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http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2007-10-13%
2018:29:45&log=lautrehistoire

Ukraine : Iouchtchenko érige un monument au chef nazi Choukhevitch

Jean-Marie Chauvier


Le président ukrainien Viktor Iouchtchenko a publié ce 12 octobre un
Décret (Ukaz) sur la célébration des 65 ans de l’Armée d’Insurrection
Ukrainienne (UPA) issue de l’Organisation des Nationalistes
Ukrainiens. Il oblige toutes les administrations locales et
régionales à accorder leur soutien social et médical aux “anciens
combattants du mouvement de libération nationale”. Il invite à
prendre ou accélérer les mesures pour ériger à Lviv (Lvov) un
monument à l’ancien chef nazi puis commandant de l’UPA Roman
Choukhevitch* et pour aménager à Kiev un parc en l’honneur de l’UPA.


LE PRESIDENT IOUCHTCHENKO OFFICIALISE LA REHABILITATION DE L’UPA
GLOIRE AU “MOUVEMENT DE LIBERATION NATIONALE” des années 40

(qui avaient combattu contre l’URSS et les “ennemis” juifs, polonais,
russes, et ukrainiens de l’OUN-UPA )

C’est un tournant officiel décisif dans la voie de la reconnaissance
de l’UPA, qui reste à être entérinée par le Parlement (Rada) ce qui
est loin d’être acquis, vu l’opposition du Parti des Régions, des
communistes, des socialistes, des organisations d’anciens combattants
et des mouvements juifs. Mais le président Iouchtchenko bénéficie,
dans ces initiatives très controversées, de la bienveillance des
Etats-Unis et de l’Union Européenne, l’OUN et l’UPA faisant figure,
malgré leurs liens avec les nazis, de précurseurs de la lutte
anticommuniste (et indépendantiste actuelle contre la Russie.)

La Marche pour cette reconnaissance est prévue ce dimanche 14
octobre, à l’initiative du mouvement “Svoboda” (néonazi, ex Parti
social-national) rallié par d’autres organisations nationalistes.
Le PC et des groupes de gauche annoncent une contre-manifestation
“antifasciste”.
De nombreuses régions, surtout à l’Est et au Sud du pays, s’opposent
à la “réhabilitation des nazis”. Par contre, l’UPA bénéficie du
soutien des régions de l’Extrême-Ouest (Galicie, Volhynie, et dans
une moindre mesure Transcarpatie) où étaient implantées, dans les
années trente, l’Organisation des Nationalistes Ukrainiens (OUN,
fasciste) ainsi que l’UPA qui en est issue.

C’est dans ces régions également que les troupes allemandes avaient
été accueillies en “libératrices” en juin 1941 et que débutèrent les
grands massacres de Juifs, de communistes, de prisonniers de guerre,
de Tziganes, de malades mentaux, perpétrés par les Einzastgruppen SS
avec le concours des auxiliaires nationalistes ukrainiens.

D’importantes forces policières sont mobilisées pour protéger les
célébrations à Kiev. Des organes de presse favorables à la politique
du président accusent les communistes de vouloir “semer le désordre”.


* Egalement ancien commandant du bataillon ukrainien de la Wehrmacht
“Nachtigall” participant à ll‘invasion de l’URSS et aux pogromes de
l’été 1941, de la police auxiliaire nazie chargée de lutter contre
les Partisans... Des titres qui ne sont plus rappelés.


Begin forwarded message:

From: gilberto.vlaic @ elettra.trieste . it
Date: October 14, 2007 4:23:45 PM GMT+02:00
Subject: Relazione viaggio a Kragujevac

Care amiche, cari amici, vi invio la relazione del viaggio per la consegna degli affidi a distanza a Kragujevac effettuato due settimane fa.

La situazione generale e' peggiorata notevolmente a seguito del licenziamento di circa 4500 operai in cassa integrazione.

Il prossimo viaggio si svolgera' tra il 13 e il 16 dicembre.
Come vedrete dalla relazione i progetti in corso e quelli futuri, OLTRE gli affidi a distanza,  sono abbastanza onerosi. Al momento della tredicesima siate quindi generosi...

Un cordiale saluto

Gilberto Vlaic
Non bombe ma solo caramelle - ONLUS


### La relazione in formato Word, corredata di fotografie, si può scaricare al nostro sito:
così come le altre recenti relazioni del Gruppo Zastava:


RITORNO DALLA  ZASTAVA DI KRAGUJEVAC

Viaggio del 27-30 settembre 2007
(resoconto di viaggio  a cura di Gilberto Vlaic) 


Questa relazione e’ suddivisa in sette parti.

1 Introduzione
2 Un durissimo colpo alle condizioni di vita a Kragujevac
3 Almeno una buona notizia 
4 L’ultimo camion spedito a fine agosto
5 Cronaca del viaggio; i progetti in corso e quelli futuri
6 Informazioni generali sulla Serbia e sulla Zastava 
7 Conclusioni

1- Introduzione

Vi invio la relazione del viaggio svolto due settimane fa a Kragujevac per la consegna delle adozioni a distanza che fanno capo alla ONLUS Non Bombe ma solo Caramelle (Gruppo Zastava di Trieste e sezione del Veneto) e al Coordinamento Nazionale RSU CGIL e per la verifica dei progetti in corso a Kragujevac.
Vi ricordo  il sito del coordinamento RSU,  sul quale trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative
Trovate tutte le informazioni seguendo il link 
Solidarietà con i lavoratori della Jugoslavia:

I nostri resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, all'indirizzo:

Ricordo che molti dei progetti in corso a Kragujevac sono realizzati in collaborazione con altre associazioni: Fabio Sormanni di Milano, Zastava Brescia e ABC di Roma e Cooperazione Odontoiatrica Internazionale.
Questi sono gli indirizzi dei loro siti:


2 . Un durissimo colpo alle condizioni di vita a Kragujevac

Nota iniziale al paragrafo: ho ripreso qui intere frasi e concetti espressi  da un articolo di  Enrico Vigna, presidente della associazione SOS Yogoslavia di Torino, che agisce sia a Kragujevac che in Kosovo con le stesse motivazioni di Non bombe ma solo caramelle. 
Chi fosse intenzionato a leggere l’intero documento di Enrico Vigna lo puo’ trovare a questo indirizzo:

Consiglio anche la lettura del documenti sullo stesso argomento scritti da Riccardo Pilato, presidente della associazione Zastava Brescia per la solidarieta’ Internazionale - Onlus che potete trovare all’indirizzo:

