Informazione
Da: Claudia CernigoiData: 25 giugno 2010 14:12:18 GMT+02:00Oggetto: I: MOSSAD BASE ITALIA - presentazione del libro di Eric Salerno a Trieste
Giro l'annuncio con preghiera di diffusione.aderisce il Coordinamento antifascista di TriesteClaudia Cernigoi---Da: compax @ inwind.it
Oggetto: MOSSAD BASE ITALIA - presentazione del libro di Eric Salerno a Trieste
Data: Venerdì 25 giugno 2010, 12:54MOSSAD BASE ITALIA - presentazione del libro di Eric Salerno a TriesteApri "Mossad base Italia", e sulla mappa di basi del servizio segreto israeliano nel nostro paese compare Trieste, dove nel '72 Settembre nero compì l'attentato al terminal petroli Siot.Impossibile non parlare del libro di Eric Salerno, corrispondente dal Medio Oriente del "Messaggero" di Roma, che verrà presentato per mobilitare le coscienze sui fatti di Palestina mercoledì 30 giugno, alle ore 18 presso la libreria Lovat di viale XX Settembre, un mese dopo l'assalto israeliano alle navi umanitarie della Gaza freedom flotilla.Nel libro si documenta la nascita della Marina militare israeliana, merito anche anche alla X Mas. Si documentano l'attentato all'ambasciata inglese nel '46 a Roma ed il rapimento di Mordechai Vanunu - tutt'ora in carcere - nel '76 a Roma. Si accenna perfino al rapimento Moro.A Trieste che fu annessa al terzo Reich ed è sede dell'unico Campo di sterminio in Italia, le Associazioni Penombre, Comitato pace convivenza e solidarietà "Danilo Dolci" e Salaam Ragazzi dell'Olivo, col supporto di Sinistra Ecologia e Libertà e l'adesione del coordinamento antifascista, hanno invitato Eric Salerno per spiegare anche la sua visione dei fatti su quanto sta accadendo oggi.L'intricato tessuto storico di interessi ebraici con l'influente Comunità cittadina, come conviverà dopo la crisi di Gaza coi rilevanti interessi turchi a Trieste, porto terminale della linea traghetti da Istanbul per l'Europa ?Sui muri di S.Sabba, Diego de Henriquez raccolse le testimonianze degli internati divenute patrimonio vivo del Museo della guerra per la pace, istituzione dall'eccezionale potenziale formativo lasciata al Comune di Trieste che da tempo ne sta curando il restauro.Per la Tavola della pace, Alessandro Capuzzo
di Roberto Livi *
Gli 007 di Israele in azione nella “base Italia”
In un libro appena uscito Eric Salerno racconta come il nostro sia sempre stato un paese in cui i servizi israeliani hanno potuto fare quel che han voluto (Zwaiter, Vanunu...).Fin dal '48 quando Ada Sereni disse a De Gasperi : «Il governo italiano deve chiudere un occhio e possibilmente due sulle nostre attività in questo paese»
Aprile 1948. Nel suo studio di Trento Alcide De Gasperi ha un incontro riservato e difficile. Di fronte a lui una donna decisa gli chiede in pratica carta bianca per le operazioni degli agenti di quell'«Istituto» che l'anno seguente diventerà il Mossad, il servizio segreto israeliano, quasi un mito per gli 007 del mondo intero. Il presidente del consiglio è titubante. Dal 1945, quando ancora non esisteva lo Stato di Israele, l'Italia era al centro di una battaglia geopolitica che segnerà tutta la seconda metà del '900. E i cui effetti continuano oggi.
Decine di migliaia di profughi ebrei liberati dai campi di sterminio nazisti si dirigono nel nostro paese, le organizzazioni sioniste cercano di farle entrare nella Palestina sotto mandato inglese e soprattutto cercano appoggi logistici - acquisto di armi, addestramento - per preparare l'inevitabile guerra fondativa dello Stato di Israele. Londra resiste, non vuole inimicarsi gli arabi ed essere esclusa dal business del petrolio, gli Stati uniti, leader degli Alleati, si apprestano a scalzare la Gran Bretagna come potenza egemone in Occidente e appoggiano il nazionalismo israeliano, l'Unione sovietica di Stalin gioca le sue carte per contrastare l'influenza americana in Medio Oriente.
L'Italia è ancora un paese a sovranità debole. De Gasperi capisce che deve schierarsi e accetta la richiesta di Ada Sereni, ebrea romana emigrata nel 1927 nel «focolare ebraico» in Palestina e tornata nel paese natale come dirigente del Mossad: «Il governo italiano deve chiudere un occhio e possibilmente due sulle nostre attività in questo paese». Da quel momento l'Italia diventa una sorta di terra promessa per gli agenti israeliani. Dall'immigrazione clandestina di ebrei sopravvissuti all'olocausto al traffico di armi, dagli attentati anti-inglesi al sabotaggio di navi e fabbriche che lavoravano per paesi arabi, dagli assassinii mirati di palestinesi a extraordinary rendition ante-litteram, dai tentativi di destabilizzazione politica a operazioni coperte nel quadro della guerra fredda.
