Informazione

Un profilo di George Soros

(For this text in english see:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2547
See also important related news at:
George Soros' agenda for the Balkans
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2525 )


Il miliardario che è diventato il re senza corona
dell'Europa orientale e profeta della ''the open
society''. Ma aperta a cosa?

George Soros visto da Neil Clark

George Soros è arrabbiato. In comune con il 90% della
popolazione mondiale, l'uomo che ha distrutto la Bank
of England ne ha abbastanza del presidente Bush e
della sua politica estera. In un articolo recente sul
Financial Times, Soros condanna la politica verso
l'Iraq dell'amministrazione, definendola
"fondamentalmente sbagliata" - basata sulla "falsa
ideologia che gli USA deve dare il diritto di imporre
le sue volontà al resto del Mondo ".

Wow! Uno degli uomini più ricchi del mondo,
l'archetipo amorale del capitalista che fa i miliardi
con il crack del 1997 dell'estremo oriente e che
l'anno scorso è finito davanti a un tribunale in
Francia per insider trading, è illuminato in età
avanzata? (ha 72 anni) dobbiamo stappare champagne e
brindare alla sua conversione?

Non prima di domandarci cosa lo motiva per davvero. A
Soros piace presentarsi come un outsider, un emigrato
ungherese dallo spirito libero e filosofo-saggio che
si distacca dal complesso militare-industriale degli
USA. Ma date una occhiata ai membri della commissione
delle ONG che organizza e finanzia. Presso Human
Rights Watch, per esempio, vi è Morton Abramowitz,
assistente segretario di stato Usa per l'intelligence
e ricerche nel 1985-89, e adesso è membro
dell'interventista del Council on Foreign Relations;
l'ex-ambasciatore Warren Zimmerman (il cui discorso in
Yugoslavia coincise con la distruzione del paese); e
Paul Goble, direttore delle comunicazioni della Radio
Free Europe/Radio Liberty della CIA (che Soros
finanzia). L'International Crisis Group di Soros si
avvale di "indipendenti" luminari come gli ex
consiglieri della sicurezza nazionale Zbigniew
Brzezinski e Richard Allen, come del Generale Wesley
Clark, una volta comandante supremo alleato della Nato
per l'Europa. Il gruppo del Il vice-presidente del
gruppo è l'ex-deputato Stephen Solarz, già descritto
come il "capo legislatore della lobby Israeliana e
tattico di Capitol Hill" e firmatario, assieme a
Richard Perle e Paul Wolfowitz, di una nota lettera
al presidente Clinton nel 1998 che chiedeva una
"comprensiva strategia politica e militare per
abbattere Saddam e il suo regime".

Date uno sguardo ai soci di Soros. Alla Carlyle Group,
dove ha investito più che altrove, sono presenti
l'ex-segretario di stato James Baker e il segretario
della difesa Frank Carlucci, George Bush Sr e, fino di
recente, gli strani parenti di Osama Bin Laden.
Carlyle, uno delle più grandi fondazioni private del
mondo che ottiene finanziamenti dal suo lavoro come
contraente della difesa.

Soros non é, come qualcuno ha suggerito, un agente
della CIA. Ma le sue aziende e le ONG sono così
strettamente legate all'espansionismo USA che non vi
si può dubitare in modo serio.

Così perché attacca Bush? La risposta è semplice.
Soros è arrabbiato non per le mire di Bush, estendere
la Pax Americana e rendere il mondo sicuro per il
capitalisti globali come lui stesso, ma con il modo
crasso e accecato di Bush di procedere. Rendendo
chiare le ambizioni USA, la banda Bush ha commesso il
peccato capitale di sabotare il gioco. Per anni, Soros
e le sue ONG hanno lavorato per estendere i confini
del "mondo libero" in modo così abile che nessuno se
ne è accorto. Adesso il Texano ubriacone e la banda di
fanatici neo-conservatori l'hanno scoperto.

Come uomo di cultura e raffinato (laurea in filosofia
della London School of Economics, laurea honoris causa
delle Università di Oxford, Yale, Bologna e Budapest),
Soros sa assai bene che gli imperi finiscono quando
fanno il passo troppo lungo e provocano la formazione
di alleanze avversarie. Comprende che l'approccio di
Clinton al multilateralismo, e che gli allettamenti e
bustarelle USA non sono mai stati così crudi come
minacciato, è il solo che permetterà all'impero di
durare. La politica di Bush ha diviso l'Europa, la
Nato- è allo sbando, la genesi della nuova alleanza
Franco-Germanica-Russa e il primo passo significativo
verso l'unità araba dai tempi di Nasser.

Soros sa molto bene, che armato con qualche miliardo
di dollari, con una manciata di ONG e con dei legami
con il Dipartimento di Stato USA, è perfettamente
possibile rovesciare i governi stranieri che si
oppongono al business, controllarne gli indirizzi e
perfino essere ringraziati per la benevolenza. Soros
l'ha fatto.

La visione convenzionale, condivisa da molti a
sinistra è che il socialismo
È collassato in Europa Orientale a causa della sua
debolezza strutturale e per il fallimento della élite
politica nel costruire un supporto popolare. Ciò è
parzialmente vero, ma il ruolo di Soros è cruciale.
Dal 1979, ha finanziato i dissidenti come Solidarnosc
in Polonia, Charta 77 in Cecoslovacchia e Andrei
Sakharov in Unione Sovietica. Nel 1984, fondò il suo
primo Open Society Institute in Ungheria e fornì
milioni di dollari ai movimenti di opposizione e ai
media indipendenti.
Puntando in modo ostensivo a costruire una "società
civile", tali iniziative furono designate per
indebolire le strutture politiche esistenti e aprire
la strada alla colonizzazione dell'Europa orientale da
parte del capitale globale.
Soros adesso dichiara, con tipica immodestia, che è il
nuovo responsabile per l'"Americanizzazione"
dell'Europa Orientale.

Gli jugoslavi sosteneva e eleggevano l'irriformabile
governo di Slobodan Milosevic e del suo Partito
Socialista. Soros accettò la sfida. Dal 1991, il suo
Open Society Institute canalizzò fondi alla
opposizione anti-Milosevic, fondando partiti politici,
case editrici e media "indipendenti" come Radio B92,
la piccola e sgangherata stazione radio studentesca
secondo la mitologia occidentale è in realtà
finanziata da uno degli uomini più ricchi del mondo
appartenente alla nazione più potente del mondo. Con
Slobo finalmente rovesciato nel 2000 in un colpo di
stato, pianificato e eseguito a Washington, assieme
alla messinscena della consegna del leader
ex-jugoslavo al tribunale dell'Aja, cofinanziato da
Soros assieme a altri custodi dei diritti umani come
Time Warner Corporation e Disney.
È stato accusato di crimini contro l'umanità, crimini
di guerra e di genocidio basati su prove orali di
(provate a vedere) Human Rights Watch.

Soros sottolinea il suo credo verso la "open society"
proposta dal filosofo Karl Popper, suo maestro nei
primi anni '50. La definizione di Soros della "open
society", "una società imperfetta che cerca di
migliorarsi society, sembra ragionevole, pochi amanti
della libertà genuina considerano il suo aspetto
centrale che "la open society è una forma di
organizzazione sociale più sofisticata del
totalitarismo". Ma la "open societies" di Soros non
funzionano in pratica.

Fin dalla caduta di Milosevic, la Serbia, sotto gli
auspici dei riformisti filo-Soros, è divenuta meno,
non più, libera. La recente instaurazione dello stato
di emergenza vede più di 4,000 persone agli arresti,
molti dei quali senza accuse formali, i partiti
politici sono minacciati di bando e giornali critici
di chiusura. È stato condannato dalla commissione
dell'ONU per i diritti umani e dal British Helsinki
Group. Ma non vi sono voci dall'Open Society Institute
o da Soros stesso. Inoltre, Soros è stato assai
critico verso il suo ex protetto Leonid Kuchma,
presidente dell'Ukraina, paese descritto dall'ex
ufficiale dell'intelligence Mykola Melnychenko come
"un grande racket del pizzo", e adesso lo stato
poliziesco più repressivo, possibilmente, dell'Europa.

Ma generalmente la triste conclusione è che per le sue
citazioni liberali di Popper, Soros vuole una società
"aperta" non al rispetto dei diritti umani e alle
libertà basilari. Ma "aperta" a lui e ai suoi soci
nel fare soldi. E Soros ha fatto soldi in ogni nazione
che ha aiutato a essere "open".
In Kosovo, per esempio, ha investito tentando di
ottenere il controllo del complesso minerario di
Trepca , dove vi sono vaste riserve do oro,
argento, piombo e altri minerali di valore della
regione. Ha ripetuto lo stesso copione in tutta
l'Europa orientale: chiedendo la "terapia shock " e
"riforme economiche", permettendo ai suoi soci di
comprare i beni di uno stato abbattendone i prezzi.

A più di dieci anni dopo la caduta del muro di
Berlino, Soros è il re senza corona dell'Europa
Orientale. Il suo Central European University, con
campus a Budapest, Varsavia e Praga e programmi di
scambio negli USA, sfacciatamente spaccia l'etica del
capitalismo neoliberale e clona la prossima
generazione pro-USA di leaders politici della regione.
Con la sua presa finanziaria sui partiti,
il business, gli enti scolastici e le arti, le
critiche a Soros nei media ufficiali dell'Europea
Orinatale sono difficili da trovare.
Non è agiografia. Il Budapest Sun riportava come a
febbraio sia divenuto cittadino onorario di Budapest a
opera del sindaco Gabor Demszky.
"Pochi hanno dato a Budapest quello che ha dato George
Soros" diceva Demszky, parlando del miliardario che
aveva fornito "il cambiamento strutturale e
mentale nella capitale e in Ungheria stesso ". Il
sindaco sbagliò nell'aggiungere Soros come benefattore
del partito di Demszky, i Liberi Democratici, che,
governando con i comunisti "riformati", ha perseguito
la classica agenda di Soros di privatizzazione e
liberalizzazione economica
aumentando il gap tra ricchi e poveri.

la strategia di Soros per estendere la Pax Americana
differisce da quella di Bush, è molto più sottile. Ma
è ambiziosa, e mortale. I liberali di sinistra
ammirano il suo sostegno verso qualche loro problema
favorito come i diritti dei gay e la legalizzazione
delle droghe leggere (Pannella e Camerati in Italia;
NdC), lasciandolo nell'oscurità.

Alla domanda sul pericolo della sua speculazione
basata sul crack delle economie dell'Estremo Oriente
nel 1997, Soros rispose: "Come partecipe del mercato,
io non ho bisogno di preoccuparmi delle conseguenze
delle mie azioni." Strane paorle da un uomo che si
presenta attento alla salvaguardia dei valori della
società civile e che scrive libri contro il
"fondamentalismo del mercato".


L'articolo è apparso sul New Statesman.
http://www.newstatesman.com/

Traduzione di Alessandro Lattanzio
Email: alexlattanzio@...
Sito: http://members.xoom.it/sitoaurora

Sul ruolo di Soros nello sfascio dei Balcani si veda anche:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2525

(italiano / english)

Yugoslavia and the Jews
1. Israeli Officials in Croatia and Serbia

A: CROAZIA-ISRAELE: KATSAV PRIMO PRESIDENTE ISRAELE A ZAGABRIA
Israeli president remembers the jewish victims of Croatian wartime
death camp Jasenovac (11/7/2003)

B: SERBIA-ISRAELE: L'AMBASCIATORE SHANI DECORATO PER AVERE APPOGGIATO
IL GOLPE DELLA DOS?
Israel ambassador decorated in Belgrade (3/3/2003)


=== A ===


CROAZIA-ISRAELE: UNA VISITA CHE LASCIA TROPPI INTERROGATIVI

Il presidente israeliano Katsav, in visita ufficiale a Zagabria, ha
avuto innegabilmente un grande merito: ha sbattuto in faccia ai
parlamentari dello staterello croato, riuniti nel loro "Sabor", la
storia eroica della Lotta Popolare di Liberazione, che spazzo' via i
nazifascisti ed i loro collaboratori ustascia nel corso della II Guerra
Mondiale.
Ciononostante, la visita presenta lati profondamente contraddittori e
lascia aperti molti legittimi interrogativi:
- Perche' e' stata effettuata, e come fa Katsav a dirsi "molto felice"
di essere giunto in Croazia, staterello fondato dai successori degli
ustascia attraverso la violenza ai danni di centinaia di migliaia di
persone?
- Che cosa ne pensa Katsav dello squartamento della Repubblica
Federativa Socialista di Jugoslavia, e perche' Israele non ha mai
denunciato che esso stava avvenendo per mano di neonazisti?
- Per quale motivo i dispacci di agenzia sulla visita riportano la
visita al lager di Jasenovac minimizzando sul genocidio compiuto ai
danni dei serbi durante il nazifascismo? Si noti infatti che le cifre
riportate per le vittime dello sterminio sono quelle sostenute dalla
pubblicistica revisionista di Tudjman (80mila vittime anziche' 700mila).
- E' opportuno che a ricordare ai croati l'antifascismo sia il
presidente di uno Stato fondato sulla epurazione etnica ("transfer") ai
danni della popolazione autoctona del suo territorio, cioe' i
palestinesi?

Italo Slavo

CROATIA-ISRAEL: A VISIT WHICH LEAVES SO MANY OPEN QUESTIONS

The Israeli President Katsav, in his official visit to Zagreb, did one
very good thing, for sure: he remembered in front of the MPs of this
small State, gathered in their "Sabor", the heroic history of the
Popular Struggle for Liberation (NOB) which defeated nazi-fascists and
their ustasha collaborateurs during World War II.
However, this visit presents some very contradictory aspects and leaves
many legitime questions unanswered:
- Why has the visit been organized, and how can Katsav be "very glad"
of being in Croatia, this small State which has been created by the
followers of the ustasha through violence against hundreds of thousands
of people?
- What does Katsav think about the butcher-like distruction of the
Federative Socialist Republic of Yugoslavia and why did Israel never
officially complained about it being realized by hand of neo-nazis?
- Why do the agency reports about the trip refer to Katsav visit in
Jasenovac minimizing the genocide suffered by the Serbs during World
War II? Please note that the figures of the extermination are the same
adopted by the revisionist literature of Tudjman (80.000 instead of
700.000).
- Is it normal that the antifascist values are reminded to the Croats
by the President of a State which was created thorugh ethnic cleansing
("transfer") of the original population of its territory, i.e. the
Palestinians?

