistic and
long-term projects.
The "collapse of the wall" has radically changed the very foundations of
Italy's "Ostpolitik", the strategic role of the Balkans and the role of
the regional or bilateral initiatives in which Italy took part.
Only recently, a clearer perception of Italy's interests in the area and
a
greater coordination of Italy's, Germany's and Austria's policies has
apparently begun to emerge. Complementarity should be maximized in the
place of competition, both because the latter - being based on past
geo-political logics - would be ineffective, and because Italy does not
possess the means or the political and diplomatic capabilities to
compete
with Germany. At most, it can implement a disturbance policy and occupy
marginal political and market niches. However, the level of cooperation
between Rome and Bonn is not yet optimal, partly because the Italian
initiatives of the late 1980's and early 1990's were often presented as
endeavours to contain German penetration in the Balkans and in Central
Europe. Obviously, the results were far from brilliant, although -
luckily
- not totally disastrous.
The recent relaunching of the Central European Initiative, its linking
with the Adriatic, the Balkanic and the Black Sea initiatives, the
intensification of relations with Slovenia and Hungary, which should be
rapidly extended to Austria, and possibly Croatia, seem to give a more
realistic character to Italy's role in stabilizing the area and
especially
in preparing it for progressive integration into Europe. Only within
this
framework can Italy's roles and interests be defined in detail and
satisfactory solutions be found also for the still discussed problem of
the Italian minorities in Slovenia and Croatia. This issue cannot
possibly
be solved but through the consolidation of these countries' democratic
institutions and economies in view of their rapid integration into
Europe
and NATO.
Summary
>>From a merely geographical point of view, Italy may seem a Mediterranean
country, due to its marginal position to Central Europe. Actually,
however, if geo-political and geo-economic trends are taken into
consideration, it is a European rather than a Mediterranean country.
Trade
and economic integration with the East play a far greater role for Italy
than those with the South.
Because of its political and military weakness, Italy's role in the
Mediterranean Basin is merely due to its membership in Europe and NATO.
Moreover, the solution to the most serious Italian problem - that of the
Mezzogiorno - cannot be found in the development of Southern
Mediterranean
countries, but in reinforcing Italy's ties with the North. Hence the
importance of Italy's relations with Central and Eastern Europe and with
the Balkans.
For Italy, from the geo-political point of view, there is no difference
between Central and Eastern Europe and the Balkans, both of which are
linked to the Italian peninsula by an inner lake - the Adriatic Sea -
which is a transit area for both regions.
Italy does not pursue a power policy or the goal of creating exclusive
influence zones. It has adopted, in coordination with Germany, a
cooperative policy whose aim is restoring societies and economies in the
whole area in order to promote both its trade interests and these
countries' stability and development.
To attain these goals, the Central European Initiative was relaunched
during its November 1996 meeting in Graz. Special cooperation ties have
been established with Hungary and Slovenia and a comprehensive programme
to improve the transport network through Slovenia and the Balkans has
been
developed. It has to be implemented by a reinforced cooperation with all
the former Yugoslavia Republics and the countries of South-Eastern
Europe,
avoiding any new dividing line between the North and the South.
---
Bollettino di controinformazione del
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2. FARNESINA/BALCANI, L'Italia in fuga dal Kosovo.
3. FATTI D'EUROPA EST - Presevo, Albania, Vienna, Romania,
Armenia-Azerbajan
(dal Manifesto, 30 novembre 2000)
----------------------------------------
La voce del Kosovo impossibile
Intervista a Oliver Ivanovic, leader del Consiglio nazionale
serbo in Kosovo.
MARIO BOCCIA - KOSOVSKA MITROVICA
"Libertà di movimento, sicurezza, diritto al ritorno": parole
ricorrenti, persino abusate nei discorsi dei governatori-
rappresentanti della comunità internazionale in Kosovo. Parole
svuotate di contenuto dai fatti.
A due anni dalla firma degli accordi di Kumanovo, la guerra
continua contro le minoranze, l'economia è drogata dalla presenza
delle organizzazioni umanitarie e/o militari, la mafia impone i
suoi diktat su chiunque voglia mettere in piedi un attività
autonoma. Eppure su queste parole-speranze si gioca il futuro del
Kosovo e di quella parte dei suoi "nativi" che ne sono
attualmente esclusi.
Le parole cambiano di senso a seconda della bocca che le
pronuncia, sembra dire Oliver Ivanovic (leader del Consiglio
nazionale serbo e autorevole interlocutore del governo
dell'Unmik) mentre sottolinea con la penna le parti del discorso
del 20 novembre di Bernard Kouchner che lo irritano di più. Non
sono i rimbrotti diplomatici ("...sebbene questa non sia un
assemblea di membri eletti...") ma i passaggi nei quali il
governatore si dice cosciente di "non aver fatto abbastanza per i
serbi", promette di "intensificare gli sforzi per garantire a
tutti libertà di movimento", si impegna a far tornare "tutti
coloro che han lasciato il Kosovo, inclusi i serbi".
Eppure si era trattato di un discorso importante, fatto "a nome
del segretario generale Kofi Annan", alla cerimonia inaugurale
delle quattro assemblee comunali autocostituite di Mitrovica-
nord, Zvecan, Zubin Potok e Leposavic (dove è avvenuto
l'incontro): vale a dire i comuni dove vive la maggioranza dei
serbi residenti in Kosovo. Un territorio "privilegiato" per la
continuità territoriale con la Serbia e per le sue dimensioni,
rispetto altre comunità più piccole e isolate.
D. Non era scontato che il governatore fosse presente ad una
iniziativa che appariva in contrasto con la consultazione
elettorale da lui voluta e boicottata dalla stragrande
maggioranza dei serbi.
Di che si è trattato, signor Ivanovic?
R. Abbiamo nominato questi consigli comunali per avviare un
processo di normalizzazione che dovrà concludersi con il rientro
di tutti i profughi. Ci siamo mossi nel rispetto delle linee-
guida della risoluzione 1244. I nuovi consigli provvisori sono
stati nominati rispettando la composizione etnica della
popolazione sul territorio e considerando rappresentatività,
ruolo sociale, cultura e popolarità delle persone. Dovranno
svolgere il loro compito naturale in una situazione
straordinaria. Per fare un esempio: a Leposavic abbiamo nominato
14 serbi, due albanesi e 1 musulmano; a Mitrovica (nord), 15
serbi, 2 albanesi, 1 musulmano e 1 rom.
D. I serbi nominati d'ufficio nei consigli comunali eletti con il
voto delle ultime elezioni non si presentano. Quando qualcuno,
serbo o di altre minoranze, accetta di farlo, gli eletti del Pdk
bloccano i lavori abbandonando l'aula. Succederà lo stesso anche
con i vostri "cooptati"?
R. Finora non sappiamo se tutti gli albanesi accetteranno, ci
hanno chiesto tempo per riflettere, noi comunque saremmo
soddisfatti della loro presenza e certi del valore del loro
contributo.
D. Non andando alle "elezioni di Kouchner" e convocando i "suoi"
consigli comunali, il Consiglio nazionale serbo ha deciso di
andare verso la spartizione del Kosovo? La presenza stessa di
Kouchner, che nei primi quattro paragrafi del suo saluto augurale
all'assemblea di Leposavic, ripete quattro volte: "le vostre
municipalità", avalla questa tendenza?
R. Assolutamente no. Quelle elezioni non dovevano essere fatte
perché non c'erano le condizioni minime, elementari per una
libera espressione di voto. Sono state imposte da Kouchner alla
fine del suo mandato, per mascherare il totale fallimento della
sua missione. Hanno dato una verniciatura di normalità ad una
situazione gravissima. Che normalità è senza i profughi? Non
erano solo inutili, ma hanno peggiorato la situazione. Basti
guardare alla violenza che ha insanguinato la campagna
elettorale. Chi ha avuto diritto al voto? Quanti tra quelli che
hanno votato abitano questo paese solo da giugno del '99? Come si
può parlare di volontà popolare se oltre duecentomila profughi
(quelli sì, kosovari) sono fuori dal paese? Come era possibile
fare la campagna elettorale, quando a tutt'oggi in Kosovo non
sono garantiti libertà di movimento, sicurezza per le minoranze e
diritto al ritorno? L'omicidio dei quattro aschkalija che avevano
accettato di rientrare a Dosevac, è un avvertimento a tutti, noi
per primi. Se vengono trucidati anche loro, che parlano la stessa
lingua, che succederà agli altri? Era un rientro concordato e
doveva essere protetto. Chi non lo ha fatto è complice degli
assassini. Lei dice che i serbi rifutano la nomina d'ufficio, è
vero, ma per non mascherare con la loro presenza l'imbroglio che
c'è dietro queste elezioni. Come posso andare alle riunioni del
consiglio comunale che si trova nella parte sud, dove la mia
faccia è esposta per le strade in un manifesto che mi indica come
"criminale di guerra n1"? Comunque le assicuro che, da parte
nostra, non c'è nessuna volontà di separazione. Al contrario: la
nostra priorità è che tutti possano tornare da dove sono stati
cacciati.
