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Mosad baza Italija

1) Trieste 30/6: presentazione del libro MOSSAD BASE ITALIA
2) L'ItaIia paradiso del Mossad (di Roberto Livi)
3) ERIKO SALERNO Mosad baza Italija (razgovarala Milica Ostojić)


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Da: Claudia Cernigoi 
Data: 25 giugno 2010 14:12:18 GMT+02:00
Oggetto: I: MOSSAD BASE ITALIA - presentazione del libro di Eric Salerno a Trieste


Giro l'annuncio con preghiera di diffusione.
aderisce il Coordinamento antifascista di Trieste
Claudia Cernigoi
 
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Da: compax @ inwind.it 
Oggetto: MOSSAD BASE ITALIA - presentazione del libro di Eric Salerno a Trieste

Data: Venerdì 25 giugno 2010, 12:54

MOSSAD BASE ITALIA - presentazione del libro di Eric Salerno a Trieste
Apri "Mossad base Italia", e sulla mappa di basi del servizio segreto israeliano nel nostro paese compare Trieste, dove nel '72 Settembre nero compì l'attentato al terminal petroli Siot.
Impossibile non parlare del libro di Eric Salerno, corrispondente dal Medio Oriente del "Messaggero" di Roma, che verrà presentato per mobilitare le coscienze sui fatti di Palestina mercoledì 30 giugno, alle ore 18 presso la libreria Lovat di viale XX Settembre, un mese dopo l'assalto israeliano alle navi umanitarie della Gaza freedom flotilla. 
Nel libro si documenta la nascita della Marina militare israeliana, merito anche anche alla X Mas. Si documentano l'attentato all'ambasciata inglese nel '46 a Roma ed il rapimento di Mordechai Vanunu - tutt'ora in carcere - nel '76 a Roma. Si accenna perfino al rapimento Moro.
A Trieste che fu annessa al terzo Reich ed è sede dell'unico Campo di sterminio in Italia, le Associazioni Penombre, Comitato pace convivenza e solidarietà "Danilo Dolci" e Salaam Ragazzi dell'Olivo, col supporto di Sinistra Ecologia e Libertà e l'adesione del coordinamento antifascista, hanno invitato Eric Salerno per spiegare anche la sua visione dei fatti su quanto sta accadendo oggi. 
L'intricato tessuto storico di interessi ebraici con l'influente Comunità cittadina, come conviverà dopo la crisi di Gaza coi rilevanti interessi turchi a Trieste, porto terminale della linea traghetti da Istanbul per l'Europa ?
Sui muri di S.Sabba, Diego de Henriquez raccolse le testimonianze degli internati divenute patrimonio vivo del Museo della guerra per la pace, istituzione dall'eccezionale potenziale formativo lasciata al Comune di Trieste che da tempo ne sta curando il restauro.

Per la Tavola della pace, Alessandro Capuzzo


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L'ItaIia paradiso del Mossad

di Roberto Livi *


Gli 007 di Israele in azione nella “base Italia”

In un libro appena uscito Eric Salerno racconta come il nostro sia sempre stato un paese in cui i servizi israeliani hanno potuto fare quel che han voluto (Zwaiter, Vanunu...).Fin dal '48 quando Ada Sereni disse a De Gasperi : «Il governo italiano deve chiudere un occhio e possibilmente due sulle nostre attività in questo paese»

