Informazione

Soldi impiegati molto male

1. Spreco Nassiriya
Cento milioni di spese militari per ogni milione di aiuti. Fondi
record al Sismi e alla Croce rossa. Risultato: la missione in Iraq ha
inghiottito oltre un miliardo e mezzo di euro... (da L'Espresso)

2. Cara Kabul, quanto costi all'Italia
Si parla tanto di Iraq, ma per i 2 mila militari in Afghanistan
spendiamo oltre 320 milioni di euro l'anno... (da Il Manifesto)


=== 1 ===

http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?
idCategory=4821&idContent=1505304&m2s=null

Spreco Nassiriya

Cento milioni di spese militari per ogni milione di aiuti. Fondi
record al Sismi e alla Croce rossa. Risultato: la missione in Iraq ha
inghiottito oltre un miliardo e mezzo di euro

di Gianluca Di Feo


Abbiamo speso più per gli 007 che per gli aiuti. È il paradosso più
grande della missione italiana in Iraq, una spedizione nata per
favorire la ricostruzione del Paese dopo gli anni della dittatura di
Saddam Hussein e soprattutto per dare sollievo alla popolazione
stremata da embargo e combattimenti. Doveva essere una missione
umanitaria: invece a Nassiriya l'Italia ha investito più negli agenti
segreti che nel sostegno agli iracheni. Nei primi sei mesi del 2006
il bilancio approvato dal governo per l'operazione Antica Babilonia
prevede 4 milioni di euro di aiuti e ben 7 milioni "per le attività
di informazioni e sicurezza della presidenza del Consiglio dei
ministri", ossia per gli inviati del Sismi. E la stessa cosa è
avvenuta sin dall'inizio: in tre anni l'intelligence ha ottenuto
circa 30 milioni di euro mentre per "le esigenze di prima necessità
della popolazione locale" ne sono stati stanziati 16. Un divario
inspiegabile, che sembra mostrare l'Italia più interessata allo
spionaggio che al soccorso di quei bambini per i quali era stata
decisa la partenza di un contingente senza precedenti: oltre 3.500
militari con mille veicoli.

Ma a leggere i dati contenuti nella monumentale relazione pubblicata
sul sito dello Stato maggiore della Difesa, tutta l'operazione Antica
Babilonia appare come una voragine, che inghiotte finanziamenti
record distribuendo pochissimi aiuti. O meglio, i conti mettono a
nudo la realtà che si vive a Nassiriya: non è una missione di pace,
ma una spedizione in zona di guerra. Finora infatti sono stati
stanziati 1.534 milioni di euro, poco meno di 3 mila miliardi di
vecchie lire, per consegnare alla popolazione della provincia di Dhi-
Qar poco più 16 milioni di materiale finanziato dal governo: un
rapporto di cento a uno tra il costo del dispositivo militare e i
beni distribuiti. In realtà, però, la spesa totale per le forze
armate italiane a Nassiriya è addirittura superiore a questa cifra:
tra stipendi, mezzi distrutti ed equipaggiamenti logorati dal deserto
la cifra globale calcolata da 'L'espresso', consultando alcuni
esperti del settore, si avvicina ai 1.900 milioni di euro.

Intelligence a go-go Su tutte le pagine del rapporto dello Stato
maggiore Difesa, disponibile sul sito web, è stampata la dicitura:
'Il presente documento può circolare senza restrizioni'. Solo nelle
ultime 20 pagine questo timbro non compare. Ed è proprio nella nota
finale sugli aspetti finanziari di Antica Babilonia che compaiono le
notizie più delicate. A partire dalla voce: 'Attività di informazioni
e sicurezza della PCM', ossia della Presidenza del Consiglio dei
Ministri. Si tratta dei fondi extra consegnati agli agenti del Sismi
che operano in Iraq: non si sa se lo Stato maggiore li abbia indicati
per voto di trasparenza, per errore o per una piccola mossa perfida.
Di fatto, finora le disponibilità degli 007 erano un mistero, oggetto
di grandi illazioni soprattutto per quanto riguarda la gestione dei
sequestri di persona. Da anni si discute delle riserve usate dalla
nostra intelligence per comprare informatori o per eventuali riscatti
pagati durante i rapimenti. Adesso queste cifre permettono di farsi
qualche idea del costo dei nostri 007 in azione. Per i primi sei mesi
del 2003, purtroppo, lo Stato maggiore non è illuminante: la
provvista è mescolata assieme alle spese di telecomunicazioni, quelle
dei materiali per la guerra chimica e quella per il trasloco delle
truppe. In totale poco meno di 35 milioni. Facendo il confronto con i
bilanci dei semestri successivi, si potrebbe ipotizzare che al Sismi
siano andati circa 4 milioni di euro. In ogni caso, gli stanziamenti
diventano poi espliciti: 9 milioni nel 2004, 10 milioni nel 2005, 7
milioni già disponibili per i primi sei mesi di quest'anno. Una somma
compresa tra i 50 e i 60 miliardi di vecchie lire, destinata soltanto
a coprire i sovrapprezzi delle missioni top secret in territorio
iracheno, a ricompensare gli informatori e, verosimilmente, alla
gestione dei sequestri di persona. Quelle operazioni che hanno
determinato il ritorno a casa di sei ostaggi, grazie anche al
sacrificio del dirigente del Sismi Nicola Calipari. Un ultimo dato:
dalla stessa relazione dello Stato maggiore apprendiamo che il Sismi
ha avuto altri 23 milioni e mezzo per la missione in Afghanistan.
Anche in questo caso, la dote degli 007 supera di gran lunga il
valore dei beni distribuiti alla popolazione.

