Informazione

SESSANTA ANNI FA:
LO STERMINIO DELLE "SUMARICE" A KRAGUJEVAC

> http://digilander.iol.it/convogliogiorgiana/kragujevac1941.html

In un solo giorno 7300 morti nella citt� martire. � l'autunno del 1941.
Pochi mesi dopo la dissoluzione del regno di Jugoslavia, la penisola
balcanica � insorta contro l'occupante nazifascista. Alla rivolta
partigiana i tedeschi rispondono facendo strage della popolazione
civile.

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Il seguente articolo e' tratto da "Storia Illustrata"
del gennaio 1979

STERMINIO NAZISTA IN SERBIA

In un solo giorno 7300 morti nella citt� martire. � l'autunno del 1941.
Pochi mesi dopo la dissoluzione del regno di Jugoslavia, la penisola
balcanica � insorta contro l'occupante nazifascista. Alla rivolta
partigiana i tedeschi rispondono facendo strage della popolazione
civile.

di ANTONIO PITAMITZ

Il 20 ottobre 1941, sei mesi dopo l'invasione tedesca della Jugoslavia,
nei due Ginnasi di Kragujevac (leggi Kragujevaz), la citt� serba posta
nel centro della regione della �umadija, le lezioni iniziano alle 8.30,
come di consueto. Sono in programma quel giorno la sintassi della
lingua serbocroata, matematica, la poesia di Goethe, la fisica. In una
classe, un professore croato, un profugo fuggito dal regime fascista
instaurato in Croazia da Ante Pavelic, sottolinea il valore della
libert�. Poco lontano, un altro spiega l'opera di un poeta serbo del
romanticismo risorgimentale. La mente rivolta alle secolari lotte
sostenute dai serbi per la loro indipendenza e a quella presente che
cresce irresistibilmente, anch'egli parla di libert�. La voce calma e
profonda che illustra i versi del poeta: "La libert� � un nettare che
inebria / Io la bevvi perch� avevo sete" , ne nasconde a fatica la
tensione, che aleggia anche nell'aula, che grava su tutti, sulla
cittadina, sui suoi abitanti, e che l'eco strozzata di fucilerie
lontane da alcuni giorni alimenta.


Dal 13 ottobre 1941 Kragujevac e la sua regione sono teatro di una
vasta azione di rappresaglia, che i tedeschi stanno conducendo con
spietata decisione contemporaneamente anche nel resto della Serbia. La
ferocia di cui essi in quei giorni danno prova ha una ragione specifica
contingente. La rapida vittoria dell'Asse ha dissolto uno Stato, il
regno dei Karadjeordjevic, ma non ha prostrato i popoli della
Jugoslavia. L'illusione tedesca di una comoda permanenza in quella
terra � stata presto delusa. Sin dai primi giorni dell'occupazione, i
tedeschi hanno avuto filo da torcere. La guerra, che anche in �umadija
i resistenti fanno, � senza quartiere. Sabotaggi sensazionali e
diversioni in grande stile si registrano sin dal mese di maggio. Linee
telefoniche e telegrafiche vengono tagliate, ponti e strade ferrate
saltano. Il movimento di resistenza cresce cos� rapidamente, ben presto
� cos� ampio che i tedeschi e le truppe collaborazioniste del quisling
serbo Milan Nedic abbandonano il presidio dei villaggi. Gli invasori si
sentono troppo esposti, isolati, preferiscono arroccarsi in citt�. La
lotta contro i patrioti la organizzano dai centri urbani, e la
conducono secondo il metro nazista che misura in tutti gli slavi una
razza inferiore, da sterminare. La traduzione pratica di questo
principio � all'altezza della fama che si guadagnano. A Belgrado, una
moto incendiata della Wehrmacht vale la vita di 122 serbi. Solo nella
capitale, in sette mesi fucilano 4700 ostaggi.




Incredibilmente, gli hitleriani ritengono di poter coprire con la
propaganda questo pugno di ferro che calano sul paese. Le
argomentazioni che diffondono sono quelle care alla "dottrina"
nazifascista dell'Ordine Nuovo Europeo. Ai contadini serbi dicono di
averli salvati dagli ebrei e dai capitalisti, e promettono anche di
salvarli dal bolscevismo semita, che sta per essere sicuramente
sconfitto sul fronte orientale.


L'itinerario di questa vittoria, a Kragujevac pu� essere seguito sulla
grande carta geografica che campeggia nel centro della citt�. Una croce
uncinata segna la progressione delle forze dell'Asse in direzione di
Mosca. Per�, come altrove, nemmeno a Kragujevac terrore, repressione,
lusinghe, denaro fatto circolare per corrompere, valgono a indebolire
il sostegno alla lotta partigiana, a ridurne il seguito. A dare
contorni netti alla situazione, le risposte alla propaganda tedesca non
mancano. La carta geografica dell'Asse viene bruciata in pieno giorno.
Il fuoco divora anche una delle fabbriche militari della citt�. Un
treno di quaranta vagoni viene distrutto sulla linea Kragujevac-
Kraljevo, provocando la morte di cinquanta tedeschi. Da vincitori e
occupanti, i tedeschi si trovano nella condizione di assediati.


� Kragujevac, citt� da sempre ribelle, che prende il suo nome da
kraguj, dal rapace grifone che popolava i sui boschi, che alimenta la
Resistenza della zona. � questa citt� di antiche tradizioni nazionali e
socialiste che guida la lotta della �umadija, il cuore della Serbia.
Gli operai comunisti che costituiscono il nerbo delle formazioni
partigiane vengono dal suo arsenale militare. Dalle sue case dai cento
nascondigli, che hanno gi� ingannato turchi e austroungarici, escono le
armi, le munizioni, il materiale sanitario, i libri che donne, bambini
e ragazzi portano quotidianamente ai combattenti del bosco.


Per contenere la sua iniziativa, per fronteggiare questa lotta di
bande, che � lotta di popolo e che sconvolge gli schemi bellici dei
signori nazisti della guerra, gi� alla fine dell'agosto 1941 Kragujevac
conta la guarnigione tedesca pi� forte di tutta la Serbia centrale. Ma
i due battaglioni e i mezzi corazzati di cui i tedeschi dispongono non
sono sufficienti ad arrestare lo slancio delle tre compagnie partigiane
che operano fuori della citt�. N� tantomeno la Gestapo � in grado di
bloccare i gruppi clandestini che si annidano dentro. La loro azione
anzi si fa sempre pi� audace, punta sul risultato militare, ma ricerca
anche l'effetto psicologico. Per i partigiani, importante � non
soltanto colpire il nemico, ma aiutare anche i serbi oppressi a
sperare, a vivere. Una notte d'agosto, cento metri di ferrovia vengono
fatti saltare in citt�, proprio sotto il naso dei tedeschi.


