Informazione


GIACOMO SCOTTI PRESENTA "A TE MIA DOLORES" (audio MP3)

Alla pagina:
http://www.radiondadurto.org/2011/01/26/le-vicende-del-confine-orientale-italiano-tra-mito-e-uso-politico-della-storia/

dopo le registrazioni di una interessante conferenza di Sandi Volk,
si accede anche alle registrazioni della iniziativa di presentazione del libro A TE MIA DOLORES tenuta a Brescia il 13 gennaio 2011, con Giacomo Scotti (https://www.cnj.it/INIZIATIVE/iniziative.htm#brescia130111 ):

prima parte: http://www.radiondadurto.org/wp-content/uploads/audio/intervento-scotti-1.mp3
seconda parte e discussione: http://www.radiondadurto.org/wp-content/uploads/audio/intervento-scotti-2.mp3

BIANCA BRACCI TORSI PRESENTA " A TE MIA DOLORES" (video)

Alla pagina:

Le Letture resistenti di marx21: "A te, mia Dolores. Nella tempesta della guerra col fucile e lo stetoscopio"

Bianca Bracci Torsi, della Direzione nazionale del PRC, ci parla del libro "A te, mia Dolores. Nella tempesta della guerra con il fucile e lo stetoscopio" di Saša Božovic (a cura di Giacomo Scotti, ed. ODRADEK): un diario-racconto dall'aprile 1941 all'estate 1945 di una donna che ha avuto il coraggio di diventare una partigiana, combattendo al fianco dei comunisti jugoslavi, dalle piazze di Belgrado alle montagne del Montenegro, della Lika, della Bosnia e dell'Erzegovina. 

(anche sulla home page di http://www.marx21.it/ )


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Il libro si riceve contrassegno richiedendolo direttamente a CNJ-onlus. C'è la possibilità di riduzioni sul prezzo di copertina a seconda del quantitativo richiesto: per accordi rivolgersi al nostro indirizzo email jugocoord @ tiscali.it . 

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Saša Božović

A TE, MIA DOLORES
Nella tempesta della guerra col fucile e lo stetoscopio

Traduzione, adattamento e note di Giacomo Scotti

Roma: Odradek, 2010
ISBN 978-88-96487-07-5

La Resistenza jugoslava fu il più deciso e concentrato movimento di liberazione nazionale in Europa. Dallo sfacelo della frantumazione della prima Jugoslavia il paese fu salvato da una lotta epica di uomini e donne, combattenti della Resistenza contro Fascismo e Nazismo, che ricostruirono il paese, lo riunificarono, intrapresero l’opera di affratellamento dei suoi popoli. Questo libro, forse unico nella letteratura europea, scritto da una protagonista d’eccezione quale fu la dottoressa Saša Božović testimonia tutto ciò attraverso il suo diario-racconto che va dall’aprile 1941 all’estate 1945 e che ci porta dalle piazze di Belgrado alle aspre montagne del Montenegro e della Bosnia. Non si raccontano le battaglie, queste sono sullo sfondo, in primo piano la lotta quotidiana di chi si occupava dei feriti e della popolazione. Dedicato alla figlia, nata nell'ospedale del carcere di Tirana nel novembre 1941 e morta nel marzo del 1943, A te, mia Dolores nel 1980 ottenne l’ambito premio nazionale “4. jul”, e fu proclamato dalla Biblioteca nazionale della Serbia il libro più letto dell’anno. Dall'opera memorialistico-letteraria di Saša Božović è stato tratto un film, realizzato nel 1980 per la regia di Arsa Milošević, e un testo teatrale. (dall'ultima di copertina)


La scheda del libro è anche sul sito della casa editrice: http://www.odradek.it/Schedelibri/Bozovic.html



ALL TOGETHER AS SERVANTS?


Xinhua News Agency - February 24, 2011

Common Yugoslav army "reunited" in Afghanistan  

BELGRADE: After having torn apart their common former homeland during the bloody wars of secession during the 1990s, the armies of the former republics of Yugoslavia -- at least most of them -- are being united again as part of an international peacekeeping unit, reported Radio Sarajevo on Thursday.
Meeting in the Montenegrin capital of Podgorica, military experts from the U.S.-Adriatic Charter discussed the prospect of soldiers from Croatia, Macedonia, Montenegro, Bosnia and Herzegovina and Slovenia, along with Albania, forming a joint unit of NATO's International Security Assistance Force (ISAF) in Afghanistan. The unit's tentative name is "Balkan," which was reportedly first proposed by the U.S. military.
During previous meetings among the ministries of defense and foreign affairs of these countries, the option of sending a joint regional team of trainers and advisors for the training of the Afghan army had been approved.
Deputy Chief of General Staff of the Croatian Armed Forces, Rear Admiral Zdenko Simicic, said the initiative is based on regional cooperation among Western Balkan member states.
"We expect the training school for Afghan military police to be in full operational use in two years," said Simicic.