D. Dopo che la parte del complesso industriale di Trepca (oltre
40 differenti impianti, anche fuori dal Kosovo) che sta sul
vostro territorio è stata chiusa per motivi "ecologici", cosa ne
è dell'impianto?
R. Le tensioni di allora sono state superate, ma la Trepca di
Zvecan è ferma ed è indispensabile all'economia della regione.
400 operai serbi mantengono l'impianto alle condizioni di
manutenzione minime per impedire il deterioramento e prendono 50
marchi al mese di indennizzo dall'Unmik. Quello dell'inquinamento
è un problema reale e l'impianto deve essere ristrutturato, ma
non tollero che il problema possa essere posto da chi ha
contaminato il nostro territorio con l'uranio impoverito. Perché
non si preoccupano del livello di inquinamento delle centrali
elettriche di Obilic? L'impianto di Zvecan lavorava al 10% delle
sue possibilità per evitare un inquinamento eccessivo. Le accuse
contro il direttore della fabbrica (incriminato per "danni
all'ambiente", per avere incrementato l'attività della Trepca
prima della chiusura messa in atto dalla Kfor ad agosto, alla
vigilia delle elezioni presidenziali in Serbia, ndr) sono false e
ipocrite.
D. In questi giorni si sono svolte manifestazioni e scioperi di
protesta per chiedere la liberazione dei prigionieri albanesi
detenuti in Serbia. Non pensa che un amnistia favorirebbe, se non
la ripresa del dialogo, almeno un raffreddamento della tensione?
R. So che verrà istituita una commissione mista, su modello
sudafricano, che vaglierà caso per caso. Avvocati albanesi sono
già a Belgrado. Ma perché nessuno parla dei 1300 serbi scomparsi?
Dove sono? Sono stati tutti uccisi? Qui da noi ce ne sono 18 in
un carcere sorvegliato dall'Unmik, da otto mesi, senza nessuna
accusa specifica formalizzata. Non possiamo accettare che vengano
giudicati da una corte composta da giudici albanesi. Sono state
violate anche le leggi jugoslave sulla detenzione preventiva, che
prevedono termini di sei mesi.
D. In situazioni come questa, la criminalità trova terreno
fertile. Anche da voi?
R. Noi non abbiamo ancora avuto la possibilità di organizzare una
nostra polizia autonoma e quella internazionale, prima di trovare
i criminali, deve imparare a trovare la strada per tornare in
caserma senza perdersi. Ma il problema del diffondersi della
malavita è essenzialmente un problema sociale. Quello che manca
qui è il lavoro. Se un operaio per vivere è obbligato a
trasformarsi in un "borsaro nero", perde la sua dignità. Manca il
lavoro e la criminalità aumenta, anche se, da noi, la comunità
stessa mette in atto forme di controllo. Comunque il lavoro è la
nostra priorità sociale.
D. Lei è stato descritto come uomo di Milosevic e ora come uomo
di Kostunica dagli stessi giornali, a distanza di pochi mesi. Ma
lei con chi sta?
R. Io non sto con nessuno - ride. Quello che non hanno capito è
che sono il rappresentante riconosciuto di questa comunità e a
questa rispondo delle mie azioni. E' un vizio culturale, una
visione della politica vecchia. Se vogliamo, questo è stato uno
dei nostri principali difetti del passato: una gestione
centralista che non tiene conto delle realtà locali. Noi vogliamo
decidere il nostro futuro, non pretendiamo di avere sempre
ragione, ma vogliamo essere consultati. Nessuna soluzione per il
Kosovo potrà mai essere elaborata senza sentire chi ci vive e chi
ci vuole tornare. Io non sono mai stato eletto, ma credo di
rappresentare tutti, senza distinzioni politiche.
D. Dopo i giudizi duri che lei ha dato sulla politica di Bernard
Kouchner, cosa pensa del suo successore inglese?
R. Venisse anche il diavolo, chiunque sarebbe meglio di Kouchner!
---------------------------------------------------
FARNESINA/BALCANI
L'Italia in fuga dal Kosovo
Si è dimesso Dionisio Spoliti, Governatore di Gnijlane gia'
"numero 2" del Sisde. Dini tace.
TOMMASO DI FRANCESCO
L'area che va dalla Valle di Presevo in Serbia, all'est del
Kosovo, fino al nord-Albania, è di nuovo in fiamme. A Pristina
non si è spenta ancora l'eco delle parole di Ibrahim Rugova ai
funerali del suo più stretto collaboratore, Xhemajl Mustafa,
ucciso la scorsa settimana da settori del formalmente disciolto
Uck: "Con te - ha detto Rugova - hanno ucciso la cultura e il
giornalismo albanese"; nel nord Albania i militanti "democratici"
di Berisha vanno allo scontro armato con i socialisti al governo;
l'area di Presevo e la fascia smilitarizzata di 5 km con la zona
contigua del Kosovo "controllata" dal contingente Kfor-Nato degli
Stati uniti - che nell'area, a Bondsteel, hanno costruito la più
grande base militare dei Balcani - è nel turbine di una nuova
guerra, con 5 agenti serbi uccisi, duemila profughi albanesi,
tank e, solo ora, perquisizioni della Nato. Ieri, dopo una
"tregua concordata", le truppe di Belgrado hanno rioccupato i 4
villaggi presi per giorni dai separatisti albanesi dell'Ucpmb.
Per la Nato l'area è "tra le più pericolose al mondo".
Ci si dovrebbe aspettare un surplus d'iniziativa politica e
diplomatica. Soprattutto da parte di chi, come l'Italia, vanta
una presenza "di valore" in Kosovo. Ma la realtà dimostra il
contrario. Il punto più caldo è Gnijlane, da lì partono le bande
dell'Ucpmb. Il Kosovo è diviso in 5 distretti militari e
amministrativi - Pristina, Mitrovica, Gnijlane, Pec, Prizren -,
sotto controllo di contingenti Nato e governatori Onu.
Governatore di Gnijlane è l'italiano Dionisio Spoliti. Sarebbe
meglio dire era, giacché, proprio di fronte al precipitare della
situazione, non ha trovato di meglio da fare che dimettersi. Del
resto da lui non era venuta nessuna iniziativa diplomatica da
quando s'insediò circa 6 mesi fa: ignorante di diplomazia,
Balcani e lingue, l'ex "numero 2" del Sisde ha brillato per
l'assenza.
Lo aveva inviato il ministro Dini. A fare che? E' possibile che
non abbia niente da dire ora?
Dini tace per abitudine. In Kosovo l'Italia non ha fatto che
dimettersi: nel 1998 non durò 48 ore il dottor Perugini (vice-
questore d'Arezzo) nella missione Osce guidata dall'infido
William Walker; due mesi durò Giovanni Koessler (magistrato di
Bolzano) già nel 1999; cinque mesi a Mitrovica, Mario Morcone
(prefetto di Arezzo). Spie, questurini, prefetti. E nessuno ci
racconti la favola del generale Cabigiosu che in Kosovo comanda
la Kfor: quella è la Nato dove - dopo i raid di Aviano -
l'esercito italiano brilla. A noi, agli albanesi e ai serbi,
interesserebbe il ruolo diplomatico dell'Italia. E quello,
purtroppo, non si vede.
-----------------------------------------------------
FATTI D'EUROPA EST
Presevo, interviene la Nato
In una sorprendente ma non inaspettata inversione dei ruoli e
delle alleanze, la Nato si è detta ieri disponibile alla
collaborazione con Belgrado per intervenire contro le attività
"terroristiche" degli albanesi in Kosovo. Un passo dettato
senz'altro dai migliori rapporti tral l'Alleanza e il nuovo
leader jugoslava, ma anche dalla ormai sempre più chiara
insofferenza dell'Occidente nei confronti del Kosovo. La Nato ha
stabilito un piano in sei punti per risolvere la crisi nella
valle di Presevo. Fra questi una campagna di informazione per
mettere in luce le attività terroristiche degli albanesi a
Presevo, rapporti più stretti tra la Kfor e la polizia serba,
controllo rafforzato sulle linee di confine e massima allerta
contro il traffico di armi.
Tensione in Albania
Iseguaci di Sali Berisha non ci stanno. Martedì sera l'arresto, e
il rilascio dopo qualche ora, del leader dell'opposizione
conservatrice, ha infervorato gli animi, e non solo, di alcuni
albanesi. Scontri sanguinosi si sono verificati a Tropoja, nel
nord del paese, da sempre regione fedele all'ex presidente
Berisha. Alcuni uomini hanno circondato il posto di polizia
locale e poi hanno dato fuoco al tribunale. La tensione è
altissima fin dai giorni delle elezioni amministrative di
ottobre, che avevano visto la sconfitta del partito di Berisha,
anche nella capitale. Da allora quotidianamente i suoi partigiani
manifestano nelle piazze delle principali città albanesi, in modo
sempre più violento. L'altro ieri, proprio nel corso di una di
queste manifestazioni, Berisha era stato fermato dalla polizia e
contemporaneamente esercito e blindati venivano schierati nei
punti chiave della città. Il primo ministro albanese, dal canto
suo, ha lanciato un avvertimento all'opposizione radicale: "Tutti
coloro che attaccheranno le istituzioni dovranno risponderne in
tribunale".
