Informazione

Kosovo and Albania: Dirty Work in the Balkans: NATO’s KLA Frankenstein
(francais / italiano)

Traffico d’organi: Parlamento Europeo approva Risoluzione di Dick Marty

0) Libri consigliati ed altri link
1) Trafic d’organes : le Conseil de l’Europe adopte le rapport de Dick Marty et réclame une nouvelle enquête
2) Traffico d’organi: Approvata dal Parlamento Europeo la Risoluzione di Dick Marty
3) Kosovo: Traffico di organi, l’UE teme per i testimoni
4) Kosovo : il faut un tribunal spécial de l’Onu pour enquêter sur le trafic d’organes


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Sull'intreccio tra nazionalismo pan-albanese e criminalità internazionale ricordiamo e raccomandiamo la lettura dei volumi:

Giuseppe Ciulla e Vittorio Romano
Lupi nella nebbia
Jaca Book, 2010

Antonio Evangelista
LA TORRE DEI CRANI. Kosovo 2000-2004
Editori Riuniti, 2007

Uberto Tommasi e Mariella Cataldo
Kosovo Buco nero d’Europa
Edizioni Achab, 2004

Sandro Provvisionato
Uck: l'armata dell'ombra.
L'esercito di liberazione del Kosovo. Una guerra tra mafia, politica e terrorismo
Gamberetti, 2000

LINK:

Le rapport Marty devant le Conseil de l'Europe : « il faut une nouvelle enquête »
Le rapport de Dick Marty sur le trafic d’organes au Kosovo sera officiellement présenté ce mardi devant l’Assemblé parlementaire du Conseil de l’Europe. Le député Dragoljub Mićunović (DS), qui dirige la délégation serbe, récuse à l’avance toute utilisation politique du rapport. Pour lui, la Serbie ne doit insister que sur une exigence : le besoin de justice et de vérité, qui nécessite l’ouverture d’une nouvelle enquête.

Dick Marty : « la mission Eulex est incapable d’enquêter sur le trafic d’organes »
Dick Marty estime que la mission Eulex n’est pas en mesure de mener l’enquête sur le trafic d’organes. Après l’adoption de son rapport par l’Assemblée parlementaire du Conseil de l’Europe, le sénateur suisse réclame donc la création d’une structure judiciaire ad hoc, basée en dehors du Kosovo.

Kosovo : dans l'horreur des camps de l'UÇK
Le procès de Sabit Geci et Riza Alijaj, deux anciens commandants de l’UÇK, va s’ouvrir le 28 février. Également cités dans le rapport Marty sur le trafic d’organes, les deux hommes sont accusés d’avoir dirigé les camps de Kükes et Cahan, dans le nord de l’Albanie, où des « collaborateurs » supposés du régime serbe et des sympathisants de la LDK ont été détenus et torturés durant la guerre. Koha Ditore publie des témoignages accablants.


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B92

Trafic d’organes : le Conseil de l’Europe adopte le rapport de Dick Marty et réclame une nouvelle enquête


Traduit par Jad
mardi 25 janvier 2011

L’Assemblée parlementaire du Conseil de l’Europe a adopté mercredi après-midi le rapport présenté par Dick Marty, et demande l’ouverture d’une nouvelle enquête « sérieuse et indépendante » sur les allégations de trafic d’organes. Le rapport a été adopté par 169 voix contre 8 et 14 abstentions. Les amendements présentés par les représentants de l’Albanie une députée macédonienne ont été rejetés.

« Il n’y a pas de justice sans vérité, et ce rapport ne crée pas un scandale, comme beaucoup l’affirment. Ce qui est un scandale, c’est l’opportunisme politique qui a permis de masquer la vérité », a déclaré Dick Marty, qui a pris la parole durant huit minutes pour présenter son rapport.

« Ce n’est pas un rapport sur le statut politique du Kosovo. Ce n’est pas un rapport contre les habitants du Kosovo. Le rapport ne concerne pas les relations entre la Serbie et le Kosovo, il ne relativise pas les crimes commis par Milošević et il n’est pas un plaidoyer pour la Serbie ».

Deux amendements présentés par Dick Marty lui-même ont été adoptés. Le premier concerne un élargissement des compétences de la mission Eulex ou d’une autre structure judiciaire européenne qui aura le mandat de mener l’enquête. Sa compétence territoriale et temporelle n’aura pas de limites pour enquêter sur tous les crimes liés au conflit au Kosovo.

L’autre amendement de Dick Marty précise les obligations des autorités de Tirana et de Pristina. La résolution appelle désormais explicitement les autorités albanaises à coopérer avec Eulex et à permettre l’enquête sur les camps de détention situés dans le nord de l’Albanie.

L’Assemblée a également adopté deux autres amendements, qui relativisent l’implication des dirigeants de l’UCK dans le crime organisé.

Au total, 21 amendements avaient été déposés, dont 19 présentés en commun par des députés d’Albanie, de Turquie, de Géorgie et de Macédoine.

Ces amendements, qui ont été rejetés, visaient à ôter du projet de résolution des mentions précises, comme l’évocation de la clinique de Fushë Kruja, en Albanie, où auraient été pratiquées les ablations d’organes, ainsi que le terme de « preuves » ou l’affirmation qu’il existe des « preuves des crimes commis »


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Traffico d’organi: Approvata dal Parlamento Europeo la Risoluzione di Dick Marty


26 GENNAIO 2011


Il Parlamento Europeo ha approvato a maggioranza di voti la Risoluzione di Dick Marty. Invitando la comunità internazionale affinchè venga fatta piena luce sui crimini commessi in Kosovo prima, durante e dopo la guerra, con particolare attenzione al traffico di organi, che vedrebbe coinvolto il primo ministro Hasim Taci (v. foto).

L’inchiesta di Dick Marty, durata due anni, ha portato al rapporto del Consiglio d’Europa, secondo il quale il primo ministro Hasim Taci sarebbe a capo di un gruppo mafioso albanese accusato di contrabbando di armi, droga e organi umani in Europa orientale.

La delegazione albanese, nel corso del dibattimento ha provato a minimizzare l’importanza della relazione di Marty, attuando inoltre proteste dinanzi al parlamento europeo.
Marty, nel presentare la propria relazione, ha palesato il timore che la collusione tra la criminalità organizzata e la struttura politica in Kosovo, rappresentano una minaccia per l’Europa.

Oltre agli interventi dei rappresentanti parlamentari delle nazioni concordi nel chiedere chiarezza, nel corso del dibattito il rappresentante del Gruppo dei partiti nazionali europei, Holger Haibach, ha puntato il dito contro quanti pur essendo a conoscenza dei crimini in Kosovo, hanno deciso di tacere.
Proseguirà oggi la sessione del Parlamento Europeo, che oltre ai deputati parlamentari europei vedrà presente anche il presidente della Serbia, Boris Tadic.

All’ordine del giorno tre risoluzioni sull’ex Jugoslavia: “Protezione dei testimoni come la base della giustizia e della riappacificazione nei Balcani” dell’inviato Jean-Charles Garetto; “Riappacificazione e dialogo politico tra i paesi dell’ex Jugoslavia” dell’inviato Pietro Marcenara; “Obbligo dei membri del Consiglio d’Europa di collaborare nei processi per i crimini di guerra” dell’inviato Miljenko Doric.

L’inchiesta di Dick Marty, nata a seguito di un procedimento giudiziario iniziato da un tribunale distrettuale di Pristina, per un presunto caso di traffico di organi scoperto dalla polizia nel 2008, arriva al Parlamento Europeo in un periodo cruciale per il Kosovo, dove da poco si sono svolte le prime elezioni da quando è stata dichiarata l’indipendenza dalla Serbia nel 2008, che hanno consentito a Hasim Taci di assumere il governo della nazione.

L’organizzazione criminale della quale avrebbe fatto parte il Primo Ministro, secondo Dick Marty, opererebbe da oltre dieci anni, da quando i fedelissimi di Drenica, il gruppo che faceva capo a Hashim Thaci, divenne la fazione dominante all’interno del KLA, e prese il controllo della maggior parte di imprese criminali in cui i kosovari sono stati coinvolti a sud del confine in Albania.

Come affermato da Holger Haibach, è sconvolgente il fatto che in molti sapessero dei crimini commessi in Kosovo ancor prima della relazione dell’investigatore e nonostante ciò abbiano preferito tacere, ma ancor più sconvolgente ci sembra il fatto che nonostante le accuse mosse al capo di un governo di essersi reso responsabile di crimini gravissimi, i mass media – in particolare quelli italiani – stiano sottacendo ogni notizia.

Ancor prima della relazione di Dick Marty, Antonio Evangelista, che ha diretto le indagini sui crimini di guerra e guidato la polizia criminale, con il suo libro “La torre dei crani” (ed. Editori Riuniti), aveva testimoniato da un punto di vista neutrale quanto realmente avvenuto nel Kosovo, anticipando gli sviluppi a livello internazionale di una guerra che ha prodotto piú danni di quelli preesistenti, favorendo miseria e criminalità.
A seguito di quanto emerso dalla relazione Marty, c’è da chiedersi perché mai si sia legittimata in Kosovo una classe dirigente corrotta e legata a doppio filo con la mafia, lasciando che a governare il paese potesse essere un uomo coinvolto nel traffico di armi, di droga e di organi umani.

Gian J. Morici


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Kosovo: Traffico di organi, l’UE teme per i testimoni


30 GENNAIO 2011


L’Eulex ha aperto un’indagine preliminare, sul traffico d’organi prelevati da prigionieri uccisi dall’Uck dopo la guerra del 1999 contro le forze serbe.

Dopo la relazione presentata dall’investigatore Dick Marty, che a accusato una fazione dell’UCK guidata dal Primo Ministro del Kosovo Hashim Thaci di coinvolgimento nella criminalità organizzata, compreso il traffico di organi, Thaci ha negato con forza le accuse.

L’Eulex ha però preso “molto sul serio” le accuse ed è pronta a “gestire il seguito giudiziario”, invitando nel contempo tutte le organizzazioni e anche singoli soggetti, tra cui Dick Marty, a produrre tutte le prove in loro possesso.
L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha chiesto indagini internazionali e albanesi sui crimini commessi a seguito del conflitto in Kosovo.
Secondo la relazione del senatore svizzero Dick Marty, pubblicata il mese scorso, i testimoni sarebbero stati messi a tacere, pagati dai membri del Gruppo di Drenica, una fazione all’interno del KLA, i cui membri sarebbero coinvolti nel traffico di organi, negli omicidi e nel traffico di droga.
Il portavoce e Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la sicurezza ha confermato che il relatore del Consiglio d’Europa Dick Marty ha iniziato i negoziati in materia di garanzie per la protezione dei testimoni con l’EULEX.

Marty chiede maggiori garanzie per i testimoni.

Si teme infatti che questa inchiesta possa seguire la stessa sorte di quella del caso dell’ex leader del Kosovo Liberation Army Ramush Haradinaj.
Hashim Thaci attuale presidente del Kosovo, all’epoca dei fatti capo politico dell’UCK, nello smentire ogni suo possibile coinvolgimento nei fatti criminosi, in merito alla tutela dei testimoni taglia corto e dichiara: “Comprendiamo le preoccupazioni circa la protezione dei testimoni nella regione, ma abbiamo piena fiducia nella nostra unità di protezione dei testimoni”.