(Source: 
http://news.xinhuanet.com/english2010/world/2011-02/25/c_13748589.htm
through the Stop NATO e-mail list: http://groups.yahoo.com/group/stopnato/messages )





Romania, Iraq, Kosovo... Libia: nelle fosse comuni si seppellisce la verità

Marco Santopadre, Radio Città Aperta


25-02-2011/12:22 --- Di che paese si parla nelle citazioni tratte da due importanti quotidiani italiani?
“...Ieri sono arrivate altre conferme delle manifestazioni che sabato e domenica hanno sconvolto le città di * e * che sarebbero state represse nel sangue dalla polizia con l'appoggio dell'esercito”  (Corriere della sera **/**/****) e ancora “...Fonti dell'opposizione interna parlano di scontri violentissimi e di 300 morti...” (La Repubblica). 
Semplice, risponderete voi. Della Libia! Negli ultimi giorni notizie di stragi, di bombardamenti aerei sui manifestanti e sui civili inermi, di possibile uso delle armi chimiche contro la popolazione che si oppone al regime di Gheddafi, di stragi di medici e di feriti negli ospedali, di colonne di migliaia di profughi in fuga dai combattimenti e dagli eccidi bombardano le opinioni pubbliche occidentali e, quindi, anche italiana. 
Torniamo alle citazioni di cui sopra: non si riferiscono a quanto sta accadendo in Libia, bensì a quanto stava – secondo i media internazionali – accadendo a Timisoara e ad Arad ai tempi delle rivolte contro Ceaucescu, nel 1989. L’episodio che più impatto ebbe sull’opinione pubblica italiana e occidentale fu il ‘massacro di Timisoara’ del Natale del 1989. Per giorni si parlò di un vero e proprio eccidio costato la migliaia di civili inermi, passati per le armi dalle truci milizie del regime nella città romena, e le immagini di ‘migliaia’ di cadaveri sepolti in una ‘fossa comune’ fecero più volte il giro del mondo diventando il simbolo di quanto accadeva in uno dei paesi dell’Europa orientale che si stava liberando dall’odiato comunismo di stampo sovietico. Ad un certo punto comparve anche un filmato che mostrava i primi corpi riesumati con evidenti tracce di “torture spaventose”; i cadaveri avevano in comune un taglio malamente ricucito che andava dal collo all'inguine...
Il presunto eccidio del Natale del 1989 a Timisoara, ‘incontrovertibilmente vero’ in quanto raccontato dalle tv e dai giornali di tutto il mondo con ‘testimonianze particolareggiate’ ed immagini a profusione, in poche settimane venne smascherato e divenne una delle bufale più inquietanti nella storia del giornalismo. I cadaveri ritratti erano solo 13 ed erano morti di morte naturale. I segni delle torture erano in realtà conseguenza delle autopsie praticate da un medico legale. Niente stragi, niente fosse comuni. Il 24 gennaio del 1990 una tv tedesca e la France Press denunciarono la messa in scena: “Tre medici di Timisoara hanno affermato che i corpi di persone decedute in modo naturale sono stati prelevati dall'istituto medico legale e dall'ospedale per essere esposti alle telecamere come vittime della Securitate”.
Ma l’industria internazionale delle bufale non si diede per vinta, avendo sperimentato la facilità con cui qualche agenzia di stampa e qualche fotoreporter possono di punto in bianco, in assenza di prove e di conferme incrociate, creare un caso e mobilitare le opinioni pubbliche. E quindi fornire ai governi e agli Stati Maggiori di Washington e dell’Unione Europea il là per potersi imbarcare in bombardamenti umanitari, invasioni preventive, occupazioni democratiche. Paradossalmente la censura, la verve propagandistica parca di notizie e il dilettantismo tipici dei media del paese preso di mira dalla ‘disinformatia’ contribuiscono a concedere credibilità alle esagerazioni e alle invenzioni prodotte con maestria professionale dall’industria internazionale della menzogna.
Scrive Federico Povoleri in un pezzo dedicato ai meccanismi della disinformazione:“Le cose da considerare in questa storia sono allo stesso tempo importanti e quasi incredibili: 1) La capacità di raggiungere in pieno un obiettivo di disinformazione a livello internazionale 2) L'accettazione acritica da parte dell'opinione pubblica di notizie che mancavano di fonti certe e attendibili 3) L'incredibile capacità di penetrazione della notizia che crebbe a dismisura attraverso leggende e false notizie di supporto 4) La dimostrazione di quanto un'informazione manipolata possa trasformare o addirittura costruire la realtà.”
Il modello, sperimentato con successo in Romania, venne infatti utilizzato di nuovo, ed in grande stile, per altri quadranti del globo dove la sete di petrolio e di territori da conquistare imponevano sanzioni prima e interventi militari poi. 
Vi ricordate le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, con i giornali che svelavano una compravendita di materiale radioattivo con un piccolo e sconosciuto paese africano mai avvenuta? Giornalisti affermati affermavano che nel Kuwait occupato i soldati iracheni al servizio di Saddam Hussein uccidevano i neonati nelle incubatrici…