Per oltre 60 anni gli uomini del Mossad hanno agito nelle loro basi italiane con la complicità dei servizi di casa nostra - deviati o meno - e dei governi che hanno chiuso entrambi gli occhi fino a mettere in causa la sovranità nazionale italiana.
Come si vede è un tema che scotta quello trattato da Eric Salerno nel suo ultimo libro, Mossad base Italia (Il Saggiatore, pagine 258, 19 euro), appena uscito. Raccontare e ricostruire «le azioni, gli intrighi, le verità nascoste» , di questi 60 anni significa non solo doversi immergere nella palude delle trame italiane, col rischio di affondarvi tra dossier manomessi o vuoti, servizi deviati, intrecci tra poteri e mafie, sabbie mobili delle operazioni coperte, disinformazione sparsa a piene mani. Comporta anche affrontare di petto l'intreccio tra politica mediorientale, Stato di Israele e questione ebraica.
Uno dei nodi politici più difficili. Specialmente dopo l'11 settembre e la guerra senza quartiere al terrorismo che è diventato, per antonomasia, terrorismo islamico o «scontro di civiltà» tra l'Occidente democratico e organizzazioni e regimi che vogliono minarne le fondamenta democratiche. Parlare laicamente di Israele comporta spesso da noi dover affrontare la scontata l'accusa di antisemitismo (come è già capitato a Salerno in occasione del suo illuminante libro Israele, la guerra dalla finestra, uscito nel 2002), ovvero di voler minare il baluardo mediorientale al terrorismo islamico.
Salerno, invece, vi riesce grazie alla sua conoscenza della materia - come inviato e poi corrispondente del Messaggero a Gerusalemme negli ultimi 30 anni- e a una professionalità laica ma non cieca, ormai rara nel giornalismo italiano. Se la scrittura è sciolta, colorita, quasi con un passo da romanzo, "Mossad base Italia" non è una fiction. L'asse portante del libro, oltre che la scintilla da cui è partita l'inchiesta, nasce dal contatto con Mike Harari, uno degli uomini chiave del Mossad in Italia insieme a Yeuda Arazi, personaggio-chiave del romanzo Exodus, nell'omonimo film impersonato da Paul Newman. L'ex-capo degli 007 israeliani accetta di raccontare la sua verità. Uno scoop senz'altro, ma Salerno è consapevole che racconti e rivelazioni contengono insidie. Del resto «Mike» mette in chiaro che se dicesse tutto quello che sa, poi sarebbe costretto « a uccidere» il suo interlocutore. Dietro di sé, in Italia, Harari ha lasciato una storia di complotti, assassinii politici, di alleanze eticamente difficili da accettare, con fascisti duri e puri della X Mas, con l'organizzazione Odessa delle ex-SS naziste, di operazioni che hanno violato la sovranità italiana. Per questa ragione le lunghe conversazioni con «Mike» sono il punto di partenza, cui seguono complesse indagini personali, negli archivi di Stato, nei quotidiani, negli archivi Usa della Cia e in quelli di Palmach e Haganah in Israele, interviste a personaggi-chiave. Il tutto accompagnato da attente riflessioni per evitare le insidie della disinformazione o del linguaggio ideologico.
I fatti raccontati non ne hanno bisogno. Si entra in storie difficilmente immaginabili e mai prima non rivelate, almeno con la serietà e la documentazione di questo libro. Dopo le richieste avanzate da Ada Sereni, De Gasperi le risponde: così ci chiedete di aiutarvi a vincere la guerra contro gli arabi. Poi però accetta, perché il suo partito (la Dc) e la sua Italia repubblicana (formata però anche grazie alla Resistenza) non può sopravvivere senza gli Stati uniti.
E la guerra arabo-israeliana ha le sue propaggini in Italia, paese che ha sempre avuto un ruolo-chiave nel Mediterraneo. Nell'aeroporto dell'Urbe verrà istituita una vera e propria base di formazione e addestramento per i piloti della nascente aviazione ebraica. A Catania vi sarà una pista utilizzata per un traffico - illegale -di armamenti provenienti dagli Usa. La Marina non è da meno e nel 1954 accetta di formare cadetti israeliani nella sua accademia, chiedendo solo che tutto «rimanga riservato». I servizi italiani collaborano o voltano le spalle . Attraverso l'Italia passa un flusso clandestino di armi (compresi carri armati, motori di aereo e i famosi maiali, i mini-sommergibili armati di esplosivo della X Mas) dirette nella Palestina ormai divisa tra Israele e Giordania. Flusso che non si interrompe durante le tregue dichiarate dall'Onu. Gli agenti ebraici (anche prima della costituzione ufficiale del Mossad nel '49) possono colpire industrie italiane che vendono armi agli arabi, sabotare navi che trasportano rifornimenti al nemico. Nel '48, su ordine di Ada Sereni, la nave Lino, carica di armi italiane acquistate dalla Siria, è bloccata da una bomba messa da sub ebraici. Poi altri sabotaggi e attentati.