Italo Slavo

---

http://www.ansa.it/balcani/croazia/croazia.shtml

CROAZIA-ISRAELE: KATSAV PRIMO PRESIDENTE ISRAELE A ZAGABRIA

(ANSA) - ZAGABRIA, 11 LUG - Il presidente israeliano Moshe Katsav e'
arrivato oggi a Zagabria per una visita di tre giorni, la prima di un
capo dello stato ebraico in Croazia. Katsav si e' incontrato
stamani con il presidente croato Stipe Mesic ed ha pronunciato un
discorso al parlamento di Zagabria nel quale ha espresso
''l'ammirazione di Israele per i partigiani croati e per l'eroismo dei
combattenti contro il fascismo''. ''L'antifascismo - ha sottolineato -
deve essere un valore nazionale croato, specialmente per i giovani''.
Il presidente israeliano, che oggi ha incontrato anche il premier
Ivica Racan e il presidente del parlamento Zlatko Tomcic, domani
andra' a Dubrovnik, nel sud-est del paese, dove visitera' la piu'
antica sinagoga in Croazia, fondata dagli ebrei fuggiti dalla Spagna
nel 1492. Per domenica e' in programma una visita a Jasenovac, una
cittadina a 60 km dalla capitale, dove durante la seconda guerra
mondiale si trovava un campo di concentramento del regime filonazista
degli ustascia di Ante Pavelic. In quello che fu chiamato
''l'Auschwitz croato'' persero la vita circa 80.000 tra ebrei, serbi,
rom e croati antifascisti. Secondo la comunita' ebraica croata sono
circa 17.000 gli ebrei uccisi a Jasenovac. I rapporti
croato-israeliani erano particolarmente tesi negli anni Novanta quando
a Zagabria era presidente Franjo Tudjman, autore di libri di storia
nei quali minimizzava l'olocausto. In un'occasione Tudjman ha anche
detto di essere felice che sua moglie non fosse ne' serba ne' ebrea.
La svolta nei rapporti croato-israeliani ci fu nell'ottobre 2001
quando Mesic, in visita a Gerusalemme, chiese scusa per le vittime
ebraiche degli ustascia. (ANSA). COR*VD 11/07/2003 16:40

---

http://www.mfa.gov.il/mfa/go.asp?MFAH0nk90

KATSAV VISITS CROATIA BREAKING 12 YEAR ABSENCE

President Moshe Katsav arrived in Croatia today for the first visit by
an Israeli head of State since the former Yugoslav republic achieved
its independence in 1991, HA'ARETZ reported. Katsav told a group of
Croatian lawmakers that Israel was willing to "go a long way" to
achieve peace with the Palestinians, but said they needed to back up
their anti-terrorist proclamations with concrete actions. "Israel is
prepared ... to go along way toward peace and reconciliation," Katsav
said. Katsav also said that he believed in Palestinian Prime Minister
Mahmoud Abbas's "sincerity to bring about the cessation of violence,
terror and incitement." But he cautioned that "declarations against
terrorism are not sufficient." "The Palestinian leadership must act in
order to uproot the plague of terror," Katsav added.

Katsav also referred to the "difficult and painful" memories Jews have
of World War II in Croatia, and he praised the country's anti-fascist
movement of the time. His visit underscored a growing friendship
between Israel and Croatia. "I am very glad to be here ... to find that
here, in Croatia, dramatic improvement happened," Katsav said earlier
Friday as he began his three-day stay by meeting with Croatian
President Stipe Mesic. The two leaders complimented each other and
called for intensified ties between their countries in a visit that
pointed up the dramatic change in relations between the two nations.

Israel and Croatia established diplomatic relations in 1997, but only
after Tudjman deleted a section from his 1989 book that questioned the
number of Jews who died in the Holocaust. Tudjman was never invited to
Israel despite his desire to visit. Croatia's new government, which
took power years ago, is openly critical of Nazism. Mesic, who visited
Jerusalem in 2001, apologized to Jews for their suffering here during
World War II. On Sunday, Katsav is scheduled to visit Jasenovac, the
site of the most notorious of some 40 concentration camps run by
Croatia's Nazis. About 30,000 Jews perished in concentration camps run
by Croatia's Nazi puppet state. Katsav is currently on a week-long tour
of four countries - Turkey, Moldova, Slovakia and Croatia.

---

http://see.oneworld.net/article/view/63581/1/

Katsav mourns 'Balkan Auschwitz' victims

JASENOVAC, Croatia - Israel's president Moshe Katsav visited
a Croatian concentration camp known as the "Auschwitz of the Balkans"
on Sunday, commemorating tens of thousands of people killed there by
the Nazi-allied Ustashe regime.
Jasenovac gained its nickname for the brutal treatment of inmates and
mass executions of Jews, Serbs, Gypsies and anti-fascist Croats carried
out from 1941 to 1945.
"It was my elementary duty to visit this place. A historic task for all
generations, current and future, is to learn the lessons from what
happened in this place," Katsav said at the camp, which lies some 100
km (60 miles) east of the capital, Zagreb.
Katsav is the first Israeli president to visit the former Yugoslav
republic since its 1991 independence. Relations were strained, mostly
due to Croatia's Nazi past, until a reformist coalition replaced
nationalists in power in 2000.
Accompanied by state officials, Jewish, Serb and Romany representatives
and a handful of elderly camp survivors, Katsav toured the memorial
site at Jasenovac and lit memorial candles.
Rabbi Kotel Dadon led a short prayer while Katsav and Croatian
President Stjepan Mesic laid wreaths at the foot of a flower-shaped
stone monument towering over the site of the camp.
Independent historians estimate that about 80,000 people, including
some 13,000 Jews, died in Jasenovac. The numbers are still fiercely
debated, with some Serbs arguing that the true death toll was in the
hundreds of thousands.
Geshua Abinun, a 76-year-old Jew, lost his entire family, including two
sisters and a brother, in the camp, while he survived detention there
from 1941 to 1945.
"With that in mind, the visit by the Israeli president is very
important for me personally and for future good relations of Croatia
and Israel," he said.
Relations between Croatia and Israel have only improved in recent years.
They established diplomatic relations in 1998, after then head of
state, late President Franjo Tudjman, apologized for comments
considered anti-Semitic.
He once said he was happy his wife was not a Serb or a Jew and disputed
as too high the number of Jews and others said to have been killed in
Croatian concentration camps.
His government was often accused of whitewashing Ustashe crimes and
reinstalling some symbols of their rule.
Tudjman's successor, Mesic, made a ground-breaking visit to Israel in
October 2001 and apologized for Ustashe atrocities.

---

http://www.hrt.hr/vijesti/arhiv/2003/07/11/ENG.html
EVENING NEWS 10.7.2003.

ISRAELI PRESIDENT ADDRESSES CROATIAN PARLIAMENT

”Israel appreciates Croatia for the role Croatian fighters against
fascism played in the Second World War,” Israeli President Moshe Katsav
said on Friday addressing MPs in the Croatian parliament. The Israeli
head of state also spoke about the position of his country, and the
greatest problem it faced, that of terrorism. According to Katsav,
Israel very much appreciates Croatian partisans and their bravery while
they fought for freedom and against fascism in Croatia. “Those
anti-fascist fighters are a credit to the people of Croatia and are an
important national value for the younger generation,” he told
parliamentary deputies. In his welcoming speech, the Croatian
parliament’s vice-president Mato Arlović said that the friendship
between Israel and Croatia was based on the understanding of the
troubles which a nation encounters while trying to set up its own state
in peace with neighbours. Katsav said the uprising of the Palestinians
in Israel, who are insisting on their own state, had been going on
since September 2000, adding that the terrorism which the Jewish state
has been fighting against for almost three years had not diminished the
belief in a peaceful solution.

---

SEE ALSO:

http://www.predsjednik.hr/english/speeches/31_10_2001_1.html

Speech of the President of the Republic of Croatia, Mr. Stjepan Mesić,
in Knesset. (Jerusalem, October 31, 2001)


=== B ===


L'AMBASCIATORE ISRAELIANO A BELGRADO DECORATO DA KOSTUNICA - FORSE PER
AVERE APPOGGIATO IL COLPO DI STATO DELLA DOS?

---
* 2002: in una intervista a "Nacional", l'ambasciatore si dice fiero di
avere appoggiato il colpo di Stato della DOS;
* 2003: Kostunica decora l'ambasciatore.
---
* 2002: in an interview to "Nacional", the ambassador says he is proud
of having supported DOS' coup against Milosevic;
* 2003: Kostunica decorates the ambassador.
---

Diaspora representatives, Israel ambassador decorated

BELGRADE, March 3 (Tanjug) - Before the end of his mandate, Yugoslav
President Vojislav Kostunica has bestowed orders on distinguished
Serbs from the diaspora, Israeli Ambassador Yoran Shani and head of
UNICEF office Jean-Michel Delmotte, the Official Gazette said.
Shani was decorated with the Yugoslav Star of First Degree
for exceptional merits in developing and improving interstate
relations, while Demotte was decorated with the Order of Yugoslav
Merits of Second Degree. US citizen Mila Lazarevic - Nolan was also
decorated with the Order of Yugoslav Merits of Second Degree.
Chairman of the US Serb Unity Congress Miroslav Djordjevic,
leader of the US Serb National Defense Slavko Panovic, the daily
Amerikanski Srbobran, chairman of the US Serb National Council Dusan
Ljubenko and French emigrant Zada Djurovic were decorated with the
Order of Yugoslav Flag of Second Degree.

---

za verziju na srpskohrvatskom:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1743

Associazione civica "Comitato per la solidarieta' nazionale"
Tolstojeva 34, Belgrado
Tel. 011-3671372

Le missioni diplomatiche hanno il compito di presentare al
meglio il proprio paese, la sua politica, la cultura, la
storia, tutto quello insomma che potrebbe interessare i
cittadini del paese ospitante, e quello che la missione
diplomatica vorrebbe che essi sapessero. Nel nostro paese
abbiamo avuto anche, per ospiti, diplomatici che apertamente
facevano propaganda ostile contro di noi, come ad esempio i
diplomatici americani a Belgrado, Podgorica, e nel Kosmet,
immediatamente prima dell'attacco NATO contro la RF di
Jugoslavia. Ma non avevamo ancora un diplomatico che abbia
ammesso di aver partecipato attivamente a manifestazioni di
piazza contro il governo del paese che gli ha dato l'accredito.
Manifestazioni durante le quali si dava fuoco al Parlamento
ed alla TV nazionale.
Il signor Joram Sani, ambasciatore d'Israele a Belgrado,
nell'intervista rilasciata alla rivista "Nacional" con
orgoglio ammette di aver partecipato alle manifestazioni
del 5 ottobre 2000. Lo stesso signore, che non si puo' certo
definire "eccellenza", ammette di non aver fatto cio'
solamente allo scopo di cambiare il regime (il che sarebbe
comunque inammissibile) bensi' a causa della politica filoaraba
di Belgrado. Non so se per questo Joram Sani ritiene che i
due terzi del corpo diplomatico accreditato nel suo paese
dovrebbero trovarsi adesso tra le fila dell'Intifada, visto
che Israele trasgredisce tutte le possibili convenzioni
internazionali, gli accordi ed i diritti civili elementari
del popolo e dello Stato palestinese. Il signor Sani dovrebbe
domandarsi, prima di dichiarare con orgoglio di aver
partecipato a qualcosa cui non avrebbe dovuto prendere
parte affatto, quanto la politica del suo governo sia stata
antiserba durante il precedente regime [delle sinistre, ndT].
Quante azioni ha effettuato la lobby ebraica nel mondo ai danni
degli interessi serbi ? Il signor Sani, nella suddetta
intervista, quasi esclama che Israele e' uno STATO EBRAICO,
ed ha contrastato attivamente il governo serbo, che pure agiva
per uno Stato sovrano serbo. Pensa lui che il popolo serbo abbia
sofferto meno degli ebrei negli ultimi due secoli ? Oppure che
le nostre vittime siano meno degne, e che noi come popolo
semplicemente non meritiamo un nostro Stato nazionale, come
Israele, e percio'  dovevano manifestare tutti contro quel
governo, compresi i diplomatici che esso aveva accolto. Come
giustifica il signor Sani l'uso brutale della forza contro
i palestinesi, che e' a tutti gli effetti terroristico, mentre
il suo governo aveva tanta comprensione per le azioni
terroristiche schipetare contro la Serbia ?
Il diplomatico israeliano ha citato con piacere Rumsfeld, dicendo
che i terroristi vanno individuati e colpiti, ma da diplomatico
ha manifestato contro il governo di un paese che ha sofferto
sanzioni ed umiliazioni soltanto per avere combattuto i
terroristi sul PROPRIO territorio. Il signor Sani vedrebbe
con piacere la Jugoslavia nella UE, perche' implicitamente
significherebbe che come Stato non possiamo piu' partecipare
al movimento dei Non Allineati, il che per Israele e' piu'
importante ; ma egli allo stesso tempo non manca di disconoscere
e sottovalutare quello stesso Parlamento Europeo che richiede
sanzioni contro Israele, addossando questa iniziativa ai
partiti socialisti europei, dei quali Israele non ha grande
considerazione, come se i partiti socialisti europei nel
Parlamento Europeo rappresentassero i marziani e non gli europei. 
Gia' nella Costituzione della Apparizione [fondativa del
Regno Jugoslavo, ndT] si poteva leggere che ogni straniero
che viene in Serbia e'  libero e benvenuto, ma questo non
significa che l'ospitalita'  di questo paese e dei suoi
popoli si possa calpestare come pare e piace, senza subire
condanne. Vorremmo che l'ambasciatore pensasse un poco a
questo : forse Israele avrebbe meno problemi con il suo
vicinato, se i suoi  diplomatici facessero il proprio
mestiere, senza partecipare a manifestazioni distruttive
in paesi che li hanno accolti con il massimo rispetto.
Infine : questo non lo abbiamo scritto perche' siamo
antisemiti, razzisti, fascisti, xenofobi, o - dio ci
scampi ! - eurosocialisti, o non so cosa altro ancora si
possa oggi addossare, da parte di Israele, a chi critica
il suo ambasciatore, che sono nazionalisti serbi, ma perche'
pensiamo soltanto che un diplomatico al suo posto debba
assolutamente smettere di schierarsi pubblicamente
sulla scena politica del paese che lo ospita, perche'
tutto questo, per dirla in termini diplomatici, e'
preoccupante.

OLIVER VULOVIC
JELA JOVANOVIC

Srbija i Crna Gora... i Jugoslavija!

13. Rasturanje Jugoslavije, tj. likvidacija Jugoslavije, ilegalan cin i
destabilizacija celog Balkana! (R. Despotovic / Artel, 10.3.2003)
14. SRBIJA NA PUTU KA EVROPI (M. Belosevic / Artel, 6.3.2003)
15. U GODINI SLAVLJA, 100 GODINA SINDIKATA SRBIJE, MASOVNI PROTESTI
RADNIKA (B. Urosevic / Artel, 1.3.2003)
16. ZDRAVA HRANA TRAZI KUPCE (M. Belosevic / Artel, 23.2.2003)
17. O KRAJU JUGOSLAVIJE (Cosic, Tadic i Ekmecic / Nedeljni Telegraf,
februar 2003)


=== 13 ===


Rasturanje Jugoslavije, tj. likvidacija Jugoslavije, ilegalan cin i
destabilizacija celog Balkana!

Despotovic Ruza
10. mart 2003. god.