� una sfida, che ha sapore di beffa. In questa situazione, la rabbia e
il desiderio di vendetta dei tedeschi crescono quotidianamente. Quando
nel settembre 1941, la ribellione guadagna tutta la Serbia, e
conseguentemente mette radici ancora pi� profonde in �umadija, il
generale Boehme, comandante delle forze tedesche nel Paese, considera
che la misura � colma. Il prestigio dei suoi soldati deve essere
risollevato, una dura lezione deve essere somministrata ai serbi. Una
spietata repressione, da condurre senza esitazione, � decisa. A rendere
pi� chiara la direttiva che passa ai subalterni, e che precisa
la "filosofia" del comando tedesco, Boehme ricorda che "una vita umana
non vale nulla", e che perci� per intimidire bisogna ricorrere a
una "crudelt� senza eguali". A met� settembre i tedeschi passano
all'azione. La macchina si mette in moto.


Per un mese la Serbia centrale � trasformata in un campo di sterminio.
A decine villaggi grandi e piccoli sono bruciati, spesso, come a Novo
Mesto o a Debrc, con dentro gli abitanti. I serbi muoiono a migliaia,
uccisi, massacrati. A �abac, il 26 settembre, sono 3000 gli uomini dai
14 ai 70 anni che rimangono vittime della razzia tedesca. Cinquecento
muoiono durante una marcia fatta fare al passo di corsa per 46
chilometri. Gli altri sono fucilati. Una sorte analoga hanno, il 10
ottobre, a Valjevo, 2200 ostaggi: finiscono al muro. "Pagano" 10
tedeschi uccisi e 24 feriti. Cinque giorni dopo, il 15, � "sentenziata"
la punizione di Kraljevo, un'altra citt� che resiste. I plotoni di
esecuzione lavorano per cinque giorni, le vittime sono 5000. Sembra
impossibile immaginare una strage ancora pi� grande. Eppure,
l'allucinante escalation non ha toccato la sua punta di massimo orrore.
Lo far� a Kragujevac, e nel suo circondario. La "spedizione punitiva"
comincia il 13 ottobre. Quel giorno, nel quartiere operaio di
Kragujevac, i tedeschi prendono 30 uomini. Per 3 giorni se li
trascinano dietro nella puntata che fanno contro il paese vicino,
Gornji Milanovac. Affamati, percossi, costretti a rimuovere tronchi
d'albero e a tirare fuori dal fango carri armati, adoperati come scudo
contro i partigiani, sono testimoni della sorte del piccolo paese di
pastori. Vivono un'agonia che ha fine solo con il grande massacro, nel
quale scompaiono anche i 132 ostaggi di Gornji Milanovac. In quanto al
paese, anche questo viene bruciato. I tedeschi saldano cos� un vecchio
conto che avevano in sospeso. Anche per questa impresa per� devono
pagare uno scotto. Trentasei uomini vengono messi fuori combattimento
dai partigiani, che attaccano senza sosta.


Di fronte a questo "smacco" la logica tedesca della ritorsione non
tarda a scattare. Sar� Kragujevac a pagare, con la vita di 100
cittadini ogni tedesco morto, e con quella di 50 ogni tedesco ferito.
Duemilatrecento persone sono condannate a morte.


La rappresaglia punta per primo sui "nemici storici" del Reich:
comunisti e ebrei. Gli ebrei maschi, e un certo numero di comunisti, 66
persone in tutto, vengono arrestati sulla base delle liste che i
collaborazionisti forniscono. Ma questo non basta. Il giorno
successivo, il 19 ottobre, una massiccia operazione ha luogo
nell'immediata periferia della citt�. Tre paesi, posti nel giro di tre
chilometri, sono travolti della furia tedesca. Gro�nica, Meckovac,
Mar�ic bruciano, 423 uomini muoiono. A Meckovac, donne e bambini sono
costretti ad assistere all'esecuzione. Lo stesso macabro rituale �
imposto a Gro�nica, dove si distinguono i Volontari Anticomunisti di
Dimitrjie Ljotic. Il paese quel giorno celebra la festa del patrono. I
fascisti serbi strappano il pope dell'altare con il vangelo ancora in
mano, i fedeli vanno a morire stringendo i pani benedetti della
comunione ortodossa. Vengono falciati tutti l� vicino, con le
mitragliatrici. Cos�, intorno a Kragujevac si � fatto un cerchio di
morte. La prova generale � compiuta. Ora si passa al "grande massacro".


L'azione inizia la mattina del 20 ottobre. Alle prime luci dell'alba,
gli accessi a Kragujevac vengono bloccati. Mitragliatrici sono postate
nei punti nevralgici. Nessuno pu� pi� uscire dalla citt�, nessuno pu�
pi� entrarvi. Chi, ignorando il dispositivo, si avvicina, viene ucciso.
� quanto accade a uno zingaro, che arriva dalla campagna, a un vecchio
che in citt� muove verso il mercato. Agli ordini del maggiore Koenig,
tedeschi e collaborazionisti aprono la caccia all'uomo. Nessuno sfugge,
nessuno � "dimenticato". Il gruppo di operai che lavora tranquillamente
a un torrente, i tre popi di una chiesa, che sperano di trovare la
salvezza dietro le icone. I razziatori entrano a stanare ovunque. Gli
impiegati sono portati fuori dal municipio; giudici, scrivani,
pubblico, dal tribunale. Dalle abitazioni vengono tratti anche gli
ammalati. Un barbiere � prelevato dal negozio insieme al suo cliente,
che con altri disgraziati marcia verso il suo destino, una guancia
insaponata, l'altra no.


