Informazione


(nei prossimi giorni saranno da noi diffusi  ulteriori report e videosintesi delle iniziative tenute a Vicenza e Belgrado nel decennale della barbara aggressione della NATO contro la RF di Jugoslavia)


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Report sul meeting internazionale “TARGET" svoltosi Sabato 21 e Domenica 22 marzo ‘09 

www.disarmiamoli.org

Sabato 21 e Domenica 22 marzo si è svolto a Vicenza il meeting internazionale “TARGET”, promosso e organizzato da CNJ-onlus (Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia), e Rete Disarmiamoli, sindacato di base RdB-CUB, Forum di Belgrado, Retesemprecontrolaguerra, in occasione del 10° anniversario dei bombardamenti NATO sulla Repubblica Federale della Jugoslavia.

La grande e qualificata partecipazione, nonché il livello delle relazioni e dei contributi al dibattito hanno ripagato ampiamente le fatiche di chi si è dedicato per mesi a costruire questa iniziativa, unica in Europa oltre a quella che si è svolta a Belgrado.

L’incontro di Vicenza infatti non si è limitato a ricostruire la corretta interpretazione storica delle cause, delle responsabilità, delle modalità e delle conseguenze di quella che fu chiamata, con un tragico ossimoro “guerra umanitaria”, dove i massacri delle stesse popolazioni “da liberare” furono tali che perfino i media asserviti alla NATO ebbero difficoltà a farli passare come “effetti collaterali”.
Il meeting ha affrontato tutte le tematiche connesse con la “guerra globale” per la spartizione del dominio imperialista nel mondo dopo il crollo del cosiddetto “blocco sovietico”, di cui lo smembramento della Jugoslavia plurinazionale e socialista fu il primo, ed il più drammatico, episodio nel cuore stesso dell’Europa.

La Propaganda di guerra (titolo della Ia sessione, con interventi di A. Martocchia, G. Chiesa, J. Elsaesser) è appunto quella con cui i manipolatori della cosiddetta “opinione pubblica” per conto delle potenze occidentali “legittimano” le nuove campagne di conquista neocoloniale: Le Nuove Crociate, la cui analisi è stata affrontata nella IIa sessione (A.Catone, D.Johnstone), chiarendo i rapporti fra crisi economica e politiche militari, che spiegano il passaggio dal wellfare (stato sociale) al warfare (stato di guerra), nel sistema capitalistico maturo, in cui la classe dirigente italiana è inserita integralmente, nonostante le residue illusioni di qualche ingenuo. (Sul tema L. Vasapollo ha inviato un contributo scritto, mentre in video M. Dinucci ha illustrato i nuovi compiti strategici della NATO, i cui crimini sul piano del – presunto - diritto internazionale e di guerra sono stati poi commentati dal giurista D. Gallo).
Gli effetti specifici della guerra in Jugoslavia sono stati presentati nella IIIa sessione, dal titolo Ecocidio (coordinata da C. Della Porta, con A. Tarozzi e V. Gennaro), e corredati da una impressionante documentazione filmata.

Dopo un cena bio-equo-solidale (ringraziamo la Fileo onlus, gruppo di volontariato sociale, che ha in parte contribuito alle spese) la serata è stata riempita dall’esibizione di 3 gruppi musicali e da una breve recita da “Target-Belgrado1999” (di e con Mario Mantilli), che hanno intrattenuto i presenti vicentini/e (in gran parte giovani) di origine jugoslava.
Sono molte migliaia infatti le famiglie immigrate da quelle regioni che risiedono nella nostra città e provincia, come ha esposto dettagliatamente N.Turati (Cub migranti) il giorno dopo.
Il programma di domenica mattina (Rovesciare il Target – è possibile?) si è concentrato, da un lato, sulle questioni sociali e sindacali connesse alla situazione attuale dei lavoratori nei Balcani, in Italia ed in Europa (G. Raniero, Z. Mihajlovic); dall’altro su casi esemplari di resistenza e di solidarietà, come la ricostruzione autogestita della Zastava a Kragujevac e lo sviluppo del movimento delle adozioni a distanza (G. Vlaic, A. Di Meo, R. Pilato, R. Veljovic, S. Ciric + documentazione video).
Infine un intenso dibattito ha concluso il meeting.

Un elogio particolare va dedicato a tutti coloro che hanno risposto con generosità alle richieste di collaborazione tecnica e logistica, dedicando gratuitamente tempo, mezzi e passione alla riuscita dell’evento.
E’ prevista la produzione degli atti in forma scritta e/o video. Intanto chi lo desidera può sentire le registrazioni audio della prima giornata sul blog di “la voce dei comitati-radio cooperativa”: http;//lpp.opencontent.it/?p=1374

(report a cura di Paolo C. rete Disarmiamoli Vicenza).


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http://www.liberazi one.it/a_ giornale_ index.php? DataPubb= 22/03/2009

A 10 anni dalle bombe su Belgrado un meeting prepara la protesta anti 
Nato

A Vicenza per fermare le "guerre umanitarie"

