Informazione
Giacomo Scotti
Scotti, sulla base di documentazione, frutto di una lunga ricerca svolta negli archivi jugoslavi e italiani, può affermare che già prima dell'8 settembre più di mille italiani disertarono dalle file dell'esercito di occupazione in Jugoslavia e passarono volontariamente nelle file della Resistenza jugoslava unendosi all’armata dei partigiani di Tito, o si “macchiarono” di altre forme di disobbedienza, di “obiezione di coscienza”, di scarsa partecipazione alle operazioni antiguerriglia, di dissociazione dalle truci azioni repressive. Furono essi, in ordine di tempo, i primi partigiani italiani, espressione del legame che si sarebbe sviluppato poi tra le due resistenze e l'altra faccia di quella stessa lotta combattuta con estrema brutalità dai fascisti italiani.
Infine, come momento politico e organizzativo che saprà opporre queste due facce antitetiche in modo da farne scaturire un confronto risolutore, l’opera svolta dai due partiti comunisti: quello jugoslavo già forza “di governo” e salda guida della lotta popolare; e quello italiano, fratello minore che gli crescerà accanto in modo diverso, fra contrasti difficilmente sanabili.
Giacomo Scotti (Saviano 1928), stabilitosi nel 1947 in Jugoslavia, cominciò a lavorare a Fiume nella redazione del quotidiano «La Voce del Popolo», dove ha svolto per alcuni decenni la sua attività giornalistica. Dal 1982 si muove fra l’Italia e Balcani.
Ha pubblicato numerose opere riguardanti la lotta antifascista e di liberazione jugoslava, tra cui: Quelli della montagna (in collab. con R. Giacuzzo, 1972); Il battaglione degli “straccioni” (1974), Ventimila Caduti (1970); “Rossa una stella” (con L. Giuricin, 1976); I “disertori” (1980); Gli alpini dell’Intra in Jugoslavia (1984); Juris,juris! All’attacco (1984); Le aquile delle montagne nere (con L. Viazzi, 1987); L’inutile vittoria (con L. Viazzi, 1989) e numerosi altri, fino al 2009. Egli è inoltre studioso delle letterature macedone, bosniaco-erzegovese e croata. Per le sue opere ha ricevuto vari premi in Jugoslavia e in Italia, per la diffusione della letteratura italiana all’estero.
di Giacomo Scotti
Facciamo un lungo salto indietro, al giorno della resa del nostro esercito, l'8 settembre 1943. È un episodio accaduto nel Montenegro, alla 37a Compagnia del battaglione «Intra» (divisione «Taurinense» alpina), comandata dal capitano Pietro Zavattaro Ardizzi. La compagnia era impegnata da parecchi giorni in un'operazione di rastrellamento in alta montagna quando, la mattina dell'8 settembre, attaccò il solitario villaggio di Crna Gora, strenuamente difeso dai pochi abitanti. La notte precedente, in tutti i casolari investiti dal «rastrellamento», s'erano levati i fuochi degli incendi rituali: bruciarono capanne e pagliai, perché le case di pietra erano state già distrutte nel maggio precedente. Sempre dai nostri soldati, divisione «Ferrara», che compirono una delle più spaventose stragi e innumerevoli atti di ferocia.
La strage di Zupa
Li racconta lo storico montenegrino Radislav Marojevi nel volume «Z upa Niksi Ka » (La Zupa di Niksi, Niksi, 1985), presentando un'abbondante documentazione. Dunque, nel quadro delle operazioni del maggio 1943, alcuni reparti della divisione «Ferrara» e un battaglione tedesco di SS penetrarono in Valle Zupa di Niksi il 28 maggio, rimanendovi anche il 29 senza incontrare un solo partigiano. Ma in quei due giorni avvenne l'inferno. Le poche famiglie che, disubbidendo alle direttive dei comandi partigiani in ritirata, avevano voluto restare, in attesa fiduciosa del ritorno delle truppe italiane, furono vittime di violenze inenarrabili: uomini fucilati, donne ed anziani gettati vivi nel fuco delle loro case date alle fiamme, fanciulle violentate e poi massacrate. Il bilancio fu di 90 persone uccise, 680 case incendiate, chiese saccheggiate. I soldati commisero tali e tanti atti di ferocia che tuttora nei villaggi della Zupa, per significare una strage, si usa dire «il Ventinove maggio». All'alba dell'8 settembre, dunque, gli italiani erano tornati, attaccando col battaglione «Intra»: ad eccezione di poche case, tutto fu distrutto dalle fiamme. L'azione avrebbe dovuto continuare nelle giornate successive e concludersi con la «totale distruzione dei partigiani», allo scopo erano state già rese note ai comandanti di reparti le disposizioni per l'indomani. In serata, invece, arrivò la notizia dell'armistizio. Così non ci furono altri rastrellamenti: chi avrebbe dovuto continuare a rastrellare i partigiani e a bruciare i villaggi dei «comunisti» venne a trovarsi da quel giorno di fronte ai tedeschi.