I timori per i testimoni comunque non sono infondati e visto che il mandato EULEX è flessibile, l’Unione europea sta considerando la possibilità di adattarsi alle nuove circostanze, ed è pronta ad inviare rinforzi per la missione in Kosovo.

L’EULEX, allo stato attuale dispone di circa 20 ricercatori e 40 giudici, ma sarebbe pronta a rinforzare l’organico.

Quante persone l’UE sia pronta a inviare in Kosovo e se Marty avrà un ruolo nelle indagini, verrà reso noto nei prossimi giorni.

Gian J. Morici


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Kosovo : il faut un tribunal spécial de l’Onu pour enquêter sur le trafic d’organes



Blic, 2 février 2011
(Traduit par Stéphane Surprenant)

Le TPIY n’étant pas compétent pour enquêter sur le présumé trafic d’organes de l’UÇK, les Nations unies envisageraient la mise en place d’un Tribunal spécial sur le modèle de celui qui a été créé au Liban en 2007. Pour cela, le Conseil de sécurité doit adopter une résolution, basée sur le rapport de Dick Marty. La gravité des faits reprochés demande une justice exemplaire.

D’après les informations obtenues par Blic, la tâche de faire toute la lumière sur les allégations persistantes de trafic d’organes humains au Kosovo et en Albanie pourrait être confiée à une Cour spéciale internationale mise sur pied pour l’occasion par les Nations unies.

Cette cour aurait ainsi pour modèle le Tribunal spécial pour le Liban, formé le 10 juin 2007, dont le mandat était d’enquêter sur le rôle des organisations terroristes impliquées dans la série d’attentats qui avait secoué le pays. L’ancien Premier ministre libanais Rafik Hariri avait été assassiné lors de l’un de ces attentats.

Le Tribunal spécial pour le Liban avait été créé par la Résolution 1757 du Conseil de sécurité des Nations unies. Une résolution similaire pourrait donc être proposée par n’importe quel pays membre des Nations unies ou plusieurs d’entre eux, ou encore directement par l’un des membres du Conseil de sécurité.

Cette résolution concernerait cette fois le Kosovo et serait basée sur le rapport de Dick Marty, dans lequel de hauts responsables de l’Armée de libération du Kosovo (UÇK) - dont l’actuel Premier ministre Hashim Thaci - sont accusés d’exactions et de crimes contre l’humanité, de trafic de drogue et d’armes, mais aussi d’êtres humains.

Un Tribunal spécial formé par les Nations unies

Dick Marty, le rapporteur spécial du Conseil de l’Europe, réclame en effet la création d’une telle cour à l’extérieur du Kosovo en raison de la gravité des informations qu’il est parvenu à recueillir. Sans compter que de nombreuses sources issues de différents services de renseignement indiquent que la pègre kosovare serait dirigée et coordonnée par plusieurs personnes occupant des postes clés dans l’actuel appareil d’État du Kosovo. Ces personnes s’appuieraient sur des réseaux lourdement corrompus au sein de la police, du système judiciaire et même de... l’Eulex !

Ayant à l’esprit les meurtres de plusieurs témoins au cours du procès de Ramush Haradinaj, Dick Marty appelle par conséquent à la création d’un tribunal qui garantirait une sécurité maximale aux témoins. Bref, il ne compte absolument pas sur l’Eulex.

Bruno Vekarić, procureur adjoint spécialisé dans les crimes de guerre, explique : « Nous sommes prêts à coopérer avec tout le monde afin de découvrir la vérité. La proposition de Dick Marty est parfaitement rationnelle et, si un tribunal de ce type voit effectivement le jour, nous serons prêts à l’aider ».

L’expert en criminologie Dobrivoje Radovanović estime que l’idéal serait que le Conseil de sécurité des Nations unies institue un tribunal pour l’occasion, dans lequel tous les membres jouiraient d’une influence égale, avec des juges neutres et des équipes se consacrant exclusivement aux enquêtes. « Cela serait acceptable autant pour la partie albanaise que pour la partie serbe. La chose qui serait certainement la plus encourageante serait que les plus ardents défenseurs de l’indépendance kosovare apportent leur aide pour que l’enquête soit menée à bien... J’entretiens néanmoins de sérieux doutes à ce sujet... », ajoute-t-il.

Et le TPIY ?

Une question demeure par ailleurs en suspens : ne serait-il pas plus simple de confier cette enquête au Tribunal pénal international sur l’ancienne Yougoslavie (TPIY), à côté de ses autres tâches ? Il faudrait tout d’abord pour cela que les prérogatives judiciaires du TPIY soit étendues à la nouvelle cause.

Toutefois, étant donné que le mandat du TPIY prendra normalement fin dans deux ans et surtout que, comme le soutient Dick Marty dans son rapport, les preuves rassemblées par les enquêteurs de ce même Tribunal de La Haye en 2005 auraient été détruites, ce scénario ne semble ni crédible ni logique.

Quoi qu’il en soit, confier aux tribunaux locaux, dont des tribunaux albanais, la responsabilité d’enquêter dans cette affaire aussi sinistre que complexe serait vouer l’enquête à un échec certain. Car, à ce jour, les procureurs albanais n’ont démontré aucune volonté de coopérer et ont même refusé de fournir quelque matériel que ce soit au procureur suisse Dick Marty.

La Minuk était au courant de ces crimes

Selon un document de l’Onu, dès 2003, la Minuk avait en main des informations relatives à des meurtres commis au Kosovo dans le but de se livrer au trafic d’organes. La Minuk en avait informé le Tribunal de La Haye comme il se doit. Si l’on en croit le document de l’Onu, les dirigeants de l’UÇK auraient touché jusqu’à 45.000 dollars pour les organes d’un seul individu capturé.

Dans un rapport de trente pages, auquel l’agence Tanjug a eu accès, les enlèvements de Serbes auraient débuté au milieu de l’année 1999. À l’époque, entre cent et trois cents personnes auraient été faites prisonnières, puis transférées à l’aide de camions et de tracteurs dans des prisons improvisées à Kukës et à Tropoja, deux petites villes du Nord de l’Albanie.



TP: Nieren aus dem Kosovo

("Gli intoccabili del Kosovo" - articoli e commenti sullo scandalo della cricca-Thaci e del traffico di organi)

Die Unantastbaren vom Kosovo

1) Falsches Gelächter von NATO-Exponent (K.Trümpy, ICDSM Schweiz)

2) Das Kosovo, die Mafia und die Schweiz:
- Die Unantastbaren / Verwirrung um das gelbe Haus (K. Pelda, Weltwoche, 03.02.2011)
- Nachtrag zu: H.Thaci von Schweiz aufgepäppelt (K.Trümpy, N. Pavic)

3) Nieren aus dem Kosovo
(Harald Neuber 03.02.2011)

LINK:
Brisanter Bericht zur Thaci-Affäre
Ein Nato-Bericht kommt zum Schluss, dass der kosovarische Politiker Xhavit Haliti, der als einer von Hashim Thacis engsten Vertrauten gilt, ein Schwerverbrecher sei. Thaci, der selbst in das organisierte Verbrechen in Kosovo verstrickt sein soll, wies die Befunde zurück...
http://www.sendungen.sf.tv/10vor10/Sendungen/10vor10/Archiv/Sendung-vom-25.01.2011


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Falsches Gelächter von NATO-Exponent

Bernhard Kouchner war nach dem NATO-Überfall auf Serbien-Montenegro von 1999 bis 2001 führender Administrator des Westens im Kosovo. Während dieser Zeit wüteten UCK-Banden am schlimmsten gegen alle, die nicht in das Konzept des ethnisch reinen Kosovo passten.
Auf untenstehendem Link ist zu sehen, wie Kouchner, auf die Frage eines Journalisten zu den Anschuldigungen bezüglich des damals von kosovarischer Seite betriebenen Organhandels, in schallendes Gelächter ausbricht :
 
Trafic d'organes: Kouchner rit
« J’ai une tête à vendre des organes, moi ? »
Regardez la vidéo de Bernard Kouchner tout en riant, démentant le trafic d’organes:
http://www.dailymotion.com/video/xg46z3_kosovo-kouchner-nie-le-trafic-d-organes_news
 
 
Nach der heutigen Behandlung des diesbezüglichen Berichts von Dick Marty im Europa-Parlament werden sich “Unantastbare“, wie der amtierende Kosovo-Präsident Hashim Thaci, weniger unantastbar fühlen. Auch NATO-Exponenten wie Kouchner könnte das Lachen zukünftig etwas schwerer fallen.
 
K.Trümpy, ICDSM Schweiz
www.free-slobo.de
www.pda-basel.ch


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Das Kosovo, die Mafia und die Schweiz


(5/2/2011)


Im Bericht der Weltwoche vom 3.2.11 "Die Unantastbaren", siehe im Attachement, wird
ausführlich über die Protegierung der vom Westen geförderten zukünftigen kosovari-
schen Elite resp. Mafia in unserem Land berichtet. Wie die meisten europäischen Länder
hat sich auch die neutrale Schweiz nach dem Fall der Berliner-Mauer den Wünschen der
Westlichen-Wertegemeinschaft  resp. deren militärischem Arm, der NATO, nahtlos un-
tergeordnet. Im Weltwoche Bericht wird auch Adolf Ogi erwähnt, der seine schützende
Hand über Hashim Thaci hielt gegen den damals polizeiliche Ermittlungen eingeleitet
wurden. Ogi wurde für sein Wohlverhalten nach seinem Ausscheiden als Bundesrat im
Jahr 2000 mit dem Posten des UNO-Sonderberaters für Sport belohnt.
 
Die Weltwoche verfolgte bis zu den Ereignissen von Srebrenica im Jahr 1995 eine für
Schweizer-Verhältnisse ausgewogene Berichterstattung (Hanspeter Born) über die Jugos-
lawien Kriege. Im vorliegenden Bericht wird mehrmals die von Serbien ausgeübte Re
pression gegen Kosovo-Albaner angeführt. Damals im Kosovo lebende Serben haben
eher das Gegenteil in Erinnerung: Der Anteil der serbischen Bevölkerung schrumpfte von
1974 bis 1989 von 24% auf 10%. Immerhin werden im Bericht die "Ethnischen Säube-
rungen" der Serben in Anführungsstriche gesetzt. Bedenken sollte man, dass die Berichte
über das Ausmass der von Serbien begangenen Gräueltaten von den Kreisen stammen,
die im Kosovo einen Mafia-Staat errichtet haben, oder z.B. im arabischen Raum Folter-
Diktaturen am Leben erhalten. Generell erinnert im Fall Kosovo die Vorgehensweise, vor
allem der USA, stark an Sizilen, wo gegen Ende des Zweiten-Weltkrieges die siziliansche
Mafia zur Eindämmung des wachsenden kommunistischen Einflusses ausgebaut wurde.
 