Sullo stesso argomento consiglio di leggere anche la nota del Coordinamento RSU

Dopo un braccio di ferro durato molti mesi, tra i lavoratori Zastava guidati dal sindacato Samostalni ed il governo  della Serbia, culminato nelle ultime settimane di agosto scorso con scioperi, presidi, cortei, blocchi stradali e uno sciopero della fame di alcuni lavoratori, alla fine di agosto il governo ha sancito la chiusura dell’Ufficio di Collocamento Zastava (Zastava Zaposljavanja i Obrazovanja – ZZO) che fu istituito nel 2001 subito dopo la frammentazione della fabbrica in 38 unita’ produttive differenti, conseguenza diretta dei  bombardamenti della Nato del 1999.
Ricordo che nel 2001 17000 lavoratori restarono almeno nominalmente in produzione, 10000 vennero immediatamente licenziati e 9000 vennnero inseriti in questo Ufficio di Collocamento in attesa di “ricollocazione o reimpiego”, ovviamente mai avvenuti!
Nelle mie relazioni di questi anni questo ‘’Ufficio di collocamento’’ era stato chiamato ‘’cassa integrazione’’ per utilizzare un termine immediatamente comprensibile per un lettore Italiano.
All’inizio doveva restare in vigore quattro anni, ma attraverso scioperi e lotte del sindacato era stato progato per altri due anni.
Ultimamente erano rimasti iscritti al ZZO circa 4.500 lavoratori, che ricevevano un sussidio mensile medio di circa 100 euro. Potete trovare una descrizione precisa di questi ex-lavoratori per sesso e classe di eta’ nella mia relazione del giugno scorso.
Nonostante le lotte e la resistenza operaia, giunte anche ad assediare il Parlamento a Belgrado, da cui nessun esponente governativo era uscito per incontrare e confrontarsi con le migliaia di lavoratori che manifestavano, il governo  aveva lanciato un vero e proprio ultimatum di 48 ore: chi non avesse accettato la proposta governativa di auto-licenziarsi e un indennizzo di 250 euro per ogni anno lavorativo da dipendente, sarebbe stato licenziato senza alcun indennizzo.
Di fronte a questo vero e proprio ricatto, i lavoratori già sfiancati e umiliati da 15 anni di sanzioni, embarghi, guerre, bombardamenti, miseria e devastazioni sociali hanno ceduto e tra imprecazioni e pianti affranti (come si è potuto vedere in alcune TV locali), hanno formato una lunga coda per firmare la propria fine di lavoratori Zastava, ed andare cosi’ ad infoltire la gia’ enorme schiera dei disoccupati serbi.
La situazione diventerà ancora più critica per la Zastava Automobili e Camion alla fine di quest'anno, quando il Governo inizierà la procedura per la vendita  di questo complesso e la privatizzazione di altri reparti dell'impresa. In tale occasione si teme che saranno annunciati ulteriori esuberi con ulteriori licenziamenti, allo scopo di "snellire" ulteriormente la forza lavoro, prima della procedura di vendita.


3 . Almeno una buona notizia

Penso che vi ricorderete di Andreja P., il ragazzino serbo che il 2 giugno 2007 è stato sottoposto a Bergamo a trapianto di fegato. Dopo una serie di visite di controllo svolte alla fine di agosto e’ stato autorizzato a rientrare a casa: il 18 settembre scorso e’ finalmente partito! Tornerà in Italia per i controlli previsti a gennaio.
Noi siamo naturalmente felici per l’ esito positivo di questo intervento concreto di solidarietà che ha salvato la vita ad un bambino che in Serbia, a causa dello stato di arretratezza della sanità, non avrebbe avuto alcuna speranza di vita.
E’ dura dirlo così brutalmente ma è proprio così; quanti altri, bambini e adulti, si trovano in quella condizione e che non ce la faranno solo perché questo paese è stato isolato dal contesto delle nazioni e i suoi governanti fanno ben poco per affrontare i problemi della gente?


4 . L’ultimo camion spedito a fine agosto

Come sapete, periodicamente spediamo un camion di aiuti.
Il nono di questi camion e’ partito da Trieste il 27 agosto scorso, e conteneva le seguenti cose:
3 riuniti odontoiatrici usati ma perfettamente efficienti, due destinati al Centro medico della Zastava ed uno alla Scuola per infermiere ''Sestre Ninkovic’’; si tratta di materiale ricevuto in dono; 
2 aspiratori chirurgici (anche questi ricevuti in dono), uno per la Scuola Tecnica di Meccanica e l’altro per la Scuola infermiere 
40 chili materiale odontoiatrico di consumo, del valore di circa 5000 euro, acquistato con i fondi del progetto regionale FVG, per il Centro medico Zastava
1 autoclave per la Scuola infermiere 
1 vibra-amalgama, 1 autoclave e 7 mobili per laboratorio medico, destinati alla Scuola Tecnica
2 computers e 1 stampante
1 carrozzina per neonato 
1 televisore
2 biciclette
71 scatoloni di vestiario e scarpe usate
4 scatoloni di giocattoli
7 scatoloni di materiale scolastico (tra cui circa 550 quaderni formato A4 e 60 diari)


5 - Cronaca del viaggio; i progetti in corso e quelli futuri

Giovedi’ 27 settembre 2007

Alle 9 pronti alla partenza, con leggero ritardo rispetto al solito. 
La delegazione era formata da Giampiero, Gianni, Gilberto, Giuliano, Paolo e Lucia da Trieste e Corrado da Venezia. La nostra socia Slobodanka di Napoli era gia’ ad attenderci a Kragujevac. Erano arrivati da Milano anche Massimo e Federico della Associazione Fabio Sormanni.

Avevamo con noi 15180 euro per le 175 quote di affido da distribuire, di cui 1 nuova, per la maggior parte in quote trimestrali da 75 euro o da 85 euro.
Avevamo inoltre 4300 euro da consegnare al Comune di Kragujevac per il secondo e ultimo versamento per la realizzazione del centro di aggregazione giovanile di Zdraljica e  5000 euro da consegnare alla Scuola Tecnica per proseguire il progetto di un centro polivalente per gli studenti. 
1540 erano destinati al pagamento del materiale scolastico distribuito in assemblea ai nostri ragazzi in affido.
Infine 400 euro per pagare la trasformazione da benzina a gas dell’impianto di alimentazione dell’ambulanza che circa un anno fa era stata donata al centro medico della Zastava da parte della Misericordia della Bassa Friulana (che ha finanziato questo intervento).
Come sempre avevamo anche farmaci per il Centro Medico Zastava per circa 10.000 euro.
Inoltre 14 scatole di giocattoli e materiale scolastico da consegnare ad un asilo ed alla Scuola per sordi che ci avevano chiesto un incontro pochi giorni prima del nostro viaggio.
Infine 9 pacchi di regali da parte di altrettanti donatori italiani per le famiglie di ragazzi in affido.

Il viaggio si e’ svolto senza alcun intoppo; siamo arrivati alle 19 e 30 e, dopo la preparazione delle buste per la consegna da effettuare sabato 30, ottima cena serba con i nostri amici del Sindacato.
Da segnalare la grande sorpresa di incontrare Andreja P. e sua madre alla sede del Sindacato

(FOTO: Andreja P. e’ venuto a trovarci al Sindacato)


Venerdi’ 28 settembre

Alle 9 siamo stati ospiti di una scuola materna 
che aveva ricevuto, con il camion spedito a febbraio scorso, due computers e una decina di casse di giocattoli. Un computer era poi stato dato alla Scuola per ragazzi sordi della citta’.
E’ stato un incontro felicissimo, i bambini avevano organizzato uno spettacolo di canti e danze, ci hanno regalato loro disegni ed un aquilone, che e’ il simbolo della associazione ‘’Put u srecno odrastanja’’ (Viaggio della crescita felice); abbiamo consegnato le 6 scatole che avevamo con noi, piene di materiale scolastico e giocattoli.
La loro DIrettrice ci ha chiesto di aiutarli nella realizzazione di un piccolo parco giochi all’esterno dell’asilo. Cercheremo di continuare ad aiutarli con i limitati fondi a disposizione.

  

FOTO: La bandiera della pace nel salone dell'asilo
FOTO:I bambini durante la festa salone dell’asilo

Alle 10 grande festa per l’inaugurazione del centro di aggregazione giovanile a Zdraljica
(Collaborazione con il Comune di Kragujevac)
A marzo scorso avevamo firmato con il Comune di Kragujevac un accordo relativo alla ristrutturazione di un edificio degradato di proprieta’ pubblica nel quartiere operaio di Zdraljica. 
Si tratta di un edificio a un piano di 170 metri quadrati in uno dei quartieri operai periferici della citta’. Tra marzo e giugno avevamo consegnato 5600 euro per i lavori edili di recupero dei locali. Durante il viaggio di giugno scorso avevamo constatato che i lavori erano quasi conclusi (vedi le foto inserite nella relazione di giugno).
Durante l’estate abbiamo raggiunto l’accordo per le dotazioni iniziali: sala computers, videoproiettore, biblioteca, angolo soggiorno, un ping-pong. Inoltre era stato deciso un ulteriore intervento edile sui gradini di accesso e sulla veranda esterna.
Il denaro per gli acquisti e per coprire questa seconda parte di lavori, pari a circa 350.000 dinari (4300 euro) e’ stata consegnata alla signora Slavica Saveljic, assessore alle politiche sociali del Comune.
Abbiamo conosciuto in questa occasione cinque ragazzi che, a livello volontario, si occuperanno della gestione del centro.