«Sei il mio terzo figlio»
Quanto al capitano Zavattaro Ardizzi, lo ritroveremo nel maggio 1944 al comando di un reparto partigiano della divisione «Garibaldi» nel villaggio di Crna Gora, quello stesso da lui attaccato e fatto bruciare all'inizio di settembre 1943. Lui e i suoi soldati non più alleati dei tedeschi e dei cetnici, ma partigiani di Tito, braccati dai tedeschi e dai cetnici, cercavano di uscire dalla morsa nemica insieme ai partigiani jugoslavi. Leggiamo una rievocazione dello stesso Zavattaro Ardizzi scritta nel maggio 1977, esattamente un mese prima di morire (col grado di generale d'armata).
«Con il tenente Simonetta raggiungo all'imbrunire del 14 maggio il piccolo villaggio di Crna Gora sulla mulattiera che da Trsa porta a Zabljak attraverso il passo di Stolac. Siamo sfiniti e cerchiamo ricovero nelle case. Gli abitanti non vogliono ospitarci perché comprendono che siamo convalescenti di tifo petecchiale ed hanno terrore del contagio. Leghiamo i cavalli allo steccato che circonda lo spiazza della chiesetta ortodossa e, dopo aver tolto agli animali le coperte che ci servivano da sella, ci stendiamo sul sagrato della chiesa coprendoci con quelle. Intorno il terreno è coperto da chiazze di neve, il sole è ormai scomparso e comincia a far freddo. Crna Gora è sui 1500 metri di altitudine. Dopo poco che sono disteso, mi «sento» fissare: alzo gli occhi e mi trovo circondato da una decina di uomini. Dico loro che quella notte probabilmente moriremo per il gelo in quanto «loro» non ci hanno accolti, sebbene fossimo combattenti per la libertà della loro Patria. Uno degli uomini si china su di me e mi solleva, dicendomi di seguirlo in casa sua. Quando ci troviamo nella piccola casetta, seduti intorno al fuoco, circondati dagli anziani del villaggio che vogliono dagli stranieri notizie, i padroni di casa ci offrono latte caldo. Ad un tratto la moglie del nostro ospite parla sottovoce al marito e questi mi guarda intensamente. Improvvisamente mi apostrofa: Sei tu il capitano che nella scorsa estate comandava gli alpini che hanno attaccato questo villaggio? Era vero, quel capitano ero io, allora in guerra contro i partigiani che appunto erano della zona (...). Replico: Sì, ero io, allora combattevo contro di voi, oggi lotto con voi per la libertà della vostra terra perché così agevolo la libertà della mia. L'uomo tacque pensieroso, poi fra il silenzio di tutti, dice: Quel giorno, capitano, i tuoi uomini hanno ucciso i miei due figli. Io e questa donna siamo rimasti soli. Tu ora combatti per la libertà del mio paese, se il nostro terzo figlio: questa è casa tua» .
