Informazione


“Care italiane, cari italiani, cari connazionali,

leggendo nei siti on line di gran parte dei quotidiani italiani ed ascoltando i report radiofonici e televisivi emessi dalla Rai e da altre catene, abbiamo purtroppo registrato che rispetto ai fatti venezuelani, vige una informazione a senso unico che rilancia esclusivamente le posizioni e le interpretazioni di una delle parti che si confrontano.

Abbiamo anche letto e ascoltato spesso che l’attenzione prestata alla situazione venezuelana viene giustificata per la presenza in Venezuela di una “consistente comunità italiana o di origine italiana” in sofferenza e che sembrerebbe essere accomunata in modo unanime alle posizioni dell’opposizione.

Noi sottoscrittori di questa lettera, siamo membri di questa comunità. Ma interpretiamo in modo assai diverso l’origine e le cause della grave situazione che attraversa il paese dove viviamo da tanti anni e dove abbiamo costruito la nostra vita e formato le nostre famiglie. Siamo in questo paese perché vi siamo arrivati direttamente o perché siamo figli e nipoti di emigrati italiani che raggiunsero il Venezuela nel dopoguerra per emanciparsi dalla situazione di povertà o di mancanza di opportunità e di lavoro in Italia.

In tanti abbiamo condiviso e accompagnato il progetto di socialismo bolivariano proposto da Chavez e proseguito da Maduro, sia come militanti o elettori, sia partecipando direttamente il progetto di un Venezuela più giusto e solidale.

Ciò che era ed è per noi inaccettabile è che in un paese così bello e ricco di risorse e di potenzialità, decine di milioni di persone vivessero da oltre un secolo in una situazione di oggettiva apartheid, al di fuori da ogni opportunità di emancipazione sociale e quindi senza i diritti essenziali che sono quelli di una vita dignitosa, cioè quello delle reali condizioni di vita, di lavoro, di educazione, di servizi sanitari pubblici, di pensioni per tutti.

Questa situazione è durata in Venezuela per oltre 100 anni e bisogna chiedersi perché, soltanto all’inizio di questo secolo, con Hugo Chavez, per la prima volta nella storia di questo paese, questi problemi sono stati affrontati in modo deciso. E come mai, prima, questo non era accaduto. Chi oggi manifesta nelle strade dei quartieri ricchi delle città del nostro paese, gridando “libertà!” dove stava, cosa faceva, di cosa si occupava, prima che Chavez fosse eletto in libere elezioni democratiche ?

In questi anni, diverse agenzie dell’Onu e l’Onu stessa, hanno certificato che il Venezuela è stato tra i primi paesi al mondo nella lotta alla povertà, all’analfabetismo, alla mortalità infantile, raggiungendo risultati che non hanno confronti per la loro entità, rapidità e qualità.

Si citano la mancanza di prodotti di primo consumo e di farmaci, ma nessuno dice che è in atto una azione coordinata di accaparramento e di speculazione che ha fatto lievitare i prezzi e fatto crescere in modo esponenziale l’inflazione. Chi ha in mano il settore dell’importazione di questi prodotti ? Alcune grandi e medie imprese private per giunta sovvenzionate dallo Stato. La penuria di questi prodotti è in realtà l’effetto dell’inefficienza di questi gruppi privati nel migliore dei casi, o piuttosto dell’uso politico che essi stanno operando, analogamente a quanto avvenne in Cile, nel 1973 per abbattere il governo democratico di Allende.

E’ evidente che l’obiettivo principale di questa specie di rivolta dei ricchi (perché dovete sapere che le rivolte sono situate solo nei quartieri ricchi delle nostre città) sia rimettere in discussione tutte le conquiste sociali raggiunte in questi anni, svendere la nostra impresa petrolifera e le altre imprese nascenti che operano in settori strategici, come il gas, l’oro, il coltan, il torio scoperti recentemente e in grandi quantità nel bacino del cosiddetto arco minero: l’obiettivo di questi settori sociali è tornare al loro mitico passato, un passato feudale in cui una piccola elite godeva di tanti privilegi e comandava sul paese, mentre decine di milioni languivano nell’indigenza.

Noi non abbiamo una verità da trasmettervi; abbiamo però tante cose che possiamo raccontare e far conoscere agli italiani in Italia. Che possiamo dire ai vostri giornalisti e ai vostri media. A partire dal fatto che la comunità italiana non è, come oggi si vuol dare ad intendere, schierata con i violenti e con i vandali che distruggono le infrastrutture del paese o con i criminali che hanno progettato e che guidano le cosiddette proteste che non hanno proprio nulla di pacifico.

La comunità italiana in Venezuela è composta di circa 150 mila cittadini di passaporto e oltre 2 milioni di oriundi. Questi cittadini, che grazie alla Costituzione venezuelana approvata sotto il primo governo di Hugo Chavez possono avere o riacquisire la doppia cittadinanza, hanno vissuto e vivono insieme agli altri venezuelani i successi e le difficoltà di questi anni. Gran parte di loro hanno sostenuto e sostengono il processo di modernizzazione e democratizzazione del Venezuela. Molti di loro sono stati e sono sindaci, dirigenti sociali e politici, parlamentari della sinistra, imprenditori aderenti a “Clase media en positivo”, ad organizzazioni cristiane come Ecuvives ed hanno sostenuto e sostengono il processo bolivariano. Diversi di loro hanno partecipato alla stesura della Costituzione, che molto ha preso dalla Costituzione italiana. In gran parte hanno sostenuto Hugo Chavez e sostengono Maduro, opponendosi alle manifestazioni violente e vandaliche organizzate dai settori dell’ultra destra venezuelana.

Un’altra parte, limitata, come è limitata l’elite venezuelana, è sulle posizioni dell’opposizione. Grazie a sostegni finanziari esterni svolgono una continua campagna di diffamazione del Venezuela bolivariano in molti paesi, compresa l’Italia.

