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SOURCE: http://www.solidnet.org

From: New Worker Online, Thursday, February 08, 2007
http://www.newworker.org
mailto:party @...
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New Worker Lead & Editorial - 9/2/2007

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Editorials - 9/2/2007 & 2/2/2007

The same old rope for Kosovo

KOSOVO returned to the international arena last week with the
publication of the draft proposals of Martti Ahtisaari, the UN
Special Envoy for Kosovo, for a region which is still technically
part of Serbia, even though it has been occupied by Nato troops since
1999. But there was nothing new in the Ahtisaari plan, which
envisages an autonomous Kosovan administration that could join
international organisations with its own national anthem and flag and
a proper constitution but not full independence.

While this is presented as a sop to Serbian claims to the province
and the remaining Serb minority in Kosovo, the real reason is that
Franco-German imperialism is quite happy with the existing
arrangements which have reduced Kosovo and Bosnia to European Union
protectorates.

The break-up of the old Yugoslav federation was planned by Franco-
German imperialism and put into action with the support of Anglo-
American imperialism and it was all done in the name of a bogus self-
determination that upheld the rights of all the recognised
communities in Yugoslavia with the exception of the Serbs.

Nationalist parties in Slovenia, Croatia, Macedonia and Bosnia were
all encouraged to leave the federation while substantial Serb
minorities were denied the right to secede or unite with Serbia. This
inevitably led to the bloody conflicts in Bosnia and Kosovo, and the
imperialist war against the rump Yugoslav state in 1999 that did not
solve the national questions in the former socialist state or bring
peace, prosperity and stability to the Balkans.

The current plan includes international and UN guarantees for the
remaining Serbs in Kosovo, some 10 per cent of the population but
these are just empty words. The Palestinian Arabs were told the same
thing in 1948 when the UN partitioned Palestine and look what
happened to them.

Franco-German imperialism is, of course, not the slightest bit
concerned about the rights of small nations except when it suits
them. The imperialists claim to have given the Kosovan Albanians
freedom but the only ones to have benefited from the end of direct
Serbian rule are those who were lucky enough to claim asylum in
Britain and the rest of the European Union when the conflict began.
Kosovo is one of the poorest regions in Europe and half the two
million odd people of the province are unemployed.

The economy is kept afloat through international and imperialist
"aid" and the remittances of Kosovan workers abroad, which alone
accounts for over 13 per cent of the province's GDP. The Euro is the
official currency of Kosovo and there's certainly a role for the
province in the EU, but only as a source of cheap labour. Franco-
German imperialism is certainly not prepared to treat the local
nationalist leaders as equals and in any case they've still got there
eye on the bigger prize, which is Serbia itself.

The Ahtisaari plan may easily come to nothing as Russia has
threatened to veto it at the UN Security Council if it is not backed
by the Kosovan Serbs and the Serbian government - and the Serb
leaders have all expressed their opposition to the draft which gives
them nothing more than the little they've already got.

The only solution to the problems of former Yugoslavia is a
comprehensive and just settlement that covers all the former
republics of the Yugoslav federation including Serbia and Montenegro.
All foreign troops must be withdrawn from the Balkans to allow all
the states in the region to resolve their problems without
interference and all the refugees must be given the right to return
to their homes including the tens of thousands of Serbs driven out of
Croatia, Bosnia and Kosovo.

New Communist Party of Britain
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P.O.Box 73
London SW11 2PQ

Telephone 0207 223 4050 or 0207 223 4052

*End*


SOURCE: http://www.solidnet.org/

(Ovak tekst na srpskohrvatskom:
Implikacije i teške posljedice kako simbolične tako i praktične incijative koja je institucionalizirala takozvani «Dan sjećanja» su svima pred očima. Manje su poznati materijalni interesi koji konkretno motiviraju tu operaciju...

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L'articolo che segue è stato scritto quasi un anno fa. Doveva essere pubblicato su di una rivista che invece, dopo aver richiesto "per ragioni di spazio" che fossero fornite versioni sempre più ridotte, non lo ha mai pubblicato. 
Certo, alcune cose sono cambiate da allora - il governo Berlusconi, ad esempio, non c'è più - ma la sostanza dei problemi rimane la stessa. Anzi, a dire la verità, alcuni problemi appaiono più evidenti e più gravi ancora. 

Mi riferisco innanzitutto al lavaggio del cervello sui "crimini slavocomunisti", che quest'anno è cominciato con almeno una settimana di anticipo sulla data "canonica" (10 Febbraio). Ogni anno, la propaganda nazionalista italiana alza la voce ed il "tiro". Stavolta, tutti i media di Stato hanno messo in palinsesto una programmazione speciale, per dare più spazio possibile alle voci del revanscismo, e solo a quelle.
La RAI-TV da giorni manda in onda un breve spot nel quale compare una grande scritta: FOIBE. Seguono immagini d'epoca, tra cui quella di un gruppo di antifascisti che sventolano una bandiera della Jugoslavia socialista, ed un'altra grande scritta: PULIZIA ETNICA. Tecniche di guerra psicologica, insomma, come nemmeno durante la Guerra Fredda; come se la "soglia di Gorizia" fosse ancora lì, come se fossimo tuttora con i mitra puntati.

Mi riferisco anche, però, all'atteggiamento della "sinistra" italiana, che - come cercavo di spiegare già nell'articolo "Terre irredente"- è pienamente, coscientemente partecipe di queste operazioni, che non sono solo operazioni di revisionismo storico, bensì anche manovre geopolitiche molto precise e pericolose.
La mattina del 10/2/07 alla Stazione Centrale di Bologna viene installata una lapide, che pare reciti: "Nel corso del 1947 da questa stazione passarono i convogli che portavano in Italia esuli istriani, fiumani e dalmati costretti ad abbandonare i loro luoghi dalla violenza del regime nazional-comunista jugoslavo" (fonte: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.). Non è un caso che proprio una città come Bologna, la sua Stazione Centrale, diventi il teatro, il "centro" di questi accostamenti aberranti: l'accostamento tra il terrorismo fascista (la bomba del 2 Agosto 1980) ed un presunto "terrore comunista"; l'accostamento tra "comunismo jugoslavo" e "nazionalismo", aberrante poichè la Jugoslavia fu anti-nazionalista, ovvero internazionalista, intrinsecamente (direbbero i matematici: "per costruzione"); e l'accostamento, di fatto, tra comunismo e nazismo, in virtù della evocazione di "convogli" di gente apparentemente "deportata"... 

AM



Le implicazioni e le pesanti conseguenze, simboliche e pratiche, della iniziativa di legge che ha istituito il cosiddetto "Giorno del Ricordo" sono sotto agli occhi di tutti. Meno noti sono gli interessi materiali che motivano concretamente queste operazioni...

TERRE IRREDENTE

di A. Martocchia
(responsabile politico del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia)


La propaganda italiana sulle "foibe" e l'"esodo", sempre affiorante nel corso della Guerra Fredda e poi pesantemente scatenata a livello di massa dalla metà degli anni Novanta, è basata su molte menzogne e sull’uso di lenti di ingrandimento ad hoc che fanno apparire come abnormi fatti sostanzialmente assimilabili a quelli accaduti ovunque durante la Seconda Guerra Mondiale. 

Questa propaganda ha due scopi: da una parte, è la vendetta morale di chi ha perso la guerra ma vorrebbe vincerla adesso dal punto di vista del giudizio storico; contemporaneamente, c’è un interesse geo-strategico molto concreto ad agitare queste questioni per esercitare pressioni ai danni dei nuovi piccoli Stati balcanici, sorti dallo squartamento della Jugoslavia. Essi non possono infatti efficacemente difendersi né dalle campagne propagandistiche né tantomeno dalle mire neocoloniali dei paesi limitrofi. 