Pod pritiskom EU i u suprotnosti sa Ustavom SR Jugoslavije je
Jugoslavija rasturena i pretvorena u Republike Srbiju i Crnu Goru. Nova
Republika je na samom pocetku zasnovana bez Ustava i bez federalnih
institucija pa i predsednika. Ove reforme bi se mogle protumaciti kao
proces nastavljanja daljeg rasturanja, od strane zapadnih sila. Po svim
izgledima se ocekuju jos vece podele Srbije na jos manje protektorate,
koje ce Zapad moci lako da kontrolise.
Interpretacije od strane beogradskog i podgorickog rezima da smo na
dobrom putu ka demokratizaciji i pridruzivanju Evropsko-Atlantickim
institucijama, mogu biti samo laz. Krajem januara je Nato-boos
Robentson rekao: "Evropa hoce Jugoslaviju". Zajednica Srbije i Crne
Gore je predvidjena za samo tri godine opstanka, sto se do sada u
istoriji covecanstva jos nigde nije dogodilo, sta to znaci? Niko jos
nije uspeo da objasni ni narodima u Jugoslaviji ni narodima Evrope
zasto je Jugoslavija morala da se ugasi, pa i svoju istoriju da izbrise
kao i za dezintegraciju te zemlje, da bi stekla uslove da se pridruzi
EU? Sve ovo lici na tajne odluke, donesene iza zatvorenih vrata.
Bez ucesca politickih partija, naucnika i svih drugih gradjana, vodjene
su oprezne diskusije i donosene su odluke, plaseci se da ce se neko
pobuniti.
Jedno je sigurno da su glavni kreatori i pocinioci likvidacije
Jugoslavije EU i Savet Evrope. Savet Evrope vec dve godine diktira i
prezentira svoje liste sa uslovima od oko 30 zahteva-naredbi
Jugoslaviji, za koje smatra da moraju da ispune da bi stakli uslov za
ulazak u Savet Evrope, a izmedju ostalog i stvaranje nove Unije Srbije
i Crne Gore moralo je da se prihvati i sprovede.
Postavlja se pitanje, zasto Jugoslavija kao postojeca Federacija nije
mogla da bude prihvacena za ulazak u Savet Evrope? Motivi Zapada su po
svim izgledima sledeci, da nestankom Jugoslavije kao drzave, vise niko
nema pravo da ih optuzi za pocinjena zlodela, bombardovanjem unistenu
Jugoslaviju, niti trazenje ostete za unistenu infrastrukturu prilikom
izvrsene Nato agresije, koju su te iste Nato zemlje pocinile prema
Jugoslaviji. Nato zemlje su sebe na ovaj nacin oslobodile odgovornosti
prema Jugoslaviji, jer Jugoslavija vise ne postoji.
Navodno je predvidjeno i to da ce posle tri godine Crna Gora imati
mogucnost da se izjasni putem referenduma da li zeli ili ne zeli da se
odcepi od Srbije. Takodje se radi na tome da se i jos neki delovi
Srbije odcepe od Srbije, kao sto su Sandzak (sa vecinskim muslimanskim
zivljem), zatim Vojvodina (sa vecinskim Madjarskim zivljem).
I na kraju i Kosovo dolazi na red. Verovatno slucajno zamisljeno, da
posle tri godine kada bude prestala da postoji nova Unija S-CG, Kosovo
ce dobiti zeleno svetlo da se odcepi od Srbije. Rezolucija 1244 ce biti
na veoma vest nacin zaobidjena i negirana, sto znaci da ce Kosovo
dobiti mogucnost da se izjasni za samostalnost, jer u rezoluciji 1244
stoji da je Kosovo suvereni deo FR Jugoslavije, a nje nazalost vise
nema.
Mafijaska klika u Beogradu i Podgorici je po svim izgledima napravila
dil sa tim istim Nato odgovornim zlikovcima, koji su bombardovali
Jugoslaviju 1999 godine, da u finkciji zapadnih marioneta rasture sve
sto se rasturiti moze u Jugoslaviji, pa i pocepati na male i siromasne
protektorate, pod vojnom kontrolom od strane Nato-a. Da li su ovo
odlike demokratizacije ili kolonijalizma? Jugoslavija, sa vise od
jednog miliona izbeglica, bombardovanjem unistenom infrastrukturom od
strane Nato-a, svi ti narodi morace dalji zivot da nastave pognute
glave na putu ka siromastvu, bez posla, to sve umesto nekada ponosne i
napredne zemlje Jugoslavije, koju smo svi voleli. Sve ovo ukazuje da
stabilnosti nece biti nigde na Balkanu, bez stabilne Jugoslavije.
Politika Evrope na Balkanu, bi mogla i citavu Evropu jednog dana
dovesti u dilemu, da ili napuste Balkan ili otvoreno preci na kompletno
vojno osvajanje, tj. kolonijaliziranje Balkana.


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SRBIJA NA PUTU KA EVROPI

infograf@...
Mirela Beloševic, novinar
Beograd, 6. mart 2003. god.

BANKE U STECAJU
U Srbiji su 23 banke u stecaju a 8 je pod nadzorom Agencije za
osiguranje depozita, sanaciju, stecaj i likvidaciju banaka. Od oktobra
2001. Privredna banka Novi Sad, Slavija i Valjevska, od maja 2002.
Srpska komercijalna i od 3. januara 2002. cetiri velike drzavne banke.
Od 307 objekata procenjeno je 266 i vrednost nekretnina je 156 miliona
evra. Do sada je unovceno 5,6 miliona evra, sa tim sto je imovina
prodavana na licitaciji po vecoj ceni od procenjene. Vise od 220
objekata je dato u zakup uglavnom bankama. U Beogradu je recimo sav
prostor izdat. Broj zaposlenih je sada 7 odsto od ranijeg broja i jos
ce se smanjivati . Firme koje su uzimale kredite od ovih banaka imaju
nenaplacena potrazivanja u inostranstvu od cak 90 miliona dolara,
naravno realna vrednost duga je manja. To je tesko naplativo, mada je
recimo Beobanka uspela da podmiri dug Cilea. Gradjani duguju pola
milijarde dinara i sada se pravi skala na osnovu koje ce biti tuzeni.
Agencija ima uloge u 100 preduzeca i banaka. Sa ponudama takvih uloga
uskoro ce izaci na trziste. Sanacija bi trebalo da traje 3 ipo godine
sto zavisi od Trgovackog suda. U Agenciji kazu da je uzrok stecaja ovih
banaka los plasman sredstava: 16 odsto je ulozeno u javna preduzeca, 25
odsto u preduzeca koja se restuktiraju a cak 44 odsto u firme u
stecaju. Verovatno ima i drugacijih misljenja ali ekonomistima to
trenutno ocigledno nije interesantna tema za razmisljanje.

PUN EKRAN ŠTRAJKOVA
Prosecna plata u Srbiji prema podacima Republicke statistike iznosi
9.468 dinara, što je prevedeno na devizni kurs 150 evra. U Vojvodini je
januarski prosek zarada 10.145 dinara a u centralnom delu republike
9.219 dinara. Po platama smo na najnižoj lestvici u regionu, gori i od
Albanije a prilican broj opština u Srbiji ima prosek zarada ispod 100
evra. Tako na primer u Dimitrovgradu januarski prosek zarada je ispod
100 evra, tacnije 40 evra. Još poraznija slika je kad se izdvoje samo
plate zaposlenih u privredi. U Dimitrovgradu prosek u privredi je 16
evra. U ovim opštinama znatan deo zaposlenih u privredi na ime plate ne
primi ništa, pa se suma onih koji je prime statisticki preraspodeli na
ukupan broj evidentiranih zaposlenih i tako dobiju ovakvi proseci.
Ovakvih opština sa polu ili total umrtvljenom privredom ima prilican
broj. Samo 10 opština, odnosno gradova u Srbiji imalo je u januaru
prosek veci od 11.000 dinara.
U januaru uz to usledio je pad proizvodnje od 17-18 odsto u odnosu na
prosecnu mesecnu proizvodnju u prošloj godini. Opravdanje nije to što
je u januaru bilo puno praznicnih dana, jer tako je bilo i prošlog
januara a ovogodišnji ucinak industrije je manji od istog meseca prošle
godine za šest do sedam procenata.
Za izmirenje izdataka za hranu prosecnoj cetvoroclanoj porodici je u
januaru prema racunici savezne statistike trebalo 11.000 dinara. Rec je
o korpi hrane u koju je uvršceno 65 artikala, a koja je radjena prema
nutricionistickim merilima.
Kad je ovakva slika privrede, ne cudi što mediji stalno objavljuju
informacije o štrajkovima. Recimo Upravni odbor "Goša holding
korporacije" usvojio je na zahtev koordinacionog odbora gladnih,
ostavke predsednika upravnog odbora ove korporacije i generalnog
direktora. Medjutim i pored ostavki protest se nastavlja dok se ne reši
težak položaj radnika koji mesecima ne primaju platu, ne pokrene
proizvodnja u fabrikama, obezbedi socijalna pomoc i "poveže " radni
staž. U "Trajal" korporaciji su takodje izglasali nepoverenje
generalnom direktoru, jer je najavio da je oko 1.000 radnika tehnološki
višak. U "Trajalu " imaju manjka posla a ne viška radnika smatraju
sindikalci. Prošlog leta "Trajal" je dobrovoljno napustilo uz
otpremninu od 100 evra po godini radnog staža, oko 1.400 radnika ali to
nije pomoglo da ostalima u korporaciji materijalni pložaj bude bolji.
Štrajkovali su i radnici preduzeca za vodne puteve "Ivan Milutinovic"
jer su ogromna devizna dugovanja za poslove koji su radili u
inostranstvu i koji su naplaceni ali nenamenski potrošeni.
Povodom katastrofalne situacije u obrenovackom poljoprivrednom
kombinatu a.d.''Dragan Markovic'' održana je vanredna skupština društva
na kojoj je smenjen dosadašnji predsednik Upravnog odbora. Predsednik
sindikata "Nezavisnost" kaže da im je ministar poljoprivrede obecao
pomoc u nafti i hrani za stoku ali da mu nije jasno kako je država
uopšte dozvolila da dodju u ovakvu situaciju. Radnici ovog kombinata ne
traže milostinju vec samo pomoc koju planiraju u nekom normalnom roku
da vrate kroz poslovanje. Kombinat "Dragan Markovic" ima 750
zaposlenih. Na farmi koja se prostire na 3. 600 hektara nalazi se oko
19.500 svinja, 450 muznih krava i nešto goveda. Dva velika mlina ne
rade jer nemaju šta da melju.
Carinici takodje štrajkuju ali pošto im nije dozvoljeno da smanje obim
rada oni su ga povecali i tako napravili zastoje na granicnim
prelazima. Njihov dohodak u proseku je 117 evra.
"Radnicki otpor" ponavlja zahteve iz protesta koji traje od
potpisivanja sporazuma sa Vladom o dekomponovanju grupe ''Zastava'' iz
jula 2001. Radnicki otpor je do sada sudu podneo više od 3.500 tužbi
kojima radnici traže da im se isplate zakinuti delovi zakonom
garantovanih zarada koji ukupno iznose oko 30 miliona dolara.
Dogovoreno je da se odštampaju pojedinacni obracuni o dugovanjima za
svakog od 30.000 nekadašnjih i sadašnjih radnika "Zastave" na ime
neisplacenih delova zarada od 1997 do 2001.
Mogli bismo tako da nabrajamo ... Republicki ministar za privredu i
privatizaciju medjutim kaže da ga ne plaši da ce štrajkovi ugroziti
reforme zato što su, smatra on, štrajkovi nezaobilani deo tranzicije
koja mora biti bolna. Koliki je prag bola i da li baš mora ovoliko da
boli pokazace naravno vreme. Dijagnosticari se razlikuju,a terapija
željno išcekuje.


=== 15 ===


U GODINI SLAVLJA, 100 GODINA SINDIKATA SRBIJE, MASOVNI PROTESTI RADNIKA

infograf@...
Borivoje Uroševic
Beograd, 2. mart 2003. god.

Sindikat Srbije se sprema da proslavi, 15. maja 2003. godine, sto
godina postojanja radnickog pokreta u Srbiji. Jubilej, dostojan
poštovanja, treba dostojno i proslaviti. Imaju li radnici volje za
slavlje i razmišljaju li o tome ? U opštem sivilu i letargiji u kojoj
se Srbija nalazi - teško. Zato o slavlju necu ni pisati, što ne znaci
da sam protiv njega. Naprotiv, jednom je 100 godina i radnicki pokret
Srbije ima se cime podiciti i sigurno je da taj datum treba obeležiti.
A kakva je srpska zbilja ? Radnici masovno protestvuju u Boru,
Majdanpeku, Kragujevcu... Razlog : Teško se živi, privreda ne radi,
plate su toliko male da od njih ne može da se prehrani porodica, za sve
ostalo nema. Privatizacija je ustvari rasprodaja srpske privrede, bez
dobrog socijalnog programa. Vlada Zorana Djindjica, sigurna u sebe i
svoju moc, Sindikate ne uvažava kao partnere, ustupa im mrvice i smatra
to svojim velikim ustupcima.
Nedavno je u Skupštini Srbije usvojen Predlog o izmenama i dopunama
Zakona o privatizaciji koji ce ozvaniciti vec postojece stanje
rasprodaje srpske privrede. Doduše, usvojena su i TRI predloga koja je
uputio Savez samostalnih sindikata Srbije a koji se odnose na to da 30
procenata akcija firme koja se privatizuje pripada zaposlenima u
nominalnom iznosu od 200 evra po godini staža, da buduci kupac firme ne
može biti fizicko ili pravno lice koje ima dug ili finansijske obaveze
prema subjektu privatizacije i da se sindikalna imovina i objekti
namenjeni za odmor i rekreaciju u vlasništvu sindikata, ne mogu
privatizovati.
Na stav Vlade i odluku Skupštine Srbije, kada je u pitanju Zakon o
privatizaciji, Sindikat Srbije je ''oštro'' reagovao. Svi su se
''uplašili'' !!!
I dok se Sindikat Srbije, u liku svog predsednika, bavi ''oštrim''
saopštenjima i ''plaši mecku rešetom'' u Boru radnici zahtevaju od
Vlade hitan sastanak i razgovore o sudbini Kombinata i celokupne
privrede u regionu. Ugroženi su i ekonomski i ekološki i porucuju da im
preostaje samo da se odande isele.
U Majdanpeku je istovetna situacija. Ne vidi se na koji nacin ce se
pokrenuti privreda, Vlada izgleda nema nameru da pomogne.
Radnici ne traže milostinju. Oni samo žele da sacuvaju svoja preduzeca
i da od svog rada mogu normalno da žive sa svojim porodicama.
Posle svih potresa koji su se dogodili u Kragujevcu uništavanjem
''Zastave'' i neispunjenih obecanja, radnici Kragujevca su se
samoorganizovali u ''RADNICKI OTPOR''. Razocarani u sindikalce koje je
iznedrila ''Oktobarska revolucija 2000. godine'' bili su prinudjeni da
se samoorganizovanjem bore za svoj status.
I, kako nadavno rece predsednik Sindikata Srbije Milenko Smiljanic,
komentarušici radnicke proteste u Boru, Majdanpeku i Kragujevcu da je
ovo kraj sumornoj socijalnoj slici Srbije. ''Na sceni je sindikalni muk
i apatija. Svake nedelje izbije po neki plamen protesta i nemirenja sa
propadanjem. Vlast uporno siluje statistiku kako nam je sve bolje.
Dokle - dok gora ne zazeleni. Ustace radnici, s` tim svi moraju
racunati, a na celu ce im biti Savez samostalnih sindikata Srbije i
moja malenkost''...
Ako se secate reci Milenka Smiljanica o ''vrucoj jeseni'', pregurali
smo i hladnu zimu i sada cekamo da ''gora zazeleni''. Sasvim je
prirodno da posle toga dolazi vruce leto. Sa ovakvim predsednikom, ako
se radnici sami ne organizuju, doci ce ponovo ''vruca jesen'' ali tada
više nece biti sindikalnog pokreta u Srbiji.
Nece valjda Milenko Smiljanic biti upamcen kao poslednji predsednik - i
to baš u godini slavlja ?!


=== 16 ===


ZDRAVA HRANA TRAZI KUPCE

infograf@...
Mirela Belosevic, novinar
Beograd, 23. februar 2003. god.