Checchino Antonini
Vicenza - nostro inviato

Che a Vicenza ci sia Camp Ederle lo sanno tutti da cinquant'anni. Meno 
noto che da lì, è il comando Usa per il Sud Europa, partivano gli 
ordini per far decollare gli F16 da Aviano verso la Jugoslavia. E poi 
da Ederle si sarebbe mossa la 173ma brigata aviotrasportata Usa, 
quella del fosforo su Falluja. La prima e la seconda guerra umanitaria 
sono state ordinate da questa città che tenta di evitare l'ennesima 
base Usa sul suo territorio. Intanto, da pochi giorni, la targa sulla 
caserma Usa avverte che tra qui e Napoli si divide Africom, il comando 
Usa per le operazioni in Africa. La guerra umanitaria al Sudan pare 
ancora più vicina. E poi Vicenza è anche il posto con la più numerosa 
comunità di lavoratori serbi. Lavorano nel tessile e nelle fabbriche 
metalmeccaniche dell'Alto vicentino. Ecco perché la loro presenza si 
notava, ieri, tra i partecipanti a "Target", il meeting internazionale 
nel decimo anniversario dei bombardamenti Nato promosso dalle reti 
Disarmiamoli, Sempre contro la guerra, Rdb e Coordinamento nazionale 
per la Jugoslavia, una onlus che raccoglie quell'opinione contraria 
allo smembramento della repubblica federale di Jugoslavia. Una due 
giorni, con attivisti serbi e croati, che serve anche a lanciare la 
partecipazione italiana alla mobilitazione europea indetta dal Fse 
contro i festeggiamenti per il sessantesimo della Nato proclamati per 
il 4 aprile a Strasburgo.
«C'è una rimozione generale sulle responsabilità italiane nel sistema 
guerra», avverte Nella Ginatempo (Sempre contro la guerra). Dieci anni 
dopo, era il 24 marzo del '99, la Jugoslavia è devastata, la Nato si 
appresta a rilanciare il suo ruolo: lo scudo spaziale, l'Afghanistan, 
l'allargamento a Est, l'accerchiamento della Russia, la cooperazione 
con Israele. «Il contesto politico è difficilissimo» , segnala Roberto 
Luchetti, (Disarmiamoli) . Sarà perché c'è una strisciante 
riabilitazione di D'Alema,il primo premier ex Pci che lanciò la nostra 
aviazione, seconda solo a quella Usa, nei 78 giorni di guerra aerea 
che seminarono 23mila bombe e missili all'uranio impoverito su città e 
campagne con lo scopo di lanciare l'Italia nella nobile cerchia dei 
Grandi. Il 10 giugno del '99 lo stesso D'Alema si complimentò coi 
piloti per la loro esperienza «professionale e umana». Avvenne, quella 
esperienza, dopo una campagna di bugie che preparò la guerra, evitò 
accordi di pace, fece fallire l'Onu e lanciò le parole d'ordine di una 
guerra umanitaria e pulita, come ha spiegato il giornalista tedesco 
Juergen Elsaesser autore di una sorta di enciclopedia delle menzogne 
su quell'aggressione. In contemporanea con eventi analoghi, a 
Salonicco e Montreal, gli interventi (tra gli altri di Domenico Gallo, 
Andrea Catone, Manlio Dinucci, Giulietto Chiesa, la statunitense Diana 
Johnstone) hanno osservato sotto ogni punto di vista la prima guerra 
dopo la fine del Patto di Varsavia, la prima "out of area" della Nato, 
contro un paese che non aveva aggredito nessuno, e tantomeno un membro 
dell'Alleanza militare che traina i tre quarti della spesa militare 
mondiale. Gilberto Vlaic e Riccardo Pilato, quel 24 marzo, scesero in 
piazza, uno a Trieste, l'altro a Brescia. Subito dopo iniziò la loro 
opera di solidarietà con le popolazioni colpite. Ricordano a 
Liberazione l'impulso decisivo delle camere del lavoro e delle Rsu per 
attivare forme di aiuto tra lavoratori che continuano da dieci anni. 
La più significativa, probabilmente, è l'affido a distanza per 1800 
figli degli operai della Zastava, la più grande fabbrica dei Balcani, 
a Kragujevac, 150 km a sud di Belgrado. «Città multietnica dove i 
lavoratori non si sono mai sparati tra loro», ricorda con orgoglio 
Rajka Veljovic, di Samostalni, il maggior sindacato serbo. Dell'uranio 
impoverito non si sa ancora nulla di ufficiale, spiega la 
sindacalista, tutto è coperto. Ma già sono evidenti i danni del 
disastro ambientale dei bombardamenti su fabbriche e depositi chimici. 
«Bombardare Pancevo è stato come bombardare Porto Marghera», 
esemplifica Vlaic. L'embargo, le privatizzazioni, le bombe, e lo 
"spezzatino" hanno ridotto la Zastava da 36mila dipendenti (nel 99 
erano in cassa integrazione) ai 3mila attuali della fabbrica più 
grande del gruppo, altri 700 lavorano nella Zastava camion e 2000 
nella fabbrica di armi leggere. In dieci anni la cooperazione tra 
lavoratori ha seminato studi dentistici, ambulatori, palestre, mense, 
un centro per ragazzi down, un altro per invalidi civili, tentando di 
intervenire sui bisogni reali. Ma il paese è in svendita. E la Fiat 
s'è appena comprata la Zastava, con un accordo firmato strategicamente 
alla vigilia delle elezioni di un anno fa. Dicono a Kragujevac che sia 
la multinazionale torinese ad avere vinto le elezioni. Poi la crisi ha 
gelato tutto, la Fiat non ha ancora cacciato un euro. E i nostri 
salari somigliano sempre più a quelli dell'Est, avverte Germano 
Raniero, della Cub vicentina: «Se l'arretratezza ci accomuna, sarà 
possibile che i lavoratori si mobilitino tutti insieme?».

22/03/2009





Jeudi 26 Mars 2009

Kosovo : 
Fruits amers d’une intervention «humanitaire»

Georges Berghezan   

10 ans après les bombardements de l'Otan sur la Yougoslavie

Le 24 mars 1999, les bombardiers de l’OTAN entamaient 78 jours de raids sanglants sur la République fédérale de Yougoslavie (RFY), y compris la province serbe du Kosovo en proie à des violences séparatistes depuis trois années. Si les bombes occidentales n’eurent que peu d’effet sur la capacité militaire de l’armée serbo-monténégrine – 13 tanks détruits, notamment -, elles s’avérèrent dévastatrices pour la population civile : ponts, écoles, usines, marchés, trains, convois de réfugiés, stations et émetteurs de radio-télévision, et même l’ambassade chinoise, furent particulièrement visés.



Révoltés par ces attaques brutales qu’encensaient des médias intoxiqués par une vision manichéenne des conflits dans les Balkans, quelques militants décidèrent de briser le silence complice d’une majorité de pacifistes. Ils proposèrent à la signature de la population l’appel d’un groupe de juristes belges dénonçant, au nom du droit international, cette agression. Ces militants, de diverses sensibilités de gauche, continuèrent à se réunir après la guerre et donnèrent bientôt naissance au Comité de surveillance OTAN.