Chirac a Vienna
Non si è trattato esattamente un incontro cordiale, ma pur sempre
un incontro c'è stato. Dopo mesi di reciproca diffidenza, il
presidente francese Jacques Chirac si è recato a Vienna dove ha
stretto la mano al cancelliere austriaco Wolfgang Schüssel. I
colloqui si sono incentrati sullo sviluppo delle istituzioni
comunitarie europee alla vigilia del summit di Nizza. L'Austria,
come tutti i paesi di piccole dimensioni, propende al
mantenimento dell'attuale
status e composizione della commissione, nel timore di perdere, altrimenti,
peso politico in seno all'Europa. Chirac, in qualità di presidente dell'Unione,
ha tenuto a precisare che il significato della visita rientra nell'ambito di un
tour di tutte le capitali europee, e non ha voluto affrontare il problema della
presenza nel governo austriaco del partito di Haider, all'origine di tante
tensioni tra Vienna e Bruxelles.
Romania, elezioni
Il partito della Grande Romania tende la mano ai socialdemocratici. In base ai
risultati ancora provvisori delle elezioni di domenica scorsa, il partito
dell'estrema destra rumena dovrebbe aver ottenuto circa il 28 percento dei
voti, contro il 37 percento del partito socialdemocratico, guidato dall'ex
presidente Ion Iliescu. Il leader del Partito della Grande Romania Vadim Tudor
ha offerto al suo avversario, che finora si è sempre detto contrario, la
collaborazione per un governo di grande coalizione. Ion Iliescu e Vadim Tudor
si affronteranno il 10 dicembre prossimo nel ballottaggio per la carica di
presidente della repubblica.
Armenia e Azerbajan
Dopo 13 anni di conflitto, un primo passo verso una possibile distensione tra i
due paesi. Ieri il vicepresidente del parlamento azero si è recato a Yerevan,
capitale dell'Armenia, dove era in corso un forum degli 11 paesi che si
affacciano sul Mar nero. Si tratta della figura istituzionale più importante
che si sia finora mai recata nel paese nemico. Tanto il
parlamentare azero che il suo omologo armeno hanno mostrato una
certa disponibilità a riprendere il dialogo. Armenia e Azerbajan,
due ex repubbliche sovietiche, si contendono la regione del
Nagorno-Karabak, enclave popolata da una maggioranza armena in
territorio azero, che si è dichiarata indipendente nel 1988. Una
tregua nel 1994 ha messo fine ad una guerra che ha fatto oltre
15.000 vittime e un milione di profughi, ma il problema della
sovranità del Nagorno Karbak resta ancora del tutto irrisolto.
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Il Manifesto, 30 novembre 2000
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Da oggi su
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Oggetto: Notizie dalla Zastava
Data: Wed, 29 Nov 2000 05:13:10 +0100
Da: "Rossi Alma" <alma@...>
A: "0 -CGIL-Lomb-Lino" <rosolino_anelli.cgil_regionale@...>
Le notizie che ci vengono dalla Jugoslavia parlano di una situazione
niente
affatto normalizzata.
Alla Zastava-automobili di Kragujevac dovevano tenersi il 24 novembre le
elezioni per il rinnovo dei delegati sindacali del Samostalni Sindikat
(il
più grande sindacato jugoslavo).
Le elezioni sono state boicottate e sospese a causa dell'ennesima azione
intimidatoria da parte della componente del sindacato che fa riferimento
al
DOS.
Come è noto, nei giorni immediatamente successivi al 5 ottobre, alla
Zastava-Iveco, erano stati già
aggrediti, e costretti alle dimissioni, il segretario Sekula e il
vicesegretario Milan Doncic del sindacato Zastava Iveco.
Gli stessi agressori nominavano successivamente, nelle cariche sindacali
rimaste "vacanti", elementi iscritti al DOS, a partire dalla teoria che
essendo cambiato il governo dovevano cambiare anche le rappresentanze
sindacali in fabbrica. Il tutto, come evidente, al di fuori di qualsiasi
legalità, tanto è vero che (come succederebbe in ogni organizzazione
sindacale) la struttura nazionale del sindacato e la stessa segreteria
nazionale del sindacato dei metalmeccanici invalidavano l'operazione, in
quanto avvenuta senza alcuna votazione da parte dei lavoratori della
zastava-iveco, ed imposta con procedure illegali ed arbitrarie.
Sempre nella stessa occasione era invece fallito il tentativo di imporre
con
la forza le dimissioni del
presidente del sindacato della Zastava, Ruzica Milosavljevic, per la
ferma e
decisa risposta di questultima.
In risposta allondata di violenze scatenata dagli appartenenti alla
DOS, la
presidente del sindacato Zastava proponeva quindi di andare ad una
consultazione tra i lavoratori iscritti per il rinnovo di tutti gli
incarichi sindacali allinterno del Samostalni della Zastava, attraverso
congressi ed elezioni, secondo il regolamento statutario e procedure
democratiche.
Le elezioni vengono fissate per il 24 novembre
Nelle settimane precedenti si svolgono riunioni ed assemblee nei singoli
reparti della fabbrica per la designazione dei candidati. Alcuni ex
delegati
del Samostalni della Zastav decidono di non ricandidarsi
proprio per non dare adito ad alcuna accusa di occupazione delle
poltrone,
e favorire così un rinnovo delle cariche sindacali in un clima di minore
tensione.
Ma questo evidentemente non basta ai membri DOS della Zastava.
Da lunedì 20 novembre un gruppo di loro ha iniziato unagitazione nei
reparti che è divenuta sempre più violenta e aggressiva. L'iniziativa
punta
esplicitamente ad impedire la presentazione di candidature di quanti non
si
riconoscono nella corrente della DOS ed è sostenuta da vere e proprie
minacce di linciaggio e con la devastazione degli uffici sindacali.
Il culmine delle agressioni e delle violenze si è registrato giovedì 23
novembre, con l'occupazione degli uffici sindacali della Zastava-auto e
con
l'aperto boicottaggio delle elezioni convocate il giorno successivo.
Venerdì 24 la TV privata locale di Kragujevac, Canale 9, annuncia l
annullamento delle elezioni sindacali previste per il 24. E questo senza
che
nessuno dei componenti le comissioni elettorali precedentemente
istituite in
zastava avesse comunicato alcunchè a riguardo.
La decisione di boicottare le elezioni è quindi chiaramente stata decisa
altrove, non certo in fabbrica.
L'inasprimento delle violenze, fino al boicottaggio, nasce da una
valutazione su come sono andate le assemblee precongressuali di reparto
(una
specie di elezioni primarie) dove gran parte delle candidature espresse
dai
lavoratori iscritti al sindacato zastava (il 94% dei lavoratori della
fabbrica) non risultavano probabilmente gradite alla componente della
DOS
che non era riuscita ad imporsi come avrebbe voluto in occasione di
queste
assemblee precongressuali di reparto.
Subito dopo il boiccotaggio delle elezioni (boicottaggio riuscito grazie
ad
una ben orientata campagna di stampa su giornali e TV private locali e
grazie ad una presenza minacciosa di militanti del DOS davanti alla
fabbrica
per scoraggiare quanti si presentavano alle urne) la componente DOS, che
si
è rifiutata di confrontarsiin una democratica verifica elettorale, ha
iniziato una raccolta di firme per chiedere una sostituzione d'ufficio,
degli attuali rappresentanti sindacali.
Ogni lavoratore viene avvicinato singolarmente da un gruppo di militanti
della DOS che si è nominato "Comitato rivoluzionario per la difesa della
democrazia". Molti lavoratori, a casa perchè ancora senza lavoro,
vengono
cercati nelle loro abitazioni e "costretti a firmare" pena l'essere
etichettati "Filo Milosevic" e quindi minacciati di ritorsione sulle
loro
aspettative di tornare al lavoro o di avere i sussidi comunali e
governativi.
Così, i lavoratori, sono privati del loro diritto democratico ad
esprimere
le loro preferenze sulle candidature sindacali e sulla stessa linea
sindacale proprio in un momento importante della lotta per la
sopravvivenza
della fabbrica.
Il nuovo governo transitorio della repubblica serba e quello della
Federazione non stanno mantenendo gli impegni assunti dal precedente
governo, che aveva destinato molte risorse per la ricostruzione della
grande
fabbrica automobilistica.
La mancata erogazione negli ultimi due mesi dei fondi previsti ha
bloccato
praticamente la produzione. Per pagare i salari sono stati mangiati i
fondi destinati allinvestimento: 1.100.000 DM che servivano a
finanziare la
fase 2 del programma di ricostruzione, ed erano destinati al reparto
verniciatura.
Sta saltando in tal modo il programma di ricostruzione brillantemente
realizzato nei mesi precedenti con grandi sacrifici e lavoro degli
operai e
che faceva prevedere una produzione di 20.000 vetture entro la fine del
2000. Ora, invece, non si produce, e non si vende.
Di questo passo, si prevede che tra qualche mese non sarà possibile più
pagare i salari. Agitazione e malcontento diffusi tra i lavoratori
potrebbero sfociare in clamorose azioni di lotta. E per questo che la
DOS
vuol buttare fuori i compagni del Samostalni oggi impegnati
sull'obiettivo
di aprire una vertenza col governo per il rilancio della fabbrica ?