L'Italia è anche territorio privilegiato per la guerra di spionaggio. Si sperimentano extraordinary rendition ante-litteram: nel settembre 1980 il tecnico nucleare israeliano Mordechai Vanunu, reo di aver denunciato la costruzione di ordigni nucleari nella centrale di Dimona, è rapito a Roma da agenti israeliani.
Per contrastare ogni manovra di avvicinamento di Roma con i paesi arabi il Mossad entra a pie' pari nella politica interna ed estera dell'Italia. Aldo Moro, uno dei dirigenti democristiani favorevoli a un accordo con i palestinesi, ne era consapevole. All'ex vice-segretario della Dc Giovanni Galloni confida: «La mia preoccupazione è questa: che io so per certa la notizia che i servizi segreti sia americani che israeliani hanno infiltrati nelle Brigate rosse, ma noi non siamo stati avvertiti di questo, sennò i covi li avremmo trovati».
In precedenza i segnali non erano mancati. L'ex-presidente Francesco Cossiga afferma anche che furono agenti del Mossad nel novembre 1973 a far saltare, mentre era in volo, Argo 16, l'aereo utilizzato per i «trasporti clandestini» di Gladio, l'organizzazione anti-sovietica voluta dagli Usa. Fu una ritorsione per la liberazione, decisa proprio da Moro, dei due terroristi palestinesi che avevano tentato di colpire un aereo della compagnia israeliana El Al sulla pista dell'aeroporto di Fiumicino.
Vendetta. La parola non compare mai nei dossier ufficiali d'Israele. Ma era la parola d'ordine lanciata dall'allora premier israeliano Golda Meir, «la donna con le palle». Vendetta per gli atleti della squadra israeliana sequestrati da militanti di Settembre nero durante le Olimpiadi di Monaco-'72 e uccisi nel corso dell'attacco delle forze speciali tedesche. La prima vittima della Vendetta cadrà a Roma, per mano di una squadra del Mossad guidata proprio da Harari.
Wail Zwaiter intellettuale palestinese e rappresentante di Al Fatah viene crivellato di colpi nell'androne di casa sua. Poco importa che non avesse nulla a che fare col terrorismo, anzi fosse un feroce critico di Settembre nero. Quello che bisognava inviare era un segnale forte e chiaro che il braccio armato di Israele colpiva inesorabilmente. Proprio questo obiettivo costituì la debolezza dell'operazione descritta anche nel film di Spielberg. La Vendetta doveva essere esemplare e veloce. Così si colpisce anche a caso: in Norvegia il commando del Mossad uccise un cameriere marocchino che nulla aveva a che fare con i palestinesi, La polizia locale non voltò le spalle, e uno dei killer del Mossad catturato svuotò il sacco. E rivelò particolari dell'operazione con cui Israele importò tonnellate di uranio per fabbricare le sue atomiche. Per Harari fu un mezzo smacco.
Il «modello Mossad», sperimentato anche in Italia, è vincente e diventa oggetto di esportazione. Ex-agenti sono riciclati come capi della sicurezza o «consiglieri» in mezzo mondo, dalle scorte alle navi alla vigilanza di aeroporti, da operazioni coperte e lucrose come l'Iran-contras-gate (armi ai terroristi anti-sandinisti in Nicaragua comprate con la coca fornita dai cartelli colombiani). Il caso dell'imam Omar rapito a Milano da agenti Cia - coperti dai servizi nostrani- dimostra che le extraodinary rendition devono molto alle tecniche del Mossad, mentre a Gaza e nei Territori gli omicidi mirati di dirigenti palestinesi sono ritenuti mezzi brutali, ma al fine di salvaguardare la democrazia.
* su Il Manifesto del 16/02/2010
ERIKO SALERNO Mosad baza Italija
Samo jednu akciju Mosad sa bazom u Rimu nikada nije sproveo: hvatanje ustaša i Anta Pavelića, koji su u svet pošli iz Večnog grada. Svedočanstva o tome nudi nam knjiga „Mosad baza Italija“, uglednog publiciste Erika Salerna (autor više knjiga o Bliskom istoku), koji više decenija piše za „Il Mesađero“, a živi između Jerusalima i Rima.
Ekskluzivno za „Pečat“ Salerno priča o svojim višegodišnjim istraživanjima po arhivima sveta, o traganju za najbitnijim preživelim svedokom, o neophodnosti suptilnog istraživanja radi maksimalne autentičnosti u stvaranju knjige-živopisa. Njegova priča istinski je uznemirujuća i fascinirajuća, bazirana, kako na dokumentima, tako i na svedočenju Mike Hararija, jednog od najčuvenijih jevrejskih špijuna, koji se vratio na mesto početka svoje karijere, u čuvenu rimsku Via Veneto, gde je, kao dvadesetogodišnjak, 1947. godine obavio svoj prvi zadatak.