Alle dieci i tedeschi irrompono anche nei due ginnasi. L'apparizione di
quelle uniformi verdi armate di fucili e parabellum, infrange la
normalit� forzata che da tre giorni nelle due scuole vige. Il barone
Bischofhausen, il comandante tedesco della piazza, il 17 ha minacciato
presidi, professori e genitori di severe sanzioni se i ragazzi non
frequentavano la scuola. Lo ha fatto ripetere anche per le vie della
citt�, a suon di tamburo, dal banditore pubblico. Li vuole tutti in
aula, sempre. L'ufficiale tedesco, che da civile � insegnante, combatte
l'assenteismo degli studenti non certo perch� mosso da passione
pedagogica. Chiedendo che proprio per quel giorno 20 tutti siano
presenti, egli fa apparire di voler esercitare un controllo; che per�
si trasforma in una trappola. In realt�, egli non dimentica che i
ginnasiali di Kragujevac hanno manifestato sin dai primi giorni la pi�
violenta opposizione all'occupante. Un giovane � finito impiccato dopo
uno scontro con la polizia. Il barone sa pure che anche in quelle aule
la Resistenza attinge, per alimentare i suoi "gruppi d'azione", i suoi
propagandisti e sabotatori.


L'ispezione annunciata per quel giorno � arrivata. I registri chiesti
dal barone sono pronti. Arrivando quella mattina a scuola, i ragazzi
hanno cancellato i loro nomi dall'elenco. Precauzione inutile. Non c'�
appello. I tedeschi entrano direttamente nelle aule, e rastrellano.
Hinaus, fuori tutti quelli dai 16 anni in su. Anche il ragazzo invalido
che si trascina con la stampella, per il quale invano una professoressa
intercede. Anche la classe che il professore di tedesco tenta di
salvare. Ai soldati che si affacciano, il professore dice, per
rabbonirli, che stanno facendo lezione di tedesco. Mente. E mente una
seconda volta quando gli chiedono quanti anni hanno i suoi ragazzi.
Quindici dice. I tedeschi, convinti, fanno per andarsene. Ma in quel
momento un alunno si alza dall'ultimo banco. � lo spilungone della
classe. I tedeschi, dalla soglia si girano, capiscono, e sbattono fuori
tutti.


I ginnasiali raggiungono le file dei razziati, i professori in testa.
Con loro, ci sono anche Mile Novakovic, insegnante di chimica, celibe,
e Djordje Stefanov, di letteratura croata, anche lui rifugiato in
Serbia con la moglie e le due figlie per sfuggire ai fascisti della
Croazia. Quel giorno i due professori non hanno lezione. Ma quando
hanno visto che in citt� i tedeschi rastrellavano, certi che la scuola
non sarebbe stata risparmiata, sono venuti lo stesso, per essere
insieme ai loro ragazzi. Li vogliono seguire fino in fondo. Andranno
insieme a loro alla fucilazione. Del corpo insegnante, solo le donne
non sono razziate. Dalle finestre della scuola vedono sfilare i
professori e gli alunni, e "cento berretti levarsi in segno di
saluto" . I ragazzi credono ancora che torneranno.


Pochi sono i fortunati che riescono a filtrare tra le maglie di quella
immensa rete gettata sulla citt�. Chi vi riesce, va a unirsi ai
partigiani. Avr� sicuramente qualcuno da vendicare. Gli altri, a
migliaia, ingrossano le colonne che tutto il giorno scorrono per
Kragujevac dirette ai luoghi di raccolta. I razziati sono quasi 10.000,
su meno di 30.000 abitanti che conta la citt�. I tedeschi non hanno
tralasciato nemmeno il carcere. Ultimi ad arrivare, quei detenuti sono,
con comunisti ed ebrei, i primi ad essere fucilati.


Dai luoghi dove sono concentrati in attesa di conoscere la loro sorte,
la sera di quel 20 ottobre i prigionieri sentono le prime scariche di
fucileria. � l'avvio della grande carneficina. Contando sulla sorpresa,
e sulla iniziale "distrazione" dei fucilatori, alcuni dei condannati
riescono a salvarsi. Qualcuno fugge appena messo in riga. Altri, come
Zivotjin Jovanovic, alla scarica si getta a terra anche se non �
colpito, poi balza e corre. Viene ricatturato a un posto di blocco.
Tenta di nuovo la fuga, e il suo guardiano gli spara a bruciapelo. Gli
sfiora l'inguine. Poi dopo avergli dato il colpo di grazia nella spalla
invece che in testa, lo lascia a terra credendolo morto. L'uomo
striscia tutta la notte a palmo a palmo finch� arriva alla casa di un
amico. � soccorso, si crede in salvo. Arrivano i fascisti serbi, che lo
riprendono. Dopo averlo picchiato decidono che, essendo ormai in fin di
vita, tanto vale lasciarlo morire. Ma l'uomo non muore.


Altri ancora devono la vita alla fortuna, alla professione, al sangue
freddo che riescono ad avere anche in un tale frangente. A mano a mano
che inquadrano i gruppi per condurli alla fucilazione, i tedeschi fanno
la selezione. Alcuni criteri non sono molto chiari. Risparmiano, per
esempio, gli elettricisti, gli idraulici, i panettieri. Altri lo sono
di pi�. Ai loro collaboratori fascisti concedono di tirare fuori i loro
amici e parenti. In questo mercato i fascisti serbi sono generosi.
Arrivano a offrire dei ragazzi di 10/12 anni in cambio dei loro
protetti. Viene risparmiato anche chi � cittadino di un paese alleato
dell'Asse. O che lo faccia credere. Escono romeni, ungheresi. Un
dalmata si dichiara italiano. Forse lo � davvero, forse � solo un
croato acculturato italiano, bilingue. Ma riesce a salvarsi, e a
salvare il ragazzo che gli � accanto, affermando alla guardia, con la
sua "autorit�" di "alleato", che non ha ancora 16 anni. Un serbo,
invece, mostra un certificato bulgaro qualunque, rilasciato dalle
truppe di Sofia che occupano il suo Paese di origine, e viene messo da
parte.


Non fa nulla invece per salvarsi Jovan Kalafatic, professore,
insegnante di religione, che invece potrebbe. Tutti sanno che � un
fascista convinto. A scuola sospettano anche che sia un delatore, che
alcuni professori progressisti siano finiti in galera per opera sua.
Basterebbe che dica chi �. Kalafatic invece tace. Tace anche quando
passano i fascisti serbi per la "loro" selezione. Forse, nelle lunghe
ore della tragedia passate con il suo popolo, deve aver capito la vera
natura dell'Ordine Nuovo nel quale crede. Va, volontariamente, alla
fucilazione con gli altri. Vanno volontari anche due vecchi genitori
che non vogliono abbandonare i figli. Alla fucilazione vanno, divisi in
due gruppi, anche i 300 studenti ginnasiali e i loro professori. Alla
testa di un gruppo vi � il preside del ginnasio. L'altro gruppo marcia
verso la morte in fila indiana, le mani sulle spalle, come dovessero
danzare il kolo, la danza nazionale serba. Poi, cantano. Intonano "Hej
Slaveni!", l'inno antico e comune a tutti gli slavi. Cadono cantando.