FOTO: La consegna dei fondi, La sala computers, La biblioteca, Angolo proiezione (proiettore e schermo non sono visibili, ma CI SONO!), Il ping-pong


Questo Centro e’ stato realizzato in collaborazione con ABC, Associaazione Sormanni e Zastava Brescia.

Ore 12: Incontro al Centro medico della Zastava
(i progetti di odontoiatria sociale)
Come ricorderete questo progetto e’ nato nel 2005 in collaborazione con il presidio sanitario della Zastava (Zavod Za Zdravsvenu Zastitu Radnika, ZZZZR);  si e’ poi allargato a dicembre 2006 alla Scuola Tecnica di Meccanica e Trasporti, ed infine a giugno 2007 alla Scuola per infermiere ‘’Sestre Ninkovic’’, su loro specifica richiesta.
Insieme al COI (Cooperazione Odontoiatrica Internazionale) abbiamo iniziato il rinnovo della strumentazione degli ambulatori dentistici, con la donazione a luglio del 2005 di due poltrone dentistiche al ZZZZR; un’altra poltrona e la strumentazione accessoria (lampade, sterilizzatrici, polimerizzatrici, mobili) sono stati consegnati alla Scuola Tecnica; la strumentazione per la Scuola Infermiere e’ giunta a Kragujevac con il camion partito da Trieste e fine agosto scorso (vedi punto 4 di questa relazione) insieme ad altre due poltrone per il ZZZZR
Queste attivita’ vedono inoltre il convolgimento del Policlinico di Kragujevac, che distacchera’ presso questi ambulatori un medico ed un infermiere ogni 1500 utenti.
Il progetto che coinvolge ZZZZR per quest’anno riguarda gli anziani ospiti del locale gerontocomio; sono state approntate e compilate le schede paziente sia generiche che specialistiche, che hanno messo in evidenza la la necessita’ di intervento sul dolore, le patologie pretumorali e la rimozione del tartaro. 
Il ZZZZR entro la fine dell’anno dovra’ dunque distaccare un medico e un infermiere presso il gerontocomio; qualora si avranno le risorse umane ed economiche si interverra’ anche nella riparazione e nel rifacimento delle protesi.
 Questa nostra attivita’ e’ stata supportata nel 2006 e nel 2007 da due progetti di cooperazione internazionale cofinanziati dall’Assessorato all’istruzione, alla cultura, allo sport e al volontariato della Regione Friuli Venezia Giulia. 

Nel pomeriggio ci siamo divisi in due gruppi, per poter affrontare 
due incontri nello stesso orario.

Ore 16: Incontro con la Scuola per sordi
(un nuovo possibile progetto)
Questo incontro ci e’ stato chiesto dalla Scuola alcuni giorni prima della nostra partenza.
Si tratta di una scuola residenziale per ragazzi sordi provenienti da tutta la Serbia, fondata nel 1949, che ospita al momento 
8 bambini in eta’ prescolare (scuola materna)
42 bambini di scuola elementare (7-13 anni)
18 ragazzi di scuola superiore.
Sono presenti 32 operatori.
Il laboratorio audiologico attuale segue ovviamente i ragazzi ospitati, ma opera anche all’esterno, nella regione du Sumadjia, seguendo saltuariamente 1024 persone.
CI hanno presentato un ben articolato progetto redatto sia in Serbo che in Inglese per la realizzazione di un nuovo laboratorio otoacustico, che permetterebbe un intervento piu’ sistematico, specialmente sul territorio, e diagnosi precoci di problemi all’udito.
La nostra intenzione ora e’ di trovare qualche esperto che sia in grado di aiutarci a capire la reale portata anche economnica di questo progetto, che ci sembra comunque molto interessante.
La Scuola aveva ricevuto uno dei due computers usati che a febbraio scorso avevamo spedito agli asili della citta’. Questa volta abbiamo consegnato solo otto scatole di giocattoli e materiale scolastico.
La nostra visita si e’ aperta con uno spettacolo di danza dei ragazzi ospiti della Scuola e si e’ conclusa con un eccellente pasto. Peccato che avessimo finito di mangiare un’ora e mezzo prima...
Come sempre abbiamo lasciato in dono una bandiera della pace.

                          

FOTO: Un momento dello spettacoloUn gruppo dei bambini della Scuola

Ore 16: Incontro con la Scuola per infermiere ‘Sestre Ninkovic’
(progetto di odontoiatria sociale)
Si tratta di una Scuola fondata nel 1947, frequentata attualmente da 990 allievi. Sono attive le specializzazioni in chirurgia, ginecologia, pediatria, farmacia e stomatologia.
La strumentazione esistente per quest’ultima e’ valida anche se vecchia, ma manca una poltrona odontoiatrica.
Avevamo firmato a giugno scorso il verbale di accordo sulla fornitura di un laboratorio odontoiatrico completo, e definito le modalita’ del suo uso (il verbale e’ riportato nella relazione di giugno scorso).
Avevamo anche visitato i locali messi a disposizione per questo progetto: si trattava di un vecchio archivio dismesso e piuttosto in cattivo stato.
Abbiamo avuto la graditissima sorpresa di vederlo completamente trasformato: rifatto l’impianto elettrico e idraulico, il riscaldamento; il locale e’ stato anche completamente piastrellato fino al soffitto. Tutti questi lavori sono stati sostenuti dalla Scuola, che non ci ha chiesto alcun aiuto economico. E’ certamente il modo migliore di iniziare questo progetto!
Ci hanno fatto visitare anche un sottotetto appena restaurato (a loro spese) in cui vorrebbereo realizzare una sala computers per gli studenti.


LEGGI LA 
LETTERA DI AVNI ER AGLI ANTIFASCISTI ITALIANI:


Carcere turco.
Salviamo la vita di Avni Er

 

(Articolo pubblicato sul settimanale “La rinascita della sinistra”)

 

Di Marco Santopadre

 