La lontananza è cara Le voci trasporti e telecomunicazioni della
spedizione hanno importi choc. Per i viaggi avanti e indietro dei
reparti, dei rifornimenti e degli equipaggiamenti, sono stati spesi
finora 125 milioni di euro. Ogni quattro mesi infatti le brigate
impegnate a Nassiriya vengono sostituite: devono tornare in Italia
con le loro dotazioni di materiali e armi leggere. Veicoli e scorte
invece restano sempre in Iraq, salvo quando il logoramento impone di
rimpiazzarli. Sorprendente anche la 'bolletta del telefono': 11
milioni in 18 mesi. Non si tratta delle chiamate a casa dei soldati o
dei carabinieri, ma del flusso di telecomunicazioni via satellite per
l'attività dei militari: i contatti con l'Italia, quelli con i
comandi alleati e molte delle trasmissioni radio sul campo. Pesante
pure il capitolo 'Croce rossa italiana': si tratta di oltre 32
milioni di euro. E riguardano il solo ospedale di Nassiriya, quello
che fornisce assistenza medica ai nostri militari. Questa struttura
ha soltanto come scopo secondario l'attività in favore della
popolazione locale: 450 ricoveri in tre anni. Nel 2003 la Croce rossa
aveva a Nassiriya 85 persone, poi scese a 70: dall'inizio della
missione si tratta di una spesa media per ogni operatore sanitario di
oltre 400 mila euro. Perché? La risposta ufficiale chiama in causa le
indennità straordinarie e le difficoltà di trasferire medicinali e
apparecchiature. L'ospedale da campo creato a Baghdad nel 2003,
invece, era finanziato con i fondi del ministero degli Esteri: il
costo era ancora più alto, ma i pazienti erano tutti iracheni.

Farnesina tecnologica La quota più consistente dei fondi destinati
alla rinascita dell'Iraq viene gestita dalla Farnesina: 103 milioni
di euro. La fetta maggiore è stata inghiottita dall'ospedale di
Baghdad e dalla difesa dell'ambasciata. Ci sono poi numerose
iniziative ad alta tecnologia, tutte realizzate in Italia e alcune di
discutibile utilità: 5 milioni per la rete telematica Govnet che
dovrebbe connettere i ministeri di Bagdad; 800 mila euro per la
ricostruzione virtuale in 3D del museo di Bagdad. I programmi di
formazione invece prevedono che il personale iracheno frequenti dei
corsi in Italia: una procedura sensata quando si tratta di lezioni
per dirigenti o tecnici di alto livello, forse meno quando comporta
il trasferimento a Roma di 30 orfani destinati a imparare il mestiere
di falegname, barbiere o sarto. Più concreti gli interventi gestiti
dal Ministero attraverso la Cooperazione per la ricostruzione
dell'agricoltura, del sistema scolastico e di quello ospedaliero: ma
nei primi 18 mesi nella regione di Nassiriya erano stati realizzati
progetti per soli 3,7 milioni.

Armata ad alto costo Tra aiuti diretti consegnati dai militari e
progetti, concreti o virtuali, della Farnesina in tutto sono stati
stanziati 119 milioni di euro. Secondo lo Stato maggiore, per il
contingente armato finora sono stati messi a disposizione 1.418
milioni di euro. Ma è un stima parziale: non tiene conto del costo
degli stipendi, del logoramento dei mezzi, di molte delle parti di
ricambio. Non tiene conto dell'elicottero distrutto in missione, dei
dieci veicoli Vm90 annientati negli attacchi, delle munizioni
esplose, della base dei carabinieri cancellata dall'attentato del
2003. Non tiene conto del terribile bilancio di vite umane: 22 tra
carabinieri e soldati caduti e 61 feriti in azione, altri sette morti
e sette feriti in incidenti. In più un civile ammazzato nella strage
del 12 novembre 2003 e un altro ferito. Un sacrificio giustificato
dai risultati? Di sicuro, non si può chiamarla una missione di pace.
Nei quattro mesi 'più tranquilli' i parà della Folgore hanno
distribuito beni o avviato progetti pari a 4 milioni di euro,
finanziati dal governo o da istituzioni e aziende italiane: in più
hanno vigilato sulla nascita di iniziative internazionali per altri 6
milioni di dollari. Nella fase di crisi della battaglia dei ponti,
invece la brigata Pozzuolo del Friuli si è fermata a meno di 4
milioni di dollari tra attività portate a termine o soltanto avviate.
Ormai è difficile anche controllare a che punto sono i lavori nei
cantieri: ogni sortita è pericolosa. Per questo il comando di
Nassiriya ha ipotizzato di usare gli aerei-spia senza pilota, i
Predator, che con le telecamere all'infrarosso possono verificare se
i macchinari sono accesi o se i manovali ingaggiati dalla
Cooperazione stanno perdendo tempo. Certo, si potrebbe affidare la
sorveglianza alle autorità irachene: grazie a un programma della Nato
abbiamo addestrato 2.600 soldati e 12 mila poliziotti locali. Eppure
tanti uomini in divisa non sono bastati a impedire che un'imboscata
venisse messa a segno a pochi metri dal commissariato più importante.

Aiuti oltre i limiti Soldati e carabinieri escono ancora dalla loro
base per sostenere la popolazione. Prima della strage del 2003 lo
facevano molto di più: fino a quel momento la brigata Sassari aveva
percorso un milione e 900 mila chilometri; dopo di loro i bersaglieri
della Pozzuolo del Friuli ne hanno macinati solo 460 mila. C'è un
dato che fotografa la situazione meglio di ogni altra analisi: poco
meno di 2 milioni di chilometri totalizzati dalle colonne
dell'Esercito in quattro mesi prima dell'attentato, altrettanti
percorsi nei 24 mesi successivi. Eppure, nonostante i rischi
altissimi testimoniati dall'attacco costato la vita a due carabinieri
e un capitano dell'Esercito, i nostri militari non rinunciano a
condurre le attività umanitarie. Cercano di costruire scuole e
ambulatori, forniscono macchine ai laboratori artigianali e all'unica
raffineria. Per evitare imboscate, lo fanno di sorpresa: arrivano nei
villaggi all'improvviso, scaricano doni e materiali, poi ripartono.
Se invece c'è qualche cerimonia ufficiale, tutta l'area viene
presidiata in anticipo con cecchini e blindati. Insomma: una
situazione di guerra. Ma nessuno si sottrae ai pericoli. Anzi, tutti
i reparti fanno più del necessario. Prima di partire per l'Iraq, c'è
una sorta di questua tra istituzioni locali e aziende della zona dove
ha sede la brigata per raccogliere aiuti da distribuire: spesso i
reparti mettono insieme una quantità di merci superiore ai fondi
governativi. Inoltre in occasioni particolari, ci sono collette tra i
soldati per acquistare riso o medicinali. O iniziative straordinarie,
come quella della famiglia del maresciallo Coletta, una delle vittime
del la strage del novembre 2003, che ha mandato un container di
farmaci per un ospedale pediatrico. Ma a tre anni dalla caduta di
Saddam ha ancora senso rischiare la vita di 20 militari per
consegnare un camion di riso e medicine?