Tommaso Di Francesco
«Furono oltre quarantamila gli italiani che, sopravvissuti ai massacri e non cedendo alle intimidazioni di resa da parte dei tedeschi dopo l'8 settembre, si unirono ai partigiani jugoslavi, combattendo in Montenegro e in tutte le altre regioni dando prova di valore e conquistandosi la fiducia, l'affetto dei compagni d'arme e delle popolazioni locali. Ventimila di essi caddero, riscattando con il sangue - non è retorica il dirlo - le infamie dell'aggressione e della repressione fascista». È la promessa, assolutamente mantenuta, dei temi del libro di Giacomo scotti «Bono taliano» (Odradek, pagg. 253, 20 euro) che, sulla base di documentazioni di prima mano dagli archivi sia italiani che jugoslavi, arriva a dimostrare fatti finora inediti alla pubblicistica ufficiale. E cioè che già prima dell'8 settembre 1943 più di mille italiani avevano disertato dalle fila dell'esrcito di occupazione in Jugoslavia e volontariamente erano passati in quelle della Resistenza jugoslava dei partigiani di Tito, oppure disobbedendo agli ordini di rappresaglia e repressione nazifascista. Insomma furono loro, in ordine di tempo, ricorda Giacomo Scotti, i primi partigiani italiani. E insieme a queste scoperte, lo scavo ancora una volta e come non mai necessario, sulla tragedia rappresentata dalle truppe d'occupazione in Jugoslavia. Quella che «Il giorno del ricordo» volutamente «non ricorda». Parliamo delle perdute umane subite dalla Jugoslavia in seguito all'occupazione di tedeschi, italiani, ungheresi e bulgari: furono un milione e e 706 mila morti, pari al 10,8% della popolazione presente nel 1941, dei quali oltre 400.000 nei territori occupati o annessi dagli italiani. In questi territori si ebbe la distruzione del 25% delle abitazioni. nel volume «Il crollo del regno di Jugoslavia» lo storico Velimir Terzic calcolò che le persone uccise, vittime dell'occupazione italiana, furono 437.395. Una cifra che si avvicinava a quella ufficiale presentata dal governo di Belgrado alla conferenza di pace. Ma nessuno dei generali criminali di guerra, Mario Roatta, Mario Robottii, Gastone Gambara, Taddeo Orlando, il governatore del Montenegro Pirzio Biroli e altri 700 responsabili, pagò mai per le fucilazioni di partigiani e i massacri di civili, per gli stupri di massa sulle donne. Anzi no, ricorda Scotti: il tenente delle Camicie nere Luigi Serrentino venne fucilato nel 1947. Ma in occasione della Giornata del Ricordo del 2007, il presidente Napolitano gli assegnò la Medaglia alla memoria come «vittima delle foibe».
Anche le precedenti relazioni di Zastava Trieste / Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus si possono scaricare alla URL:
https://www.cnj.it/solidarieta.htm#nonbombe
===
Da: Non Bombe Ma Solo Caramelle Onlus <gilberto.vlaic @ elettra.trieste.it>Data: 20 maggio 2012 15.59.24 GMT+02.00Oggetto: Da NBMSC ONLUS: i nostri progettiTrieste, 20 maggio 2012
Care amiche, cari amici solidali,
vi mandiamo la prima parte della relazione del viaggio che abbiamo compiuto a Kragujevac per la consegna degli affidi a distanza alla fine di marzo.
Vi preghiamo di scusarci per questo estremo ritardo non dovuto a cattiva volonta’ ma come associazione abbiamo avuto molte scadenze urgenti da risolvere, che ci hanno portato via molto tempo.
A brevissimo manderemo anche la seconda parte, quella che contiene l’analisi della situazione economica della Serbia ed in particolare di Kragujevac; per quanto riguarda la situazione della Fiat Auto Serbia avevamo gia’ inviato una relazione completa il 15 aprile scorso [vedi: https://www.cnj.it/documentazione/EconomiaLavoro/NBMSC2012_FAS_KG.pdf ] ...
2. Cronaca del viaggio; i progetti in corso
Giovedi’ 29 marzo 2012; il viaggio, l’arrivo al Sindacato e il primo incontro per un possibile progetto.
Come sempre partenza da Trieste verso le 8 e 30 del mattino.
Battiamo tutti i nostri record per quanto riguarda la partecipazione al viaggio. Si tratta della delegazione piu’ numerosa degli ultimi anni, infatti siamo in 12: Gianandrea e Lorena da Pordenone, Alessandra, Beatrice e Giandomenico da Conegliano, Claudia, Gilberto, Olga e Vladan da Trieste, Stefano da Fiumicello, Denis e Stefania da Udine. Partiamo usando il solito pulmino che ci presta ormai da tempi immemorabili la Associazione di Solidarieta’ Internazionale Triestina, l’auto di uno di noi mentre Denis e Stefania hanno deciso di affrontare questo lungo viaggio in moto.