Il contenzioso sul confine orientale dell'Italia, pur presentandosi a prima vista nella forma oscena del revisionismo storico, è insomma ben altro che non un semplice dibattito storiografico. Lo scopo che ci prefiggiamo con questo scritto è quello di fare luce anche sugli aspetti concreti, materiali della complessa querelle


Ritorneremo?

8 novembre 1992. Gianfranco Fini viene ritratto al fianco di Roberto Menia, all'epoca segretario della federazione MSI-DN di Trieste, mentre, in barca al largo dell'Istria, lanciano in mare bottigliette tricolori recanti il seguente testo: 

<< Istria, Fiume, Dalmazia: Italia!... Un ingiusto confine separa l'Italia dall'Istria, da Fiume, dalla Dalmazia, terre romane, venete, italiche. La Yugoslavia [con la Y, sic] muore dilaniata dalla guerra: gli ingiusti e vergognosi trattati di pace del 1947 e di Osimo del 1975 oggi non valgono più... E' anche il nostro giuramento: "Istria, Fiume, Dalmazia: ritorneremo!" >>.(1)

Roberto Menia, oggi parlamentare della Repubblica, già all'epoca doveva la sua notorietà in particolare a certe spedizioni in Carso, insieme ad altri suoi camerati per demolire a colpi di piccozza le targhe bilingui dedicate alla liberazione dal nazifascismo, ed agli insulti razzisti rivolti a suoi noti concittadini di lingua slovena, per i quali si era beccato qualche denuncia penale. Egli si vanta tuttora del fatto che ogni anno, a ottobre, usa festeggiare l'anniversario della Marcia su Roma. Tra le "frasi celebri" di Roberto Menia, cresciuto in quegli ambienti triestini tra i cui slogan spicca "Bilinguismo mai!", ricordiamo ad esempio: "L'Istria diventi pure un'euroregione. Purché torni all'Italia", ed anche: "Abolire il Trattato di Osimo, restituire a Trieste la Zona B, annullare il Trattato di pace in base al quale abbiamo perso l'Istria, Fiume e Zara, e finalmente chiedere la restituzione della Dalmazia".(2)

Saltiamo al 30 marzo 2004, giorno in cui il Parlamento della Repubblica Italiana proclama la data del 10 febbraio "Giorno del ricordo". Per l'occasione, i deputati delle destre, e primi tra tutti i governativi di Forza Italia (sic) ed Alleanza Nazionale (sic), inclusi i suddetti Fini e Menia, festeggiano la votazione della legge tra brindisi e lacrime di gioia.
Che cosa hanno da festeggiare o da commuoversi, quei deputati? Il 10 febbraio è l'anniversario del trattato di pace di Parigi (1947) con cui si pose formalmente termine alle ostilità della Seconda Guerra Mondiale tra Italia e Jugoslavia. Secondo il testo ufficiale, «la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del ricordo" al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe». Di fatto dunque il 10 febbraio è stato assunto come data simbolica dell'inizio del cosiddetto "esodo degli italiani da Istria e Dalmazia". Come nelle tesi tradizionalmente sostenute dalla pubblicistica di estrema destra, inoltre, per questo "esodo" viene addotta come causa la presunta persecuzione, o "pulizia etnica", attuata in quelle terre dagli slavi contro gli italiani "in quanto tali". Tale persecuzione sarebbe esemplificata da orrendi crimini di guerra quali, appunto, le "foibe". 


Crimini di guerra sul "confine orientale" ed "esodo degli italiani"

Le foibe sono fenditure profonde provocate dall'erosione millenaria delle acque nelle rocce calcaree. Esse sono sempre state usate dagli abitanti delle zone carsiche per far sparire ciò di cui intendevano disfarsi: oggetti, carcasse di animali, ma anche vittime di tragedie private o delle violenze della storia. La storiografia di destra ha offerto versioni contraddittorie, ma sempre truculente, su presunte uccisioni di massa di "molte migliaia di italiani", gettati (vivi? morti?) in fondo alle "foibe" da parte dei "comunisti slavi" nel corso della Guerra di Liberazione. Tuttavia, del contenuto di queste presunte fosse comuni in termini di cadaveri poco si riesce a capire, nella ridda delle versioni propagandistiche. È noto inoltre che le foibe, il cui utilizzo viene correntemente attribuito solo ai partigiani di Tito, furono utilizzate per le frettolose sepolture delle vittime degli scontri armati da tutti quelli che combatterono in quei luoghi. 

Durante la Guerra Fredda, sui media italiani la campagna sulle “foibe” emergeva occasionalmente, legandosi alle operazioni di propaganda psicologica dei servizi segreti - nella zona giuliana strutturati e cresciuti attorno alla Decima Mas, poi trasformatasi in Gladio: chi ricorda il "nasco" di Aurisina/Nabrezina, in Carso? La campagna sulle "foibe" era stata però iniziata dalla stampa nazista dell’Adriatisches Küstenland (Cernigoi 2002, 2005). Essa ha ripreso particolare enfasi dopo il 1991 come forma di pressione su Slovenia e Croazia, e si avvale oggi del contributo in senso revisionista di storici “democratici”, fino a lambire i libri di testo delle scuole dell’obbligo.(3)

Per compiere l'operazione istituzionale denominata "Giorno del Ricordo", le autorità italiane si sono avvalse di consulenze storiche parziali, faziose, o di nessuna consulenza storica. Non è stato tenuto in alcun conto il lavoro degli studiosi non revanscisti: in particolare, è stato censurato il lavoro realizzato dalla Commissione mista italo-slovena.(4) Nel corso di dieci anni di studi e ricerche, questa commissione aveva elaborato un rapporto finale che, pur nei limiti che ciascuno può rilevare a seconda della propria personale prospettiva politico-ideologica, rappresenta comunque un punto d'incontro di diversi punti di vista su quelle vicende. 

Niente da fare. Il Presidente Ciampi quest'anno, nell'ambito delle celebrazioni del Giorno del Ricordo, ha attribuito una medaglia d'oro a Norma Cossetto, uccisa da antifascisti in Istria. La motivazione recita: «Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in un foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio». Nel suo recente libro "Dossier Foibe" Giacomo Scotti ha documentato come Norma Cossetto, figlia del podestà di Visinada, fosse la responsabile locale della Gioventù Universitaria Fascista (GUF). Norma Cossetto figura insieme ad altri fascisti e collaborazionisti nell'elenco dei 26 nominativi cui è stata attribuita l'onoreficenza per la Giornata del Ricordo 2006. Questa "luminosa testimonianza di amor patrio" rivendicò sempre il suo fascismo, tanto da inneggiare a Mussolini davanti a chi la catturò ed uccise. Dal verbale del capo dei Vigili del Fuoco di Pola non emerge nessuno dei particolari efferati che sono generalmente riferiti riguardo alla sua uccisione: Scotti elenca le contraddizioni; Ciampi invece, evidentemente, non se ne cura proprio.  

Neanche l'allora presidente Scalfaro si curò di verificare che cosa effettivamente era o non era stato trovato in fondo alla "foiba di Basovizza" quando, una decina di anni fa, firmò il decreto con cui questa veniva proclamata monumento di interesse nazionale. È stato mostrato (Cernigoi 2005) che non esiste alcun elemento concreto che possa far ritenere che in fondo alla foiba si trovino o siano stati trovati cumuli di cadaveri di italiani sterminati; al contrario, la foiba, svuotata nel primissimo dopoguerra da carcasse di animali e cadaveri di soldati morti in combattimento, fu destinata a discarica comunale (sic) dal sindaco democristiano di Trieste dell'epoca, Gianni Bartoli - il quale era, per inciso, anche il compilatore del primo elenco di "infoibati".