C’est donc ce conflit, il y a dix ans, qui est directement à l’origine du CSO. Une décennie plus tard, il est donc légitime de se demander ce que sont devenues les entités qui constituaient alors la RFY, et en particulier le Kosovo, au cœur du conflit.


Découpage balkanique

Le Monténégro a totalement rompu les amarres avec la RFY en proclamant son indépendance en 2006, et entraînant la dissolution de la fédération et l’indépendance – non souhaitée – de la Serbie. Le pouvoir reste – depuis près de 20 ans ! – sous la coupe de l’inamovible Djukanovic, dont un éventuel retrait du pouvoir signifierait la fin de l’immunité et un possible mandat d’arrêt de la justice italienne qui le suspecte d’être un des principaux alliés étrangers de la Sacra Corona Unita et d’autres mafias locales. Vendue aux milliardaires russes, les dirigeants de la petite république – 300.000 habitants – promettent d’en faire le Monaco de la côte adriatique.

Après le renversement de Milosevic en 2000, la Serbie s’est fortement rapprochée de l’Union européenne et même des Etats-Unis, tout en intensifiant ses relations avec la Russie. Si l’adhésion à l’OTAN continue à être rejetée par la population et n’est officiellement pas à l’ordre du jour, celle à l’UE est l’objectif prioritaire du gouvernement de Belgrade, avec – bien sûr – la défense de l’intégrité territoriale du pays. La fin de l’année 2008 a connu une double victoire diplomatique de la Serbie, des succès qui semblent mettre fin à une très longue période d’ostracisme. D’une part, l’Assemblée générale de l’ONU a adopté une résolution demandant l’avis de la Cour internationale de justice sur la légalité de la proclamation d’indépendance du Kosovo. D’autre part, la mission européenne EULEX, qui entendait se substituer à la mission de l’ONU en place depuis 1999, a dû se soumettre aux conditions de Belgrade pour obtenir un minimum de légitimité et se faire adouber par le Conseil de sécurité, où la position ferme de la Russie a été décisive.

Ainsi, EULEX n’aura pas pour mandat de bâtir un Etat indépendant au Kosovo, mais d’y assurer « la loi et l’ordre », en coordination avec le KFOR, force de l’OTAN dont le mandat n’a guère changé depuis la fin des bombardements et dont le niveau actuel s’élève à quelque 16.000 hommes. Bien que, un an après la proclamation d’indépendance, le nombre d’incidents graves reste assez limité, le Kosovo demeure un baril de poudre, dont la mèche semble localisée dans la ville divisée de Mitrovica. Le nord de la région continue à vivre au rythme de la Serbie, bien qu’EULEX tente timidement d’y établir sa présence. Le reste de l’entité, où la majorité albanaise est plus écrasante que jamais, connaît le taux de chômage le plus élevé d’Europe et est totalement dépendante de l’aide extérieure, Etats-Unis et Allemagne en tête, ainsi que des contributions de l’importante diaspora albano-kosovare. Les enclaves, serbes ou d’autres minorités, sont de véritables ghettos qui n’ont guère changé depuis la mission d’enquête organisée par le CSO durant l’été 2004. La sécurité, l’emploi, la liberté de mouvement, et même l’accès au courant électrique, continuent d’être des notions de plus en plus abstraites pour les habitants de ces enclaves.


Sordides trafics

Par ailleurs, des faits monstrueux, commis essentiellement il y a dix ans, mais relégués alors parmi les rumeurs les plus fantaisistes, trouvent aujourd’hui leur confirmation et rendent encore plus abject le soutien apporté par les bombardiers et les fantassins de l’OTAN aux indépendantistes de l’Armée de libération du Kosovo, aujourd’hui au pouvoir à Pristina. Une enquête sur les trafics d’organes de prisonniers serbes et peut-être de prostituées « usagées » de divers pays de la région a été lancée par le Procureur pour crimes de guerre de Belgrade après les révélations de Carla Del Ponte, son homologue au Tribunal de La Haye, dans son livre « La Caccia », toujours non traduit en français plus d’un an après la sortie de son édition italienne. Des victimes sont maintenant identifiées, de même que des exécutants et divers lieux dans le nord de l’Albanie où se pratiquaient ces morbides prélèvements, jusqu’à ce que mort s’en suive pour les « donneurs ». Une enquête a également été commandée par le Conseil de l’Europe à Dick Marty, le sénateur suisse qui s’était illustré en mettant à jour les fameux « vols secrets » de la CIA. Par ailleurs, fin 2008 à Pristina, une clinique pratiquant illégalement des prélèvements et des greffes d’organes – sur base « commerciale » ici – a été démantelée et on s’est vite aperçu qu’un des médecins arrêtés avait déjà été cité par des témoins impliqués dans les trafics des années 1999-2000.

Il apparaît aussi que la Mission de l’ONU au Kosovo a bel et bien enquêté sur cette affaire en 2003, ce qu’elle niait il y a quelques mois encore, et que le Tribunal de La Haye a détruit des preuves (matériel chirurgical…) trouvées en Albanie lors de cette enquête. Il est significatif que Del Ponte ait révélé ces crimes juste après son départ du Tribunal et que ce dernier a déjà avancé diverses justifications pour ne pas s’y intéresser, car ils n’auraient pas été commis sur le territoire de l’ex-Yougoslavie ou pendant une période de guerre. La complicité d’officiels de l’ONU en poste au Kosovo, qui auraient couvert ce trafic ou empêché toute enquête sérieuse, est de plus en plus souvent avancée.

Certes, treize mois après sa proclamation, 56 pays ont reconnu l’indépendance kosovare, mais il s’agit essentiellement de membres de l’OTAN et de micro-Etats. C’est sans surprise qu’on apprend que certaines reconnaissances ont été achetées : ainsi, le pot-de-vin au ministre des Affaires étrangères des Maldives, le dernier pays à reconnaître le Kosovo, se serait élevé à 2 millions de dollars. Mais il reste 138 Etats qui n’ont pas reconnu le Kosovo et parmi eux pratiquement tous les poids lourds d’Asie, d’Afrique et d’Amérique latine.