Kaspar Trümpy, ICDSM Schweiz

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Weltwoche, 03.02.2011


Die Unantastbaren


Der Bericht des Europarats über angeblich illegalen Organhandel im Kosovo beschäftigt die Politik in Bern. Die Behörden wussten von den kriminellen Verstrickungen der kosovarischen Führung um Hashim Thaci. Sie unternahmen nichts. Belastende Pichen verschwanden. Von Kurt Pelda


Die Vorwürfe waren gruselig. Dick Marty, der Schweizer Sonderberichterstatter des Europarats, schrieb in einem Bericht, Prominente im Dunstkreis des kosovarischen Premierministers Hashim Thaci hätten illegal mit Organen von serbischen Kriegsgefangenen gehandelt. Seither geistert der Verdacht durch die Weltmedien. Am Montag präsentierte Marty den kontroversen Bericht auch der Aussenpolitischen Kommission des Nationalrats.

Eine mutmasslich dunkle Vergangenheit drängt mit Macht auf die Agenda, betroffen ist zentral auch die Schweiz. Die Behörden sehen sich mit unangenehmen Fragen konfrontiert. Was wusste Bern von den Verwicklungen der Befreiungsarmee des Kosovos (UCK) mit der Drogenmafia und dem organisierten Verbrechen? Warum wurde so wenig dagegen unternommen? Wurden die Verdächtigen aus politischen Gründen geschont?

«Ich erkenne einen Terroristen, wenn ich ihn sehe. Und diese Leute sind Terroristen», sagte der amerikanische Sondergesandte fürs Kosovo, Robert Gelbard, Anfang 1998 über die UCK. Diese kämpfte damals nicht nur für die Unabhängigkeit des Kosovos von Belgrad, sondern für ein «Grossalbanien», das auch Gebiete in Mazedonien oder Griechenland umfassen sollte. In der Schweiz lebten schätzungsweise 200’000 Kosovaren. Viele von ihnen – darunter UCK-Anführer wie Thaci - kamen wegen der serbischen Repression in die Schweiz und erhielten Asyl. Die Spannungen zwischen Serben und Kosovaren nahmen schon in den achtziger Jahren zu, vor allem nachdem der jugoslawische Präsident Slobodan Milosevic den Autonomiestatus der damaligen Provinz Kosovo 1989 drastisch beschnitten hatte.

Hashim Thaci gehörte 1993 zusammen mit Xhavit Haliti, Ali Ahmed und Azem Syla zu den Gründervätern der UCK, wie die Kosovo Force (Kfor), die Schutztruppe unter Führung der Nato, 2004 in einem Bericht schrieb. Die vier Kosovaren lebten jahrelang in der Schweiz. Der 1968 geborene Thaci stellte ein Asylgesuch, dem 1996 stattgegeben wurde, er hielt sich aber schon vorher im Kanton Zürich auf. Seine rechte Hand und Mann fürs Grobe, Xhavit Haliti, kam in den achtziger Jahren in die Schweiz. Thaci und Haliti gehörten auch zur Führung der Volksbewegung des Kosovos (LPK), dem politischen Arm der UCK, der sich ursprünglich am albanischen Kommunismus von Enver Hoxha orientierte. Laut einem geheimen Bericht des deutschen Bundesnachrichtendiensts (BND) von 2005 begründete Haliti seinen Reichtum unter anderem damit, dass er Gelder von der UCK abgezweigt habe. Er sei Finanzchef und Logistik-Leiter der Guerilla gewesen und habe den Fonds «Vendlindja Therret» (Das Vaterland ruft) kontrolliert. Dieser Fonds sammelte Spenden der kosovarischen Diaspora, wobei das Geld auch auf Schweizer Bankkonten zwischengelagert wurde.


Drogengelder flossen in die Schweiz


Zuwendungen erhielt die UCK laut Interpol auch von albanischen Verbrechernetzwerken. Wegen des Konflikts im ehemaligen Jugoslawien hätten die Drogenschmuggler ihre ursprüngliche Balkan-Route modifizieren müssen. Sechzig Prozent des für Westeuropa bestimmten Heroins seien dann über Albanien und Italien umgeleitet worden. Damit ist klar, warum die Mafia am Kosovo interessiert war: Die ehemalige jugoslawische Provinz und die angrenzenden Gebiete in Mazedonien und Albanien wurden zu einer wichtigen Drehscheibe für Heroin aus Afghanistan.

Der Schweiz sei als Logistikstützpunkt und Finanzierungsbasis der UCK grosse Bedeutung zugekommen, hiess es 1998 im Staatsschutzbericht der Bundespolizei. Bereits damals sei ein grosser Teil des Drogenhandels in der Schweiz von Kosovo-Albanern abgewickelt worden. Es sei zudem nicht auszuschliessen, dass Einnahmen aus dem Drogenschmuggel «teilweise auch zur Finanzierung extremistischer Gruppen oder des Unterhalts der Vertreter dieser Gruppen in der Schweiz» dienten. War das ein verkappter Hinweis auf die Anführer der UCK?

Noch 1998 schätzte die Bundespolizei die UCK ähnlich ein, wie dies die Amerikaner taten: So sprach der erwähnte Staatsschutzbericht von «Terrorakten» der UCK. Diese Wertung fehlt jedoch in späteren Veröffentlichungen. So sucht man das Wort «Terror» im Zusammenhang mit der UCK schon ein Jahr später vergeblich im Rapport der Bundespolizei. Wie konnte die Schweiz ihre Meinung innerhalb so kurzer Zeit ändern?

Die Antwort liegt bei der abrupten Kehrtwende der Amerikaner. Im Juni 1998 reiste Clintons Gesandter Gelbard nach Genf, um sich mit UCK-Vertretern zu treffen. Ebenfalls in der Schweiz signalisierte der US-Sondergesandte für den Balkan, Richard Holbrooke, der UCK kurz darauf, dass die USA über eine allfällige Unabhängigkeit des Kosovos nachdenken könnten, falls sich die UCK korrekt verhalte. Für Thaci und seine Mitstreiter war das, wie wenn Manna vom Himmel fiele. Plötzlich wurde die UCK zum respektierten Gesprächspartner des mächtigsten Lands der Welt. Die Bewegung entledigte sich aller Symbole, die an ihre kommunistische Vergangenheit erinnerten. Auch die wilden Bärte, die viele ihrer Kämpfer anfänglich trugen, mussten entfernt werden. Schliesslich sollte nun in Vergessenheit geraten, dass die grösstenteils muslimische UCK Kontakte ins islamistische Milieu unterhalten hatte. Fortan bemühte sich die Guerilla um eine Fassade, die der Westen akzeptieren konnte. Als Gesicht nach ausser diente dabei Thaci, der dank eines Stipendium an der Universität Zürich gelernt hatte, wie man sich eloquent zu Werten wie Rechtsstaat, Demokratie, Menschenrechten und Minderheitenschutz bekennt. Seinen ersten fulminanten Auftritt hatte er bei den Friedensgesprächen im französischen Schloss Rambouillet im Februar 1999 zusammen mit der damaliger US-Aussenministerin Madeleine Albright.

Bern setzte schon bald zum «autonomer Nachvollzug» der amerikanischen Kehrtwendung an. Nachdem der Asylant Thaci zwischen der kosovarischen Kampfzone und der Schweiz gependelt hatte, erklärte der damalige Direktor des Bundesamts für Flüchtlinge, Jean-Daniel Gerber, dem Magazin Du, warum die Behörden ihm den Flüchtlingsstatus nicht entzogen: «Wir haben uns das zusammen mit dem Departement für auswärtige Angelegenheiten (EDA) genau überlegt. Thaci war als Verhandlungsleiter der kosovo-albanischen Seite durch die internationale Gemeinschaft legitimiert. Er galt zudem als politischer Führer, er war nicht der militärische Chef der UCK. Als De-facto-Ministerpräsident war er vielmehr ein Mittler zum Frieden. Wir wollten ihm also keinen Stein in den Weg legen.» Gerber habe sich damals mehr Sorgen gemacht über all die andern Kosovaren, die sich bewaffnet und dann einen kleinen Grenzverkehr zwischen der Schweiz und dem Kosovo eröffnet hätten. Dass Thacis rechte Hand Haliti und andere in der Schweiz lebende UCK-Kaderleute an vorderster Front an diesem «Grenzverkehr» beteiligt waren, wusste Gerber entweder nicht, oder er wollte es nicht wahrhaben.


Anklage politisch nicht opportun


Die UCK war keine einheitliche Bewegung mit zentraler Führung, sondern bestand aus Faktionen, die sich vor allem nach Clanzugehörigkeit gebildet hatten. Als mächtigste Fraktion sollte sich die von Thaci angeführte Drenica-Gruppe erweisen. Sie war nach dem hügeligen Drenica-Gebiet im Zentralkosovo benannt, aus dem auch Thaci stammte. In Geheimdienstberichten tauchte die Drenica-Gruppe immer wieder im Zusammenhang mit dem organisierten Verbrechen auf, wobei Thaci als «grosser Fisch» oder führender Kopf bezeichnet wurde. Neben Drogenschmuggel und Geldwäscherei warfen diese Berichte dem Netzwerk auch Prostitution und Menschenhandel vor.

Während sich Thaci an der Uni Zürich vor allem für politische und strategische Studien interessierte, studierte Haliti dort Psychologie. Wegen der kriegerischen Ereignisse im Kosovo Ende der neunziger Jahre brachten es beide UCK-Kader jedoch zu keinem Abschluss. Schon vorher hatte die Polizei Ermittlungen aufgenommen, denn die Kosovaren waren in der Schweiz nicht nur politisch tätig. Bereits 1990 filmten Drogenfahnder den Eingang des Zürcher Hauses, in dem Haliti wohnte. Der Zufall wollte es, dass zwei mutmassliche Angehörige des jugoslawischen Geheimdienstes eine Splitterbombe vor Halitis Wohnung zur Explosion brachten - beobachtet von der Zürcher Polizei. Haliti und Thaci waren den Be- hörden einschlägig bekannt, wie ein Ermittler erzählt, der sich an die Fälle erinnern kann, aber anonym bleiben will. Gegen die beiden UCK-Führungsleute seien Mitte der neunziger Jahre handfeste Indizien vorgelegen, die für eine Anklage wegen Drogen- und Eigentumsdelikten ausgereicht hätten. «Der Polizei sind damals Steine in den Weg gelegt worden, vor allem vom EDA aus Bern.» Eine Anklage erschien politisch nicht opportun, weil Thaci ein Lieblingskind der Amerikaner wurde. Heute gebe es Hinweise, dass die Polizeifichen von Thaci und Haliti gelöscht worden seien, sagt der Ermittler.


Die Bundesanwaltschaft sperrte Konten


Für belegt hielten die Behörden Aktivitäten von Kosovo-Albanern im Drogenhandel, Verwicklungen kosovarischer Reisebüros in die Geldwäscherei und Fälle von Waffenschmuggel, wie aus Akten des Bundesamts für Polizei hervorging. Tatsächlich zeigten Fotos UCK-Kämpfer in «Vierfrucht-Kampfanzügen» und

mit modernen Sturmgewehren 90 der Schweizer Armee. Das vermeintliche Basler Hilfswerk «Mutter Teresas Anhänger» versuchte, Nachschub für die UCK mit ehemaligen Schweizer Armeelastwagen nach Albanien zu bringen. Die italienische Polizei fing den Konvoi ab und entdeckte Waffen und Munition. Das Kriegsmaterial war in Holzkisten mit doppelten Böden versteckt, wobei Hilfsgüter als Tarnung dienten. Die Bundesanwaltschaft sperrte 1998 mehrere Bankkonten des Spendenfonds «Das Vaterland ruft», weil der Verdacht bestand, dass mit dem Geld illegal Waffen gekauft wurde.