Il 1° aprile del 2004 i ROS dei Carabinieri arrestano 5 persone - 3 italiani e 2 turchi - che ritengono militanti di una cellula che l’organizzazione della sinistra turca DHKPC avrebbe installato a Perugia. “Da notare che prima della riforma in senso restrittivo dell’art. 270 bis del Codice Penale  - afferma l’avvocato Flavio Rossi Albertini - non sarebbe stato giustificabile l’arresto di persone accusate di aver commesso dei reati associati al terrorismo non nel nostro territorio bensì in un paese terzo. La riforma del Codice e il rafforzamento a partire dal Governo Berlusconi della cooperazione giudiziaria con la Turchia hanno portato nel 2004 a questa operazione, presentata all’epoca come la prova concreta della disponibilità italiana nei confronti delle richieste insistenti del governo di Ankara di colpire le voci dell’opposizione di sinistra turca che operano in molti paese europei”.
Le accuse hanno trovato una sponda nella Procura della Repubblica e poi nella Corte d’Assise di Perugia che hanno ritenuto di dover procedere contro quella che è stata considerata una cellula di collegamento tra l’ala militare dell’organizzazione operante in Turchia e i vertici che, secondo la Magistratura, agivano invece in Olanda. Durante l’iter processuale gli imputati Avni Er e Zeynep Kiliç vengono ritenuti colpevoli di appartenenza ad un’organizzazione terroristica e quindi condannati il primo a sette anni di carcere e la seconda a cinque.
Nei loro confronti vengono applicate condizioni durissime di carcerazione. Nel luglio del 2006 Avni Er, nonostante sia processato a Perugia, dal Carcere romano di Rebibbia viene trasferito in quello di Nuoro, rendendo così estremamente difficile ai suoi avvocati realizzare i colloqui e garantirne la difesa.
Ricorda Rossi Albertini che “l’attività di Avni in Italia è sempre stata quella di divulgazione e di controinformazione rispetto alla dura repressione e persecuzione che la sinistra turca è costretta a subire: torture inflitte sistematicamente ai prigionieri politici, partiti e associazioni messe al bando, giornali chiusi e i loro redattori arrestati. Per non parlare del massacro di decine di prigionieri e di loro familiari realizzato dalle forze di sicurezza turche nel dicembre del 2000”.
Se la condanna di due cittadini turchi sulla base di prove indiziarie non fosse già cosa grave, il governo italiano potrebbe rendersi ora complice di un nuovo atto di ingiustizia, mettendo a rischio l’incolumità e la vita stessa di Avni Er. Ankara ha infatti inoltrato formale richiesta di estradizione alle autorità italiane ed entro poche settimane il suo omologo italiano Clemente Mastella dovrà rispondere. In nome dei reciproci e crescenti interessi economici tra i due paesi e della cosiddetta “lotta al terrorismo” Avni potrebbe essere consegnato alle istituzioni carcerarie di uno Stato che è in cima alle classifiche mondiali sulle violazioni dei diritti umani. Violazioni denunciate e documentate non solo da associazioni indipendenti come Human Rights Watch e Amnesty International, ma anche da organismi ufficiali come la Commissione ONU per i diritti umani e il Comitato Europeo per la prevenzione della Tortura. Considerando che Avni Er viene ritenuto da Ankara un “nemico dello Stato” si può immaginare a quale trattamento verrà sottoposto.
Gli avvocati chiedono alla Corte d’Appello di Sassari di rispettare la clausola che prevede il rifiuto dell’estradizione quando sussiste il concreto rischio che il prigioniero possa essere sottoposto a tortura o comunque a trattamenti inumani e degradanti. Anche nel caso di un ok da parte della Magistratura, l’ultima parola spetta comunque al Ministro Mastella, che purtroppo si è detto già disponibile nei confronti della richiesta del regime turco.
L’appello da parte di associazioni, giornalisti e organizzazioni politiche - alcuni parlamentari hanno già presentato delle interrogazioni in merito - è che la giustizia prevalga sul mero calcolo politico e sulla realpolitik.



Il compagno Veltroni, il più abile agente della Cia

 

Dopo il dossier Mitrokhin, dagli archivi dello spionaggio internazionale arriva il dossier Kuriakhin, con una rivelazione sensazionale: Walter Veltroni fin da ragazzo è stato reclutato dalla CIA per infiltrarsi nel PCI e conquistarne la leadership. Secondo Kuriakhin solo così si spiegano le abissali differenze tra quanto afferma oggi e quanto sosteneva in passato. Il dossier analizza metodicamente i suoi scritti e i discorsi, dai primi passi nella FGCI a oggi. E scopre che mentre il Veltroni del 2000 dice di non essere mai stato comunista, di aver dissentito dalla linea del PCI e di aver sempre odiato l’URSS e amato gli USA, in precedenza affermava l’esatto contrario.
Tra il gioco della satira politica e il rigore del saggio documentato, il dossier Kuriakhin ci porta a una domanda cruciale: chi è il compagno Veltroni? Il suo è un fantastico caso di spionaggio oppure un esempio insuperabile di trasformismo?
 
Ovviamente, Ilya Kuriakhin non esiste, e il reclutamento di Walter Veltroni nella CIA è solo un espediente satirico. Ilya Kuriakhin, infatti, è il nome di un personaggio televisivo, un agente segreto che appariva nella celebre serie di telefilm The Man From U.N.C.L.E. (trasmessa dalla RAI anche in Italia), prodotta tra il 1964 e il 1967. Per Il compagno Veltroni sotto lo pseudonimo di Ilya Kuriakhin si nasconde in realtà un giornalista che ha militato a lungo nel PCI e che conosce bene, dall’interno, le vicende di quel partito.

 

 

MILLELIRE STAMPA ALTERNATIVA
Direzione editoriale Marcello Baraghini
 
Graphic designer Daisy Jacuzzi
 
Stampato per conto della Nuovi Equilibri srl
presso la tipografia Union Printing spa (Viterbo) nel mese di marzo 2000
 
 
Premessa
 
La politica italiana è stata bersagliata sempre di dossier e rivelazioni a sorpresa. Da ultimo, ci ha pensato il dossier Mitrokhin a elencare i nomi di vere o presunte spie del KGB. Ma dopo il dossier Mitrokhin, ecco arrivare dai segreti archivi dello spionaggio internazionale il dossier Kuriakhin, che si annuncia ancor più esplosivo.
Secondo questo nuovo dossier, infatt i, il leader diessino Walter Veltroni sarebbe da anni un agente della CIA.
Le rivelazioni sono inquietanti e si basano su una metodica analisi delle dichiarazioni pubbliche di Veltroni nei decenni passati, mettendole a confronto con le sue tesi attuali. Altri ex-comunisti, come Enzo Bettiza nel lontano passato, o Giuliano Ferrara in tempi più vicini, hanno teorizzato e spiegato la loro scelta di cambiare opinione, ad un certo punto della vita e dell’esperienza politica. Walter Veltroni, invece, nel condannare la “tragedia” del comunismo ha cercato di accreditare un’immagine di sé “innocente” rispetto alle colpe attribuite alla vicenda comunista, ricostruendosi a ritroso una immacolata rispettabilità di dissenziente.
Ecco perché le recenti dichiarazioni di Veltroni sull’incompatibilità tra comunismo e libertà hanno involontariamente rivelato la vera identità del segretario diessino: non sarebbe mai stato comunista, pur professandosi tale e riuscendo a scalare la gerarchia del partito fino a diventarne un dirigente nazionale e poi a raccoglierne la guida, dopo la trasformazione in DS. Anzi, Veltroni afferma candidamente (ormai non ha più bisogno di copertura: la missione è compiuta, direbbe James Bond) di aver sempre preferito gli USA all’odiata URSS. E allora? Il dossier Kuriakhin svela la verità, l’unica possibile: Veltroni era (e forse è ancor oggi) un agente della CIA.
Veltroni afferma, oggi, di non essere mai stato comunista e di aver dissentito dalla linea prevalente nel suo partito, nonostante facesse parte sin da ragazzo dei gruppi dirigenti della FGCI e poi del PCI. Di più: Veltroni sostiene di aver sempre considerato l’URSS come il nemico e gli USA come gli amici principali dell’Italia e dell’Occidente. Eppure, le sue dichiarazioni pubbliche, i suoi articoli apparsi sulla stampa comunista a partire dagli anni ’70, i documenti politici da lui controfirmati, e raccolti dal dossier Kuriakhin, affermavano l’esatto contrario: gli USA come pericolosa potenza imperialista, i paesi socialisti come speranza per le nuove generazioni, lo stalinista Togliatti come esempio per i giovani, le scelte dei leader del PCI sempre giuste e coerenti.
Non può che esserci una spiegazione, per Kuriakhin: Veltroni fin da ragazzo è stato reclutato dalla CIA per infiltrarsi nel più grande partito comunista d’occidente e, agendo sotto copertura e simulando fedeltà e allineamento alle direttive del partito, effettuare una clamorosa scalata di potere fino a conquistarne la leadership. In confronto, i risultati del KGB e della Stasi, che riuscirono a mettere un loro uomo, la spia della Germania est Gunther Guillaume, come segretario personale di Willy Brandt, impallidiscono: Veltroni, infatti, è diventato addirittura segretario del partito. Nel caso di Veltroni abbiamo a che fare con un abilissimo agente segreto dalla doppia vita (in pubblico comunista inossidabile, ma nell’intimo, per sua stessa ammissione, anticomunista e filoamericano), in grado di adempiere la missione impossibile di raggiungere per conto degli americani il vertice di un partito avversario.
La scoperta che Walter Veltroni era un agente della CIA infiltrato nel PCI getta un’ombra clamorosa sulla storia recente della democrazia italiana. E il partito comunista di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer si rivela un organismo pullulante di spie: spie del KGB, certamente, ma ora sappiamo anche spie della CIA. Ecco perché il dossier Kuriakhin rischia di diventare più devastante, almeno in Italia, del dossier Mitrokhin.
Quella che leggerete, dunque, è una storia di spionaggio, nata quando ancora si ergeva il Muro di Berlino, e un giovanissimo italiano, Walter Veltroni, anticomunista e innamorato degli Stati Uniti, accettò di compiere una straordinaria missione per sgominare i “rossi” del suo paese. Aveva un nome in codice, apprendiamo ora: “agente Icare”. Del suo eroismo, della sua vittoria, parla il dossier Kuriakhin. Al termine della lettura, ognuno potrà decidere chi è il compagno Veltroni. Il suo è un fantastico caso di spionaggio, come afferma Kuriakhin, oppure è un esempio insuperabile di trasformismo e doppiezza? La parola ai lettori.
 