Viaggiamo in assoluta tranquillita’ con tempo bello e con passaggi veloci alle varie frontiere; il traffico e’ pressoche’ assente in autostrada (se si eccettuano i dintorni di Lubiana e l’attraversamento di Belgrado) ed e’ ben piu’ scarso del solito; a sud di Zagabria i camion sono quasi inesistenti, a dimostrazione che in queste regioni nel cuore dell’Europa la crisi economica colpisce duramente.
Prima delle 19 finalmente arriviamo a Kragujevac e incontriamo i nostri amici del sindacato nella loro sede. L’atmostera e’ come sempre festosa, ma si sente la tensione dovuta alla liquidazione della Zastava Automobili, avvenuta il 5 gennaio 2011, con la conseguente perdita del posto di lavoro per quasi 1600 lavoratori, tra cui tre delle persone (su cinque) che lavorano per il Sindacato e che si occupano dell’ufficio adozioni.
E’ chiaro che senza di loro la nostra campagna di solidarieta’ in piedi da quasi 13 anni, sarebbe destinata a finire molto presto, tra l’altro in una fase come questa, in cui il modesto ma concreto aiuto che periodicamente portiamo diventa ancor piu’ indispensabile.
Vi ricordo che a questo proposito tutte le associazioni italiane che intervengono a Kragujevac (una decina) hanno deciso di creare un apposito fondo, SENZA toccare il denaro destinato agli affidi, che integra almeno in parte il sussidio di disoccupazione per queste tre persone (Rajka, Dragan e Delko) permettendo quindi di continuare l’attivita’ dell’ufficio.
Prepariamo tutte le buste con gli affidi che saranno consegnati durante l’assemblea pubblica di sabato 19 marzo, organizziamo gli appuntamenti che avremo nei due giorni successivi ed infine consegnamo le tre buste con i contributi per l’ufficio adozioni, per le quali ci viene rilasciata una regolare ricevuta.
A cena abbiamo il primo degli incontri previsti; si tratta del Dr. Ranko Golijanin, Direttore della Clinica Odontoiatrica dell’Ospedale di Kragujevac. E’ un grosso centro sanitario, che serve tutta la regione della Sumadija; ha 170 dipendenti, di cui 60 medici. Svolgono circa 5000 – 6000 interventi al mese.
Abbiamo gia’ sostenuto questo centro alla fine del 2010, fornendo 4 letti ospedalieri (gia’ usati ma in ottimo stato) per la realizzazione di un reparto di Hospital Day per i casi interventi piu’ complessi. I letti ci erano stati regalati dalla Casa di Riposo di San Giorgio di Nogaro.
La formazione professionale di questi medici e’ senz’altro di buon livello, ma la strumentazione su cui possono contare e’ assolutamente obsoleta. Il Dr. Goljanin ci chiede di fare da tramite tra il suo Centro e la ONLUS Cooperazione Odontoiatrica Internazionale, con la quale negli ultimi anni abbiamo realizzato a Kragujevac progetti importanti in campo sanitario sociale, impiantando sei studi dentistici: quattro al Centro Medico della Zastava, uno alla Scuola Politecnica e uno alla Scuola Infermiere; quelli presenti nelle due Scuole funzionano proprio grazie a personale proveniente dal Centro del Dr. Goljanin. Gli obbiettivi della futura collaborazione potrebbero riguardare processi di formazione di giovani medici serbi in Italia e soprattutto la fornitura di attrezzature dentistiche dismesse da ambulatori italiani.
Venerdi’ 30 marzo 2012; verifica dei progetti
Inizia una lunghissima giornata; non abbiamo mai avuto un tale numero di incontri da fare; siamo anche costretti ad annullare una visita al centro 21 ottobre per ragazzi Down, che e’ stato il primo impegantivo progetto che abbiamo realizzato a Kragujevac nel 2005.
La fabbrica DES
Il primo incontro e’ in una officina metalmeccanica, con 85 dipendenti, 50 dei quali sono invalidi psichici o fisici.
E’ una impresa di proprieta’ pubblica, si chiama DES, ed e’ sottoposta alla legislazione sul lavoro nelle officine protette; le mansioni che svolgono i singoli lavoratori dovrebbero essere strettamente relazionate al loro stato di salute.