Albanischstämmige Verbrechernetzwerke seien mit der UCK verknüpft und beeinträchtigten die innere Sicherheit der Schweiz, warnte das Bundesamt für Polizei in seinen Akten. Die UCK sei zudem auf die logistische und finanzielle Unterstützung der organisierten Kriminalität angewiesen. Im Bereich des Waffenhandels gebe es Drahtzieher in der Führungsschicht der UCK, und Haliti sei für die logistische Aufrüstung der Guerilla verantwortlich. Es sei davon auszugehen, dass in der Schweiz die gleichen Verflechtungen zwischen politischen Vereinigungen, bewaffneten Gruppen und organisierter Kriminalität bestünden wie im Kosovo. Rund jeder Fünfte in der Schweiz lebende UCK-Anhänger sei durch kriminelles Verhalten aufgefallen.

Nachdem die Friedensgespräche von Rambouillet keine Lösung des Kosovo-Problems gebracht hatten, bombardierte die Nato im Frühling 1999 serbische Ziele im Kosovo und in Serbien. In dieser Zeit liess Milosevic die brutalen «ethnischen Säuberungen» verstärken, wodurch nochmals Hunderttausende kosovarischer Zivilisten vertrieben wurden. Am Schluss zwangen die Nato-Bomben Milo- sevic, seine Soldaten und Schergen aus dem Kosovo abzuziehen. Die ehemalige jugoslawische Provinz wurde zu einem Protektorat der Uno, wo die von der Nato angeführte Schutztruppe Kfor für Frieden sorgen sollte. Die UCK löste sich pro forma auf, und manche ihrer Kämpfer traten den neugegründeten kosovarischen Sicherheitskräften bei. In einem Leitartikel verwies die Allgemeine Schweizerische Militärzeitschrift im Oktober 1999 auf die kriminellen Machenschaften der UCK und deren Verbindungen zur Drogenmafia und forderte die Ausweisung der Führungsleute. Der Autor, Albert Stahel, ist Dozent für strategische Studien an der Universität Zürich. Er kannte Thaci, dieser war ein fleissiger Besucher seiner Vorlesung «Kriege der Gegenwart» und interessierte sich für den in den achtziger Jahren geführten Kampf der afghanischen Mudschaheddin gegen die Sowjets, wie sich Stahel erinnert: «Von den Mudschaheddin hat Thaci viel gelernt.»


«Multifunktionale Personen»


Seine Studien beendete Thaci 1998 vorzeitig, um ins Kosovo zurückzukehren. Er besuchte seine Frau aber auch danach in der Schweiz. Gegen ihn und seine Mitstreiter vorzugehen war politisch auch deshalb nicht angebracht, weil der damalige SVP-Verteidigungsminister Adolf Ogi den Schweizer Beitritt zum Nato-Programm «Partnerschaft für den Frieden» und die Entsendung von Gelbmützen ins Kosovo betrieb. Vor diesem Hintergrund war es nicht hilfreich, wenn zu viel über die mafiosen und islamistischen Verbindungen von UCK-Führungsleuten geredet wurde.

Spätestens 2001 wussten die Schweizer Behörden von Geheimdienstberichten der Nato und der Kfor, in denen Thacis rechte Hand und Berater Haliti als Teil krimineller Netzwerke beschrieben wurde. Erst als die ehemalige UCK-Führungsriege ihren Krieg ins benachbarte Mazedonien exportieren wollte, hatte der Bundesrat genug: Im Juni 2001 verbot er unter anderem Haliti die Einreise in die Schweiz. In der Medienmitteilung des Justiz- und Polizeidepartements stand aber nicht, was das Bundesamt für Polizei in seiner entsprechenden Verfügung schrieb, nämlich, dass Haliti «gemäss zuverlässigen Quellen in das organisierte Verbrechen Albaniens involviert» sei. Bei diesen Quellen handelte es sich um die besagten Geheimdienstberichte.

Haliti und Thaci arbeiteten auch nach ihrem Aufenthalt in der Schweiz eng zusammen. In einem geheimen Kfor-Bericht von 2003 wird Haliti als Thacis Sprachrohr und Statthalter bezeichnet. Haliti gehört heute zum Präsidium des kosovarischen Parlaments und ist Mitglied in Thacis Demokratischer Partei. Die beiden Männer gaben sich grosse Mühe, nicht gemeinsam aufzutreten, heisst es in dem Bericht. In Diskussionen habe Thaci das letzte Wort, während sich Haliti um die praktische Umsetzung der Beschlüsse kümmere, was vor allem für die schmutzigeren Aufgaben gelte. Haliti, der viele Liegenschaften im Kosovo, in Albanien und in der Schweiz besitze, werde es nicht wagen, auf Thacis Füsse zu treten, denn dieser wisse zu viel über ihn.

Der erwähnte Geheimbericht des BND führt unter anderem Thaci und Haliti als Schlüsselfiguren des organisierten Verbrechens auf. Die kriminellen Netzwerke des Kosovos seien nicht am Aufbau einer funktionierenden staatlichen Ordnung nach westlichem Vorbild interessiert, weil dadurch der florierende Schmuggel beeinträchtigt würde. Der BND wirft Thaci und Haliti auch vor, Auftraggeber eines Profikillers gewesen zu sein. Es handle sich bei ihnen um «multifunktionale Personen» mit anscheinend politischer Ausrichtung, die sich selber nicht die Hände schmutzig machten. «Sie schaffen durch ihre Beziehungen in Politik, Wirtschaft und bei den Ordnungskräften [...] für die organisierte Kriminalität Freiräume und Zugänge für deren klassische Betätigungsfelder.»

Sowohl Thaci als auch Haliti haben Verwicklungen mit Verbrechern oder Menschenrechtsverletzungen immer bestritten. Die Vorwürfe in den Geheimdienstberichten seien ungenau, beruhten nicht auf Fakten und gingen zum Teil auf serbische Propaganda zurück. Bis heute hat kein ordentliches Gericht die Anschuldi- gungen geprüft. Die einst von der Schweiz aufgenommenen Asylanten sind unantastbar geblieben.



Verwirrung um das gelbe Haus


Was ist dran an den Vorwüfen illegalen Organhandels im Kosovo?

Von Kurt Pelda


Im Kosovo-Krieg und in der Zeit nach der Stationierung der Schutztruppe Kfor im Juni 1999 verschwanden schätzungsweise 4600 Personen im Kosovo und in den angrenzenden Gebieten. Von den Vermissten wurden später rund 2500 Leichen in Massengräbern gefunden, die meisten von ihnen Kosovaren, Opfer serbischer Gewalttaten. Schon früh gab es aber auch Berichte, dass die Befreiungsarmee des Kosovos (UCK) Angehörige der serbischen Minderheit sowie angebliche kosovarische Kollaborateure und Roma folterte oder ermordete, viele davon bei Racheakten auf die zuvor erfolgten «ethnischen Säuberungen» der Serben. Laut einem Bericht der amerikanischen Menschenrechtsorganisation Human Rights Watch aus dem Jahr 2001 waren für viele dieser Verbrechen eindeutig UCK Angehörige verantwortlich.

Nach der Ankunft der Kfor und der Uno-Interimsverwaltung im Kosovo (Unmik) tauchten zudem Berichte auf, laut denen die UCK gefangene Serben und angebliche kosovarische Kollaborateure über die Grenze nach Albanien brachte und in Gefangenenlagern festhielt, misshandelte und folterte. Albanien liegt nicht im Mandatsgebiet der Unmik oder des Uno-Tribunals in Den Haag, das die Kriegsverbrechen im ehemaligen Jugoslawien untersucht. Als José Pablo Baraybar, der Chefermittler des Unmik-Büros für vermisste Personen und Forensik, im Juni 2002 erstmals in Dossiers von Vorwürfen illegalen Organhandels an die Adresse der UCK las, sah er keine Handhabe, der Sache in Albanien auf den Grund zu gehen. Laut mehreren Zeugen soll die UCK serbische Gefangene ermordet haben, um deren Nieren auf dem Schwarzmarkt zu verkaufen.

Erst 2004 wurde Baraybar vom Uno-Tribunal beauftragt, ein von Zeugen erwähntes gelbes Haus in der Nähe der nordalbanischen Ortschaft Burrel zu suchen. Im nahe gelegenen Dorf Rribe wurde Baraybar fündig, auch wenn das besagte Haus inzwischen weiss gestrichen war. Im Innern stiessen die Ermittler auf Blutspuren, und nur wenige Schritte entfernt wurden Spritzen und leere Behälter von Medikamenten gefunden, wie man sie bei chirurgischen Eingriffen verwendet. Die vermuteten Gräber der Ermordeten konnte Baraybar wegen des Widerstands der Einheimischen aber nicht näher inspizieren. Die Schlussfolgerung des internen Unmik-Berichts lautete: «Auf der Grundlage unserer Untersuchungen gibt es unserer Meinung nach keine schlüssigen Beweise, dass Personen als Folge krimineller Handlungen in dem Haus südwestlich von Burrel in Albanien geblutet haben.» An die Öffentlichkeit gelangten die Berichte über den angeblichen Organhandel erst 2008 durch die Memoiren der Tessinerin Caria Del Ponte. Laut der Chefanklägerin des Uno-Tribunals für das ehemalige Jugoslawien wurden aus dem Kosovo entführte Personen in einer Baracke neben dem Haus festgehalten. Später hätten ihnen Ärzte in einem improvisierten Operationssaal im gelben Haus die Nieren entnommen, die dann über den Flughafen der albanischen Hauptstadt Tirana zu den Empfängern im Ausland spediert worden seien.


Marty ist glaubwürdiger als Del Ponte


Diese Vorwürfe wiederholte Sonderberichterstatter Dick Marty in seinem Bericht -

allerdings mit wichtigen Modifikationen. Weil offenbar viele Journalisten Martys Papier nur überflogen hatten, hiess es in zahlreichen Medien, die Organe seien den entführten Serben in besagtem gelben Haus entfernt worden. Marty betonte jedoch, dass das Haus wahrscheinlich nur als Durchgangslager benützt worden sei. Dort habe man den Unglücklichen unter anderem Blutproben entnommen, um die Übereinstimmung mit den potenziellen Empfängern der Organe zu testen. Gestützt auf Zeugenaussagen, schrieb Marty, man habe die dem Tod Geweihten später in eine Klinik in der Nähe der Ortschaft Fushe-Kruja gebracht. Dort seien sie mit Kopfschüssen ermordet worden, worauf Ärzte die Nieren herausoperiert hätten. Das ist prinzipiell möglich, wie der Chirurg und Chef von Swisstransplant, Franz Immer, erklärt. Die Nieren könnten in einer Kühlbox bei vier Grad bis zu 48 Stunden aufbewahrt werden.