IL DOSSIER KURIAKHIN
Mi chiamo Ilya Kuriakhin. Per molti anni ho lavorato come agente del KGB, e ho seguito da vicino le vicende italiane. La scomparsa dell’URSS non mi ha turbato più di tanto, perché io sono sempre stato un uomo utile ai servizi segreti sia dell’est che dell’ovest. Il vento spesso cambia direzione, e io mi sono adeguato. Ma non è la mia biografia che voglio raccontarvi. Quel che conta è che oggi, finito il duello tra occidente e blocco sovietico, posso finalmente rivelare quanto mi è capitato di conoscere in tanti anni di attività.
Ho operato a lungo negli Stati Uniti, sotto varie coperture, ed è a Washington che sono riuscito a mettere le mani su molti documenti scottanti del servizio segreto americano. Tra questi, il file personale di un italiano, Walter Veltroni: nome in codice “agente Icare” (anche se, per depistare, Veltroni ha recentemente affermato che il suo nome in codice sarebbe “Punto”).
Ho ricopiato tutto il dossier Veltroni su alcuni kleenex e sulle confezioni del chewing gum, a caratteri microscopici, per settimane e settimane, rischiando la vita. Ma sono fiero, ora, di poter far conoscere a tutti la verità su Veltroni, l’agente segreto Veltroni, la cui missione era di infiltrarsi nel più grande partito comunista dell’occidente capitalistico e riuscire ad entrare nei suoi vertici.
Veltroni, rivelano quelle carte da me meticolosamente ricopiate, è stato un “illegale”, un uomo costretto a una doppia vita: nel suo intimo era un anticomunista viscerale, ma in pubblico doveva fingersi un “rosso”, doveva lodare Togliatti (il killer stalinista Togliatti), doveva scagliarsi contro la Democrazia Cristiana asservita agli USA, doveva dimostrarsi pienamente allineato con le scelte politiche di un partito che odiava. Uno stress psicologico che solo i migliori agenti segreti della storia sono riusciti a tollerare. Ma lui, l’agente Walter “Icare” Veltroni, c’è riuscito.
 