Izvoz zdrave hrane je nasa jedina sansa da poboljsamo bilans
spoljnotrgovinske razmene sa svetom, i sa time se svi slazu ukljucujuci
i politicare. Medjutim ono sto se desava u praksi ne potvrdjuje takva
opredeljenja. Krajem februara potpisan je ugovor o prodaji 55,4 odsto
drzavnih akcija u jednoj od najlepse tehnoloski uredjenih fabrika u
svetu, industriji smrznute hrane nadomak Beograda "Frikom". Akcije
Frikoma kupio je Hrvatski koncern Agrokor u cijem sastavu je
proizvodjac smrznutih proizvoda "Ledo" i najveci trgovinski lanac hrane
"Konzum". Na tenderu je ucestvovala i Grcka "Delta" ali su ponudili
manje para za drzavne akcije, ali su sa druge strane ponudili vece
investicije. Hrvati su dobili 1 5oo hektara zemlje, proizvodnju
smrznutog testa, povrca i sladoleda. U Evropsku Uniju Frikom izvozi 6
odsto proizvodnje sladoleda, isto toliko smrznutog testa i 28 odsto
smrznutog povrca. Kvalitet imaju, a pri tom je ucesce njihovih
proizvoda na domacem trzistu oko 40 odsto. Proizvodi su im doduse bili
nesto skuplji nego kod drugih domacih proizvodjaca a u svetu su ih
prodavali po nizoj ceni nego kod kuce. Mozda ce potrosaci i dobiti
nesto ovom prodajom, ali dugorocno kao zemlja gubimo jer je hrana za
nas strateski proizvod. Domaci potrosac pokrivao je "fleke" u privredi
ali se one ipak jedino na taj nacin ne mogu sanirati. Dugovi Frikoma
prema Beobanci i Kapital banci narasli su na 13 miliona evra, i kamate
bi samo u ovoj godini bile pretesko breme za ovu proizvodnju. Agrokor
se obavezao da ce otplatiti dugove u prvoj godini i investirati 17,5
miliona evra. Kako je Frikom zapao u tako tesku situaciju da zbog duga
izgubi mnogo veci kapital? Jedan od razloga su i sankcije. Drugi
razlog, mada mozda i vazniji od prvog, su kamate koje su kod nas
visestruko vece nego u svetu.Takva nam je monetarna politika i sad je
pitanje da li bi drzava, koja je siromasna, mogla da stampa pare ali
naravno uz ogranicenja.Da li se novac za sanaciju Frikoma mogao naci u
nekoj inostranoj banci? Sada je naravno kasno za sva ta pitanja.
Najbolje resenje bilo bi da se rukovodstvo fabrike izborilo za
dokapitalizaciju kao sto su uspeli u Beogradskom "Imleku" koji
proizvodi mleko i mlecene proizvode i kao sto ce najverovatnije uspeti
u "Soko Starku" proizvodjacu cokolada i slatkisa. Frikom je nekada bio
deo Poljoprivrednog kombinata Beograd, giganta u proizvodnji hrane u
kome drzava takodje ima znacajan broj akcija pa ostaje da li ce se sve
zavrsiti sa Frikomom.
Radnici za sad, za nrednih pet godina, ostaju na svojim radnim
mestima.Disciplina ce u svakom slucaju biti pojacana. Kako im je moci
cemo da ih pitamo tek kad prodje prvi proizvodni ciklus.Sada su
remonti.Tehnoloski nisu mnogo zastareli, cak su prosle godine kupili i
novu masinu za sladoled.
Agrokor je inace potpisao sporazum o poslovnoj saradnji sa 22 srpske
firme medju kojima su Imlek, Novosadska mlekara, Apatinska pivara,
Simpo, Delta, Takovo,Karneks,. i druge. Nakon potpisivanja ugovora o
slobodnoj trgovini trebalo bi da se preko Agrokora uveze iz Srbije
prehrambenih proizvoda u vrednosti 200 miliona dolara. Hrvatska u
Srbiju vec uvozi tu grupu proizvoda.Trgovinski deficit Srbije sa
Hrvatskom je blizu 100 miliona dolara. Hrvatska vlada uputila je u
hitnu parlamentarnu proceduru ugovor o slobodnoj trgovini izmedju
Hrvatske i Srbije i Crne Gore. Stupanjem ugovora na snagu
liberalizovace se trgovina najveceg dela industrijskih proizvoda, za
manji deo osetljivih industrijskih proizvoda carina ce se postepeno
ukidati do pocetka 2007. godine, kao i za poljoprivredne proizvode, dok
su za primarne poljoprivredne proizvode utvrdjene carinske kvote unutar
kojih se primenjuje preferencijalna carina. Srbija, Crna Gora i Bosna i
Hercegovina su jedine zemlje s kojima Hrvatska u robnoj razmeni belezi
suficit. "Apatinska pivara" do sada je plasirala simbolicne kolicine
piva na trziste Vukovara i Belog Manastira a "Delta" preko Agrokora
prodaje deterdzent sa sudove i omeksivac a ocekuje da listu prosiri
deterdzentom za rublje. Vise nego skromna prodaja. Cini se i da
Hrvatski potrosaci imaju mnogo veci otpor prema nasim proivodima nego
sto je to slucaj kod nas, bas kao sto i mi mnogo blagonaklonije
prihvatamo gostovanje njihovih pevaca i zvezda. Bojkot robe bio je
nekada naznaka nasih politickih sukoba i zato je uspostavljanje
ekonomskih odnosa prava stvar, ali pri tom ne treba ici u drugu
krajnost. Nasa preduzeca jesu osiromasena ali tim vise treba da budemo
obazrivi. Da li ce se izvoz nasih proizvoda u Hrvatsku realizovati
potpisivanjem pojedinacnih ugovora videcemo, za sada je jedino izvesno
da su oni postali vecinski vlasnici Frikoma i time i te kako
profitirali.
Nije to slucaj samo sa Hrvatskom. U stranim trgovinskim lancima su
zadovoljni sa nasim proizvodjacima. U Grckom Veropulosu kazu da smo mi
kupci koji znaju sta je kvalitet ali nam finansijske mogucnosti ne
dopustaju da to sebi priustimo. Hvale nase konditore: Pionir, Soko
Stark, Bambi ali i proizvodjace suhomesnatih proizvoda. Medjutim nismo
uspeli da cujemo koji nasi proizvodi se prodaju u Veropulosu u Grckoj.
U slovenackom Merkatoru se hvale profitom koji su ostvarili kod nas ali
opet nismo culi sta se to nase prodaje u njihovim objektima van nase
zemlje. Mozda nemamo mnogo sta da ponudimo ali zdravu hranu za izvoz
imamo. Na hektar zemljista kod nas se primenjuje pola kilograma
djubriva a recimo u Madjarskoj osam kilograma.To je danak siromastvu
ali i prednost koju ne umemo jos da iskoristimo.Takva hrana zasluzuje
mnogo bolju marketinsku i politicku podrsku.


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http://www.nedeljnitelegraf.co.yu/novi/jug.html
Februar 2003

Cosic, Tadic i Ekmecic
O KRAJU JUGOSLAVIJE

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Dobrica Cosic: Kraj jedne politicke epohe

lako ce nas pretvoriti u novo gubiliste

Na ovoj sahrani posmrtnih ostataka Jugoslavije, meni se cuti. Ali
se na povratku sa sahrane govori o pokojniku.
U srpskoj knjizevnosti, i u svim jugoslovenskim knjizevnostima
druge polovine 20. veka, ja sam najvise pisao protiv nacionalizma,
o jugoslovenstvu i Jugoslaviji; najvise je branio; najranije
posumnjao u njenu trajnost; zalagao se za stvaranje jugoslovenske
reformisticke opozicije u cilju njenog spasavanja; prvi u Srbiji
predlozio opsti jugoslovenski referendum, na kome bi se proverila
politicka volja gradjana da li zele da zive u Jugoslaviji i u
kakvoj drzavi zele da zive, cime bi se izbegao gradjanski rat; iz
moralnih i patriotskih pobuda, prihvatio sam se duznosti prvog
predsednika Savezne Republike Jugoslavije s namerom da delam na
okoncanju gradjanskog rata u Bosni i Hrvatskoj, izvodjenju zemlje
iz medjunarodne blokade, ustavnom i drustveno-politickom preuredjenju
te drzave, pa politickim pucem u parlamentu bio smenjen i
onemogucen da ispunim ocekivanja naroda Srbije i Crne Gore... S
takvom biografijom nemam pravo samo cutanjem da propratim tragican
kraj jedne politicke epohe u bivstvovanju srpskog naroda. Zato, nadam
se, poslednji put pisem o Jugoslaviji.
Citavim 19. vekom, krvlju i verom, srpski narod je spremao svoje
konacno oslobodjenje i ujedinjenje. Trebalo je poraziti dve velike
imperijalne sile, osmanlijsku i habsbursku carevinu, da bi se
ostvarila zajednicka drzava Juznih Slovena i srpski narod ziveo u
jednoj drzavi. Citavo dvadeseto stolece utroseno je na stvaranje i
rusenje Jugoslavije, u cemu je, osobito na njenom kraju, odlucujuce
ucestvovala Evropa.
A Jugoslavija je na Jugoistoku Evrope bila drzava sa najvisim
politickim znacajem. Njena uloga u borbi protiv fasizma i
staljinizma, i uloga koju je imala u pokretu nesvrstanih u „hladnom
ratu", cinili su tu drzavu vrlo znacajnom za Evropu i svet. Ali, ne
radi se samo o kraju Jugoslavije, cije se rusenje dokoncava, rusenje
potpomognuto od Nemacke i njenih sledbenika devedesetih godina;
radi se o realnom kraju svake autohtone drzave srpskog naroda u
ovoj istorijskoj etapi.

Istorijsko bezumlje

Za stvaranje drzave Juznih Slovena, za njenu odbranu i njeno
rusenje, palo je u oba svetska rata i u ratovima vodjenim od 1991.
godine, vise od dva miliona ljudi. Najvise Srba.
Imamo li sada pravo da kazemo da je stvaranje Jugoslavije bilo
kobna greska srpskih politicara i srpskog monarha u Prvom svetskom
ratu? Imamo li pravo na zakljucak da je Jugoslavija bila zabluda
srpskog naroda i onih delova hrvatskog i slovenackog naroda koji su
verovali u smisao njene odbrane i socijalne i politicke promene u
Drugom svetskom ratu? Imamo li pravo da tvrdimo da je srpski narod
stvaranjem i odbranom Jugoslavije izgubio citavo stolece -
istorijsko vreme koje je izgubljeno za svagda?
Imamo pravo! Imamo pravo i na jos bolnije i poraznije zakljucke.
Stotinama hiljada Srba spaljena je kuca; razorena porodica;
prekinuta zivotna profesija i karijera; izgubljena imovina,
zavicaj, svoje groblje... I nije takva samo srpska sudbina. Mnogo
je unesrecenih ljudi iz drugih naroda koji su ziveli u Jugoslaviji.
Stotine hiljada, milioni ljudi potamneli su od patnje u poslednjoj
deceniji 20. veka. Oplavila ih je i mrznja; sa mrznjom ocajanje,
beznadje i nagon za osvetom. Ako bilo ko u Evropi i bilo zbog cega
zapocne rat, bivse jugoslovenske zemlje lako se mogu pretvoriti u novo
gubiliste. Poslednji ratovi na jugoslovenskom tlu ostavili su
korene i motive za njihovu obnovu. Jer, nepravedan i okupacijski
mir, koji je uspostavljen na Balkanu, moze biti uzrok svakome
sukobu i ratu. Nada da se stvaranjem Evropske unije konacno stupa u
epohu trajnog mira, nova je zabluda dok postoji NATO pakt i dok se
silom i diktatima hegemona sveta uspostavljaju drzavno-politicka
ustrojstva narodima. Svet, u njemu Evropa, u Evropi i mi, narodi
nekadasnje Jugoslavije, stupamo u neizvesnu buducnost.
Konacan nestanak Jugoslavije nije samo istorijska prekretnica u
trajanju srpskog naroda. Bitne posledice istorijskih zbivanja na
tlu nekadasnje Jugoslavije pri kraju 20. veka i nestanak
Jugoslavije sa evropske karte, mi savremenici ne mozemo da sagledamo;
te bitne posledice mozda ce se ispoljiti tek na polovini ili na
kraju 21. veka. Mi savremenici ne vidimo i ne znamo stvarni
istorijski i evropski znacaj i stvaranja i propasti Jugoslavije.
Moze se dogoditi da narodi njeni rusitelji najteze plate svoje
poslednje nacionalne i drzavne pobede; moze se dogoditi da neki
njeni rusitelji i nestanu sa etnicke i politicke mape Evrope. Jer,
integracija malih sa velikim, pogotovo u savremenoj civilizaciji,
sadrzi imanentnu mogucnost topljenja malih.
Nestanak Jugoslavije nije bio jedino moguci ishod njenog
postojanja. Stvaranjem Jugoslavije i njenom obnovom i odbranom,
pored teskih ideoloskih zabluda i pogresnih drzavno-pravnih
pretpostavki, upravljao je i istorijski razum srpskog, hrvatskog i
slovenackog naroda; razaranjem Jugoslavije upravljalo je samo
istorijsko i nacionalno bezumlje. Ako nismo mogli da zivimo zajedno
uprkos tolikim medjuzavisnostima i u zapocetim procesima evropske
integracije, mogli smo da se razidjemo mirnim putem i uvazavanjem prava
drugome koja prisvajamo za sebe. Mi smo se medjusobno ubijali i u
poslednjim ratovima za tudje interese. Ratovima od 1991. do 1995.
upravljali su nacionalni separatizmi i sovinizmi, ali su njima
upravljale i velike sile, kako su to cinile i u ratovima citavog
20. veka.
Za nestanak Savezne Republike Jugoslavije, zajednicke drzave
Srbije i Crne Gore, mora se to u ovom trenutku reci, odgovorne su
politicke vodje Srbije i Crne Gore, koji su 1992. godine na
titoistickim osnovama zasnovali Saveznu Republiku Jugoslaviju. Kao njen
prvi predsednik, ja sam odmah uvideo da ta drzava ne moze da
funkcionise bez temeljne ustavne reforme kojom bi se gradjanska
ravnopravnost pretpostavila drzavnim suverenitetima republika. Za
takvu, stvarno demokratsku, efikasnu, modernu i jeftinu drzavu, nisu
bile raspolozene beogradske i podgoricke, socijalisticke,
partokratske vodje. Crnogorsko drzavoborstvo i separatizam,
utemeljeni na Kominterninim, titoistickim ideologemama i
retrogradnim tradicijama, podsticani i opravdavani vlastoljubljem
srbijanskog autokrate, postali su i ostali glavni rusioci Savezne
Republike Jugoslavije. Crnogorski separatisti i dukljanski
sovinisti razorili su duhovno i politicko bice crnogorskog naroda,
odrekli se korenskih tradicija i njegosevskog etosa i omogucili
stranim faktorima komandnu ulogu u unutrasnjim poslovima nase
zemlje, uslovili zivot naroda inostranim baksisem, prizvali
cinovnike Evropske unije da nas prisilno, diktatima, primoraju na zivot
u nekakvoj „originalnoj" drzavnoj tvorevini - politickom
provizorijumu, cije ce zakone ispisati stranci, „eksperti", da bi
se ostvarila nekakva „harmonizacija" nepomirljivih, sa stanovista
zdravog razuma besmislenih suprotnosti, proizaslih iz crnogorskog
secesionizma, antisrpstva i funkcionerskog profiterstva.
Diktiranjem Ustavne povelje i stvaranjem uslovne, virtualne drzave
Srbija i Crna Gora, Evropska unija nije izrazavala svoj
demokratizam, nego volju i nameru da na Balkanu ne postoji
autohtona i suverena drzava srpskog naroda.
Nisu „visoki predstavnici" Evropske unije napravili kompromis sa
radikalnim crnogorskim separatistima, nego su ovi isli u susret
politickoj koncepciji Evropske unije o preuredjenju Balkana. Da je
Evropska unija imala interes da se na teritoriji Srbije i Crne Gore
stvori normalna, funkcionalna, moderna drzava, ona bi taj interes lako
ostvarila i ne bi joj predstavljala nikakvu ozbiljnu prepreku
arheoloska ideologija crnogorskih „lidera". Crnogorski separatizam
odgovara kratkorocnim interesima i vizijama Balkana Briselske
kancelarije, isto onako kako je slovenacki i hrvatski separatizam
odgovarao trijumfalistickim koncepcijama Kolove i Genserove Nemacke i
njenih tadasnjih sledbenika.
Naglasavanjem odgovornosti crnogorskog rezima za razbijanje
Savezne Republike Jugoslavije kao zajednicke drzave Srbije i Crne
Gore, nije mi namera da umanjim odgovornost srbijanskog rezima za
propast SR Jugoslavije. Milosevicev i DJukanovicev rezim su
simbioticke politicke tvorevine, o cemu sam dosta pisao.