Aprile 1948. Nel suo studio di Trento Alcide De Gasperi ha un incontro riservato e difficile. Di fronte a lui una donna decisa gli chiede in pratica carta bianca per le operazioni degli agenti di quell'«Istituto» che l'anno seguente diventerà il Mossad, il servizio segreto israeliano, quasi un mito per gli 007 del mondo intero. Il presidente del consiglio è titubante. Dal 1945, quando ancora non esisteva lo Stato di Israele, l'Italia era al centro di una battaglia geopolitica che segnerà tutta la seconda metà del '900. E i cui effetti continuano oggi.
Decine di migliaia di profughi ebrei liberati dai campi di sterminio nazisti si dirigono nel nostro paese, le organizzazioni sioniste cercano di farle entrare nella Palestina sotto mandato inglese e soprattutto cercano appoggi logistici - acquisto di armi, addestramento - per preparare l'inevitabile guerra fondativa dello Stato di Israele. Londra resiste, non vuole inimicarsi gli arabi ed essere esclusa dal business del petrolio, gli Stati uniti, leader degli Alleati, si apprestano a scalzare la Gran Bretagna come potenza egemone in Occidente e appoggiano il nazionalismo israeliano, l'Unione sovietica di Stalin gioca le sue carte per contrastare l'influenza americana in Medio Oriente.
L'Italia è ancora un paese a sovranità debole. De Gasperi capisce che deve schierarsi e accetta la richiesta di Ada Sereni, ebrea romana emigrata nel 1927 nel «focolare ebraico» in Palestina e tornata nel paese natale come dirigente del Mossad: «Il governo italiano deve chiudere un occhio e possibilmente due sulle nostre attività in questo paese». Da quel momento l'Italia diventa una sorta di terra promessa per gli agenti israeliani. Dall'immigrazione clandestina di ebrei sopravvissuti all'olocausto al traffico di armi, dagli attentati anti-inglesi al sabotaggio di navi e fabbriche che lavoravano per paesi arabi, dagli assassinii mirati di palestinesi a extraordinary rendition ante-litteram, dai tentativi di destabilizzazione politica a operazioni coperte nel quadro della guerra fredda.
Per oltre 60 anni gli uomini del Mossad hanno agito nelle loro basi italiane con la complicità dei servizi di casa nostra - deviati o meno - e dei governi che hanno chiuso entrambi gli occhi fino a mettere in causa la sovranità nazionale italiana.
Come si vede è un tema che scotta quello trattato da Eric Salerno nel suo ultimo libro, Mossad base Italia (Il Saggiatore, pagine 258, 19 euro), appena uscito. Raccontare e ricostruire «le azioni, gli intrighi, le verità nascoste» , di questi 60 anni significa non solo doversi immergere nella palude delle trame italiane, col rischio di affondarvi tra dossier manomessi o vuoti, servizi deviati, intrecci tra poteri e mafie, sabbie mobili delle operazioni coperte, disinformazione sparsa a piene mani. Comporta anche affrontare di petto l'intreccio tra politica mediorientale, Stato di Israele e questione ebraica.
Uno dei nodi politici più difficili. Specialmente dopo l'11 settembre e la guerra senza quartiere al terrorismo che è diventato, per antonomasia, terrorismo islamico o «scontro di civiltà» tra l'Occidente democratico e organizzazioni e regimi che vogliono minarne le fondamenta democratiche. Parlare laicamente di Israele comporta spesso da noi dover affrontare la scontata l'accusa di antisemitismo (come è già capitato a Salerno in occasione del suo illuminante libro Israele, la guerra dalla finestra, uscito nel 2002), ovvero di voler minare il baluardo mediorientale al terrorismo islamico.
Salerno, invece, vi riesce grazie alla sua conoscenza della materia - come inviato e poi corrispondente del Messaggero a Gerusalemme negli ultimi 30 anni- e a una professionalità laica ma non cieca, ormai rara nel giornalismo italiano. Se la scrittura è sciolta, colorita, quasi con un passo da romanzo, "Mossad base Italia" non è una fiction. L'asse portante del libro, oltre che la scintilla da cui è partita l'inchiesta, nasce dal contatto con Mike Harari, uno degli uomini chiave del Mossad in Italia insieme a Yeuda Arazi, personaggio-chiave del romanzo Exodus, nell'omonimo film impersonato da Paul Newman. L'ex-capo degli 007 israeliani accetta di raccontare la sua verità. Uno scoop senz'altro, ma Salerno è consapevole che racconti e rivelazioni contengono insidie. Del resto «Mike» mette in chiaro che se dicesse tutto quello che sa, poi sarebbe costretto « a uccidere» il suo interlocutore. Dietro di sé, in Italia, Harari ha lasciato una storia di complotti, assassinii politici, di alleanze eticamente difficili da accettare, con fascisti duri e puri della X Mas, con l'organizzazione Odessa delle ex-SS naziste, di operazioni che hanno violato la sovranità italiana. Per questa ragione le lunghe conversazioni con «Mike» sono il punto di partenza, cui seguono complesse indagini personali, negli archivi di Stato, nei quotidiani, negli archivi Usa della Cia e in quelli di Palmach e Haganah in Israele, interviste a personaggi-chiave. Il tutto accompagnato da attente riflessioni per evitare le insidie della disinformazione o del linguaggio ideologico.
I fatti raccontati non ne hanno bisogno. Si entra in storie difficilmente immaginabili e mai prima non rivelate, almeno con la serietà e la documentazione di questo libro. Dopo le richieste avanzate da Ada Sereni, De Gasperi le risponde: così ci chiedete di aiutarvi a vincere la guerra contro gli arabi. Poi però accetta, perché il suo partito (la Dc) e la sua Italia repubblicana (formata però anche grazie alla Resistenza) non può sopravvivere senza gli Stati uniti.
E la guerra arabo-israeliana ha le sue propaggini in Italia, paese che ha sempre avuto un ruolo-chiave nel Mediterraneo. Nell'aeroporto dell'Urbe verrà istituita una vera e propria base di formazione e addestramento per i piloti della nascente aviazione ebraica. A Catania vi sarà una pista utilizzata per un traffico - illegale -di armamenti provenienti dagli Usa. La Marina non è da meno e nel 1954 accetta di formare cadetti israeliani nella sua accademia, chiedendo solo che tutto «rimanga riservato». I servizi italiani collaborano o voltano le spalle . Attraverso l'Italia passa un flusso clandestino di armi (compresi carri armati, motori di aereo e i famosi maiali, i mini-sommergibili armati di esplosivo della X Mas) dirette nella Palestina ormai divisa tra Israele e Giordania. Flusso che non si interrompe durante le tregue dichiarate dall'Onu. Gli agenti ebraici (anche prima della costituzione ufficiale del Mossad nel '49) possono colpire industrie italiane che vendono armi agli arabi, sabotare navi che trasportano rifornimenti al nemico. Nel '48, su ordine di Ada Sereni, la nave Lino, carica di armi italiane acquistate dalla Siria, è bloccata da una bomba messa da sub ebraici. Poi altri sabotaggi e attentati.
L'Italia è anche territorio privilegiato per la guerra di spionaggio. Si sperimentano extraordinary rendition ante-litteram: nel settembre 1980 il tecnico nucleare israeliano Mordechai Vanunu, reo di aver denunciato la costruzione di ordigni nucleari nella centrale di Dimona, è rapito a Roma da agenti israeliani. 
Per contrastare ogni manovra di avvicinamento di Roma con i paesi arabi il Mossad entra a pie' pari nella politica interna ed estera dell'Italia. Aldo Moro, uno dei dirigenti democristiani favorevoli a un accordo con i palestinesi, ne era consapevole. All'ex vice-segretario della Dc Giovanni Galloni confida: «La mia preoccupazione è questa: che io so per certa la notizia che i servizi segreti sia americani che israeliani hanno infiltrati nelle Brigate rosse, ma noi non siamo stati avvertiti di questo, sennò i covi li avremmo trovati».
In precedenza i segnali non erano mancati. L'ex-presidente Francesco Cossiga afferma anche che furono agenti del Mossad nel novembre 1973 a far saltare, mentre era in volo, Argo 16, l'aereo utilizzato per i «trasporti clandestini» di Gladio, l'organizzazione anti-sovietica voluta dagli Usa. Fu una ritorsione per la liberazione, decisa proprio da Moro, dei due terroristi palestinesi che avevano tentato di colpire un aereo della compagnia israeliana El Al sulla pista dell'aeroporto di Fiumicino.
Vendetta. La parola non compare mai nei dossier ufficiali d'Israele. Ma era la parola d'ordine lanciata dall'allora premier israeliano Golda Meir, «la donna con le palle». Vendetta per gli atleti della squadra israeliana sequestrati da militanti di Settembre nero durante le Olimpiadi di Monaco-'72 e uccisi nel corso dell'attacco delle forze speciali tedesche. La prima vittima della Vendetta cadrà a Roma, per mano di una squadra del Mossad guidata proprio da Harari.
Wail Zwaiter intellettuale palestinese e rappresentante di Al Fatah viene crivellato di colpi nell'androne di casa sua. Poco importa che non avesse nulla a che fare col terrorismo, anzi fosse un feroce critico di Settembre nero. Quello che bisognava inviare era un segnale forte e chiaro che il braccio armato di Israele colpiva inesorabilmente. Proprio questo obiettivo costituì la debolezza dell'operazione descritta anche nel film di Spielberg. La Vendetta doveva essere esemplare e veloce. Così si colpisce anche a caso: in Norvegia il commando del Mossad uccise un cameriere marocchino che nulla aveva a che fare con i palestinesi, La polizia locale non voltò le spalle, e uno dei killer del Mossad catturato svuotò il sacco. E rivelò particolari dell'operazione con cui Israele importò tonnellate di uranio per fabbricare le sue atomiche. Per Harari fu un mezzo smacco. 
Il «modello Mossad», sperimentato anche in Italia, è vincente e diventa oggetto di esportazione. Ex-agenti sono riciclati come capi della sicurezza o «consiglieri» in mezzo mondo, dalle scorte alle navi alla vigilanza di aeroporti, da operazioni coperte e lucrose come l'Iran-contras-gate (armi ai terroristi anti-sandinisti in Nicaragua comprate con la coca fornita dai cartelli colombiani). Il caso dell'imam Omar rapito a Milano da agenti Cia - coperti dai servizi nostrani- dimostra che le extraodinary rendition devono molto alle tecniche del Mossad, mentre a Gaza e nei Territori gli omicidi mirati di dirigenti palestinesi sono ritenuti mezzi brutali, ma al fine di salvaguardare la democrazia.

* su Il Manifesto del 16/02/2010



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ERIKO SALERNO Mosad baza Italija


INTERVJU | MILICA OSTOJIĆ | APRIL 7, 2010 AT 14:44

Razgovarala Milica Ostojić

Više od šezdeset godina agenti izraelske specijalne službe Mosad, čija je baza na Apeninskom poluostrvu, isplanirali su i izveli veliki broj akcija, kako širom Italije, tako i van njene teritorije. To su činili čak i u savezništvu sa Vladom u Rimu! Ilegalno prevoženje imigracije Jevreja koji su preživeli Holokaust, međunarodni promet oružja za stvaranje samostalne države Izrael, sabotaža brodova, izazivanje avionskih katastrofa, oružane akcije protiv italijanske industrije koja je snabdevala Arape, ubistva i kidnapovanja, osveta zbog masakra u Minhenu na Olimpijadi – samo su neke od mnogobrojnih aktivnosti „italijanskog“ Mosada.
Samo jednu akciju Mosad sa bazom u Rimu nikada nije sproveo: hvatanje ustaša i Anta Pavelića, koji su u svet pošli iz Večnog grada. Svedočanstva o tome nudi nam knjiga „Mosad baza Italija“, uglednog publiciste Erika Salerna (autor više knjiga o Bliskom istoku), koji više decenija piše za „Il Mesađero“, a živi između Jerusalima i Rima.
Ekskluzivno za „Pečat“ Salerno priča o svojim višegodišnjim istraživanjima po arhivima sveta, o traganju za najbitnijim preživelim svedokom, o neophodnosti suptilnog istraživanja radi maksimalne autentičnosti u stvaranju knjige-živopisa. Njegova priča istinski je uznemirujuća i fascinirajuća, bazirana, kako na dokumentima, tako i na svedočenju Mike Hararija, jednog od najčuvenijih jevrejskih špijuna, koji se vratio na mesto početka svoje karijere, u čuvenu rimsku Via Veneto, gde je, kao dvadesetogodišnjak, 1947. godine obavio svoj prvi zadatak.

Zašto je Mosad odabrao baš Italiju kao svoju glavnu bazu i kojom je aktivnošću započeo akcije koje su umnogome doprinele današnjem statusu Izraela?