Auch wenn Marty keine handfesten Beweise hat, klingt seine Version weniger unglaubwürdig als jene von Del Ponte: Das gelbe Haus von Rribe war kein idealer Standort für eine Organentnahme. Dass Ärzte Entführten dort erst eine Niere entfernten, die Opfer wieder zunähten und weiterleben liessen, bis die zweite Niere an der Reihe war, wie dies Del Ponte behauptet, wirkt angesichts der prekären Verhältnisse wenig wahrscheinlich. Ausserdem ist Rribe zu abgelegen. Fushe-Krujaliegt dagegen keine 20 Kilometer von Tiranas internationalem Flughafen entfernt.

Obwohl mehrere Standorte bekannt sind, wurden in Albanien bisher keine Gräber ausgehoben, um die Leichen angeblicher Opfer zu untersuchen. Es ist abzuwarten, ob die European Union Ruie of Law Mission (Eulex) im Kosovo bei diesem Vorhaben weiterkommt als die Unmik und das Uno- Tribunal für das ehemalige Jugoslawien.


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(Siehe: Hashim Thaci von Schweiz aufgepäppelt - von K. Trümpy, ICDSM Schweiz 
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6947 )

Nachtrag zu: H.Thaci von Schweiz aufgepäppelt


(3/1/2011)


Betreff: Hashim Thaci von Schweiz aufgepäppelt

Die Unterstützung der  Schweiz für Herrn Thaci (UCK-Name: "die Schlange") fängt schon viel früher *1 an.  Alles mit Vorbehalt meiner Erinnerung,  d.h. ohne Gewähr/müsste überprüft werden!: Herr Thaci "studierte" in den 90er  Jahren in Zürich. Whs. hatte er den Status eines politischen Flüchtlings. Neben seinem "Studium" widmete er sich dem Kampf für die Sezession Kosovos. Hauptaktivitäten: Geldsammeln für die UCK (u.a. whs. Schutzgelderpressungen), Waffenschmuggel (u.a. ausrangiertes  Material der Swiss Army und der deutschen Wehrmacht), ziemlich sicher auch Geld aus  dem von Kosovo-Albanern  beherrschten Heroinhandel und anderen kriminellen Aktivitäten. Diese mit seinem Status und der Neutralität der CH  unvereinbaren Handlungen waren den Schweizer Behörden sehr wohl bekannt und wurden geduldet, wenn nicht sogar  gefördert ! Thaci wurde den Schweizern nämlich von seinen "Paten" bei CIA und BND sehr "ans Herz gelegt". Zürich *2  spielte überhaupt bei der Vorbereitung der Kosovosezession eine wichtige und unrühmliche Rolle. Wichtige  kosovarische Hetzblätter erschienen dort (u.a. finanziert vom gleichen kosovarischen im Tessin wohnhaften Multimillionär *3, der Jelzin bestochen (Affäre weisser Palast) und damit Russlands Passivität im Kosovo-Krieg bewirkt hatte. Auch Herr  Haradinaj, ein anderer  prominenter "Politiker" war in ZH (als "Türsteher" bzw. Schläger im  Rotlichtmilieu) tätig.  Inzwischen stand er in Den Haag wg. Kriegsverbrechen vor Gericht. Wurde 
"natürlich" freigesprochen. Ein anderes Zentrum der UCK war Genf mit seiner Kosovo-"Uni" (Herr Leuenberger *4 (nicht der Moritz) und Frau Calmy-Rey ?). 
Erstaunlich oder viel mehr nicht erstaunlich, dass kein Journalist diese interessante Geschichte aufnimmt !? Es käme sicher noch viel Interessantes heraus. Thaci ist natürlich nicht das erste "Monster" welches Helvetia im Laufe der Geschichte an ihrem Busen genährt oder dessen Geldbörse sie gehütet hat.

Grüsse: Nenad Pavic
  
*1 Schon in den 80er Jahten
*2 Tagesanzeiger, NZZ
*3 Behgjet Pacolli
*4 Ueli Leuenberger, Chef CH-Grüne
 
K.Trümpy


=== 3 ===


http://www.heise.de/tp/r4/artikel/34/34133/1.html

TELEPOLIS

Nieren aus dem Kosovo

Harald Neuber 03.02.2011

Führung der serbischen Ex-Provinz soll in Organhandel verstrickt sein. Beweise verschwanden. Nun ermitteln die EU-Verwalter – aber nur widerwillig

Nur unwillig und erst nach massiven Druck des Europarates hat die Rechtsstaatlichkeitsmissionen der Europäischen Union im Kosovo ( EULEX (1)) Ermittlungen gegen den Regierungschef und ehemaligen Kommandanten der paramilitärischen Organisation UÇK, Hashim Thaci, aufgenommen. Die EULEX folgte damit Ende vergangener Woche der expliziten Aufforderung der parlamentarischen Versammlung des Europarates wegen wieder aufgekommener Vorwürfe, Thaci sei in Organhandel verstrickt gewesen.

Das Gremium bestärkte mit der Entschließung den Bericht (2) seines Mitglieds, des Schweizer Abgeordneten und Juristen Dick Marty. Ob die Nachforschungen der EULEX-Staatsanwälte zu einem Ergebnis führen, ist jedoch fraglich. Zu Beginn des Verfahrens forderten die EU-Rechtshüter von Marty die Beweise an, ohne zunächst selbst investigativ tätig zu werden. Thaci lässt sich indes nicht allzu sehr beeindrucken. Er bildete Ende Januar eine Regierung unter Führung seiner Partei PDK (3).

Dabei hätte der Marty-Bericht für den 42-Jährigen zu keinem ungünstigeren Zeitpunkt kommen können. Nur fünf Tage nach den ersten Parlamentswahlen im Kosovo seit der Loslösung von Serbien war der Schweizer Europarat-Abgeordnete Mitte Dezember in Paris vor die Kameras getreten, um seinen knapp 30-seitigen Bericht vorzustellen. Und der hatte es in sich: Thaci sei während des Bürgerkrieges 1998 und 1999 an kriminellen Strukturen beteiligt gewesen, die unter anderem in Drogen- und Organhandel verstrickt waren. Serbischen Gefangenen der paramilitärischen Organisation UÇK und kosovo-albanischen Gegnern der Milizen seien Organe entnommen worden, um sie auf dem Schwarzmarkt zu verkaufen.

Schwere Vorwürfe erhob der liberale Politiker gleich auch gegen die Verantwortlichen in der EU. Sie hätten seit Jahren von den mutmaßlichen Verbrechen gewusst, unter Rücksicht auf die außenpolitischen Ziele auf dem Westbalkan aber geschwiegen. Entsprechend konterte Marty nun auch auf die Kritik aus der EU. "Die, die jetzt wie Ziegen auf ihre Stühle springen und 'Beweise, Beweise' blöken, die würde ich gerne fragen: Warum habt ihr das nicht schon früher getan?", zitiert (4) der ARD-Korrespondent Martin Durm den streitbaren Juristen und Politiker: "Warum war euch euer Opportunismus wichtiger als Gerechtigkeit und elementare Menschenrechte, die ihr doch in euren Reden immer wieder für euch reklamiert?"

Vorwürfe gegen "die Schlange" Thaci seit Jahren bekannt

Natürlich weiß in Brüssel und in den EULEX-Büros jeder von der obskuren und womöglich blutigen Vergangenheit des umstrittenen Regierungschefs. Der von Washington und Brüssel protegierte Thaci war in der ersten Hälfte der 1990er Jahre an der Gründung der UÇK beteiligt. Vor Beginn des Kosovo-Krieges waren seine Einheiten für Überfälle auf Polizeieinheiten in der damals südserbischen Provinz verantwortlich. Während des Separationskrieges 1998 stieg Thaci unter dem Decknamen "Gjarpni" (Die Schlange) in den Führungsstab der Milizen auf und befehligte mehrere hundert Paramilitärs in der heutigen Region Malisheva im Südwesten des Kosovos.

Die Vorwürfe, nach denen Thaciin dieser Zeit mafiöse Strukturen aufgebaut hat, sind nicht neu. Aber Marty - Mitglied der Liberalen Partei und ehemaliger Staatsanwalt des Kantons Tessin - führt eine Reihe neuer Spuren und Indizien an, die für den ersten Ministerpräsidenten des Balkanstaates gefährlich werden könnten. Unter Berufung auf Zeugenaussagen und ehemalige Mitstreiter zeichnet der Jurist Route und Methode des Organraubes nach. Thaci habe damals als führendes Mitglied der sogenannten Drenica-Gruppe Gefangene der Milizen in das benachbarte Albanien verschleppen lassen. In vier Häusern seien die Geiseln mit einem Kopfschuss hingerichtet worden, um ihnen umgehend die Organe, vor allem Nieren, zu entnehmen. Diese seien dann über den Airport der Hauptstadt Tirana ausgeflogen worden.

Neben Zeugenaussagen stützt sich Marty in seinem Bericht auf geheimdienstliche Erkenntnisse, zu denen er Zugang hatte. Der deutsche BND, der italienische SISMI, Großbritanniens MI5 und der griechische EYP hätten Thacis Aktivitäten beobachtet. Nachdem die NATO den Kosovo-Krieg mit massiven Luftschlägen zugunsten der Rebellen entschieden hatte, sei der heutige Regierungschef in den Geheimdienstberichten als einer der gefährlichsten Mafia-Bosse bezeichnet worden. Tatsächlich laufen gegen den Transportminister Fatmir Limaj derzeit ebenso strafrechtliche Ermittlungen wie gegen den Funktionär von Thacis PDK-Partei, Azam Syla.

Zuspruch von Ex-Chefanklägerin Carla del Ponte

Dennoch reagierten die EU-Verantwortlichen zunächst mit Vorbehalten auf die neuen Indizien zum Organhandel. Das erklärte Ziel in Brüssel ist, die Lage in dem Kleinstaat auf dem Balkan zu beruhigen, wenngleich die Widersprüche größer werden. Auch nach dem Votum der parlamentarischen Versammlung des Europarates zeigten sich die Verantwortlichen vor Ort reserviert. Die in dem Bericht aufgeführten Indizien reichten für die Eröffnung eines Ermittlungsverfahrens nicht aus, erklärte (5) EULEX-Sprecherin Karin Limdal Mitte Dezember. Gut einen Monat später eröffnete man das Verfahren zwar, forderte aber Beweise an, um es fortzuführen. Marty weist dies zurück. Nach dem Mord mehrerer Zeugen müsse er seine Informanten schützen.

Dabei drängt auch die Ex-Chefanklägerin am Internationalen Strafgerichtshof für die Kriegsverbrechen im ehemaligen Jugoslawien, Carla del Ponte, auf Nachforschungen. Diese Ermittlungen dürften jedoch nicht von Behörden im Kosovo oder in Albanien geleitet werden, sagte (6) die heutige Schweizer Botschafterin in Argentinien: "Die haben ja schon gesagt, dass alle unschuldig sind."

