Informazione

ONORE A SADDAM !

Messa a punto sul "dittatore sanguinario"
a partire da un mondo governato da
assassini di massa e che intitola strade
a killer mercenari.

MONDOCANE FUORILINEA
12/1/06

di Fulvio Grimaldi


L'unico mezzo d'informazione che ha difeso la propria dignità, insieme
alla verità incontrovertibile dei fatti, è stato – e mi s/piace – "il
Manifesto". Di contro avevamo un autentico uragano trasversale, dal
fascista Fini a Piero Sansonetti di "Liberazione" (già distintosi per
quel suo "nostri ragazzi" di altra occasione), a confermarci una volta
di più nella surreale constatazione che non più di due destre si
tratta in questo paese, quella che si vanta tale e quella che si
mimetizza da centrosinistra, ma addirittura di tre. Perché non mi
potrete negare che la vicenda di Fabrizio Quattrocchi, andato in Iraq
con i suoi compari, armato come Rambo per ammazzare coloro che non si
peritavano di rivoltarsi contro un invasore carnefice, costituisca una
pietra di paragone tra chi, necessariamente a sinistra, al di là delle
totalmente irrilevanti modalità della morte (manipolate, pare, a fini
di "eroismo patriottico"), sta con la Resistenza irachena contro i
barbari nazisionisti e chi lo definisce "eroico protettore di gente
impegnata nella ricostruzione" (Mensurati, Radio Rai1) e "educato,
dignitoso, fiero…ricordo dolente di tutti noi (sic!)…ucciso da
terroristi… con affetto per la sorella di Fabrizio (sic!)…di cui
capisco perfettamente e apprezzo la commozione e l'orgoglio
(sic!)…" Parole del direttore di "Liberazione", quello dei
"nostri(sic!)ragazzi", che poi culmina in vette di aberrazione
mettendo nello stesso mattatoio dei 200.000 iracheni ammazzati da
invasori e loro ascari, mentre difendevano patria, sovranità, dignità,
socialismo, libertà, vita, come "vittima di questa guerra" colui e
coloro che ne sono stati i macellai e aiuto-macellai. Cosa non si fa
per stare al governo con D'Alema e i delinquenti di Tel Aviv e
Washington! Chissà se il personaggio ha sentito bruciarsi sulla faccia
gli schiaffi di un informato, onesto e coraggioso analista come Manlio
Dinucci sul "Manifesto", quando ci parla dei compiti di questi
"contractors", come "quello dell'interrogatorio dei prigionieri nelle
sale delle tortura di Abu Ghraib", o quando ci ricorda che il correo
di Quattrocchi, Salvatore Stefio, offriva "i suoi servizi a governi
che necessitano di una rapida risoluzione dei problemi di carattere
militare, di difesa e sicurezza interna…" Sberle che un anche minimo
soffio etico, prima ancora che politico, avrebbe dovuto far rimbalzare
sulle mosce guance di un sindaco, noto per amministrare la capitale
peggio messa d'Europa e in cambio aver spergiurato "mai stato
comunista", dopo una vita di prebende e onori tutta trascorsa nel PCI.
Sindaco che è asceso al Parnaso delle facce di bronzo quando ha
proposto di intitolare una strada al noto Quattrocchi. Non a Enzo
Baldoni, non ai bambini iracheni arrostiti dal fosforo, non ai
giornalisti non embedded fucilati o rapiti dagli occupanti. A
Quattrocchi. Fa il paio con quel governatore di Puglia, crociato dei
diritti PACS, che, coerentemente, intitola l'aeroporto di Bari al
compagno Woytila. La ripugnanza monta e noi lasciamo questi sicofanti
all'immondezzaio della storia e alla considerazione degli iracheni.

Passiamo a un'altra, questa volta di maggiore rilevanza storica e
politica, cartina di tornasole: il presidente legittimo dell'Iraq,
Saddam Hussein. Ricordo una riunione dei compagni dell' "Ernesto",
corrente che si vuole di sinistra nel PRC, in cui discutemmo di
Saddam, con me appena tornato dall'Iraq massacrato da 13 anni di
embargo totale, ma sempre in piedi e baluardo antimperialista. Una
figura di primissimo piano della dirigenza del partito, Bianca Bracci
Torsi, tra l'altro protagonista dell'annosa – e faticosa nel PRC -
battaglia per la memoria partigiana ed antifascista, che sentenziò:
"Uno che ha sterminato migliaia di comunisti, che ha gassato i curdi e
che è servito da strumento degli americani non può certo essere
annoverato nel campo dei progressisti". Il tutto condito dai soliti
riferimenti al "dittatore sanguinario", al "repressore del proprio
popolo", al "torturatore degli oppositori". Insomma, pari pari gli
stereotipi della propaganda imperialista elaborata scientificamente
dalle centrali governative della disinformazione, a partire dagli anni
'80, allo scopo di preparare l'opinione dei complici, degli ingenui e
dei fessi allo squartamento del paese più ricco di petrolio del mondo
e socialmente, industrialmente, politicamente più avanzato, insieme a
Cuba, del Sud planetario. Echi di Bush padre, che bombardò a morte
qualcosa come 100.000 civili iracheni, di Clinton che proseguì nella
garrota economica e bombarola di 2 milioni di innocenti, di Bush
figlio che s'illuse di completare l'opera cancellando l'intero paese
dalla faccia della Terra, salvo i pozzi di petrolio, i tagliagole
curdi e i preti collaborazionisti di obbedienza iraniana. Ma anche
echi, fedelmente ripetuti, dal suo ex-leader Massimo D'Alema, complice
di tutto questo e denunciato dai giuristi del PRC come criminale di
guerra per la cogestione dello scannatoio jugoslavo. E, decisivi, echi
dall'ex-grande punto di riferimento Leonida Brezhnev, che s'inventò la
strage dei comunisti per garantire un miserabile alibi al suo
tradimento del patto di amicizia e mutua difesa URSS-Iraq (1972),
quando si schierò con l'integralista espansionista Khomeini (lui, sì,
strumento di Israele e USA: ricordare l'Iran-Contras, le armi e i
piloti israeliani a Tehran, gli aiuti finanziari del Congresso USA dal
1980 al 1988, l'aggressione all'Iraq anche stimolando, armando e
pagando la rivolta dei curdi iracheni dopo aver sterminato quelli
iraniani, il rifiuto per sei anni della pace offerta da Saddam). Echi,
tutti questi, che evidentemente hanno saputo far sprofondare
nell'oblio l'antica consapevolezza nei compagni di come colonialismo e
poi imperialismo tratteggiarono ai propri fini figure come Fidel, Ho
Ci Min, Mao, Ben Bella e Boumedienne, Gheddafi, Yomo Keniatta
liberatore del Kenia (il "Mau Mau assiso tra i rami vestito di pelli
di leopardo, pronto con i suoi finti artigli a strappare il cuore ai
civilizzatori britannici") e chiunque abbia guidato il rifiuto armato
dei popoli alla schiavitù capitalista straniera. Risparmiando il non
violento Ghandi, ovviamente, visto che, persa per persa l'India nel
grande processo di decolonizzazione dopo la II guerra mondiale, il
nudo digiunatore della casta nobiliare quanto meno ti garantiva la
permanenza dell'India nel girone capitalista filobritannico del
Commonwealth, così sottraendo la vittoria e il potere alle forze
popolari di sinistra che per decenni avevano condotto la lotta
vincente contro viceré britannici e marajà indigeni.