U tri godine u Palestinu je poslato, legalno ili ilegalno, najmanje 26.000 Jevreja (broj koji su odredili Englezi bio je zanemarljiv). Najveći broj njih pristigao je iz Austrije. Stizali su u severni deo Italije, bilo je kampova za izbeglice posvuda, potom su se premeštali ka južnim zonama odakle je bilo lakše otići brodovima, koje su obezbeđivali agenti Mosada preko Italijana, ka Palestini. U nekim od ovih kampova, o kojima su vodili računa isključivo Jevreji, bili su vojno obučavani mladi Jevreji, pristigli iz Evrope. Obučavani su sa oružjem ili bez njega, kako bi jednom, kada stignu u Palestinu, mogli da se bore protiv Arapa. Odlazili su sa dvadesetak brodova, kupovanih i u inostranstvu, ili datih na prepravku i na raspolaganje agentima Mosada. Izbeglicama je u svemu veoma pomogla italijanska Mornarica.
Te 1948. godine zastajao ti je dah samo ako vidiš koja je sila arapski svet. Na centimetar zemlje Jevreja dolazilo je 100 kilometara arapske teritorije. Ali rat se pobeđuje i zahvaljujući propagandi, filtriranim vestima. 28. aprila 1948. godine na prvoj stranici rimskog dnevnog lista „Il Mesađero“, dopisnik iz Tel Aviva zaključuje: „Jevreji su snažniji od Arapa, brojniji su, bolje naoružani, bolje obučeni i disciplinovaniji“. Drugim rečima, situacija je takva da je arapska ofanziva kojom žele da izbace Jevreje iz Palestine osuđena na senzacionalni neuspeh.
Italija ima odlučujuću ulogu i u stvaranju izraelske avijacije, posebno rimski aerodrom Urbe. Škola iz koje je izašlo u samo devet meseci oko 60 pilota, upravo je ona na aerodromu Urbe. Zvanično, škola je bila civilna, a zapravo je bila kolevka izraelske avijacije, jer je jevrejska Palestina imala potrebu za vojnom snagom, sposobnom da se susretne sa arapskom silom. Avioni su kupovani na tržištu, već iskorišćeni. Italijanski instruktori bili su samo pokriće za Jevreje pristigle iz raznih delova sveta, pre toga se već boreći u raznim uniformama, kao što su one američke, kanadske i južnoafričke. Dakle, Rim je bio mesto obuke i mesto odakle su kretali avioni za borbu Jevreja iz Palestine. Italijanske tajne službe nadgledale su agente Mosada, da bi ih zatim po naredbi svojih starešina ostavljali da neometano rade.
Ipak, rat ne znači samo nabaviti oružje, već i zaustaviti dotok oružja protivničkoj strani. Mosad tako sabotira brodove krcate oružjem koje je kupila Vlada iz Damaska. Poznat je slučaj broda „Lina“ koji su kupili Sirijci, a koji je na putu za Bejrut potonuo. U trag tom brodu ušla je Ada Sereni, protagonista te akcije smislila je jednu dezinformaciju koje su objavile novine. Sačekalo se da brod stigne do Barija (kojeg je inače kontrolisala britanska fregata) ali u mraku se sve može – mina ispod i brod sa dragocenim tovarom tone.
Međutim, postoji još jedna zanimljivost. Italija je, naime, oduvek prodavala oružje raznim stranama, tako da je Mosad morao da krene u akciju sabotaža protiv italijanske industrije. Prodaja oružja inače nije moralno pitanje nigde u svetu, i sam Izrael na taj način trguje. Mosad se ne bavi direktno prometom oružja, ali taj promet olakšava, jer njegovi agenti putuju čak i u arapske zemlje gde se, koliko ja znam, nalazi i oružje iz Izraela. Trgovina je trgovina. Italijani su prodavali borbene avione kako Izraelu tako i Egiptu, samo što su ovi poslednji završavali u moru. Da su to bile akcije jevrejskog terorizma bilo je jasno svima. Ruka Mosada prostirala se posvuda. Ona je bombardovala Englesku ambasadu u Rimu, ona je po naredbi Golde Meir „osvetila“ izraelske sportiste izmasakrirane od strane palestinske organizacije na Olimpijadi u Minhenu. Upravo je Golde Meir dala nalog Mike Harariju da izvrši operacije gde god hoće, na Bliskom istoku, u Evropi. Ubijani su svi odgovorni za masakr u Minhenu, od izvršioca do nalogodavaca. Mosad je počeo akcije u Italiji jer je tu bilo najlakše, budući da su postojale minimalne kontrole. Mnogo ljudi ubijeno je greškom. Napravljena je serija neoprostivih grešaka za organizaciju koja je dobro obučena, pa u Norveškoj dobar deo grupe biva uhapšen. Mosad je tako u poslednji čas sprečio ubistvo Golde Meir u Rimu.
Još jedna stvar je od izuzetnog značaja. Zbog svih ovih dešavanja, posle rata u Italiji nije suđeno nikome za ratne zločine, za sve ono što se desilo i na Balkanu, ili u Grčkoj, ili u Italiji, ili na nekom drugom mestu. Nije bilo nijednog procesa ni protiv vojnika niti protiv osoba koje su počinile ratne zločine.