Glavni razlog je geostrateški položaj Italije. Za izbeglice Jevreje, koji su preživeli Holokaust, prolaz do Palestine preko Italije bio je najlakši. Takođe, Mosad je igrao na osećaj krivice Italijana. Jer, iako su Italijani mnogo pomogli Jevrejima za vreme Drugog svetskog rata, skrivajući ih, čak žrtvujući sopstveni život, zna se i to da su Musolini i njegovi sledbenici počinili užasne zločine, ako ne istovetne onima koje su počinili Nemci, svakako veoma teške u odnosu prema Jevrejima. Trebalo je dokazati da Italijani nisu više fašisti, dakle trebalo je prati savest i pokazati koliko su prijatelji Jevrejima. U Italiju se vratila iz Palestine Ada Sereni, italijanska Jevrejka (posle pogibije muža), jedna veoma jaka žena, iz veoma značajne italijanske porodice (njen je svekar bio kraljev lekar, a posle proglašenja države Izrael 1948. godine ona je postala prvi šef Mosada u Italiji). Ona odlazi kod tadašnjeg predsednika Vlade De Gasperia i traži da italijanska Vlada „zatvori jedno oko, ako je moguće i oba, pred aktivnostima u Italiji“. Odgovor je bio: „da“. De Gasperia joj omogućuje kontakte sa zvaničnicima mornarice, šefovima italijanskih tajnih službi, sa svim osobama gde je ona, odnosno Mosad, imao potrebe.
U tri godine u Palestinu je poslato, legalno ili ilegalno, najmanje 26.000 Jevreja (broj koji su odredili Englezi bio je zanemarljiv). Najveći broj njih pristigao je iz Austrije. Stizali su u severni deo Italije, bilo je kampova za izbeglice posvuda, potom su se premeštali ka južnim zonama odakle je bilo lakše otići brodovima, koje su obezbeđivali agenti Mosada preko Italijana, ka Palestini. U nekim od ovih kampova, o kojima su vodili računa isključivo Jevreji, bili su vojno obučavani mladi Jevreji, pristigli iz Evrope. Obučavani su sa oružjem ili bez njega, kako bi jednom, kada stignu u Palestinu, mogli da se bore protiv Arapa. Odlazili su sa dvadesetak brodova, kupovanih i u inostranstvu, ili datih na prepravku i na raspolaganje agentima Mosada. Izbeglicama je u svemu veoma pomogla italijanska Mornarica.

Kažete da je pranje savesti bio jedini razlog što je Rim tako zdušno pomagao Mosad?

U Italiji je krajem Drugog svetskog rata vladao pravi haos. Uporedo sa kampovima razvijao se različit oblik šverca. Depoziti oružja saveznika bivali su pražnjeni, legalno ili ilegalno. Snabdevani su borci u Italiji, i sa leve i sa desne strane, u Grčkoj, ali je snabdevan i arapski i jevrejski svet na Bliskom istoku. Kriminalne bande stizale su tamo gde nije uspevala nova država. Bilo je dovoljno imati koju paru u džepu, a Jevreji su ih imali uvek. Bilo je dovoljno imati malo mašte i već se moglo odneti u Palestinu ono što su tražila odeljenja Mosada, jer Italija nije bila sa tom državom u ratu. Poznato je i to da nije volela Engleze. Kompletno prebacivanje izbeglica završeno je samo nešto pre zvaničnog odvajanja dela Palestine i samoproklamovanja države Izrael, operacije koju je godinama pripremao Ben Gurion. Kako mu više nisu bile potrebne izbeglice već oružje, počeo je još ranije da ga kupuje, ne samo u bazama u Italiji, već i u bazama u Latinskoj Americi, SAD-u. Oružje je brodovima stizalo u Palestinu. Država Izrael jednostrano je proklamovana 14. maja, a dva dana pre toga Ben Gurion, „otac domovine“, izjavio je: „imamo mnogo oružja ali se ne nalazi ovde“. On je tri godine pre tog maja boravio u SAD-u kako bi ubedio jednu grupu jevrejskih milijardera da mu pomognu. Kupljeni su brodovi, avioni, topovi, municija.

Italija se nije plašila Arapa?

Kada je proglašena država Izrael, niko više nije hteo slobodno da prenosi oružje Jevrejima, jer nije želeo da stvara neprijatelje među Arapima. Tako su, na primer, italijanski brodovi imali papire da kreću za Nikaragvu, a zapravo su išli ka Palestini.
Te 1948. godine zastajao ti je dah samo ako vidiš koja je sila arapski svet. Na centimetar zemlje Jevreja dolazilo je 100 kilometara arapske teritorije. Ali rat se pobeđuje i zahvaljujući propagandi, filtriranim vestima. 28. aprila 1948. godine na prvoj stranici rimskog dnevnog lista „Il Mesađero“, dopisnik iz Tel Aviva zaključuje: „Jevreji su snažniji od Arapa, brojniji su, bolje naoružani, bolje obučeni i disciplinovaniji“. Drugim rečima, situacija je takva da je arapska ofanziva kojom žele da izbace Jevreje iz Palestine osuđena na senzacionalni neuspeh.
Italija ima odlučujuću ulogu i u stvaranju izraelske avijacije, posebno rimski aerodrom Urbe. Škola iz koje je izašlo u samo devet meseci oko 60 pilota, upravo je ona na aerodromu Urbe. Zvanično, škola je bila civilna, a zapravo je bila kolevka izraelske avijacije, jer je jevrejska Palestina imala potrebu za vojnom snagom, sposobnom da se susretne sa arapskom silom. Avioni su kupovani na tržištu, već iskorišćeni. Italijanski instruktori bili su samo pokriće za Jevreje pristigle iz raznih delova sveta, pre toga se već boreći u raznim uniformama, kao što su one američke, kanadske i južnoafričke. Dakle, Rim je bio mesto obuke i mesto odakle su kretali avioni za borbu Jevreja iz Palestine. Italijanske tajne službe nadgledale su agente Mosada, da bi ih zatim po naredbi svojih starešina ostavljali da neometano rade.
Ipak, rat ne znači samo nabaviti oružje, već i zaustaviti dotok oružja protivničkoj strani. Mosad tako sabotira brodove krcate oružjem koje je kupila Vlada iz Damaska. Poznat je slučaj broda „Lina“ koji su kupili Sirijci, a koji je na putu za Bejrut potonuo. U trag tom brodu ušla je Ada Sereni, protagonista te akcije smislila je jednu dezinformaciju koje su objavile novine. Sačekalo se da brod stigne do Barija (kojeg je inače kontrolisala britanska fregata) ali u mraku se sve može – mina ispod i brod sa dragocenim tovarom tone.

Italija se znači ipak zamerala Arapima?

Da ne bi urušili dobre odnose sa Arapima, Vlada iz Rima nudi da Italija pokupi oružje iz potonulog broda. To i čini, ali je oružje veoma teško oštećeno. Italija je na taj način želela da pokaže kako nema nikakve veze se ovom akcijom. Posle toga jedan rođak tadašnjeg ministra Odbrane iz Damaska ponovo kupuje brod u Bariju, i to od istog vlasnika prethodnog broda (inače saradnika Mosada), međutim i taj brod se kvari, „otkazuju mu motori“. U pomoć stiže mali ribarski brod, preuzima komandu i oružje se u izraelskim vodama prekrcava na druga dva broda, stari brod se potapa, i isporuka stiže u Izrael.
Međutim, postoji još jedna zanimljivost. Italija je, naime, oduvek prodavala oružje raznim stranama, tako da je Mosad morao da krene u akciju sabotaža protiv italijanske industrije. Prodaja oružja inače nije moralno pitanje nigde u svetu, i sam Izrael na taj način trguje. Mosad se ne bavi direktno prometom oružja, ali taj promet olakšava, jer njegovi agenti putuju čak i u arapske zemlje gde se, koliko ja znam, nalazi i oružje iz Izraela. Trgovina je trgovina. Italijani su prodavali borbene avione kako Izraelu tako i Egiptu, samo što su ovi poslednji završavali u moru. Da su to bile akcije jevrejskog terorizma bilo je jasno svima. Ruka Mosada prostirala se posvuda. Ona je bombardovala Englesku ambasadu u Rimu, ona je po naredbi Golde Meir „osvetila“ izraelske sportiste izmasakrirane od strane palestinske organizacije na Olimpijadi u Minhenu. Upravo je Golde Meir dala nalog Mike Harariju da izvrši operacije gde god hoće, na Bliskom istoku, u Evropi. Ubijani su svi odgovorni za masakr u Minhenu, od izvršioca do nalogodavaca. Mosad je počeo akcije u Italiji jer je tu bilo najlakše, budući da su postojale minimalne kontrole. Mnogo ljudi ubijeno je greškom. Napravljena je serija neoprostivih grešaka za organizaciju koja je dobro obučena, pa u Norveškoj dobar deo grupe biva uhapšen. Mosad je tako u poslednji čas sprečio ubistvo Golde Meir u Rimu.

U vašoj knjizi pominjete da je Mosad sarađivao i sa bivšim nacistima, visokim prelatima Vatikana.