Naturalmente il connubio coesistente antiracheno tra URSS e USA aveva
delle volgari basi geostrategiche. All'Occidente e ai suoi corifei
italioti nel nuovo colonialismo globale conveniva sabotare, con la
proiezione di un Saddam cialtrone doppiogiochista, finto
antimperialista e servo degli USA, l'eventualità di un'insidiosa
solidarietà con l'Iraq assediato, affamato, bombardato e infine
calpestato, da parte di "sinistre", un tempo ancora a sinistra, aduse
a schierarsi politicamente e anche materialmente a fianco delle lotte
di liberazione e per il riscatto dei "proletari di tutto il mondo". A
Brezhnev e al suo codazzo terzinternazionalista, rassegnati al
socialismo in un solo paese grazie alla vergogna di Yalta, interessava
tenersi caro il fanatico oscurantista e anticomunista, confinante con
le proprie regioni musulmane già in processo di autonomia dall'Unione
e questo valeva, nel 1979-80, il tradimento dei trattati con l'Iraq
laico ed antimperialista e la criminalizzazione di Saddam
"massacratore di 5000 comunisti", magari "su indicazione Cia". Una
balla megagalattica, quanto quella sui curdi di Halabja gassati nel
1988, smentita, oltrechè dai giornalisti sul posto, dagli stessi
servizi delle grandi potenze, Cia in testa (furono gli iraniani a
lanciare il gas contro truppe irachene vicine a quel villaggio: vedi,
tra le altre fonti, il "New York Times" del 31 gennaio 2004). Una
balla che si ridusse a quei 140 dirigenti del PC iracheno processati e
giustiziati per alto tradimento, secondo le stesse ammissioni
dell'attuale PCI collaborazionista e partecipe del governo fantoccio
insediato dagli USA, per aver obbedito a Mosca facendo la spia, o
essendo andati a combattere contro il proprio paese nella guerra
Iraq-Iran.

Non è questa l'occasione per andare a rovistare nell'immenso letamaio
di menzogne rovesciate su Saddam e sul partito Baath allo scopo di
cancellare un modello sociale e politico incompatibile con Pensiero
Unico e Nuovo Ordine Mondiale, rubare il petrolio e normalizzare
sionisticamente il Medio Oriente, al di là di ogni ipotesi di
riunificazione araba di cui l'Iraq è stato, dopo Nasser e Boumedienne,
il massimo polo. Letamaio cui è stato consentito di inquinare e
lobotomizzare chi avrebbe dovuto avere maggiore capacità di
discernimento, specialmente dopo analoghe campagne di satanizzazione
all'indirizzo di difensori di sovranità, progresso sociale, libertà
come Slobodan Milosevic o Fidel Castro. Certe idiozie grottesche si
sono già dissolte al sole della razionalità o delle rivelazioni dei
pochi investigatori sottrattisi all'omologazione praticata dai vocati
al servilismo: la finta infermiera e vera figlia dell'ambasciatore del
Kuweit a Washington che piagnucola su "neonati kuweitiani strappati
dalla soldataglia irachena dalle incubatrici e scagliati a terra a
morire"; il tritaplastica in cui "Saddam infilava gli oppositori
politici a piedi in giù", inventato da una deputata laburista per
agevolare le bugie guerrafondaie di Blair; i calciatori che, persa una
partita, venivano prima "picchiati sulle piante dei piedi e poi fatti
allenare con palle di ferro" dal presidente della società Uday
Hussein, figlio del presidente che, tra le altre efferatezze, girava
per Baghdad "sequestrando fanciulle e gettandole nel pozzo dopo averne
abusato"; lo sterminio di popolazioni scite in rivolta dopo la prima
aggressione imperialista (Bellini e Cocciolone), dove si trattava
invece di milizie iraniane infiltrate con la copertura degli ayatollah
iracheni oggi al fianco degli occupanti; l'analogo massacro di curdi,
laddove il Curdistan iracheno era stato l'unico spazio in cui quel
popolo diviso aveva ottenuto autonomia, autogoverno e pari dignità e
ruolo nel governo nazionale e si trattava di fermare la rivolta, sotto
guida israelo-statunitense, di due capitribù narcotrafficanti, Barzani
e Talabani, quest'ultimo oggi capo dello "Stato" in virtù di servigi
ai genocidi. Si potrebbe continuare per ore incidendo da tutte le
parti il tumore dell'antisaddamismo coltivato con iniezioni ventennali
di menzogne, fino a ridurlo alle sue vere dimensioni di truffa dalle
proporzioni cristiane ( e gli amici atei sanno cosa intendo).