A proposito di elenchi: non ce n'è uno che sia affidabile. Un trucco spesso usato è quello di definire "infoibati" tutte le persone scomparse, ma non si disdegnano le falsificazioni grossolane. All'inizio di marzo 2006 è stato reso noto un elenco di 1048 nominativi di persone deportate dalla provincia di Gorizia ad opera del IX Korpus nel maggio 1945. L'ANSA e molti quotidiani italiani ne hanno subito approfittato: "Quei 1048 nomi riemersi dalle foibe", titolava la velina di Paolo Rumiz su Repubblica del 10/3/2006. Eppure, tra i nomi contenuti nell'elenco ci sono 110 persone che sono ritornate vive e vegete; la stragrande maggioranza dei nominativi riguarda militari, nazifascisti o collaborazionisti - persino domobrani, cioè sloveni filo-fascisti - internati in Slovenia ed in parte, evidentemente, giustiziati, in parte morti per malattie. Manca l'ubicazione dei cadaveri. Secondo lo storico sloveno Boris Gombac, "gli architetti della tensione sul confine hanno usato questi elenchi a fini propagandistici".(5) 

Non è questa la sede per una disamina completa del lavaggio del cervello compiuto ogni anno a latere della "Giornata del Ricordo". Ci limitiamo qui a richiamare alcuni aspetti della disinformazione corrente, rinviando per l'approfondimento agli ottimi studi e materiali prodotti negli ultimi anni, frutto essenzialmente - in un contesto ufficiale ed accademico purtroppo tutto piegato alle opportunità politiche - del lavoro volontario di pochi intellettuali indignati.(6)

Facciamo di nuovo qualche passo indietro. Dopo la fase "tardo-risorgimentale" - la Prima Guerra Mondiale, la italianizzazione forzata e l'irredentismo (si pensi all'"impresa di Fiume" di Gabriele D'Annunzio) - sotto il Fascismo l'occupazione coloniale di vasti territori, da Lubiana a Pristina (1941-1943), era stata particolarmente violenta. Vi erano campi di concentramento italiani in territorio slavo, ad esempio a Rab/Arbe, ma anche campi per prigionieri jugoslavi in territorio attualmente italiano, come a Gonars in Friuli.(7) Il tasso di mortalità in questi luoghi era molto alto. I crimini di guerra commessi dall'esercito d'occupazione italiano - villaggi bruciati, fucilazioni di massa, eccetera - sono regolarmente omessi dalle narrazioni ufficiali e "pubbliche". Essi non fanno, in effetti, parte della memoria collettiva degli italiani; ed i responsabili di quei crimini furono protetti e si riciclarono nell'Italia del dopoguerra.(8)

Dopo l’8 settembre 1943, Trieste ed il suo entroterra divennero parte della regione del Terzo Reich denominata Adriatisches Küstenland. In questa regione i collaborazionisti di ogni “etnia” - fascisti italiani di Salò ma anche domobrani, ustascia e cetnici - si resero responsabili di crimini difficilmente riassumibili in questa sede... La risposta dei partigiani fu quella necessaria e giusta, e ben raramente sconfinò nelle vendette personali. Di fatto, queste ultime, regolarmente sottoposte a giudizio dai tribunali jugoslavi nel dopoguerra, causarono assai meno lutti (parliamo di cifre con uno o due zeri di meno) nella regione giuliana di quanto nello stesso periodo non successe, ad esempio, in Piemonte o in Emilia-Romagna - tanto per citare un dato: furono circa 20.000 i collaborazionisti passati per le armi solo a Milano e provincia. 

In un contesto italiano quale quello attuale, segnato da un revisionismo dilagante di segno nazionalista e revanscista, cadono nel vuoto le proposte, reiterate sia da parte slovena che da parte croata, di incontri ed atti simbolici per una definitiva riconciliazione delle tre parti: a Ciampi, o al suo successore, si chiede di rendere omaggio alle vittime slave dei campi di concentramento di Gonars o Rab/Arbe, o magari andare anche sui luoghi dove le truppe di occupazione italiane bruciarono villaggi e commisero eccidi di massa. Le controparti slovena e croata, dal canto loro, renderebbero omaggio alle "vittime delle foibe". Ciampi però non si degna nemmeno di replicare a Drnovsek e Mesic su queste ipotesi: d'altronde, anche lui fu soldatino dell'esercito di occupazione italiano nei Balcani, all'epoca - in Kosovo, per la precisione.

Veniamo al cosiddetto "esodo da Istria e Dalmazia". Le ragioni di esso furono molteplici, ma non si può proprio dire, come fa certa storiografia neofascista/postcomunista, che esso fu dovuto ad una ostilità di carattere nazionale. Da una parte, il moto migratorio dalle campagne alle città in quell’epoca era generalizzato, e comportò ad esempio anche la emigrazione di triestini ed istriani verso città industriali più grandi, ed anche verso l’estero. Dall'altra, interagirono fattori di carattere politico-ideologico. Tra chi abbandonava la Jugoslavia c'erano: persone semplici, soggette alla propaganda anticomunista violentissima veicolata soprattutto dal clero; anticomunisti convinti; persone accusate o timorose di essere sotto inchiesta per collaborazionismo; ed anche veri e propri criminali fascisti. Non a caso in quel periodo Trieste pullulava - letteralmente - di esuli sloveni, croati e serbi legati ai movimenti fascisti e nazisti delle loro terre, che avevano anch’essi perso la guerra. Non solo: tra gli esuli di lingua italiana vanno annoverati i tanti "regnicoli", vale a dire quegli italiani della penisola trapiantati in Istria e Dalmazia solo da pochissimi anni, essenzialmente nel periodo tra le due guerre mondiali. Sparsi tra questi, anche fanatici irredentisti italiani, dei quali possiamo facilmente immaginare la posizione politica rispetto alla nascita di una Jugoslavia plurinazionale e socialista. Insomma, ad andarsene erano sia italiani che slavi, povera gente in cerca di fortuna e ricchi possidenti in fuga, persone che non nutrivano fiducia nella costruzione del socialismo o anche persone nient'affatto politicizzate, insieme a fascisti e - dal luglio 1948 in poi - anche comunisti filosovietici: dopo la Risoluzione del Cominform se ne andarono infatti tanti lavoratori, rappresentanti della classe operaia delle città e dei porti costieri, come ad esempio i portuali di Pola. Va detto poi che, in seguito al trattato di pace di Parigi, agli abitanti di Fiume, Istria e Dalmazia fu accordata la facoltà di scegliere in tutta onestà se accettavano la nuova sovranità jugoslava, o se preferivano andar via: per questo chi sceglieva di andarsene veniva tecnicamente definito optante, e non esule

L'afflusso di decine e decine di migliaia di persone a Trieste è durato molti anni, concentrandosi soprattutto tra il 1947 ed il 1954. In un certo senso esso non è mai smesso, per ragioni economiche come anche, oggigiorno, per gli effetti della distruzione della Jugoslavia. Tale afflusso ha pesantemente aggravato la crisi di una città che sin dalla fine della Prima Guerra Mondiale fatica a ritrovare un proprio ruolo ed una propria identità. Da grande porto della Mitteleuropa qual era, Trieste diventa infatti, nel 1918, un centro periferico e tutto sommato marginale del giovane Regno d'Italia; "importante" solo simbolicamente e come base di lancio delle "epiche imprese" degli irredentisti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, che l'ha vista teatro di gravissimi eventi bellici, essendo collocata in una posizione geopolitica assai scomoda, Trieste sembra soffrire di una crisi esiziale. La popolazione, già scissa per ideali, culture e condizioni economiche differenti ed instabili, assiste con comprensibile diffidenza e risentimento all'afflusso di tanta gente da Istria e Dalmazia; gente per la quale bisognerà trovare alloggio e lavoro. In molti, in effetti, proseguiranno il loro viaggio ben oltre Trieste, fino alle Americhe ed in Australia talvolta, o almeno verso tante diverse regioni d'Italia. In tutto si parla di solito di circa 350mila persone.(9)