Pre formiranja države Izrael Mosad je u Italiji morao da kontaktira i sarađuje sa mnogim „čudnim ljudima“. Bilo je to veoma neobično vreme. Vodio se Hladni rat između Istoka i Zapada, odnosno Sovjetskog Saveza i SAD-a. Zato su se i događale neverovatne kombinacije. Na primer, bivši nacisti prvo su uhapšeni, a potom regrutovani u Mosad, pa poslati u Siriju da vide šta spremaju tamošnje vojne snage. Jednog nacistu Mosad je poslao u Egipat. Mosadu su bili potrebni svi ti ljudi, naučnici, stručnjaci sa bogatim iskustvom u raznim oblastima, a njih je bilo mnogo među nacistima. Neki od njih čak su obučavali i izraelsku Vojnu mornaricu.
Još jedna stvar je od izuzetnog značaja. Zbog svih ovih dešavanja, posle rata u Italiji nije suđeno nikome za ratne zločine, za sve ono što se desilo i na Balkanu, ili u Grčkoj, ili u Italiji, ili na nekom drugom mestu. Nije bilo nijednog procesa ni protiv vojnika niti protiv osoba koje su počinile ratne zločine.
Sa druge strane, postojala je i jedna mala grupa Jevreja koja je, nakon što je sarađivala sa nacistima, započela sopstvene ilegalne poslove. Ljudi Mosada uspeli su da uđu u trag izvesnim sumama nacističkog falsifikovanog novca.
No, najprivilegovanija saradnja Mosada bila je ona sa CIA-om. U svakom slučaju Mosad je sarađivao sa „različitim pojedincima“, a sve u cilju da se suprotstavi svom glavnom neprijatelju – Velikoj Britaniji.

Vaš svedok Harari ispričao vam je i nešto o čemu se malo ili ništa u javnosti nije znalo: novembra 1968. godine 560 buradi (ukupno 200 tona oksid-uranijuma), onoga koje se obično koristi za petrolej, izašlo je iz jedne belgijske fabrike, i tako je započeo dugi ilegalni, kontrolisani put ovog tereta prema nuklearnoj centrali u Dimoni (Negev). Možete li nam pojasniti suštinu ove operacije?

Izrael je započeo izgradnju postrojenja u pustinji, i imao je potrebu za uranijumom kako bi snabdeo svoj arsenal atomskim i nuklearnim oruđem. Agenti Mosada napravili su sporazum sa jednom milanskom firmom, „La Saika“, koja se bavila proizvodnjom i prodajom farbi za tekstil. Dakle, ona je služila kao pokriće za neku drugu robu na granici. Sistemom pretovarivanja sa jednog broda na drugi, sve je stiglo u Tel Aviv. Izrael je želeo svoju atomsku bombu i uspeo je da nabavi svoje atomsko oružje, ali je i sve učinio, i u Italiji, da to isto ne stigne u ruke drugih. Šimon Peres, u to vreme predsednik Vlade od kojeg je direktno zavisio Mosad, nije nikada nosio uniformu, ali je uspeo da svojoj Zemlji nabavi najpotentnije oružje i stoga se smatra „ocem izraelske nuklearke“. Mordećai Vanunu, naučnik, čovek koji je radio u Dimoni, u trenutku psihičke krize, snimio je više fotografija srca nuklearke i napustio Izrael, stigavši najpre u Australiju. Tamo je ispričao istoriju nuklearke magnatu tamošnje štampe, Maksvelu. Štampa to iapk ne objavljuje. Maksvel je, naravno, radio za Mosad, te odmah obaveštava tu organizaciju o nameri Vanunua, koji potom stiže u London i priča storiju novinaru lista „Sandej Tajms“. Međutim, 30. septembra „Sandej Miror“ (tabliod tog istog Maksvela), dosufliran od Mosada, objavljuje priču i fotografiju Vanunua. Priča je skrojena tako da govori o „lažnom obelodanjivanju o izraelskoj nukleraki“. Mosad šalje „slučajnu turistkinju“ u London, koja ga zavodi. Polaze u Rim „kod njene sestre“. Čim su tamo ušli, tri agenta Mosada ga kidnapuju. Osuđen je na 18 godina robije, koju je odležao. U zatvoru, iz kojeg je prebačen furgonom na sud, uspeo je da napiše na dlanu da je kidnapovan u Rimu. Prislanja dlan na staklo furgona na ulici, fotografi to slikaju, a ta dramatična fotografija obilazi svet.

Da li ste ikada pročitali u izraelskoj štampi da Izrael ima atomsko naoružanje?


Comunicato Stampa

LA FABBRICA DELL'ODIO

La Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD) è forse la più nota tra le organizzazioni del fronte irredentista. Dopo decenni di attività quasi "sotto traccia", la ANVGD ha avuto un exploit in tempi recenti, grazie alla guerra fratricida in Jugoslavia, alla istituzione del "Giorno del Ricordo" ed al sostegno politico bipartisan di cui oramai queste tematiche godono, sostegno che per quella Associazione si traduce nel coinvolgimento crescente in iniziative istituzionali e negli abbondantissimi finanziamenti pubblici. Attraverso la Federesuli, di cui è una delle componenti principali, la ANVGD dispone infatti di un budget milionario cui contribuiscono in maniera sostanziale i versamenti di ognuno di noi contribuenti (si veda la denuncia del programma REPORT trasmesso su RAI3 domenica 11/4/2010).

In forza di tali sostegni e finanziamenti la ANVGD riesce tra l'altro a mantenere una sua solida ed aggiornatissima presenza in internet, specialmente attraverso il sito -www.anvgd.it - che riporta numerose notizie e interpretazioni su vicende più o meno legate alla "questione orientale" italiana. Con il passare del tempo ci è capitato con sempre maggiore frequenza di rimanere sconcertati non solo per la unilateralità di quanto viene ogni giorno ripreso su quelle pagine, ma anche e soprattutto per i toni e i contenuti delle reazioni dei responsabili di quel sito internet a commenti e critiche che a loro sono stati occasionalmente indirizzati, a titolo personale, da alcuni di noi.

Negli ultimi giorni il nostro presidente Ivan Pavicevac ha voluto ad esempio stigmatizzare, con un email personale di commento, la sfacciata strumentalizzazione che gli ambienti irredentisti fanno della figura di Sergio Endrigo. La famiglia di quest'ultimo si trasferì nel dopoguerra in Italia avvalendosi del diritto di opzione previsto dagli accordi tra i due paesi susseguenti al Trattato di Pace - di qui la definizione di "optanti"; ma nonostante la ferita che tale distacco dalla terra natale può avere causato all'artista, è cosa nota che Endrigo, comunista, non serbò mai alcun rancore verso i nostri vicini jugoslavi. Anzi, egli ebbe l'occasione di intrattenere rapporti artistici con la Jugoslavia, dove vinse pure il Festival canoro di Spalato.

Di fronte ad un breve email di Pavicevac che faceva presente tutto questo, la risposta proveniente dalla ANVGD (con un messaggio non firmato proveniente da info@..., e che dunque interpretiamo come risposta ufficiale della ANVGD), è stata:

<< Bastardo di un istriano. Nessuno è stato "libero" di optare. Gli italiani sono andati via, comunisti compresi. Gli Esuli non hanno colore. Il colore lo hanno solo i bastardi come te, ed è marrone. Solo i cretini come te non capiscono neanche quel che dicono. Perché hanno la testa piena di roba marrone. Deficiente che non sei altro. E finiscila di rompere perché sappiamo dove sei. >> (22 giugno 2010)

Di nuovo il giorno dopo l'ANVGD rincarava la dose ritenendo che in Istria alla fine della guerra << bastardi come te avevano occupato le case, i terreni... Togliti dalle palle, sei troppo marrone per meritare anche uno sputo. >> (23 giugno 2010)

Da quanto scrive l'aggressivo interlocutore di Pavicevac, evinciamo che l'ANVGD fa una netta distinzione tra istriani ed istriani: in particolare, quelli che non condividono le istanze dell'ANVGD - che sono irredentistiche e mirano alla destabilizzazione dei confini di Stato, visto che nel proprio Statuto la ANVGD contesta il vigente Trattato di Pace: Capo II (SCOPI E FUNZIONI) Art .2: http://www.anvgd.it/documenti/anvgd_statuto.pdf - sono semplicemente "bastardi" e devono "stare attenti".

Questo è dunque il modo in cui, e queste sono le finalità per cui la ANVGD usa i soldi dei contribuenti.
E' allora persino paradossale che sul proprio sito internet la ANVGD insinui che debba essere messa in discussione l' "utilità sociale" di CNJ-onlus (vedi: http://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=8598&Itemid=111 ): il nostro Coordinamento - che di soldi pubblici finora non ne ha percepiti affatto - perlomeno non si prefigge di incrinare i rapporti con i popoli vicini nè di mettere in discussione i trattati di Pace e di Osimo, e non ha mai minacciato nessun interlocutore.