Sa druge strane, postojala je i jedna mala grupa Jevreja koja je, nakon što je sarađivala sa nacistima, započela sopstvene ilegalne poslove. Ljudi Mosada uspeli su da uđu u trag izvesnim sumama nacističkog falsifikovanog novca.
No, najprivilegovanija saradnja Mosada bila je ona sa CIA-om. U svakom slučaju Mosad je sarađivao sa „različitim pojedincima“, a sve u cilju da se suprotstavi svom glavnom neprijatelju – Velikoj Britaniji.
LA FABBRICA DELL'ODIO
La Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD) è forse la più nota tra le organizzazioni del fronte irredentista. Dopo decenni di attività quasi "sotto traccia", la ANVGD ha avuto un exploit in tempi recenti, grazie alla guerra fratricida in Jugoslavia, alla istituzione del "Giorno del Ricordo" ed al sostegno politico bipartisan di cui oramai queste tematiche godono, sostegno che per quella Associazione si traduce nel coinvolgimento crescente in iniziative istituzionali e negli abbondantissimi finanziamenti pubblici. Attraverso la Federesuli, di cui è una delle componenti principali, la ANVGD dispone infatti di un budget milionario cui contribuiscono in maniera sostanziale i versamenti di ognuno di noi contribuenti (si veda la denuncia del programma REPORT trasmesso su RAI3 domenica 11/4/2010).
In forza di tali sostegni e finanziamenti la ANVGD riesce tra l'altro a mantenere una sua solida ed aggiornatissima presenza in internet, specialmente attraverso il sito -www.anvgd.it - che riporta numerose notizie e interpretazioni su vicende più o meno legate alla "questione orientale" italiana. Con il passare del tempo ci è capitato con sempre maggiore frequenza di rimanere sconcertati non solo per la unilateralità di quanto viene ogni giorno ripreso su quelle pagine, ma anche e soprattutto per i toni e i contenuti delle reazioni dei responsabili di quel sito internet a commenti e critiche che a loro sono stati occasionalmente indirizzati, a titolo personale, da alcuni di noi.
Negli ultimi giorni il nostro presidente Ivan Pavicevac ha voluto ad esempio stigmatizzare, con un email personale di commento, la sfacciata strumentalizzazione che gli ambienti irredentisti fanno della figura di Sergio Endrigo. La famiglia di quest'ultimo si trasferì nel dopoguerra in Italia avvalendosi del diritto di opzione previsto dagli accordi tra i due paesi susseguenti al Trattato di Pace - di qui la definizione di "optanti"; ma nonostante la ferita che tale distacco dalla terra natale può avere causato all'artista, è cosa nota che Endrigo, comunista, non serbò mai alcun rancore verso i nostri vicini jugoslavi. Anzi, egli ebbe l'occasione di intrattenere rapporti artistici con la Jugoslavia, dove vinse pure il Festival canoro di Spalato.
Di fronte ad un breve email di Pavicevac che faceva presente tutto questo, la risposta proveniente dalla ANVGD (con un messaggio non firmato proveniente da info@..., e che dunque interpretiamo come risposta ufficiale della ANVGD), è stata:
<< Bastardo di un istriano. Nessuno è stato "libero" di optare. Gli italiani sono andati via, comunisti compresi. Gli Esuli non hanno colore. Il colore lo hanno solo i bastardi come te, ed è marrone. Solo i cretini come te non capiscono neanche quel che dicono. Perché hanno la testa piena di roba marrone. Deficiente che non sei altro. E finiscila di rompere perché sappiamo dove sei. >> (22 giugno 2010)
Di nuovo il giorno dopo l'ANVGD rincarava la dose ritenendo che in Istria alla fine della guerra << bastardi come te avevano occupato le case, i terreni... Togliti dalle palle, sei troppo marrone per meritare anche uno sputo. >> (23 giugno 2010)
Da quanto scrive l'aggressivo interlocutore di Pavicevac, evinciamo che l'ANVGD fa una netta distinzione tra istriani ed istriani: in particolare, quelli che non condividono le istanze dell'ANVGD - che sono irredentistiche e mirano alla destabilizzazione dei confini di Stato, visto che nel proprio Statuto la ANVGD contesta il vigente Trattato di Pace: Capo II (SCOPI E FUNZIONI) Art .2: http://www.anvgd.it/documenti/anvgd_statuto.pdf - sono semplicemente "bastardi" e devono "stare attenti".
Questo è dunque il modo in cui, e queste sono le finalità per cui la ANVGD usa i soldi dei contribuenti.
E' allora persino paradossale che sul proprio sito internet la ANVGD insinui che debba essere messa in discussione l' "utilità sociale" di CNJ-onlus (vedi: http://www.anvgd.it/index.php?option=com_content&task=view&id=8598&Itemid=111 ): il nostro Coordinamento - che di soldi pubblici finora non ne ha percepiti affatto - perlomeno non si prefigge di incrinare i rapporti con i popoli vicini nè di mettere in discussione i trattati di Pace e di Osimo, e non ha mai minacciato nessun interlocutore.