Transformer le trou noir de l’Europe en un Etat crédible, telle est l’improbable mission que UE et OTAN se sont arrogée. Le moins que l’on puisse dire est que dix ans de présence occidentale n’ont guère amélioré le sort de la population albanaise, à l’exception du crime organisé, infiltré jusqu’à la tête du gouvernement. Quant aux Serbes et autres minorités, ceux qui sont restés – une petite moitié de la population d’avant les bombardements – doivent souvent vivre dans des conditions infrahumaines, difficilement imaginables à deux heures de vol de Bruxelles. Non seulement illégale et meurtrière, la glorieuse « intervention humanitaire » de l’Occident a permis un nettoyage ethnique sans doute irréversible et plongé le Kosovo dans une absence totale de perspective de développement.


Source: www.csotan.org  




Opérations psychologiques contre le Venezuela : Washington et sa guerre contre la révolution bolivarienne

AUTEUR:  Eva GOLINGER
Traduit par  Esteban G., révisé par Fausto Giudice

Un document secret du Centre national de renseignement de l'armée de terre des USA (U.S. Army National Ground Intelligence Center), qui a été récemment déclassé en partie, en application de la Loi d'accès libre à l'information (FOIA de son sigle anglais) aux USA, confirme que l'équipe des opérations psychologiques la plus puissante du Pentagone déploie ses efforts contre le Venezuela. Le document, de l'année 2006, analyse la situation à la frontière entre la Colombie et le Venezuela. Il a été rédigé par le 4ème Groupe (aéroporté) d’opérations psychologiques de l’US Army (4th POG) et le Centre national de renseignement de l'armée de terre des USA, un fait qui confirme que cette même équipe de guerre psychologique travaille dans la région contre le Venezuela.

La petite partie du texte du document secret qui n’a pas été censurée explique comment le Plan Patriote (connu auparavant comme Plan Colombie) a poussé avec succès les actions des Forces Armées Révolutionnaires de Colombie (FARC) vers le territoire vénézuélien. Le document secret souligne explicitement que « … les opérations offensives du Plan Patriote et ses contreparties de l'armée colombienne ont eu un impact important sur les actions du Bloc Oriental [des FARC]…suite à ces succès contre quelques fronts du Bloc Oriental en Colombie, plusieurs fronts du Bloc Oriental mènent davantage de combats et réactivent leurs actions à la frontière colombo-vénézuélienne. Les Mini-Blocs des Llanos et de la zone orientale…ont assumé des rôles stratégiques différents en réponse au Plan Patriote 2B… »

La concomitance entre l’arrivée du 4ème Groupe d’opérations psychologiques (4ème GOP) en Colombie durant l'année 2006 et la stratégie consistant à déplacer les FARC et le conflit civil colombien en territoire vénézuélien ne peut pas être considérée comme une coïncidence. Car c’est exactement à ce moment-là que le Département d'État et le Pentagone ont commencé à accuser publiquement le Venezuela de collaborer avec les terroristes, en faisant particulièrement référence à des deals supposé entre le Venezuela et les FARC. C’est au cours du premier semestre 2006 que Washington a placé le Venezuela sur une liste « de pays qui ne collaborent pas suffisamment dans la lutte contre le terrorisme », en imposant dès lors des sanctions contre ce pays sud-américain qui se sont traduites par l'interdiction de ventes d'armes de la part des USA et de toute entreprise internationale utilisant de la technologie usaméricaine. Le rapport du Département d'État de 2006 disait : « la coopération du Venezuela dans la campagne internationale contre le terrorisme a été insignifiante… Jusqu’à quel point le gouvernement du Venezuela a t-il offert son aide matérielle aux terroristes colombiens, et s’il l'a fait, et à quel niveau ? Ce point n’est pas éclairci, … » (Rapport du Département d'État de 2006, disponible en anglais sur http://www.state.gov/ )

Quelques mois plus tard, en juillet 2006, la Sous-commission sur le Terrorisme International et la Non-Prolifération de la Chambre des Représentants US a organisé une audience intitulée « Le Venezuela : centre du terrorisme en Amérique du Sud ?  », où ils ont déclaré : « Le Venezuela, sous le président Hugo Chavez, a toléré les terroristes sur son territoire et a forgé d’étroites relations avec des États officiellement protecteurs du terrorisme tels que Cuba, l'Iran et la Corée du Nord. Les groupes terroristes colombiens utilisent le territoire vénézuélien comme un havre sûr … »

En même temps, la presse internationale a commencé à promouvoir des opinions préconçues en liant le Venezuela au terrorisme. Des articles et des éditoriaux dans le Washington Post, le New York Times, leWashington Timesle Wall Street JournalEl País en Espagne, El Tiempo à Bogota, le Miami Herald, entre autres, répétaient maintes et maintes fois la liaison supposée entre le gouvernement vénézuélien et les FARC, bien qu'ils n'aient jamais présenté de preuve concluante. Toutes les sources citées étaient des sources « anonymes », des « hauts gradés de Washington », et des « analystes », sans citer de noms ni de données ni de faits concrets.

LES GUERRIERS DE LA PROPAGANDE

Le 4ème GOP est la seule unité active d’opérations psychologiques dans l'armée. L'unité est composée de 1.300 officiers et constitue 26% de toutes les unités d'opérations psychologiques de l'armée, les autres 74% sont des réservistes. Pour l'année 2011, il est prévu que ses effectifs monteront à quelques 2.300 experts en opérations psychologiques. La mission officielle du 4ème GOP est d’être en mesure de se déployer rapidement dans n’importe quelle partie du monde pour planifier, développer et conduire des opérations psychologiques et des « affaires civiles » (entendez subversion) en appui de forces coalisées et d’ agences gouvernementales de Washington.

Le personnel du 4ème GOP comprend des experts régionaux et des linguistes qui ont une connaissance approfondie des subtilités politiques, culturelles, ethniques et religieuses du public à cibler. Ils sont également experts dans des secteurs techniques comme le journalisme, la propagande radio, la conception graphique, la presse, l’imagerie et les communications tactiques de longue portée.