Se non cè una chiara inversione di tendenza nella politica del governo
serbo e della Federazione, tra qualche mese la situazione si farà
drammatica, col rischio di bancarotta della fabbrica.
Ma i segnali che sono venuti sinora dal nuovo governo vanno in senso
opposto: la produzione e la vendita delle autovetture della Zastava non
vengono più protette dallo Stato. Dinkic, il leader del G-17 plus (il
gruppo
di economisti neoliberisti che ha stilato il programma economico della
DOS),
dichiara di voler ridurre le tasse sullimportazione di autovetture
straniere. E per quelle usate, il limite massimo di anzianità viene
elevato
da 4 a 6 anni. Inoltre, vengono fortemente abbassati i controlli sulle
auto
provenienti dal Montenegro (in sostanza, sarà più facile riciclare in
Serbia
le auto rubate...).
Allaeroporto di Belgrado è esposta una fiammante Peugeot, limpresa
automobilistica francese, che, secondo notizie diffuse da radio e
televisione di Kragujevac ai primi di ottobre, avrebbe acquisito gli
stabilimenti della Zastava. Ma su di essi sembra riaffacciarsi
lattenzione
della FIAT.
Che intendono fare le multinazionali?
Nel comitato di gestione (upravni odbor) della Zastava sono entrati due
rappresentanti del minuscolo partito democristiano, conquistando
addirittura
la presidenza con Milorad Savicevic. Qualche giornale di Kragujevac ha
anche
ironizzato, con qualche preoccupazione, sul peso eccessivo che ha
ottenuto
nella grande fabbrica un partito che nella coalizione della DOS non
conta
molto. Anche questo sembra essere un cattivo segnale per le prospettive
di
sopravvivenza della grande fabbrica.
In queste condizioni, con un consiglio damministrazione controllato
dagli
amici della DOS e un sindacato, i cui dirigenti più combattivi e
vicini ai
lavoratori vengono allontanati con la violenza, le multinazionali
possono
imporre prezzi stracciati per lacquisto della grande fabbrica. Per
farne
che? Forse semplicemente comprarla per farla chiudere definitivamente,
eliminando il più grande produttore di auto nellarea balcanica: è così
che
lEuropa entra in Serbia, imponendo le sue merci...
Oppure per ristrutturarne qualche reparto, mantenendo al più un migliaio
di
lavoratori e mettendo in libertà tutti gli altri.
E per questo probabilmente che si scatena loffensiva contro gli
attuali
rappresentanti del sindacato Zastava. Le multinazionali - è noto -
tollerano
al più un sindacato giallo, non un sindacato che si opponga alla loro
penetrazione.
Queste notizie sono state raccolte sulla base di testimonianze di alcuni
delegati zastava, di lavoratori della zastava che, per via
dell'iniziativa
di adozioni a distanza sono in contatto con alcune famiglie italiane, e
della testimonianza di Andrea Catone della associazione "un ponte per ..
in
terra di Bari" presente a Kragujevac proprio nei giorni precedenti il 24
novembre per consegnare le quote relative a 270 adozioni a distanza
raccolte
in Puglia.
Una delegazione del Coordinamento nazionale delle RSU andrà a Kragujevac
nei
giorni 8 e 9 dicembre.
Faremo il punto della situazione al ritorno
ciao alma
Alma Rossi - email - alma@...
indirizzo email del coordinamento RSU - coord.naz.rsu@...
indirizzo internet del Coordinamento RSU - http://www.ecn.org/coord.rsu/
---
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The Fifth Extraordinary Congress
25 november 2000
The Fifth Extraordinary Congress
Address of Mr. Slobodan Milosevic,
Chairman of the Socialist Party of
Serbia to the Fifth Extraordinary
Congress of the Party
Belgrade, 25 November 2000
Comrades,
In the elements for the discussion of SPS members, in the
preparation for this Congress, dramatic and highly
unfavorable circumstances, internal and external, were
pointed out marking the conditions in which the 2000
elections were held. At the same time, anyone in this hall is
fully aware what kind of violence and lawlessness prevailed
after the 5 October coup setting on fire the Federal
Parliament and the national TV. The background of these
events and the continuation of the occupation of Yugoslavia,
which started several years ago, as was revealed in
Rambouillet and during the last years war, will be something
that both the contemporaries and the generations to come
will discuss.
War against this country, is now a money war. We have
large-scale corruption at works here. A lot of money is in
circulation and great privileges are granted to those who
should accept all that is against this country loss of
independence, separation of Montenegro, Kosovo and
Vojvodina, humiliation and annihilation of the Serb people,
handing the national heroes to the new Gestapo
headquartered in The Hague. Thanks to that money, the
media are in the hands of foreign intelligence services.
But the war against our country is also waged through
intimidation. The SPS headquarters in Belgrade were burnt
down, its leadership is threatened, they are being
eavesdropped, blackmailed and falsely accused.
The biggest force in the defense of the State and national
interests is the SPS and that is why is it now targeted for
major attacks. Its ruin or at least destabilization is a priority
task of the enemies of our State.
That task is being carried out in a perfidious manner, from
the inside, seeking to pit as many people as possible against
each other. But through direct and brutal pressures sacking
and humiliating people, the party officials are often
pressured into leaving the party.
At the same time, there is an absurd all those that defended
the country and were in the country during the war, are now
labeled as enemies, while those who fled, supported the
bombing campaign and cooperated with the aggressors, are
now playing the part of patriots and saviors of the country.
Thieves are saying that honest people are thieves.
These difficult times require that all those who may take
responsibility do so. That is why the SPS has to reinforce its
unity and reaffirm itself as a major factor in the defense of
the State and national interests.
Therefore, the SPS has nothing more important to do than
close its ranks in defending this program, in defending the
interests of citizens and the people. This is a task that this
Congress has to perform.
At the Fourth Congress, we concluded that the country was
threatened. Our primary task concerned the unity and the
need to mobilize "all patriotic parties and people". I also
emphasize "in this time this is a priority task for this
country". It was also assessed then that:
"Now the country is defending itself from the evil that is
hovering above and we should have the left and the right join
forces, believers and atheists, highly educated and those
who are not, the old and the young, those that did not get
along and spoke to each other, those who think that they
have forever and for better parted their ways. They all have
one thing in common the love of their country. And they feel
an obligation to defend it from becoming a colony where
foreign armies will march in, whose economy will be in the
function of development of other countries development,
whose culture will be done away with, whose past will be
wiped out and whose leaders will be bribed or blackmailed
swindlers that every nation has even when the going is good,
particularly so when the going gets tough".
The idea of the Government of national unity was
successfully realized for entire seven years.
The tragic fault of the entire patriotic block which is the main
cause for the current crisis was its inability to preserve the
unity.
The lack of unity within the patriotic block, which
successfully cooperated in the Government of the national
unity for years, was brought about only partially due to
narrow-mindedness of our party leadership, to a lesser
extent and to a more extent due to immoderate demands of
the Radical Party. In any case, the weakness of the patriotic
block expressed through its inability to preserve the unity,
was the main cause. And then the pressures exerted on the
party only to look for its negative traits, even when there are
none, and it surely has less of those than all the others.
Speaking of narrow-mindedness, as our weakness that came
to the fore before the elections, I would like to say that this is
the weakness that we did not manage to get rid of either in
the preparations for this extraordinary Congress. Due to that
weakness, our list for the party leadership does not include
young people, farmers or women to the extent it is necessary
in the SPS, despite our statutory norms.
Comrades,
Only nine months ago, we held the regular Fourth Congress
of our party. We advanced a concept of further development
of our society on the whole, as well as in certain fields,
particularly in the economy. Our party prepared well for a
Congress conceived in such way, because we wanted to
confront the party and the widest public with responses that
related to the perspectives of the society, which almost for a
decade faced huge outside pressures and coped with many
internal difficulties and the consequences of such pressures.
And then, only a few months before the Congress, the war
NATO fought against Yugoslavia, mostly in the territory of
Serbia, ended.
In view of all of that, the Socialist Party of Serbia took as its
task at the Congress to confront all citizens, the entire
people, with the responses related to freedom,
independence, economic development, social stability,
international cooperation, situation in the region, our future,
and partially the future in general.
Now, the same as then, I consider that the Congress was an
invaluable contribution to the future of our country, and
above all that it provided the answers that concerned other
countries and peoples with which we enter the 21st century.
These are not merely my assessments or the assessments of
our party at the Fourth Congress of the Socialist Party of
Serbia. Similar or identical assessments were made by many
prominent international politicians and guests who attended
the Congress and there were, as you know, the
representatives from more than 100 parties from all over the
world. Positive assessments of the Congress could be found
in many international media, months later.
We have been, for many reasons, convinced that despite the
difficulties that continued, primarily in the form of outside
pressures, we are entering a period of renewal, reforms and
development, hopeful that we shall find a common language
with the international community, primarily with those
democratic, progressive and human factors in the
international community and start to shake off the pressure,
blackmail and threats which for a decade have made our life
difficult and tied our hands in terms of development,
prosperity above all.