=== 2 ===

il manifesto
11 Maggio 2006

Cara Kabul, quanto costi all'Italia

Si parla tanto di Iraq, ma per i 2 mila militari in Afghanistan
spendiamo oltre 320 milioni di euro l'anno, otto volte in più che per
la Bosnia. E ora il nuovo parlamento dovrà rifinanziare la missione

Emanuele Giordana *

Grandi polemiche e spesso una gran confusione sul loro ruolo hanno in
più di un'occasione accompagnato le nostre missioni all'estero,
definite per decreto «di pace e di aiuto umanitario». Anche la nostra
partecipazione all'International security assistance force (Isaf), a
Enduring freedom e alle missioni Active endeavour e Resolute
behaviour a essa collegate resta una nebulosa su cui il nuovo
governo, così come su Antica o Nuova Babilonia, sarà chiamato a
rispondere.
Tanto per cominciare, quanto costa la missione che vede impegnati in
Afghanistan 1.850 militari? Molto, oltre 320 milioni di euro
all'anno. E se non è la «voragine» mesopotamica, come una recente
inchiesta dell'Espresso ha appena definito l'Iraq, è di gran lunga la
più costosa delle nostre numerose missioni all'estero. Se per la
proroga sino al 30 giugno 2006 della «partecipazione di personale
militare alla missione dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina» la
spesa sarà di poco superiore ai 21.285.597, come si legge nella
Finanziaria di quest'anno, per l'Afghanistan ce ne vorranno otto
volte di più. Escludendo l'Iraq, l'Afghanistan da solo assorbe assai
più della metà del totale delle spese per le nostre missioni fuori
dal suolo patrio. Oltre 160 milioni di euro per sei mesi, contro i
circa 120 di tutte le altre.
E' una storia che pesa sul bilancio dal 2002. Il penultimo
finanziamento fu deciso nel luglio del 2005, quando il parlamento
convertì in legge il decreto di giugno con le disposizioni urgenti
per la partecipazione italiana a missioni internazionali. Vi si
leggeva che il decreto assicura «la partecipazione italiana alle
missioni internazionali di pace e di aiuto umanitario» autorizzando,
fino alla fine del 2005, la spesa di 16.235.103 di euro per la
partecipazione alla missione multinazionale Enduring Freedom
(contrastare il terrorismo in Afghanistan e favorire la
stabilizzazione del Paese) e alle missioni Active Endeavour e
Resolute Behaviour (svolte da unità navali con compiti di vigilanza,
rispettivamente, nel Mediterraneo orientale e nel Mare Arabico). La
parte del leone toccava all'Isaf con una spesa di 138.262.283 milioni
di euro mentre tutte le altre missioni all'estero, dalla Bosnia al
Congo, ne ricevevano 126.285.892. Euro più euro meno, e senza contare
l'Iraq, esse costano, nel complesso, 600 milioni di euro l'anno. LA
metà vanno all'Afghanistan.
L'arida contabilità dei nostri militari all'estero ci porta alla
Legge 23 febbraio 2006 n. 51, ossia la conversione in legge «con
modificazioni» della Finanziaria del dicembre 2005, meglio nota come
maxiemendamento. Il governo, allora in affanno tra conti e campagna
elettorale ormai già iniziata, pose la fiducia e approvò infine la
legge in febbraio coi soli voti della maggioranza. «Un fatto -
ricorda il senatore Francesco Martone (Prc) - che, tra l'altro,
impedì una discussione parlamentare aperta sulla nostra missione in
Afghanistan». Essendo l'Iraq, madre di tutte le missioni, sempre il
primo pensiero, l'Afghanistan è finito per passare un po' in seconda
linea. Fino ai primi morti in un'azione di guerra (seguiti ad alcuni
attentati) alcuni giorni fa. La legge autorizza fino al 30 giugno
2006 la spesa di 13.437.521 di euro per la proroga di Enduring
Freedom, Active Endeavour, Resolute Behaviour e quella di 148.935.976
per la partecipazione all'Isaf. Più altri 3.349.403 per le piccole
spese. In totale 165.722.851 per sei mesi.
Secondo Martone la mancata discussione della missione fece passare
sotto silenzio che un po' di cose erano cambiate: «Ci sono almeno tre
punti in sospeso, e riguardano il cambiamento delle regole d'ingaggio
in corso d'opera, il dibattito in sede europea e la dislocazione
fisica della missione che di fatto è uscita da Kabul ed Herat. La
discussione sulla fusione di fatto tra Enduring Freedom e Isaf non è
mai stata considerata, mentre sollevava polemiche in Francia e
Germania. Senza contare la questione dell'invio di forze di
combattimento britanniche nel Sud o, per un altro verso, la
sostituzione dei nostri caccia F16 con sei Amx che, in teoria,
dovrebbero servire a sorvolare i campi di papavero. Di fatto
potrebbero essere mezzi dissuasivi o di supporto tattico». Il
senatore sottolinea come tutto ciò richieda, d'accordo o meno che si
sia sulla missione, una discussione sui contenuti cui il parlamento
non può sottrarsi.
La scadenza, inevitabilmente, è l'inizio dell'estate, quando il nuovo
parlamento dovrà decidere il rifinanziamento delle spese. Che dovrà
fare i conti anche col capitolo indennità sugli stipendi (giustamente
riconosciuta a chi rischia la pelle all'estero), un'altra voce che,
seppur indirettamente, gonfia la spesa totale delle nostre scelte di
politica estera e va a incidere su altre voci del bilancio statale.