L’Ambasciata italiana censisce una ventina di associazioni italiane in Venezuela. Si tratta di associazioni costituite sulla base della provenienza regionale dei nostri emigrati, veneti, campani, pugliesi, abruzzesi, siciliane, ecc. che aggregano circa 7.000 soci e che intrattengono relazioni stabili con l’Italia e le proprie regioni. Solo alcune di queste associazioni, insieme a qualche giornale sovvenzionato con fondi pubblici italiani, hanno svolto in questi anni, in piena libertà, una campagna di informazione contro l’esperienza bolivariana; esse hanno costituito talvolta le uniche “fonti di informazione” privilegiate e accreditate da diversi organi di stampa italiani.

Ma questa non è “la comunità italiana” in Venezuela. Ne è solo una parte limitata, le cui opinioni vengono amplificate da alcuni organi di informazione. Il resto della comunità italiana e il resto del mondo degli oriundi italo-venezuelani si organizza e si mobilità in questo paese nello stesso modo in cui si mobilita e si organizza il resto del paese. Vi è chi è contro e chi è a favore del processo bolivariano.

Da questo punto di vista, non vi è alcun pericolo per la collettività italiana in Venezuela. Come in ogni paese latino americano, e come dovunque, si parteggia e si lotta con visioni politiche e sociali differenti.

Strumentalizzare la presenza italiana in Venezuela è un gioco sbagliato, pericoloso e che non ha alcun fondamento se non l’obiettivo di alimentare lo scontro e la menzogna.”

 

Caracas, Venezuela, 23 giugno 2017

Giulio Santosuosso - Caracas, 
Donatella Iacobelli - Caracas, 
Mario Cavani - Cumana, 
Cecilia Laya - Caracas, 
Angelo Iacobbi Por la Mar - Margarita, 
Michelangelo Tavaglione - Maracay, 
Giordano Bruno Venier - Caracas,
Mario Neri - Caracas,  
Isa Carascon - Caracas, 
Franca Giacobbe - Valencia, 
Alfredo Amoroso, Caracas
Evedia M. Ochoa - Caracas,
Beda Sanchez - Caracas, 
Antonio Mobilia - Caracas, 
Ennio Di Marcantonio V. - Caracas,   
Fulvio Merlo - Caracas,  
Pietro Altilio - Caracas, 
Luca Spadageo - Caracas, 
Celestino Stasi - Maracay, 
Luigino Bracci - Caracas, 
Sandra Emanuela Neri - Caracas,
Immacolata Diotaiuti - Caracas, 
Stella Coiro - Valencia, 
Nancy Guerra - Caracas, 
Marco Aurelio Venier - Caracas, 
Irving Francesco Sanchez - Caracas,  
Leo Zanelli - Caracas,  
Antonietta  Zanelli - Caracas, 
Damaris Alcala - Barcelona, 
Giovannina De Vita - Caracas, 
Domenico Mosuca - Caracas, 
Vittorio Altilio - Caracas, 
Marina Yanes - Caracas, 
Elio Gallo - Caracas,
Antonio Gerardo Di Santi - Caracas,  
Luisa Fabbro - Caracas, 
Vita Napoli - Caracas, 
Alfedo Tepedino - Caracas, 
Donato Jose Scudiero - Lecheria, 
Maria Bernieri - Valencia, 
Francesco Misticoni - Caracas,
Gimar Patricia - Valencia,  
Escudiero - Puerto La Cruz, 
Margy Rosina Escudiero - El Tigre,
Orietta Caponi - Caracas, 
Mario Gallo - Caracas, 
Mercedes de Cavani - Cumana, 
Maira Garcia - Caracas, 
Arcangelo Manganelli - Valencia, 
Franco Altilio - Caracas, 
Giuseppe Tramonte - Caracas, 
Antonieta Petroni - Guarico, 
Nelson Mendez - Puerto la Cruz, 
Ennio F. Di Marcantonio - Caracas, 
Monica Vistali - Caracas, 
Antonio Neri - Barcelona, 
Tramonte Andrea - Caracas, 
Biagio Scudiero - Lecheria, 
Giuliana Geremia - Valencia, 
Pasquale di Carlo - Maracay, 
Lira Millan - Caracas, 
Bruna Mijares - Caracas, 
Valeria D’Amico - Caracas, 
Maurizio Conforto - Barinas, 
Lucia Di Natale - Acarigua, 
Antonietta Rivoltella - Puerto la Cruz, 
Alessandro Carinelli - Caracas, 
Gianni Daverio - Morrocoy, 
Giacomo Altilio - Caracas,
Mayira Leandro - Puerto la Cruz, 
Marta Trappiello - Valencia, 
Vincenzo Gallo - Caracas, 
Alfonso Bruni - Caracas,
Claudio Manganelli - Valencia, 
Maria Eugenia Tepedino - Caracas, 
Luigi Puglia - Caracas, 
Mariaelena De Vita - Caracas, 
Rosanna Percepese - Caracas, 
Gabriela Merlo - Caracas,
Vincenzo Policcello - Barquisimeto, 
Ada Martínez – Maracay,
Barbara Meo Evoli – Caracas, 
Valeria D’Amico - Puerto la Cruz.