 
AGENTE SEGRETO VELTRONI
 
FILE n. 1
 
GLI ANNI SETTANTA
 
Walter Veltroni nasce a Roma il 3 luglio 1955. Il padre è Vittorio Veltroni, «pioniere delle radiocronache in RAI», secondo la sintetica definizione di Giuseppe Fiori, e direttore dei primi telegiornali; la madre è Ivanka, a sua volta funzionaria della RAI e scrittrice di romanzi rosa.
Walter abita in un buon quartiere della borghesia romana, in via Savoia. Seguendo le orme di famiglia, compie gli studi medi all’Istituto Cine-Tv, a due passi da viale Marconi, nella periferia di Roma.
Nel 1970 si iscrive alla FGCI, l’organizzazione giovanile del Partito Comunista Italiano. Cosa spinse quel ragazzo a entrare precocemente in un’organizzazione che, secondo le dichiarazioni dello stesso Veltroni del 1999, era pericolosa per la libertà, in quanto figlia di un partito, il PCI, legato al comunismo, «tragedia del Novecento»? 
Il nostro dossier, come vedremo, svela che già allora Veltroni era stato arruolato dai servizi segreti americani, e questo spiega tutto. E spiega anche perché la sua passione politica si trasformi subito in scalata di potere: in pochi mesi diventa segretario della cellula della sua scuola, e appena diplomato (nel 1973) è funzionario a tempo pieno della FGCI romana.
Nel suo nuovo ruolo di miniburocrate federale, il giovanissimo Veltroni prima dirige gli studenti comunisti della città, poi è eletto segretario della FGCI romana. Un incarico importante, nella capitale, in anni in cui l’organizzazione giovanile comunista cittadina contava ben cinquemila iscritti.
Non era certo un consesso di liberali critici verso la tragedia del comunismo, quella FGCI di cui Veltroni è dirigente fin da ragazzo. Lo Statuto della Federazione Giovanile Comunista Italiana (confermato ancora al XXI Congresso del 1978), infatti, esordisce con un preambolo in cui si afferma: «Gli iscritti e i militanti della FGCI lottano per costruire una società socialista che crei le condizioni e favorisca il processo di liberazione dell’uomo verso il comunismo». E all’articolo 1 si aggiunge: «La FGCI si riconosce nella strategia del Partito Comunista Italiano, contribuisce ad arricchirla, ed educa i suoi iscritti alla conoscenza del marxismo e del leninismo, nello spirito dell’antifascismo e dell’internazionalismo proletario».
Veltroni prese la tessera di quell’organizzazione giovanile, e ne divenne subito dirigente. Però oggi sostiene che «si poteva stare nel PCI senza essere comunisti. Era possibile, è stato così». Nell’organizzazione giovanile di Veltroni, tuttavia, si lottava per «il processo di liberazione dell’uomo verso il comunismo» e ci si educava al marxismo, al leninismo e all’internazionalismo proletario.
I suoi primi passi tra i giovani dirigenti della FGCI romana sono in una chiave che oggi si direbbe “veterocomunista”. È tra gli organizzatori, il 24 febbraio 1974, della manifestazione Togliatti con noi (Nel nome di Togliatti le lotte dei giovani per la pace, la libertà, il socialismo), arricchita da «filmati e documenti inediti sulla vita di Togliatti», come recitava il volantino promozionale. Una kermesse togliattiana che doveva essere costata molta sofferenza a Veltroni, da sempre seguace viceversa (abbiamo appreso di recente) della democrazia occidentale e tutt’al più del socialismo liberale dei fratelli Rosselli.
Ma c’è una miniera di documenti sul veltronipensiero degli anni settanta: è Roma Giovani, mensile della Federazione Giovanile Comunista Romana, come campeggia sulla copertina (e di cui era caporedattore Carlo Leoni, attuale responsabile giustizia dei DS). Fin dal 1974 il periodico ospita innumerevoli articoli e interventi del nostro, che rivelano come, già da ragazzo, fosse costretto a simulare una fede comunista e un’adesione incondizionata alla linea del PCI: oggi sappiamo che doveva occultare la sua missione segreta.
Per rendere credibile la sua scelta comunista, all’epoca, Veltroni doveva accentuare l’antiamericanismo, fugando così ogni possibile sospetto sul suo doppio gioco. Lo desumiamo da uno dei suoi primi articoli, “Una vita da cambiare: la droga”, che appare sul numero 1 di Roma Giovani, nel novembre 1974. Il giovane Walter respinge la riduzione del fenomeno droga «ad una presunta “Americanizzazione” del modo di vivere dei giovani e degli studenti delle grandi città». Le motivazioni dell’uso della droga, al contrario, starebbero in «una angosciosa situazione dove molti giovani sono stati cacciati dall’immoralità delle classi dominanti».
La soluzione, per il compagno Veltroni di allora, è semplice: «I giovani, tutti, sognano una società più giusta ed umana. Questa società per noi è il socialismo». 
Di lì a poco, ecco apparire un Veltroni “militante rivoluzionario”. Lo scopriamo mentre contende a Lotta Continua la leadership del mondo giovanile di sinistra: «Il nostro ruolo è nella capacità del movimento operaio di esercitare appieno la propria egemonia su quei settori dei giovani delusi dall’esperienza estremista. È necessario quindi per il movimento operaio ed il suo partito d’avanguardia rendere più esplicito il rapporto tra lotta quotidiana e prospettiva di trasformazione dello stato, far comprendere alle giovani generazioni il proprio patrimonio teorico ed esplicare alcune questioni centro della elaborazione del marxismo italiano». E conclude solennemente: «Solo così sarà possibile recuperare alla milizia rivoluzionaria i giovani delusi dall’estremismo». 
Presto il Veltroni “militante rivoluzionario” si dichiara anche leninista. È un testo chiave, quello che stiamo per leggere: I giovani, la libertà, il socialismo. Tra citazioni di Gramsci, Lenin e dei comunisti vietnamiti, Veltroni scrive che occorre «porsi concretamente oggi il problema di elevare ad un livello più alto la ribellione dei giovani dando ad essa la luce della coscienza politica e della necessità storica del socialismo». 
Per raggiungere questo ambizioso obiettivo c’è una ricetta magica: «Affondando nelle pieghe della linea del nostro partito fondata sull’analisi scientifica della diversità storica della rivoluzione è possibile trovare una risposta agli interrogativi che tutti i giovani agitano».
Veltroni sostiene che bisogna «operare con rigidità scientifica quella che Gramsci chiamava “una ricognizione nazionale”». E se afferma, secondo la liturgia del PCI di allora, «la necessaria diversità della rivoluzione italiana da quella dell’Ottobre», il giovane Veltroni non disdegna di difendere il concetto di “egemonia”, che di lì a poco diventerà una parolaccia impronunciabile dopo una dura polemica scatenata dal PSI di Bettino Craxi. Scrive infatti il compagno Walter: «Dalla elaborazione del concetto d’egemonia, del partito come forza rivoluzionaria e strumento dell’egemonia, nasce, negli anni difficili del dopoguerra, il nostro disegno di “Via Italiana al Socialismo”».
Non solo, dunque, la rivendicazione dell’egemonia, ma persino del partito «come forza rivoluzionaria».
Andiamo avanti nella lettura. Ecco apparire un riferimento all’artefice della rivoluzione bolscevica, l’uomo che ogni sincero liberale (come oggi Veltroni afferma di essere sempre stato) considera il primo responsabile dei gulag e di quella che lo stesso Veltroni, nel ’99, definirà «la tragedia del comunismo»: Vladimir Ilic Ulianov detto Lenin. Scrive, infatti, il nostro con prosa soviettista: «Si esalta nell’originale elaborazione italiana l’affermazione di Lenin secondo la quale la democrazia e il socialismo si saldano fortemente e la rivoluzione democratica apre la strada a quelle socialiste, mentre la soluzione socialista porta a compimento quella democratica».
Esattamente opposte alle tesi sostenute attualmente da Veltroni sono poi le sue critiche alle altre forze politiche italiane: «Ogni volta che tra i partiti politici si parla di socialismo alcuni di essi, in primo luogo la DC, partono in voli pindarici descrivendo a tinte fosche, come in un libro di Carolina Invernizio, il carattere dittatoriale e le soppressioni della libertà che a parere loro [corsivo mio, n.d.r.] vigerebbero nei paesi socialisti. Non abbiamo mai esitato a far sentire alta la nostra voce quando abbiamo ritenuto che in questo o quel paese un intervento esterno comprimesse la libertà di quel popolo, così come non abbiamo mai mancato di sviluppare un dibattito serrato sulle questioni della democrazia socialista. Ma sempre in questi dibattiti si è affermato il carattere franco e aperto che caratterizza le discussioni tra partiti fratelli».
Sì, avete letto bene: «partiti fratelli», e chi critica l’URSS e i paesi socialisti compie «voli pindarici», e il carattere dittatoriale di quei regimi sarebbe tale solo «a parere loro».
Queste righe svelano, più di ogni altra, il doppio volto di Veltroni: pubblicamente comunista ortodosso, in segreto anticomunista al soldo degli USA. Come spiegare altrimenti la contraddizione con quanto dichiarato nell’ormai celebre articolo su La Stampa nell’ottobre 1999, definito «l’anatema di Veltroni» contro il comunismo?