Ne parlerà con grande conoscenza di causa un libro di Valeria Poletti,
di prossima pubblicazione per i tipi di Achab e di cui si darà la più
diffusa comunicazione. Un volume documentatissimo che ci racconta
l'Iraq dalla colonizzazione, attraverso la rivoluzione, l'incredibile
riscatto economico e sociale, fino ai giorni dell'incubo imperialista
e dell'eroica resistenza di un popolo che, preparato da tempo alla
bisogna, riesce a costruire il fronte avanzato e decisivo dello
scontro con i più sanguinari "padroni del mondo" che siano mai
comparsi. Non per nulla merita il riconoscimento di tutte le persone
perbene, come Fidel e Chavez ci insegnano Un lavoro che svergogna una
volta di più la pigra e silente indifferenza della nostra
informazione, quella presunta alternativa compresa, verso la realtà di
un paese, un popolo, un nodo geopolitico che pure rappresentano il
massimo dramma mondiale del dopoVietnam. Ricordo la grande attenzione,
gli occhi strabuzzati e le bocche spalancate delle migliaia di persone
che ho incontrato durante tre lustri di dibattito e conferenze e con
le quali ho dovuto essere il primo a illustrare il vero Iraq, il vero
Saddam, la vera ragione di uno scontro epocale, pur essendo i dati che
riferivo, a parte la mia trentennale frequentazione del paese,
ampiamente disponibili in rapporti e statistiche ONU, Unicef, Unesco,
PAM, Banca Mondiale e altre istituzioni internazionali che registrano
i percorsi economici e sociali dei popoli.

Qui interessa piuttosto, alla luce di uno dei processi più simili a
quelli dell'Inquisizione cattolica e a cui Saddam sta tenendo testa in
modo, questo sì, eroico, non meno di Milosevic nella vergognosa burla
giuridica dell'Aja, ripercorrere brevemente le orme del cammino di un
paese che, lasciato dai colonialisti inglesi nel più abietto
sottosviluppo, senza ospedali, senza scuole, senza industria, in pochi
anni, cacciati i colonizzatori quasi a mani nude, seppe, attingendo
alle radici della più antica e ai suoi tempi progressiva civiltà del
mondo, forgiarsi in nazione e diventare un modello di giustizia
sociale e di coerenza antimperialista. Saddam sta in un carcere e
porta i segni delle torture dei "portatori di democrazia", giudicato
da un banda di venduti pseudomagistrati, accusato da testimoni
occulti, nascosti, anonimi, che leggono filastrocche preparate dagli
sgherri di un occupante che detta ogni aspetto e ogni mossa politica
ed economica del paese al fine di completarne la distruzione e il
saccheggio. Fuori gli squadroni della morte dei collaborazionisti
sciti e curdi, creati dagli angloamericani insieme al fantasmatico
burattino Al Zarkawi (cui tutti offrono ormai scandalosa credibilità)
e addestrati e pagati dai pasdaran iraniani, giustiziano a migliaia
coloro che appartengono a quell'82% di iracheni che rifiutano
l'occupazione; il resto sono curdi ammaestrati da Israele e pescicani
dell'esilio rientrati per le briciole del banchetto). Fuori, le armate
terroristiche degli occupanti, di fronte a un'impossibile vittoria sul
terreno e all'indomabile resistenza di città e villaggi, hanno
quintuplicato i bombardamenti aerei indiscriminati, le incursioni a
fini di rastrellamenti (60.000 i detenuti) pure indiscriminati, gli
stupri di massa, il furto ai feriti e uccisi di organi destinati al
mercato dei plutocrati statunitensi, gli attentati stragisti da
attribuire alla Resistenza la devastazione e rapina degli un tempo
smisurati beni archeologici e culturali, l'uso a tutto spiano di armi
di distruzioni di massa dai gas al napalm e al fosforo, le torture,
insomma tutto quello che dovrebbe servire a terrorizzare e convincere
alla resa un popolo che deve pagare per aver già sconfitto una volta
la criminalità statuale internazionale e per aver imparato che a
resistere si vince.

Dentro sta Saddam. Fuori stanno, a conferma dei peggiori tempi vissuti
dall'umanità da secoli a questa parte (il nazifascimo, se non altro,
era territorialmente e temporalmente più circoscritto), Sharon, boia
di Sabra e Shatila e promotore della "soluzione finale" per
palestinesi e arabi; Bush, i suoi santoli e padrini della cabala
nazisionista e narcotrafficante, tra i cadaveri e le macerie degli
attentati "islamici", da costoro orditi per poter sequestrare e
sfoltire l'umanità; Blair, tardovittoriano alla ricerca degli scarti
dell'altrui colonialismo, connivente del complotto criminale e che con
il socio d'oltreatlantico ha freddamente costruito le bugie della
demonizzazione e dell'integralismo islamico; Berlusconi, D'Alema,
soldati di ventura Nato-USA, esecutori sul posto degli ordini dei
carnefici imperiali; tutta la Grande Armada dello storico terrorismo
di Stato USA, fin da coloro che governavano le stragi e i terrorismi
in Italia e continuano a governarli, dalla Grecia all'America Latina,
a Libano, Spagna, Egitto, Turchia, Giordania, Kosovo e ovunque gli
pare funzionale far apparire la propria agenzia di provocazioni, Al
Qa'ida: i Rumsfeld, Wolfowitz, Ledeen, Negroponte, North, Abrams,
Posada Carriles, Orlando Bosch., Khalilzad e i mille e mille
subordinati esteri, da Delle Chiaie in giù.