Il massacro dura a lungo. Su un fronte di morte lungo oltre dieci
chilometri, fuori della citt� le armi crepitano fino alle 14 del giorno
21 ottobre. Settemilatrecento uomini di Kragujevac dai 16 ai 60 anni
cadono divisi in 33 gruppi. Dovevano essere 2300. I tedeschi hanno pi�
che triplicato il "coefficiente dichiarato" di rappresaglia. I graziati
sono circa 3000. Molti di questi sopravvissuti rientreranno a piangere
un morto. Kragujevac onora la memoria dei suoi fucilati il sabato
successivo al massacro. Il rito ortodosso per il quale il sabato � il
giorno dei morti, vuole anche che per ogni morto sia accesa una candela
gialla e per ogni candela, cui si accompagna un pane che � da benedire
con il vino santo, il pope reciti la parola dei defunti. I sacerdoti
rimasti a Kragujevac sono solo due. Altri sette sono stati fucilati. Ma
il rito deve essere compiuto. Mentre le donne piantano le candele,
presentano i pani, gridano il nome del defunto, i due preti cantano
l'antica preghiera della liturgia veteroslava. Dandosi il cambio
pregano per ventiquattro ore, dalle sette alle sette.


Inutilmente i nazisti tentano poi di nascondere la verit� sulla strage,
alterando registri, imbrogliando le cifre, esumando e cremando
cadaveri. Kragujevac ha fatto il "suo" appello. � la prova che Zivotjin
Jovanovic, l'uomo sopravvissuto tre volte, porta ai giudici di
Norimberga: "...Quell'ottobre del 1941 a Kragujevac furono esposte piů
di settemila bandiere nere... nella chiesa vennero presentati e
benedetti in un giorno pi� di settemila pani... E furono accese
settemila e trecento candele...".

---

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FIABA CRUENTA

(Desanka Maksimovic)


Avvenne in un paese di contadini
nella Balcania montuosa:
una compagnia di alunni
in un giorno solo mor�
di morte gloriosa.

Avevano tutti la stessa et�,
scorrevano uguali per tutti
i giorni di scuola, andavano alle cerimonie in compagnia,
li vaccinavano tutti
contro la stessa malattia.
Morirono tutti in una giornata sola.

Avvenne in un paese di contadini
nella Balcania montuosa:
una compagnia di alunni
in un solo giorno mor�
di morte gloriosa.

Cinquantacinque minuti
prima che la morte se li portasse via
sedevano sui banchi di scuola
i ragazzi della piccola compagnia,
e con lo stesso compito assillante;
andando a piedi, quanto
impiega un viandante
e cos� via.

Erano pieni delle stesse cifre
i loro pensieri,
e nei quaderni, dentro la cartella,

giacevano assurdi innumerevoli
i cinque e gli zeri

Stringevano in saccoccia con ardore
una manciata di comuni sogni,
di comuni segreti
patriottici e d'amore.
E ognuno, lieto della propria aurora,
credeva di poter correre molto
tanto ancora
sotto l'azzurro tetto rotondo
fino a risolvere
tutti i compiti di questo mondo.

Avvenne in un paese di contadini
nella Balcania montuosa:
una compagnia di alunni
in un giorno solo mor�
di morte gloriosa.

File intere di ragazzi
Si presero per mano
e, dall'ultima ora di scuola,
si avviarono alla fucilazione
calmi, col cuore forte,
come se nulla fosse la morte.
File intere di compagni
salirono nella stessa ora
verso l'eterna dimora.



(La poesia si ispira ad uno dei pi� terribili
massacri compiuti dagli occupatori nazisti nel
corso della seconda guerra mondiale.
Nei giorni dal 21 al 23 ottobre 1941, a Kragujevac,
in Serbia, i Tedeschi fucilarono oltre 7000
persone, fra cui numerosi alunni delle scuole
di quella citt�. Insieme ai loro alunni, andarono
alla morte anche alcuni insegnanti, che non avevano
voluto abbandonare i loro ragazzi in quel terribile
momento.
La strage di Kragujevac viene rievocata ogni anno
nel Parco della Rimembranza a Kragujevac con una
manifestazione a cui partecipano poeti e
artisti di tutte le regioni della Jugoslavia.)


---


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Lo scandalo dei rapporti tra la leadership secessionista ed
islamista di Izetbegovic ed i gruppi di mujaheddin stranieri
(tra i quali quelli di Bin Laden) ha spinto Izetbegovic a
lasciare la politica. Nel frattempo, dopo anni di appoggio
sfacciato allo stesso Izetbegovic e di copertura delle sue
"relazioni pericolose" con il terrorismo wahabita,
alcune ambasciate occidentali tra cui quella statunitense
inscenano la "chiusura causa terrorismo islamico".

=====================================================
1. BOSNIA: IZETBEGOVIC LASCIA PRESIDENZA PARTITO SDA
(ANSA, 12/10/01)

2. SARAJEVO HIT BY BIN LADEN PANIC
(IWPR, 19/10/01)

3. Bosnian embassies closed after threats
(BBC News, 17/10/01)

4a. Bosnia: Dr. Frankenstein Tries To Deny His Creation
(R. Rozoff, 15/10/01)
4b. Analysis: Bosnian stability at stake
(BBC News , 15/10/01)

=====================================================
> http://www.ansa.it/balcani/bosnia/
20011012164232013245.html