I due email di insulti e minacce provenienti dall'ANVGD sono stati fatti oggetto di una denuncia-querela alla Polizia di Stato, Compartimento Polizia Postale, che il nostro presidente ha presentato a Roma in data 30 giugno 2010.
Per il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus, il Direttivo
Roma - Arezzo - Bologna - Firenze - Milano - Torino - Trieste, 30 giugno 2010
« Nous devons vaincre le coup d'État, l'impunité et la terreur ». Manuel Zelaya, président légitime du Honduras depuis janvier 2006, a été dérogé le 28 juin 2009 par un coup d'État. Depuis le 27 janvier 2010, il se trouve avec son épouse et sa cadette en République Dominicaine. Entretien réalisé par Manola Romalo, publié en exclusivité par Junge Welt (Allemagne), Rebellion (Espagne) et michelcollon.info (Belgique).
Ce 28 juin le peuple hondurien sort protester dans tout le pays contre le coup d`État perpétré il y a un an par une clique d’oligarques, parrainé par Washington. Sous l’hospice d’un gouvernement fantoche mis en place en juillet 2009 - suivi par les élections présidentielles manipulées de janvier 2010 - des paramilitaires ont assassiné à ce jour des dizaines de membres de la Résistance, des syndicalistes, des enseignants, des journalistes. Protégeant ses intérêts économiques, l’Union Européenne n’y voit que du feu.
Manola Romalo: Monsieur le Président, cela fait un an aujourd’hui qu’une clique d'entrepreneurs envoyèrent des militaires vous kidnapper dans votre maison sous le feu des balles. Que signifie cet acte pour l’avenir du Honduras ?
Manuel Zelaya: En ce moment, ils ont plus de problèmes qu’auparavant : ils ont fait prendre conscience, non seulement au peuple hondurien mais aussi aux peuples d’Amérique Latine, de la menace que représente l’ambition économique pour les démocraties. Avec cette attaque, ils ont réussi à accélérer les processus de transformation à travers lesquels sont nées de nouvelles forces d’opposition.
L’influence des grandes multinationales s’étend à la politique étrangère des Etats Unis, preuve que l'administration d’Obama - de même que celle de son prédécesseur - est tombée dans l’effrayante erreur d’appuyer le terrorisme d’État. Ils ont recommencé à faire des coups d’État, méthode pratiquée déjà dans le passé par une extrême droite acharnée à semer la barbarie à travers le monde.
Manola Romalo: Quoique les putschistes, parrainés par Washington, essayèrent de maquiller en démocratie les élections présidentielles de novembre 2009, une grande partie de la communauté internationale n’a pas reconnu la légitimité du gouvernement en place. Quelles transformations démocratiques veut le peuple hondurien?
Manuel Zelaya: J'ai présenté un plan de réconciliation en 6 points qui passent par le respect des Droits Humains et la fin de l’impunité. C'est le chemin correct pour annuler le putsch et retourner à l’Etat de droit.
Avec leur position inflexible et extrémiste de laisser impuni ce putsch au Honduras, les États-Unis et leurs alliés créoles n'appuient pas ce plan et n’aident en rien la réconciliation du peuple hondurien.
Contrairement à ce que nous avons espéré, avec ses déclarations, le Département d’État ignore le crime qu’il condamna antérieurement et nomme « crise politique» des faits qu’il occulte : l`'mmunité et les privilèges des putschistes.
Manola Romalo: Le Ministère allemand des Affaires Extérieures informe sur son site Internet , qu’ « après le coup d`État », le gouvernement allemand ne reprendra pas de nouveaux projets d’aide pour le Honduras, mettant également court aux « consultances gouvernementales ». Quelle est la situation économique du pays?
Manuel Zelaya : Les chiffres sont plus éloquents que les mots. En trois ans nous avions réalisé les meilleurs indices de croissance de l’histoire du Honduras : 6,5 et 6, 7 %. Pour la première fois en trente ans, la pauvreté avait été réduite à plus de 10 %.
Par contre, depuis le coup d'État, le pays est entré dans une récession économique, le nombre de pauvres a augmenté, les investissements de l’Etat et ceux des particuliers ont été réduits de façon significative. Les dommages causés par le coup d'État dans le processus de développement économique du pays vont durer au moins dix ans avant d’être réparés.
Manola Romalo : Ce 28 juin, il y aura de grandes manifestations dans tout le pays, le peuple va débattre les principaux articles de la Déclaration Souveraine. La Résistance veut « refondre le Honduras ». Quelles sont les étapes nécessaires ?
Manuel Zelaya: Nous devons vaincre le coup d'État, l'impunité et la terreur. L'Assemblée National Constituante, avec la participation de tous les secteurs, est l’instrument légitime pour reconstruire la démocratie, l’ordre constitutionnel et l’Etat de droit.
L’organisation, la conscience et la mobilisation sont nécessaires pour renforcer le Front National de Résistance Populaire (FNRP) qui est la force sociale et politique de la Résistance contre le coup d’État. Nous avons la responsabilité de la reconstruction, le peuple doit reprendre les affaires en cours pour transformer le pays.