Saddam sta dentro. Non era un santo, Saddam. Era il governante di un
popolo, già annegato nell'uranio, che sopravviveva a forza di lacrime,
sudore e sangue, sbaragliando insidie mortali a ogni angolo e da ogni
parte, provocatori, spie, affamatori, infiltrati, sobillatori per
conto dell'imperialismo, aggressori armati, sabotatori interni e
internazionali, durante tutti i quasi cinquant'anni del suo cammino di
emancipazione. Un popolo che, dopo aver sparso saggezza e scienza nel
mondo, durante gli ultimi mille anni non aveva subito che regimi
autocratici imposti da fuori e a cui non si poteva certo chiedere una
maturazione illuministica verso la democrazia in quattro e
quattr'otto, tanto più che quella democrazia si presentava e si
presenta negli abiti marci della democrazia borghese. Un popolo che
non poteva "essere gentile", come dice Brecht, non stava a capotavola
di un pranzo di gala. Questo lo dico, mentre mi incombono i Bush, gli
Sharon della "Sinistra per Israele", i D'Alema del paesicidio
jugoslavo, i Giuliano Ferrara che vanno in orgasmo per ogni strage
sionista o teocon, le Fallaci onorate di paginoni dal Corriere, i
Magdi Allam che sul tabloid scandalistico "La Repubblica"
s'inventavano i campi di Al Qa'ida in Iraq là dove c'erano campi
militari ufficiali, visitati cento volte da ispettori ONU,
vasellinatore del nuovo razzismo universale islamofobico, e tanta,
tanta gentaccia. Questo lo dico avendo vissuto di persona, da metà
degli anni '70 in poi, tempi dell'unica nazionalizzazione del
petrolio, difesa per trent'anni fino al 9 aprile 2003, arrivo dei
vandali, l'esaltante esperienza di un popolo che prendeva coscienza di
sé, della sua storia offuscata, della sua dignità negata, del suo
ruolo da protagonista nello scontro tra giusti e delinquenti. Il
processo di acquisizione, dopo secoli di polvere e esclusione,
dell'autostima. Qualcosa che oggi si vive nel Venezuela di Chavez. Un
popolo, infine. La cui non ultima nobiltà è stata di essere rimasto
fino all'ultimo giorno, unico, a fianco del popolo palestinese e alle
sue intifade.

E quest'uomo, che non era un santo, ma che, dopo aver partecipato a
una rivoluzione e poi guidato l'altra, sfidando l'impossibile e il
mondo coalizzato, con l'eccezione, allora, dei paesi socialisti, di
questo processo è stato l'inventore, il simbolo, il coagulatore. Per
primo, i diritti umani. Non quelli che tanto agitano i nostri
vessilliferi di democrazie al polistirolo. Quelli che interessano ai
popoli, agli esclusi, ai fuori-dalla.-storia. Agli eterni proletari.
La conoscenza per essere soggetto di cultura e quindi di politica e
quindi di destino. Un'alfabetizzazione totale in un paese totalmente
analfabeta. Una sanità di altissimo livello con professionisti che dal
processo in cui erano inseriti avevano tratto un'etica un po' diversa
dai nostri primari d'ospedale e dalle nostre larve nel formaggio delle
cliniche private, tanto da dover essere ammazzati dagli occupanti
perché smettano di curare un popolo destinato all'estinzione. Orari di
lavoro, sindacati, maternità, previdenza, pensioni, anziani, bambini,
donne libere e ad ogni livello di produzione e direzione; scienza,
agricoltura, industria, arti che invadevano e accendevano il mondo
arabo e oltre. E orgoglio. E consenso. E come si potrebbe non avere
consenso quando un partito, il Baath, socialista, arabo e la sua
direzione, per la prima volta nella storia e nella regione,
distribuiscono la ricchezza in maniera equa, senza satrapi e senza
mendicanti. Diritti umani che hanno consentito al governo di
distribuire le armi da tenere in casa a sei milioni di cittadini,
praticamente tutti quelli in grado di impegnarsi nella difesa, senza
temere quell'insurrezione che si sarebbe verificata se solo il
"regime" fosse stato quello descritto, o strumentalmente o vilmente,
dall'universo mondo. Sei milioni che oggi tengono testa, in nome di
noi tutti, alla più possente criminalità di Stato di tutti i tempi.
Diritti umani che hanno messo un popolo in condizione di difendersi
oltre ogni immaginazione, oltre ogni ottuso e ignorante pregiudizio,
sulla base di una coscienza politica, sociale e nazionale che ne fa
oggi l'avanguardia della risposta degli uomini ai loro terminator.
Sicuramente non tutto è stato fatto da Saddam, chè corollario della
costruzione di una nazione è la formazione di una classe politica
all'altezza. Il merito massimo va a un popolo che in Saddam si è
riconosciuto, ma che per la meta dell'emancipazione e della sovranità
si è battuto incessantemente, con coraggio e intelligenza, tra
sacrifici inenarrabili. Ovviamente i media non ce le raccontano le
mille manifestazioni con i ritratti del presidente in tante città
irachene, e la sinistra, intrisa di spocchia eurocentrista, avvitata
nella sua opportunistica "spirale guerra-terrorismo". ovviamente le
snobba, attribuendole a un perverso indottrinamento, non ancora
risanato dalla "democrazia".

Guardiamo Saddam nella gabbia dello pseudoprocesso condotto da chi,
dopo aver ammazzato due milioni di iracheni e tentato di disintegrare
l'anima di quel popolo liquidandone la memoria storica, la cultura,
l'intelligenza, tutto il patrimonio umano, spera, con un'esecuzione
prestabilita da colui che è il vero dittatore sanguinario d'Iraq,
quello a stelle e striscie, di decapitarlo definitivamente e di
consegnarne le membra sparse ai tirapiedi con turbante che già lo
avevano servito quando recava la britannica croce di Sant'Andrea.
Guardiamo e ascoltiamo Saddam, senza farci ottundere dai veleni
somministratici dai cerusici di tutti gli inganni e di tutte le
superstizioni. Da un uomo senza l'ombra di una paura, ma con tutta la
sacrosanta collera che, dopo aver fatte sue le aspirazioni del suo
popolo alla giustizia e al benessere, ne soffre l'agghiacciante
ingiustizia e tragedia, ascoltiamo: "Ovviamente non sono colpevole, ma
so benissimo che mi vogliono morto. Ma

essendo il comandante in capo, preferisco essere fucilato da un
plotone d'esecuzione. Combatto la tirannia USA in nome degli iracheni,
degli arabi, dei popoli di tutto il mondo. Sono certo che gli Stati
Uniti non saranno in grado di imporre un Nuovo Mondo. Quanto a me, ho
operato per gli arabi e ho fatto il mio dovere. Sono convinto che il
popolo iracheno combatterà fino all'ultimo. Non accetterà mai un
dominio straniero. All'aggressione si resisterà fino a quando l'ultimo
degli americani, dei loro alleati e fantocci, sarà stato cacciato
dall'Iraq.