* Lettera22

Il costo di sei mesi di missioni all'estero

Afghanistan
165.722.851
Bosnia Erzegovina ed ex Jugoslavia (SIC - si noti la dizione
enigmatica "ex Jugoslavia", ndCNJ)
22.836.875
Albania e Kosovo (SIC - si noti che il Kosovo è associato
all'Albania, ndCNJ)
9.073.511
Sudan e Congo
3.499.408
Hebron e Rafah
2.383.955

riferito al primo semestre del 2006

Per fortuna la Storia non siete voi

Mi corre l'obbligo di segnalare, in quanto esempio di mediocre
giornalismo e di pessima ricostruzione storica, l'odierna puntata
(tra le 8 e le 9 del mattino dell'11/5/2006) della trasmissione "La
Storia siamo noi", condotta da Giovanni Minoli, che ha aperto in
maniera davvero sgradevole la mia giornata.
La questione è particolarmente seria perchè la trasmissione, dedicata
ai "genocidi" di Bosnia e Ruanda, è stata pensata per un uso
didattico, e sarebbe dunque rivolta soprattutto ad un pubblico di
giovanissimi, come tutte quelle di questa serie di "Rai Educational".
Ma quest'ultima puntata è stata costruita attorno alle tesi
semplicistiche e manichee, slavofobe e serbofobe, caratteristiche
delle fonti utilizzate, pressochè tutte statunitensi; il contenuto
informativo reale è nullo, smaccato invece è l'obiettivo
propagandistico. La descrizione della tragedia bosniaca, avulsa dalla
più generale tragedia jugoslava di cui essa è uno dei tanti
drammatici capitoli, è superficiale, caricata di toni
grandguignoleschi, non esente da anacronismi e vergognose omissioni.
Le tesi di fondo - dal parallelismo inaccettabile tra diversi
"genocidi", veri o presunti, alla allusione lombrosiana sugli "odii
atavici" tra le genti balcaniche, fino alla chiusura con l'accenno a
Milosevic imputato all'Aia, comodo capro espiatorio per chi non vuole
approfondire - sono quelle solite del giornalismo di guerra
occidentale. La descrizione della vicenda di Srebrenica è parziale e
sbrigativa; si vogliono presentare come lampanti circostanze che
restano invece tutt'altro che chiare. L'insieme risulta infine privo
di logica vista la sostanziale omissione dell'intero contesto: tanto
per fare un esempio, al "Tribunale dell'Aia" (che tanto piace a
questo giornalismo fiancheggiatore della NATO) c'è anche il capo
delle milizie musulmane di Srebrenica, Nasir Oric, ma ovviamente non
è stato detto.
La faziosità grossolana delle tesi esposte da Minoli fa si che anche
la successiva parte del programma, quella sulla tragedia ruandese, mi
lasci scettico ed oltremodo diffidente. Sapevo di precedenti
trasmissioni di Minoli su "foibe ed esodo", costruite su
testimonianze false e cariche di livore antipartigiano e nazionalista
italiano. Gettare discredito su ogni ipotesi di fratellanza, unità ed
indipendenza dei popoli jugoslavi è evidentemente una sua vocazione.

A. Martocchia
(responsabile politico, Coord. Naz. per la Jugoslavia)

LINK: Iranian President Mahmoud Ahmadinejad's letter to US President
George W. Bush
(Mahmoud Ahmadinejad, Translated by "Le Monde")

Mr George Bush, President of the United States of America. For
sometime now I have been thinking, how one can justify the undeniable
contradictions that exist in the international arena -- which are
being constantly debated, specially in political Forums and amongst
university students. Many questions remain unanswered. These have
prompted me to discuss some of the contradictions and questions, in
the hopes that it might bring about an opportunity to redress them...

http://www.uruknet.info/?s1=1&p=23180&s2=10

-----------

Fonte: http://www.zmag.org/Italy/fikentscher_neumann-mediairan.htm

Documento originale:

Does Iran's President Want Israel Wiped Off The Map - Does He Deny
The Holocaust?

http://www.informationclearinghouse.info/article12790.htm

Traduzione di Erik Appleby e Gennarino Severino



Sull'agenzia di disinformazione strategica sul mondo arabo MEMRI si
veda il dettagliato dossier al sito di "Information guerrilla":

http://www.informationguerrilla.org/rd.php/www.lsdi.it/dossier/memri/
index.html



19 Aprile 2006
Comedonchisciotte.org

Radere al suolo Israele, colpire a ripetizione, distruggere,
annientare, liquidare, eliminare Israele, cancellarlo dalla mappa –
questo è ciò che il Presidente dell’Iran ha chiesto – almeno questo è
ciò che abbiamo letto o sentito alla fine dell’Ottobre 2005. [...] Ma
diamo un’occhiata più da vicino a ciò che ha detto il Presidente
dell’Iran Mahmoud Ahmadinejad.

Iran e media

Davvero il presidente iraniano vuole cancellare Israele dalla mappa e
nega l’olocausto?

di Anneliese Fikentscher ed Andreas Neumann



“Ma ora che sono sull’Iran, sulla minaccia all’Iran, certo –
(applauso) – la minaccia che viene dall’Iran è, naturalmente,
l’obiettivo che loro affermano di distruggere il nostro forte alleato
Israele. Questa è una minaccia, una seria minaccia. È una minaccia
alla pace mondiale; è una minaccia, in sostanza, ad una forte
alleanza. L’ho detto chiaramente, lo dirò chiaramente di nuovo, che
useremo la nostra potenza militare per proteggere il nostro alleato,
Israele, e – (applauso.)” George W. Bush, Presidente USA, 20-03-2006
a Cleveland (Ohio) in un discorso improvvisato (fonte:
www.whitehouse.gov ) Ma perché Bush parla dell’ obiettivo dell’Iran
di distruggere Israele?

Il Presidente dell’Iran vuole che Israele sia cancellato dalle carte
geografiche?

Radere al suolo Israele, colpire a ripetizione, distruggere,
annientare, liquidare, eliminare Israele, cancellarlo dalla mappa –
questo è ciò che il Presidente dell’Iran ha chiesto – almeno questo è
ciò che abbiamo letto o sentito alla fine dell’Ottobre 2005. Spargere
la notizia è stato molto efficace. Hanno detto che quella era una
dichiarazione di guerra. Ovviamente i media e il governo erano
tutt’uno nella loro indignazione. Che si sparge per il mondo.