Prima ancora la fabbriche delle menzogne aveva funzionato egregiamente per giustificare i bombardamenti sulla Serbia e l’invasione della provincia del Kosovo. Si cominciarono a descrivere con dovizia di particolari le esecuzioni sommarie, le colonne di profughi bombardati dai caccia (questo avveniva davvero, solo che i caccia erano quelli della NATO decollati dalle basi militari italiane...), gli stupri di massa contro le donne kosovare, i villaggi distrutti. Siccome le opinioni pubbliche si dimostravano ancora troppo tiepide nei confronti di un intervento militare di terra, si cominciò a parlare di milioni di profughi in pericolo di vita, di eccidi indiscriminati, di pulizia etnica. A invasione conclusa le squadre forensi della FBI e della Polizia spagnola, inviate in Kosovo a caccia delle fosse comuni dove sarebbero stati sepolti decine di migliaia di civili kosovari, non ne trovarono, ma si imbatterono nei campi di prigionia e nelle sale della tortura allestite dai ‘liberatori’ dell’UCK, riconvertitisi nel frattempo nei nuovi padroni della provincia sottratta a Belgrado. (Vi consigliamo la lettura dell’articolo ‘La bufala delle fosse comuni in Kosovo. Assordante silenzio degli invasori ‘umanitari’ del Kosovo’ di John Pilger).
A quanto pare le smentite e le prove della manipolazione delle opinioni pubbliche da parte dell’industria della guerra non sono servite a molto. Oggi, di fronte a ciò che accade a Tripoli, il meccanismo all’opera è sempre lo stesso e le opinioni pubbliche - soprattutto quelle più sensibili alle tematiche umanitarie e orientate a ‘sinistra’ - sembrano accettare le varie ‘informazioni’ riportate dai media senza porsi particolari domande sulla loro veridicità. Che la maggior parte di queste siano precedute dal ‘sembra che…’, ‘si dice che...’, testimoni che vogliono rimanere anonimi affermano che…’ poco importa. Il meccanismo emotivo prende il sopravvento e rende alle cancellerie occidentali molto facile giustificare operazioni militari presentate come finalizzate a proteggere le popolazioni mentre in realtà mirano ad intervenire in territori dalle quali gli interessi dell’imperialismo erano stati esclusi od in parte limitati.
Paradossalmente sono spesso ingenue (o a volte prezzolate) Ong e associazioni di massa a pressare i governi affinché intervengano il prima possibile con sanzioni o interventi militari contro i regimi responsabili degli eccidi. 
Nel caso della Libia milizie armate fino ai denti e ben organizzate vengono descritte come ‘manifestanti inermi’; non ci sono colonne di centinaia di migliaia di profughi che tentano di fuggire verso i paesi confinanti eppure la notizia continua a rimbalzare sui media italiani ed esteri; le cifre dei morti – che evidentemente comprende anche quelli di parte governativa – crescono iperbolicamente senza che se ne abbia nessuna conferma, e per giustificare che le strade non sono lastricate di cadaveri come detto nei giorni scorsi da alcuni ‘testimoni oculari’ via facebook o via twitter alcuni quotidiani hanno affermato oggi che i mercenari avrebbero scaricato i morti nel deserto gettandoli dagli aerei… Ma le prime crepe nel meccanismo della produzione di massa delle bufale di guerra cominciano ad aprirsi. E non solo sui media alternativi o più critici nei confronti del meccanismo dominante.
Oggi Il Manifesto riporta questa notizia: “Su nostra sollecitazione si è avuta la smentita ufficiale della Corte Penale Internazionale che il signor Sayed Al Shanuka o El-Hadi Shallouf non figurano né come impiegati né come responsabili di organi della Corte Penale Internazionale. Si tratta di un gravissimo episodio di disinformazione poiché da tali individui era stata fatta arrivare tramite la Tv Al Arabiya la notizia di 10 mila morti e di 50 mila feriti”. La denuncia, incredibilmente, arriva da alcuni esponenti del Partito Radicale, in prima fila nel chiedere un intervento deciso dell’Europa contro Gheddafi… Possibile che nessuno a Rainews 24, che ha dato per due giorni in tutti i suoi notiziari questa cifra sulla vittime, si sia preoccupato di verificarne la veridicità? Possibilissimo…
Anche sui tanto sbandierati bombardamenti aerei sui civili nei quartieri di Tripoli e Bengasi, più volte smentiti dagli italiani arrivati in Italia dalla Libia in questi giorni e da numerosi testimoni - questa volta forniti di nome e cognome - qualche dubbio ce lo ha anche il corrispondente de La Repubblica. Inoltre sul quotidiano in edicola oggi scrive l’inviato a Tripoli Salvatore Nigro : “Un libico (...) guardando le foto delle fosse in cui sono state sepolte alcune delle vittime dice: “Non è una fossa comune, è uno dei cimiteri di Tripoli vicino al mare, si vedono anche le sepolture più vecchie sullo sfondo”. Ma ormai è chiaro: nella guerra contro Gheddafi ci sono delle notizie diffuse senza controllo, rilanciate e trasformate in fatti veri”...
Dicendo questo non vogliamo assolutamente negare la gravità di quello che sta accadendo a Tripoli: in Libia sono in atto cruenti combattimenti tra due fazioni delle classi dirigenti all’interno di un sistema tribale che la rivoluzione di Gheddafi, degradatasi da anni in dittatura personale e famigliare, non è riuscita a scalzare. Come accade spesso nelle zone di guerra i civili sono i primi a fare le spese della violenza. Il problema è non lavorare, come si dice in questi casi, per il ‘re di Prussia’, avallando un intervento militare e neocoloniale contro il popolo libico - mascherato da operazione umanitaria -che rappresenta esattamente il contrario rispetto a quelle aspirazioni alla libertà, alla democrazia e alla giustizia sociale che stanno animando le rivolte dei popoli e dei lavoratori in tutto il Maghreb e nella penisola arabica.