Non m'importa di morire, non è che sono molto attaccato a questa vita.
Per ogni essere umano c'è un tempo per andare. La vita di ogni singolo
iracheno vale quanto la mia."Ascoltiamo. E forse non ci
scandalizzeremo del titolo di questo articolo.

Saddam verrà ucciso. Ma io, che mi sono mescolato a quelle genti
quando rinascevano, crescevano, resistevano, morivano, so che non
finiranno di piangerlo mai. C'è qualcuno che possa dire lo stesso di
Bush, Blair, Clinton, D'Alema, Prodi? A dispetto della spaventosa
regressione in cui papi, ayatollah, rabbini, presidenti serial killer,
generali fosforizzanti, terroristi travestiti, mercenari torturatori,
finte sinistre, idolatri ed egolatri, dirittiumanisti, stanno
trascinando il mondo intero, gli iracheni non si arrendono. Continuano
ad andare avanti. Magari non con i diktat delle tavole di Mosè,
piuttosto con il Codice di Hammurabi che, primo, fece gli uomini
uguali davanti alla legge. Merito anche di Saddam Hussein. La storia
gliene renderà merito.

CORRUZIONE E CRIMINE ORGANIZZATO NELLA SERBIA CAPITALISTA:
LA COLPA È DI MILOSEVIC - LO DICONO GLI ITALIANI, PERSONE INTEGERRIME


...La corruzione e il crimine organizzato, storicamente radicati anche
nella vecchia Europa del cosiddetto socialismo reale [SIC], si erano
ulteriormente sviluppati nell'ex Jugoslavia degli anni '90 sotto il
regime di Slobodan Milosevic [SIC] e restano tuttora fenomeni diffusi,
malgrado i cinque anni trascorsi dalla caduta di 'Slobo'...

SERBIA: CORRUZIONE, IN MANETTE NUMERO DUE BANCA CENTRALE

(ANSA) - BELGRADO, 12 GEN - Manette ai polsi per corruzione al
vicegovernatore della Banca centrale di Serbia, Dejan Simic, arrestato
dalla polizia con l'accusa d'aver intascato una mazzetta pari ad
almeno 100.000 euro. L'arresto e' stato eseguito ieri, ma la notizia
e' stata resa pubblica solo oggi, direttamente dal ministro
dell'interno, Dragan Jocic.
Jocic, parlando in tv, non ha fornito dettagli sulla vicenda,
limitandosi a sottolineare l'importanza dell'indagine e la volonta'
dichiarata del governo in carica di Vojislav Kostunica di combattere
il malaffare per favorire il lungo cammino verso l'integrazione
europea intrapreso dalla Serbia del dopo Milosevic. ''Il governo serbo
considera la lotta alla corruzione e alla criminalita' organizzata,
cosi' come il consolidamento di uno Stato di diritto, priorita' vitali
per il futuro del Paese'', ha detto il ministro.
Simic, 38 anni, specialista di diritto commerciale, ricopriva la
carica di numero due della Banca centrale di Belgrado dal settembre
2004 [SIC]. In passato [DOPO LA CADUTA DI MILOSEVIC] aveva collaborato
in veste di consulente con l'agenzia nazionale delle privatizzazioni
[SIC].
Secondo fonti di polizia, l'accusa che lo riguarda fa riferimento in
particolare a una tangente da 100.000 euro.

La corruzione e il crimine organizzato, storicamente radicati anche
nella vecchia Europa del cosiddetto socialismo reale, si erano
ulteriormente sviluppati nell'ex Jugoslavia degli anni '90 sotto il
regime di Slobodan Milosevic e restano tuttora fenomeni diffusi,
malgrado i cinque anni trascorsi dalla caduta di 'Slobo'. [SIC]

La piaga persiste [SIC] del resto in modo sostanzialmente uniforme in
quasi tutti i Paesi gravitanti un tempo attorno al blocco sovietico
[SIC], compresi alcuni gia' ammessi nell'Unione Europea [MA
GUARDA...]. Un recente rapporto della Banca europea per la
ricostruzione lo sviluppo (Bers) ha peraltro riconosciuto alla nuova
Serbia - che nel 2005 ha varato ben quattro leggi ad hoc, piuttosto
draconiane, contro il malaffare - di aver realizzato nella lotta alla
corruzione progressi piu' significativi rispetto a Paesi
centro-orientali membri dell'Ue come Polonia o Ungheria. (ANSA). LR
12/01/2006 15:13

--- In ita-jug, "Iniziativa PARTIGIANI!" ha scritto:

[ sul caso della denuncia contro l'Associazione Promemoria si veda anche:
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/promemoriats.htm
Sulla figura di Giuseppe Maras si vedano anche:
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/amaras.htm
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/profili.htm#maras
Sul Museo Garibaldino di Porta San Pancrazio si veda:
http://www.garibaldini.it/museo.htm ]

---

Da: sandi.volk
Data: Mar 10 gen 2006 17:58:47 Europe/Rome
Oggetto: Fw: info e foto bandiera Brigate Garibaldi

Vi comunico che la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti del
nostro vicepresidente è stata archiviata e vi allego il comunicato
stampa che abbiamo mandato in giro. Grazie ancora per l'aiuto.
Cordiali saluti e buon anno
Sandi Volk

---

Promemoria
Associazione per la difesa dei valori dell'antifascismo e dell'antinazismo
Drustvo za zascito vrednot protifasizma in protinacizma
e-mail: promemoriats @ virgilio.it