BOSNIA: IZETBEGOVIC LASCIA PRESIDENZA PARTITO SDA

(ANSA) - SARAJEVO, 12 OTT - Il leader del Partito
di azione democratica (Sda) ed ex presidente bosniaco
Alija Izetbegovic lascia l'incarico.
Lo ha annunciato oggi a Sarajevo lo stesso
Izetbegovic, alla vigilia del congresso dell'Sda
che domani eleggera' la nuova dirigenza, dicendo che
non si candidera'alla guida del partito. Izetbegovic,
76 anni, fondatore del maggiore partito nazionalista
musulmano che ha guidato per dieci anni, ha spiegato
che il motivo principale del suo ritiro sono le
cattive condizioni di salute e la sua eta'. ''Sarebbe
irresponsabile - ha detto - assumere
questo difficile incarico in tempi difficili e in
presenza di sempre piu' frequenti tentativi di
disintegrazione della Bosnia''. Izetbegovic ha
annunciato, senza fare nomi, che anche altri suoi
collaboratori lasceranno incarichi di primo piano nel
partito per lasciare lo spazio ai piu' giovani.
Malato di cuore, nell'ottobre dell'anno scorso
Izetbegovic ha lasciato, con due anni d'anticipo
rispetto alla scadenza del mandato, il seggio
musulmano nella presidenza tripartita (serba,
croata e musulmana) della Bosnia. Secondo fonti
dell'Sda, ora all'opposizione, il leader carismatico
e presidente della Bosnia durante la guerra (1992-
95), sara' domani eletto alla presidenza onoraria
del partito e a capo del comitato politico.
(ANSA). COR*VD
12/10/2001 16:42

==============================================
SARAJEVO HIT BY BIN LADEN PANIC

The closure of the US and UK embassies in
Bosnia is rumoured to be linked to Bin Laden
terror threat. Janez Kovac reports from Sarajevo

---

>From info@... Fri Oct 19 14:05:52 2001
Date: Fri, 19 Oct 2001 10:42:10 +0100
From: Institute for War & Peace Reporting
To: Institute for War & Peace Reporting
Subject: IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, NO. 289

WELCOME TO IWPR'S BALKAN CRISIS REPORT, NO. 289,
October 19, 2001

(...)

SARAJEVO HIT BY BIN LADEN PANIC

The closure of the US and UK embassies in Bosnia
is rumoured to be linked to Bin Laden terror threat

By Janez Kovac in Sarajevo

Embassies and other agencies of the
United States and Britain were suddenly
closed in Sarajevo until further notice
on Wednesday because of an unspecified
"credible threat" to their security.
The US also shut down its
consulates in Mostar and Banja Luka.

A Western diplomat serving in Bosnia
said, "The embassy closures were a
result of information intercepted by
intelligence services. I am not in a
position to say if this is linked to
al-Qaeda or any other terrorist
organisation but I think it is related
to individuals in Bosnia. It is a
serious threat."

Bosnian prime minister Zlatko Lagumdzija
said authorities are providing
additional protection for unspecified
facilities used by international
organisations. He said Bosnian officials
are in "constant communication"
with their US counterparts but would
not define the nature of the threat.

An official from the British Foreign
Office told IWPR that the UK
embassy was closed because of
"increased international tension". The
official, who asked not to be named,
added that "appropriate security
action" was undertaken to protect
British nationals abroad.

Until the closures on October 17,
authorities had shown little concern at
the prospect of Osama bin Laden's
al-Qaeda movement spreading its activities
to Bosnia. On Friday October 12 US
Lt. Gen. John Sylvester, commander of
SFOR, told a press conference, "I
have no concerns about any mujahedin
threat in Bosnia at all."

But tension among ordinary people had
been running high ever since the
September 11 terrorist attack in New
York. It is believed that some 3,000
Islamic fighters, the so-called mujahedins,
passed through Bosnia during the
war to fight alongside Bosniak (Bosnian
Muslim) soldiers against Bosnian
Serb and Croat forces.

Around 300 of these fighters remained
in the country and settled down. Some
were found to be involved in criminal
activities in Bosnia and abroad.

The vast majority of people who live
in Bosnia view mujahedins with suspicion
and hostility because of their radical
religious and ideological practices.

An additional concern is the presence
in Bosnia of tens of thousands of
Western soldiers, policemen, diplomats
and other officials working for
numerous international organisations.
All possible targets for terrorists.

News of the embassy closures sparked
furious speculation and stirred
passions One ominous sign in recent
days has been the appearance in Sarajevo
and other towns in the Federation of
graffiti supporting Osama bin Laden.

Wild rumours spread rapidly. "I've
heard that Osama bin Laden was arrested
yesterday in central Bosnia," one Sarajevo
woman told friends over the telephone.
Another claim that Sarajevo airport had
been closed turned out to be false.

A terse advisory from the US consulate
urged all Americans in Bosnia to
"maintain the highest level of vigilance
for the foreseeable future,
particularly over the next several days".

Neither of the embassies nor any other
American or British official would provide
further explanation for the alarm. As a
matter of fact, most American, British
and other Western officials in
Bosnia-Herzegovina appeared just as puzzled,
confused and scared as anyone else.

"We just received a phone call last
night and were told that we did not have
to come to the office today," said a staff
member of the US embassy in Sarajevo on
Wednesday. "No explanation was given."

"We are being kept in the dark," complained
another official working for an
international organisation who was trying
to find out whether he too should
evacuate his office or leave the country entirely.

The mysterious security threat
appeared limited to Bosnia and was not
evident elsewhere in the region.

Janez Kovac is a regular IWPR contributor

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============================================
BBC News
Wednesday, 17 October, 2001, 15:11 GMT 16:11 UK

Bosnian embassies closed after threats

The United States and Britain have closed their
embassies in Bosnia after what American officials
described as credible security threats.

They gave no further details, but an official at the
British embassy in Sarajevo said the threats appeared
to be linked to the military operation in Afghanistan.

The United States has also closed offices in the towns
of Banja Luka and Mostar, and the premises of its aid
agency.

NATO-led peacekeepers in the country say they have
been made aware of the situation. Several people have
been arrested in Bosnia since last month's attacks in
the United States, but officials say they have no
evidence of links to the people who carried it out.

>From the newsroom of the BBC World Service

==================================================
Subject: Bosnia: Dr. Frankenstein Tries To Deny His Creation
Date: Mon, 15 Oct 2001 09:17:51 -0700 (PDT)
From: Rick Rozoff

"...Bosnia, with a majority Muslim population...,"
repeats Wolfgang Pietritsch.
Curious, when the most inflated recent statistics
state that only 44% of residents of the recently
reinstated Hitlerite statelet of Bosnia and
Herzegovina are "people of Muslim cultual background."
But notwithstanding, that's always been good enough
for the United States and NATO to support the
abrogation of the Helsinki Final Agreement and to
recognize the Islamist theocracy of former president
Izetbegovic.
Good enough, in fact, to slaughter hundreds of ethnic
Serb soldiers and civilians in U.S. bombing raids, and
to lend CIA and other operatives to advise and spot
for their pristinely innocent clients in Sarajevo.
Now they have to cover their tracks. As they have with
Afghanistan and a dozen other places. Hard to be a
god, as Virgil says; or an evil scientist.]