  

*. Colectivo de Italovenezolanos Bolivarianos
* V.O.I. – Venezolanos de Origen Italiana;
* CEIC – Colectivo Estudiantes de Origen Italiano
* Circulo   Bolivariano Antonio Gramsci



Per contatti: CBantoniogramsci @ hotmail.com

Sul sito Cambiailmondo, che ha pubblicato la lettera tra i primi – https://cambiailmondo.org/2017/06/23/lettera-dal-venezuela-alle-italiane-e-agli-italiani/ –, appare oggi 26 giugno 2017 la seguente Nota redazionale:

<< L’elenco dei firmatari della lettera è stato sospeso a causa di gravi minacce subite da alcuni di loro e dalle rispettive famiglie da parte di soggetti che evidentemente non tollerano il pluralismo di opinioni. Con molta probabilità questo tipo di squadrismo fascista è presente anche tra le fila di italo-venezuelani che sono venuti a conoscenza della lettera. Vi sono sufficienti ragioni per sollecitare il Governo italiano e le sue rappresentanza diplomatiche e quello del Venezuela a richiamare al rispetto del diritto alla libera espressione anche i nostri connazionali nel paese e, insieme, a garantire la loro incolumità. Sia la Costituzione italiana che quella venezuelana garantiscono la libertà di opinione. E i reati ad essa connessi, minacce, intimidazioni e quant’altro, sono punibili in entrambi i paesi. >>




1) È NATO il neonazismo in Europa (Manlio Dinucci, 13 giugno 2017)
2) FLASHBACKS: Democrazia NATO in Ucraina... ed altri link (Manlio Dinucci)


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Sullo stesso tema si veda anche:

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La Notizia di Manlio Dinucci : È NATO il neonazismo in Europa (PandoraTV, 13 giu 2017)
Il parlamento di Kiev ha votato un emendamento legislativo per l’adesione ufficiale dell’Ucraina alla Nato. Mossa pericolosissima: se l’Ucraina entrasse nella Nato gli altri 29 membri, in base all’Art. 5, dovrebbero andare in guerra contro la Russia. Il “merito” dell’iniziativa va al presidente del parlamento Andriy Parubiy, famigerato neonazista (ricevuto con tutti gli onori a Montecitorio dalla presidente Boldrini), uno dei capi del colpo di stato sotto regia Usa/Nato che ha trasformato l’Ucraina in «vivaio» del rinascente nazismo nel cuore dell’Europa...


L’arte della guerra 

È NATO il neonazismo in Europa

Manlio Dinucci
  
L’Ucraina, di fatto già nella Nato, vuole ora entrarvi ufficialmente. Il parlamento di Kiev, l’8 giugno, ha votato a maggioranza (276 contro 25) un emendamento legislativo che rende prioritario tale obiettivo. 

La sua ammissione nella Nato non sarebbe solo un atto formale. La Russia viene accusata dalla Nato di aver annesso illegalmente la Crimea e di condurre azioni militari contro l’Ucraina. Di conseguenza, se l’Ucraina entrasse ufficialmente nella Nato, gli altri 28 membri della Alleanza, in base all’Art. 5, dovrebbero «assistere la parte attaccata intraprendendo l’azione giudicata necessaria, compreso l’uso della forza armata». In altre parole, dovrebbero andare in guerra contro la Russia. 

Il merito di aver introdotto nella legislazione ucraina l’obiettivo di entrare nella Nato va al presidente del parlamento Andriy Parubiy. Cofondatore nel 1991 del Partito nazionalsociale ucraino, sul modello del Partito nazionalsocialista di Adolf Hitler; capo delle formazioni paramilitari neonaziste, usate nel 2014 nel putsch di Piazza Maidan, sotto regia Usa/Nato, e nel massacro di Odessa; capo del Consiglio di difesa e sicurezza nazionale che, con il Battaglione Azov e altre unità neonaziste, attacca i civili ucraini di nazionalità russa nella parte orientale del paese ed effettua con apposite squadracce feroci pestaggi di militanti del Partito comunista, devastando le sue sedi e facendo roghi di libri in perfetto stile nazista, mentre lo stesso Partito sta per essere messo ufficialmente fuorilegge. 

Questo è Andriy Parubiy che, in veste di presidente del parlamento ucraino (carica conferitagli per i suoi meriti democratici nell’aprile 2016),  è stato ricevuto il 5 giugno a Montecitorio dalla presidente della Camera, Laura Boldrini. «L'Italia - ha sottolineato la presidente Boldrini - ha sempre condannato l'azione illegale avvenuta ai danni di una parte del territorio ucraino». Ha così avallato la versione Nato secondo cui sarebbe stata la Russia ad annettersi illegalmente la Crimea, ignorando il fatto che la scelta dei russi di Crimea di staccarsi dall’Ucraina e rientrare nella Russia è stata presa per impedire di essere attaccati, come i russi del Donbass, dai battaglioni neonazisti e le altre forze di Kiev. 

Il cordiale colloquio si è concluso con la firma di un memorandum d'intesa che «rafforza ulteriormente la cooperazione parlamentare tra le due assemblee, sia sul piano politico che su quello amministrativo». Si rafforza così la cooperazione tra la Repubblica italiana, nata dalla Resistenza contro il nazi-fascismo, e un regime che ha creato in Ucraina una situazione analoga a quella che portò all’avvento del fascismo negli anni Venti e del nazismo negli anni Trenta. 

Il battaglione Azov, la cui impronta nazista è rappresentata dall’emblema ricalcato da quello delle SS Das Reich, è stato incorporato nella Guardia nazionale, trasformato in unità militare regolare e promosso allo status di reggimento operazioni speciali. È stato quindi dotato di  mezzi corazzati e pezzi d’artiglieria. Con altre formazioni neonaziste, trasformate in unità regolari,  viene  addestrato da istruttori Usa della 173a divisione aviotrasportata, trasferiti da Vicenza in Ucraina, affiancati da altri della Nato. 

L’Ucraina di Kiev è così divenuta il «vivaio» del rinascente nazismo nel cuore dell’Europa. A Kiev confluiscono neonazisti da tutta Europa, Italia compresa. Dopo essere stati addestrati e messi alla prova in azioni militari contro i russi di Ucraina nel Donbass, vengono fatti rientrare nei loro paesi. Ormai la Nato deve ringiovanire i ranghi di Gladio. 