En 2003, le 4ème GOP a inauguré un complexe d'opérations médiatiques des Forces Spéciales ayant coûté 8,1 millions de dollars. Ce complexe est connu comme le centre de production du Pentagone pour toutes ses opérations psychologiques et ses « produits », comme les tracts, brochures, affiches, flash-infos pour la télévision et la radio, qui visent tous à gagner les esprits et les cœurs de ceux que le Pentagone souhaite attaquer. Par exemple, plus de 150 millions de tracts et brochures - tous produits et imprimés dans le complexe du 4ème GOP - ont été diffusés en Irak et en Afghanistan. Le Colonel James Treadwell, Commandant du 4ème GOP, a souligné que plus de 16.000 heures de messages radio ont été émises par son groupe en Afghanistan, et plus de 4.000 en Irak. L’imprimerie du nouveau complexe a la capacité d'imprimer plus d’un million de tracts par jour.

Les soldats des opérations psychologiques étudient des techniques de « marketing » et de publicité avant de concevoir leurs « produits ». Ils analysent aussi en détail leurs impacts et leurs rés

ultats. Ils sont tous des experts en propagande et sur les meilleures façons d’influencer l'opinion publique afin de promouvoir leur agenda. En 2005, cette unité de « guerriers de la propagande » a été amplifiée avec l'établissement de l'Élément conjoint d'appui aux opérations psychologiques (JPOSE), sous le commandement du Colonel Treadwell. Après son transfert d'Irak au siège du JPOSE à Tampa, en Floride, le Colonel Treadwell a commencé à concentrer ses actions de propagande sur le sud. Dans des déclarations à presse, Treadwell a confirmé que sa nouvelle équipe d’élite des opérations psychologiques orienterait une partie de son travail vers la Bolivie et le Venezuela. Peu après, un contrat (frisant les100 millions de dollars) a été accordé à l'entreprise Science Applications International Corporation (SAIC) pour aider à concevoir les « campagnes » d'opérations psychologiques avec le JPOSE. Deux autres entreprises, Lincoln Group et SYColeman, ont aussi reçu des contrats semblables, dégagés du budget de l'équipe, qui dépasse les 8 milliards de dollars annuels.

Parmi ces entreprises, la SAIC a une histoire assez sale au Venezuela. C’est cette entreprise qui avait monté avec l’entreprise pétrolière d’État PDVSA, une entreprise mixte baptisée INTESA, qui avait commencé en 1995 à automatiser l'industrie pétrolière au Venezuela. Et c’est cette même INTESA qui a commis un des sabotages les plus violents contre l'industrie vénézuélienne à la fin de l'année 2002, avec l'intention de forcer le Président Hugo Chavez à quitter le pouvoir. L'entreprise a été utilisée comme plateforme pour attaquer le « cerveau de la PDVSA », en détruisant toutes ses bases de données et ses systèmes automatisés, l’obligea       nt à revenir aux opérations manuelles. Ses actions ont causé des milliards de dollars de dommages à l'économie vénézuélienne et à sa réputation internationale en tant que fournisseur et producteur sérieux de pétrole. Cependant, ils n'ont pas réussi à atteindre leur objectif de renverser le Président Chávez et peu après, INTESA a été fermée et forcée de cesser ses activités dans le pays. Et voilà que trois ans plus tard, de nouveaux contrats apparaissent pour effectuer des opérations psychologiques contre le même gouvernement qu’ ils avaient essayé de neutraliser une première fois sans succès.

Depuis que la plus puissante équipe d’opérations psychologiques des USA s’active contre le Venezuela, on a pu voir le fruit de son travail au niveau international et aussi à l’intérieur du pays. Le Président Chávez est déjà classé comme « dictateur » dans l'opinion publique internationale et peu de gens doutent de sa supposée « relation » avec les FARC en Colombie - bien qu'il n'y ait jamais eu aucune preuve qui confirme cette relation. Aujourd’hui, les opérations psychologiques sont considérées par le Pentagone comme son « arme la plus puissante ». Sur les écrans, les ondes, les quotidiens, les affiches, dans le design  de vêtements et d’ objets, ils transmettent leurs messages ciblés et bien pesés pour influencer subtilement l'opinion publique et sa perception sur des sujets d'intérêt. C'est le nouveau champ de bataille où nous sommes tous forcés d’assumer un rôle, car personne n'échappe à l'information et à la communication dans le monde d'aujourd'hui. C’est la lutte pour la vérité et la justice contre le mensonge et la manipulation. La décision d'être victime ou combattant dans cette guerre irrégulière appartient à chacun de nous. Ne nous laissons pas mener en bateau.


http://www.archive.org/download/Psycholo1968_2/Psycholo1968_2_512kb.mp4

Film de formation de l'armée US sur les opérations psychologiques à mener dans un "pays hôte" fictif (probablement en Amérique latine), pour aider le gouvernement local à gagner l'appui de la population. Années 1950.


http://www.archive.org/download/Assignme1956/Assignme1956_512kb.mp4
"Assignment, Venezuela" (Affectation : Venezuela), un film d'opérations psychologiques de 1956 sur un dirigeant d'une société pétrolière US fictive.

Source : Operaciones psicológicas contra Venezuela: Washington y su guerra contra la revolución bolivariana
http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=7219&lg=es

Article original publié le 5/3/2009

Sur l’auteur

Esteban G. est rédacteur du blog http://letacle.canalblog.com/, Fausto Giudice rédacteur du blog Basta ! Journal de marche zapatiste. Tous deux sont membres de Tlaxcala, le réseau de traducteurs pour la diversité linguistique. Cette traduction est libre de reproduction, à condition d'en respecter l’intégrité et d’en mentionner l’auteur, le traducteur, le réviseur et la source.

URL de cet article sur Tlaxcala : 
http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=7254&lg=fr




Oggetto: Fw: appello da sottoscrivere e diffondere

Data: 21 marzo 2009 16:10:33 GMT+01:00



Se vuoi sostenere questo appello rispondi al mittente sostienipijatsromano@... con nome e cognome, domicilio e attività. Grazie.