Trieste, 10.1.2006
COMUNICATO STAMPA


Oggi 10 febbraio 2006 il GUP di Trieste ha archiviato la richiesta del
PM Milillo di rinvio a giudizio del nostro vicepresidente per
vilipendio alla bandiera perché aveva sventolato una bandiera italiana
con la stella rossa, vessillo delle brigate partigiane Garibaldi. Al
di la della gravità della richiesta del PM, che se acettata avrebbe
significato far passare la criminalizzazione dei simboli della
Resistenza, il tribunale di Trieste ha con la sua decisione sancito
che sventolare quella bandiera non costituisce alcun reato. Promemoria
continuerà pertanto a sventolarla con orgoglio nelle sue
manifestazioni, come continuera nella battaglia per impedire un altro
insulto ai combattenti della Resistenza e alle vittime del nazismo,
quello di essere equiparati nell'intitolazione del monumento di piazza
Goldoni a Trieste a chi militò in vari modi e a vario titolo dalla
parte del nazismo e del fascismo. L'Associazione Promemoria ringrazia
quanti hanno aderito al suo appello e tutti coloro che stamane hanno
partecipato al presidio indetto assieme all'ANPI davanti al tribunale
di Trieste, in particolare i rappresentanti delle associazioni
degli ex deportati e degli ex perseguitati politici antifascisti di
Trieste e la numerosa delegazione di appartenenti alle associazioni
dei militanti del movimento di liberazione del Capodistriano. Informa
inoltre che il 3 febbraio 2006 alle ore 20 circa si terrà presso
l?agriturismo Milic di Zagradec/Sagrado (TS) una cena di sostegno a
Promemoria, prima della quale verrà presentato (alle ore 19:30) il
video di testimonianze sul campo di concentramento di Gonars
realizzato da Alessandra Kersevan. Coloro che volessero partecipare
sono invitati a prenotare al n° 3495015941 oppure per mail
all'indirizzo promemoriats @ virgilio.it.

Per Promemoria
Il presidente
Sandi Volk

Per contatti: 3495015941

---

----- Original Message -----
From: "ANPI SEGRETERIA NAZIONALE"
To: sandi.volk
Sent: Monday, January 02, 2006 4:01 PM
Subject: info e foto bandiera Brigate Garibaldi

Caro Sandi Volk,
come da accordi telefonici, le inviamo due foto, raffiguranti la
bandiera garibaldina, prese in Jugoslavia nel 1945.

1) G. Vrapce 19 maggio 1945. La Divisione 'Italia' celebra la fine
della guerra.

2) Zagabria 15 maggio 1945, campo sportivo 'Concordia'. Cerimonia e
rassegna militare per la fine della guerra.

Gli originali, assieme ad altri scatti, sono conservati presso il
Museo Garibaldino di Porta San Pancrazio -

Largo Porta San Pancrazio, 9 - 00153 Roma. Tel. 065415592

Direttore del museo è l'architetto Fabrizio Santini.

Il Museo custodisce anche il Tricolore con al centro la stella rossa,
vessillo dei partigiani italiani in terra slava. Foto e bandiera sono
state donate al Museo Garibaldino dalla Medaglia d'Oro, Giuseppe
Maras, Comandante partigiano della Divisione "Italia" in Jugoslavia
(purtroppo ora scomparso).

Augurandoci che la vicenda di cui ci scrive venga chiarita al più presto,
un cordiale saluto

la Segreteria Nazionale ANPI


=== * ===

P A R T I G I A N I !
Una iniziativa internazionale ed internazionalista
nel 60.esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo

https://www.cnj.it/PARTIGIANI/index.htm

Per contatti: PARTIGIANI! c/o RCA/CNJ,
Via di Casal Bruciato 27, I-00159 Roma
partigiani7maggio @ tiscali.it
FAX +39-06-43589503

=== * ===

--- Fine messaggio inoltrato ---

Bosnia: Truppe di occupazione italiane uccidono donna, feriscono
figlio, catturano marito

---

LINKS TO ARTICLES IN ENGLISH:

Our Friends, the Peacekeepers. Merry Christmas, EUFOR-Style
(January 12, 2006 - by Nebojsa Malic)

http://www.antiwar.com/malic/?articleid=8373

BOSNIA: ONE DEAD IN BATTLE WITH PEACEKEEPERS
(ADN Kronos International (Italy) - January 5, 2006)

http://groups.yahoo.com/group/yugoslaviainfo/message/6195
http://www.adnki.com/index_2Level.php?cat=Security&loid=8.0.246590932&par=0

Wife of Bosnia war crimes suspect killed in raid
(By Zeljko Debelnogic - Reuters - January 5, 2006)

http://groups.yahoo.com/group/yugoslaviainfo/message/6195
http://www.newkerala.com/news.php?action=fullnews&id=79799

Bosnian Serb president condemns EU peacekeepers after shootout
(AP, Jan 06, 2006 4:31 AM)

http://calibre.mworld.com/m/m.w?lp=GetStory&id=179186821

MANY OTHER DISPATCHES AT:

http://groups.yahoo.com/group/decani2/messages/

---

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5125/1/51/

Vittime di pace

11.01.2006 scrive Massimo Moratti
I carabinieri dell'Eufor uccidono in una sparatoria a Rogatica, in
Bosnia Erzegovina, la moglie di un ricercato per crimini di guerra.
Feriti il latitante e il figlio. Discordanti le versioni
sull'accaduto. Proteste delle autorità bosniache e della Republika
Srpska, le truppe internazionali parlano di legittima difesa


È finito in modo tragico il tentativo da parte delle forze [ITALIANE,
ndCNJ] della Missione di pace [SIC] di EUFOR di arrestare un presunto
criminale di guerra serbo-bosniaco a Rogatica, nella Republika Srpska
ad una settantina di chilometri da Sarajevo. Un morto e due feriti
gravi sono il risultato della sparatoria avvenuta il 5 gennaio scorso
tra le truppe internazionali e i membri della famiglia Abazovic, di
Rogatica. Su come siano andati i fatti, le versioni sono più che
discordanti. La persona morta è Rada Abazovic, di 46 anni, moglie del
sospetto criminale di guerra Dragomir Abazovic, 48 anni. I feriti sono
il figlio undicenne della coppia, Dragoljub e il sospetto criminale di
guerra, Dragomir. Rada Abazovic è morta per le ferite riportate nella
sparatoria con EUFOR, due ore dopo il suo ricovero all'ospedale di
Foca. Il figlio Dragoljub sembra non essere più in pericolo di vita.
Dragomir Abazovic, è stato trasferito all'ospedale di Sarajevo dove è
stato operato ed è stato preso in consegna dalla SIPA, l'agenzia di
polizia statale.