Afferma oggi Veltroni: «Io ero ragazzo, negli anni settanta, ma pensavo che avesse ragione Ian Palach e non i carri armati dell’invasione sovietica. Io ero ragazzo, allora, ma consideravo Breznev un avversario, la sua dittatura un nemico da abbattere». 
Ma come? Il partito di Breznev non era il primo tra i «partiti fratelli» evocati da Veltroni, proprio negli anni settanta? E perché Veltroni attaccava la DC, rea di dipingere «a tinte fosche» i paesi socialisti, quando ora scopriamo che già allora considerava quelle dittature «un nemico da abbattere»? Resta, di nuovo, una sola spiegazione possibile: Veltroni era un infiltrato, fin da ragazzo, nelle file del PCI.
Proseguiamo nella lettura del fondamentale testo veltroniano I giovani, la libertà, il socialismo. Walter denuncia «l’acquiescenza all’imperialismo» e aggiunge una serie di considerazioni sulle vicende internazionali del periodo. La prima riflessione è dedicata alla rivoluzione portoghese “dei garofani” (caduto il fascismo, il partito comunista-stalinista di Alvaro Cunhal era arrivato alla stanza dei bottoni): «Il Portogallo vive oggi la sua stagione di libertà ed ha iniziato un travagliato e contraddittorio processo di democratizzazione». Persino il segretario del PCI, Enrico Berlinguer, era stato più coraggioso, prendendo le distanze dagli eccessi antidemocratici di Cunhal, che per Veltroni sono solo «un travagliato e contraddittorio processo di democratizzazione».
Ma andiamo avanti. Ora Veltroni si occupa del Vietnam, «il piccolo popolo che ha sconfitto il grande colosso americano». Incurante della caduta di un paese nelle mani dei tiranni comunisti, Veltroni afferma: «I compagni vietnamiti ci hanno detto: “La nostra lotta è giusta, uniti vinceremo”. Ed hanno sconfitto la grande potenza americana e sono entrati a Saigon dove lavorano per costruire un Vietnam pacifico e indipendente».
Veltroni esulta perché sui muri di Saigon «i soldati del GRP hanno scritto le parole che Ho Ci Min pronunciò nel ’68 prima dell’offensiva del TET: “Questa primavera sarà migliore di ogni altra; la notizia delle vittorie riempie di gioia tutto il paese, Nord e Sud, gareggiando in coraggio sconfiggono lo Yankee. Avanti, la vittoria è nelle nostre mani”. L’Indocina, l’Africa, l’America latina, la Cina, Cuba Socialista, il Portogallo, la Grecia, i paesi socialisti dell’Est europeo, tutto il mondo si colloca sulla strada della libertà e del progresso. Libertà, progresso, giustizia sociale, valori che si affermano in dimensioni sempre più ampie tra i giovani e che vanno tutte nella direzione del socialismo. Esso, lo sappiamo, non è dietro l’angolo. Coscienti di questo nel chiedere ai giovani il voto al PCI sentiamo di dover proporre qualcosa di più: un impegno coerente di coscienza e di lotta. Questa è la linea che prospettiamo ma non ne esistono, ne siamo convinti, altre».
Il compagno Veltroni conclude l’articolo con la retorica che non lo abbandonerà mai, nemmeno negli anni recenti “liberalsocialisti”: «No, non ci sono scorciatoie. Lenin diceva che “la via della Rivoluzione non è dritta e selciata come la prospettiva Newski”. I giovani questa via hanno già cominciato a percorrerla, andranno ancora avanti per gli ideali per i quali si sono battuti in questi anni. Gli ideali della pace, della democrazia, del socialismo».
Veltroni nel ’99 scrive: «Noi trentenni “finimmo” la storia del PCI, perché la contraddizione era diventata insostenibile. In primo luogo per noi, per una generazione che aveva l’URSS come avversario e la democrazia occidentale nel DNA, nel vissuto, nella formazione culturale». Come può essere lo stesso Veltroni che nel 1975 parlava di Rivoluzione (rigorosamente con la R maiuscola), citava Lenin, diceva che i paesi socialisti viaggiavano «sulla strada della libertà e del progresso», attaccava sprezzante «gli Yankee»?
Al fine di compiere perfettamente la sua infiltrazione, Veltroni continua a pubblicare articoli dal linguaggio ultra-comunista. Nell’estate del 1975, dopo le elezioni del 15 giugno che hanno visto un’avanzata clamorosa del PCI, declama: «Il nostro partito, con la sua linea ed il suo modo di essere, ha saputo mostrarsi come la grande forza in grado di superare la crisi della società capitalistica». E chiude: «Orientare la spesso generica aspirazione al rinnovamento che è presente tra i larghi settori delle nuove generazioni nella direzione dell’adesione all’ideale della società socialista è già un compito dei giorni successivi il 15 giugno». 
In quello stesso articolo Veltroni si auto-loda (un atteggiamento che non lo abbandonerà mai) per aver contribuito alla vittoria del PCI, a suo parere addirittura con «un peso storico», tramite la nascita dei Comitati Unitari, cioè il movimento studentesco di area PCI di cui a Roma era stato artefice. Teorizzazione che viene amplificata dallo stesso Veltroni poche pagine dopo, sullo stesso numero di Roma Giovani, in un articolo intitolato “Per un nuovo movimento degli studenti”.
Certo quel suo attivismo intorno ai Comitati Unitari (ritenuti dalle altre forze politiche giovanili il semplice tentativo di creare una “cinghia di trasmissione” tra PCI e studenti) aveva fatto crescere le quotazioni di Walter presso Massimo D’Alema, appena nominato segretario nazionale della FGCI: la conoscenza tra i due data da allora, quando partecipavano entrambi alle estenuanti riunioni nella sede della Federazione Giovanile Comunista di via della Vite.
A questo proposito, però, nel 1995 Veltroni farà una rivelazione che deve aver lasciato di stucco tutti i suoi compagni di allora. Nessuno aveva mai colto il seppur minimo dissenso del giovane Veltroni dai vertici della FGCI, e anzi era notorio il suo “appiattimento” su qualsiasi indicazione venisse dalle sedi direttive sia del PCI che dell’organizzazione giovanile. Invece no, la verità (ancora una volta segreta) era tutta diversa: «Quando D’Alema era segretario della FGCI non andavamo d’accordo, proprio non andavamo d’accordo. In maniera molto netta. Avevamo due visioni della politica diverse. Allora, le nostre diversità erano moltiplicate per cento. Eravamo più giovani, lui venne dal partito per dirigere più severamente una FGCI ribelle, io ero più attento ai movimenti. Quindi non ci prendevamo bene. A quei tempi ci fu un conflitto tra noi, un conflitto di quelli che, quando si è ragazzi, lasciano qualche segno. Per questo, per un certo numero di anni, ci siamo guardati con qualche reciproco sospetto». 
Peccato che questo “conflitto” non sia testimoniato da nessun intervento, nessun articolo, nessuna parola del Veltroni di allora. Mai, assolutamente mai il giovane Walter ha espresso pubblicamente questa sua visione politica “diversa”. Forse il centralismo democratico era così rigoroso nella FGCI che era impossibile esprimere un seppur timido dissenso? O forse la sua missione (fare carriera negli organigrammi comunisti) gli imponeva anche in quel caso il silenzio più totale?
Torniamo agli scritti dell’epoca. Agli inizi del 1976 Veltroni si occupa di centrosinistra e anticomunismo, due temi che saranno cruciali nella sua carriera politica futura. Ma negli anni ’70 erano per Veltroni solo oggetti di critica dura. Scrive: «Si è chiusa, non certo in gloria, la stagione decennale del centro-sinistra i cui cascami, dopo la storica rottura avvenuta nel corpo della società italiana per le lotte operaie e studentesche del ’68-69, si sono trascinati fino a questi ultimi mesi. Così, il centro-sinistra, inadeguato ed incapace, viziato dall’ambizione di molti, di comportare, con l’uso spregiudicato di questa formula, l’esaurimento nel ruolo di opposizione della funzione storica e della forza del PCI, chiude miseramente la sua intensa storia».
E Veltroni plaude alla sconfitta della contrapposizione frontale ai comunisti da parte della DC: «Occorrerebbe, per svolgere un’opera di reale rinnovamento, che la DC condannasse sé stessa per il suo passato, per l’espulsione dei comunisti dal governo dopo la guerra, per aver venduto agli americani il proprio partito, e il nostro paese, per aver giocato la carta della legge truffa». 
La DC un partito «venduto agli americani»? E l’espulsione dei comunisti dal governo un atto da condannare e non una scelta saggia? Se, come sostiene il Veltroni del 2000, il comunismo è incompatibile con la libertà, e l’occidente a guida americana ha tutelato l’Italia dalla dittatura, allora quelle posizioni della DC dovrebbero ritenersi sacrosante. Ci auguriamo che presto la storia sia riscritta definitivamente, dallo stesso Veltroni, fino a riabilitare coerentemente tutti i suoi avversari del passato.
Ma c’è dell’altro nell’articolo in questione. Veltroni dichiara di ritenere «positivo che si spengano le fiammelle dell’anticomunismo». E poi ecco il consueto appello alla rivoluzione: «La domanda di una società nuova si è fatta “senso comune” nell’animo della gioventù, spetta a noi tradurla nella lotta conseguente per la rivoluzione italiana».