BBC News
Monday, 15 October, 2001, 11:12 GMT 12:12 UK

Analysis: Bosnian stability at stake

By the BBC's Alix Kroeger in Belgrade

The commander of Nato's peacekeeping forces in
Bosnia-Hercegovina, Lieutenant-General John Sylvester,
says there is no threat to the country from Muslim
radicals.
There are mujahideen in Bosnia - no one knows exactly
how many But not everyone is convinced.
Since the attacks on the US on 11 September, attention
is now focusing anew on Bosnia's possible links with
Osama Bin Laden.

'Active cells'

Bosnia is one of 19 countries listed by the US State
Department as having active cells of Bin Laden's
al-Qaeda network.
Was Bin Laden given a Bosnian passport during the
1992-95 war? No, says Bosnia's foreign minister.
In any case, he adds, Bosnia has changed its passport
system twice since then. A passport from 1993, say,
would no longer be valid.
The government has reviewed its records on the 11,000
people naturalised as Bosnian citizens during and
after the war - about 420 originally came from Islamic
countries.
But some of those records may be less than complete.

Suspect arrested

On 8 October, Bosnian police arrested a man suspected
of links to Bin Laden.
Bensayah Belkacem was arrested after a tip-off from US
intelligence that he had made a phone call to one of
Bin Laden's top aides.

Belkacem holds a Bosnian passport, but his other
documents give different ages and places of birth.
Some say Yemen, others Algeria.
He was arrested in the central Bosnian town of Zenica,
a base for mujahideen during the war.
Several people - from Bosnia, Jordan, Egypt and
Pakistan - have been detained over the past few weeks.
All have been released and the foreigners deported.
There are mujahideen in Bosnia - no one knows exactly
how many. Estimates range from several dozen to 400 or
more.
They came from countries such as Afghanistan, Pakistan
and Saudi Arabia. Most of them married Bosnian women
and settled in the country after the war.
They were granted citizenship by the Muslim-dominated
wartime government.

Secular society

Most Bosnian Muslims are determinedly secular.
But during the Bosnian war, when the West imposed an
arms embargo, it was the Islamic countries, especially
Iran, who gave the government army the guns they asked
for. Many Bosnians felt abandoned by the international
community and a minority turned to radical Islam.
An investigation by the Los Angeles Times newspaper
claimed that dangerous Islamic extremists travel in
and out of Bosnia at will.
The article quoted a former senior US State Department
official who described Bosnia as "a staging area and
safe haven" for terrorists.
It documented several incidents in which foreign
nationals with Bosnian passports tried to launch
actions against Western targets, including US military
installations in Germany and Los Angeles Airport.
And last week the chief United Nations war crimes
prosecutor, Carla Del Ponte, said she had turned over
information to the United States on "people who were
staying in Bosnia in connection with terrorist
groups."

Threat of rumours

But there is another threat to Bosnia - the possible
use of allegations about terrorism both to discredit
the Muslim population, and to stir up fear among
Bosnian Serbs and Croats.
Before and during the Bosnian war, Bosnian Serb
nationalists in particular mobilised their own people
to fight with scare stories about Islamic fundamentalists.
If they did not arm themselves against the Muslims,
they were told, the mujahideen would slit their
throats and rape Serb women.
Such rumours still hold currency today in nationalist
circles.
International officials have sought to play down these
fears.
"The danger of having Bosnia, with a majority Muslim
population, involved in the conflict within the
community of Islamic countries is overestimated," said
Bosnia's chief international mediator, Wolfgang
Petritsch in a recent newspaper interview.

Possible benefit

But there may be one benefit for Bosnia in all this.
Two weeks after the attacks on America,
representatives from Bosnia's state government and its
two ethnically based entities met in Sarajevo to
discuss increasing security measures both in-country
and at the borders.
It was the first such meeting since the end of the war
without the presence of international officials.
It ended with unanimous agreement - another first.
It has taken the perception of an external threat to
bring Bosnia's old enemies together.


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L'odierna sceneggiata della chiusura di alcune
rappresentanze diplomatiche occidentali in
Bosnia-Erzegovina perde ogni senso se si volge un
attimo lo sguardo all'indietro. L'ambasciatore USA
in Bosnia dell'era-Clinton, Thomas Miller, e'
stato ad esempio ripetutamente denunciato da serbi
e croati per il suo sostegno al partito islamista
di Izetbegovic (SDA - Partito di Azione
Democratica), fino a tempi recentissimi, come
documentano gli articoli allegati. Inoltre, la
copertura e l'omerta' occidentale sulla presenza
in Bosnia di mujaheddin stranieri, in particolare
di quelli legati a Bin Laden, non sara' certo
compensata dagli attuali ipocriti "timori" per
possibili attentati.

*** BOSNIA, THE GLOBAL TAMMANY HALL
(S. Trifkovic, 24/08/01)

*** L'AMBASCIATORE AMERICANO E' PORTAVOCE DELL'SDA
(Srpsko Oslobodjenje, 05/07/00)

===================================================
Subject: Scandal re. US Ambassador in Bosnia?
Date: Mon, 27 Aug 2001 09:05:44 -0400
From: Serge Trifkovic

http://www.rockfordinstitute.org/News/Trifkovic/
NewsST082401.htm oppure News&Views.htm

Friday, August 24, 2001

BOSNIA, THE GLOBAL TAMMANY HALL
by Srdja Trifkovic

Bosnia is the Imperium's first major experiment in
nation-building. It is the harbinger of great and
glorious things to come in the new millennium, and
the experiences of this multiethnic,
multiconfessional, multicultural polity based on
democracy and human rights will be closely watched
by other aspiring clients of the international
community. It is therefore disheartening that in
Bosnia we encounter evidence that the officials of
the 'international community' are perhaps no more
virtuous or high-minded than the old rogues who
governed the nation-states of yore.

Take the case of Thomas Miller, the United States
ambassador in Sarajevo, who is rumored to have
conspired a year ago with Milorad Dodik, then
prime minister of the Bosnian-Serb Republic, to
divert $500,000 of an American aid package to the
Gore/Lieberman campaign. This claim, made
privately by a former minister in Dodik's
government, has been confirmed by another highly
placed source in Banja Luka, the capital of the
Republika Srpska (RS).