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LINK UTILI:
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Sulla storica amicizia tra la Jugoslavia e la Libia, e sul rischio di spartizione "etnica" della Libia ad uso e consumo imperialista, si veda ad es.:

Sul terrorismo psicologico scatenato contro l'opinione pubblica occidentale allo scopo di promuovere l'intervento militare NATO contro la Libia si veda anche ad es.:

Sulle manovre in atto per aggredire militarmente la Libia si veda ad es.:

Sulla disinformazione strategica come arma di guerra nel caso jugoslavo si vedano le centinaia di articoli raccolti nel nostro archivio:
nonché i documenti:






ITALIANI IN JUGOSLAVIA
Occupazione dei Balcani e razzismo "antislavo"
Seminario di storia contemporanea 

Sabato 26 febbraio 2011, Istituto Gambara, via Gambara 3, Brescia.

PROGRAMMA DEL SEMINARIO:

Ore 15.00 
Apertura dei lavori

Ore 15.15
STEFANO BARTOLINI
L'immagine dello Slavo nell'Italia fascista.
Dalla costruzione di un'identità nemica alle pratiche persecutorie e snazionalizzatrici.

Ricercatore presso l'Istituto Storico della Resistenza e della società contemporanea di Pistoia, vicepresidente Associazione Passaggi di Storia di Firenze, curatore unico dell' Archivio Storico CGIL di Pistoia, coordinatore della redazione della rivista
Quaderni di Farestoria. Tra le sue pubblicazioni Fascismo antislavo. Il tentativo di "bonifica etnica" al confine nord orientale. (I.S.R.pt, 2006)

Ore 15.50
DAVIDE CONTI 
La questione dei criminali di guerra italiani tra Guerra Fredda e continuità dello Stato.


Dottore di ricerca in storia contemporanea presso l'Università "La Sapienza" di Roma, ricercatore della Fondazione Basso sezione internazionale, docente e coordinatore dei corsi della Scuola di Giornalismo della Fondazione Basso. 
Tra le sue pubblicazioni L'occupazione italiana dei Balcani. Crimini di guerra e mito della "brava gente" (1940-1943) (Odradek, 2008)

Ore 16.30
COSTANTINO DI SANTE I soldati italiani in Jugoslavia: da occupanti a prigionieri (1941-1951).


Ricercatore presso l'Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione delle Marche e responsabile della 
Biblioteca Provinciale di storia contemporanea di Ascoli Piceno. Tra le sue pubblicazioni L'internamento civile 
nell'ascolano. Il campo di concentramento di Servigliano 1940-1944 (Ascoli Piceno, 1998).

Introduce e coordina Silvia Boffelli - Associazione Culturale Anteo


La partecipazione è gratuita. Il C.I.D.I., ente accreditato per la formazione del personale della scuola (DM del 5/7/2005, n. 1217), rilascerà l'attestato di frequenza a chi ne farà richiesta.

Ideazione e realizzazione a cura dell'Associazione Culturale Anteo. Storia, ricerca e formazione.

Per ulteriori approfondimenti e informazioni

http://www.associazioneanteo.org/eventi_italianijugoslavia.htm