Manola Romalo: Monsieur le Président, dans le contexte politique du Honduras, le peuple réclame énergiquement votre retour. Quels sont vos projets ?
Manuel Zelaya: Le futur n'est pas très loin. Toutefois je fais des projets pour le présent: je veux réussir à vaincre les espaces d'impunité avec lesquels les putschistes prétendent couvrir les crimes contre la démocratie et contre l'humanité.
Mon retour devra être immédiat, il n´existe aucun prétexte ni justification qui expliquerait l'absence absolue de garanties pour mon retour. Il n’est pas possible que quelqu’un prétende voir les victimes soumises à la justice de leurs bourreaux.
Mon retour est lié à la reprise de l’Etat de droit au Honduras. Le propre président Porfirio Lobo affirme être menacé, ajoutant en même temps qu’il garantit ma sécurité.
Évidemment, ils utilisent les Honduriens comme des cobayes, les putschistes font de ce pays un laboratoire de violence. Ils recourent aux castes militaires pour réprimer le peuple et créer le chaos afin de maintenir le contrôle sur la société. Peu leur importent les conséquences du processus d'intégration régionale et la confrontation, doublement éprouvés, avec les organismes multilatéraux.
Les preuves sont sous nos yeux : ils ont créé un nouveau régime de terreur et de persécution. Et les Etats Unis ont beaucoup perdu de leur prestige en Amérique Latine.
Reporters sans Frontieres non include il golpismo honduregno nella sua lista dei “Depredatori della Stampa”
fonte: http://www.independentdocs.com/
Traduzione a cura di l’Ernesto online
*Unai Aranzadi è reporter, fotografo e documentarista, specializzato in conflitti armati e diritti umani. Dal 1994 I suoi film sono stati trasmessi, tra gli altri, da BBC 2, BBC WORLD SERVICE, CNN, AL JAZEERA ENGLISH e CANAL +. I suoi testi e fotografie sono stati pubblicati da El País, Der Spiegel, Reuters e The Washington Post.
Seduto al tavolo della casa editrice, rivedendo le sequenze in cui l’esercito honduregno procede alla chiusura del canale 36 della televisione “Cholusat Sur” e dopo aver ricevuto numerosi SOS dei miei amici giornalisti che resistono in Honduras (dove hanno già assassinato sette di loro dall’inizio dell’anno) osservo con tristezza che Reporters sans Frontieres ha deciso di non includere il regime golpista di Roberto Micheletti ieri, oggi di Porfirio Lobo, nella loro lista mediatica dei “depredatori della libertà di stampa”.
Che cosa ancora manca all’Honduras per essere incluso in questa lista? Quanti giornalisti in più assassinati? Quanti media in più chiusi, occupati e intimiditi? Quanti corrispondenti stranieri in più espulsi? Quanti giornalisti locali in più esiliati?...
Credo, nonostante tutto, che Reporters sans Frontieres compia anche buone azioni, e per questo sono suo socio e ho aiutato l’organizzazione per sei anni, ma devo constatare che la sua agenda sembra rispondere più a interessi politici che a una difesa onesta delle libertà, e questo silenzio riguardo all’Honduras parla da solo, convincendo il più scettico degli osservatori e confermando i peggiori presagi che maturavo da tempo, mentre informavo su guerre e crisi in tutto il mondo.
Probabilmente non potrebbe essere diversamente, dal momento che RsF viene finanziata dal NED di Washington, da un gruppo di ultradestra della Florida e da grandi imprese mediatiche; per questa ragione organizzazioni con credibilità comprovata come Amnesty International o Greenpeace non accettano denaro da Stati o da enti legati a questi. L’indipendenza nella difesa dei diritti umani è vitale, proprio come Reporters sans Frontieres annuncia senza arrossire nella sua pagina web.
Ora, rileggendo le interviste a giornalisti honduregni, traggo le mie conclusioni... A tre settimane dal colpo di Stato e la conseguente repressione esercitata contro civili, giornalisti e media, nel modo più assoluto non c’è stato uno di Reporters sans Frontieres che si sia minimamente preoccupato di telefonare ai colleghi degli strumenti di comunicazione aggrediti e rinchiusi (così affermano tutti loro nel video registrato). Con quello che ho visto, tutto torna.
“Se non lo raccontiamo, non esiste”, è il motto di Reporters sans Frontieres. Grazie allora per non raccontare la tragedia che si svolge in Honduras! Del resto neppure in El Pais, El Mundo o ABC si stanno preoccupando molto di raccontarla. Un silenzio sepolcrale è garantito.
Quali denunce e servizi ci regalerebbero se tutto ciò accadesse in Bolivia o Venezuela!