Ma diamo un’occhiata più da vicino a ciò che ha detto il Presidente
dell’Iran Mahmoud Ahmadinejad. È un merito del ‘New York Times’ avere
messo a nostra disposizione il discorso completo. Questo è un
estratto di quanto pubblicato il 30-10-2005:

“Dicono che non è possibile avere un mondo senza gli Stati Uniti e il
Sionismo. Ma sapete che questo è un obiettivo e uno slogan possibile.
Facciamo un passo indietro. [[[ Avevamo in questo paese un regime
ostile che non era democratico, era armato sino ai denti, con il
SAVAK, il suo apparato di sicurezza SAVAK [l’apparato di intelligence
del governo dello Shah Iraniano] controllava tutti. C’era un ambiente
di terrore. ]]] Quando il nostro amato Imam [l’ Ayatollah Ruhollah
Khomeini, padre della rivoluzione Iraniana] disse che il regime
andava rimosso, molti di quelli che affermavano di essere
politicamente ben informati dicevano che non era possibile. Tutti i
governi corrotti appoggiavano il regime quando l’Imam Khomeini diede
vita al suo movimento. [[[ Tutti i paesi occidentali e orientali
appoggiavano il regime pure dopo il massacro del 7 Settembre
[1978] ]]] e dicevano che la rimozione del regime non era possibile.
Ma la nostra gente ha resistito e ora sono 27 anni che sopravviviamo
senza un regime dipendente dagli Stati Uniti. La tirannia dell’Est e
dell’Ovest sul mondo sarebbe dovuta finire, ma la gente debole che
riesce a vedere solo ciò che ha di fronte non poteva credere ciò. Chi
avrebbe creduto che un giorno saremmo potuti essere testimoni del
crollo dell’Impero Orientale? Ma potemmo vedere la sua caduta durante
la nostra vita. Ed è crollato in un modo che dobbiamo cercare
informazioni nelle biblioteche, perché non è rimasta traccia di esso.
L’Imam [Khomeini] ha detto che Saddam doveva andarsene e disse che
sarebbe diventato più debole di quanto chiunque potesse immaginare.
Ora vedete che l’uomo che dieci anni fa parlava con un’arroganza tale
che si sarebbe pensato fosse immortale, viene processato nel suo
stesso paese in manette e catene [[[ da coloro che pensava lo
sostenessero e con il cui appoggio commise i suoi crimini]]]. Il
nostro amato Imam ha detto che il regime occupante andava cancellato
dalla mappa e questa fu un’affermazione molto saggia. Non possiamo
fare compromessi sulla questione della Palestina. È possibile creare
un nuovo fronte nel cuore di un vecchio fronte? Questa sarebbe una
sconfitta e chiunque accetti la legittimità di questo regime
[Israele] ha, di fatto, firmato la sconfitta del mondo Islamico. Il
nostro amato Imam nella sua lotta ha mirato al cuore dell’oppressore
mondiale, cioè al regime occupante. Non ho alcun dubbio che la nuova
ondata che è iniziata in Palestina, e di cui abbiamo testimonianza
anche nel mondo Islamico, eliminerà questa disgraziata macchia dal
mondo Islamico. (Fonte: www.nytimes.com , basato su una pubblicazione
della 'Iranian Students News Agency' (ISNA) -- note del New York
Times in parentesi quadre – i passaggi tra triple parentesi quadre
saranno lasciati in bianco nella versione MEMRI stampata sotto )

Sta diventando chiaro. Le affermazioni del Presidente Iraniano sono
state riflesse dai media in maniera manipolata. Il Presidente dell’
Iran indica la rimozione dei regimi che sono al potere in Israele e
negli USA, come un possibile scopo per il futuro. Questo è corretto.
Ma non chiede mai l’eliminazione o la distruzione di Israele. Rivela
che i cambiamenti sono potenziali. Il Regime dello Shah appoggiato
dagli USA nel suo stesso paese è stato sconfitto. A est il governo
dell’Unione Sovietica è crollato. Il dominio di Saddam Hussein è
arrivato al termine. Riferendosi a ciò dà voce al desiderio che
cambiamenti siano possibili in Israele rispetto alla Palestina. Porta
come prova il riferimento dell’Ayatollah Khomeini al Regime dello
Shah che in tale contesto disse che il regime (cioè il Regime dello
Shah) doveva essere rimosso.

Certamente, Ahmadinejad traspone questa citazione su un cambio di
regime al caso della Palestina occupata. Questo deve essere
legittimo. In ogni senso desiderare diverse condizioni politiche in
un paese è affare di ogni giorno in tutto il mondo. Ma cambiare la
richiesta della rimozione di un ‘regime’nella richiesta della
rimozione di uno stato è un grave inganno e una pericolosa demagogia.

Questo è un capitolo della guerra contro l’Iran che è già iniziata,
nelle parole di Georg Meggle professore di filosofia all’Università
di Leipzig , con la fase cioè probabilmente più importante, la fase
della propaganda.

Vogliamo marginalmente citare che è stato l’ex Vice Ministro USA
della Difesa e attuale Presidente della Banca Mondiale, Paul D.
Wolfowitz, che nel Settembre 2001 parlò in pubblico e senza alcun
genere di soggezione di porre fine a stati. Ed è stato il padre di
George W. Bush che iniziò la discussione su una guerra nucleare che
può essere vinta se solo è assicurata la sopravvivenza di una elite.

Prendiamo un altro esempio: il giornale tedesco on-line tagesschau.de
scrive le seguenti cose sul Presidente dell’Iran il 27-10-2005: “Non
c’è dubbio: la nuova ondata di attacchi in Palestina cancellerà la
macchia dal volto del mondo Islamico.” Invece di usare la parola
originale ‘ondata’scrivono ‘ondata di attacchi’. Questa sostituzione
del testo originale è ciò che chiamiamo disinformazione. Per esempio
sarebbe corretto dire: “Il nuovo movimento in Palestina cancellerà la
macchia di disgrazia dal mondo Islamico.” Inoltre questa affermazione
si riferisce al regime di occupazione citato nella frase precedente.