I due email di insulti e minacce provenienti dall'ANVGD sono stati fatti oggetto di una denuncia-querela alla Polizia di Stato, Compartimento Polizia Postale, che il nostro presidente ha presentato a Roma in data 30 giugno 2010.


Per il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus, il Direttivo
Roma - Arezzo - Bologna - Firenze - Milano - Torino - Trieste, 30 giugno 2010


(Diese Texte auf deutsch: 

Per una breve sintesi in lingua italiana si veda:



Forming Opinions (I)
 
2010/06/23

BELGRADE/ESSEN
 
(Own report) - The German WAZ media company's efforts to expand to Serbia have been accompanied by dubious business deals. The company, headquartered in the western German city of Essen, which nearly nine years ago bought a 50% share in one of the two most prominent Serbian dailies, has, for some time, been seeking to also acquire shares in the other. The attempt, which had to be carried out through an intermediary because of legal difficulties, is likely to fail when the Serbian Cartel Office reaches its verdict. The WAZ's efforts to expand within the Serbian press market through political and economic pressure have been so far just as unsuccessful. The German company is now threatening to withdraw completely from Serbia - with negative consequences for Serbia in its relationship to powerful Germany. For its business deals in Belgrade, which were only possible after the overthrow of Slobodan Milosevic, the WAZ had the former Yugoslav Prime Minister, Zoran Djindjic, mediate contacts to dubious business circles. One businessman, who today claims to have discussed shady deals with WAZ manager Bodo Hombach (SPD), was described in the German media, at the time of his contacts to the WAZ, as one "of the kingpins of the Balkans mafia."

Door Opener

The WAZ media group has been present on the Serbian media market since October 2001. At the time, more than two years after the war over Kosovo and about a year after the overthrow of Slobodan Milosevic, the WAZ media group bought 50 percent of the shares in the Politika AD publishing house based in Belgrade, one of the most venerable newspaper publishers in all of Southeast Europe. Politika AD publishes the "Politika" daily newspaper, which, even today, remains one of the dailies that sells the most copies in Serbia, with a reputation of being the public opinion maker for the Serbian upper echelon. The circumstances in 2001, under which it was possible for the WAZ to buy into Politika, remain essential for understanding the conflict around the company's activities in Serbia. According to media reports, the Yugoslav Prime Minister at the time, Zoran Djindjic, used the WAZ as his door opener in Serbia.[1] Djindjic was elected to office in January 2001, immediately after Slobodan Milosevic was overthrown. Djindjic and the German SPD politician, Bodo Hombach were friends. In February 2002 - just a few months after WAZ had bought into Politika - Hombach was hired as the manager of that German media company. Hombach's previous activities remain unforgotten in Serbia. In the spring of 1999, during the war over Kosovo, he was Chancellery Director under Gerhard Schröder, coordinating the German aggressors' policy and in the summer of the same year, took on the job as EU Special Coordinator for the so-called Southeast European Stability Pact.

Dominant

Under Hombach's aegis, the WAZ was by no means satisfied with its Politika shares. In 2003 WAZ bought a 55 percent share of the Novi Sad daily Dnevnik, which is incomparable to Politika, having neither its influence nor its circulation. The WAZ subsidiary, Mediaprint, is also publishing under license the Serbian edition of the German "AUTO BILD" magazine. With its takeover of the "Stampa" chain of newsstands, in 2008, the German company assured itself considerable control over press sales. From the beginning, WAZ had had its eye on acquiring the second most important daily paper in the country, the Vecernje Novosti (Evening News). Politika and Vecernje Novosti are the Serbian journals with the highest circulation and the greatest amount of influence. They are dominant in the formation of public opinion.

Dubious Business Deals

WAZ's attempts to buy into the Novosti AD publishing company, which published the daily Vecernje Novosti, has, from the beginning, been associated with dubious business deals. For example, according to news reports, through the mediation of Hombach's friend, Zoran Djindjic, back in 2001, contact had been made to Djindjic's close associate, the businessman, Stanko Subotic, whose services could be used, as long as the WAZ was prohibited by law from obtaining direct access to Novosti AD.[2] At the time, even WAZ functionaries could read in the German press that Subotic was considered one of the kingpins in Southeast European cigarette smuggling. A spokesperson for the Croat interior ministry even called him the "head of the Balkans' mafia."[3] Today, Subotic remembers that the WAZ has been seeking to buy shares in Novosti AD "since it has been present in Serbia."[4] Subotic recounts also how the company in Essen - and its manager, Hombach - had been engaged in dubious business deals to try to enter Novosti AD using a front man.[5] Hombach denies this. Fact is that today, an intermediary by the name of Milan Beko owns a substantial amount of Novosti AD shares - and is unwilling to sell them to the WAZ.

Supporter

The reason given in Serbia: the Cartel Office has refused its approval of the sale. This is quite comprehensible, considering the leverage that would be obtained through the appropriation of the two leading dailies Politika and Večernje Novosti. According to reports, WAZ manager Hombach tried "everything" to buy into Novosti AD. But since the approval of the Cartel Office has yet to be given, he wonders "if the government in Belgrade is really ruling the country."[6] It has been reported that in his efforts to acquire Novosti AD for the WAZ group, Hombach sent "half a football team of supporters" onto the field: former German Chancellor Gerhard Schroder, the Austrian, Alfred Gusenbauer (currently a WAZ-advisor), the German ambassador to Serbia, EU commissioner Günther Oettinger and Klaus Mangold, Chairman of the German Committee on Eastern European Economic Relations. All these "supporters" have intervened with Serbian President, Boris Tadić - to no avail.

An Alarm Signal

At the beginning of June, the WAZ media group launched a final offensive. In a letter to President Tadić, WAZ manager Hombach wrote that "the reception has been quite positive" in "other Southeast European countries."[7] Only in Serbia, has the group had to put up with "financial losses and public calumny." This is why it will withdraw from that country. Soon afterwards, the Chairman of the German Committee on Eastern European Economic Relations, Klaus Mangold, expressed his hope "that the announced withdrawal is understood as an alarm signal" and that the WAZ group will be able to continue its activities in Serbia.[8] Mangold also emphasized that Germany is Serbia's most important trading partner and has expanded its direct investments from 278 Million Euros in 2004 to currently 1.2 Billion. German businesses are "prepared to significantly increase their engagement" [in Serbia]. But the Chairman of the Committee on Eastern European Economic Relations left no doubt that it is very important for German businesses that Belgrade heed their demands, including WAZ's demand to buy into Novosti AD. Mangold's remarks carry weight because impoverished Serbia is dependant on business with powerful Germany. WAZ manager Bodo Hombach is a member of the presidium of Mangold's Committee on Eastern European Economic Relations.

Legal Action

The future development remains uncertain. The WAZ group has announced its takeover of the Salzburg-based Ardos Holding GmbH owned by intermediary, Milan Beko. Even though this provides the WAZ group with 23 Percent of Novosti's shares, held by Ardos, WAZ maintains its intentions to withdraw from Serbia.[9] But according to Večernje Novosti, in its alleged takeover of Ardos in Austria, the WAZ had been incorrect in the form and operated "fraudulently". Večernje Novosti considers the transaction to be invalid, undermining Serbia's legal system and reserves itself the right to take legal action.[10]

Only one Part

In its expansion drive toward East and Southeast Europe, the WAZ group has not only waged these power struggles in Serbia. Since its expansion into that region began in 1990, the German company has succeeded in acquiring - partially or completely - 26 daily newspapers and numerous magazines in Southeast Europe alone, sometimes under questionable circumstances. german-foreign-policy.com will report on the WAZ expansion in other South East European countries tomorrow.