Immediately after the war, with great enthusiasm and great
achievements we entered a period of the reconstruction of
the country, rebuilding all that was destroyed in the war and
we almost completed the reconstruction before the elections
took place in September. Our public responded well to the
reconstruction and its achievements, the international public
followed it and where it commented it, the comments were
very positive. How else could one comment a quick,
successful and self-reliant reconstruction of the country
ravaged by the war, without outside assistance and war
reparations.
At the federal elections held in September, the Socialist
Party of Serbia and its coalition partners Yugoslav Left
(JUL) and Socialist Peoples Party of Montenegro (SNP), could
have won majority in Parliament. But, without its coalition
partners, it could not win the majority in Parliament and it did
not enter the Federal Government. It was the will of the SNP
of Montenegro. In doing so, at the level of the Federal State,
the Socialist Party of Serbia found itself in the role of
opposition party. Among other things, we are having this
Congress in order to prepare for the role of an opposition
party in the Federal State and to assess the situation in the
Federal State where we are opposition. But also to
consolidate our party on the eve of the elections in Serbia.
The party that has for ten years been a ruling one, cannot
possibly overnight, be it alone or with other parties, at the
level of the Federal State or at the republican level, quickly
and easily switch from the ruling to the opposition party.
Many parties in the world, particularly in Europe following a
long or longer periods of rule had to adapt to the role of
opposition. In this period, they usually lose members, but
sometimes their old members returned after a while, there
were tensions in the leadership which manifested through
seeking justified or often unjustified responsibility, the
changed or only considered that they had to change
something, anything program, name, leadership, structure
of organization, approach to media, symbols ... believing that
these changes would heal the wounds that the party suffered
assuming the role of the opposition.
The countries with longer multi-party traditions have gained
all these experiences long ago. They have not been followed
attentively in our party, although I think that they have not
been followed in other parties and our society on the whole,
because since the Second World War until 1990, we lived in a
different, one-party system. Now we need to learn about the
experience of other parties in the world which faced a similar
situation and take advantage of them to the extent they are
good for us.
By all accounts, in such circumstances, the major tasks of
any party
include establishing its identity, preserving its current
identity but changing it somewhat or much, but insistence on
the partys identity is its major task. I think that in this
respect, our party should maintain the concept of the
development of society it embraced at its Fourth Congress in
February, and to be an opposition from the point of view of
that concept, to all that is taking place in the Yugoslav
society now, to the extent it is contrary to our perception of
the interests of the Yugoslav society.
As at the previous Congress, we shall continue to advocate
the Federal Republic of Yugoslavia as a common State of two
equal republics Serbia and Montenegro. We shall therefore
be against the so-called "community" of Serbia and
Montenegro, as a state solution for these two republics.
As at the previous Congress, we shall advocate our positions
on Kosovo, firmly believing that they are principled, genuine
and just.
Of all the wounds we suffered, Kosovo is the most serious.
The former Yugoslavia started to die in Kosovo. Perhaps, in
the beginning of 1980s, maybe 1970s or even 1960s, but
surely in Kosovo.
Its independence and secession, fuelling of hatred between
the Serb and Albanian people, ill-intentioned attempts at
domination of one over the other, outside financial support,
outside Yugoslavia, to trigger mutual conflicts this is how
the former Yugoslavia entered a tragic crisis.
But the same Kosovo story is the greatest wound of the
present-day Yugoslavia. Outside factors did all they can so
that the wound may never heal. These efforts resulted in fear
that all living in Kosovo had to endure for years Serbs and
Albanians alike, in poverty engulfing all in Kosovo Serbs
and Albanians, in bombing that was killing all in Kosovo
Serbs and Albanians, in evil hovering over the heads of all
children Serb and Albanian.
One part of the international community blamed the Serbs
and the authorities in Serbia for the alleged genocide against
the Albanians. However, it is thanks to them, to that part of
the international community, that genocide was committed
against the Serbs. They have left Kosovo for most part. They
are walking, as greatest European destitute, along the
periphery of the territory where until recently their houses
used to be and still are, the territory that used to be their
native land and their centuries' old homeland. Those that
remained, became the greatest martyrs and the greatest
heroes of this century, and at this moment perhaps the
greatest martyrs and greatest heroes in the entire world. In
any case, the greatest patriots of all.
For more than a decade, the authorities in Serbia invested
outstanding efforts to prove to the world, angry and
unbelieving, that Kosovo is a part of Serbia. For themselves,
it does not even have to be neither holy or the most
important part. But we, the Serbs, have every right to see it
like that if that is the case. It is up to us and no one else. The
French have the Notre Dame and the Arch of Triumph, the
Russians have the Kremlin and the Battle of Borodin, the
Americans have their Empire State building, the Greeks have
Acropolis and the Serbs have Gracanica, Gazimestan and the
Patriarchate of Pec.
That is why the violence against Kosovo is violence against
Serbia. Violence against the Serbs from Kosovo is violence
against all Serbs. All the Serbs know that - even those that
have been paid to forget. They know it when they return
home, when they are by themselves and no one is watching.
But the Albanians in Kosovo, even those that currently enjoy
the support of some powers which resulted in the Serbs
being expelled from Kosovo, not even them are living a happy
life. Even those that are filled with hatred and violence
cannot possibly choose to live with that hatred and violence.
Particularly when that choice was not a result of their own
will and emotions but for foreign interests. These interests
use Albanians as an instrument to break-up yet another
country and occupy yet another territory.
SPS is advocating a free Kosovo in free Serbia, a free Serbia
in free Yugoslavia, free Yugoslavia in free Balkans, where all
Balkan countries and their people should live in peace. SPS
is advocating freedom for each country and all people in the
world.
If such political platform is undemocratic and inhuman, than
the membership of this party seeks that a text of democratic
and human platform be read.
Comrades,
I dwelled on the issue of Kosovo and Metohija since I felt that
the dramatic situation in Kosovo required that.
Now, let me continue to explain the SPS platform and the
policies that it should lead on the basis of this platform in the
current circumstances.
Therefore, as at the previous Congress will shall advocate
the independence of Yugoslavia since that was a historical
principle in line with which the people of Serbia and
Montenegro functioned throughout their entire history. We
shall also advocate the sovereignty of the Federal Republic
of Yugoslavia, not questioning the need to cooperate in all
fields (economic, cultural, scientific, technological, political)
with the entire world, with all countries, with all people on
the basis of equality. The preservation of the sovereignty of
one country and its cooperation with other countries are
really possible only if among those countries there exist the
relations of equality and basic mutual trust. That is why the
Socialist Party of Serbia will be against those political,
economic, national, cultural, technological and other
concessions that the authorities of the FRY will make under
the pretext of cooperation with the world, to the detriment of
independence and sovereignty of the country.
When those concessions are made (which is already the
case), they are impossible to see immediately, i.e. it is not
possible to see that these are concessions, and that
interests of the State and its citizens are at stake. Facing the
consequences of these concessions is something that
comes later, often when it is difficult to remove the
consequences.
The Socialist Party of Serbia has been warning to that for an
entire decade. The composition of the Federal Government
has prevented the SPS from protecting the State and its
citizens from the position of power from dangers posed to
their livelihood, in the wake of these concessions. But as an
opposition party in Yugoslavia it will do all it can so that the
broad public, the entire people be warned on the dangers to
its survival, particularly for sound and successful
development of society in case this practice of limiting the
sovereignty and questioning the independence of the
country be continued.
As was the case at the previous Congress, the Socialist Party
of Serbia will advocate economic development in line with
the principles of market economy and diversity of ownership
relations which combined will provide for a better standard of
the society and citizens. We do not have a problem with
private ownership. But we do have a problem with all those
forms of ownership that are manifested as depletion of
national and individual assets, as give-away of the State and
material and moral degradation of citizens that acquired their
property for a long time and legally. At this moment, this
process of (alleged) ownership transformation threatens to
turn into something that the Socialist Party of Serbia feared
might happen and what it warned might happen - selling of
the State and social property at give-away prices to foreign
and domestic buyers, foreign investments of dubious
character without a possibility to control and assess to what
extent are those investments in the national interest or
perhaps contrary to it.
Hence the first consequences of the policies pursued in this
field by a new Government such as huge price increases,
particularly of basic staples, food, shortage of electricity
(which we had even in the most difficult period of the
sanctions and the war when during night the were bombs
dropped on electricity supply systems, but tomorrow, we had
enough power supply in the entire territory of the Republic as
well as during the entire time after the war until the moment
when these affairs fell into the hands of new authorities),
increases in the price of electricity, increases in the price of
medicines making them unavailable to a great number of
sick people, great and sudden unemployment. In short, the
fall of living standards.
In that respect, unemployment is not only a consequence of
wrongful economic policies, but it also has a political
dimension. A large number of people was sacked exclusively
on political grounds. In the 21st century in Europe it should
be inadmissible that the authorities professionally degrade
people of different political views. Sacking people with
different political views is a practice linked to the darkest
experiences of terror against people in the 20th century.
However, speaking of violence, it is not manifested only
through sacking and professional and human degradation at
workplace, but it is manifested as violent physical removal of
people from executive positions to which they were
appointed by Governments, assemblies, or where they were
elected by managing boards; the property of people of
different political views is seized as well as that of parties
and lastly, this also included physical violence towards
people who hold different political views.