Tatsächlich waren Nachforschungen des Tribunals unter Del Pontes Führung auch daran gescheitert, dass Albanien die Zusammenarbeit verweigerte. Erst unter dem Druck der Öffentlichkeit sicherte Regierungschef Sali Berisha Mitte Dezember seine Kooperation zu. Damit könnte immerhin Bewegung in den Fall kommen, den einige ungeklärt lassen wollen. Am Ende ihrer Amtszeit am Jugoslawien-Tribunal sei sie "erschüttert" gewesen, so Del Ponte, dass Beweismittel aus den Ermittlungen gegen die mutmaßliche Organ-Mafia verschwunden sind. "Blutproben, Lappen und Fotos" aus einem der Häuser in Albanien seien verschwunden, mögliche Zeugen wurden ermordet.

Dass die Thaci-Anhänger nach wie vor nicht zimperlich sind, beschreibt ARD-Mann Durm aus Strasbourg in einer Szene über Proteste während der letzten Pressekonferenz Martys vergangene Woche. Rund 100 Personen hatten sich demnach vor dem Gebäude versammelt. "Dick Marty, dieser Hurensohn, den haben doch die Serben bezahlt. Wenn du Dick Marty siehst, sag ihm, ich warte hier auf ihn. Ich bring ihn um. Der so Geschmähte betrat das Gebäude wenig später durch einen Seiteneingang.

Links

(1) http://www.eulex-kosovo.eu/en/front/
(2) http://assembly.coe.int/ASP/APFeaturesManager/defaultArtSiteView.asp?ID=964
(3) http://www.pdk49.com/index.php?page=1,1
(4) http://www.tagesschau.de/ausland/organhandel106.html
(5) http://gazetashqiptareonline.com/kosovo-eu-probes-reports-of-black-market-kidneys.html
(6) http://www.europeonline-magazine.eu/del-ponte-fordert-ermittlungen-wegen-organhandelgespraech-jan-uwe-ronneburger-dpa_100603.html

Telepolis Artikel-URL: http://www.heise.de/tp/r4/artikel/34/34133/1.html


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A proposito di "martiri delle foibe"

1) Dall'ANPI di Viterbo:
- Sulla pubblicazione dell’elenco dei viterbesi “infoibati”
- Estratto dal Resoconto del Congresso del Comitato provinciale

2) GIORNO DEL RICORDO 2011: A PROPOSITO DI “MARTIRI DELLE FOIBE” (C. Cernigoi)

3) Menzogne di regime (F. Guastarazze)

Sulla disinformazione strategica a proposito delle "foibe" e la campagna revanscista e neoirredentista in atto in Italia da alcuni anni rimandiamo anche a tutta la documentazione raccolta alla nostra pagina dedicata: https://www.cnj.it/documentazione/paginafoibe.htm . Lì si trovano anche molti riferimenti e testi riguardanti le questioni ("infoibati" viterbesi, Norma Cossetto, ecc.) affrontate di seguito.


=== 1 ===

Oggetto: su Conferenza stampa foibe

Data: 05 febbraio 2011 20.51.46 GMT+01.00


Sulla pubblicazione dell’elenco dei viterbesi “infoibati”

Nel 2001, l’Amministrazione comunale di Viterbo aveva intestato un cippo in largo Martiri delle foibe istriane a Carlo Celestini “sacrificato nelle foibe”. Due anni fa abbiamo redatto un comunicato stampa per dimostrare che, in base a documentazione inconfutabile, le circostanze dell’infoibamento non risultassero affatto. Il Comune di Viterbo non ha mai risposto. 
Durante le celebrazione del Giorno del ricordo 2010, però, il consigliere comunale di maggioranza Maurizio Federici aveva parlato di “dodici martiri, nati a Viterbo e provincia, che da alcune ricerche storiche risultano deceduti a seguito di deportazione, fucilazione o infoibamento”. Così avevamo inoltrato all’assessore una lettera per sapere circa i nomi di questi dodici, senza ottenere risposta. 
  Stamattina, con una conferenza stampa tenuta da Federici assieme ad altri esponenti del locale centrodestra, sono stati pubblicati questi nomi che, frattanto, sono diventati diciotto (http://tusciaweb.it/notizie/2011/febbraio/5_23foibe.htm ). Faremo al più presto ricerche a riguardo, in quanto la storiografia, come tutte le scienze, comporta rigore, serietà e scrupolosità che possono venir meno in un semplice scambio di battute.
Tralasciando ora il fatto che nella conferenza stampa, almeno da quanto riportano i giornali, non si sia fatto cenno delle politiche antislave del fascismo, né del martirio cui sono state sottoposte le popolazioni balcaniche occupate dai fascisti (deportazioni e fucilazioni di massa, distruzioni di interi villaggi etc.), veniamo ai dati forniti nell’elenco dei nomi. Nessuno di questi elencati - va da sé tutti soldati - risulta inoppugnabilmente infoibato e, “probabilmente infoibato” non necessariamente significa effettivamente infoibato. Per alcuni si dice esplicitamente che le cause della morte sono ancora in fase di accertamento, per altri si parla di fucilazione o decesso a seguito di internamento, mentre per qualche caso è notizia certa il solo avvenuto decesso, anche a distanza di anni dalla fine del conflitto! In sostanza, è sufficiente la sola circostanza di essere venuti a mancare nei Balcani per essere definiti “infoibati con la sola colpa di essere italiani”. Un infoibamento ormai esteso a tutte le possibili cause di morte. Senza contare che nei Balcani, dopo l’8 settembre 1943, i soldati italiani, a migliaia, sono stati fucilati, deportati nei campi di sterminio o sono deceduti nei campi di prigionia per mano dei nazifascisti. 
Proprio in merito a Celestini, la scheda, sospettosamente breve, riporta soltanto: “CELESTINI Carlo, di Crescenziano, nato a Viterbo nel 1922, scomparso, infoibato nel 1945 a Dyakovo”. Il Comune, in tutta evidenza, non intende rendere pubblica la documentazione su cui si basò l’intestazione del cippo, né motivare a riguardo. In compenso, Federici, parlando delle celebrazione del 10 febbraio, annuncia: “Deporremo un mazzo di fiori al monumento dedicato a Carlo Celestini, un martire delle foibe”. Come dire: alla faccia vostra! 
Fermo restando il rispetto e la pietà che si debbono a tutti i morti, siamo sempre più palesemente dinanzi ad un uso, quantomeno, scorretto delle fonti, privo anche dei più basilari criteri storiografici, sacrificati nel nome di opinioni e convinzioni personali, con l’obiettivo politico di diffamare la lotta partigiana.

Silvio Antonini
Segretario e Portabandiera
Anpi Cp Viterbo 
 


Estratto dal Resoconto del Congresso del Comitato provinciale Anpi di Viterbo: 

Sabato 29 gennaio 2011, presso la sede dell’associazione Viterbo con amore, via Cavour, 97, si è riunito il Congresso del Comitato provinciale (Cp) Anpi di Viterbo, in vista del 15° Congresso nazionale, che si terrà a Torino il 24-27 marzo. Hanno partecipato all’evento oltre trenta persone tra cui molti giovani e giovanissimi che mai si erano avvicinati all’Associazione. (...)
In merito al Giorno del ricordo, il documento del Cn denuncia il fatto che la ricorrenza si sia trasformata in celebrazione “dell’orgoglio fascista”. Come Cp Viterbo affermiamo che l’istituzione di questa ricorrenza sia già di per sé strumentale, poiché finalizzata a denigrare l‘Antifascismo, la lotta partigiana e le popolazioni slave: siamo l’unico paese europeo ad aver fatto assurgere ad evento luttuoso un trattato di pace dopo una guerra che aveva visto l’Italia come aggressore di popoli vicini e, per giunta, sconfitta. Ormai è palese come l’ “operazione foibe” non si basi affatto su criteri storiografici, anche quelli più basilari (abbiamo trattato più volte l’argomento, sia a livello locale sia nazionale), ma su faziosità ideologiche e etniche, un tempo appannaggio dell’estrema destra, divenute istituzionali per ragioni politiche. In base a ciò, chiediamo che il 10 febbraio diventi la Giornata dell’amicizia tra il popolo italiano e quelli balcanici, contro la xenofobia e le guerre.  (...)
Sulle questioni locali: il Cp intende fare una proposta circa la toponomastica del Comune di Viterbo, nello specifico sul largo Martiri delle foibe istriane e sul cippo che vi ricorda Carlo Celestini, viterbese “sacrificato nelle foibe”. Due anni fa siamo intervenuti pubblicamente denunciando il fatto che dalla documentazione dell’Archivio di Stato non risulta affatto che questi sia stato infoibato, chiedendo spiegazioni all’Amministrazione comunale, per un’intestazione fortemente sospetta di arbitrarietà, pure grossolana. Non abbiamo ottenuto risposta alcuna. È altresì inaccettabile, in termini di cifre e verità storica, quanto scritto sulla targa posta nel largo in questione, che riporta di “migliaia di italiani sacrificati con la sola colpa di essere italiani”. Chiediamo, quindi, che quel largo cambi intestazione per essere dedicato ai Viterbesi vittime del fascismo, a partire da quelli assassinati negli anni Venti (Antonio Prosperoni, Tommaso Pesci e Antonio Tavani) su cui si dispone di abbondante quanto inconfutabile documentazione. In questo largo, un cippo potrebbe ricordare proprio Tommaso Pesci, contadino ucciso, senza motivo, con un colpo dritto in faccia sparato da un fascista orvietano, mentre era inerme sull’uscio di casa, in via Lucchi, il 10 luglio 1921 (inaugurazione del gagliardetto fascista). Nel 90° anniversario dei fatti, Viterbo renderebbe omaggio a un suo cittadino, i cui familiari non ottennero giustizia.
Il Congresso ha rappresentato un’occasione per il ridefinire l’assetto del Consiglio direttivo. È riconfermato l’incarico di Presidente a Renato Busich. Con la morte di Rosa Mecarolo, era rimasto vacante l’incarico della Presidenza onoraria, ora affidato a Nello Marignoli, Partigiano viterbese combattente in Jugoslavia, iscritto Anpi dal 1947. Marignoli, assente per motivi di salute, ha ringraziato della nomina per telefono. È stato eletto consigliere Francesco Antonaroli che, ormai da anni attivo per l’Anpi, ha dato prova di serietà e impegno costante. L’iscritto Carlo Boccolini è stato, invece, eletto nel collegio revisori conti. 
Per il resto, è confermato l’organico emerso dal Congresso straordinario del 2009.