EUFOR ha emanato due comunicati stampa allo scopo di chiarire la
vicenda che sta suscitando notevoli polemiche in Bosnia e che è stata
ripresa da numerose testate giornalistiche in tutto il mondo [TRANNE
CHE IN ITALIA, ndCNJ]. Secondo quanto riportato da EUFOR, il
comandante di una pattuglia di carabinieri stava effettuando una
ricognizione allo scopo di identificare la posizione di Abazovic, per
il quale era stato emanato un mandato di arresto dal tribunale
cantonale di Sarajevo nel 2002. Il comandante della pattuglia di EUFOR
ha contattato la polizia della Republika Srpska affichè questa potesse
effettuare l'arresto. Abazovic, avendo scorto i veicoli dell'EUFOR, si
è dato alla fuga. Nel frattempo, sua moglie e il figlio avrebbero
aperto il fuoco su EUFOR con un kalashnikov. I soldati hanno poi
inseguito Dragomir Abazovic che, vistosi circondato, ha rivolto l'arma
contro di sè, ferendosi gravemente ed è stato poi arrestato. La moglie
di Abazovic, sempre secondo il comunicato stampa di EUFOR, ha
continuato a sparare sui soldati, consumando circa 4 caricatori. Alla
fine, sia lei che il figlio sono stati raggiunti dai colpi di EUFOR e
immobilizzati [SIC]. Poco dopo sono sopraggiunte sia la polizia che
un'ambulanza che hanno preso in consegna i feriti. Il comunicato di
EUFOR esprime rincrescimento per la perdita di vite umane, ma
ribadisce che i soldati hanno sparato per legittima difesa.

Le polemiche sono scoppiate immediatamente. La polizia della
Republika Srpska e la SIPA (State Information and Protection Agency,
una sorta di FBI della Bosnia, con i compiti di fermare il crimine
organizzato, proteggere le istituzioni e investigare crimini di
guerra) hanno smentito di aver partecipato all'azione, contrariamente
alle voci che si erano diffuse all'inizio.

La stampa locale ha poi riportato le dichiarazioni di un testimone
che contraddice la versione data da EUFOR. Un vicino e amico della
famiglia ha detto che, mentre assieme a Dragomir Abazovic stava
facendo i preparativi per il Natale ortodosso (che si celebra il 7
gennaio), hanno visto arrivare una jeep, dalla quale i soldati, senza
alcun avvertimento, hanno iniziato a sparare su di loro. Al che
Dragomir è fuggito in un campo vicino, mentre sua moglie era già stata
colpita. Il figlio invece, già ferito dai soldati, è stato l'unico a
sparare, ma alla fine è stato il vicino che lo ha disarmato.

Sul piano politico, il presidente della Republika Srpska Dragan Cavic
ha inviato una lettera di protesta al generale Gianmarco Chiarini, il
comandante di EUFOR, chiedendo che vengano chiarificate le circostanze
dell'uccisione di Rada Abazovic e del ferimento del figlio. Nella sua
lettera, Cavic dice che, nonostante il mandato dell'EUFOR in Bosnia ed
Erzegovina, nessuno ha il diritto di uccidere e che la sparatoria è
stata una brutale dimostrazione di forza. Cavic ha anche richiesto che
venga condotta un'investigazione su questi avvenimenti. Borislav
Paravac, il membro serbo della presidenza si è unito alla protesta di
Cavic, ribadendo che è giunta l'ora di porre fine a tali azioni dove
non viene dato peso alla perdita di vite di singoli individui. Il
ministro degli interni della Republika Srpska, Darko Matijasevic,
esprimendo lo shock per l'accaduto, ha detto che l'azione è stata
condotta in modo non professionale e che dopo che il Ministero degli
Interni della Republika Srpska avrà condotto la propria inchiesta vi
saranno delle "energiche discussioni" con EUFOR.

Non è la prima volta che l'azione delle truppe internazionali in
Bosnia ed Erzegovina (la missione EUFOR ha infatti ereditato il
mandato dalla missione NATO, SFOR) ha conseguenze letali per la
popolazione locale. Nel 1997 e 1999 due persone indiziate per crimini
di guerra dall'Aja (Simo Drljaca a Prijedor e Dragan Gagovic a Foca)
furono uccisi dalle truppe SFOR nel tentativo di arrestarli: Drljaca a
quel tempo sparò sulle truppe, mentre Gagovic cercò di investire [SIC]
i soldati francesi che avevano creato un posto di blocco [QUESTA
RICOSTRUZIONE DEI FATTI È NOTORIAMENTE FALSA, ndCNJ]. Nell'aprile
2004, poi, il pope ortodosso di Pale e suo figlio furono gravemente
feriti, nel tentativo andato a vuoto di arrestare Radovan Karadzic che
secondo fonti di intelligence, rivelatesi poi inesatte, si nascondeva
nella canonica. In quell'occasione, due inchieste sull'accaduto
condotte da SFOR e dalle autorità locali giunsero a risultati
completamente contraddittori. Nell'ottobre 2004, in un'azione a cui
parteciparono anche le forze di polizia locali, una persona indiziata
per crimini di guerra rimase ferito a Bileca.