I locali della fabbrica sono di proprieta’ pubblica (come risulta dalla visura catastale di cui ci e’ stata consegnata copia).
Non hanno una produzione qualificante sulla quale appoggiarsi, hanno una gamma di prodotti piuttosto semplici: tavoli, sedie, scaffalature metalliche, giochi per parchi e asili, prodotti per agricoltura. Lo Stato dovrebbe pagare meta’ degli stipendi (ma non e’ quasi mai regolare), e il resto deve essere trovato attraverso il loro lavoro. Devono stare, come si dice oggi, stare sul mercato.
I loro clienti sono soprattutto aziende pubbliche.
I lavoratori percepiscono i contributi per la pensione e il salario minimo stabilito per legge, che a marzo scorso era di 17900 dinari, mese, piu’ indennita’ mensa e trasporti, per circa 22000 dinari al mese (poco piu’ di 200 euro); inoltre sono in arretrato di cinque mensilita’ dal 2010, per le quali non esiste alcuna soluzione economica prevedibile.
La fabbrica ha tre reparti, in capannoni distinti:
uno di meccanica; benche’ con attrezzature vecchissime, non e’ molto diverso da qualsiasi officina;
uno di trattamenti chimici e uno di verniciatura.
Questi due ultimi reparti sono in condizioni veramente pesanti e molto pericolosi per la salute dei lavoratori.Ne abbiamo parlato con il sindacato Samostalni; il problema e’ ben presente anche alla Medicina del Lavoro della citta’, ma l’unica alternativa adesso potrebbe essere la chiusura della fabbrica.
Chiederemo alle delegazioni sindacali italiane che nel prossimo futuro andranno a Kragujevac di visitare questa fabbrica, per vedere se si riescono a suggerire soluzioni praticabili per un intervento di protezione della salute dei lavoratori.
Per quanto riguarda i pasti i lavoratori si portano qualcosa da casa, ma non hanno una mensa e mangiano direttamente sul posto di lavoro.
Hanno un locale dismesso di circa 50 metri quadrati che vorrebbero attrezzare a sala mensa, con trenta posti a sedere, e ci chiedono di aiutarli acquistando i materiali necessari; il lavoro per la realizzazione sarebbe volontario, ad esclusione dell’intervento di un elettricista per poter avere poi il certificato di conformita’.
Anche i tavoli e le sedie sarebbero realizzati con lavoro volontario in officina.
Il preventivo totale e’ di circa 460.000 dinari, pari a circa 4200 euro. La cifra non e’ ancora perfettamente definita perche’ ci sono due opzioni ancora in discussione.
Alcune delle associazioni italiane che intervengono a Kragujevac hanno gia’ accettato di prendere parte a questo nuovo progetto.
L’appuntamento successivo e’ alla Scuola Primaria Dragisa Mihajlovic, nel quartiere di Male Pcelice (Le Piccole Api); ci ricevono il direttore e tutte le insegnanti
Pressoche’ tutte le scuole in Serbia soffrono di gravi carenze strutturali (pavimenti, bagni, pareti, infissi, impianti elettrici e di riscaldamento) per la totale mancanza di opere di manutenzione significative da decenni. Gli arredi scolastici sono in brutte condizioni quasi dappertutto.
La scuola Dragisa Mihajlovic ha circa 150 alunni su quattro classi con doppi turni mattino-pomeriggio ed una classe di preparatoria (dai 5 ai 6 anni) con 25 bambini.
Ha una superficie di circa 600 metri quadrati. Le aule a disposizione sono sei, di cui quattro per la scuola primaria, una per la classe preparatoria ed una aula informatica attrezzata assai bene, dono di Telekom Serbia.
All’inizio di novembre 2011 la direzione e gli insegnanti della scuola ci avevano fatto pervenire tramite l’ufficio adozioni del Sindacato Samostalni una richiesta di collaborazione per lavori urgenti, che consistevano in:
sostituzione di 4 lavagne; quelle presenti sono fortemente usurate
rifacimento dei pavimenti di tre aule
rifacimento dei bagni
realizzazione dell’impianto di riscaldamento per sostituire le stufe a carbone che esistono nelle varie aule, che sono certamente pericolose non solo per gli scarichi ma anche perche’ sono sistemate molto vicino ai banchi.