Degli italiani rimasti in Jugoslavia, invece, o di quelli che addirittura ci si sono intenzionalmente trasferiti per convinzioni ideologiche, per decenni si è preferito non parlare. D'altronde, un aspetto piuttosto evidente, a tutt'oggi, nella problematica relativa agli istrodalmati, è quello della polarizzazione tra "esuli" e "rimasti". La comunità italofona, oggi stimata in circa 30mila persone, è in una posizione effettivamente difficile, con l'aria che tira dal 1989 in poi. Qualcuno di loro si ricicla e prova a spacciarsi per super-italiano, mettendosi in vario modo al servizio degli interessi di "oltrefrontiera"; qualcun altro prova, con fatica, a costruire relazioni di buona vicinanza con tutti, salvaguardando e valorizzando da una parte la propria radice culturale italiana, ma usando questa specificità soprattutto per il bene della sua terra - vale a dire, anche per la democratizzazione della Croazia e della Slovenia e per la integrazione in un contesto europeo nel quale, si presume, tutte le frontiere sarebbero destinate a cadere. È d'altronde innegabile che proprio queste fasce di popolazione, abitanti "a cavallo" dei confini e di etnia "altra", abbiano sofferto particolarmente per la situazione venutasi a determinare con le secessioni jugoslave, ovvero con la creazione di ulteriori frontiere in un'area nella quale nessuna frontiera può avere alcuna legittimità culturale o sociale.(10)


Destra-sinistra-destra-sinistra

In occasione del Giorno del Ricordo 2006, in pieno centro a Trieste si è svolto un corteo, animato da cori inneggianti al duce e saluti romani. Oltre un centinaio di persone, appartenenti al Gruppo Unione Difesa (GUD), hanno infatti voluto celebrare a modo loro, rivendicando la restituzione di tutti i territori della Venezia Giulia passati sotto la sovranità jugoslava dopo la guerra. In piazza Goldoni i manifestanti hanno acceso alcuni fumogeni per protestare sotto il consolato croato. Dopo un breve comizio tenuto dai due candidati della lista «Prima gli italiani» (sic), il corteo è tornato al punto di partenza. Tra le ragioni fondative del GUD c'è pure la volontà di contrastare la legge (38/2001) di tutela della minoranza slovena. 
Si dirà: i neofascisti ci sono sempre stati. La novità gravissima dal punto di vista politico, però, è il ruolo svolto dalla sinistra in queste vicende almeno a partire dalla metà degli anni Novanta.

Era il 21 agosto 1996 quando, con un articolo sull'Unità, l'allora segretario del PDS di Trieste, Stelio Spadaro, sollevò a livello nazionale il "problema" delle foibe, auspicando una «severa autocritica» della sinistra, da lui ritenuta «colpevole di aver rimosso la tragedia delle foibe e i crimini di Tito». L'anno successivo, le dichiarazioni di Luciano Violante - allora presidente della Camera - sui "ragazzi di Salò"  destarono ulteriori, più note polemiche. 

Il 18 marzo 1998 si svolse al Teatro Verdi di Trieste un incontro di Luciano Violante e Gianfranco Fini con gli studenti sulla storia della Venezia Giulia. In quella occasione Violante disse: "Ci sono state delle responsabilità gravi del movimento comunista e responsabilità gravi del movimento fascista: non si tratta di contrapporre una memoria all'altra, ma di capire e poi di misurarsi con l'altro sulla base della propria memoria". Anche per Fini era necessario "definire una memoria storica condivisa". Un netto dissenso sui contenuti del confronto fu espresso da 75 storici italiani, tra cui Angelo Del Boca, che in un documento denunciarono «l'infondatezza storica dell'argomentazione e l'inconsistenza delle richieste avanzate» da Violante e da Fini: «iniziative come quella di Trieste sono incompatibili con la verità storica e con i valori fondamentali della Costituzione».(11)

Il momento più grave di questo ri-orientamento delle "sinistre" nel senso del revisionismo storico e del revanscismo nazionale si è avuto proprio attorno alla istituzione del "Giorno del Ricordo". Piero Fassino, segretario dei DS, ha rilasciato ignobili dichiarazioni in una conferenza stampa pubblica a Trieste poche settimane prima della votazione del provvedimento, il 5 febbraio 2004. Egli ha affermato testualmente che l'aggressione fascista alla Jugoslavia non giustificava né "la perdita dei territori" né l'"esodo degli istriani". Si è trattato della prima proclamazione palesemente irredentista da parte di un leader della sinistra italiana. Nella lettera inviata alla federazione degli esuli, distribuita nel corso della conferenza stampa, si legge: "Il PCI sbagliò perché non avvertì le tragiche conseguenze dell'espansionismo slavo, che nel vivo della lotta antifascista si era manifestato in comportamenti e linguaggi propri delle contese territoriali e nazionalistiche presenti da decenni in quelle terre". Il PCI avrebbe sbagliato a vedere la vicenda del confine orientale come una lotta tra fascismo ed antifascismo; essa andrebbe letta piuttosto come "una delle manifestazioni di quel nazionalismo pericoloso che ha prodotto tante sofferenze in questa parte dell'Europa e che torna a risorgere ogni tanto come s'è visto nel decennio scorso nei Balcani". Un riferimento alla recente guerra fratricida ed imperialista in Jugoslavia, alla quale però - si badi bene - Fassino ha partecipato attivamente, come esponente del governo D'Alema nel 1999.

Dopo avere dato questo spettacolo senza precedenti a Trieste, gli esponenti del nazionalismo italiano di marca diessina ed ex-antifascista hanno coronato l'opera con il voto in Parlamento. 

Gli anni passano veloci. Insieme al "Giorno del Ricordo", anche vie e piazze della penisola vengono dedicate ai "martiri delle foibe"; vengono poi prodotti e trasmessi dalla televisione di Stato telefilm e spot di ispirazione slavofoba ed antipartigiana. La fiction "Il Cuore nel Pozzo", commissionata dal Ministro delle telecomunicazioni Gasparri,(12) rappresenta i partigiani slavi come efferati stupratori che danno fuoco agli asili d'infanzia; il suo attore protagonista, un cabarettista "di sinistra", ritiene che "la fiction ha fatto sapere a 12 milioni di italiani che cosa sono state le foibe". Nel corso della cerimonia per il "Giorno del Ricordo" tenutasi nel 2006 a Roma, in Campidoglio, è il sindaco Veltroni - che nel frattempo pare essere diventato "foibologo" per vocazione, visti gli interventi profusi sul tema persino su riviste femminili come Vanity Fair - a teorizzare che si deve "riconoscere il sopruso e la violenza di cui furono vittime non solo fascisti, ma anche antifascisti, semplici civili privi di una particolare convinzione politica. Italiani colpevoli solo di essere tali"