The alleged deal was simple: Last July, Ambassador
Miller is said to have arranged a
multimillion-dollar USAID grant for the RS budget.
Once the money arrived in Banja Luka, half a
million was allocated to the prime minister's
discretionary fund'-over which he had exclusive
control-and promptly sent back to the United
States as his contribution to the Gore/Lieberman
campaign. This was not the only payment to a
Western political figure from the fund (the
existence of which Dodik admitted in a television
interview last November), but it was the largest
single disbursement ever made from it.

Our source insists that Miller was behind the
scheme but does not know whether the
administration or 'Gore's people in Washington'
were aware of what was going on:

"It is possible that Ambassador Miller arranged it
all on his own initiative, because he is a
committed Democrat--just like all other key U.S.
officials in Bosnia: Jacques Klein, U.N. mission
chief in Sarajevo, Ralph Johnson, first deputy
high representative, and Robert Berry, OSCE
mission chief. They all rooted for Gore, and
Miller is known to have expressed his concern for
'the future of Bosnia' if Bush won. And he could
not conceal his fury at the outcome of the
election dispute in Florida."

When some revelations of Dodik's corrupt
practices--including the first partial disclosure
of the Gore deal--were published by the Banja Luka
magazine Extra last February, it looked like the
cat was out of the bag.

Interestingly, however, there has been no
follow-up. It was widely expected that the new
government of Prime Minister Mladen Ivanic,
publicly committed to fighting corruption, would
make public the results of an investigation into
his predecessor's practices. This has not happened
so far, and our sources indicate that Dr. Ivanic
is under heavy pressure from Ambassador Miller and
other American political heavyweights in Bosnia
not to rock the boat. He has agreed to comply,
thus betraying his own electoral promise to
eradicate corruption and hold former officials
responsible.

Their motives are easy to understand. Dodik was
persona gratissima in Bill Clinton's
Washington-Madeleine Albright once described him
as "a breath of fresh air"-and the proponents of
"continuity" of the U.S. policy in Bosnia want to
keep him in reserve as a tried and true quisling.
He could come in handy if they are allowed to play
the next act in their arcane Balkan game: the
scrapping of the Dayton Accord in favor of a
centralized Bosnian state.

Even after Dodik's crushing defeat at last fall's
RS general election, Ambassador Miller was
promoting him for a ministerial position at the
federal level in Sarajevo. Because Dodik's
reputation for greed and graft has made him odious
even to the Muslim politicians who had found him
useful in the past, he was unsuccessful in his
bid. In addition, Mr. Miller, a prot�g� of Richard
Holbrooke, may have strong personal reasons for
wanting the new RS government to keep quiet about
some of Dodik's shenanigans. If the allegations
are corroborated, it could mark not only the end
of his diplomatic career but the beginning of a
criminal investigation back in Washington. "I am
honored to appear before you today as President
Clinton's nominee to receive the rank of
ambassador. I am grateful to the President and to
Secretary Albright for the confidence they have
shown in appointing me to this position," Thomas
Miller declared at his Senate confirmation hearing
in October 1997. His gratitude to the Democratic
White House seems to have acquired a tangible form
three years later.

In the meantime Miller had stepped on many Bosnian
toes. During his tenure he has openly campaigned
for the "non-nationalist" parties in Bosnia's
elections and earned the lasting wrath of both
Serbs and Croats, who resented his support for the
Muslims' preferred model of a centralized
Bosnia-Herzegovina. The Serb member of the
tripartite Bosnian presidency, Zivko Radisic, last
fall even asked for Miller's recall because "his
activities in support of his preferred political
parties and personalities in Bosnia are
incompatible with the proper role of a diplomat."
The Croats' leader Ante Jelavic agreed. The Croats
were even more resentful of Miller's imperious
posture in the aftermath of the clampdown by the
"international community" on their stronghold in
Mostar, which included a raid on the vault of the
bank used by their main political party.

Even if the Bosnian Serb government is bullied
into silence, our source says that it should be
possible to learn the truth about any misuse of
USAID funds from Deloitte Touche Tohmantsu (DTT)
and KPMG, as those two companies manage the
consulting and lending program that makes USAID
the largest lender in the RS and Bosnia. Right
now, the source claims, DTT is covering up
malfeasance in its Bosnian projects:

"An effort is under way, sometimes desperate, by
DTT to prevent an independent investigation of
what is behind observed suspicious behavior in its
project. They probably know if the alleged
contribution to the Gore campaign has been made,
but there is reason to suspect a corrupt
connection between the DTT project and Dodik, and
to expect that Ambassador Miller will go out of
his way to thwart an independent investigation."

If there is a scandal involving foreign aid, it
won't be the first since the "international
community" started its involvement in post-Dayton
Bosnia. During 1996-99, the United States and its
allies committed more than $5 billion to finance
civil aspects of the Dayton Agreement; and as of
March 2000, U.S. military costs to support the
agreement totaled about $10 billion. In the summer
of 1999, the office of the high representative-the
U.N. Gauleiter in Sarajevo who wields the real
power in the hybrid "country"-confirmed that more
than one billion dollars had been lost in postwar
Bosnia through tax evasion, customs fraud, or
embezzlement of public funds. Much of that money
was simply stolen from international aid projects.
For instance, more than $20 million deposited by
ten foreign embassies and international aid
agencies in a Bosnian bank has disappeared. Over
$500 million was missing from the Muslim city of
Tuzla's budget alone. The town of Sanski Most used
municipal funds to build a horseracing track,
while its Mayor, Mehmed Alagic, is accused of
stealing $450,000 in aid from Saudi Arabia. In
July of last year the Clinton Administration was
forced to agree with the "basic thrust" of a
report from the General Accounting Office (GAO)
that crime and corruption are "endemic problems"
in Bosnia which "seriously inhibit" both economic
and political development and implementation of
the Dayton peace agreement.

But as Ambassador James Pardew tried to explain to
the House of Representatives Committee on
International Relations July 19 of last year,
there are "reform-minded Bosnians" who are willing
to work hard to change the situation, and the
"entire thrust" of U.S. assistance for Bosnia is
designed "to help these people establish a
peaceful, transparent and democratic society."

Dodik was an example of "reform-mindedness" to
Pardew and his bosses, and Miller is their man in
situ. Another form of institutionalized corruption
involves international bureaucrats who lobby local
politicians on behalf of companies from their
countries. According to our source in Banja Luka,

"The British dominate the so-called Independent
Commission for Media and they swiftly tailored the
privatization of the Bosnian television system so
that British companies appear as best qualified
potential buyers. The Bosnian tsar himself, High
Representative Wolfgang Petritsch, tirelessly
demands that Austria Telecom be granted the
license as the second mobile-phone provider for
Bosnia-Herzegovina. His deputy, Ralph Johnson of
the United States, is involved in setting up
consolidated public utilities for gas and
electricity so that they can be sold off more
easily to foreign investors who fit his bill."