Postojao kraci put

Sumnjam da se moze smatrati dalekovidim drzavotvorstvo sadasnjih
srpskih drzavnika, njihovo prihvatanje Ustavne povelje u verziji
podgorickih secesionista i „visokog predstavnika Evropske unije".
Cini mi se da je postojao kraci i demokratskiji put Srbije do
Evropske unije, a bilo bi i izvesnije njeno nastojanje da stabilizuje
balkanski prostor.
Crnogorskim uslovljavanjem vazenja i postojanja poveljske „drzave"
Srbija i Crna Gora, srpski narod u celini, opet i dalje, gubi
istorijsko vreme za konacno drzavno konstituisanje, ekonomski i
civilizacijski razvoj i neuslovljeno ujedinjavanje s Evropom.
Ali, moze se i mora se bez fatalistickog pesimizma razmisljati o
nasoj sudbini; Srbija i Crna Gora nisu prvi put na rubu istorijskog
ponora. Moze se i mora sada misliti iz „glave cijeloga naroda" i
delati za opstanak i boljitak onom zivotonosnom snagom koja jos
nije potrosena.
U ovoj sahrani Jugoslavije, ja u dusi stajem uz one ljude koji
imaju razumnu nadu da se uprkos svemu moze stvoriti drzava Srbije i
Crne Gore sposobna da sacuva duhovni identitet i stvaralacki
potencijal naroda i opstane u savremenoj civilizaciji i Evropskoj uniji.

6. februar 2003.

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Dr Milorad Ekmecic: Jugoslaviju je srusila ravnodusnost njenih gradjana

Ameriko, ako nam zelis demokratsku buducnost, idi!

Kada bi neko na ulici presreo nekog imaginarnog „prosecnog
Jugoslovena" i uputio mu sudbonosno pitanje - sta se desilo na
veliki istorijski datum 4. februara 2003, on bi se jedva mogao snaci u
zbrci nedoumica, vajkanja na sve gore pamcenje, a najvise oko toga
o kakvoj ga drzavi pitaju. Ko je do kraja ubedjen da je
federativna, jedinstvena Jugoslavija zaista postojala?
Crna Gora odavno upotrebljava stranu valutu, a tamo su i u
agresiji NATO na nasu zemlju bombardovali samo ciljeve
jugoslovenske vojske. Stvar bi se resila saznanjem da stara sala
„Ode Mujo... Ode vala!", kako su Haso i Huso propratili tonjenje svog
prijatelja pod vodu, nije vise sala. Takvu su ravnodusnost pokazali
svi koji su slusali vesti, ili ih citali u novinama sutra ujutro,
da je jugoslovenska zajednica propala u vodu.
„Prosecni Jugosloven", ako bismo se ohrabrili da takav identitet
uopste trazimo, jedno je tuzno bice koje vise nema snage da roni
suze nad svojim istorijskim porazima i sve sto se oko njega
politicki desava posmatra kao okretanje starog dosadnog filma koji on
gleda samo da ubije vreme. Na slavni, veliki datum prekjucerasnjeg 4.
februara osvrtacemo se nekada u buducnosti, kada nam se vrati
izgubljeno osecanje stida. Vecina Srba je ovu drzavu koja je
propala, ove grobare koji su se veselili i pevali na njenoj sahrani,
ove sumorne dane u kojima se nista znacajno ne moze desiti, pa ni
iscezavanje velikih istorijskih drzava, dozivljavala kao nesto sto
nije njegovo, sto on nije hteo i ni u snu ne bi vecinom glasova na
izborima stvarao. Srbin je na tu drzavu gledao iz fotelje u
pozoristu, kao igru na sceni u kojoj on nije glumac. Sto mutna voda
donese, ta ista voda nekada kasnije mora i da odnese.

Vreme drzava-pigmeja

„Bosna sutkom pade", a ko je danas siguran da je 1463. neka
ozbiljna drzava, spremna da se od Turaka brani, tamo uopste
postojala. Ne place se Srbinu za drzavom koju nije smatrao svojom,
niti mu se veseli onoj koja ce doci i za koju je ubedjen da takodje
nece biti njegova. Sve to izgleda kao jedna dosadna igra senki u kojoj
su velike zapadne drzave udavile Jugoslaviju i sad ne znaju sta ce
od tih krhotina koje su ostale. Od jedne, stvoreno je najmanje sest
manjih drzava bez buducnosti.
U  trijumfalnom zanosu pobede nad komunizmom Sjedinjene Drzave su
1992. srusile jugoslovensku federativnu drzavu, ostvarile
istorijski vatikanski san oslobodjenja katolicke manjine na
zapadnom Balkanu i sad nad tom provalijom, nad tim besmislenim
krhotinama patuljastih „regna pigmea", kako je Kukuljevic-Saksinski jos
pre 1848. nazivao besmislenost malih drzavica na Balkanu koje
dolaze, stoje na tom groblju sa glupim pitanjem: „A sta sada?"
Srusili smo Jugoslaviju, jer katolicka manjina Srednje Evrope i
Balkana ne moze da zivi u zemlji cija su osovina ljudi druge vere. Kad
sutra sruse jos sijaset tako krhkih „regna pigmea" po svetu, kao sto
su 1992. i 2003. slomili nas, isto tako ce se pitati: „A sta sada?"
Ostatak Jugoslavije, za koju u kafanama ne znaju da li da je
nazivaju zabljom, ili zabljackom, stvorila je stihija kretanja
vremena, jer je trebalo nekako zakrpiti krhotinu koju je Amerika
slavodobitno izazvala i dovela na svet, misleci da ce vatikanski
san izleciti sve balkanske boljke kad se jednom ostvari. SAD ne
znaju sta bi sa tom novom krhotinom koju su doveli na svet akcijom
bombardovanja Sumadije i Vojvodine najvecom vojnom silom koja je ikad
pod nebom stvorena. Kad i to razore i stvore nove krhotine nad onim
koje su stvorile u beogradskoj skupstini 4. februara, opet ce se
pitati: „A sta sada?" Stvorili su nezavisno Kosovo i kome sad da ga
udenu?
Sa Sjedinjenim Americkim Drzavama danas se desava ono sto je 22.
jula 1941. Vinston Cercil rekao za nacisticku Nemacku: „Strasna
vojna masina, koju smo mi (Englezi) i ostatak civilizovanog sveta
tako ludo, tako ravnodusno, tako bezosecajno prepustili da je
nacisticki gangsteri iz godine u godinu podizu iz nicega, ne moze
opstati nepokretna, a da ne zahrdja i raspadne se. Da bi opstala,
mora biti u stalnom pokretu, meljuci ljudske zivote, ruseci domove
i prava stotina miliona ljudi". To je osnovni razlog da je Amerika
tako „ludo, tako ravnodusno, tako bezosecajno" prepustila Vatikanu da
dokusuri jos jednu jugoslovensku drzavu 1992. Besmisleno stvorena
vojna masina, kakvu svet nikada pod nebom ranije nije video, malo
se podmazala, malo prezvakala progutane krhotine do novog zaleta na
neku nezasticenu, izmrcvarenu od istorije, zabacenu i osamljenu
zemljicu koju niko ne brani i za koju niko valjano ne haje. Masina mora
da bude stalno u pokretu da ne bi zahrdjala i raspala se, da bi u
rusenju svega sto niko ne brani nasla smisao svog besmislenog
postojanja. Od koga strasna americka vojna masina danas treba da
brani svet, kad svaki balkanski slepac vidi da je on ugrozen upravo od
same te masine koja besmisleno postoji i uvecava se.

Glogov kolac u demokratiju

Mi Srbi danas nismo jedine Hase i Huse koji se naknadno sete da im
je burazer potonuo u plahoj Miljacki. Slusam svake nedelje starog
reportera Alestera Kuka, koji vec pedesetak godina preko BBC cita
svoje „Letter from America". Sa nestrpljenjem ocekujem tih
blistavih 15 minuta o nicemu. Zali se da je nedavno proslavio 92.
rodjendan i da bez pomocnika ne moze da stoji na nogama. Ali um je
ostao neumorni tkacki razboj iz kojeg izlazi uvek svez, raznobojan
i dopadljiv knjizevni skotski tartan. Pre nekoliko nedelja veli da
je cudno sto se u Americi desilo nesto sto se na taj nacin nikada
ranije nije desilo. Stvoreno je jedno novo ministarstvo, nesto kao
jedna nova zandarmerijska ustanova za koju je u novom budzetu
predvidjena stavka od preko 40 milijardi dolara. Hiljade i hiljade
tajnih agenata skupljace podatke o svakome („Information Awareness",
obavestajno saznanje). Ono sto je americka demokratija uvek smatrala
svojim glogovim kocem zbog koga se ne bi mogla uspraviti, sada je
„sutke palo". Niko ne protestuje, niko ne komentarise, niko o tome
ne obavestava, niti sredstva informisanja, za koje je venecuelanski
predsednik Cavez rekao da su „cetvrti jahac Apokalipse", ista
analizuju. Ode i americki Mujo, ode vala! Sta je ostalo od stare
demokratije ako i tamo svaki gradjanin rodjenjem dobija svoj
policijski karton?
Preko noci je, jednim birokratskim aktom, podrezan koren americkoj
demokratiji, a da niko ne protestuje. To se desava u zemlji u kojoj
se protestuje sto se prave zenske bunde od nevinih tuljana, sto se
macke gnjave i sto popovi vole maloletnu decu. O ukidanju
demokratije niko ni da zucne cestito. Ne bi se trebalo cuditi
ravnodusnom ponasanju jugoslovenskih gradjana. Pored osecanja
izgubljenosti zbog opsteg okretanja ledja u celom svetu, svaki
Srbin je u krvi nasledio endemsko nepoverenje prema obavestajnim
sluzbama i policiji.
Cetvrti jahac Apokalipse je nemilosrdni ratnik. U Sjedinjenim
Drzavama televizija nije samo sredstvo zabave i informisanja. Ona
je i posebni rod americke vojske. Odmah nakon dalekometnih raketa,
pomorske pesadije i atomskih pretnji, nastupa CNN kao najefikasnije
sredstvo. I izvan americkih granica druge televizije rade isto i slicno
tome. Kazu da je to primer nezavisnog, demokratskog novinarstva. U
svim strateski znacajnim zemljama u svetu njihov znatan deo
finansiraju americke nevladine organizacije, a ne nacionalni
diktatori i nedemokratski rezimi. Posledica jeste ono sto je osnovna
karakteristika amerikanizovane demokratije iza koje ne stoji
pupcana vrpca iz dublje proslosti toga naroda: apatija, izborna
apstinencija, umrtvljenost javnog mnjenja, umor drustva od svoje
drzave i politike uopste, svuda prisutna ravnodusnost za prijatelje
koje je sa obale matica odvukla pod vodu. Zaista je u odlukama
Reganove administracije o podrivanju Sovjetskog Saveza od 2.
septembra 1982. akcenat stavljan na razmenu „tehnologije i zabava
(diversions)". Odatle u medijima vise slika ruzicastih holivudskih
lepotica, nego ozbiljnih analiza o promeni drzavnog ustava.

Ratovi novinarskog basibozuka

A tu je i nirnberski sud u Hagu, pred koji se ne pozivaju oni za
koje postoje sumnje da su povezani sa nekim zlocinom, nego svi koji
su u ratu ucestvovali i nisu se odrekli zelje da pobede na
izborima. Nevladine organizacije, posebna neka sredstva informisanja
koja su za njih finansijski vezana, prave liste sumnjivih
nacionalnih intelektualaca za politicki odstrel. Prave se neumorno
i bez prestanka. Ko god otvori ekran da cuje sta se znacajno desava
u svetu, kao udarno iznenadjenje docekuje ga esesovski Bekantmachung
(obznana) o gonjenju onih koji su od Srba stvorili genocidni narod.
Ratovi za dominaciju svetom su odvec ozbiljna stvar da bi se
prepustili generalima. Novinarski basibozuk je mnogo efikasniji. On
rastrese protivnika, rastroji mu njegovo javno mnjenje, natera ga da se
stidi svoje istorije. Na groblju nacionalne kulture gavrani grakcu.
Ukidanje preostataka jugoslovenske drzave u beogradskoj Saveznoj
skupstini bilo je ruganje i nasoj i svetskoj istoriji. Drzava je
srusena u jednom parlamentu u kome ne sede predstavnici nikakvog
naroda, nego politicki cinovnici koji su svoja mesta zauzeli
kalkulacijom rasporeda dobiti u jednoj izbornoj koaliciji, u kojoj je
celni barjaktar izigran, a ostali oni koji na izborima ne bi mogli
pobediti kad bi nekih slobodnih izbora bilo. Razbijanje preostatka
Jugoslavije je preko svojih posrednika izveo blok zapadnih drzava,
zbog nekih buducih proracuna kako bi ovaj razoreni prostor ponovo
trebalo da se ujedini. Savez Srbije i Crne Gore jeste jezgro nekog
zamisljenog buduceg saveza na siroj osnovi, sa Kosovom, Bosnom i
Hercegovinom, Makedonijom i mozda Hrvatskom. Nova krhotina na
ostatku starih.
Kako god zapadne drzave zamisljale politicku organizaciju bivseg
jugoslovenskog prostora, on ce uvek ostati istorijsko nedonosce
nesposobno za zivot, jer su ga upravo oni stvorili da isprave svoju
omasku iz 1992, a ne prema volji ovoga naroda. Tesko je naci ijedno
drustvo u modernoj evropskoj istoriji u kome je politicka apatija,
pasivna rezistencija i otpor na individualnoj osnovi bio dublji
nego ovde. Cetvrti jahac Apokalipse uspeo je da marginalne
politicke stranke, male balkanske kortese, pretvori u neuverljive
drzavotvorne snage od nekog znacaja. Svakom „regna pigmea" su uvek
vladali pigmeji ljudi, koji za buducnost nista ne znace.
Ujedinjenje srpskog naroda iz Srbije, Crne Gore i Bosne i
Hercegovine nece obaviti mali anonimni politicari, koje je cetvrti
jahac pretvorio u velike lidere. To ujedinjenje obavice „ne milo i
nemilo, no narod". U ovim okolnostima je to nemoguce i treba se
pomiriti sa cinjenicom da je taj istorijski zadatak ostao za dugo vreme
u buducnosti. To ne znaci da je iscezao i da se nekada nece
izvrsiti.

Gorki plodovi iz 1992.