[1], [2] Hombach, Hitler und die Oligarchen; Süddeutsche Zeitung 19.06.2010
[3] Die Belgrad-Connection; Financial Times Deutschland 13.08.2001
[4] Subotić expands on recent remarks; www.b92.net 23.03.2010
[5] "'I spoke with WAZ, with Mr. (Bodo) Hombah, about the information I received and he said it was alright, if they can get that done, as far as they are concerned, it was acceptable. I met with Mišković and Beko, we spoke about the details and they asked me for EUR 26mn, adding that with that money they could buy 60-65 percent of the Novosti shares, which would then naturally be given to WAZ,' Subotić said. 'I gave Mr. Hombah the details of the conversation, and he accepted that. I made a contract, I received a mandate from WAZ that gave precise details for the contract. I made the same agreement with Beko and Mišković through several of their companies, I can give you the names later so that you can get the documents from them. I paid them EUR 26mn and they bought the shares. They paid EUR 8-9mn for the shares, which means that EUR 26mn minus eight or nine was their profit, the profit they took as people organizing a sale outside of the stock exchange, as mediators and practically sellers of state goods,' Subotić said. When B92 asked WAZ for a reaction, the company said in a written statement that all money for the purchase of Novosti was given directly by the company and that all other claims are false." Subotić expands on recent remarks; www.b92.net 23.03.2010
[6], [7] Hitler und die Oligarchen; Süddeutsche Zeitung 19.06.2010
[8] Ost-Ausschuss bedauert Rückzug der WAZ-Gruppe aus Serbien; www.ost-ausschuss.de 18.06.2010
[9] WAZ hält an Ausstieg aus Serbien fest; derstandard.at 22.06.2010
[10] Hombah pokušava da ukrade "Novosti"; www.novosti.rs 22.06.2010

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Forming Opinions (II)
 
2010/06/24

ESSEN/SKOPJE/BELGRADE
 
(Own report) - The Serbian Minister of the Economy, Mladan Dinkic is calling on the WAZ media group from Germany to leave Serbia because of its dubious intrigues. After a deal was revealed that was aimed at making the Essen-based company a leader on the Serbian market, Dinkic said that the WAZ cannot be allowed to take control of one of the country's most important daily newspapers, with "backroom business deals". The WAZ and its manager Bodo Hombach, (SPD), attempted, with the help of a front man, to buy, step by step, majority shares in the Vecernje Novosti, the country's largest selling daily newspaper. But the front man, a Serbian oligarch, does not want to turn over the shares in his temporary possession. A front man was needed for the deal because antitrust regulations did not allow the WAZ to buy the Serbian public opinion forming daily, Vecernje Novosti. The German media group, headquartered in Essen, is the strongest West European company on the Southeast European press market owning up to 70 percent in several countries - padded by excellent relations to the political and business establishment.

Backroom Business Deals

In a comprehensive statement yesterday,[1] the WAZ media group admitted to having engaged in dubious business deals. According to the statement, an unnamed "contractual partner" - Bodo Hombach referred to him as a "Serbian oligarch" - committed himself in December 2008 to sell 3 businesses to WAZ: "Ardos" (Austria), "Trimax" (Austria) and "Karamat" (Cyprus). These three companies together possess two-thirds of the Novosti AD shares, the publisher that puts out the Serbian Vecernje Novosti (Evening News). A few years ago, when Novosti AD was privatized and antitrust restrictions prevented WAZ from taking it over - WAZ already owned 50 percent of Politika, the second most significant opinion making journal in the country - the "oligarch" bought the shares, thereby prohibiting another Serbian investor from buying the publishing house. When the deal became public it caused serious anger in Belgrade. The WAZ cannot be permitted to acquire a "trademark" like Vecernje Novosti with "backroom business deals", declared Serbia's Minister of the Economy, Mladan Dinkic.[2]

Austria, Hungary

The WAZ, which has recently raised so much ire with its intrigues in the Serbian capital, has for years been the mightiest foreign company on the press market in Southeast Europe. Already at the end of the 1980s, the "WAZ media group" began exploring possible expansion into eastern and southeastern Europe. In 1987 the Essen-based company bought into two important publishers in Austria. It acquired 50 percent of the Kronen Zeitung, which has a unique standing in the country's media landscape with its 3 million readers in a country with a total population of 8.4 million, and 49.4 percent of the Vienna-based daily, Kurier newspaper (distribution: 200,000). "With this we opened the door to Southeast Europe," said the WAZ employee, charged with relations to Southeast Europe, Andreas Ferling in 2007.[3] With the take over of the Hungarian publishing group, Pannon Lapok Tarsasaga, in 1990, the German company was able to accomplish its first penetration onto the market of a previously socialist country in the immediate aftermath of the radical transformation. The five regional journals of Pannon Lapok Tarsasaga were sold, according to the WAZ, "in four counties stretching from the Austrian border to the gates of Budapest" [4] - total distribution 225,000.

Big Headlines, Scant Language

The first serious resentment over the WAZ's southeastward expansion arose in Bulgaria, where the company was engaged in 1996. Following the takeover of the second largest daily newspaper of the country (24 Tschassa), WAZ bought also the largest (Dneven Trud). The WAZ was not only accused of having used dumping methods to obtain a monopoly position.[5] The company, which had won an antitrust lawsuit brought against it in Sofia, holds today a market share of around 70 percent. In January 2007, the former WAZ employee Ferling explained that "one of our strategies is to go into countries where antitrust laws are not very developed" - and try buying the shares of the market before the antitrust laws become more restrictive.[6] Criticism about the qualitative development of the newspapers taken over by the WAZ can still be heard today. "The potential" for bringing "higher standards" to Bulgarian readers at the time, was "not used" by the WAZ, says a media specialist in Sofia. On the contrary, complains a journalist, "they introduced a new graphic design: big headlines, scant language, large front page photos."[7]

Exclusive Contacts

After the WAZ group had already acquired access to the Croatian (December 1998), Rumanian (March 2001) and Serbian (October 2001 [8]) markets, the media group took on a new manager, Bodo Hombach (SPD), in February 2002, who had exceptional contacts to Southeast Europe. Hombach had been head of the Federal Chancellery (1998 to 2001) during the preparations for the war over Kosovo and NATO's bombing of Yugoslavia and subsequently (from mid 1999) he became the EU's Special Coordinator for its so called "Stability Pact for South Eastern Europe". The "Stability Pact," designed to stimulate cooperation and economic reconstruction in southeastern Europe, gave the EU's Special Coordinator the possibility to develop direct contacts to leading personalities in business and politics throughout southeastern Europe. Already with his activities in Germany, Hombach had occasionally provoked much anger. A regional politician in North-Rhine Westphalia, where Hombach was active until the fall of 1998, was quoted as having said that, with Hombach's departure to the Federal Chancellery "the amount of intrigues in North-Rhine Westphalia" has "significantly decreased."[9] Hombach's activities in southeastern Europe for the WAZ group have also not been without conflicts.

Positive Reporting

In the second half of 2004, a dispute with the editorial staff of the Rumanian daily România Liberă over WAZ directives made the headlines, but has been given various public interpretations. The WAZ group owned 70 percent of the România Liberă shares. This conservative daily's editorial staff complained that the WAZ was trying to prevent critical reporting on Rumania's social democratic government, making reference to Hombach's SPD past and the close ties between the German and Rumanian social democrats. But the WAZ countered that it was insisting merely on standards of quality and "positive reporting."[10] This dispute over the German media group's interference in editorial policies attracted European public attention for several weeks. This would hardly be the case today. "Previously, the WAZ gave itself an image of pursuing purely commercial interests and maintaining strict political neutrality," stated a knowledgeable observer in the spring of 2006, "but now the WAZ-owned Balkan newspapers have become liberal, pro-western," thereby "the company is assuming it's growing political role in the Balkans."[11] This no longer attracts attention.

From Foreign Minister to Newspaper Man

The media group's activities in Macedonia are a good example of the close ties between the WAZ and the political elite in Southeast European countries. In Mai 2003, the WAZ bought the country's three daily newspapers with the largest distribution (Dnevnik, Utrinski Vestnik, Vest). Soon thereafter, the WAZ consolidated its activities in the company Media Print Macedonia (MPM) - insisting "with the Cartel Office's permission."[12] This must be underlined, because with the three newspapers, MPM not only centralizes the complete value added chain from printing to distribution, it even controls more than 70 percent of Macedonia's print market.[13] The excellent relations with the political establishment are of great benefit to the company's activities in Macedonia. When the WAZ made its entry in Skopje, it employed Srgjan Kerim as MPM manager. Kerim knows Germany, because he also served as his country's ambassador to the Federal Republic of Germany (1994 to 2000), then in 2000 briefly as "Special Envoy for Regional Questions" of the Stability Pact for South-Eastern Europe under the Coordinator Bodo Hombach and as Macedonian Ambassador (2000 to 2001) before becoming President of the Macedonian-German Association of Commerce - and beginning work for the WAZ.