At first glance it may look unnecessary, but it is essentially
necessary to emphasize that the Socialist Party throughout
all these ten long and difficult years fraught with all the evils
in this world, hovering above our small country and small
people, managed to preserve not only the country, and
ensure a relatively decent life for its citizens, but also
managed to ensure the functioning of all institutions on
which the State relies, guaranteeing citizens personal and
property security. Today, the functioning of these institutions
is threatened. They are in the hands of the forces that do not
recognize the Constitution, laws and often not even
elementary moral norms. Hundreds of directors, university
deans, rectors, directors of hospitals, presidents of managing
boards are thrown out from their offices and sacked from
their positions to which they were appointed by assemblies
and governments, under the threat of various groups or
sufficiently angry people in the face of which legally elected
or legally appointed people had to give way - to take a sick
leave, without being sick, early retirement, or to take a
holiday they do not need or even become really sick... Most
of these people are prominent experts, honorable citizens,
often with long professional and life experience.
Committed to the democratic functioning of the State and
democratic society, the Socialist Party of Serbia not only
expresses it deep concern for the fate of its beliefs, but
expresses its most profound concern for the respect of
fundamental human and civil rights in conditions when such
rights are not protected by the competent institutions, but
unidentified force will do all it can to suspend those
institutions.
As at the Fourth Congress, the Socialist Party of Serbia
remains committed to a multi-party system and free
expression of different political views. Moreover, the SPS has
initiated the introduction of a multi-party system in Serbia. In
that sense, SPS shall oppose the practice that at the current
moment threatens to start its unusual, awkward life - to ban
and discriminate against the political parties that are
opposition just for being opposition. In all its documents,
particularly from the Fourth Congress, SPS
emphasized the need for a free, true and responsible
management of the media. The Socialist Party of Serbia
waged a long-term war with the media financed from abroad,
whose task was to misinform the citizens of Serbia and
Yugoslavia, to demoralize them, to discredit them and falsely
accuse all for whom they assess are not sufficiently loyal to
the interests outside Yugoslavia to limit the country's
sovereignty. Consistently committed to such position until
the present day, the Socialist Party of Serbia has to express
its deepest concern with the fate of the society in which the
media exclude different opinions and advocate only one
opinion. Even if that one and only opinion were an expression
of an absolute domination of a political party in the
Assembly, the media which care about the principles of truth,
freedom and responsibility, should not deprive their public of
different opinions, even if they belonged to small parties,
non-parliamentary parties or even individual political and
intellectual views of the realities and future developments.
So, when I said that one of the most important tasks of our
party at the present time was to establish its identity, I
thought, let me repeat, that SPS should remain committed to
all those values its has been committed to since its very
inception, throughout this turbulent decade - freedom,
independence, economic prosperity, free cultural
development, constant improvement of standards,
integration with the rest of the world, cooperation on an
equal footing with all nations and peoples. SPS should also
remain committed to the vision of the development of society
advanced at the Fourth Congress. In addition, it should add
to its identity an obligation of critical evaluation of the
reality, in an analytical, principled, public and argumented
manner, the reality that is contrary to, today even absolutely
contrary to the commitments of SPS and the documents from
the party's Fourth Congress.
The second task of the SPS in the present circumstances is
not only the preservation of the party network, but expansion
of its structure and of course, an accurate evaluation of its
membership. After the announcement of election results, as
well as after setting up majority in the Assembly contrary to
pre-election campaign promises, after setting up the Federal
Government with one leftist party and one coalition of 18
political groupings of different political affiliations, the
membership of the Socialist Party of Serbia reacted painfully,
and there was even some commotion, justified confusion,
disappointment ... This is all a normal reaction from political
and human aspect. I think that the initial thrust of such
reactions is over and that the membership in all local and
municipal organizations for most part gathered around their
program and their obligations under the program, preparing
themselves for the republican elections scheduled a year
ahead causing justified surprise of its membership and
probably justified discontent of the membership. Of course,
now that the elections were called, the SPS has to prepare
for them. In conditions of the media blockade this will be
difficult. However, even if there were no elections, our party
has a second great and important obligation - to consolidate
the membership and activate and expand the network with a
view to presenting the reality as it is and for the umpteenth
time in a new and old and any way, say where the reality is
leading the society and the citizens. If it is not to be
changed.
As for its membership, some its members are
leaving the party, in the first place from
the
leadership ranks. We should not of course,
mourn them. It is now obvious that they
joined
the party because it was in power and that they stayed there
while it was in power. For the first time when it is not, they
are leaving. If only they were to do so quietly, as profiteering
cowards... However, they are leaving it with a lot of noise,
demonstrating that their departure from the party in whose
leadership they were is also a departure from the policies to
which they paid lip service until a month ago and it is still
ringing in the ears of those who listened them on dozens of
TV and radio stations. But not only words. They advocated
the policies with which they now part with in deeds as well,
before the very eyes of all SPS members and all citizens,
because they did not take place three decades ago but three
months ago. In turbulently parting ways with our party they
are just buying a ticket for a new midst where they expect
some profit, first of all material, then in terms of status and
privileges and perhaps protection of assets they illegally and
unlawfully seized.
The current analysis of political situation in the country will
not be faced with a difficult task if they should seek to
identify the radical changes that the political elite in this
country has gone through in this country. A decade ago, it
was not the easiest job to find documents indicating who
was a member of the Crown Council from 1992 and
euphorically wrote on socialist self-management as a
necessary outcome in 1976. Such research efforts should
now be very easy to undertake. In the course of one autumn
alone, the same persons spoke volumes of the resistance to
NATO aggression, while only a few days after the coup they
supported European social-democracy whose governments,
as is well-known, took part in NATO aggression. Not to
mention those fierce national freedom-fighters of the Serbian
people from early 1990s who now renounce their
participation in that struggle, claiming that this national story
is overtaken and now they see themselves as citizens of
Europe.
Difficult times exist, among other things, so that a man may
prove his worth - whether in difficult times he will remain with
those with whom he was when the going was good or will
they now join others so that they may again have a good and
prosperous time. In politics, the same as in life, there are
people who are ready to always move to places where it is
nice and sunny, particularly where the authorities are. But in
life, the same as in politics, there are others who see that
and should speak about that, not on account of those who
move towards the authorities but for the authorities
themselves. Because all authorities wishing well to its
people, have to beware of the candidates who want to be
peoples representatives, who present themselves as
candidates for any authorities, those who are essentially
interested only in representing themselves.
I am appealing the delegates of this Congress, to all
members of SPS, to all those that can hear or read my words:
the interest of our country is to be free, independent,
developed and integrated with the rest of the world. The
interest of our citizens is to live in peace and freedom, not
fearing for their life and property, so that all of them can work
and live well and better from their work, to respect their
history and have a better future.
The Socialist Party of Serbia has a task - to protect,
represent and realize such interests of the country and its
people.
It is therefore not important how big it will be but what it will
look like. The greatest party is the best party.
The Socialist Party of Serbia used to be that for ten years,
may it continue to be like that in the future.
Copyright © 1997-2000SPS
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Serbian Minister of Science Speaks out:
An Interview with Bane Ivkovic
www.tenc.net
[Emperor's Clothes]
Bane Ivkovic is Serbian Minister of Science and Technology. He was
forced
from this position after the Oct. 5 coup d'etat.
Mr. Ivkovic had been in charge of the highly successful program of
rebuilding
bridges, factories and homes destroyed by the NATO bombing.
We interviewed Mr. Ivkovic at the end of October and again in early
November.
This is the first interview. The interviewer is Jared Israel, editor of
www.tenc.net
Interview with Bane Ivkovic
Israel: I understand you were in charge of reconstruction after the
bombing.
Ivkovic: Yes. For four years I had been Serbian Minister of Construction
and
then starting in 1998 I was Minister for Science and Technology. During
the
bombing I organized a special group to help the 130,000 workers left
jobless
by NATO bombing their factories. We wanted to do more than just rebuild;
we
tried at the same time to restructure our economy, to increase the
number of
small and medium enterprises. We were able to set up 1050 such
businesses.
This created 33,000 new jobs.
Israel: Private or public sector?
Ivkovic: Mainly private. The Ministry developed relations between the
[scientific and technical] Institutes and these displaced workers. We
collected 2900 plans for small and medium businesses, programs to
produce
goods using Serbian resources instead of importing these products. To
finance
these new businesses, after the bombing we collected money by asking
everyone
with a job to give one or two day's pay and using this as well as money
from
the Serbian government we offered the displaced workers five year loans
at
excellent rates so they could set up their own production facilities.
Israel: So these businesses were privately owned by groups of employees?
Ivkovic: Yes. Up until then we had relatively few small and medium
enterprises. We wanted to strengthen the small business sector,
especially in
the villages. It's our opinion that these small, profitable businesses
are
the way to stop the flow of young people to the towns.
Israel: Just to get clear, these enterprises were privately owned by the
people who worked there?
Ivkovic: Yes.
Israel: Not just by one man?
Ivkovic: No no no by the people. Each unemployed worker could take a
loan for
himself, but several workers could get a collective loan and apply it to
one
business. 50 of them could get 50 times more money.