Buducu zajednicu koja se nagovestava oko ovog saveza Srbije i Crne
Gore mogu kao drzavu ocuvati samo strane trupe, kao sto sada cuvaju
sve ovo sto je razoreno nakon 6. aprila 1992. Pre blizu jednog
stoleca (1911) Jovan Skerlic je pisao da prvi korak „ka nasem
narodnom jedinstvu je verska ravnodusnost, jednovremeno svestrano
slabljenje verskog osecanja." Nijedna jugoslovenska drzava od 1918.
do danas to nije ostvarila. Svaku je progutala hidra religiozne
netolerancije, koju je negovala i za buducnost obezbedila katolicka
crkva. Tragedija je i Sjedinjenih Americkih Drzava i svih
jugoslovenskih naroda da su jugoslovensku federativnu zajednicu
razorili 1992. na osnovama verske netolerancije. Pokusaj da se i u
buducnosti sa istim zastavama religiozne netrpeljivosti, koja je
ugradjena u celo drustveno bice i temelje modernih drzava Hrvatske,
Slovenije, Bosne i Hercegovine i Kosova, stvore neke drzave unapred
je osudjen da bude samo jedna trajna vojna okupacija stranim
vojskama, koja bi jedina takvu nesloznu bracu mogla drzati na okupu.
Osnovni saveznik Sjedinjenih Drzava u razaranju Jugoslavije bili
su katolicki i muslimanski fundamentalizam. Pokusaj da se to
prevazidje proglasavanjem Alojza Stepinca i Johana Merca (osnivaca
hrvatskog sekularnog katolickog pokreta) za svece ne nagovestava da
su religiozni bastioni ovde i dalje trajno prisutni. Pored ove „Svete
Alijanse" sa Vatikanom, u Bosni je glavni americki saveznik bio
muslimanski fundamentalizam. Sve sto je komunizam za pola veka
umrtvio, preko noci je srusila americka vojna okupacija koja je
tocak religiozne netrpeljivosti vratila tamo gde je on bio zaustavljen
u maju 1945. Pokusaji da se muslimanski fundamentalizam sada zameni
nekim boljim muslimanskim saveznikom dace iste gorke plodove kakve
je doneo na svet 1992.
Ako americki politicari zaista balkanskim narodima zele
demokratsku buducnost, onda je osnovni preduslov da se odavde
pokupe i odu. Treba da nestanu sa svojim preracunavanjima
federacija, konfederacija, unija, saveza i ostave ovome narodu da se
jos jednom suoci sa grubom stvarnoscu i uz najveci duh
pomirljivosti, pomirenjem i pregovaranjem otkrije kljuc svoje
buducnosti. Sa perspektivom ovakve americke prisutnosti na Balkanu,
kakva se ispoljava danas, buducnost svakog naroda ovde je crna.
Stidljiva prizeljkivanja da ce to jedinstvo ostvariti rimski papa,
svojim unijatskim procesijama, kao i preodgajanje svesti balkanskih
naroda o proslosti samo je jedna nova cinovnicka besmislica ni od koga
ovlascenih teoreticara Karnegijeve fondacije za mir i Rand
korporacije. Oni su nas do ovog prosjackog stapa i doveli. Oni nisu
demokratska Amerika, nego koren zla iz koje je proklijao sistem
„Information Awareness" - a i cetvrtog jahaca Apokalipse.

La solidarieta' e' preziosa

1. Appello da "Un Ponte per..."
2. Relazione di viaggio a Kragujevac da "Zastava Brescia"
3. Relazione su Serbia e Bosnia da "ABC Solidarieta' e Pace"

NOTA: Le due relazioni (documenti 2 e 3) ci sono pervenute da Gilberto
Vlaic di Zastava Trieste, che scrive:
<<La prima e' della associazione ONLUS Zastava Brescia, e contiene un
resoconto molto bello (secondo me) sul viaggio e sulle riflessioni che
l'incontro con le famiglie e i bambini provoca in chi vi partecipa.
Sono sicuro che chi di voi ha gia' partecipato a questi viaggi potra'
riconoscere le emozioni provate; per chi non ha mai partecipato a un
viaggio potrebbe essere lo stimolo per farlo... Comunque leggetela...
La seconda e' della ONLUS ABC-Pace e solidarieta'. Si tratta di un
associazione romana che agisde in varie parti del mondo. Il loro
indirizzo e': http://www.abconlus.it/index1.htm
In questa relazione descrivono con dovizia di particolari le
drammatiche condizioni di quelle popolazioni. E' molto ricca di
dati...>>


=== 1 ===


il manifesto - 25 Luglio 2003
POSTA & PROPOSTA

Un piccolo aiuto

Anche quest'anno, Un Ponte per..., in collaborazione con l'Università
di Roma Tor Vergata, ha portato, ospiti di famiglie di dipendenti
dell'ateneo, 14 ragazzini jugoslavi, residenti a Kraljevo, profughi
della guerra del '99 di cui, ormai, ben pochi hanno voglia di parlare.
Fra questi proprio le famiglie dei bambini, che ogni volta ci
raccontano della loro vita, prima della guerra, ci mostrano foto di
case distrutte, le loro.Averli in mezzo a noi ci fa capire quanto è
stato importante contrastare quella guerra, così come tutte le altre.
Continua a farci capire quanto conoscere direttamente i veri
destinatari di tanta violenza resti uno dei pochi mezzi per dire no
alla guerra.Abbiamo prodotto un piccolo video «Il silenzio... sugli
innocenti», potete ordinarlo a Un Ponte per..., 06-6780808,
organizzeremo vendite di prodotti artigianali delle donne dei centri di
accoglienza che continuamente visitiamo per dare loro una mano. Ma non
basta. Perché insieme a questi bambini dalla Jugoslavia, che ora
chiamano Serbia-Montenegro, ne sono arrivati altri che cercano da noi
una speranza per contrastare malattie terribili quali Anemia Aplastica
o Leucemia. Marko, 12 anni, è uno di loro ed è qui da 8 mesi. E' al S.
Camillo, fa day hospital, attualmente in attesa di trapianto. Ma è
arrivato anche Milos, 17 anni e poi Lazar, 8 anni. Hanno bisogno
dell'aiuto di tutti. Il manifesto e la solidarietà di tanti si è già
occupata di loro, ma c'è ancora bisogno di medicine, della spesa
quotidiana, di alloggi anche minimi ma sicuri e di donazioni di sangue
e piastrine. Il tempo, e non solo, ce lo mettiamo noi. Ma serve di più.
Per un contributo (c/c postale 59927004 - intestato a: Un Ponte per...,
via della Guglia 69/a - causale "Marko vivrà"). Ulteriori informazioni
possono essere richieste a Alessandro Di Meo - Un Ponte per...
(alessandro.di.meo@...)


=== 2 ===


ZASTAVA BRESCIA (onlus)

c/o Camera del Lavoro, via F.lli Folonari 20 - 25100 Brescia
http://www.zastavabrescia.cjb, zastavabrescia@...
info 030-2584282 030-2703114

VIAGGIO A KRAGUJEVAC 31 MAGGIO – 3 GIUGNO 2003

Resoconto ed impressioni di Riccardo Pilato

Solito orario (un quarto alle sei del mattino), solito posto (il
parcheggio Esselunga della Volta, a Brescia), ci ritroviamo in sei,
Francesca, Domenico, Lory, Ugo, Luciano, e Riccardo (lo scrivente). I
primi tre affrontano per la prima volta questa avventura (non esagero,
vedrete che lo sarà veramente).
Il giorno prima abbiamo lavorato sodo per costringere i nostri due
furgoni ad accettare quello che a noi sembrava un enorme quantitativo
di materiale : 2 motorini, 42 biciclette, 2 computers, 31 scatole di
vestiti usati, 25 pacchi di alimenti vari, 12 pacchi di materiale
scolastico, 1 calcolatrice, 3 giochi, 5 sacchi di scarpe. Alla fine l’
abbiamo spuntata e solo poche scatole e qualche bici attenderanno un
altro viaggio (furgoni permettendo).
Già, i furgoni. Abbiamo tanto penato per riuscire ad averli ed
infine, grazie all’ interessamento del Comune di Brescia e alla tenacia
di Domenico, siamo riusciti ad ottenere uno Scudo e un Daily da Brescia
Trasporti e dall’ ASM.