Lower down the scale, foreign bureaucrats-
especially those from Eastern Europe and the Third
World-are involved in large-scale smuggling of
American cigarettes that arrive from Montenegro
and are then shipped via Bosnia to the European
Union.

Bosnia, of course, is no exception to the rule
that there is no correlation between foreign
assistance and economic growth, but the
"international community" is by now aiding and
abetting the open-ended burgeoning of the culture
of corruption. Foreigners have absolute power in
Bosnia. The results were to be expected. The
future will only bring more of the same,
corrupting not only Bosnia--the victim of
international largesse--but all those who enter
the dark villayet to distribute it.

Endemic and institutionalized corruption at all
levels and by all participants is an apt symbol of
"Bosnia" because it is an edifice is based on a
lie. The lie was supposed to replace the bonds of
loyalty, authority, and legitimacy that link
Bosnian Croats and Croatia and Bosnian Serbs and
Serbia. These bonds are rooted in centuries of
political, ethnic, and cultural identity and are
sure to prove stronger than bonds to a hastily
fabricated central government. The way the whole
Dayton package has been put together reflects the
short-termism of Western policy, and its ultimate
preference for form over substance. It will not
survive in the long term: the inherent dynamics of
Bosnia's disintegration are still there. Those
same centrifugal forces which had doomed
Yugoslavia as a whole are still present in Bosnia,
probably even more than before the U.S. got
involved.

As for Ambassador Miller, his apparently
well-deserved demise will have to wait: the Bush
administration, either oblivious of his alleged
transgressions or indifferent to them, has
rewarded him for his efforts with the
ambassadorial appointment to Greece.

Copyright 2001, www.ChroniclesMagazine.org
928 N. Main St., Rockford, IL 61103

===============================================
Da "Srpsko Oslobodjenje", quotidiano della
Repubblica Serba di Bosnia, 5 luglio 2000

L'AMBASCIATORE AMERICANO E' PORTAVOCE DELL'SDA

L'Ambasciata americana a Sarajevo ha manifestato
la piu' grande tracotanza ed il pi� grande cinismo
mai registrato finora nella diplomazia mondiale.
Invece di comportarsi in conformit� con le norme
internazionali stabilite e il codice diplomatico,
questa ambasciata si immischia nel modo pi�
brutale nelle relazioni interne e nelle situazioni
politiche dello Stato da cui ha ricevuto
ospitalit�. Per questo comportamento senza
precedenti nella diplomazia mondiale, il maggior
responsabile � l'ambasciatore Tony Miller, del
quale si pu� liberamente dire che sia il portavoce
del Partito di Azione Democratica. Che sia
veramente cosi, lo testimonia nel modo migliore la
vergognosa dichiarazione per il pubblico che �
stata inviata da quella ambasciata ai media della
Bosnia Erzegovina l'ultimo giorno di giugno. In
questa faziosa e unilaterale dichiarazione si
citano congetture false e meschine che hanno come
scopo di screditare nel modo pi� brutale tutto il
popolo serbo. Il testo dice:

"L'ambasciatore USA condanna assai duramente la
dichiarazione dell'Organizzazione dei combattenti
di Srebrenica. E' vergognoso che questa
organizzazione sostenga che "nessuno sia stato
ferito e tantomeno ucciso" a Potocari l?11.7.l995,
quando il mondo sa che li sono stati uccisi, in
quel giorno, migliaia di civili innocenti" - e
cosi via...

Voi mentite, signor Miller, lei e tutti quelli che
parlano per bocca dei fanatici musulmani, quando
dite che a Potocari sono stati uccisi dei civili.
Da dove vi viene il diritto di mentire e
pregiudicare ci� che ancora non � stato provato? A
Potocari c'era soltanto un campo di accoglienza,
da dove sono stati evacuati civili mandati a Tuzla
e in altre parti della Federazione di
Bosnia-Erzegovina.

Lei mente, signor Miller, quando sostiene che
"migliaia di civili innocenti sono stati uccisi -
12.000 (!?) musulmani"; questo numero poi � stato
diminuito a 7000, poi a 3000, il che esprime
chiaramente che con gli inganni politici e con le
invenzioni si vuole addossare la colpa ad un
popolo intero. E' sfacciato e maligno da parte di
un cittadino straniero, valutare e confrontare il
cosiddetto massacro di Srebrenica con l'olocausto
della II guerra mondiale. Meno di tutti lei ha il
diritto, dopo i crimini che avete commesso in
tutto il mondo, di parlare di un supposto massacro
a Srebrenica. Ricordiamo soltanto Hiroshima, i
crimini nel Vietnam, in Cambogia, lo scorso anno
in Jugoslavia, e dovunque nel mondo gli americani
causassero intenzionalmente le crisi e
provocassero uccisioni di massa dei civili. Lei
mente anche nella prima parte della frase, quando
dice: "tutto il mondo sa che migliaia di civili
innocenti sono stati uccisi". Queste sono soltanto
le sue congetture menzognere e i suoi inganni
pericolosi, perch� alle sue "constatazioni" la
maggioranza della popolazione mondiale non crede.
Lei ha la mania di servirsi di menzogne ed
inganni, come testimonia la vostra vergognosa
dichiarazione pubblica.

La "vera" verit� su Srebrenica bisogna dirla, ma
lei ha imparato a proiettare in avanti la
menzogna. Si � mai chiesto finora quanti civili
serbi siano stati ucccisi a Sarajevo? Li, signor
ambasciatore, sotto al governo musulmano sono
stati uccisi altre 6000 serbi. Questo � un
olocausto, e non Srebrenica, dove sono stati
uccisi soltanto militari musulmani armati, ai
quali gli appartenenti al battaglione olandese
nelle fila dell'UNPROFOR hanno reso possibile di
essere armati fino ai denti benche' fossero nella
cosiddetta "zona protetta".

Esistono dei comunicati, signor Miller, sui quali
lei tace perch� non corrispondono ai vostri scopi
disonesti...

[trad. a cura del Coord. Romano per la Jugoslavia;
sulla disinformazione strategica relativa ai fatti
di Srebrenica abbiamo inviato ed invieremo presto
ulteriore documentazione]


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