Israel: So they could start something of some size.
Ivkovic: Yes, but it would be their own. Their own factory. Their own
enterprise.
Israel: You know the Western propaganda says Yugoslavia was run so that
a few
people made a lot of money and everybody else got nothing.
Ivkovic: It's not true. You must understand a couple of things here.
First of
all, there is private business in Serbia, and this is nothing new. After
1945
we had people who owned land in the villages, people who owned private
enterprises. Not so much in the 1940s, 1950s, and 1960s. But in the
1970s and
1980s this became far more common. A lot of these people established
their
own small offices, markets, enterprises and factories and now I think
50% of
our economic life is in the private sector and it's a very profitable
private
sector. These owners are people of varying political viewpoints.
The second thing is, we have been under a United States imposed embargo
for 8
years and during that embargo some people who had previously been
criminals
went into business exporting or importing goods which were under
embargo, and
they made a lot of money. Those people are not the socialist party. We
are a
party of over 500,000 people, mainly ordinary working people. Of course
whenever a party is in power it attracts some opportunists, some who are
there for reasons other than principle; but those people have left us or
are
leaving us now and as for the ones who remain, what possible gain is
there in
it for them?
Foreign investment
Ivkovic: When I was Serbian Minister for Construction I proposed a
Federal
Law On Foreign investment. On the [Serbian] Republican level we have a
concession law and a law for ownership transformation. But then came the
embargo and we couldn't do as much as we wanted at that time.
Israel: So you want foreign investment?
Ivkovic: Yes, why not? In the past I was involved in negotiations with
several very powerful groups of foreign investors about concessions in
road
construction and electric power production. Unfortunately everything
that
happened with Kosovo and Metohija put a halt to those negotiations.
[Kosovo
and Metohija is the Serbian name for what the West calls 'Kosovo.']
Israel: I don't know if you read the piece that Chossudovsky and I wrote
about the IMF and the World Bank and their harmful effects.
Ivkovic: Yes.
Israel: We argued that when the IMF and the World Bank enter a country
it is
subjected to piracy - you know, basically stripped.
Ivkovic: It's a problem for me to express myself in English. The IMF and
the
World Bank have some special propositions which, how shall I say, cover
a
country with a very strong hand. This can put a country in a very bad
position. I prefer that foreign investors come here with their own
money. If
we were covered by the World Bank we would be in chains.
Israel: They're sharks.
Ivkovic: Yes. That is true. That is true. You see Bulgaria and Romania
are
now in a worse position than Yugoslavia. We had sanctions and we were
bombed
yet we are in a better position than Bulgaria and Romania because they
have
been put into IMF chains and now, in addition to being worse off, they
will
also have to repay loans for the next 20 or 30 years. Repay with
interest.
[The interview continued with the addition of a translator.]
Israel: Is it your opinion that the IMF and World Bank should be kept
out of
Yugoslavia?
Ivkovic: Yes. We've been living through hard times. Eight years of
sanctions
plus last year's bombardment made our lives very harsh. The level of
production in our country is 40% of 1990. We're certainly in a need of a
fresh injection of money. To help this situation we passed a Federal law
on
foreign investments and a law covering ownership transformation. And on
the
Republican level, the Republic of Serbia passed a law on foreign
concessions.
There are some related laws regarding taxes and customs regulations.
These
laws are designed to allow foreign investments but at the same time to
make
sure the profit drawn from such investments are reinvested in the
country.
Israel: So it can't be taken out?
Ivkovic: Right. We are by current law [i.e., laws passed before the
October
5th coup] open to foreign investments. We have developed a very
extensive and
detailed plan for utilizing our resources such as energy, roads,
highways,
railways and waterways and also agricultural land for
industrial-agricultural
exploitation. We had all these plans in place but the sanctions and last
year's bombing and destruction hindered our ability to go ahead.
Speaking as a citizen, I am inclined to accept capital or investment
coming
from corporations rather than from the International Monetary Fund and
World
Bank. It is my opinion that both the IMF and the World Bank set up
stringent
rules that bring a country close to colonial status.
Israel: Perhaps that's why they don't like you.
Ivkovic: At this time in particular it would be extremely dangerous for
these
two banks to enter our country. But corporations and other financial
groups
would be more welcome. We and they both would benefit.
We are still a very rich and resourceful country despite all our
difficulties
and ordeals. We have a huge amount of state and public assets that have
not
been privatized. In 1966 we sold Italian and Greek partners 49% of our
telecommunications industry. That brought in one billion 750 million
Deutschmark. About 800 million dollars.
Israel: Isn't that a little low for half your telecommunications
industry?
Ivkovic: Well I would say we did better than the Hungarians who sold
similar
facilities for a much larger portion of ownership and got less.
The electrical energy system and the ownership of electrical energy
assets,
meaning production and distribution, has not been privatized. For
example
consider the thermoelectric power plant called Kolubara. The state
invested
500,000,000 dollars in this plant. It's run on coal. There is room for
another three hundred million dollars investment, open to foreign
capital as
well.
Israel: Would you keep the majority of ownership?
Ivkovic: Look, Jared, this is an interesting deal. The investment would
be OK
if the foreign investors got 100% providing there was a time limit on
foreign
control. It could be five years; it could be ten years. It depends on
the
mutually accepted conditions. So the foreign investors could be given
the
biggest chunk providing their period of control was limited by mutual
agreement.
Regarding the oil industry, in our country, privatization hasn't touched
it
but it's a huge prospect for investments. The same goes for the
exploitation
of railroad traffic. Regarding the development of highway communications
there is great potential for foreign investment considering our
geostrategic
and commercial position in the Balkans, as a connection to the Middle
East.
We developed a privatization law regarding large state run facilities
like
the machine facility in Trstenik which used to manufacture hydraulic
equipment for Boeing. There are so many such valuable assets intact in
Serbia, untouched by privatization, free for very lucrative investments.
We
had that all worked out before the sanctions and aerial destruction
stopped
further progress.
We developed detailed plans that could apportion part of the profit from
these foreign investments into pension and other social funds so it
would be
just. At te same time our plans involve reinvestment of profit within
the
country.
Yugoslavia has a very rich pool, a highly educated working class and
technical class, ready to get to work, to produce.
Israel: If foreigners invest in Yugoslavia, and if in return they get a
facility which previously was socially owned, doesn't the country become
a
colony?
Ivkovic: We have legal restraints to prevent accepting conditions that
would
make us a colony. Foreign investors have to agree to abide by our laws
as
part of any deal.
Our country has around 2 billion dollars frozen in foreign banks as a
result
of the sanctions imposed on us and we would like to get this returned
with
interest accrued. We expect the international community to show
understanding
for our plight and to relieve us from credit and debts to some extent
and
give us some priority in that regard.
Israel: Are you saying you expect that or that in a just situation it
would
happen?
Ivkovic: That has been our request. We would request these concessions
but
I'm personally pretty pessimistic about them doing it.
Israel: When you say you're going to request these concessions, or when
you
say that you have these laws, you beg the question of the political
situation, this semi-coup d'etat.
Let me spell out my own view.
I see President Kostunica as a fundamentally illegal figure who is and
could
only be in power because of international intrigue which created a
subversive
apparatus that committed crimes against people and property. People in
government and business have been intimidated and forced to sign
documents
under pressure, turning state or private property over to what amounts
to
thugs and gangsters, and this has been glorified by the Western media
which
has suddenly discovered that it loves popular revolutions. In the
present
situation to give this interview is an act of heroism. Therefore you are
not
talking about carrying out these measures in the present tense. You are
talking about what the legal government had planned. A plan you would
like to
return to. Is that correct?
Ivkovic: Let us say that in the present circumstances of instability and
turmoil foreign investors may not be much attracted to our country.
Israel: Sharks will be attracted. Sharks like turmoil. It justifies an
iron
hand and you can steal a lot in the midst of confusion.
.Ivkovic: In regard to what you say, the Bulgarian and Romanian examples
are
very educational for our future. I agree that the coup d'etat was well
organized and conducted with the participation of certain parts of the
so-called international community.
Israel: Isn't 'international community' a great euphemism? The United
States,
Germany, Britain and a few hangers-on = the international community. In
'Der
Spiegel' magazine they had this article which reported all of them
boasting
and competing over how much money they gave the 'Yugoslav democratic
process.' Nothing like a well-financed democratic process. Of course the
article said the U.S. government gave, but then it quoted the Germans
saying,
'We gave too!' and then Norway piped in: "Us too, us too!" This was the
Oct.
7 'Der Spiegel'. The article also said that Kostunica was actually
picked to
run for President by U.S. Secretary of State Albright and German Foreign
Minister Fischer at a meeting, I believe it was in December.
You know, Yugoslavia is a beautiful fish and all the sharks want a
chunk. So
even though it politically hurts their various proxies in DOS [the
pro-Western parties that now control the Yugoslav government] and the
civil
society groups and the independent media, even though having these
foreign
powers boast that they funded these guys hurts them, the foreign powers
have
to boast because they all want to stake their claim.
So the sharks say, "We did it!" and meanwhile their local quislings say
"No
no, we're independent! We resent your help!" And then the sharks say
"Yes!