Ho partecipato ad altri viaggi , ma questa volta aleggia intorno
a noi una diversa atmosfera, dovuta sicuramente alla consapevolezza che
un fatto è andare in macchina, magari circondati da pacchi e pacchetti,
un conto è presentarsi in frontiera, in tre frontiere, con due furgoni
stracarichi, dai quali crollano scatoloni ogni qualvolta apri una porta
del vano di carico. Abbiamo cercato di prendere delle precauzioni
facendoci accompagnare da alcune dichiarazioni relative agli scopi
umanitari del nostro trasporto, una del Comune di Brescia, un’ altra
della CGIL di Brescia con l’ elenco del materiale, un’ altra ancora
della nostra Associazione ( con traduzione in serbo-croato ); inoltre
Rajka ha predisposto presso la frontiera serba un passaggio morbido:
tutto questo ci conforta e ci tranquillizza un po’.
Dopo una breve sosta presso l’ area di servizio di Duino dove da
più di un’ ora ci attende il buon Gilberto con i nostri passaporti
vistati gratuitamente dal console jugoslavo di Trieste, suo amico,
ripartiamo sicuri di volare dritti a Kragujevac.
Poveri illusi! Giunti alla frontiera tra Slovenia e Croazia, già
provati da lunghe code a Mestre e alla frontiera tra Italia e
Slovenia, si presenta la realtà in maniera netta e cruda. La guardia
croata non vuole sentirne di farci passare nella corsia delle macchine,
dice (giustamente) che abbiamo troppa roba e ci fa tornare indietro a
fare la fila con i camion; inoltre ci fanno capire che dobbiamo
affidarci ad uno spedizioniere per compilare il documento di viaggio:
non valgono a nulla le nostre raccomandazioni, i nostri visti, il
nostro appellarci ai motivi del viaggio; noi continuiamo a ripetere a
tutti le poche parole che in tante altre occasioni hanno aperto tutte
le porte, “ Zastava “ e “Humanitaria Pomoc“, ma sono irremovibili.
Cominciamo a comprendere che dietro una rigida applicazione delle norme
c’ è la volontà di arrecare danno a quegli strani rompiscatole che si
ostinano ancora a portare aiuto ai “serbi“ . E allora non ci resta
altro da fare che accettare la realtà e affrontare, cercando di tenere
i nervi saldi, le richieste al rialzo dei vari spedizionieri i quali,
resisi conto della trappola in cui ci troviamo, continuano ad alzare il
prezzo della loro “prestazione“. Fin qui i “cattivi“. Per fortuna, come
in ogni storia d’ avventura, ci sono anche i buoni e trovo giusto
menzionarli per l’importante ruolo che hanno avuto nel farci uscire dai
guai. E proprio quei camionisti che tante volte stramalediciamo per i
loro sorpassi a dir poco azzardati, ci hanno commosso per l’ interesse
dimostrato nei confronti di sei colleghi un po’ imbranati, per quanto
riguarda il disbrigo di pratiche di spedizione internazionale, e molto
demoralizzati. In particolare un croato si è dato molto da fare e, in
coppia con l’ infaticabile Ugo, le ha tentate tutte. Alla fine, vista
la irremovibilità dei finanzieri, ci ha consigliato di aspettare le 19,
il cambio turno, affidandoci all’unica via d’uscita rimasta,
l’ottimismo. Ed è successo l’inaspettato: proprio nel momento in cui
Ugo reagiva in maniera a dir poco rumorosa ad una ennesima richiesta di
ben 1500 euro di uno spedizioniere, il cambio di guardia si dimostrava
effettivo, anche nel modo di pensare e di agire. Difatti, entrati in
contatto con il responsabile dei finanzieri croati, questi si
dimostrava sensibile al nostro problema e alla fine, dopo un colloquio
telefonico con Rajka, tutto si risolveva con un documento costato pochi
euro.
E via, di gran carriera, o quasi, sicuri che nulla ormai avrebbe
potuto farci perdere dell’altro tempo. Eravamo già abbastanza
dispiaciuti per aver perso una cena di benvenuto, con tanto di musica
serba, offerta dal proprietario dell’ albergo dove Rajka ci aveva
prenotato le stanze, volevamo almeno arrivare in un orario tale da
garantirci qualche ora di buon sonno prima della giornata impegnativa
che sapevamo aspettarci.
Frontiera croato – serba, i croati non fanno problemi, i serbi
invece cominciano con la solita storia del documento di spedizione. In
piena notte ci mettiamo a svegliare tutti gli spedizionieri alla
ricerca del documento che sappiamo essere già presso questa frontiera.
Naturalmente al primo giro niente, tanto nervoso e dopo una telefonata
a Rajka (ore 1.30 !) che teniamo in linea, torniamo presso un’agenzia
dove stavolta l’impiegato si decide a svegliare il capo il quale,
penso, si prenda un cattivo buongiorno da Rajka. Dopo “soltanto” due
ore, giusto il tempo per battere al computer la spedizione e far
apporre i sacri timbri dalla finanza serba, si va e non ci sembra
ancora vero. Arriviamo a Kragujevac quasi alle 8, dopo quasi 26 ore
dalla partenza, e Rajka e Dora (una sua ospite italiana) ci conducono
in albergo dove, dopo un breve racconto e una veloce colazione
riusciamo ad andare a riposare. Alle 12, dopo avere inutilmente atteso
di poter sprofondare in un sonno ristoratore, ma dopo aver fatto una
doccia per svegliarmi, mi reco in sala ad aspettare gli altri che alla
spicciolata arrivano più o meno assonnati. Non abbiamo molto tempo;
alle 13 siamo attesi a pranzo presso la famiglia di Kristina, la
bambina che ho in adozione e che non vedo da 18 mesi. E’ la prima volta
che sono ospite a casa loro e questa novità mi da un grande senso di
gioia ed anche una grande emozione. So già che sono una bella
famigliola, le bambine sono tre e le riconosco subito nel vederle
attenderci al cancelletto di casa. Dopo un grande pranzo con tantissime
portate e tanta allegria (come sempre si fanno in quattro per cercare
di dimostrare il massimo di ospitalità e di gratitudine nei confronti
degli ospiti che in queste contrade sono ancora sacri) ci accorgiamo
che il tempo è volato, che sono le 15 e che alle 15.30 abbiamo la
consegna delle adozioni nel salone del palazzo Zastava. In tutta fretta
inseriamo nelle buste i 155 euro previsti e poi via di corsa. Noto con
soddisfazione che c’è ancora un posto dove si tiene alla puntualità e
sogno di importarla dalle nostre parti. Infatti alle 15.30 in punto
sono già tutti dietro il grande portone, aperto il quale saliamo tutti
ordinatamente al primo piano. In tutta fretta finisco di allestire la
sala con la bandiera bilingue “pace-mir” e, subito dopo gli interventi
di saluto del Presidente del sindacato Zastava, Delko, e mio, Milija
comincia a chiamare i nomi dei bambini.
Quella che potrebbe sembrare una operazione abbastanza monotona, è
invece per noi che la viviamo direttamente, la parte finale di tutto
il lavoro svolto, un momento di grande tensione. Ognuno di noi immagina
alla propria maniera i sentimenti che albergano negli animi di questi
padri e madri di famiglia.
Io li ho sempre visti costretti, da un giorno all’altro, a
dover tendere la mano per prendere la busta che un lavoratore più
fortunato gli porge. Non ho mai notato in alcuno né un segno di rabbia
( ne avrebbero ben ragione visto che gli abbiamo tolto la speranza nel
futuro ) né di sottomissione. Questo lo abbiamo notato sempre tutti e
per fortuna è così. Veniamo trattati per quello che realmente siamo,
uomini e donne solidali che cercano di mettere in pratica i principi in
cui credono, alla pari, da lavoratori a lavoratori.
Il problema vero è un altro: veniamo spesso assaliti da un senso di
frustrazione in quanto, oltre alla limitatezza dell’ aiuto che
portiamo, ci rendiamo conto che non c’è ancora il minimo segno di
rinascita per questa martoriata terra. E allora ci viene spontaneo
chiederci cosa di tanto grave possono aver compiuto questi lavoratori,
queste madri, questi bellissimi bambini, questi anziani che tanto hanno
lottato, per meritare un castigo così immenso. E allora chiedo a coloro
che hanno preso le decisioni di aggredire la Jugoslavia, distruggendole
i nodi essenziali per la vita, se mai possono dormire sonni tranquilli,
se mai gli compaiono davanti questi occhi tristi di persone che da un
momento all’altro sono passati da una condizione normale di vita ad una
condizione di miseria, quasi sicuramente senza ritorno, almeno nel
tempo del volgere della loro vita.
Quanto tempo è che nelle loro case non si ride spensieratamente,
perché altri pensieri gravano su di loro, la casa non finita, le esose
bollette della luce da pagare, gli oggetti per la scuola da comprare,
la roba da mettere in pentola tutti i giorni e via dicendo; quanto
tempo è che i sorrisi dei bambini si spengono all’improvviso al ricordo
delle nottate passate in rifugi precari, sobbalzando e singhiozzando ad
ogni scoppio di bomba, quanti di loro soffrono oggi di disturbi
nervosi, di asma, e di altre malattie più gravi (derivanti direttamente
dagli effetti dei bombardamenti sulla loro psiche e sul loro fisico),
che si ha paura e pudore a nominarle, soprattutto quando riguardano
delle piccole creature inconsapevoli dei grandi giochi che si stanno
compiendo sopra le loro teste.
E questi pensieri ci accompagnano sempre mentre centinaia di mani
stringono con vigore e con vero piacere le nostre. Arrivano le brutte
notizie, non è vero che anno dopo anno tutto rimanga come prima. Un
bambino muore in un incidente di lavoro nei campi, tragedia a cui
purtroppo siamo abituati anche dalle nostre parti, ma il padre subito
dopo scompare nel nulla, forse perché straziato dal dolore; non se ne
sa più niente da tre mesi, chissà. La madre disperata, rimasta sola con
l’altro figlio, non sa più dove sbattere la testa, lo stato sociale è
stato smantellato, come farà a tirare avanti?
Sento chiamare un nome che mi porta alla memoria una ragazzina
bella, vivace, che voleva sempre mandare i saluti al suo adottante di
Brescia, un bambino. L’aspetto, voglio vederla, fotografarla, ma all’
improvviso, solo per un attimo, mi si presenta una persona che io
stento a riconoscere, tanto l’ha ormai trasformata, in pochissimo
tempo, una tremenda malattia della quale solo adesso vengo a
conoscenza. E gli adulti? Abbiamo già avuto notizia di quella madre che
si è lasciata spegnere dopo una non lunga vita di stenti e che,
presumiamo, non abbia retto all’ennesima tragedia della malattia del
marito; visitiamo la loro casa, incompiuta come migliaia di altre,
disperata come tante altre. Ci accolgono due bambini, stupiti dal
fatto che delle persone venute da lontano possano interessarsi a loro,
il padre col buco in gola si sforza di comunicarci tutta la sua
gratitudine. E domani? Resterà domani qualcosa di quei sentimenti che
abbiamo cercato di trasmettere loro, avrà un valore la nostra presenza
per tutti loro e per i bambini in particolare? Che fine faranno questi
ragazzi che nonostante la condizione di massima disperazione riescono
ad essere bravi a scuola, nella purtroppo non lontana eventualità che
il padre già così gravemente malato dovesse venire a mancare?
E l’ altro caso del timido omino, giovane, con appresso una
bellissima bambina che ci comunica di essere malato di tumore al
cervello nello stesso momento in cui ci porge in regalo una boccia
contenente il miele da lui stesso prodotto: non pressa, non chiede, si
limita a stare lì in attesa di un miracolo che noi non possiamo fare!
E noi, come ci sentiamo? Il cuore continua ad avere sobbalzi e
crolli di fronte a questi fatti e a tutti quelli che sappiamo esistere
pur non avendone diretta conoscenza. La società jugoslava ha
subito uno stop tremendo da questa guerra, dall’embargo e dalle
precedenti guerre contro la Croazia e la Bosnia. Chi colpevolmente
pensa alla guerra come ad un fenomeno passeggero dovrebbe venire con
noi, a sentire, a vedere le conseguenze di decisioni insensate. Sempre
di più ci rendiamo ben conto che nessuna guerra finisca con la fine dei
bombardamenti, e, soprattutto se non stai dalla parte dei potenti,
chissà quanto tempo dovrai aspettare prima di poter dire “è finita“.
La manifestazione si conclude con l’ acquisto di prodotti dell’
artigianato locale, pizzi e ricami, che alcune donne di Kragujevac
hanno esposto nella sala; bei lavori a prezzi molto onesti che noi
venderemo questa estate sulla nostra bancarella. Alla fine un piccolo
gruppo di bambine dietro la bandiera della pace rivolge un saluto - che
io videoregistro - ai bambini che il 16 giugno a Roma parteciperanno
alla prima edizione della manifestazione canora organizzata dall’
Associazione “ NON BOMBE MA SOLO CARAMELLE “ .
In serata per la cena siamo attesi a casa del ragazzo adottato da
Francesca, una famiglia montenegrina numerosa e molto unita che, come
tutte le famiglie in cui siamo stati o andremo, ci fanno mille feste
con tanta allegria. E’ in queste occasioni che noi abbiamo modo di
avvicinarci ad un mondo che, molto simile al nostro di 50 anni fa, non
credevamo esistesse più, in Europa. Non è solo apparenza, ma realmente
l’ ospitalità è considerata sacra, figuriamoci nei confronti di coloro
che si sono presi la briga di aiutarli a non perdere la fiducia nel
genere umano. E non l’ hanno persa!
Apprendiamo così i significati culturali della loro elaborata
cucina, ammiriamo le fotografie esposte nelle loro case, in una al
posto della foto di Tito, fino a pochi anni fa onnipresente, compare la
foto della famiglia di Domenico. Case modeste, fatte come da noi con
tanti sacrifici, non finite nella maggior parte dei casi, perché con la
guerra e con la mancanza di lavoro sono finiti sia i materiali e
soprattutto i soldi, ma case con tanta umanità e, chissà, forse anche
un po’ di speranza di riprendere a palpitare di vita serena, come una
volta.
Lunedì finalmente affrontiamo lo spinoso problema della dogana di
Kragujevac, dove le nostre merci dovranno passare vari controlli prima
di essere consegnate.
Rajka si sta facendo in quattro per cercare di trovare una strada per
evitare che le cose vadano per le lunghe; noi riflettiamo e pensiamo
che se i controlli fossero sempre così accurati chissà quante cose si
scoprirebbero. Ma sappiamo di essere in regola, non abbiamo nulla da
nascondere e le scatole contengono veramente quei prodotti che abbiamo
fretta di consegnare alle varie famiglie: c’è molta Nutella e
cioccolata e dolciumi vari che aiuteranno tanti bambini ad osservare
il mondo con meno amarezza e temiamo che il grande caldo che sta
facendo possa danneggiarli. Rajka trova la strada, ci presenta ad una
responsabile dell’ufficio di sdoganamento, Marija, una bella croata
sposata ad un serbo in tempi in cui questo non era peccato. In
pochissimo tempo abbiamo il controllo alimentare consistente nel
controllare che i prodotti di alcune scatole di alimentari non siano
scaduti. Tutto in ordine, naturalmente. Alla fine però Marija ci
chiederà un piccolo favore, riportare a Brescia un pacchetto di
medicinali scaduti che non sa come scaricare dalla contabilità della
dogana. Noi sappiamo che le medicine sono sempre grane, ma lei ci
assicura che il documento che le accompagnerà sarà sufficiente a
superare tutte le difficoltà e poi, con quegli occhi e il favore che ci
ha fatto, come si fa a dire di no. Finalmente possiamo scaricare i
furgoni presso il magazzino della Zastava dove subiranno altri
controlli e purtroppo qualche stupida manomissione da parte di qualche
controllore zelante e morto nell’anima. Ci comunicano che alle 17
potremo prendere i pacchi di cibi e vestiario, il resto, bici, motorini
e computers resta dove si trova e purtoppo ho appena appreso che a
tutt’oggi, 8 giugno, non è stato ancora sdoganato. Ci riesce difficile
capire quanti e quali appetiti possano aver mosso quelle che per noi
sono delle modeste merci, ma li, per i tanti profittatori, esse hanno
un grande valore economico. No, non così per la nostra gente che
aspetta fiduciosa e speranzosa di avere in dono una bici con cui
percorrere i 10, 20 o più chilometri che la separano dal precario
posto di lavoro: questa ha imparato ad avere la massima fiducia in noi
e in Rajka e Milija che gestiscono correttamente la solidarietà a
Kragujevac.
Si va a conoscere la famiglia del bambino adottato da Ugo e Lory
dove ci fermeremo per il pranzo. Anche qui, come sempre, la stessa
accoglienza festosa; ci sentiamo accuditi senza essere serviti, siamo
come in casa nostra. Alla fine delle visite, di tutte le visite, il
sentimento del distacco si fa vivo, sappiamo che per molto tempo,
minimo sei mesi, non vedremo più queste splendide persone, ma
sicuramente il reciproco ricordo si manterrà molto forte.
Il pomeriggio del lunedì, prima della consegna dei pacchi, riesco
ad avere un breve incontro con la mia famiglia, a casa loro, con
l’aiuto di Dejan che ha imparato l’ italiano andando avanti e indietro
da Bergamo dove il piccolo figlio è stato operato qualche anno fa dopo
essere stato dato per spacciato a Belgrado: doppio trapianto di fegato
e reni, reso possibile dall’ interessamento del gruppo Zastava di Lecco
( quali miracoli non riesce a fare la solidarietà! ). Si parla del più
e del meno, dei problemi del lavoro, di quando si presentano in
fabbrica e vengono rispediti indietro perché non cè nulla da fare, e,
naturalmente, senza paga. Gli ex proprietari della fabbrica - perché
questo erano i lavoratori in Jugoslavia, avendo acquisito negli anni
quote importanti di proprietà delle aziende - costretti quasi a
mendicare il lavoro!
Il lavoro è poco e i soldi ancora meno: alla fine una famiglia
di 5 persone ha a disposizione 5 euro al giorno per tutto l’
occorrente, dal cibo all’ energia. E’ vero che i soldi non contano, ma
quando non ne hai neanche uno da contare ……
Alle 17 accompagnato da parte della mia famiglia, siamo davanti
alla sede del sindacato dove si stanno già distribuendo i pacchi dal
furgone. Si è fatta una piccola folla composta dalle famiglie che sono
state avvertite di venire a ritirare il pacco ed anche da altre venute
a vedere nella speranza che ci sia stata una dimenticanza da parte di
Milija vana speranza perché Milija non sbaglia mai!).
La sera si va dalla famiglia di Domenico; l’ ultima cena del
viaggio è di solito quella in cui ci si rilassa un po’ e comprendiamo
subito che questa è la famiglia giusta, molto affabili tutti, arrivano
a tenerci compagnia anche le sorelle della padrona di casa, due belle
figliole ( una è medico a 300 euro al mese ) che attraggono le nostre
attenzioni, tanti brindisi e fanno scattare tante foto.
L’ indomani mattina, per nulla provati dalla sostanziosa cena e
dalle abbondanti libagioni, alle 8 colazione. Rajka e Vladan, il papà
della mia bambina, si assentano per 10 minuti. Tornano con due
sacchetti pieni di ciliegie che non so dove hanno preso. Rajka si deve
essere ricordata che io le ho detto che quest’ anno non le avevo
ancora assaggiate a causa del prezzo (7 euro ca al kg) ed ha
provveduto. Aspettiamo inutilmente fino alle 10 che qualcuno della
dogana ci porti il pacchetto di medicinali (in cuor nostro speriamo che
non arrivi nessuno) e infatti ci mettiamo in marcia preceduti dalla
macchina di Raiko , Milija e Rajka. Quando siamo sul rettilineo che
porta verso l’ingresso dell’ autostrada, ci salutiamo, baci, abbracci,
ultime foto (le più belle!) e proprio in questo momento siamo raggiunti
dal tipo che ci consegna un pacchetto piombato. Facciamo buon viso a
cattiva sorte, del resto siamo stati rassicurati da un capo ufficio
delle dogana, e poi…. Marija ….non ci farebbe mai un brutto scherzo!
Iniziamo il viaggio di ritorno alle 10.30 di martedì 3 giugno e
subito sbagliamo direzione di marcia: ce ne stiamo andando a Nis, a
sud, altro che Belgrado. Altra ora persa così, per tornare indietro ma
dopo va tutto liscio,….fino alla frontiera tra Croazia e Slovenia. Qui
i finanzieri sloveni non ne vogliono sentire di farci passare con quel
pacchetto di medicinali accompagnato da un documento della dogana
serba, per loro senza valore. Ce ne vuole un altro, di uno
spedizioniere sloveno che ci chiede un sacco di soldi. Siamo disperati,
stramalediciamo tutto il possibile ma alla fine, dopo due ore di tira e
molla, decidiamo di pagare 190 euro sudati e tolti letteralmente di
bocca ai nostri lavoratori serbi per far passare un pacchetto senza
valore. E non è finita, in quanto temiamo che la finanza italiana possa
fare ancora più storie degli sloveni perché in teoria si tratta di far
entrare in Italia dei rifiuti considerati speciali. Non sappiamo se sia
meglio disfarcene oppure nasconderli da qualche parte (dove?). Alla
fine li infiliamo sotto il sedile di Ugo, obbligandolo a non schiodarsi
da li. Alla frontiera italiana, stanchi e tesi, la finanza sente odore
di grappa, letteralmente, perché in viaggio si è rotta una bottiglia
dentro il mio zaino, vuol sapere quanta ne trasportiamo; all’inizio
nicchiamo, non lo sappiamo bene e allora cominciano ad aprire,
squarciandoli, tutti i pacchi dono che trasportiamo per le nostre
famiglie adottanti di Brescia. Alla fine si contano ben 25 bottiglie
di grappa, e non basta. Infatti il maresciallo che sta eseguendo la
visita intima ad Ugo di scendere dal furgone e trova il famoso e
maledetto pacchetto di medicinali. Diamo le nostre spiegazioni, obietta
che non si può trasportare quei prodotti, ma per fortuna non la mette
giù dura. Per la grappa invece temiamo che le cose possano mettersi
male, ma alla fine, dopo una ramanzina che inizia con “pur apprezzando
gli scopi meritevoli delle vostre iniziative …..” ecc. ecc, ci lascia
andare con tutti i pacchetti rotti e qualche ulteriore ora di ritardo.
Anche stavolta siamo riusciti ad arrivare fuori tempo limite, ma dopo
solo 19 ore.
Ah, dimenticavo, voglio dire a tutti gli adottanti che
riceveranno i pacchetti dono che possono stare tranquilli: con un
pomeriggio di certosino lavoro sono riuscito a ricomporre i pezzi,
tutt’al più potrà risultare scambiata qualche bottiglia di preziosa
grappa!


=== 3 ===


ABC Solidarieta' e pace (onlus)

http://www.abconlus.it/index1.htm
info@...

RELAZIONE MAGGIO 2003

Questa volta, invece di soffermarci su quanto fatto, visto e sentito in
ciascuna città, scuola o fabbrica visitata per la consegna delle nostre
“borse di studio”- di nuovo, come al solito, a Backa Topola, Krivaja,
Novi Sad, Belgrado-Rakovica, Kragujevac, Nis, Niska Banja, Rogatica,
Pale, Lukavica -, vogliamo riferire sulla situazione generale che
abbiamo trovato, in Serbia e in Bosnia, durante il nostro ultimo
“giro”, dal 17 al 29 maggio u.s.