 
 

SOSteniamo Pijats Romanò
 
Al Sindaco di Roma Gianni Alemanno
Al Presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo
Al Presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti
Ai Presidenti dei 19 Municipi del Comune Roma
 
CHIEDIAMO:
·       CHE IL PATRIMONIO RAPPRESENTATO DAI PIJATS ROMANO’ NON VADA PERDUTO
·       CHE VENGANO AUTORIZZATI I PIJATS ROMANO’ DEI VARI MUNICIPI
·       CHE SI SVILUPPI UN PERCORSO CHE PORTI ALLA COSTRUZIONE DI UN UNICO GRANDE (BARO’PIJATS ROMANO’ CITTADINO CHE RIUNIFICHI PERIODICAMENTE IN OCCASIONI SIGNIFICATIVE LE VARIE MANIFESTAZIONI MUNICIPALI
 
CHE COS’E’ PIJATS ROMANO’
 
Pijats Romanò è una manifestazione culturale con esposizione di produzioni artigianali tipiche della cultura Rom/Sinta e di usato riciclato.
L’attività mercatale, svolta in modo non professionistico, con vendita di manufatti frutto dell’ingegno e delle abilità tradizionali viene svolta da sempre dai Rom/Sinti anche se in modo non normato, spontaneo.
Sicuramente questa abilità dei Rom/Sinti nel commerciare è stata favorita storicamente dal nomadismo e dalla necessità di costruire uno sbocco sul mercato ai tipici manufatti artigianali unitamente al commercio dei cavalli, una attività praticata da sempre.
E’ dalla conoscenza e consapevolezza di questa secolare competenza e professionalità nell’arte del commercio che a Roma le Comunità Rom e Sinti insieme all’Opera Nomadi ed alle cooperative Phralipè e Romano Pijats hanno dato vita ai Pijats RomanòNella lingua romanì Pijats significa appunto mercato, ma anche piazza a ricordarci che il mercato Rom/Sinti non è un mercato come tutti gli altri ma, potremmo dire, un vetrina di una molteplicità di prodotti, frutto delle abilità artigianali nella lavorazione dei metalli e dei tessuti, ma anche riutilizzo, riciclo e riuso di tutta una serie di beni che l’attuale società consumista presume, troppo velocemente e a torto, vecchi e inutili.
 
ALCUNI CENNI STORICI
 
Se i Rom/Sinti da sempre commerciano, a Roma troviamo i primi mercati Rom AUTORIZZATI negli anni ‘90 a Spinaceto (XII Municipio) e a Casilino 700 (VII Municipio). Successivamente una ulteriore esperienza è stata sviluppata sempre in VII Municipio a Piazza San Felice da Cantalice.
Ma sicuramente è con l’edizione del mercatino Rom in V Municipio dapprima di Via di Casal Tidei e successivamente a Via di Cervara 200 (un progetto sostenuto anche dalla Provincia di Roma) che questa manifestazione trova una sua stabilità sul territorio romano e diventa un vero lavoro regolare per decine e decine di capifamiglia Rom/Sinti.

Un lavoro vero che sfata il pregiudizio che vorrebbe queste comunità inoperose, che produce un reddito onesto e che da la possibilità di risiedere legalmente sul nostro territorio attraverso il rinnovo del permesso di soggiorno altrimenti impossibile con le normative in materia di immigrazione via via affermatisi.

Nel frattempo altri mercatini sono stati sviluppati come quelli del XII Municipio in Piazzale militari caduti nei lager ma soprattutto con i Pijats Romanò del VII e dell’XI Municipio rispettivamente nell’area parcheggio di Via Collatina (di fronte a Via Zanibelli poi spostato in Via Longoni) e nell’area di Via Lungotevere Dante (traversa Viale Marconi). Questi due ultimi nati dal recupero di due aree estremamente degradate che l’Assessorato alle Politiche Sociali e il V Dipartimento del Comune di Roma hanno risanato.
Successivamente sono stati attivati quelli del V Municipio a Via Mirtillo, dell’VIII Municipio in Viale Tor Bella Monaca (e successivamente Grotte Celoni), del XV Municipio a Corviale e, infine del IV Municipio a Piazzale Flaiano (una edizione definita IntegraROMa).
Da segnalare inoltre che espositori Rom e i Sinti partecipano ai mercati di Porta Portese e di Porta Portese 2 e quelli nati spontaneamente a ridosso di alcune comunità (come a Via Boccea e a Via Cesare Lombroso).
Purtroppo negli ultimi periodi molte di queste iniziative sono state sospese (a tutt’oggi sono attivi solo i mercatini Rom del IV e del VII Municipio) e il problema della ricerca di ulteriori aree dove poter svolgere tale attività non significa tanto allargamento di questa attività ma presupposto indispensabile per l’esistenza della stessa. Questo perché, per poter funzionare, l’attività mercatale dei Rom/Sinti ha bisogno di un numero determinato di posti che impediscano che, una massa sproporzionata di venditori si riversino sui pochissimi mercati funzionanti, facendoli così collassaredata l’esiguità dei posti disponibili rispetto all’alto numero di Rom e Sinti che vogliono svolgere questa attività in modo regolare.
Bisogna poi comprendere che un popolo che non concepisce separazioni, barriere e confini nazionali è difficile che si adegui spontaneamente ai confini municipali con cui attualmente si svolgono i mercatini Rom.
La costruzione dei Pijats Romanò a livello municipale è stata una scelta importante perché ha permesso un radicamento di queste attività sul territorio ed ha sollevato i singoli municipi dalla complessità cittadina dei mercatini rom (ad esempio ai tempi di Casal Tidei tutte le Comunità Rom/Sinte di Roma premevano per partecipare a questo unico mercato esistente con le conseguenze negative che tutti possiamo ricordare e immaginare).
Crediamo però pure che dopo questo tirocinio municipale si possa immaginare anche la costruzione di un Romano Pijats cittadino con caratteristiche e basi nuove e l’inserimento di singoli venditori/espositori Rom e Sinti nei mercati rionali e domenicali esistenti.
 

PIJATS ROMANO’: UN MERCATO MA ANCHE UNA PIAZZA

 
Come abbiamo già detto il mercatino Rom ha molteplici caratteri e funzionalità:
 
Carattere economico
I Rom ed i Sinti da sempre praticano la compravendita riciclano materiali usati e sviluppano attività artigianali (rame, ferro, vestiario tradizionale, bottiglie decorate e bonsai).
Tali attività possono avere impulso e sbocco solo con i mercati. Nello stesso tempo l’attività mercatale è importante perché:
-                                             permette loro di preservare le loro caratteristiche di famiglia allargata;
-                                             è in sintonia con la loro concezione del tempo e dello spazio,
-                                             valorizza le loro attitudini artigianali ed autoimprenditoriali.
I Rom e i Sinti naturalmente si sentono artigiani e commercianti e praticano questa attività perlopiù in modo spontaneo (abusivo).
 