Anche sul versante della "sinistra alternativa" le cose non sono proprio limpide. 
Nel settembre 2003, il prosindaco di Venezia Bettin, notoriamente vicino agli ambienti dell'ex Autonomia padovana ("Centri sociali del nordest"), ed il sindaco di Venezia Paolo Costa, con l'assenso, controfirmato, dell'assessore all'ambiente Paolo Cacciari (PRC), decretano il cambio di nome del Piazzale Tommaseo a Marghera, intitolato oggi ai "martiri delle Foibe". Parte del PRC locale, giustamente dissenziente, indice una manifestazione di protesta, ovviamente pacifica, contro il cambiamento revisionistico della toponomastica. Vi partecipano anche i Comunisti Italiani, I Verdi Colomba (Boato), i Cobas Scuola e la Rete Antirazzista. È il 28 settembre. I "Centri sociali del nordest" arrivano, prima minacciano e poi aggrediscono sia la rappresentanza di Rifondazione, sia un gruppo di AN, intervenuto ovviamente per motivi opposti, costituendo di fatto un servizio d'ordine di picchiatori alla cerimonia revisionistica. In cinque finiscono in ospedale. Una provocazione mirata, dunque, a rendere ingestibile la protesta di piazza, a difendere con la violenza la scelta di ribattezzare Piazzale Tommaseo, ad intimorire quei settori del PRC che caldeggiano coerentemente una rivalutazione dell'antifascismo e della memoria storica della Resistenza. 

L'azione degli squadristi dei centri sociali "Pedro" e "Rivolta" viene poi rivendicata dal loro capo, Luca Casarini: ''Noi personalmente approviamo la nuova intitolazione della piazza, perchè ci sembra importante non solo tornare in maniera critica su una delle pagine più tragiche della storia del '900 nel nostro paese, ma anche per togliere alla destra fascista qualsiasi alibi e vittimismo legato a questa vicenda... Risulta evidente che dentro Rifondazione si annidano alcuni personaggi nostalgici che hanno organizzato per il giorno della commemorazione una presenza in piazza per contestarla... Noi siamo contro lo stalinismo e il fascismo''.(12)

In seguito a questo episodio, la maggioranza della Federazione PRC di Venezia promuove un incontro pubblico sul tema delle "foibe", al quale interviene lo stesso Bertinotti, rilasciando dichiarazioni inequivocabili. Bertinotti afferma che in passato la Resistenza sarebbe stata "angelizzata", e presunti gravi crimini sarebbero stati nascosti. È il 13 dicembre 2003. Nei mesi successivi, l'input bertinottiano sortisce il suo perverso effetto: da una parte viene aperto sulle pagine di Liberazione uno scivoloso dibattito sulla "nonviolenza", assurta a nuovo valore ri-fondativo della Rifondazione; dall'altro, la maggioranza del PRC in tante realtà locali si presta ad operazioni di segno revisionista, quali le ulteriori re-intitolazioni di vie e piazze - ad esempio a Cesena.(13) L'operazione prosegue fin dentro il VI Congresso del Partito, quello della nuova Bad Godesberg.(14) L'attacco finale di Bertinotti contro la "angelizzazione della Resistenza" viene portato a termine proprio a Venezia, dove era stato avviato.(15)


Dalle divisioni tra comunisti alla distruzione della Jugoslavia

Tra le tante amarezze di questi anni, dobbiamo dunque constatare come l'apice di questo revisionismo sia stato toccato proprio al tornante del 60.esimo anniversario della Liberazione. È stato raramente ricordato, per questo anniversario, che Trieste fu liberata dal IX Korpus jugoslavo, e che la popolazione slava era e resta una grande percentuale degli abitanti, soprattutto nei quartieri popolari, nelle periferie operaie e nei sobborghi carsici, che sono tuttora di lingua slovena. Nell'autunno del 2004, per i 50 anni di "Trieste italiana" sono state organizzate svariate iniziative, sulle quali le voci critiche da sinistra sono state poche e flebili. Eppure, nell'occasione Trieste ha dovuto subire cerimonie iper-militarizzate, nelle quali la componente slovena della città era assente. Nota bene: nel marzo 2006, il decreto attuativo della Legge di tutela 38/2001 per la minoranza slovena è stato bloccato dal governo italiano.

Quella giocata da tale schieramento nazionalista bipartisan è una partita ambiziosa. Essa passa attraverso la demolizione della memoria della Resistenza, anzi attraverso la sua demonizzazione, per poter giungere alla cosiddetta "memoria condivisa": una lettura della storia nazionale che si vuole super partes, consistente nella archiviazione della dicotomia fascismo-antifascismo e nella equiparazione e scambio di ruolo tra vittime e carnefici. Lo scopo di tutto questo è la ri-costruzione di una coscienza nazionale, ricostruzione che passa attraverso la negazione di storia e valori dell'Italia democratica, dalla Resistenza ai rapporti con i paesi e popoli confinanti.

Diciamocelo francamente: alla demonizzazione del movimento di Liberazione partigiano sul “fronte orientale”, effettuata dalle destre e dai moderati con finalità di propaganda anticomunista e nazionalista per decenni, la sinistra italiana non ha mai ribattuto con la necessaria controinformazione neanche in passato. Viceversa, nel tempo si sono rafforzate concezioni assurde; e si è preferito rimuovere la memoria della Resistenza in quelle terre, che fu una lotta squisitamente internazionalista, e mai di “pulizia etnica". I partigiani inquadrati nelle formazioni jugoslave erano in effetti di tutte le nazionalità - anche in Istria ed a Trieste - e le loro vittime (quelle della guerra e quelle di eventuali vendette personali) idem, poichè la guerra era tra fascisti ed antifascisti, non fra italiani e slavi. Le “pulizie etniche” nella storia le hanno fatte, e continuano a farle, solo i nazifascisti ed i loro epigoni.

In Italia la sinistra porta delle responsabilità anche per non aver parlato abbastanza né del carattere colonialista ed imperialista del fascismo né dei crimini commessi da camicie nere ed ufficiali dell’esercito italiano all’estero, innanzitutto nei Balcani. Oggi essa preferisce evocare i “lager di Tito”: ecco allora che destra fascista e post-fascista e sinistra ex-comunista in queste campagne slavofobe si vanno alternando e sostenendo a vicenda, in un ping-pong alla ricerca di legittimazione e spazio in un sistema politico-istituzionale votato a nuove imprese coloniali, e ad un nuovo ruolo di media potenza regionale. La riscrittura della storia sul nostro “confine orientale” è strategica per la riconquista economica dei Balcani.

Gli eventuali appassionati di una ipotetica disciplina, che denomineremo dietro(ideo)logia, andranno magari alla ricerca delle radici "ideali" (meglio: ideologiche, nel senso della falsa coscienza) che possano spiegare la persistente distanza tra la sinistra italiana ed il mondo jugoslavo. Una distanza fatta di ignoranza, diffidenza, non-comprensione. 