(il manifesto, 13 giugno 2017) 



=== 2: FLASHBACKS ===

Di Manlio Dinucci, sullo stesso tema, si vedano anche:

Heil mein Nato! L’Ucraina «vivaio» del rinascente nazismo in Europa (M. Dinucci, 5.1.2016 – testo e video)
TESTO: https://ilmanifesto.it/ucraina-heil-mein-nato/
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=UTuVZwvLlco

Manlio Dinucci sull'euro-NATO-nazismo ucraino (rassegna JUGOINFO 15 set 2015)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8388

I neo-nazisti ucraini addestrati dagli Usa (Manlio Dinucci,  9.2.2015)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8256

Come la Nato ha scavato sotto l’Ucraina (Manlio Dinucci, 25 febbraio 2014)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/7904

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En français: Démocratie selon l’Otan en Ukraine (par Manlio Dinucci, 22 septembre 2015)
La presse occidentale tenta de faire passer le coup d’État en Ukraine pour une « révolution » populaire et spontanée. Mais avec le temps et l’accumulation de preuves, il fut admit que les événements avaient été provoqués et encadrés de manière à en finir avec la « dictature ». On devait donc admettre cette entorse au droit international comme un moyen malheureux permettant d’arriver à la démocratie. Un an et demi plus tard, Manlio Dinucci observe ce qu’est devenu le pays. Le bilan montre qu’il n’a jamais été question d’instaurer de régime démocratique ce qui pose à nouveau, rétrospectivement cette fois, deux questions. La première sur la légitimité des institutions actuelles, la seconde sur la nature et les ambitions de l’Otan qui organisa ce coup...
http://www.voltairenet.org/article188771.html

L’arte della guerra
 
Democrazia NATO in Ucraina 

Manlio Dinucci
  

«Storica» visita del segretario generale della Nato Stoltenberg, il 21/22 settembre, in Ucraina, dove partecipa (per la prima volta nella storia delle relazioni bilaterali) al Consiglio di sicurezza nazionale, firma un accordo per l’apertura di un’ambasciata della Nato a Kiev, tiene due conferenze stampa col presidente Poroshenko. 

Un decisivo passo avanti nell’integrazione dell’Ucraina nell’Alleanza. Iniziata nel 1991 quando, appena divenuta Stato indipendente in seguito alla disgregazione dell’Urss, l’Ucraina entra nel «Consiglio di cooperazione nordatlantica» e, nel 1994, nella «Partnership per la pace». Nel 1999, mentre la Nato demolisce con la guerra la Jugoslavia e ingloba i primi paesi dell’ex Patto di Varsavia  (Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria), viene aperto a Kiev l’«Ufficio di collegamento Nato» e formato un battaglione polacco-ucraino per l’operazione Nato di «peacekeeping» in Kosovo. 

Nel 2002, il presidente Kuchma dichiara la disponibilità a entrare nella Nato. Nel 2005, sulla scia della «rivoluzione arancione» (organizzata e finanziata da Washington attraverso «Ong» specializzate e sostenuta dall’oligarca Poroshenko), il presidente Yushchenko viene invitato al summit Nato a Bruxelles. Ma, nel 2010, il neoeletto presidente Yanukovych annuncia che l’adesione alla Nato non è nella sua agenda. 

Nel frattempo la Nato tesse una rete all’interno delle forze armate ucraine e addestra gruppi neonazisti (come prova una documentazione fotografica di militanti di Uno-Unso addestrati nel 2006 in Estonia da istruttori Nato). I neonazisti vengono usati come forza d’assalto nel putsch di Piazza Maidan che rovescia Yanukovych nel febbraio 2014, mentre il segretario generale della Nato intima alle forze armate ucraine di «restare neutrali». 

Subito dopo va alla presidenza Poroshenko, sotto la cui guida – dichiara la Nato – l’Ucraina sta divenendo «uno Stato sovrano e indipendente, fermamente impegnato per la democrazia e il diritto». 

Quanto sovrana e indipendente sia l’Ucraina lo dimostra l’assegnazione di incarichi ministeriali a cittadini stranieri scelti da Washington e Bruxelles: il ministero delle finanze è affidato a Natalie Jaresko, cittadina statunitense che ha lavorato al Dipartimento di Stato; quello del commercio e dello sviluppo economico al lituano Abromavicius, che ha lavorato per gruppi bancari europei; quello della sanità all’ex ministro georgiano Kvitashvili. L'ex presidente  georgiano Saakashvili, uomo di fiducia di Washington, viene nominato governatore della regione ucraina di Odessa. E, per completare il quadro, Kiev affida le proprie dogane a una compagnia privata britannica. 

Quanto l’Ucraina sia impegnata per la democrazia e il diritto, lo dimostra il fatto che i battaglioni neonazisti, rei di atrocità contro i civili di nazionalità russa nell’Ucraina orientale, sono stati inquadrati nella Guardia nazionale, addestrata da istruttori statunitensi e britannici. Lo dimostra la messa al bando del Partito comunista ucraino e della stessa ideologia comunista, in un clima persecutorio simile a quello dell’avvento del fascismo in Italia negli anni Venti. Per evitare testimoni scomodi, Kiev ha deciso il 17 settembre di impedire l'ingresso nel paese a decine di giornalisti stranieri, tra cui tre della Bbc, definiti «una minaccia alla sicurezza nazionale». 

L’Ucraina di Poroshenko – l’oligarca arricchitosi col saccheggio delle proprietà statali, del quale il premier Renzi loda la «saggia leadership» – contribuirà anche alla nostra «sicurezza nazionale» partecipando come partner all’esercitazione Nato Trident Juncture 2015 che si svolge in Italia.
 