Carattere sociale.
Per abbattere il muro dei pregiudizi e degli stereotipi legati all’immagine negativa dei Rom, Sinti e Camminanti che vivono di espedienti, che rifiutano il lavoro soprattutto inteso come valore, e distaccati da un inserimento sociale, occorre riconoscere la profonda modificazione che sta avvenendo all’interno della cultura di questo popolo. Modificazione culturale presente in tutte le comunità Rom/Sinti, ma evidentissima nei Rom, Sinti e Camminanti italiani: soprattutto per l’attuale scolarizzazione dei minori, la ricerca di istruzione anche tra fasce di età adulta, l’avvicinamento ad una possibile formazione professionale congeniale alla loro potenzialità.
L’istruzione e la formazione con qualifiche professionali definite, diventano il primo strumento utile per abbattere il muro di pregiudizi che porta a vere discriminazioni etniche.. Esse aprono prospettive per nuove possibilità occupazionali, legate alle peculiarità originarie di ogni gruppo, sia esso costituito da Rom, Sinti o Camminanti.
Alla luce della crisi che in questi ultimi decenni ha investito la possibilità dell’indipendenza economica dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti, in seguito a vari fenomeni (primo fra i quali il venir meno della civiltà contadina) appare opportuno formulare concrete proposte che possano contribuire a conseguire un inserimento significativo nell’assetto produttivo.
Proposte che mirano a valorizzare le potenzialità presenti in queste comunità rispettando i loro valori. Tutto ciò, sia promuovendo e ridefinendo i saperi artigianali e comunque tradizionali, sia individuando nuove prospettive occupazionali e produttive compatibili con le trasformazioni in atto nel mondo dei Rom, Sinti e Camminanti.
La necessità e l’urgenza nell’affrontare con questo spirito il problema del lavoro, non risponde solo alla logica di una politica occupazionale; essa assume invece, nel caso specifico, una grande importanza, anche perché costituisce una grande occasione di riscatto dall’emarginazione, di prevenzione e superamento della devianza, di sviluppo e autopromozione economica non assistenzialistica, di progettualità produttiva compatibile con le istanze della cultura e dell’assetto sociale del popolo dei Rom, Sinti e Camminanti.
E’ infine la questione legata al permesso di soggiorno per i Rom di origine balcanica fuggiti dalle guerre civili che li vedevano soccombere di fronte alle comunità maggioritarie dei nuovi Stati nazionali nati dopo la caduta del cosiddetto “muro”.
Senza un regolare lavoro per queste persone la possibilità di legalizzazione del loro soggiorno in Italia è impossibile e i mercati Romanò sono una dellepoche e di massa risposte a tale necessità in questo preciso momento storico.
Ugualmente anche i cittadini neocomunitari rumeni devono, dopo tre mesi, regolarizzare la loro posizione in Italia attraverso la iscrizione anagrafica. 
Quest’ultima è possibile solo in presenza di un domicilio e di un lavoro (o iscrizione a corsi scolastici o professionali e certificando un reddito e un’assicurazione sanitaria).
 
Carattere culturale
La presenza nel mercato di saperi culture di questo popolo è stato anche un momento di crescita culturale e di approccio interculturale della cittadinanza romana che ha visitato queste manifestazioni.
In particolare nei pijats romanò si sono svolte le seguenti attività culturali:
-         La musica,
-         le danze,
-         la dimostrazione da parte dei maestri artigiani rom delle loro attività,
-         la predizione del futuro praticata da esperte rumrià (donne rom) abruzzesi,
-         la mostra storico – documentaria sui Rom Sinti e Camminanti
-         la mostra sullo sterminio dimenticato di questo popolo (porrajmos),
-         i “giornali parlati” effettuati al mercato sulle caratteristiche e presenza delle Comunità dei Rom, Sinti e Camminanti
-         il materiale informativo sui Rom, Sinti e Camminanti distribuito gratuitamente
-         i questionari somministrati
hanno fatto conoscere ai visitatori una parte della vita di queste comunità che non è quasi mai portata alla luce dai mezzi di comunicazione ed è per lo più è sconosciuta.