Impoverish

The Essen-based WAZ media group considers that "no other western European publishing house is more present in Southeast Europe than the WAZ."[14] Given the fact that this German company has 40 percent of its sales and 70 percent of its revenue abroad, critics in Southeast Europe come to a different conclusion. One being Manojlo Vukotić, editor in chief of the fiercely contested daily, Večernje Novosti, who recently explained in reference to the WAZ group's back room business deals with dubious oligarchs: "they set out to conquer the media scene of the impoverished Balkans and they are succeeding in impoverishing the Balkans even more."[15]

[1] "Serbiens Bürger haben ein Recht auf Wahrheit"; www.derwesten.de 23.06.2010
[2] Probe ordered into newspaper privatization; www.b92.net 23.06.2010
[3] "Wir grasen den Markt ab"; www.medien-monitor.com 30.01.2007
[4] Ungarn; www.waz-mediengruppe.de
[5] European Federation of Journalists: Media Power in Europe: The Big Picture of Ownership, Brussels, August 2005
[6] "Wir grasen den Markt ab"; www.medien-monitor.com 30.01.2007
[7] Staatsfeind Nummer eins; Berliner Zeitung 03.08.2009
[8] see also Forming Opinions (I)
[9] Schröders play-back; Der Freitag 25.06.1999
[10] Lebenslauf Dr. Srgjan Kerim; www.dgvn.de
[11] Flaggschiffe im Visier; Berliner Zeitung 04.05.2006
[12] Mazedonien; www.waz-mediengruppe.de
[13] Vladimir Zlatarsky, Dirk Förger: Die Medien in Mazedonien; www.kas.de 31.08.2009
[14] Das internationale Engagement der WAZ Mediengruppe; www.waz-mediengruppe.de
[15] Serbischer Chefredakteur beschimpft WAZ-Boss; Spiegel Online 24.03.2010



(italiano / francais)

Un an après le coup d'Etat, le Honduras résiste

1) Entretien avec le président Manuel Zelaya
2) Ancora sull'appoggio di Reporters sans Frontieres al golpismo honduregno


=== 1 ===


Un an après le coup d'Etat, le Honduras résiste. Entretien avec le président Manuel Zelaya

Manola Romalo

« Nous devons vaincre le coup d'État, l'impunité et  la terreur ». Manuel Zelaya, président légitime du Honduras depuis janvier 2006, a été dérogé le 28 juin 2009 par un coup d'État. Depuis le 27 janvier 2010, il se trouve avec son épouse et sa cadette en République Dominicaine.  Entretien réalisé par Manola Romalo, publié en exclusivité par Junge Welt (Allemagne), Rebellion (Espagne) et michelcollon.info (Belgique).


Ce 28 juin le peuple hondurien sort protester dans tout le pays contre le coup d`État perpétré il y a un an par une clique d’oligarques, parrainé par Washington. Sous l’hospice d’un gouvernement fantoche mis en place en juillet 2009 -  suivi par les élections présidentielles manipulées  de  janvier 2010 -  des  paramilitaires ont assassiné à ce jour des dizaines de membres de la Résistance, des syndicalistes, des enseignants, des journalistes. Protégeant ses  intérêts économiques, l’Union Européenne n’y voit que du feu.

 

Manola Romalo: Monsieur le Président, cela fait un an aujourd’hui qu’une clique d'entrepreneurs envoyèrent des militaires vous kidnapper dans votre maison sous le feu des balles. Que signifie cet acte pour l’avenir du Honduras ?


Manuel Zelaya:
 En ce moment, ils ont plus de problèmes qu’auparavant : ils ont fait prendre conscience, non seulement au peuple hondurien mais aussi  aux peuples d’Amérique Latine,  de la menace que représente l’ambition économique pour les démocraties.  Avec cette attaque, ils ont réussi à accélérer les processus de transformation à travers lesquels sont nées de nouvelles forces d’opposition.
L’influence des grandes multinationales s’étend à la politique étrangère des Etats Unis,  preuve que l'administration d’Obama - de même que celle de son prédécesseur - est tombée dans l’effrayante erreur d’appuyer le terrorisme d’État. Ils ont recommencé à faire des coups d’État, méthode pratiquée déjà dans le passé par une extrême droite acharnée à semer la barbarie à travers le monde.

Manola Romalo: Quoique les putschistes,  parrainés par Washington, essayèrent de maquiller en démocratie les élections présidentielles de novembre 2009,  une grande partie de la communauté internationale n’a pas reconnu la légitimité du gouvernement  en place.  Quelles transformations  démocratiques veut le peuple hondurien?    


Manuel Zelaya:
 J'ai présenté un plan de réconciliation en 6 points qui passent par le respect des Droits Humains et la fin de l’impunité. C'est le chemin correct pour annuler le putsch et retourner à l’Etat de droit.
Avec leur position inflexible et extrémiste de laisser impuni ce putsch au Honduras, les États-Unis et leurs alliés créoles n'appuient pas ce plan et n’aident en rien la réconciliation du peuple hondurien.
Contrairement à ce que nous avons espéré, avec ses déclarations, le Département d’État ignore le crime  qu’il condamna antérieurement et nomme « crise politique» des faits qu’il occulte : l`'mmunité et les privilèges des putschistes.  

Manola Romalo: Le Ministère allemand des Affaires Extérieures informe sur son site Internet , qu’ « après le coup d`État », le gouvernement allemand ne reprendra pas de nouveaux  projets d’aide pour le Honduras, mettant également court aux « consultances gouvernementales ». Quelle est la situation économique du pays? 


Manuel Zelaya : Les chiffres sont plus éloquents que les mots. En trois ans nous avions réalisé les meilleurs indices de croissance de l’histoire du Honduras : 6,5 et 6, 7 %. Pour la première fois en trente ans, la pauvreté avait été réduite à plus de 10 %.  
Par contre, depuis le coup d'État, le pays est entré dans une récession économique,  le nombre de pauvres  a augmenté,  les investissements de l’Etat et ceux des particuliers ont été réduits de façon significative. Les dommages causés par le coup d'État dans le processus de développement économique du pays vont durer au moins dix ans avant d’être réparés.  

Manola Romalo : Ce 28 juin, il y aura de grandes manifestations dans tout le pays, le peuple va débattre les principaux articles de la Déclaration Souveraine. La Résistance veut  « refondre le Honduras ». Quelles sont les étapes nécessaires ?


Manuel Zelaya:
 Nous devons vaincre le coup d'État, l'impunité et la terreur.  L'Assemblée National Constituante, avec la participation de tous les secteurs, est l’instrument légitime pour reconstruire la démocratie, l’ordre constitutionnel et l’Etat de droit.
L’organisation, la conscience et la mobilisation sont nécessaires pour renforcer le Front National de Résistance Populaire (FNRP) qui est la force sociale et politique de la Résistance contre le coup d’État.  Nous avons la responsabilité de la reconstruction, le peuple doit reprendre les affaires en cours pour transformer le pays.  

Manola Romalo: Monsieur le Président, dans le contexte politique du Honduras, le peuple réclame énergiquement votre retour. Quels sont vos projets ?  


Manuel Zelaya:
 Le futur n'est pas très loin. Toutefois je fais des projets pour le présent: je veux réussir à vaincre les espaces d'impunité avec lesquels les putschistes prétendent couvrir les crimes contre la démocratie et contre l'humanité.   
Mon retour devra être immédiat, il n´existe aucun prétexte ni justification qui expliquerait l'absence absolue de garanties pour mon retour. Il n’est pas possible que quelqu’un prétende voir les victimes soumises à la justice de leurs bourreaux.
Mon retour est lié à la  reprise de l’Etat de droit au Honduras. Le propre président Porfirio Lobo affirme être menacé, ajoutant en même temps qu’il garantit ma sécurité.
Évidemment, ils utilisent les Honduriens comme des cobayes, les putschistes font de ce pays un laboratoire de violence. Ils recourent aux castes militaires pour réprimer le peuple et  créer le chaos afin de maintenir le contrôle sur la société.  Peu leur importent les conséquences du processus d'intégration régionale et la confrontation,  doublement éprouvés,  avec les organismes multilatéraux.
Les preuves sont sous nos yeux : ils ont créé un nouveau régime de terreur et de persécution. Et les Etats Unis ont beaucoup perdu de leur prestige en Amérique Latine.



=== 2 ===

http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=19525
 
Reporters sans Frontieres non include il golpismo honduregno nella sua lista dei “Depredatori della Stampa”

di Unai Aranzadi*
 
fonte: http://www.independentdocs.com/
Traduzione a cura di l’Ernesto online

*Unai Aranzadi è reporter, fotografo e documentarista, specializzato in conflitti armati e diritti umani. Dal 1994 I suoi film sono stati trasmessi, tra gli altri, da BBC 2, BBC WORLD SERVICE, CNN, AL JAZEERA ENGLISH e CANAL +. I suoi testi e fotografie sono stati pubblicati da El País, Der Spiegel, Reuters e The Washington Post.