(il manifesto, 22 settembre 2015)  




D’Alema: «A sinistra è vietata la rottura, per tutti noi è l’ultima chiamata» 

Il colloquio. L'ex premier: un fischio non mi spaventa, ma insieme a tanto impegno al Brancaccio c’era dell’estremismo. La sfida di governo è doverosa. I civici facciano una svolta, servono tutte le forze. Con Pisapia ingenerosi, ho detto a Vendola: non è una creatura del renzismo 

Daniela Preziosi 
Il Manifesto 
ROMA 20.6.2017, 8:59 

Per dirla come la direbbe un comunista italiano, non si può dire che Massimo D’Alema sia stato convinto dalla riunione dei ’civici’ di domenica scorsa al Brancaccio. 
«Da vecchio militante ho una certa esperienza di assemblee, in questa c’era un po’ di estremismo. A partire dall’introduzione di Tomaso Montanari», spiega a chi gli chiede un giudizio. 
C’è dell’ironia. Ma la questione è seria. 
D’Alema era in prima fila, a un passo dal palco, quando il combattivo giovane studioso ha elencato le colpe del vecchio centrosinistra. E, nel lungo elenco, ha scandito «la guerra illegale in Kosovo». D’Alema, che era il presidente del consiglio in quel marzo ’99, non ha mosso ciglio. 
Ma ora replica: «Vorrei spiegare a Montanari che di questo fui accusato da un gruppo di giuristi. Poi la Cassazione emise una sentenza che archiviò tutto riconoscendo la piena legittimità del mio agire». Perché, spiega, l’art.11 della Costituzione dice che «l’Italia ripudia la guerra» eccetera, «ma poi anche che consente alle limitazioni di sovranità necessarie agli obblighi derivanti dai trattati internazionali». La conclusione è tagliente: «L’accusa è decaduta, se lui la rilancia è una calunnia». 
Non che intenda passare alle carte bollate, l’ex presidente del consiglio. Ma «il mondo è complesso, prima di parlare meglio informarsi, non ci si aspetta da un illustre storico dell’arte una sortita inutile e dannosa. Non si fanno battute a caso, tanto più se si lavora ad unire la sinistra». 
Segue racconto dei suoi ritorni in Serbia, dei giovani che lo hanno ringraziato perché quella guerra fu l’inizio «del ritorno alla libertà». Ma questa sarebbe un’altra storia. 
(...) «Sono diventato buono, so che i giornalisti hanno nostalgia del D’Alema cattivo ma invece, vede, ho ascoltato quelle calunnie sul Kosovo e sono rimasto seduto. In altri tempi mi sarei alzato e me ne sarei andato. A proposito, andrò a piazza Santi Apostoli il primo luglio, lo considero un mio dovere di militante».

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https://alganews.wordpress.com/2017/06/20/dalema-e-i-suoi-ricordi-di-guerra/

D’ALEMA E I SUOI RICORDI DI GUERRA

di Alberto Tarozzi, 20.6.2017

D’Alema oggi, su il Manifesto, bacchetta Tomaso Montanari che l’altro giorno, al Brancaccio, aveva fatto riferimento alle sue responsabilità relativamente alla “guerra illegale in Kosovo”.

D’Alema sostiene che Montanari, critico d’arte, certe cose non le capisce e che meriterebbe una denuncia per calunnia che lui, bontà sua gli risparmierà. Esiste infatti una sentenza della Corte costituzionale che stabilisce che quella guerra non fu anticostituzionale. Anche se l’art.11 della Costituzione sostiene che l’Italia ripudia la guerra, poi consente, dice D’Alema “limitazioni di sovranità necessarie agli obblighi derivanti dai trattati internazionali” come, evidentemente, quelli legati alla nostra presenza nella Nato.

Ha ragione: il giovane e inesperto Montanari ignorava che per “limitazioni di sovranità” si potessero intendere i bombardamenti sulle popolazioni civili. Non è il solo, ma si è sbagliato.
A dire il vero Montanari è incorso pure in un’altra disattenzione minore, non passibile di calunnia, di cui però l’attento D’Alema non si è accorto: ha parlato di guerra in Kosovo. L’Italia, sotto la premiership di D’Alema fece da rampa di lancio per aerei che per molti giorni andarono a bombardare Belgrado, Novi Sad, Nis e molte altre città che dal Kosovo distano kilometri e kilometri.

Un’imprecisione di termini in cui molti sono soliti cadere. In fondo, se Montanari anziché di guerra illegale in Kosovo avesse parlato di bombardamenti della Nato, Italia compresa, sulla popolazione civile della Jugoslavia nessuno lo avrebbe potuto accusare di imprecisione e nessuno lo avrebbe potuto denunciare per calunnia. Un’altra volta ci dovrà stare più attento.

Peraltro, per quanto riguarda D’Alema, anche lui è uscito in un’affermazione che avrebbe richiesto qualche chiarimento politico in più, quando ha citato il suo ritorno in Serbia ai tempi in cui era Ministro degli Esteri del Governo Prodi tra il 2006 e il 2008.

Dice che i giovani lo hanno ringraziato perché quella guerra fu l’inizio “del ritorno alla libertà”.

Personalmente non nutro pregiudizi, quando si tratta di stabilire la verità dei fatti e i fatti di quegli anni li conosco discretamente, anche se può essermi sfuggito qualcosa. Per esempio non ho problemi a riconoscere che a Belgrado, D’Alema, come Ministro degli esteri del governo Prodi, fece un intervento che ricevette applausi. Solo che non riguardava tanto “il ritorno della libertà” in Jugoslavia grazie alle bombe della Nato. Piuttosto riguardava un progetto di possibile cooperazione economica tra Italia e Serbia che conteneva elementi di interesse per il governo locale.
Nessun problema a riconoscerlo, ma le due cose mi sembrano parecchio diverse.

Naturalmente, per Massimo D’Alema come per tutti, fino a prova contraria, vale la sua parola a proposito di quei giovani serbi che l’avrebbero ringraziato per le bombe. Però, ci faccia un piacere. Ci mostri un documento, una registrazione, uno straccio di attestazione che confermi questa sua affermazione. E che magari metta in risalto il numero e la rilevanza politica dei soggetti che si erano complimentati con lui. Altrimenti saremmo nostro malgrado portati a formulare cattivi pensieri sul suo conto. Magari che lui non sia quel modello di attendibilità che dichiara di essere.

Qui mi fermo: nessun processo alle intenzioni.
Ma nemmeno nessuna disponibilità a farmi prendere in giro dalle giravolte dialettiche del politico di turno, indipendentemente dal fattore generazionale.