Primi firmatari
 
  1. Sejdovic Dzevad socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati, 72;
  2. Seferovic Fadil socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  3. Seferovic Pemba socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  4. Sejdovic Samir socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Pontina 601;
  5. Jovanovic Najdan socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Dameta 57/E;
  6. Hadzovic Melca socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via della Martora 12/A;
  7. Sejdovic Nedzib socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  8. Ramovic Radmila socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  9. Jovanovic Julijana, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma via della Martora 12/A;
  10. Seferovic Zagorka socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  11. Sulejmanovic Sakib socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  12. Ahmetovic Ekrem socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  13. Ahmetovic Zumra, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  14. Sulejmanovic Sakib socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  15. Halilovic socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  16. Sulejmanovic Almasa, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  17. Adzovic Jasmina socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  18. Hrustic Antonio socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  19. Adzovic Grana socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  20. Djordjevic Nebojsa socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Dameta 57/E;
  21. Jovanovic Dusanka socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Dameta 57/E;
  22. Adzovic Ekrem socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilino 900;
  23. Ahmetovic Gordana socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via di Salone 323;
  24. Gigovic Muhamed socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  25. Sejdic Fuad socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Pontina 601;
  26. Hrustic Fatima socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Pontina 601;
  27. Tajkunovic Zivomir socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via di Salone 323;
  28. Hidanovic Mira, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma via della Martora n. 12/A;
  29. Piscevic Lidia socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom Roma di Via Salviati n. 70;
  30. Husovic Murat socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casina 900;
  31. Djordjevic Gordana socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati, 70;
  32. Adzovic Naho socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  33. Hamidovic Osman socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  34. Sejdovic Camil socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Pontina 601;
  35. Sulejmanovic Necko socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati, 72;
  36. Djordjevic Natasa socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Dameta 57/E;
  37. Omerovic Fuad, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Pontina 601;
  38. Bacalanovic Nadica socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Dameta 47/E;
  39. Osmanovic Cazim socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  40. Cizmic Mahmut, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  41. Ahmetovic Hanka socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilino 900;
  42. Hadzovic Nedelijko socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via della Martora 12/a
  43. Salkanovic Suzana, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilino 900;
  44. Jovanovic Radisa, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Dameta 57/e;
  45. Jovanovic Marija, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Da meta 47/e;
  46.  Halilovic Elizabeta socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  47. Stojik Nadzija socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via del Baiardo, 50;
  48. Omerovic Delija socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Pontina 601;
  49. Stevic Biljana, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Da meta 57/E;
  50. Salkanovic Mamut socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilino 900;
  51. Halilovic Mauzer socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati, 72;
  52. Halilovic Humica socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati, 72;
  53. Gigovic Senada socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  54. Salkanovic Romeo socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  55. Abaz Ismet socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Pontina 601
  56. Sulejmanovic Mirabela socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati, 72;
  57. Hadzovic Serif socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  58. Osmanovic Ismet socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  59. Hamidovic Cazim socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  60. Salkanovic Selvija socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  61. Abaz Minire socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Pontina 601;
  62. Jovanovic Cica socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via di Salone 323;
  63. Adzovic Helma socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  64. Cizmic Odisey, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  65. Besic Hajrudin socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via della Martora 12/a;
  66. Nikolic Ljubisa socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Bagaladi, 99;
  67. Ahmetovic Sevko, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Ardea;
  68. Ademi Lebibe socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  69. Ahmetovic Delija socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  70. Zorel Dumitru socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Luigi Candoni;
  71. Ibrahimovic Brener socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati, 72;
  72. Ramovic Dragica socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  73. Maric Jelica socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via L. Candoni 91;
  74. Sejdic Fazlija, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Ostiense;
  75. Hadzovic Esad, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via della Martora 12/a;
  76. Mitic Slavoljub socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via della Martora 12/A
  77. Sejdovic Lepa socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviti 72;
  78. Sejdovic Malena socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina, 900;
  79. Petrovic Siba socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via della Martora 12/A;
  80. Halilovic Luca socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Monte Artemisio n. 10;
  81. Halilovic Rambo socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Monte Artemisio n. 10;
  82. Hamidovic Kasim socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Pontina 601;
  83. Ramovic Danilo, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  84. Adzovic Andriano socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  85. Sejdovic Almira, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  86. Tajkunovic Mihailo socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via di Salone 323;
  87. Tajkunovic Cica socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via di Salone 323;
  88. Adzovic Danica socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  89. Sulejmanovic  Sonita socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  90. Sulejmanovic  Jasminka socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  91. Hrustic Sefika socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Cesarina, 11;
  92. Halilovic Enes socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  93. Tajkunovic Maradona socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via di salone 323;
  94. Sejdovic Esad socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  95. Ahmetovic Barabba socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  96. Hadzovic Mirsada socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  97. Sulejmanovic Borzo socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  98. Halilovic Behara socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  99. Husovic Hajrija socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  100. Bogdanovic Stojadinka socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salone n. 323;
  101. Adzovic Sajma socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  102. Halilovic Jasmin socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  103. Sejdic Azim, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  104. Hrustic Hasnija socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Dandolo ;
  105. Hrustic Ferida, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  106. Vuckovic Ljiubisa socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 70;
  107. Sulejmanovic Abi socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  108. Sulejmanovic Rambo socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  109. Hrustic Alessandro socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Pontina 601;
  110. Sejdovic Emela socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  111. Miftar Azra, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  112. Salkanovic Camil socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  113. Ahmetovic Branko socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  114. Salkanovic Sulta socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  115. Sima Velizar socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 70;
  116. Cizmic Mirza, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  117. Tajkunovic Jovica socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via di Salone 323
  118. Sejdovic Mirsad socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  119. Delic Sacir, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  120. Seferovic Dzevad socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  121. Hadzovic Mejra socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  122. Besic Hajrija socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  123. Cizmic Muhamed, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  124. Halilovic Sefko socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  125. Husovic Kleo socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  126. Osmanovic Sead socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  127. Osmanovic Esma, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  128. Sejdic Zlatan socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  129. Adzovic Sida socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  130. Ramovic Samir socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  131. Ramovic Sevko socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  132. Osmanovic Amir socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  133. Hrustic Massimo socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  134. Sejdovic Suvadin socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  135. Sejdovic Bajram socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  136. Husovic Pemba socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via di Salone 323;
  137. Esadovic Jasminka socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  138. Hadzovic Zehra socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  139. Sulejmanovic Aisa, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati 72;
  140. Sulejmanovic Renato socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati, 72;
  141. Sulejmanovic Romson socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati, 72;
  142. Hamidovic Bisera, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  143. Sejdic Kasim socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  144. Hamidovic Zema, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  145. Cizmic Hasnija socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  146. Osmanovic Abid socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  147. Hamidovic Sacir, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  148. Ibrahimovic Nusret socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati, 72;
  149. Adzovic Samanta socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Casilina 900;
  150. Osmanovic Zuhdija socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  151. Sejdic Mersad, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Castel Romano;
  152. Djordjevic Katica, socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Dameta n. 57/E;
  153. Barbu Gabriela socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Luigi Candoni, 91;
  154. Suljic Semsa socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati, 72;
  155. Omerovic Mevludin socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Pontina, 601;
  156. Zorel Dumitru socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Luigi Candoni 91;
  157. Sulejmanovic  Izeta socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via Salviati, 72;
  158. Mitic Dragoslav socio Cooperativa Romano Pijats - Comunità Rom di Roma Via della Mar

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