Per il Veltroni rivoluzionario degli anni ’70, la DC e gli americani sono la bestia nera. Scrive, sempre nel 1976: «Nella fase immediatamente successiva alla guerra di Resistenza, noi siamo stati in presenza di alcune scelte della Democrazia Cristiana tese ad edificare un sistema di potere: penso ad esempio al viaggio di De Gasperi negli Stati Uniti, e in sostanza l’asservimento del partito della Democrazia Cristiana e dell’Italia stessa al soldo ed al volere degli americani. È la storia recente della concessione delle basi Nato in Italia». 
Ritorna dunque il rimprovero alla DC in chiave antiamericana. E la stessa Democrazia Cristiana viene definita «strumento della borghesia capitalistica, e dalla borghesia capitalistica scelto e diretto».
Veltroni se la prende anche con “Comunione e Liberazione”, tirando in ballo Marx. Infatti, la convinzione di CL «che si debba cambiare i rapporti umani perché possano cambiare le strutture» è da contestare, secondo Veltroni, in quanto sarebbe «l’esatto opposto della intuizione teorica di Marx contenuta nella splendida prefazione a Per la critica dell’economia politica».
Ecco i consigli di lettura che dava ai suoi coetanei nel 1976: la «splendida prefazione» di Karl Marx. I “santini” del comunismo sono ancora dei fari luminosi, per Walter. Del resto, nel numero 13 (settembre 1976) sempre Roma Giovani pubblica un paginone centrale dedicato non a Ian Palach bensì a Mao, dove sotto una grande foto del leader cinese si legge (in un testo non firmato): «Ricordando il compagno Mao Tse Tung e quanto di positivo Egli è riuscito a realizzare anche nel nostro paese, a tante miglia di distanza dalla sua Cina, noi oggi auspichiamo il recupero di un nuovo clima di comprensione e di rispetto, di solidarietà internazionale fra i partiti comunisti e operai del mondo intero».
Una simile lettura avrebbe dovuto agghiacciare Walter, che disprezzava i regimi socialisti.
Mentre oggi apprendiamo che Veltroni fin da ragazzo riteneva l’URSS «un nemico da abbattere», nel 1976 deve fingere di credere esattamente il contrario, utilizzando una frase di Togliatti dove si additano come «nemici per l’Italia» i seguaci degli USA: «Per trent’anni siamo stati dipendenti economicamente e politicamente dagli Stati Uniti, la DC è stata connivente con la guerra nel Vietnam. Kissinger può indisturbato rivolgere apprezzamenti sulla situazione politica italiana, i ministri DC e chissà chi altro prendono i soldi dalle fabbriche di aerei americane. Alla faccia dell’indipendenza e dell’autonomia! Diceva Togliatti, parlando alla Federazione Romana nel ’44: “A coloro, agenti di questa politica antinazionale, che dicono: la nostra rovina sono i comunisti, sono i socialisti; cacciamo i socialisti e i comunisti dal potere, poi vedrete tutto quello che riceveremo, gli Stati Uniti ci manderanno i dollari, l’Inghilterra ci darà chissà quanti chilometri di sabbia nell’Africa sui quali potremmo ricostruire ancora una volta un nuovo e bellissimo impero… a costoro diciamo: voi siete dei nemici per l’Italia”». 
C’è un altro tassello da aggiungere al ritratto del giovane Veltroni. Al convegno della FGCI di Roma “Per il riscatto di questa generazione”, che si svolge il 7-8 aprile 1976, Veltroni è relatore e avrà poi il compito di aprire la manifestazione conclusiva dell’11 aprile, al cinema Metropolitan (a fianco di Massimo D’Alema).
Il documento preparatorio del convegno, stilato in gran parte dallo stesso Veltroni, è significativo. Vi si legge il consueto ritratto a fosche tinte della società americana. In America, recita il documento, «alla società giovane, ribelle e rissosa, seguì l’organizzazione della malavita, le grandi speculazioni, la tendenza alla guerra, la violenza della Polizia e dello Stato [notare le maiuscole, n.d.r.]. L’America che gli italiani conobbero di persona fu questa e questa America ha influenzato negativamente lo stato d’animo ed il modo di vita dei giovani». 
Il faro indicato dal documento è ancora quello di Palmiro Togliatti, per una sua risposta del 1962 alla lettera di un giovane. Una pagina e mezza del documento è dedicata al testo di Togliatti (definito «grande dirigente comunista»), con questa chiosa: «Ci vorremmo scusare per la lunghezza della citazione, ma crediamo che sia così significativa e chiara che, non solo non abbia annoiato, ma anzi ci permette di consigliare la lettura completa della lettera e della risposta di Palmiro Togliatti».
La retorica di scuola comunista cresce nelle ultime pagine: «Se la costruzione della società socialista vuole essere una grande esperienza creativa, allora diciamo che la rivoluzione deve vivere già oggi nella lotta e nella vita di questa generazione… Il socialismo ed il comunismo debbono essere così il progetto di più alta realizzazione della libertà, di più grande valorizzazione del lavoro come forza motrice della storia».
Il finale è un tripudio: «Occorre comprendere come oggi stesso “fare politica” significa edificare mattone per mattone una società nuova, significa partecipare al progetto ambizioso della vittoria della rivoluzione proletaria in occidente, di quella rivoluzione che noi portiamo avanti e che tutti i giovani debbono vivere e far vivere da oggi».
La terminologia è ben più rozza di quella usata dal PCI nello stesso periodo. Il Partito non avrebbe mai evocato la «rivoluzione proletaria» in un suo documento, ma Veltroni ha un chiodo fisso: far concorrenza ai «gruppi estremisti», che nelle scuole e nelle università hanno un consenso ben maggiore della FGCI. E allora diventa necessario appesantire il linguaggio con qualche parola gradita a un uditorio avvezzo ai proclami rivoluzionari. Il sostantivo rivoluzione e l’aggettivo rivoluzionario, infatti, sono ripetuti a ogni piè sospinto, persino nelle ultime righe: «Da questa volontà e da questo progetto, al quale vogliamo guardino gli studenti, le ragazze, i giovani operai, e disoccupati, nasce la possibilità per una intera generazione di dire no all’isolamento e alla sconfitta, e costruire con grande determinatezza e grande slancio rivoluzionario quella che noi vogliamo chiamare la “società del riscatto”».
La rivista Roma Giovani chiude quando la FGCI e il PCI sono presi alla sprovvista dall’improvvisa esplosione del cosiddetto “movimento del ’77”. Walter Veltroni è ancora segretario della FGCI romana quando scoppiano gli scontri all’Università di Roma che si concludono con la “cacciata di Lama”. Di certo è corresponsabile della sottovalutazione dei rapporti di forza nell’ateneo romano, almeno quanto il funzionario del PCI Gustavo Imbellone, su cui sarà fatta cadere la colpa per quella disfatta.
Per Walter il destino è meno severo. È costretto a difendere la giustezza di quella fallimentare prova di forza all’università anche in un’intervista a La Repubblica, ma dopo questo episodio la sua stella momentaneamente si opacizza. Secondo la regola del “promoveatur ut amoveatur”, fin dal maggio 1977 viene sollevato dalla guida della federazione giovanile e spostato al partito, dove gli si affida la responsabilità della propaganda. Contestualmente, come ogni ex-segretario provinciale della FGCI, viene nominato nella segreteria romana del partito. Delle vicende in cui è stato coinvolto fino a pochi mesi prima è meglio che non si occupi più, e al mega-convegno del PCI e della FGCI “La crisi della società italiana e gli orientamenti delle nuove generazioni”, organizzato nell’ottobre 1977 proprio per riflettere sulla grave situazione provocata dal movimento del ’77, Veltroni resta in disparte e non prende nemmeno la parola.
Ormai il capitolo FGCI è chiuso (suggellato anche dal suo primo libro, Il PCI e la questione giovanile), e il compagno Walter «è passato al partito». Nel PCI romano di via dei Frentani, il suo referente è Luigi Petroselli, segretario della federazione e comunista “tutto d’un pezzo”, all’antica.
Sull’onda delle vittorie elettorali del PCI, e con il consenso attivo di Petroselli, Veltroni già nel 1976 era diventato consigliere comunale di Roma (rimarrà in questa carica fino al 1981). È la fase in cui si rafforza quella che Stephen Gundle definisce «la troika dei giovani comunisti romani»: Ferdinando Adornato (da direttore della Città Futura a capo della sezione cultura dell’Espresso, poi animatore di Alleanza Democratica), Gianni Borgna (autore di saggi sul festival di Sanremo) e Walter Veltroni (ma si potrebbero aggiungere figure minori come Goffredo Bettini e Carlo Leoni).
Veltroni, poi, sceglie di legare, con acuta preveggenza, il suo nome a quello di un dirigente del PCI allora in ascesa, Achille Occhetto. È proprio Veltroni a firmare, nel 1978, un libro-intervista con Occhetto dedicato al ’68. Tuttavia, paga pegno alle velleità dell’Occhetto di allora, ancora comunista “doc” e vicino alla sinistra ingraiana. Così, nell’intervista Veltroni fa capire che il leninismo è ancora un bene prezioso, tanto che i gruppi estremisti vengono convenzionalmente tacciati di «deformazione caricaturale del leninismo».
 
(continua)