L’associazione Mir Sada di Lecco (con la quale collaboriamo da alcuni anni) aveva vistato la scuola a meta’ di novembre e inviato una prima relazione sommaria sulle proprie impressioni.
Impossibile ricostruire l’impianto di riscaldamento, per due motivi: manca un progetto termoidraulico completo e la spesa sarebbe superiore ai 20-25 mila euro, al di la’ delle possibilita’ delle nostre associazioni.
Per quanto riguardava il resto invece l’impressione era che gli interventi sono necessari, benche’ piuttosto onerosi.
Dopo l’arrivo alla fine di novembre di preventivi assai dettagliati (e di decine e decine di foto) e’ risultato che i lavori relativi ai punti 2 e 3 non erano poi cosi’ costosi come si pensava; in totale si tratta di 9920 euro, per la ricostruzione di 180 metri quadrati di pavimenti e dei bagni. Questo e’ dovuto al fatto che il Sindacato acquistera’ direttamente i materiali necessari da grossisti e fara’ eseguire i lavori ad alcuni artigiani (senza passare attraverso una impresa edile) mentre i genitori degli alunni forniranno lavoro volontario per la posa in opera dei pavimenti.
Durante questa nostra visita consegnamo quindi al Sindacato la somma di 7550 euro che provengono dalle varie associazioni che partecipano insieme a noi ai progetti a Kragujevac
ABC Roma 700 euro
ALJ Bologna 500 euro
Ass. Zastava Brescia 2000 euro
Non bombe ma solo Caramelle 4000 euro
Un ponte per... Roma 350 euro
a cui va aggiunta la Associazione Mir Sada di Lecco che si prende in carico l’acquisto delle lavagne per 350 euro.
Come vedete mancano ancora 2370 euro che saranno consegnati a breve, alla fine di maggio.
I lavori sono cominciati due settimane dopo la nostra visita (verso meta’ aprile) e al momento in cui scriviamo questa relazione sono pressoche’ finiti.
Ulteriore tappa presso la sede della Associazione Malati di Distrofia Muscolare.
Questa associazione ha 148 membri di cui circa la meta’ bambini, sono persone invalide, quasi tutte disoccupate, molte di loro ormai legate alla carrozzina e che necessitano di aiuto di altre persone anche per le necessita’ piu’ semplici. Spesso sono persone molto povere e ai margini della societa’.
Recentemente hanno subito un furto nella loro sede, gli sono stati rubati un televisore (letteralmente strappato dal muro dove era avvitato) ed il computer che avevano in ufficio. Si sono rivolti al Sindacato per vedere se era possibile ricevere un aiuto economico per poter ricomprare le cose rubate.
C’e’ un momento di imbarazzo al nostro ingresso, non ci conosciamo ancora, ma si stempera subito quando Rajko, il segretario del Sindacato Samostalni, spiega bene chi siamo e come e perche’ interveniamo a Kragujevac.
Scoppia un fragoroso applauso e scorrono molte lacrime quando illustriamo una grande sorpresa, che avevamo tenuta accuratamente nascosta: nel nostro viaggio di ottobre porteremo con noi un pullmino dotato di rampa per il trasporto di due carrozzine, dono della Misericordia della Bassa Friulana di San Giorgio di Nogaro; non e’ un furgone nuovo, e’ stato immatricolato nel 2004, ma e’ in ottime condizioni e i volontari della Misericordia verranno con noi per questa consegna.
E’ il terzo mezzo speciale che questa associazione porta a Kragujevac: dapprima nell’estate del 2006 un’ambulanza per il Centro medico della Zastava, poi un altro pullmino per trasposto invalidi, che era stato regalato all’associazione malati di sclerosi multipla di Kragujevac, nel luglio del 2008.
E oltre questi mezzi la Misericordia ha molto sostenuto i ‘’nostri’’ lavoratori e le loro famiglie con numerosi interventi, dagli affidi a distanza, al vestiario, ai computer, a grandi quantita’ di pannoloni.
Oggetto: Syrien: USA torpedieren friedliche Lösung
Data: 01 giugno 2012 18.56.04 GMT+02.00