Per analizzare tali pregresse attitudini, questi appassionati dietroideologi possono sbizarrirsi a ricostruire all'indietro, fino alla rottura tra Jugoslavia e Cominform, nel 1948, o magari anche prima. La tensione tra comunisti di diverso orientamento - non sempre coincidente con l'appartenenza nazionalitaria! - a partire dal 1948 fu effettivamente forte; essa durò, nella sua forma più acuta, fin verso il 1953, quando nel PCI si ritenne di poter trarre ulteriore legittimazione nazionale, istituzionale e sociale posizionandosi sulla questione di "Trieste italiana" (Galeazzi 2005). A partire dal 1948 furono in gran parte rescissi i naturali legami tra comunisti italiani e comunisti jugoslavi - compresi

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KOSOVO: GIORNALE SERBO, AHTISAARI E' FIGLIO DI NAZISTA

(ANSA) - BELGRADO, 7 FEB - Si trasferisce anche sui media belgradesi - con accuse di presunti trascorsi familiari filo-nazisti - la montante ostilita' dell'establishment serbo contro l'ex presidente finlandese Martti Ahtisaari: l'emissario dell'Onu autore della recente proposta di soluzione sul controverso dossier riguardante il futuro status della provincia secessionista a maggioranza albanese del Kosovo. Una proposta che i leader della Serbia - malgrado gli inviti alla flessibilita' di vari mediatori internazionali, ultimi in ordine di tempo quelli della troika Ue - continuano quasi unanimemente a respingere come ''inaccettabile'' apertura al riconoscimento dell'indipendenza kosovara. E che ha scatenato il malanimo di molti media contro lo stesso Ahtisaari. Tra gli altri, il settimanale Nedeljni Telegraf, che oggi si scaglia in prima pagina contro l'inviso mediatore finlandese additandolo sic et simpliciter come ''figlio di nazista''. Nella sua caccia agli asseriti altarini della famiglia Ahtisaari, il settimanale serbo sostiene di aver trovato prove documentali ''compromettenti'' sul padre dell'ex presidente: militare, durante la II guerra mondiale, nelle file della divisione Viking, un'unita' finlandese - scrive - associata in modo organico ai ranghi allora alleati della Germania nazista. Il giornale ammette che la Viking non risulta coinvolta direttamente in processi per crimini di guerra, ma la presenta comunque come una unita' ''inquadrata direttamente nelle SS naziste''. Una marchio d'infamia - vero o falso, poco importa - che Nedeljni Telegraf pretende di riverberare sulle attivita' diplomatiche odierne del figlio. (ANSA). LR
07/02/2007 17:03 



(italiano / english)

Greece: Kosovo link to embassy strike


Il missile sparato contro l'Ambasciata USA di Atene lo scorso 12
gennaio, e rivendicato da un sedicente gruppo "Lotta Rivoluzionaria",
era arrivato in Grecia dal Kosovo. Lo ha rivelato il quotidiano
Kathimerini, sulla base di fonti della polizia, lo scorso 6 febbraio.
La notizia però non è stata ripresa nemmeno dall'ANSA, di cui
riportiamo invece di seguito i dispacci dei giorni dell'attentato. Si
tratta dunque di segnali di impazienza degli estremisti pan-albanesi,
oppure aveva visto bene il KKE - Partito Comunista Greco - quando
aveva evocato la possibilità di una provocazione contro gli
antimperialisti?...
(a cura di IS)

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GRECIA: FONTI USA; RAZZO CONTRO AMBASCIATA, NESSUN FERITO
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - Fonti dell'ambasciata USA ad Atene hanno
confermato che e' stato un razzo a colpire stamani la facciata della
sede diplomatica americana a Atene. L'ordigno e' penetrato attraverso
il vetro corazzato di una finestra all'altezza del terzo piano
dell'edificio. Le stesse fonti hanno inoltre confermato che
''l'attentato non ha provocato feriti ne' vittime''. Non e' stato
ancora accertato se il razzo sia un ordigno di costruzione
artigianale, come quelli utilizzati in passato dal gruppo
terroristico greco '17 novembre' oppure - come ha sostenuto un
esperto - un razzo modello FG7 di fabbricazione russa, arma che non
e' in dotazione all'esercito greco. (ANSA). MRR
12/01/2007 07:20

GRECIA: ATTENTATO AMBASCIATA USA, TROVATO TUBO LANCIO RAZZO
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - La polizia greca ha trovato il tubo di
lancio da quale e' stato esploso il razzo che stamani ha colpito la
facciata dell'ambasciata Usa ad Atene provocando un foro nel vetro
corazzato di una finestra al terzo piano ma senza provocare vittime
ne' feriti. Lo ha riferito la radio ateniese Skay. La radio ha
precisato che l'ordigno sarebbe un razzo anticarro da 2.26 pollici.
Gia' nel febbraio del 1996 la sede diplomatica Usa era stata
obiettivo di un attentato del gruppo terroristico '17 novembre' che
aveva esploso un razzo anticarro da 3.5 pollici contro la parte
posteriore dell'ambasciata. (ANSA). MRR
12/01/2007 07:34

GRECIA: ATTENTATO AMBASCIATA USA, GRUPPO RIVENDICA
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - Il gruppo terroristico greco ''Lotta
rivoluzionaria'' (EA, Epanastatikos Agonas), ha rivendicato poco fa
l'attentato di stamani contro l'ambasciata Usa ad Atene. Lo ha reso
noto la Tv privata Mega precisando che la rivendicazione e' stata
fatta da uno sconosciuto con una telefonata ai servizi di sicurezza
della sede diplomatica. Comparsa nel settembre 2003, Lotta
rivoluzionaria, considerata l'organizzazione terroristica piu'
pericolosa attualmente in Grecia, si e' gia' attribuita la
responsabilita' di sei attentati, l'ultimo dei quali l'8 giugno
scorso con una bomba fatta esplodere presso l'abitazione del ministro
della Cultura Yorgos Voulgarakis, gia' ministro dell'ordine pubblico.
In precedenza il gruppo aveva rivendicato un attentato contro un
commissariato di Atene a 100 giorni dalle Olimpiadi dell'agosto 2004
e un altro, nel dicembre scorso, contro il ministero dell'Economia
nel centro di Atene in cui due passanti erano rimasti feriti. Sinora
nessuno dei suoi membri e' stato arrestato. (ANSA). MRR
12/01/2007 08:23

GRECIA: ATTENTATO AMBASCIATA USA, PER POLIZIA OPERA ESPERTI
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - Sarebbe stato ''un esperto'' nel maneggiare
le armi a compiere l'attentato di stamani contro l'ambasciata Usa ad
Atene. Lo ha affermato un portavoce della polizia ateniese rivelando
che, secondo i primi accertamenti, il razzo che stamani ha colpito la
facciata dell'edificio e' stato quasi certamente esploso dall'interno
di un'auto in movimento. L'attentatore si sarebbe quindi disfatto del
tubo di lancio che e' stato trovato abbandonato in uno spiazzo di
terreno antistante l'ambasciata. Proseguono intanto i sopralluoghi
della polizia all'interno dell'edificio. Un ufficiale, parlando con
un giornalista della Tv privata Mega, ha detto di essere entrato
nella stanza dove e' penetrato il razzo. ''Non ho mai visto niente
del genere'', ha detto il poliziotto riferendosi all'entita' dei
danni constatati ed ha aggiunto che, a suo parere, il razzo ''e' di
fabbricazione est-europea''. (ANSA). MRR
12/01/2007 08:42