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Sulle denunce penali a D'Alema ed altri per la aggressione alla RF di Jugoslavia si veda la documentazione alla nostra pagina:
https://www.cnj.it/24MARZO99/giudiziario.htm
Sulle implicazioni di quella aggressione, mirata a rovesciare la leadership politica democraticamente eletta ed a smembrare ulteriormente il paese a partire dalla secessione della provincia del Kosovo, si veda:
https://www.cnj.it/24MARZO99/index.htm



(italiano / english / deutsch / français)


Appel Montenegro

1) APPELLO / APPEL / APPEAL to the Peace Movement
2) Der jüngste NATO-Partner (GFP 13.06.2017)


Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS aderisce ed invita tutti ad aderire e far conoscere l'Appello del Movimento per la Neutralità del Montenegro alle forze progressiste ed al governo di quel paese perché si agisca per il rispetto della volontà della grande maggioranza della popolazione montenegrina.

The National Coordination for Yugoslavia, no-profit organization based in Italy, endorses and invites all people to endorse and distribute the Appeal proposed by the Movement for the Neutrality of Montenegro to the progressive forces and the government of that country to respect the will of the great majority of the Montenegrin population.


Si vedano anche / see also:

La pulce Montenegro guida il plotone della nuova Nato (PTV news 06.06.2017)

MONTÉNÉGRO : DES IMITATEURS RUSSES PIÈGENT MILO ĐUKANOVIĆ ET DUŠKO MARKOVIĆ (par S. Janković, Radio Slobodna Evropa / CdB 5 juin 2017)
Le Premier ministre monténégrin Duško Marković et son prédécesseur Milo Đukanović ont cru parler au Président et au Premier ministre d’Ukraine. Il s’agissait en fait des imitateurs russes Lexus et Vovan. Milo Đukanović a notamment promis au faux Petro Porochenko de l’aider à implanter une usine de chocolats au Monténégro...

Allargamento della Nato: dall’Urss al Montenegro (di Fabrizio Poggi, 5/6/2017)
... si tiene a Washington la cerimonia ufficiale dell’ingresso del Montenegro nella Nato, quale 29° membro. Perché non ci siano dubbi su chi comandi, il segretario generale Jens Stoltenberg e il vice Segretario di stato USA Thomas Shannon accoglieranno la trasmissione del relativo documento ufficiale al Dipartimento di Stato da parte del primo ministro montenegrino Duško Markovič....

NATO 'Wants to Use Montenegro to Militarize Balkans' (17.05.2017)
The North Atlantic Alliance intends to use its newest member, Montenegro, to militarize the Balkan Peninsula, political activist and one of the leaders of the Resistance to Hopelessness movement Marko Milacic told Sputnik Serbia...


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--- ITALIANO

Questo appello è stato proposto nell'ambito del contro-vertice NATO lo scorso 25 maggio a Bruxelles
da Marko Milacic, esponente del Movimento per la Neutralità del Montenegro

ITA.- APPELLO AL MOVIMENTO PER LA PACE A SOSTEGNO DEL MONTENEGRO

Il Montenegro sta affrontando una situazione pericolosa. Il parlamento ha recentemente preso la decisione, contro la volontà della maggioranza dei cittadini, di aderire alla NATO, benché l'84% della popolazione del Montenegro sia a favore di un referendum, in base a fonti governative.

Si dovrebbe comprendere che costringere il Montenegro a entrare nella NATO, da parte della stessa NATO e dei suoi partner, la cricca in stile mafioso al potere nel paese, può solamente destabilizzare la società, e – cosa ancor più importante – questo è proprio ciò che sta avvenendo adesso. Questa è una aggressione politica da parte della NATO contro il Montenegro. 

La decisione sull'entrata del Montenegro nella NATO non è valida, poiché non è sostenuta dal popolo del Montenegro. Essa è sostenuta da un regime antidemocratico che è rimasto sempre lo stesso per quasi tre decadi. 

Noi facciamo appello a tutte le forze progressiste presenti sia nei paesi NATO che nei paesi non aderenti alla NATO, affinché sostengano il popolo del Montenegro nella sua lotta contro questo processo illegittimo e illegale.

Noi facciamo appello al governo del Montenegro perché rispetti il volere del popolo.

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Firmare e diffondere ampiamente questo Appello!

Inoltrate questa pagina con la vostra firma, precisando il vostro nome, indirizzo email, il nome eventuale della vostra organizzazione, a: milacici2007@...


--- ENGLISH

This appeal was proposed at the NATO Counter-summit on 25th May in Brussels 
by Marko Milacic, representative of the Movement for the Neutrality of Montenegro


ENG.- APPEAL TO THE PEACE MOVEMENT TO SUPPORT MONTENEGRO

Montenegro is facing a dangerous situation. The parliament recently took the decision, against the will of the majority of citizens, to join NATO, although 84% of the population of Montenegro, according to government sources, is in favour of a referendum. 

It should be understood that forcing Montenegro into NATO, by NATO and its partners, the mafia style clique in power in the country, can only destabilize the society, and more importantly that is happening right now. This is political aggression by NATO against Montenegro.

The decision about Montenegro entering NATO is not valid, because it is not backed by the people of Montenegro. It is backed by an undemocratic regime that hasn’t change for almost three decades.

We call on progressive forces in NATO and non-NATO member states to support the Montenegrin people in their struggle against this illegitimate and illegal process.

We call on the government of Montenegro to respect the will of the people.

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Please sign and make this appeal widely known!
Please send this document back, mentioning your individual and/or organization name, country, e-mail address to milacici2007@...