Per precauzione esamineremo una differente traduzione del discorso –
una versione preparata dal Middle East Media Research Institute
(MEMRI), situato a Washington:

“Essi [chiedono]: ‘È per noi possibile vedere un mondo senza l’
America e il Sionismo?’Ma dovete ben sapere che questo slogan e
questo obiettivo sono raggiungibili, e certamente possono essere
ottenuti. [[[…]]] “ ‘Quando l’amato Imam [Khomeini] disse che il
regime [dello Shah] doveva andarsene, e che chiediamo un mondo senza
governi succubi, molta gente che affermava di avere conoscenza della
politica o di altro [chiese], ‘È possibile [che il regime dello Shah
sia rovesciato]?’Quel giorno, quando l’Imam [Khomeini] diede inizia
al suo movimento, tutti i poteri appoggiavano il regime corrotto
[dello Shah] [[[…]]] e dicevano che non era possibile. Però la nostra
nazione rimase ferma e ad oggi sono 27 anni che viviamo senza un
governo che dipenda dall’America. L’Imam [Khomeini] disse: ‘Il
governo dell’Est [U.R.S.S.] e dell’Ovest [U.S.A.] deve finire.’Ma la
gente debole che vede solo il piccolo mondo attorno a sé non ci
credeva. Nessuno credeva che un giorno saremmo stati testimoni del
crollo dell’Imperialismo dell’Est [cioè dell’U.R.S.S.], e diceva che
era un regime di acciaio. Ma nella nostra breve vita abbiamo visto
come questo regime è crollato in un modo tale che lo dobbiamo cercare
nelle biblioteche e non troviamo una letteratura su di esso. L’Imam
[Khomeini] disse che Saddam [Hussein] doveva andarsene, e che sarebbe
stato umiliato in un modo mai visto. E cosa vedete oggi? Un uomo che,
10 anni fa, parlava con così tanto orgoglio come se fosse destinato a
vivere in eterno e che oggi è incatenato per i piedi e che viene
processato nel suo stesso paese [[[…]]] l’Imam [Khomeini] disse: ‘
Questo regime che sta occupando Qods [Gerusalemme] deve essere
eliminato dalle pagine della storia.’Questa frase è molto saggia. La
questione della Palestina non è una questione su cui possiamo fare
compromessi. È possibile che un fronte [Islamico] permetta ad un
altro fronte [cioè ad un paese] di sorgere nel suo [stesso] cuore?
Questo vuol dire sconfitta, e chi accetta l’esistenza di questo
regime [cioè di Israele] in effetti firma la sconfitta del mondo
Islamico. Nella sua battaglia contro il Mondo dell’Arroganza, il
nostro amato Imam [Khomeini] stabilì il regime che occupa Qods
[Gerusalemme] come l’obiettivo della sua battaglia. Non dubito che la
nuova ondata che è iniziata nella nostra cara Palestina e che oggi
vediamo anche nel mondo Islamico è un’ondata di moralità che si è
diffusa in tutto il mondo Islamico. Molto presto la macchia della
disgrazia [cioè Israele] scomparirà dal centro del mondo Islamico – e
ciò è raggiungibile.” (Fonte: memri.org, basato sulla pubblicazione
dell’'Iranian Students News Agency' (ISNA) – note del MEMRI in
parentesi quadre – i passaggi mancanti rispetto al ‘New York
Times’sono in triple parentesi quadre)

Il termine ‘mappa’a cui lungamente fanno riferimento i media non
appare nemmeno. Mentre il ‘New York Times’ha scritto: “Il nostro
amato Imam ha detto che il regime di occupazione andava cancellato
dalla mappa” la versione del MEMRI è “L’Imam [Khomeini] disse: Questo
regime che sta occupando Qods [Gerusalemme] deve essere eliminato
dalle pagine della storia.”

Il MEMRI ha aggiunto la seguente prefissata formulazione alla sua
traduzione come una sorta di titolo: “Molto Presto, Questa Macchia di
Disgrazia [cioè Israele] Verrà Cancellata dal Centro del Mondo
Islamico – e Ciò è Raggiungibile”. Pertanto estraggono questo dal
contesto e usando la nota ‘cioè Israele’distorcono allo scopo il
significato. L’accorciamento temporale ‘molto presto’non appare
nemmeno nella traduzione del NY-Times. Inoltre è impressionante che
il MEMRI abbia cancellato nella sua traduzione tutti i passaggi che
caratterizzano il Regime dello Shah appoggiato dagli USA come un
regime di terrore e che allo stesso tempo mostrano il vero carattere
della politica USA.

Una traduzione indipendente dell’originale (come la versione
pubblicata dall’ISNA) mostra come Ahmadinejad non usi il termine
‘mappa’. Egli cita l’affermazione dell’Ayatollah Khomeini che il
regime di occupazione deve svanire da questo mondo – tradotto
letteralmente : dal teatro delle epoche. Sarebbe a dire: non c’è
spazio per un regime di occupazione in questo mondo e,
rispettivamente, in questa epoca. La formulazione ‘cancellare dalla
mappa’usata dal ‘New York Times’è una interpretazione molto libera e
aggravante che è equivalente a ‘radere qualcosa al suolo’o ‘
annientare qualcosa’. Le successive traduzioni, prima in inglese
(‘cancellare dalla mappa’), poi dall’inglese al tedesco – e tutto in
maniera letterale ('von der Landkarte löschen') – ci allontanano
sempre più dall’originale. La cosa perfida riguardante questa
traduzione è che l’espressione ‘mappa’può essere usata in un solo
modo (intenzionale): uno stato può essere rimosso da una mappa ma non
un regime, cosa di cui stava realmente parlando Ahmadinejad.

Ancora, seguendo la traduzione indipendente: “Non ho dubbi che il
nuovo movimento che ha luogo nella nostra amata Palestina è un
movimento spirituale che attraversa l’intero mondo Islamico e che
presto rimuoverà dal mondo Islamico questa macchia di disgrazia.”

Bisogna chiedersi come sia possibile che ‘movimento spirituale’, cioè
‘ondata di moralità’(come tradotto dal MEMRI) e ‘ondata di attacchi’
possano essere equiparati e tradotti (come per esempio in quanto
pubblicato dal tagesschau.de.