GRECIA: ATTENTATO CONTRO AMBASCIATA USA AD ATENE / ANSA
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - Un razzo e' stato lanciato stamani contro
l'ambasciata Usa di Atene. L'attentato - che e' stato rivendicato dal
gruppo terroristico greco Lotta rivoluzionaria (EA, Epanastatikos
Agonas) - non ha provocato ne' morti, ne' feriti. L'attacco contro la
sede diplomatica e' avvenuto alle 05:55 (le 04:55 in Italia) ed il
forte boato dell'esplosione ha scosso il centro di Atene mandando in
frantumi i vetri di decine di abitazioni circostanti. L'ordigno, che
secondo i primi accertamenti, e' un razzo anticarro da due pollici e
mezzo di fabbricazione russa o est-europea, ha colpito l'edificio
poco al di sopra della testa della grande aquila (simbolo degli Usa)
che campeggia sulla facciata, aprendo un grosso foro nel vetro
corazzato di una finestra al terzo piano. Il razzo, secondo la
polizia, sarebbe stato esploso da una persona esperta nel maneggiare
le armi dall'interno di un veicolo in movimento. Il tubo di lancio
del razzo e' stato trovato abbandonato in uno spiazzo antistante la
sede diplomatica. La zona dove sorge l'ambasciata, sul trafficato
viale Regina Sofia, e' stata per alcune ore isolata da decine di auto
della polizia. Parlando con i giornalisti all'esterno dell'edificio,
l'ambasciatore Usa ad Atene Charles Rice ha definito l'attentato ''un
atto di violenza senza senso e ingiustificato in questo momento''
riferendosi agli ottimi rapporti che intercorrono tra
l'amministrazione di Washington e il governo di Atene. Il ministro
degli esteri greco Dora Bakoyanis si' e' recata sul posto dove ha
incontrato Rice al quale ha espresso la propria solidarieta'
assicurandogli inoltre che le autorita' elleniche faranno tutto il
possibile per assicurare alla giustizia i responsabili dell'attacco.
Gia' nel febbraio del 1996 la sede diplomatica Usa era stata
obiettivo di un attentato del gruppo terroristico '17novembre' che
aveva esploso un razzo anticarro da 3.5 pollici contro la parte
posteriore dell'ambasciata danneggiando tre auto ma, anche in quel
caso, senza fare vittime. Comparsa nel settembre 2003, Lotta
rivoluzionaria, considerata l'organizzazione terroristica piu'
pericolosa attualmente in Grecia, si e' gia' attribuita la
responsabilita' di sei attentati, l'ultimo dei quali l'8 giugno
scorso con una bomba fatta esplodere presso l'abitazione del ministro
della Cultura Yorgos Voulgarakis, gia' ministro dell'ordine pubblico.
In precedenza il gruppo aveva rivendicato un attentato contro un
commissariato di Atene a 100 giorni dalle Olimpiadi dell'agosto 2004
e un altro, nel dicembre scorso, contro il ministero dell'Economia
nel centro di Atene, in cui due passanti erano rimasti feriti. Sinora
nessuno dei suoi membri e' stato arrestato. (ANSA). MRR
12/01/2007 09:32

GRECIA: GOVERNO CONDANNA ATTACCO CONTRO AMBASCIATA USA/ANSA
(ANSA) - ATENE, 12 GEN - ''Un atto simbolico teso a provocare
l'opinione pubblica greca e a rovinare le relazioni internazionali
della Grecia'': cosi' il ministro della pubblica sicurezza greco
Vyron Polidoras ha definito l'attentato terroristico compiuto stamani
da sconosciuti che hanno lanciato un razzo contro l'ambasciata Usa di
Atene. L'attentato - rivendicato con una telefonata ai servizi di
sicurezza della stessa ambasciata dal gruppo terroristico Lotta
rivoluzionaria (EA, Epanastatikos Agonas) - non ha provocato morti
ne' feriti. Ma il forte boato dell'esplosione ha scosso tutta la zona
circostante, nel centro della capitale, ed ha mandato in frantumi i
vetri di decine di edifici. L'area e' stata subito isolata dalla
polizia. Le indagini sono condotte dal dipartimento antiterrorismo
ellenico coadiuvato dalle autorita' dell'ambasciata. L'ordigno, che
stando alle prime informazioni e' un razzo anticarro da due pollici e
mezzo di fabbricazione russa o est-europea, ha colpito l'edificio
poco al di sopra della testa della grande aquila che campeggia sulla
facciata, aprendo un grosso foro nel vetro corazzato di una finestra
al terzo piano. Il razzo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato
esploso con un bazooka da una persona esperta nel maneggiare le armi
dall'interno di un veicolo in movimento. Il tubo di lancio del razzo
e' stato trovato a poche decine di metri dall'ingresso della sede
diplomatica. L'ambasciatore Usa ad Atene Charles Rice ha definito
l'attentato ''un atto di violenza ingiustificato in questo momento'',
considerati gli ottimi rapporti esistenti tra Washington ed Atene.
Sia il primo ministro Costas Karamanlis sia il partito socialista
Pasok all'opposizione hanno duramente condannato l'attentato, mentre
il ministro Polidoras ha dichiarato che ''le istituzioni dello stato
sono salde ed efficaci ed il terrorismo non passera' ''. La sede
diplomatica Usa era stata obiettivo di un attentato del disciolto
gruppo terroristico di estrema sinistra '17 novembre' nel febbraio
del 1996 quando un razzo anticarro da 3.5 pollici era stato lanciato
contro la parte posteriore dell'ambasciata danneggiando tre auto
diplomatiche ma, anche in quel caso, senza fare vittime. (ANSA). MRR
12/01/2007 12:03

GRECIA: FRENETICA CACCIA AD ATTENTATORI AMBASCIATA USA
(ANSA) - ATENE, 15 GEN - Le unita' antiterrorismo greche e i circa 50
agenti del Federal Bureau of Investigation Usa (Fbi) che indagano
sull'attentato contro l'ambasciata americana ad Atene avrebbero
''individuato'' due uomini (tre, secondo altre fonti) e una donna che
si ritiene siano i responsabili del lancio del razzo anticarro che
venerdi' mattina ha colpito, senza fare vittime, la facciata della
sede diplomatica. Le indagini, come rilevano stamane i giornali
ateniesi, proseguono a ritmo frenetico mentre si attende da un
momento all'altro la rivendicazione dell'attacco che si ritiene sia
opera del gruppo estremista di sinistra Lotta rivoluzionaria.
L'organizzazione, che ha fatto la sua comparsa nel settembre 2003 ed
e' ritenuto il gruppo terroristico piu' pericoloso a tutt'oggi attivo
in Grecia, si e' sinora attribuita la responsabilita' di sei
attentati, nessuno dei quali ha fatto vittime come nessuno dei suoi
appartenenti e' stato mai arrestato. Fonti vicine agli inquirenti
hanno reso noto che il numero degli attentatori e' emerso
dall'analisi delle immagini registrate dalla telecamere di sicurezza
installate all'esterno dell'ambasciata Usa e dalle testimonianze di
10 persone che al momento dell'esplosione (due minuti prima delle
06:00 locali) si trovavano a percorrere l'ampio viale Regina Sofia
sul quale sorge la sede diplomatica Usa. E' stato intanto accertato
che il missile anticarro che ha colpito l'ambasciata entrando da una
finestra al terzo piano e finendo in uno stanzino accanto all'ufficio
dell'ambasciatore Charles Ries, non e' un Rpg 18 da due pollici e
mezzo di fabbricazione russa come reso noto in un primo momento
bensi' un Rpg 7 da 40 mm di fabbricazione cinese costruito
probabilmente nel 1974. L'ordigno, secondo gli inquirenti, sarebbe
stato portato in Grecia di contrabbando in quanto non e' in dotazione
all'esercito greco. (ANSA). MRR
15/01/2007 13:41