Serbia – Dopo l’assassinio del premier Zoran Djindjic, avvenuto il 12
marzo, lo ha sostituito il suo vice Zoran Zivkovic e si è decretato lo
stato di emergenza, che è durato fino a poco prima del nostro viaggio.
Noi di ABC ci siamo sempre astenuti - e continueremo a farlo – da
giudizi politici che non ci riguardano; non però dal dare quelle
informazioni, anche politiche, che sono necessarie per mettere in grado
i nostri soci e sostenitori di rendersi meglio conto del clima in cui
vivono i bambini e ragazzi affidati, con le loro famiglie.
L’atmosfera che si respira attualmente in Serbia è pesante. Lo stato di
emergenza non è servito soltanto ad emarginare personalità sgradite, a
liquidare bande “politico-mafiose” (ad es. quella di Zemun, roccaforte
dei radicali-nazionalisti intransigenti alla periferia di Belgrado) e
formazioni politico-militari (ad es. i “Berretti rossi”) sospettate di
residui legami col “vecchio regime”. E’ servito anche – quel che più
importa – a sottoporre la popolazione a misure economiche ancor più
restrittive ed onerose, reprimendo le proteste e cercando quasi di
mettere il bavaglio alla gente.
Malgrado ciò, i nostri amici sindacalisti di Kragujevac e di Nis ci
hanno parlato fuori dai denti, permettendoci di intravedere un quadro
aggiornato della situazione economico-sociale. Cercheremo di
comunicarvela meglio che possiamo, dandovene almeno qualche
significativa “pennellata”.
Secondo le statistiche, su dieci milioni di cittadini i disoccupati, in
Serbia, sono quasi un milione, cioè un decimo non della popolazione
“attiva”, ma di quella totale. Ma che cosa s’intende per disoccupato e
che cosa, di conseguenza, per occupato? Alla “Zastava” di Kragujevac
lavoravano, prima, 36.000 operai, provenienti in parte dalle campagne
della Sumadia, la grande regione agricola di cui appunto Kragujevac è
capoluogo, in parte dal resto della Serbia meridionale e specialmente
dal non lontano Kosovo. Adesso i dipendenti della “Zastava” sono
ridotti a meno della metà, tanto è vero che, considerando l’insieme
della città di Kragujevac, che conta 172.000 residenti, i disoccupati
“ufficiali” sono 19.000. Ma vi vanno aggiunti i 7.000 che sono
comunque usciti anche loro, di fatto, dalla “Zastava”, in quanto hanno
accettato - secondo la “Legge sul lavoro” precedente a quella emanata
durante la “emergenza” – o un magro sussidio per due anni al massimo
(da 58 a 62 euro mensili a seconda della qualifica), ovvero un compenso
“una tantum” pari a 100 euro per ogni anno di lavoro effettivamente
prestato. Gli uni e gli altri sono ancora in lista per un ipotetico
nuovo impiego e perciò non sono considerati come disoccupati, ma solo
“in mobilità”. Vanno aggiunti inoltre 4.000 lavoratori “stagionali”,
adibiti alla raccolta della frutta e simili, che possono esser definiti
come occupati solo in maniera impropria, per non dire beffarda. Tirando
le somme, i non realmente occupati sono, a Kragujevac, ben più di un
decimo della popolazione complessiva: sono tra un quinto e un sesto. Se
poi si aggiungono ancora 30.000 profughi “registrati” e un numero
imprecisabile di non registrati, arrivati nella città e dintorni
fuggendo dalle varie guerre jugoslave degli anni 1992-95, nonché quelli
dal Kosovo nel 1999, si può concludere che a Kragujevac la situazione
occupazionale effettiva è da due a tre volte peggiore di quella, già di
per sé disastrosa, indicata dalle statistiche nazionali.
A Nis, peraltro, le cose non sono migliori. Alla “Mascinska Industria”
(MIN), su 15.000 dipendenti soltanto 5.000 sono rimasti in servizio e
scenderanno presto a 3.500 in seguito alla più che probabile chiusura
di 10 delle 36 imprese riunite nella holding. Ma come, in che senso si
parla, alla MIN, di operai rimasti in servizio? Se ne parla nello
stesso senso in cui lo si fa, sempre nella città di Nis, alla
“Elektronska Industria” (EI). Qui c’erano 12.800 operai; ne sono
rimasti 4.800. Ma – abbiamo chiesto ai sindacalisti – almeno questi
lavorano regolarmente, cioè a tempo pieno, otto ore al giorno per tutti
i giorni dell’anno, escluse ferie e festività? Risposta negativa. A
tempo pieno sono soltanto 500. Gli altri stanno in servizio per modo di
dire, cioè in un senso che potremmo definire “ridotto”, anzi, il più
delle volte, addirittura nominale: vengono a lavorare saltuariamente,
quando serve, quando li chiamano, vengono insomma più che altro per
fare atto di presenza, per timbrare ogni tanto il cartellino, cosicchè
il loro nome continui a figurare negli elenchi della fabbrica. Per
questa cosiddetta “prestazione lavorativa” ricevono compensi che si
aggirano, nei casi migliori, intorno ai 100 euro annuali. In tal
modo, comunque, nell’eventualità (per ora remota) di qualche ingresso
di capitale estero che consenta una certa ripresa produttiva, questi
operai “per finta” potranno tornare ad essere operai veri. Le
direzioni aziendali possono intanto far figurare un numero di
dipendenti ridotto ma non proprio – come è nei fatti – al lumicino, e
dalle statistiche possono risultare cifre di disoccupazione certo
gravissime ma molto inferiori alle realtà.
Dobbiamo dire ancora una cosa. Durante lo stato di emergenza la “Legge
sul lavoro” nazionale è stata modificata in peggio, e fortemente. Chi
oggi è considerato in eccesso, viene semplicemente licenziato e può
scegliere tra due tipi di “ammortizzatori sociali”, ambedue ridotti al
minimo: o nove mesi di sussidio (anziché due anni) con 70 euro mensili,
ovvero una liquidazione pari, mediamente, a 1.650 euro.
Si conserva comunque il diritto all’assistenza medica, ma è un
principio giuridico che trova poco riscontro nella pratica, date le
condizioni attuali della sanità in Serbia. A Kragujevac, per esempio,
l’ospedale c’è, gli ambulatori ci sono, ma il più delle attrezzature
diagnostiche e terapeutiche o non funziona o è troppo obsoleto, dagli
apparecchi per le ecografie a quelli per la chemioterapia (dei quali,
dopo i bombardamenti all’uranio del 1999, è aumentato il bisogno). Chi
ne necessita deve andare a Belgrado, dove pagherà tutto, più le spese
di viaggio.
Da questa situazione in due grandi città industriali serbe, si può
agevolmente desumere quale sia lo stato delle cose a livello nazionale.
E c’è da dire ancora del rincaro delle tariffe per elettricità, acqua
ecc., del rigore ormai inesorabile nell’esigerne il pagamento, pena non
solo lo “stacco”, ma in certi casi perfino il tribunale. La nostra
amica Vesna – se si vuole un altro esempio –, segretaria amministrativa
del sindacato della MIN, si è vista intimare il pagamento di arretrati
dell’elettricità per 150.000 dinari, cioè 2.300 euro. Glieli hanno
rateizzati lungo alcuni anni, ma non potrà mai farcela, lei che non
raggiunge 100 euro al mese di stipendio! Si capisce allora come la
maggior parte di coloro che, estromessi dal lavoro, hanno ricevuto i
magri compensi di cui sopra, ben lontani dal poterli utilizzare – come
suggerito dalla propaganda ufficiale – per qualche “nuova attività”,
per “mettersi in proprio”, semplicemente ci pagano appunto gli
arretrati delle varie bollette.
Parliamo adesso di salari, stipendi e prezzi. Il salario medio di un
operaio a tempo pieno – uno dei pochi – equivale al massimo a 100 euro
mensili; lo stipendio di un insegnante di scuola elementare a 150, di
scuola superiore a 200, quello di un medico a 500. Vanno però detratte
le trattenute. Sui salari lordi – ci hanno precisato a Kragujevac – il
14% va per tasse governative, il 9,8% per pensione e invalidità, il
5,95% per la sanità (funzionante come sopra accennato), infine lo 0,55%
per …. solidarietà con i disoccupati (!). Totale: 30,3%.
Quanto ai prezzi, possiamo riferire che attualmente in Serbia un kg. di
pane costa 35 dinari, di zucchero 45, di farina 35. Un litro di olio di
mais 65, di latte 25. Un hg di caffè 25, di thè 40. Un kg di carne di
pollo 120, di maiale 250, di vitello 270, di formaggio bovino 150,
ovino 220. Patate, pomodori e altri ortaggi costano 100 dinari in
media, la frutta “normale” 50. I detersivi 120-150. Un tailleur per
donna 3000-4000, scarpe donna minimo 1200. Per uomo: giacca e pantaloni
minimo 4500, camicia 1500, scarpe da 2000 a 4000, giaccone 5000,
maglione da 1500 a 3000. Ce lo hanno detto le massaie e lo abbiamo
visto nei negozi, vuoti o semivuoti. L’affitto di un piccolo
appartamento è di 10.000-15.000 dinari al mese, l’acqua costa 600
dinari, l’elettricità 2500-3000, anche perché serve non solo
all’illuminazione, ma, generalmente, per cucina e riscaldamento Posto
che un euro si scambia attualmente con 66-67 dinari e presto, perciò,
si scambierà con 70, fate voi il conto di quanto costa l’essenziale per
vivere, espresso nella nostra moneta.
E per la scuola? Solo i libri di testo costano l’equivalente di 25-30
euro per ogni classe da frequentare, e per lo più vanno cambiati ogni
anno. Uno zainetto costa 6-8 euro. Si aggiungano quaderni, penne,
matite, colori e quant’altro. In totale – ci ha detto una direttrice
didattica – occorrono 50-60 euro solo per le cose strettamente
scolatiche. Ma bambini e ragazzi non possono andare a scuola vestiti da
straccioni, e poi per sei mesi all’anno fa freddo: quindi, dati i
prezzi dell’abbigliamento poco sopra esemplificati, la spesa quanto
meno si raddoppia. Bisogna inoltre tener conto del fatto che nella
maggior parte delle scuole serbe si svolgono anche attività
post-scolastiche, come corsi di danza, di canto, di ginnastica, sport
vari dal calcio al basket alla palla a volo, perfino gli scacchi. Sono
cose facoltative, ma sarebbe ben triste per un alunno dover restarne
fuori.. Ora, per queste attività non può non occorrere qualche spesa
aggiuntiva. Tutto sommato, le borse di studio di ABC sono
provvidenziali, per chi le riceve: bastano per la scuola e ne può
avanzare per altre necessità familiari.
A conclusione di questa breve ma angosciante “carrellata”, resta da
domandarsi come facciano i serbi a sopravvivere. E’ quel che abbiamo
chiesto ai nostri amici sindacalisti, con riferimento ai loro operai o
ex operai. La risposta è stata che una parte di loro si arrangia con
lavoretti occasionali, ovviamente “al nero”, o con traffici vari, dalla
compra-vendita di roba usata ad altre attività magari al limite del
lecito. Ma la maggior parte beneficia del fatto di aver conservato
qualche pezzo di terra al villaggio di provenienza, o comunque di avere
lì parenti e amici: può dunque andarvi a coltivare l’orto, ad allevare
il maiale, i polli e simili, onde risparmiarsi di comprare molta roba
al mercato cittadino. Alla MIN, per esempio, gli operai si vantano di
essere più adatti al lavoro particolarmente pesante che vi si svolge (o
vi si svolgeva), proprio per la loro origine contadina, che li aveva
abituati alla fatica della zappa e della vanga, e sfottono quelli della
EI, le cui lavorazioni sarebbero più leggere e quasi, al confronto,
“da signorini”.
Ecco dunque la grande risorsa del popolo serbo: il ritorno, almeno
parziale e temporaneo, all’agricoltura! E non manca chi teorizza invece
un ritorno definitivo, come la vera strada per un futuro migliore. Solo
che non tutta la Serbia è come la Vojvodina, con le sue pianure
sterminate e le sue coltivazioni a livello tecnico relativamente
progredito. Bisognerebbe estendere la meccanizzazione dell’agricoltura,
e le altre misure per la sua modernizzazione, anche alle regioni del
Centro e del Sud: non è certo cosa di un giorno.
Tutt’altra è comunque, la strada scelta dagli attuali dirigenti della
politica economica serba, per il risollevamento del Paese. Si fa
affidamento, piuttosto, su una ripresa industriale, dipendente però
essenzialmente da massicci investimenti esteri. E’ per favorirli che,
nell’attesa, le fabbriche vengono in parte de-strutturate, in parte
vendute all’asta (generalmente a strani acquirenti serbi), e si manda
via un così forte numero di operai. Ma di tali investimenti, per
adesso, se ne vedono ben pochi, e di fronte a episodi come l’assassinio
di Djindjic, è logico ritenere che qualsiasi “multinazionale”, grande o
piccola che sia, ci pensi su non due ma tre volte. Intanto, e malgrado
tutto, anche il nuovo premier va ribadendo la certezza dello staff
dirigente in una prossima entrata della Serbia nell’Unione Europea.
Sarà…; anzi speriamo tutti che così sia, ma ci vuole ben altro.

Bosnia – Qui ciò che possiamo riferire è più breve e più semplice,
anche se – dal punto di vista politico e da quello umano – ancora più
triste. Gli accordi di Dayton, ratificati a Parigi nel dicembre del
1995, prevedevano la reintegrazione inter-etnica e una progressiva
riunificazione della Bosnia-Erzegovina, solo provvisoriamente suddivisa
tra le due “entità” serba e croato-musulmana. A ormai oltre sette anni
di distanza, nulla di ciò è stato realizzato. Alla nostra domanda su
chi comandi effettivamente sull’insieme del Paese, la risposta – nelle
scuole dove continuiamo a recarci – è la stessa: comanda la “Comunità
internazionale”, vale a dire l’Alto Commissario dell’ONU preposto
appunto (e la cosa comincia ormai a essere amaramente comica)
all’applicazione dei trattati di Dayton-Parigi. Ma allora quale
soluzione è possibile, se non a breve almeno a medio termine? Anche
qui, la risposta unanime e costante è: i serbi con Belgrado, i croati
con Zagabria e i musulmani sotto uno statuto speciale che li garantisca
in qualche modo.
Quanto alla situazione economica, si nota una certa ripresa di attività
produttive (a Pale, per esempio, è ben visibile nel campo edilizio). Ma
essa è dovuta essenzialmente agli aiuti internazionali, più cospicui,
peraltro, sul versante croato-musulmano che su quello serbo. Di questa
sperequazione qualche governo dei Paesi “avanzati” comincia ad
accorgersi: quello giapponese, ad esempio, ha deciso di costruire due
nuovi edifici scolatici nel primo versante e tre nell’altro. Di questi
tre, uno è andato proprio alla “Sveti Sava”, cioè all’elementare di
Lukavica dove consegnamo le nostre borse di studio. Il direttore ci ha
portati a visitarlo: effettivamente è una meraviglia, manca solo la
palestra, perché i giapponesi nelle loro scuole non ce l’hanno.
C’è da aggiungere che comunque, quel tanto di ripresa economica che c’è
anche sul versante serbo, sta determinando bensì aumenti degli stipendi
(un ruolo trainante hanno quelli dati alle numerose persone impiegate
direttamente dai vari organismi internazionali - politici, militari,
umanitari), ma anche aumenti dei prezzi. Non a caso i serbo-bosniaci si
recano spesso ad acquistare viveri al di là della Drina, cioè del
confine che li separa dai “cugini” delle vicine città serbe, intasando
le dogane coi loro autobus.