Il presidente dell’Iran nega l’Olocausto?

“Il governo tedesco ha condannato i ripetuti attacchi anti.-Israele
da parte del presidente Ahmadinejad. Il ministro degli esteri Frank-
Walter Steinmeier ha sostenuto che questo comportamento è
intollerabile.e la cancelliere Angela Merkel lo ha definito
“inconcepibile”(vedi tagesschau.de 2005-12-14).

Non solo il ministro degli Esteri tedesco e la cancelliere Merkel
hanno dichiarato ciò, anche Bild-Zeitung, tagesschau.de, parti del
movimento per la Pace, il Presidente americano Bush, la CNN, la
fondazione Heinrich-Böll e numerosi giornali tedeschi e
internazionali hanno sostenuto che il presidente iraniano Ahmadinejad
ha negato l’esistenza dell’Olocausto. Ma su cosa si basano le sue
affermazioni?

In sostanza sono contenute nelle seguenti dichiarazioni del 14
dicembre 2005 e in quelle dell’11 febbraio 2006: “Il presidente
iraniano ha attaccato Israele e l’Occidente negando l’Olocausto,
sostenendo che, invece di fare oggetto della discussione gli attacchi
israeliani contro la Palestina, l’Occidente impiega tutte le sue
energie per raccontare il massacro contro gli ebrei”, ciò è stato
sostenuto da Ahmadinejad durante un discorso a Zahedan nel sud-est
dell’Iran ripreso dalla tv iraniana news-channel Khabar. Quel giorno
il presidente iraniano ha sostenuto che “se l’Occidente crede
all’assassinio di 6 milioni di ebrei durante la seconda guerra
mondiale, l’Occidente stesso dovrebbe trasferire un pezzo della terra
d’Israele negli USA, in Canada o in Alaska” (dispaccio dell’agenzia
di stampa tedesca DPA del 14 dicembre 2005).

La tv tedesca n24 sottolinea le seguenti dichiarazioni del dicembre
2006 usando il titolo ‘il presidente dell’Iran sostiene che
l’Olocausto sia solo un mito’: “Il presidente Ahmadinejad ha
attaccato verbalmente Israele e ha sostenuto che l’Olocausto è solo
un mito, una scusa per gli occidentali per dare ad Israele uno stato
nel cuore del mondo islamico. In nome dell’Olocausto gli Europei
hanno creato una leggenda per giustificare la presunta superiorità
del loro Dio, della loro religione e dei loro Profeti”.

L’agenzia di stampa iraniana IRNA , il 14-12-2006, riporta quanto
segue: “Se gli Europei stanno dicendo il vero, reclamando la morte di
6 milioni di Ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale- insistendo
sull’arresto e la prigione per chi si opponesse- perché la Palestina
deve pagare per i loro crimini?” “Perché essi si sono stabilizzati
nel cuore della Nazione Islamica commettendo efferati crimini con le
loro bombe, i loro missili?” "Se noi avessimo commesso questi crimini
in Europa, in America o in Alaska, voi non ci avreste dato un pezzo
di terra nel cuore del mondo islamico".

Il presidente Ahmadinejad ha aggiunto che “Se la civiltà consiste
nell’aggressione, nel disprezzo delle nazioni oppresse, nella
soppressione di chi cerca giustizia, nella povertà della maggior
parte del mondo, allora noi disprezziamo questo tipo di civiltà”. C’è
ancora altro nel servizio della tv tedesca 24 dal titolo “In nome
dell’Olocausto hanno creato un mito”, qui possiamo notare come ci sia
molta differenza rispetto a quanto pubblicato per esempio dalla
Agenzia di stampa tedesca DPA: Ciò che Ahmadinejad fa non è negare
l’Olocausto, no! Egli è critico contro l’imperialismo dominante che
usa l’Olocausto per mettere a tacere le voci critiche e giustificare
i piani di guerra: la CNN (15-12-2005) riporta quanto segue: “se voi
avete bruciato gli Ebrei, perché non date a Israele un pezzo
d’Europa, del Canada o degli Stati Uniti?”, la domanda è “se avete
commesso questo orrendo crimine perché la nazione palestinese deve
pagare per voi?”

Il ''Middle East Media Research Institute' (MEMRI) di Wahington
riporta così le dichiarazioni del presidente iraniano del 14-12-2006:
“…noi ci chiediamo, se avete commesso questo terribile crimine,
perché la Palestina deve essere punita al posto vostro? Se avete
commesso un crimine sarete voi stessi a pagare!” " la nostra offerta
era e rimane la seguente: Israele venga trasferito in Europa, in
Canada o negli Stati Uniti. Resta inteso che se gli Israeliani
seguiranno questa linea la gente iraniana non opporrà obiezioni”.

Il MEMRI disapprova omettendo volontariamente questa frase: “Perché
gli israeliani sono venuti nel cuore del mondo islamico e stanno
commettendo aggressioni e crimini con bombe e missili contro la
Palestina?”. Tale affermazione è stata volontariamente non tradotta e
quindi non riportata perché spiega che gli Israeliani si sono
stabiliti in una terra (quella palestinese) non di loro appartenenza,
avviando una politica aggressiva ed espansionistica nei confronti
della Palestina, ignorando il diritto internazionale e qualsiasi
risoluzione delle Nazioni Unite.

Si evince che la negazione dell’Olocausto da parte del presidente
iraniano non può essere sostenuta se Ahmadinejad parla di un orrendo
crimine perpetrato ai danni degli Ebrei (ma dagli Occidentali). In un
altro dispaccio dell’IRNA, l’autore arabo di Ghazi Abu Daqa scrive su
Ahmadinejad: “Il presidente iraniano non ha niente contro i
sostenitori dell’Ebraismo, egli è contro il Sionismo inteso come
politica espansionistica e occupazione militare” “…e che nel mondo
civile non c’è posto per il regime sionista” “e che questa idea non è
molto ben vista dai centri di potere del mondo Occidentale”
“Sostenere la critica contro la politica aggressiva dell’Occidente,
al quale Israele appartiene, non significa eseere antisemita”. “Ci
piacerebbe che questa nostra posizione avesse voce nel mondo perché
la questione israelo-palestinese è un problema serio per il mondo”.