Il Direttivo del Comitato provinciale Anpi Viterbo


=== 2 ===


GIORNO DEL RICORDO 2011: A PROPOSITO DI “MARTIRI DELLE FOIBE”

Dopo tanti anni da quando ho iniziato a fare ricerca storica sulle foibe (cioè dal 1995), dopo tutta la documentazione che ho analizzato e tutte le cose che ho pubblicato (e che nessuno storico serio, finora, ha smentito), quando sento ancora parlare di diecimila “infoibati”, di migliaia di “martiri delle foibe”, non so se mi sento più arrabbiata o più demoralizzata. Perché, mi domando, una ricerca storica seria deve venire snobbata, ignorata, vilipesa, mentre si prosegue a parlare a sproposito di certi argomenti, solo per mantenere viva la propaganda anticomunista ed antijugoslava, sostanzialmente per rivalutare il fascismo?
Un esempio per stigmatizzare la situazione di disinformazione storica nella quale ci troviamo. A novembre, su segnalazione del Comitato antifascista e per la memoria storica di Parma, che ha elevato una protesta riguardo all’intitolazione in quella città di una via ai cosiddetti “martiri delle foibe” (termine che per la sua genericità e vaghezza di definizione necessiterebbe di un’analisi di svariate pagine, ma su cui tornerò più avanti), sono andata a vedere il forum di Alicenonlosa (http://www.alicenonlosa.it/aliceforum/) e di fronte a tanta (peraltro spocchiosa e saccente) ignoranza relativamente ai fatti storici di cui si pretende di parlare, mi sono davvero cadute le braccia.
Leggere di “almeno diecimila” infoibati, di “compagni del CLN” gettati nelle foibe, di paragoni tra Tito e Pol Pot, così come insulti al presidente Pertini, e citazioni fuori tema su Goli Otok (che fu campo di prigionia, orribile fin che si vuole, ma destinato ad oppositori interni e non c’entra per niente con le “foibe”), il tutto per rispondere all’equilibrata e documentata presa di posizione del Comitato antifascista e per la memoria storica mi ha fatto riflettere sul senso che ha cercare di fare ricerca storica circostanziata se poi quello che continua ad essere diffuso sono stereotipi di falsità e propaganda.
Uno dei vari anonimi polemisti, quello che cita i “compagni del CLN” infoibati, dopo avere parlato di “diecimila” vittime, fa i seguenti nomi: Norma Cossetto, i sacerdoti don Bonifacio e don Tarticchio, le tre sorelle Radecchi, i tre componenti della famiglia Adam. Nove persone. Punto. Dove don Tarticchio, Norma Cossetto e le tre sorelle Radecchi furono uccisi nel settembre 1943 in tre distinte località dell’Istria nel corso del conflitto; don Bonifacio scomparve nel 1946 e non si sa che fine abbia fatto, ma visto che è scomparso nel nulla, dice la propaganda, ovviamente è stato “infoibato”; la famiglia Adam, di Fiume, che faceva parte del CLN filo italiano che nell’estate del 1945, quando Fiume era passata sotto sovranità jugoslava operava per riannettere la città all’Italia, in barba a tutti gli accordi tra Alleati, fu arrestata appunto per questa attività eversiva, e non vi è prova che qualcuno dei tre sia stato “infoibato”.
Ed i “compagni” del CLN di cui parla l’Anonimo (diamogli una dignità di nome proprio con un’iniziale maiuscola) chi sarebbero? Non certo coloro (una ventina) che furono arrestati durante l’amministrazione jugoslava di Trieste perché organizzavano attentati dinamitardi contro l’autorità esistente, che amministrava Trieste in quanto potenza alleata; né i tre membri del CLN arrestati per essersi appropriati dei fondi della Marina militare della RSI pur di non lasciarli in mano agli jugoslavi, due dei quali furono rilasciati un paio di anni dopo, mentre il terzo, già malato al momento dell’arresto, morì in prigionia un anno dopo.
Si possono poi considerare “martiri” i membri dell’Ispettorato Speciale di PS che furono arrestati e condannati a morte dal tribunale di Lubiana, perché colpevoli di essersi macchiati di azioni criminali, come Alessio Mignacca, che picchiò una donna arrestata fino a farla abortire, ed uccise almeno tre persone che cercavano di sfuggire all’arresto, sparando contro di loro?
Si potrebbe continuare a lungo con questi esempi, ma il discorso da fare è, a mio parere, un altro, e ritorno sulla questione della definizione “martiri delle foibe”. Innanzitutto la maggior parte di coloro che vengono così indicati non furono veramente uccisi e poi gettati in una foiba: in parte si tratta di prigionieri di guerra morti durante la detenzione (così come accadde in altri campi di detenzione gestiti dagli Alleati, ad esempio in Africa), in parte di arrestati perché accusati di crimini di guerra o di violenze contro i prigionieri (vedi il caso di Mignacca sopra citato, ma anche quello di Vincenzo Serrentino, giudice del Tribunale speciale per la Dalmazia, che mandò a morte moltissimi innocenti) e condannati a morte dopo un processo. Coloro che finirono nelle foibe furono per lo più vittime di regolamenti di conti o di vendette personali, così come Norma Cossetto, così come don Tarticchio, sul quale gravava il sospetto che fosse un informatore dell’Ovra.
Intitolare strade a generici “martiri delle foibe” significa non rendere giustizia a nessuno, tantomeno alle vittime innocenti, serve solo ad eternare la polemica sulla “ferocia slava” che voleva operare una pulizia etnica contro gli italiani nella Venezia Giulia (teoria nazionalfascista che nessuno storico degno di questo nome ha mai avallato). 
L’analisi di cui sopra è stata inviata, sempre a novembre 2010, al Comitato antifascista e per la memoria storica di Parma, quale contributo di solidarietà al loro lavoro di informazione per la conoscenza della storia. Non so se l’intervento è stato pubblicato da qualche testata parmense, ma ritengo ora, a ridosso del Giorno del ricordo del 10 febbraio, di diffonderlo più ampiamente, in vista di quanto verrà detto e scritto sull’argomento.

Claudia Cernigoi 
gennaio 2011


=== 3 ===

Menzogne di regime


Fra pochi minuti (o forse è già in onda) Rai Uno trasmetterà un bello specialone sulle foibe [*]. Chissà come saranno contenti i destri che avranno modo di sbandierare l'odio comunista antitaliano.

Oggi la figura centrale della puntata sarà Norma Cossetto una giovane studentessa italiana uccisa, violentata e infoibata dai partigiani titini.

O almemo così dicono...

Chi era davvero Norma Cossetto? Era figlia di Giuseppe Cossetto dirgente del Partito Nazionale Fascista, membro della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, podesta di Visinaga e commissario del Fascio. Insomma una fascista ben inserito. Norma non era da meno: all'Università di Padova si era iscritta ai Gruppi Univesitari Fascisti, insomma in tutto e per tutto una fascista.

Quando gli storici parlano dell'odio antitaliano scatenato dai titini dopo l'8 settembre 1942 omettono di ricordare che la Jugoslavia veniva da anni di dominazione fascista, dallo stupro etnico della sue terre, dall'oppressione e dalla guerra.

Gli infoibati che ci furono in quel periodo non veniva uccisi in quanto italiani, ma in quanto "fascisti". Non a casao andarono a riempire le foibe carabieri, finanzieri e polizioti in genere, preti collaborazionisti e tutti coloro che avevano collaborato con il regime fascista. E naturalemente i fascisti come Norma e suo padre.

Fin qui quindi non ci sarebbe nulla di strano: sarebbe un veneto tremendo e doloroso ma giustificato dalla complessa fase bellica.

Molto più infamante e l'accusa dello stupro e della sevizie. Si dice che Norma fu violentata per più giorni e che prima di ucciderla e di gettarla nella foiba le abbiamo pugnalato i seni e conficcato un pezzo di legno nella vagina.

Però...c'è sempre un però...

Se leggete con attenzione la pagina che Wikipedia le dedica (http://it.wikipedia.org/wiki/Norma_Cossetto) noterete che questa versione fa acqua da tutte le parti.

Si dice che Norma venne violentata: di fatto non c'è nessuna testimonianza certa che avvalori questa ipotesi se non quella di una "signora di Antignana" rimasta anonima che abitando vicino alla scuola del paese trasformata in base partigiana avrebbe sentito le urla e l'agonia di Norma. Una signora rimasta per altro sempre anonima.

Le sevizie: quando Norma venne recuperata aveva "aveva ambedue i seni pugnalati ed altre parti del corpo sfregiate".  Qualche versione aggiunge che avesse un pezzo di legno conficcato nella vagina.

Ma ecco cosa dice la sorella Licia Cossetto del 10 dicembre 1943 giorno del ritrovamento:

"Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l'abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all'addome.... Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l'abbiano gettata giù ancora viva". Nessun segno sul corpo.

Frediano Sessi ribadisce: "Frediano Sessi, Foibe rosse. Vita di Norma Cossetto uccisa in Istria nel '43, Gli specchi di Marsilio, 2007, pag 128: "un volo nel vuoto di oltre centotrentacinque metri, che tutti furono costretti a compiere da vivi. Sui loro corpi, in seguito, non si trovò traccia di fori di pallottole o di ferite da taglio mortali." 

A dare retta a queste versioni quindi Norma fu gettata viva nelle foibe ma non fu nè violentata nè tanto meno seviziata. Ma Arrigo Petacco scrive "L'esodo, Edizioni Mondadori, 1999, pag 61:"prima di precipitarla nella voragine, i giustizieri vollero ancora approfittare di lei. E dopo avere infierito su quel povero corpo ormaiinanimato, le recisero i seni e le conficcarono un legno nei genitali".

Dunque Norma era mortao viva al momento che fu gettata nella foiba? E perchè Pettacco ritorna sulle storia delle sevizie se Licia Cossetto e Frediano Sessi dicono che non c'erano segni?

A quanto pare anche la storia di Norma gettata viva nella foiba fa acqua.

Insomma, troppe incongruenze, troppe contraddizioni. L'unica cosa certa è che Norma venne giustiziata in quanto fascista dai partigiani.

Nulla di più e nulla di meno.

Inutile fare di lei una santa.


Francesco Guastarazze

[*] E' possibile vedere online lo Speciale Tg1 trasmesso da RaiUno domenica 6 febbraio, condotto da Monica Maggioni e dedicato al Giorno del ricordo, a questo link:
(parte sinistra della pagina che si apre).


(italiano / deutsch / english)

Da: peter_betscher @ freenet.de

Oggetto: A Vienna!

Data: 02 febbraio 2011 22.31.07 GMT+01.00


Carissimi,

l'11 marzo 2011 cade per la quinta volta l'anniversario della morte di Slobodan Milosevic. 
Per chiarire le circostanze della sua morte è stata avviata esclusivamente una "indagine interna" del Tribunale dell'Aia (ICTY), che nel cosiddetto "Rapporto Parker" scagiona l'ICTY ed attribuisce allo stesso presidente Milosevic la colpa della sua morte.
A Slobodan Milosevic non è stata solamente negata l'assistenza sanitaria adeguata che egli aveva ripetutamente reclamato, ma nemmeno le cause della sua morte sono state investigate in maniera trasparente e imparziale. Il confronto legale richiesto dalla vedova Mira Markovic e dall'ICDSM (*) per la chiarificazione delle circostanze della morte viene fortemente ostacolato attraverso ritardi e comportamenti incompetenti.

Su tutto questo, in occasione del quinto anniversario della morte, non possiamo tacere! Si tratta di individuare finalmente i responsabili per la morte del presidente Milosevic! Chiediamo la chiusura del Tribunale illegale e reclamiamo una consequenziale difesa del diritto internazionale!

In questo senso noi facciamo appello a partecipare a una azione internazionale di protesta a Vienna!