Seduto al tavolo della casa editrice, rivedendo le sequenze in cui l’esercito honduregno procede alla chiusura del canale 36 della televisione “Cholusat Sur” e dopo aver ricevuto numerosi SOS dei miei amici giornalisti che resistono in Honduras (dove hanno già assassinato sette di loro dall’inizio dell’anno) osservo con tristezza che Reporters sans Frontieres ha deciso di non includere il regime golpista di Roberto Micheletti ieri, oggi di Porfirio Lobo, nella loro lista mediatica dei “depredatori della libertà di stampa”.

Che cosa ancora manca all’Honduras per essere incluso in questa lista? Quanti giornalisti in più assassinati? Quanti media in più chiusi, occupati e intimiditi? Quanti corrispondenti stranieri in più espulsi? Quanti giornalisti locali in più esiliati?...

Credo, nonostante tutto, che Reporters sans Frontieres compia anche buone azioni, e per questo sono suo socio e ho aiutato l’organizzazione per sei anni, ma devo constatare che la sua agenda sembra rispondere più a interessi politici che a una difesa onesta delle libertà, e questo silenzio riguardo all’Honduras parla da solo, convincendo il più scettico degli osservatori e confermando i peggiori presagi che maturavo da tempo, mentre informavo su guerre e crisi in tutto il mondo.

Probabilmente non potrebbe essere diversamente, dal momento che RsF viene finanziata dal NED di Washington, da un gruppo di ultradestra della Florida e da grandi imprese mediatiche; per questa ragione organizzazioni con credibilità comprovata come Amnesty International o Greenpeace non accettano denaro da Stati o da enti legati a questi. L’indipendenza nella difesa dei diritti umani è vitale, proprio come Reporters sans Frontieres annuncia senza arrossire nella sua pagina web.

Ora, rileggendo le interviste a giornalisti honduregni, traggo le mie conclusioni... A tre settimane dal colpo di Stato e la conseguente repressione esercitata contro civili, giornalisti e media, nel modo più assoluto non c’è stato uno di Reporters sans Frontieres che si sia minimamente preoccupato di telefonare ai colleghi degli strumenti di comunicazione aggrediti e rinchiusi (così affermano tutti loro nel video registrato). Con quello che ho visto, tutto torna.

“Se non lo raccontiamo, non esiste”, è il motto di Reporters sans Frontieres. Grazie allora per non raccontare la tragedia che si svolge in Honduras! Del resto neppure in El Pais, El Mundo o ABC si stanno preoccupando molto di raccontarla. Un silenzio sepolcrale è garantito.

Quali denunce e servizi ci regalerebbero se tutto ciò accadesse in Bolivia o Venezuela!

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Il giorno 20/mag/10, alle ore 09:08, Coord. Naz. per la Jugoslavia ha scritto:


Golpe in Honduras: RSF, Vaticano, media e politici occidentali sono complici


Sulla situazione in Honduras, dopo il golpe guidato dall'italiano Micheletti, segnaliamo:

Il Cardi...male in Italia
Mons. Oscar Rodríguez Maradiaga arriva in Italia. Il suo attivo sostegno al colpo di Stato non deve passare inosservato

Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, un cardinale golpista a Roma: Persona non gradita!

Alla Comunità di Sant'Egidio: ripensare alla scelta di invitare il Mons. Maradiaga

Ciò che in Honduras non era repressione, lo diventa in Iran grazie alla stampa internazionale
Oltre ogni limite della manipolazione mediatica - di Pedro Antonio Honrubia Hurtado

Honduras: imaginez que l’équivalent se passe à Cuba, que diraient nos médias, et le maire de Paris ?
Danielle Bleitrach 

1° Maggio in Honduras

Perché assassinare la parola?

Honduras: consultazione popolare per installare un'Assemblea Costituente

Appello urgente Honduras: La rifondazione della speranza


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R.S.F. NON ALZA UNA PAGLIA SULLA STRAGE DEI GIORNALISTI IN HONDURAS !
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Honduras : l’ONU s’émeut des assassinats de journalistes, pas RSF

L’association française Reporters sans frontières n’a pas placé le Honduras dans sa liste des Etats prédateurs de la liberté d’expression, publiée le 3 mai, à l’occasion de la Journée internationale de la liberté de la presse. L’ONG pro-US estime qu’il n’est pas établi que ces meurtres soient liés au contexte politique et que l’actuel gouvernement est démocratique.

Le 28 juin 2009, un coup d’Etat militaire, orchestré par les Etats-Unis, a renversé le président élu Manuel Zelaya et placé au pouvoir Roberto Micheletti. Le 29 novembre, la junte a convoqué des élections et déclaré vainqueur Porfirio Lobo Sosa. Le nouveau régime a fait appel à des experts israéliens du maintien de l’ordre. La répression s’est concentrée sur des assassinats ciblés, dont ceux de journalistes.

Le 10 mai 2010, le Rapporteur spécial des Nations Unies sur la promotion et la protection des droits à la liberté d’expression et d’opinion, Frank La Rue, le Rapporteur spécial sur les exécutions sommaires, extrajudiciaires ou arbitraires, Philip Alston, et la Rapporteuse spéciale sur la situation des défenseurs des droits de l’homme, Margaret Sekaggya, ont appelé les autorités honduriennes à faire toute la lumière sur les sept assassinats de journalistes survenus en six semaines dans le pays.

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http://www.voltaire net.org/article1 65395.html

13 DE MAYO DE 2010

La ONU denuncia los asesinatos de periodistas que RSF se niega a reconocer en Honduras 

La asociación francesa Reporteros Sin Fronteras no menciona a Honduras en su lista de Estados violadores de la libertad de expresión, publicada el 13 de mayo en ocasión del Día Internacional de la Libertad de Prensa. Esta ONG proestadounidense afirma que no se ha demostrado que los asesinatos de periodistas perpetrados en Honduras desde el golpe de Estado militar que derrocó al presidente Manuel Zelaya sean de origen político y que el actual régimen hondureño es democrático.

El 28 de junio de 2009 un golpe de Estado militar, orquestado por Estados Unidos, derrocó al presidente electo de Honduras, Manuel Zelaya, poniendo en su lugar a Roberto Micheletti. El 29 de noviembre los golpistas realizaron una elección presidencial en la que Porfirio Lobo fue declarado ganador. El nuevo régimen recurrió a la ayuda de expertos israelíes en mantenimiento del orden y la represión se ha concentrado en la realización de asesinatos selectivos, incluyendo asesinatos de periodistas que se pronuncian contra el régimen.

El 10 de mayo de 2010, el Relator Especial de la ONU sobre la promoción y la protección de la libertad de expresión y de opinión, Frank La Rue; el Relator Especial sobre ejecuciones sumarias, extrajudiciales o arbitrarias, Philip Alston, y la Relatora Especial sobre la situación de los defensores de los derechos humanos, Margaret Sekaggya, exhortaron a las autoridades hondureñas a esclarecer los 7 asesinatos de periodistas perpetrados en 6 semanas en su país.


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http://www.voltaire net.org/article1 65377.html

11 MAY 2010

Honduras : UN concerned over assassination of journalists, but not RWB

French NGO Reporters Without Borders did not include Honduras in its 2010 list of Worst Predators of Press Freedom, released on 3 May on the occasion of the World Press Freedom Day. The pro-US NGO maintains that no link between the murders and the political climate has been established and that the current government is democratic.

On 28 June 2009 a military coup, orchestrated by the United States, toppled elected President Manuel Zelaya and put Roberto Micheletti in power. On 29 November the junta held elections and declared Porfirio Lobo Sosa the winner. The new regime has called for Israeli public order experts. The repression is geared towards targeted assassinations, including journalists.

On 10 May 2010, United Nations Special Rapporteur on the promotion and protection of the right to freedom of opinion and expression, Frank La Rue, United Nations Special Rapporteur on extrajudicial, summary or arbitrary executions, Philip Alston, and United Nations Special Rapporteur on the situation of human rights defenders, Margaret Sekaggya, called on the Honduran authorities to elucidate all the circumstances surrounding the killing of seven journalists in six weeks.

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Related article:  

Reporters Without Borders seems to have a geopolitical agenda, by F. William Engdhal, Voltaire Network, 5 May 2010.

http://www.voltaire net.org/article1 65297.html