You're right! You're independent! We don't even like you because you are
extremely nationalistic!" You see?
Ivkovic: [Laughs] I see everything. Each is striving each to get a head
of
the others. They made such a grave mistake. They boasted that they
planned
the details of this coup d'etat five or six months before it took place
which
means of course that the coup had nothing to do with the outcome of the
Presidential elections.
Factors Leading up to the Coup
Ivkovic: Unfortunately, the proper authorities did not counter this
vicious
plan. We know that Mr. Montgomery, the US envoy in Budapest, provided an
immense pool of money for the coup. Money flowed in like water. But
these
illegal activities were not properly dealt with.
There are two more things I must say. The Socialist Party made some
mistakes
in the election campaign. Apart from that and the unprecedented external
interference, the economic sanctions and the NATO bombardment had a big
effect. They caused the standard of living to drop considerably and at
the
same time, because of the bombardment we had to apportion much of the
budget,
which otherwise would have gone for salaries for teachers, professors
and
other social employees, into rebuilding bridges, roads and
infrastructure
which the bombing destroyed, as well as building housing and setting up
businesses. This created a lot of dissatisfaction. The diversion of
resources, amidst harsh circumstances, was cunningly exploited by the
DOS
people leading up to and during the election, providing a social basis
for
carrying out the coup d'etat.
Political Situation Since the Coup
Ivkovic: The elections were Federal [Yugoslav] but the coup d'etat
affected
the Republican structure as well.
Israel: How?
Ivkovic: The opposition commandos forced their way into offices and
production facilities or government facilities in a systematic way,
kicked
out the tenants or official employees and replaced them with their own.
And
the Interior Ministry authorities did not interfere..
Israel: Is that terror still going on?
Ivkovic: Because of all these circumstances we had to compromise our
position
and accept DOS as a part of the administration. They filled up some
departments they'd never been in before. But we insisted that they agree
to
return all the kicked-out officials to their positions again, to restore
the
condition of legality and order we had before.
Israel: Has that happened?
Ivkovic: This is on the promise level now.
Israel: Who made the promise and what did the Socialist Party give in
exchange?
Ivkovic: The agreement was signed by Kostunica for DOS, by the President
of
the Republic of Serbia, Milutinovic, from the Socialist Party and by the
Serbian Renewal Party. The Socialists let DOS into Serbian government
positions and in exchange DOS promised to restore order and return all
those
who had been kicked out to their positions.
Israel: Have they been returned?
Ivkovic: Well there have been no returns but they did stop some of the
harassment. It's amazing how they persecute. They have developed an
atmosphere of suspicion, spying, investigation. Everybody is suspicious,
everyone is investigating everyone else. The most critical problem is
the
media outlets. It's much worse than what they claimed when the Socialist
Party was in power. I think many journalists will be kicked out and left
jobless.
Effects on the Press
In the past we could buy Politika and Politika Ekspres, two major
Belgrade
papers pulling to the Left. At the same time we could purchase Glas,
which
means Voice, and Blic, both on the Right, and we used to buy Novosti,
'Evening News' in the Center. So everybody had a chance to find the
truth.
Now journalists will be jobless because we have just one paper: all
papers
publish the same stories, written the same. You can switch 20 TV
channels and
you just see DOS.
I watch only TV ANEM and listen to radio B2-92. It used to be the most
fierce
opposition voice; to be honest they are still in opposition; they are
the
only station I can go and talk on. Also the other radio, student radio,
called INDEX.
Israel: That's wacky. B2-92 is funded by the U.S.
Ivkovic: That's right. But now they are the only outlet for the truth.
Israel: Unbelievable.
Ivkovic: On the TV station ANEM the journalists seem somewhat
independent.
Israel: But that was funded by the National Endowment for Democracy.
Ivkovic: Yes yes yes. Jared, imagine what the other TV outlets are like
when
these two are considered the most open to different views.
Israel: Sounds like the U.S.
Ivkovic: [Laughs.]
Jared: Here's my concern. In terms of this agreement that Milutinovic
has
signed, this DOS promise to restore law and order, I am afraid that DOS'
masters, the US and Germany, want the job finished. The big problem the
pro-U.S. and pro-German forces have is they didn't succeed in turning
the
army. Now they want to get into a position where they can take more
extreme
action.
Ivkovic: Yes that's also my major concern: how the army will position
itself.
In our country an open market is the place where all the politics are
loudly
and openly expressed but now the market is silent - no whisper - people
are
very depressed - they move from one channel on the radio and TV to
another
and they see the same exact news presented in the same way and now it is
dawning on them where they have arrived.
We have agreed to elections for the Serbian Parliament, for December
23rd.
Israel: Won't those elections take place in a situation where the
parties
opposed to Kostunica have no media?
Ivkovic: That is quite correct. And these elections were initiated under
heavy pressure. We have no media access. Holding these elections a year
earlier than required was agreed to under pressure. Following the coup
d'etat
pressure was brought to bear on the Republican level regarding
Parliament and
the Serbian government.
Israel: So all the anti-DOS parties, the Socialist Party, the
nationalists,
the Radical Party and others - all their media is gone?
Ivkovic: They are allowed one hour a day. DOS seized all TV and radio
outlets
with armed units. There are only a few left untouched, a few newspapers,
a
few TV and radio stations in the interior.
Israel: But they haven't seized control of the Army by force. Is that
correct?
Ivkovic: There have been no changes in the Army ranks so far.
Israel: Aren't there laws in Yugoslavia that make it illegal for foreign
agents like Djindjic to take money from foreign countries and distribute
it
to over-throw the government?
Ivkovic: Of course. It's all punishable under the law.
Israel: In other words since the so-called civil society groups like the
Committee for Free and Fair Elections, the G-17 so called economists,
the
Women in Black, you know Vesna Pesic and the others, the Civic Union
gang,
this Mayor Ilic from Cacak - on the internet a researcher found news
articles
where he is described as meeting with U.S. Special Balkans Robert
Gelbard
seven times - when you have all these groups funded and organized and
trained
by the U.S. and Germany with massive foreign bribes, why were these
foreign
agents permitted to operate? Is there any country in the world where
such
people would not have been jailed?
Ivkovic: Jared, I agree this is a very strange situation. Why some
people in
the Ministry of the Interior did not do the job, as required by the law,
remains to be investigated.
***
Further reading
Concerning the terror directed against socialists and nationalists since
the
Oct. 5 coup, please see:
* 'On the list, they had me marked as a nationalist' at
http://emperors-clothes.com/interviews/onthelist.htm
Interview conducted the day before the Oct. 5 coup.
* 'These Djindjic people are brown shirts' at
http://emperors-clothes.com/interviews/djindjic.htm
An interview conducted after the Oct. 5 coup.
* 'Reign of Terror in Serbia', at
http://emperors-clothes.com/news/attack.htm
Statement of Serbian Socialist Party on nationwide attack on their
offices.
For more on the general situation in Yugoslavia now, see:
Concerning the U.S. creation of a subversive apparatus in Yugoslavia,
see
'U.S. Arrogance and Yugoslav Elections' at
http://emperors-clothes.com/engl.htm
For more on what's been happening in Yugoslavia now, see:
* 'Djindjic Calls for Complete Yugoslav Submission to U.S.' at
http://emperors-clothes.com/news/submit.htm
Discusses the consequences of turning Yugoslavia into a U.S.
protectorate
* 'The International Monetary Fund And The Yugoslav Elections' at
http://emperors-clothes.com/analysis/1.htm
On the G-17 group of economists and what they have planned for
Yugoslavia.
* 'Kostunica Coalition Drives Up Prices & Blames...Milosevic' at
http://emperors-clothes.com/articles/chuss/triples.htm
***
We may be free but we ain't cheap...
Emperor's Clothes is free, meaning we don't charge a subscription fee.
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La Camera delle Repubbliche della RFJ ha rigettato a maggioranza la
mozione
della destra nazional-liberista D.O.S. che chiedeva la abolizione della
festa della
Repubblica (Dan Republike) del 29 novembre. La destra anticomunista ed
antijugoslava del DOS, abolendo la ricorrenza ufficiale, intendeva
marcare un ulteriore elemento di discontinuita' con la esperienza della
Repubblica Federativa e Socialista di Jugoslavia, la cui fondazione era
avvenuta proprio il 29 novembre del 1943, nel pieno della Guerra di
Liberazione partigiana.
YUGOSLAV PARLIAMENT OPENED SESSION
BELGRADE, November 28 (Tanjug) Both chambers of the Yugoslav
federal parliament convened in separate sessions in Belgrade on Tuesday
and
are in the process of approving the agenda.
Parliament should vote to approve a new governor of the
National
Bank of Yugoslavia (central bank), with Mladjan Dinkic of the Democratic
Opposition of Serbia (DOS) bloc slated for the job.
The Chamber of Republics (upper house) has blocked the DOS
motion
for voting on an amendment to the law on national holidays so that
Republic
Day should no longer be celebrated on November 29, as a relic of the now
defunct sixrepublic Yugoslav federation.
The Chamber of Citizens (lower house) has approved a report by
the
Credential Commission and verified the mandate of Vera Djurovic from the
Socialist Party of Serbia (SPS)Yugoslav Left (JUL) coalition.
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