GRECIA: ATTENTATI,SI TEME NUOVO ATTACCO LOTTA RIVOLUZIONARIA
(ANSA) - ATENE, 16 GEN - Dopo l'attentato contro l'ambasciata Usa ad
Atene di venerdi' scorso, quando tre persone (due uomini e una donna)
ritenuti membri del gruppo Lotta rivoluzionaria hanno esploso un
razzo anticarro contro la facciata della sede diplomatica, adesso le
autorita' greche ma anche gli inquirenti americani sul posto si
aspettano che da un momento all'altro l'organizzazione estremista
torni a colpire. La preoccupazione e' diffusa e, come riferisce
ampiamente la stampa di Atene, sono diversi gli analisti che
ritengono che gli estremisti alzeranno ancora il tiro - come del
resto hanno fatto in una lenta 'escalation' in tutti i loro attacchi
precedenti - utilizzando ancora una volta un bazooka. ''Ma la
prossima volta - ha detto un funzionario di polizia che ha chiesto di
restare anonimo - non escludiamo che sara' versato del sangue''.
Circa l'eventuale utilizzazione ancora del bazooka, gli inquirenti
ritengono che Lotta rivoluzionaria ne abbia a disposizione almeno
altri otto: e' stato accertato infatti che il missile utilizzato - un
Rpg 7 cinese prodotto nel 1974 - faceva parte di una fornitura di
armi vendute da Pechino al governo albanese nel 1990. Ogni cassa di
bazooka ne conteneva nove ed e' logico presumere che gli estremisti
se ne siano procurati almeno una cassa intera. Proprio il fatto che
il razzo sia vecchio di 30 anni e quindi la sua potenza esplosiva si
sia con il tempo indebolita, hanno spiegato gli esperti, ha fatto si'
che i danni siano stati limitati. Lotta rivoluzionaria ha rivendicato
subito l'attacco con due brevissime telefonate all'ambasciata Usa, ma
gli inquirenti sono in attesa che gli attentatori si facciano vivi,
come avvenuto in passato, con un testo inviato a qualche giornale. Le
indagini, sulle quali trapelano pochissimi particolari, proseguono
intanto con l'analisi delle immagini digitali riprese dalle
telecamere di sicurezza installate all'esterno dell'ambasciata: da
esse gli investigatori avrebbero desunto i tratti somatici salienti
degli attentatori, tra i quali un uomo di circa 35 anni che sarebbe
gia' noto alla polizia e di cui si conoscono anche i suoi rapporti
con l'Albania. Circa la donna del gruppo, si e' appreso che avrebbe
tra i 35 e i 40 anni e che nei giorni precedenti l'attentato e' stata
vista piu' volte da diversi testimoni passeggiare di fronte
all'ambasciata fingendosi in tenera compagnia di un uomo ma, in
effetti, scattando foto con una macchina seminascosta sotto il
soprabito. Solo in questi giorni, fra l'altro, e' emerso che la
polizia greca aveva saputo della presenza di una misteriosa donna in
tutti i 'commando' che hanno portato a termine i sei attentati
firmati da Lotta rivoluzionaria dal suo apparire nell'autunno del
2003. Scarsi sono i reperti trovati sul luogo dell'attentato (come
mozziconi di sigarette) sui quali gli esperti della Scientifica
stanno conducendo indagini per risalire ai responsabili e, come ha
ammesso sconsolato un funzionario di polizia, ''e' come cercare un
ago dentro lo stadio olimpico''. (ANSA). MRR
16/01/2007 18:10

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http://www.resistenze.org/sito/te/po/gr/pogr7a13-000929.htm

www.resistenze.org - popoli resistenti - grecia - 13-01-07

da www.solidnet.org; http://inter.kke.gr/ , mailto:cpg@...

Il Partito Comunista di Grecia in merito all’attentato all’Ambasciata
USA ad Atene

L’Ufficio stampa del CC del Partito Comunista di Grecia (KKE)

12 gennaio 2007

Il proiettile che ha colpito l’Ambasciata USA ad Atene,
indipendentemente dall’origine, offre agli USA la possibilità di
sfruttare l’esplosione nel contesto della sua offensiva generale
contro i popoli.

L’azione ha avuto luogo in un momento in cui gli USA stanno
bombardando la Somalia e incrementando le loro truppe di occupazione
in Iraq, misure che hanno provocato reazioni sia a livello
internazionale che all’interno del paese. L’attentato viene attuato
mentre viene proposto il piano generale imperialista sulla presunta
“democratizzazione del Medio Oriente”.

La discussione e le asserzioni circa il danno causato all’immagine
internazionale della Grecia sono fuorvianti. Il punto è che
l’attentato serve come alibi per l’intensificazione della repressione
di stato, delle misure di polizia e delle azioni dei vari servizi.

Ciò che bisogna fare è vigilare e agire per lo sviluppo del movimento
antimperialista, che rappresenta la condizione essenziale per mettere
ai margini ed isolare ogni provocazione, da qualunque parte provenga.

Atene, 12 gennaio 2007

L’Ufficio stampa del CC del Partito Comunista di Grecia (KKE)

Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di
Cultura e Documentazione Popolare

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From: r_rozoff
Subject: Greek Report: Missile Used In US Embassy Strike Came From
Kosovo
Date: February 7, 2007 11:04:42 PM GMT+01:00
To: stopnato @yahoogroups.com


- "It seems that the Albanian connection implies a
wider one that I don't want to think about....Lets
just say that it is a high profile inside operation."
-"I doubt that the culprits will be arrested."

http://www.ekathimerini.com/4dcgi/
_w_articles_politics_100012_07/02/2007_79818

Kathimerini (Greece)
February 7, 2007

Kosovo link to embassy strike

The missile fired at the US Embassy by Revolutionary
Struggle last month reached Greece via Kosovo, police
sources told Kathimerini yesterday in what authorities
believe is a breakthrough in their investigation.

Greek and US security agents have discovered that the
rocket-propelled grenade was removed from an army
warehouse in Albania in 1994 and taken to Kosovo,
where it came into the possession of an arms smuggler.

Authorities believe that the arms trader held on to
the weapon until 2001 and they are investigating his
contacts and dealings in the hope they will find out
who smuggled the rocket into Greece.

A high-ranking police source said that officers had
contacted foreign security services to obtain more
information and they hope their investigation will
develop further this week.

No member of Revolutionary Struggle, the leftist group
which claimed the embassy attack, has been caught
since the organization became active in 2003.



http://www.serbianna.com/news/2007/01173.shtml

Serbianna (US)
February 7, 2007

Kosovo Albanians implicated in Athens bomb attack

At least two independent sources confirm that the
Chinese-built RPG-7 rocket propelled grenade that was
fired at the US Embassy in Athens on January 12, 2007,
was supplied to the leftist Greek terrorist
organization, Revolutionary Struggle, by a Kosovo
Muslim Albanian militant group that was officially
renamed in 1999 by the NATO troops from the Kosovo
Liberation Army (KLA/UCK) to the Kosovo Protection
Corps.

The grenade narrowly missed the American seal,
punching through the Embassy window a few feet above
and landing in a bathroom on the embassy's third
story, where the ambassador has his office.

"There are various indications of an Albanian
connection," says Ioannis Michaletos from the World
Security Network Foundation.

"It seems that the Albanian connection implies a wider
one that I don't want to think about....Lets just say
that it is a high profile inside operation," says
Michaletos.

US-based Defense and Foreign Affairs Group says that
there is a "growing linkages between anti-Western
leftist terrorist groups and anti-Western Islamist
jihadi groups" such as the cash-rich KLA who, under
various acronyms, now controls the European narcotics
trade, sex slavery, arms dealing and is using the
Greek fanatical leftists [read: police operations -
RR]] to expand its geographic reach that is
"compounded by the reality of the large number of
Albanian nationals now resident in Greece".

"The revival of anti-US terrorist activities in
Greece, and throughout the Balkans, therefore, should
be expected to occur during 2007, particularly
associated with the attempts by the KLA to ensure
international recognition for an independent Kosovo,"
says Defense and Foreign Affairs analysis.

"Ironically," says Defense and Foreign Affairs,
independence of Kosovo "is supported by the US State
Dept., the very target of the Revolutionary Struggle
rocket attack."

"This was a violent act aimed to provoke Greek public
opinion and disturb relations with the United States,"
said Panayiotis Stathis, spokesman for the Greek
Public Order Ministry.

"I doubt that the culprits will be arrested," says
Michaletos.