L'anomalia di questo caso è che Dragomir Abazovic non è sulla lista
dei criminali di guerra del Tribunale dell'Aja, ma era stato il
tribunale cantonale di Sarajevo a ordinarne l'arresto per un mese nel
1999 e nel 2001 per crimini di guerra. Il caso è poi stato preso in
consegna dalla Camera per i Crimini di Guerra del Tribunale della
Bosnia ed Erzegovina che però, secondo quanto riporta la stampa
locale, non ha emanato nessun mandato d'arresto per Abazovic. Abazovic
è sospettato di crimini di guerra contro i musulmano-bosgnacchi
commessi a Rogatica, cittadina che nel corso del conflitto aveva
subito una pesante pulizia etnica da parte delle forze serbobosniache
[SIC].

---

SI NOTINO LE DIVERSE VERSIONI DEI FATTI:

BOSNIA: CARABINIERI CATTURANO RICERCATO DOPO SPARATORIA

(ANSA) - SARAJEVO, 5 GEN - Nell'operazione di arresto di un serbo
bosniaco ricercato per crimini di guerra, condotta oggi, con il
sostegno della polizia locale dai carabinieri dell'Ipu (Integrated
police unit) dell'Eufor, la Forza di pace europea in Bosnia, sono
rimasti feriti il ricercato Dragomir Abazovic, la moglie Rada e il
figlio dodicenne Dragoljub. Lo ha reso noto oggi il comando di Eufor a
Sarajevo.
Appena i carabinieri hanno cominciato a schierarsi intorno alla casa
di Abazovic a Rogatica, cento chilometri circa a est di Sarajevo nella
Republika Srpska (Rs, entita' a maggioranza serba di Bosnia), la
moglie Rada e il ragazzo hanno aperto il fuoco con un Kalasnikov
contro i militari italiani, mentre l'uomo ha tentato di fuggire nel
bosco dietro la casa. Nella sparatoria, sono rimasti feriti, sembra
non gravemente [SIC], la donna e il ragazzo.
Abazovic e' stato inseguito dai carabinieri e trovato nel bosco ferito
alla testa dopo che aveva tentato di suicidarsi [SIC] con la pistola
trovata accanto a lui. Non si sa ancora se sia ferito in modo grave.
L'intera famiglia e' stata trasportata all'ospedale di Foca.
La polizia locale sta effettuando i rilievi sul posto e sta esaminando
le armi usate dagli Abazovic, il kalasnikov e la pistola, e anche gli
automezzi colpiti dei carabinieri. Nella sparatoria nessun militare
italiano e' stato ferito.
Contro Abazovic c'e' un ordine di cattura del Tribunale di Sarajevo
del 2002 per omicidio plurimo perpetrato a Rogatica, durante la guerra
in Bosnia (1992-95).
L'Eufor, che nel dicembre del 2004 ha sostituito in Bosnia la Forza di
pace della Nato, Sfor, e' forte di circa 6.300 uomini e dallo scorso
dicembre e' comandato dal generale Gian Marco Chiarini. (ANSA) COR-GA
05/01/2006 15:53

BOSNIA: DECEDUTA DONNA FERITA IN SPARATORIA CON CARABINIERI

(ANSA) - SARAJEVO, 5 GEN - E' deceduta nell'ospedale di Foca, in
Bosnia orientale, Rada Abazovic, moglie del serbo bosniaco Dragomir,
rimasta ferita oggi in un conflitto a fuoco con i carabinieri dell'Ipu
(Integrated police unit) dell'Eufor, mentre il marito, ricercato per
crimini di guerra, cercava di sfuggire all'arresto. Lo hanno reso noto
i media richiamandosi a fonti mediche. Nella sparatoria e' rimasto
ferito anche il figlio dodicenne di Abazovic, Dragoljub, mentre il
ricercato, secondo fonti di Eufor, aveva tentato il suicidio
sparandosi alla testa. Entrambi sono ricoverati all'ospedale di Foca.
(ANSA) COR-GA
05/01/2006 17:07

BOSNIA: SPARATORIA ROGATICA, TESTIMONE CONTRADDICE EUROFOR

(ANSA-AFP) - BANJA LUKA, 87 GEN - Un testimone ha contraddetto la
versione data dall'Eurofor dell'uccisione della moglie di un ricercato
serbo bosniaco, giovedi' in una sparatoria a Rogatica, 60 km a est di
Sarajevo, nella Republika Srpska (Rs). Secondo la versione della Forza
di pace dell'Unione europea in Bosnia Erzegovina, ad aprire per prima
il fuoco contro i carabinieri dell'Eurofor giunti per arrestare il
marito accusato di crimini di guerra era stata la donna, Rada
Abazovic. La versione del testimone, un vicino di casa, e' riportata
oggi sul quotidiano indipendente Nezavisne Novine. ''Noi eravamo
davanti alla casa della famiglia Abazovic... quando una jeep si e'
fermata di colpo. Scesi dal veicolo, i militari si sono messi a
sparare contro di noi senza preavviso'', ha detto il testimone, Milkan
Cvijetic. L'uomo ha sostenuto che la donna e suo figlio Dragoljub, di
12 anni, sono stati feriti da questi spari. ''Ferito, il ragazzo e'
entrato in casa e ha preso un fucile a ha sparato sui soldati. Io sono
intervenuto per prendergli il fucile'', ha detto Cvijetic. Le sue
dichiarazioni contraddicono la versione dell'Eurofor, secondo la quale
la moglie del ricercato Dragomir Abazovic, armata di un kalashnikov,
ha aperto per prima il fuoco contro i soldati della Forza Ue, seguita
dal figlio. Secondo la versione dell'Eurofor, Dragomir Abatovic, 47
anni, incriminato dalla giustizia bosniaca per crimini di guerra
commessi durante la guerra bosniaca del 1992-95, ha poi cercato di
uccidersi sparandosi in testa. La donna e' morta in ospedale per le
ferite, mentre il marito e il figlio sono tuttora ricoverati.
(ANSA-AFP) LG
07/01/2006 16:25