--- FRANÇAIS

Appel présenté à Bruxelles, le 25 mai 2017, lors de la conférence du Contre-Sommet Otan

par Marko Milacic, responsable du Mouvement pour la Neutralité du Monténégro


FR - APPEL AU MOUVEMENT DE LA PAIX POUR SOUTENIR LE MONTENEGRO

Le Monténégro affronte une situation dangereuse. Récemment, le parlement monténégrin a pris la décision d'adhérer à l'OTAN, alors que la majorité des citoyens s'y opposent et que, selon les propres sources gouvernementales, 84% de la population est favorable à l'organisation d'un referendum.

Par cette adhésion imposée par l'OTAN et ses partenaires, la clique mafieuse actuellement au pouvoir au Monténégro ne fera que déstabiliser gravement la société, comme cela est en train de se produire actuellement. C'est une agression politique de l'OTAN envers le Monténégro.

Cette décision d'adhésion du Monténégro à l'OTAN n’est pas légitime, car elle n'est pas acceptée par sa population. Elle a été imposée par un régime anti-démocratique au pouvoir depuis près de trente ans.

Nous appelons les forces progressistes des pays membres et non-membres de l'Otan à soutenir le peuple monténégrin dans sa lutte contre ce processus illégal et illégitime.

Nous appelons le gouvernement du Monténégro à respecter la volonté du peuple. 

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Signer et diffuser largement cet Appel !

Renvoyez cette page avec votre signature, en précisant votre nom, adresse mail, nom éventuel de votre organisation à milacici2007@...



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Der jüngste NATO-Partner
 
13.06.2017

PODGORICA/BERLIN
 
(Eigener Bericht) - Mit dem NATO-Beitritt Montenegros in der vergangenen Woche haben Deutschland und die anderen westlichen Mächte einen wichtigen Punktgewinn im Machtkampf gegen Russland in Südosteuropa erzielt. Montenegro ist am 5. Juni dem westlichen Militärpakt als 29. Mitglied in aller Form beigetreten. Die deutschen Bundesregierungen der vergangenen 15 Jahre hatten das kleine südosteuropäische Land stets bei der Abspaltung von Serbien und der Annäherung an die westlichen Bündnisse (EU und NATO) unterstützt. Ihrem wichtigsten montenegrinischen Kooperationspartner ist dabei immer wieder eine enge Verbindung zur Organisierten Kriminalität vorgeworfen worden. Russland hingegen hat sich seit der Jahrtausendwende insbesondere ökonomisch um Einfluss in Montenegro bemüht: Wirtschaftlich unterhielten Moskau und Podgorica lange Zeit enge Beziehungen. Jüngst veröffentlichten Dokumenten zufolge zielte Russland darauf ab, durch die Schaffung eines neutralen Staatengürtels in Südosteuropa den Druck, dem es durch die NATO-Osterweiterung ausgesetzt ist, ein wenig zu lindern.

Organisierte Kriminalität

Der Machtkampf zwischen dem Westen und Russland hat seit der Jahrtausendwende neben diversen anderen Ländern auch Montenegro geprägt. Die Schlüsselfigur in der montenegrinischen Politik der vergangenen 25 Jahre und der wichtigste Kooperationspartner des Westens ist dabei stets Milo Đukanović gewesen, der von 1991 bis 2016 abwechselnd als Premierminister und als Präsident des Landes amtierte. Bereits seit langer Zeit werden Vorwürfe gegen ihn erhoben, er sei in den 1990er Jahren in größerem Umfang in den Schmuggel mit Zigaretten involviert gewesen; Telefonprotokolle italienischer Ermittlungsbehörden hätten beispielsweise Gespräche zwischen ihm und italienischen Mafiabossen beinhaltet.[1] Die italienischen Behörden stellten allerdings die Ermittlungen gegen ihn im Jahr 2009 ein.[2] Journalisten der BBC und der Antikorruptionsinitiative "Organised Crime and Corruption Reporting Project" (OCCRP) fanden darüber hinaus im Jahr 2012 heraus, dass die Erste Bank Montenegros, die unter der Kontrolle der Familie Đukanović steht, einerseits Gelder der montenegrinischen Exekutive einlagerte, andererseits aber hauptsächlich von Đukanovićs persönlichem Umfeld - unter anderem von gesuchten Drogenschmugglern - für Kredite genutzt wurde.[3] Für die Bundesregierung, die eng mit Đukanović kooperiert, sind die immer wiederkehrenden Vorwürfe kein Problem: "Die [...] Sachverhalte", heißt es zur Begründung, hätten "bis heute nicht gerichtlich nachgewiesen werden" können; man müsse deshalb keine Konsequenzen aus ihnen ziehen.[4]

Deutsche Unterstützung

Um Montenegro fest in seine Einflusssphäre einzubinden, hat Deutschland zunächst den montenegrinischen Weg in die Eigenstaatlichkeit und zuletzt den NATO-Beitritt des Landes unterstützt. Als Đukanović zum ersten Mal als Präsident Montenegros amtierte (von 1998 bis 2002, damals war das Land noch eine jugoslawische Teilrepublik), führte Podgorica einseitig die Deutsche Mark als offizielle Währung ein. Auch der Umstellung auf den Euro in Deutschland schloss sich das südosteuropäische Land an. Wenig später unterstützte Berlin Podgorica, indem die staatliche Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit (GIZ, damals noch: Deutsche Gesellschaft für Technische Zusammenarbeit, GTZ) von 2005 bis 2007 einen Berater in die montenegrinische Zentralbank entsandte. Seit 2008 reisten auch immer wieder Bundespolizisten zu Ausbildungsmaßnahmen ins Land. Darüber hinaus unterhielt die Bundeswehr von 2007 bis 2010 einen Berater im montenegrinischen Verteidigungsministerium.[5] Im Jahr 2008 bat die montenegrinische Regierung schließlich um Beitrittsverhandlungen mit der EU; seit 2010 ist Montenegro offizieller EU-Beitrittskandidat. Bei einem Besuch in Montenegro im Jahr 2013 erklärte der damalige Bundesentwicklungsminister Dirk Niebel, Deutschland sehe sich "als engagierter Partner im EU-Beitrittsprozess"; es wolle Montenegro "insbesondere in seinen Bemühungen zur Konsolidierung rechtstaatlicher Strukturen und zur Bekämpfung von Korruption und organisierter Kriminalität tatkräftig zur Seite stehen".[6]