Secondo l’IRNA l' 11-02 2006 Ahmadinejad ha sostenuto che: “ il vero
Olocausto viene perpetrato quotidianamente in Palestina, e in Iraq
dove i musulmani vengono uccisi tutti i giorni” “Alcuni governi
occidentali, soprattutto gli Stati Uniti, approvano il sacrilegio del
profeta Mohammad (PBUH), mentre in nome dell’Olocausto, il Sionismo
esercita pressioni da 60 anni su tutti i paesi del mondo e uccide
innocenti in Palestina, questo deve essere considerato un crimine”.
“L’affermazione secondo la quale il presidente iraniano nega
l’Olocausto è sbagliata a tal punto da destare qualche sospetto”,
egli non nega l’Olocausto ma parla della sua negazione, egli non nega
l’Olocausto ma parla della negazione del Mito dell’Olocausto, è
qualcosa di totalmente differente!

Il Mito dell’Olocausto, che è stato oggetto delle frasi di
Ahmadinejad, è stato costruito in congiunzione con l’Olocausto stesso
per tenere tutti sotto pressione. Questo è il pensiero dominante ma,
Ahmadinejad sostiene che questo pensiero non va appoggiato. Se
Ahmadinejad condanna i fatti come un crimine per incrementare la
teoria del mito dell’Olocausto, come troviamo nella traduzione del
MEMRI ciò acquisisce un significato molto diverso dal comune pensare.
Se la frase “mito dell’Olocausto” viene trasformata in “favola di un
massacro” (come fa il DPA tedesco), ciò può essere considerato solo
come un tentativo malizioso di rendere i fatti e una mistificazione
della realtà. Le parole del presidente iraniano sono diventate
oggetto di battaglie di propaganda e mistificazione, è nostra
responsabilità evidenziarlo.

Concludendo: un dispaccio dell’agenzia di stampa Reuters del 21
febbraio 2006 conferma che il ministro degli esteri iraniano
Manuchehr Mottaki ha smentito che i suo paese vuole cancellare
Israele dalla cartina geografica, il presidente Mahmoud Ahmadinejad è
stato frainteso, nessuno può cancellare un paese dalla cartina
geografica, il presidente non pensava allo stato di Israele ma al suo
regime politico aggressivo e imperialista….”non legittimeremo questo
regime”; il ministro Mottaki ha anche riconosciuto l’esistenza
dell’Olocausto e dell’assassinio di sei milioni di Ebrei durante
l’era del nazional-socialismo.

Il prossimo passo è collegare la figura del presidente Mahmoud
Ahmadinejad a Hitler, ed è stato fatto dal capo della comunità
ebraica francese (Crif) che il 20-02-2006 a Parigi ha sostenuto che
'le idee del presidente Mahmoud Ahmadinejad non hanno nulla da
invidiare al Mein Kampf' di hitleriana memoria, anche il capo della
comunità ebraica tedesca, Paul Spiegel, qualifica la posizione di
Ahmadinejad come la peggior posizione politica dai tempi di Hitler.
Alla Casa Bianca il presidente iraniano è chiamato direttamente
Hitler. La cancelliere Merkel ha detto a Monaco qualche giorno fa che
“un nemico può essere prevenuto se attaccato, la Germania è ai limiti
della sua tolleranza, la situazione iraniana è costantemente sotto
controllo”.

Tutto ciò significa guerra.

Anche Slobodan Milosevic fu paragonato e chiamato Hitler, il
risultato fu una guerra contro la Yugoslavia; Saddam Hussein fu
definito Hitler e quello che seguì fu una guerra contro l’Iraq. Ora
il presidente iraniano è chiamato Hitler, e di certo qualcuno che
viene paragonato ad Hitler non userà l’energia atomica per scopi
civili. Nessuno crederà in lui. “Ufficialmente nessuno stato
occidentale considera l’arricchimento dell’uranio illegale, non ci
sono restrizioni di legge negli stati occidentali. Al contrario, gli
stati occidentali dovrebbero assistere l’Iran nelle sue attività, in
accordo con il Trattato di non-proliferazione nucleare.

Se uno stato rinuncia alla costruzione di armi atomiche è meritevole
di supporto tecnico da parte degli aderenti al Trattato nello
sviluppo di energia nucleare a scopi civili (Jörg Pfuhl, ARD radio
studio Istanbul 11-01-2006). Ma ciò non conta perché il capo di stato
iraniano è considerato al pari di Hitler.

IRON WARRIORS T72 TANK COMMAND


<< Sembrano già passati tantissimi anni dalla guerre in Jugoslavia ed
invece si tratta di storia recentissima. Black Bean Games riapre
quella profonda ferita d'Europa con questo simulatore particolarmente
con ambizioni di realismo

Rancori e desideri di vendetta animano un Paese in guerra, uno
scontro tra diverse etnie prima unite da ideali e valori morali
comuni, strette di mano, solidarietà e sorrisi sotto i colori della
stessa bandiera: gli amici diventano avversari, le persone care
rivali, i compagni nemici, nazionalismo, motivazioni economiche,
interessi, ambizioni personali, la fine della Jugoslavia in una
battaglia epocale... Iron Warriors T72 Tank Command!

Il gioco di Black Bean Games è ambientato durante le cruenti guerre
civili che hanno sconvolto ed insanguinato la penisola balcanica
durante il periodo 1991 – 1995. Il titolo della software house
nostrana offre al giocatore l’opportunità di essere al comando dei
tre migliori carrarmati mai progettati dal potente esercito russo: il
T-72B, il T-55 e il T-34/85.Direttamente in prima fila nella lotta
armata, il gamer, vestiti i panni del comandante, del mitragliere o
del manovratore potrà impartire ordini al proprio equipaggio
scegliendo tra 18 differenti missioni da compiere. Ogni operazione
militare si svolgerà all’interno di un contesto bellico che
riprodurrà fedelmente la fisica delle armi e simulerà in modo
dettagliato i compiti dei carristi e l’esperienza dei volontari russi
in supporto alle truppe serbe. >>

Fonte : http://guide.supereva.com/console/interventi/
2006/05/254852.shtml