Venerdi 11 marzo 2011 verrà dapprima consegnata, al mattino, una nota di protesta alla rappresentanza delle Nazioni Unite a Vienna.
Di seguito, dalle ore 16:30 alle ore 19:00, sulla Stephansplatz nel centro di Vienna si terrà il presidio "Serbia: guerra della NATO e giustizia dei vincitori - difendere il diritto internazionale!" Oratori di vari paesi si alterneranno al microfono. Christopher Black, in qualità di avvocato della vedova, riferirà sullo scandalo riguardante la chiarificazione delle circostanze della morte di Slobodan Milosevic. Oltre al caso Milosevic si esporrà il comportamento criminoso  dei Tribunali voluti dalla NATO. Familiari e avvocati di altri imputati dell'ICTY sono invitati ad intervenire. Si parlerà anche della disastrosa situazione politica e sociale della Serbia post-Milosevic, dominata da UE e USA.

Il sabato 12 marzo 2011 tutti sono invitati ad una conferenza, che avrà inizio attorno alle ore 18:00, a proposito degli stessi temi. Il luogo e la lista dei relatori verranno comunicati in seguito.

Segnaliamo che per le nostre attività non è più utilizzato il Conto intestato al Verein für kulturelle Selbstbestimmung presso la banca Sparkasse Starkenburg, poiché di nuovo abbiamo potuto aprire un Conto dedicato. Le nuove coordinate per la Germania e i paesi UE sono le seguenti:

Vereinigung für Internationale Solidarität (VIS) e.V. 
banca: Sparkasse KölnBonn
numero conto: 1929920104
numero banca: 370 501 98
causale: Aufklärung 

Per i sottoscrittori dai paesi della UE:
BIC (SWIFT): COLSDE33
IBAN: DE74 3705 0198 1929 9201 04 

Facciamo affidamento sulle sottoscrizioni. Solamente così può proseguire il lavoro giuridico sulle circostanze della morte di Slobodan Milosevic. Anche per imprimere alla iniziativa di Vienna la forza necessaria, abbiamo bisogno di sostegno. Si dovranno sostenere costi per l'organizzazione e per il viaggio dei relatori internazionali. Peraltro a Vienna si deve trattare anche di altri casi del Tribunale dell'Aia. In particolare, i famigliari degli accusati non possono permettersi di sostenere le spese di viaggio per Vienna. Eppure riteniamo sia importante che si possa dare ascolto anche alla loro voce.

Ogni versamento è un contributo alla difesa del diritto internazionale!

Come sempre, la diffusione di questo annuncio è benvenuta!

Saluti fraterni,

Peter Betscher 
Unione per la Solidarietà Internazionale (VIS e.V.)

Cathrin Schütz
Comitato Internazionale Slobodan Milosevic – Sovranità nazionale e giustizia sociale

---

(*) Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic

Altre informazioni utili:

volantino / flyer:

altri relatori annunciati a Vienna: 
Klaus Hartmann (Germania), Vladimir Krsljanin (Serbia)

contatti:
Vladimir Krsljanin (auroraplan @ gmail.com +381 62 423 915 - english, srpski)
and Cathrin Schuetz (cschuetz1 @ aol.com +49 1788 656 159 - english, deutsch)

siti internet del Comitato Internazionale Slobodan Milosevic: 

informazioni sull'assassinio di Milosevic nella galera dell'Aia:

archivio Milosevic:


****************************************************************************
INTERNATIONAL COMMITTEE "SLOBODAN MILOSEVIC"
****************************************************************************
National Sovereignty and Social Justice               www.icdsm.info
****************************************************************************
                Sofia * New York * Moscow * Belgrade
****************************************************************************
Co-Chairmen: Velko Valkanov, Ramsey Clark, Sergei Baburin
****************************************************************************

F i r s t   A n n o u n c e m e n t

PEOPLE AGAINST THE US/UK/NATO TRIBUNALS
5th ANNIVERSARY OF MURDER OF PRESIDENT MILOSEVIC

Vienna, 11 March 2011
Delivery of a protest note to UN; Press conference; Rally at
Stefansplatz; Panel discussion (12 March)


Dear ICDSM members and supporters, friends,

to commemorate the tragic and scandalous death of President Slobodan
Milosevic 5 years ago, we invite you to participate in the
international protest in Vienna on March 11, 2011.

President of Serbia and Yugoslavia Slobodan Milosevic died in his cell
before the end of the trial, after the tribunal declined the Russian
state guarantees and prevented President Milosevic to get necessary
medical treatment in Moscow. President of Republika Srpska Radovan
Karadzic is on trial now. Leader of Serbian patriotic opposition
Vojislav Seselj is eight years in detention in endless proceedings
with no outcome. President of Republika Srpska Krajina Milan Martic is
convicted on 35 years, serving his sentence in Estonia. They are all,
together with other 90 processed Serbs, subject of political, judicial
and medical manipulation in a body, formally linked to UN, but being
in fact an uncontrolled tool of imperialist aggression and crime. The
Hague tribunal took 16 Serbian lives already. At the same time, this
tribunal ignores or whitewashes crimes of NATO and the most horrible
terrorist acts, war crimes and drugs, arms and human organs
trafficking by the NATO proxies. People of Serbia and peoples of the
world should rise against imperial ad hoc tribunals and their
derivatives – “special courts" in Sarajevo, Zagreb and Belgrade.

A protest rally will take place in the center of Vienna in the
afternoon. Several speakers will appear, including Christopher Black
(Canada), Klaus Hartmann (Germany) and Vladimir Krsljanin (Serbia).
The list of speakers has not been concluded yet. A delegation will
deliver a protest note to the United Nations Vienna Office in the
morning of March 11. Our demands will also be presented at a press
conference.

On 12 March, we plan a ICDSM meeting around noon and the last of
public events – a panel discussion in the evening. It will focus not
only on President Milosevic, but shall include the Karadzic and Seselj
cases, the Kosovo decision of the ICJ, the Kosovo Albanian narco-mafia
issue and the role of the UCK and the present situation in former
Yugoslavia.

We invite all ICDSM members, all freedom and justice loving people and
their organizations, all Serbs, including families of the Hague
victims to support us and to join us in the dignified and peaceful
protest in Vienna on 11 March. We also call upon organization of
similar actions and delivery of protest letters to UN offices
worldwide. The precise time schedule of our Vienna events will be
communicated to you in our Second Announcement. To those coming from
other countries, we advice to plan staying in Vienna from 10-13 March.
Please inform us about your plans in advance.

On behalf of ICDSM Secretariat: 
Vladimir Krsljanin (auroraplan @ gmail.com +381 62 423 915)
and Cathrin Schuetz (cschuetz1 @ aol.com +49 1788 656 159)


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Da: peter_betscher @ freenet.de

Oggetto: Auf nach Wien!

Data: 02 febbraio 2011 22.31.07 GMT+01.00


Liebe Leute,

am 11. März 2011 jährt sich der Todestag von Slobodan Milosevic zum 
fünften Mal.
Zur Klärung seiner Todesumstände wurde lediglich ein 
„interner Untersuchungsausschuss“ des Haager Tribunals (ICTY) 
eingesetzt, der im sogenannten „Parker-Report“ das ICTY entlastet 
und Präsident Milosevic die Schuld an seinem Tod zuschreibt. 
Slobodan Milosevic wurde nicht nur die adäquate medizinische 
Versorgung verwehrt, die er wiederholt beantragte, sondern auch die 
Ursache seines Todes wurde nicht transparent und unparteiisch 
untersucht. Die von der Witwe Mira Markovic und dem ICDSM angestrebte 
juristische Auseinandersetzung zur Aufklärung der Todesumstände wird 
durch Verzögerungen und Unzuständigkeiten erheblich behindert. 

Dazu dürfen wir angesichts des 5.Todestags nicht schweigen! Es gilt, 
die Verantwortlichen für den Tod von Präsident Milosevic endlich 
ausfindig zu machen! Wir fordern die Schließung des illegalen Tribunals 
und treten ein für die konsequente Verteidigung des Völkerrechts! 

In diesem Sinne rufen wir dazu auf, an einer internationalen 
Protestaktion in Wien teilzunehmen!

Am Freitag, den 11. März 2011 wird zunächst am Vormittag der 
Vertretung  der Vereinten Nationen in Wien eine Protestnote überreicht. 
Anschließend findet von 16.30 Uhr bis 19.00 Uhr auf dem Stephansplatz 
in der Wiener Innenstadt die Kundgebung „Serbien: NATO-Krieg und 
Siegerjustiz – das Völkerrecht verteidigen!“ statt. Internationale 
Redner werden auftreten. Christopher Black wird als Anwalt der Witwe 
vom Skandal um die Aufklärung der Todesstände von Slobodan Milosevic 
berichten. Über den Milosevic-Fall hinaus wird das verbrecherische 
Handeln der NATO-gesteuerten Tribunale dargelegt. Angehörige und 
Rechtsanwälte anderer vor dem ICTY Angeklagter sind eingeladen, einen 
Redebeitrag zu halten. Auch die desaströse politische und soziale Lage 
im von der EU und den USA  dominierten Serbien nach Milosevic wird
thematisiert werden.

Am Samstag, den 12. März 2011 laden wir dann um voraussichtlich 18:00 
zu einer Vortragsveranstaltung zum gleichen Themenkomplex ein. 
Den Ort und die Rednerliste werden wir noch bekannt geben. 

Bitte beachtet, dass wir nicht mehr das Konto beim Verein für 
kulturelle Selbstbestimmung bei der Sparkasse Starkenburg benutzen, 
da wir wieder ein eigenes Konto eröffnen konnten. Die neuen 
Kontoangaben für Deutschland und EU-Länder lauten: 

Vereinigung für Internationale
Solidarität (VIS) e.V. 
Sparkasse KölnBonn
Kto: 1929920104
BLZ: 370 501 98
Kennwort: Aufklärung 

Für Spender aus EU-Mitgliedsländern:
BIC (SWIFT): COLSDE33
IBAN: DE74 3705 0198 1929 9201 04 

Auf Spenden sind wir angewiesen. Nur so kann die juristische 
Aufklärung der Todesumstände von Slobodan Milosevic weitergehen. 
Auch um der Aktion in Wien die notwendige Schlagkraft zu verleihen 
sind wir auf Unterstützung angewiesen. Es werden Kosten für die 
Organisation und Reisekosten für internationale Redner anfallen. 
Darüber hinaus soll in Wien auch über andere Fälle am Haager 
Tribunal berichtet werden. Vor allem Angehörige von Angeklagten 
können sich die Reisekosten nach Wien nicht leisten. Wir finden es 
jedoch wichtig, dass auch ihnen endlich Gehör verschafft wird.

Jede Spende ist ein Beitrag zur
Verteidigung des Völkerrechts!

Weiterverbreitung wie immer erwünscht!

Mit solidarischen Grüßen

Peter Betscher 
Vereinigung für Internationale
Solidariät (VIS) e.V.

Cathrin Schütz
Internationales Komitee Slobodan Milosevic – 
Nationale Souveränität und Soziale Gerechtigkeit

www.free-slobo.de