"Fest in russischer Hand"

Während Deutschland sich vor allem auf politisch-administrativem Weg um Einfluss bemühte, boomte die montenegrinische Wirtschaft in den 2000er Jahren hauptsächlich dank russischer Investitionen.[7] Rund 30.000 russische Staatsbürger besaßen zu dieser Zeit laut Berichten Grundstücke oder Wohneigentum in Montenegro. Die vom Bundeskanzleramt finanzierte Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP) resümierte im Jahr 2009, die Wirtschaft des Landes sei "fest in russischer Hand".[8] Bis heute hat Deutschland es nicht geschafft, starken wirtschaftlichen Einfluss auf Montenegro zu entwickeln. Allerdings geht die Regierung in Podgorica ihrerseits gegen den russischen Wirtschaftseinfluss vor. Die bedeutendste russische Investition stellte lange das Aluminiumkombinat Podgorica (KAP) dar, der größte Arbeitgeber des Landes, der im Dezember 2005 von der russischen Firma En+ übernommen worden war. Über das KAP konnte Moskau jahrelang dominierenden Einfluss auf die Wirtschaft des südosteuropäischen Landes ausüben. Doch die montenegrinischen Behörden erklärten den Konzern im Oktober 2013 für bankrott; die Regierung, die bereits vorher knapp 30 Prozent des Unternehmens innegehabt hatte, übernahm die vollständige Kontrolle - ein empfindlicher Schlag für Russlands Einflussarbeit in Südosteuropa.

Ein angeblicher Putschversuch

Schlagzeilen hat zuletzt eine ungewöhnliche, bis heute nicht aufgeklärte Etappe im Machtkampf zwischen dem Westen und Russland um Montenegro gemacht: Am 16. Oktober 2016, dem Tag der montenegrinischen Parlamentswahlen, erklärten die Behörden des Landes, einen Putschversuch verhindert zu haben. Ein montenegrinischer Sonderermittler warf in der Folge zwei russischen Staatsbürgern vor, einen Plan entworfen zu haben, das montenegrinische Parlament von Demonstranten stürmen zu lassen, um Đukanovićs Herrschaft zu beenden.[9] Nach den Putschvorwürfen boykottierte die Opposition die Kommunalwahl in Nikšić, der zweitgrößten Stadt des Landes, und rief dazu auf, auch dem nationalen Parlament die Mitarbeit zu verweigern: Sie bestreitet, dass es überhaupt einen Putschversuch gegeben hat, und hält das Vorgehen der Behörden für einen Versuch, ihre Politik zu diskreditieren.[10] Die Orientierung der Opposition läuft zentralen Interessen der deutschen Südosteuropapolitik zuwider: Sie verfolgt einen außenpolitisch klar von deutschen Vorgaben abweichenden Kurs; erst im Mai forderte die größte Oppositionsfraktion etwa, die diplomatische Anerkennung der serbischen Separatistenrepublik Kosovo zurückzunehmen.[11]

Wider die russische Balkanstrategie

Jüngst publizierte Dokumente, die angeblich vom makedonischen Geheimdienst stammen, werfen ein Schlaglicht auf die Ereignisse in Montenegro und darüber hinaus. Demnach sei es russische Strategie, auf dem Balkan einen Gürtel neutraler Staaten zu schaffen. Zu den "B-4-Staaten" sollen demnach Bosnien-Herzegowina, Serbien, Makedonien und Montenegro gehören.[12] Der jüngst unter maßgeblichem Druck Berlins forcierte Regierungswechsel in Makedonien gegen den auf außenpolitische Eigenständigkeit orientierten Premierminister Nikola Gruewski (german-foreign-policy.com berichtete [13]) steht dieser Strategie ebenso entgegen wie vor allem die Aufnahme Montenegros in die NATO in der vergangenen Woche. Letztere hilft, ein Land des einst bündnisneutralen Staatengürtels im ehemaligen Jugoslawien fest in die westlichen Bündnisstrukturen zu integrieren. Sie ist ein schwerer Rückschlag für Russland im Machtkampf in Südosteuropa.

[1] Ian Traynor: Montenegrin PM accused of link with tobacco racket. theguardian.com 11.07.2003.
[2] Longtime prime minister Djukanovic steps down. france24.com 22.12.2010.
[3] Liz MacKean/Meirion Jones: Documents tarnish Montenegro's EU bid, bbc.com 29.05.2012.
[4], [5] Antwort der Bundesregierung auf die Kleine Anfrage von Sevim Dagdelen et al.: Deutsch-montenegrinische Beziehungen angesichts der rechtsstaatlichen Verhältnisse in Montenegro. Deutscher Bundestag, 18/1216 vom 24.04.2014.
[6] Bundesminister Dirk Niebel besucht Montenegro (August 2013). podgorica.diplo.de.
[7] Andrew Byrne: Montenegro counts cost of becoming Nato's newest member. ft.com 02.06.2017.
[8] Russlands Rückkehr auf den Westbalkan; SWP-Studie S 17, Juli 2009. S. auch Hilfstruppen.
[9] Montenegro Opposition to Boycott Poll Over 'Coup' Claims. balkaninsight.com 15.02.2017.
[10] Simon Shuster: Duško Marković, the Prime Minister Stuck Between Putin and Trump in the Balkans. time.com 16.02.2017.
[11] Dusica Tomovic: Opposition Urges Montenegro to Revoke Kosovo Recognition. balkaninsight.com 11.05.2017.
[12] Aubrey Belford/Saska Cvetkovska/Biljana Sekulovska/Stevan Dojčinović: Leaked Documents Show Russian, Serbian Attempts to Meddle in Macedonia. occrp.org 04.06.2017.
[13] S. dazu Einflussverlust in Südosteuropa.