Golpe in Honduras: RSF, Vaticano, media e politici occidentali sono compliciSulla situazione in Honduras, dopo il golpe guidato dall'italiano Micheletti, segnaliamo:Il Cardi...male in ItaliaMons. Oscar Rodríguez Maradiaga arriva in Italia. Il suo attivo sostegno al colpo di Stato non deve passare inosservatoOscar Andrés Rodríguez Maradiaga, un cardinale golpista a Roma: Persona non gradita!Alla Comunità di Sant'Egidio: ripensare alla scelta di invitare il Mons. MaradiagaCiò che in Honduras non era repressione, lo diventa in Iran grazie alla stampa internazionaleOltre ogni limite della manipolazione mediatica - di Pedro Antonio Honrubia HurtadoHonduras: imaginez que l’équivalent se passe à Cuba, que diraient nos médias, et le maire de Paris ?Danielle Bleitrach1° Maggio in HondurasPerché assassinare la parola?Honduras: consultazione popolare per installare un'Assemblea CostituenteAppello urgente Honduras: La rifondazione della speranza---R.S.F. NON ALZA UNA PAGLIA SULLA STRAGE DEI GIORNALISTI IN HONDURAS !---Honduras : l’ONU s’émeut des assassinats de journalistes, pas RSFL’association française Reporters sans frontières n’a pas placé le Honduras dans sa liste des Etats prédateurs de la liberté d’expression, publiée le 3 mai, à l’occasion de la Journée internationale de la liberté de la presse. L’ONG pro-US estime qu’il n’est pas établi que ces meurtres soient liés au contexte politique et que l’actuel gouvernement est démocratique.
Le 28 juin 2009, un coup d’Etat militaire, orchestré par les Etats-Unis, a renversé le président élu Manuel Zelaya et placé au pouvoir Roberto Micheletti. Le 29 novembre, la junte a convoqué des élections et déclaré vainqueur Porfirio Lobo Sosa. Le nouveau régime a fait appel à des experts israéliens du maintien de l’ordre. La répression s’est concentrée sur des assassinats ciblés, dont ceux de journalistes.
Le 10 mai 2010, le Rapporteur spécial des Nations Unies sur la promotion et la protection des droits à la liberté d’expression et d’opinion, Frank La Rue, le Rapporteur spécial sur les exécutions sommaires, extrajudiciaires ou arbitraires, Philip Alston, et la Rapporteuse spéciale sur la situation des défenseurs des droits de l’homme, Margaret Sekaggya, ont appelé les autorités honduriennes à faire toute la lumière sur les sept assassinats de journalistes survenus en six semaines dans le pays.
---
http://www.voltaire net.org/article1 65395.html
13 DE MAYO DE 2010
La ONU denuncia los asesinatos de periodistas que RSF se niega a reconocer en Honduras
La asociación francesa Reporteros Sin Fronteras no menciona a Honduras en su lista de Estados violadores de la libertad de expresión, publicada el 13 de mayo en ocasión del Día Internacional de la Libertad de Prensa. Esta ONG proestadounidense afirma que no se ha demostrado que los asesinatos de periodistas perpetrados en Honduras desde el golpe de Estado militar que derrocó al presidente Manuel Zelaya sean de origen político y que el actual régimen hondureño es democrático.
El 28 de junio de 2009 un golpe de Estado militar, orquestado por Estados Unidos, derrocó al presidente electo de Honduras, Manuel Zelaya, poniendo en su lugar a Roberto Micheletti. El 29 de noviembre los golpistas realizaron una elección presidencial en la que Porfirio Lobo fue declarado ganador. El nuevo régimen recurrió a la ayuda de expertos israelíes en mantenimiento del orden y la represión se ha concentrado en la realización de asesinatos selectivos, incluyendo asesinatos de periodistas que se pronuncian contra el régimen.
El 10 de mayo de 2010, el Relator Especial de la ONU sobre la promoción y la protección de la libertad de expresión y de opinión, Frank La Rue; el Relator Especial sobre ejecuciones sumarias, extrajudiciales o arbitrarias, Philip Alston, y la Relatora Especial sobre la situación de los defensores de los derechos humanos, Margaret Sekaggya, exhortaron a las autoridades hondureñas a esclarecer los 7 asesinatos de periodistas perpetrados en 6 semanas en su país.
---
http://www.voltaire net.org/article1 65377.html
11 MAY 2010
Honduras : UN concerned over assassination of journalists, but not RWB
French NGO Reporters Without Borders did not include Honduras in its 2010 list of Worst Predators of Press Freedom, released on 3 May on the occasion of the World Press Freedom Day. The pro-US NGO maintains that no link between the murders and the political climate has been established and that the current government is democratic.
On 28 June 2009 a military coup, orchestrated by the United States, toppled elected President Manuel Zelaya and put Roberto Micheletti in power. On 29 November the junta held elections and declared Porfirio Lobo Sosa the winner. The new regime has called for Israeli public order experts. The repression is geared towards targeted assassinations, including journalists.
On 10 May 2010, United Nations Special Rapporteur on the promotion and protection of the right to freedom of opinion and expression, Frank La Rue, United Nations Special Rapporteur on extrajudicial, summary or arbitrary executions, Philip Alston, and United Nations Special Rapporteur on the situation of human rights defenders, Margaret Sekaggya, called on the Honduran authorities to elucidate all the circumstances surrounding the killing of seven journalists in six weeks.
==
Related article:
Reporters Without Borders seems to have a geopolitical agenda, by F. William Engdhal, Voltaire Network, 5 May 2010.