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RATLINES: La guerra della Chiesa contro il comunismo


Indice:

Premessa
1. Il titolo
2. Note sull'olocausto
3. Geopolitica vaticana
4. Geopolitica europea
5. Intermarium
6. Strategia americana
7. L'Unione Continentale
8. La rete di fuga dei criminali di guerra tedeschi
9. La rete di fuga dei criminali di guerra croati
10. I krizari
11. Riciclaggio di denaro sporco (di sangue)
12. I personaggi
o I preti
+ Pio XII
+ Giovanni Montini
+ Alois Hudal
+ Siri
+ Krunoslav Draganovic
+ Vilim Cecelja
+ Karlo Petranovic
+ Gregory Rozman
+ Dragutin Kamber
+ Milan Simcic
+ Dominik Mandic
+ Josip Bujanovic
o I nazisti
+ Ferenc Vajta
+ Walter Rauff
+ Franz Stangl
+ Gustav Wagner
+ Alois Brunner
+ Adolf Eichmann
o Gli ustascia
+ Ante Pavelic
+ Vladimir Kren
+ Vjekoslav Vrancic
+ Vilko Pecnikar
+ Ivo Omrcanin
+ Ljubo Milos
+ Lovro Susic
+ Dragutin Toth
+ Bozidar Kavran
+ Srecko Rover
+ Miha Krek
o L'agente statunitense William Gowen
13. Le sigle
14. Bibliografia

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Il titolo

``Letteralmente, una ratline � la scala di corda che arriva fino
in cima all'albero della nave e rappresenta l'ultimo luogo sicuro
quando l'imbarcazione affonda. Pertanto ratline � diventato il
termine generico con cui i servizi segreti identificano le reti o
le organizzazioni istituite allo scopo di far fuggire qualcuno''
(7).


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Note sull'olocausto

1. Il campo di Treblinka, comandato da Franz Stangl

``Al loro arrivo a Treblinka, gli uomini, le donne e i bambini, stipati
nei
loro carri merci chiusi, trovavano ad attenderli una normale stazione
ferroviaria, graziosamente decorata con cassette di fiori. A distanza,
si
scorgevano alcune baracche dall'aria innocua. Franz Stangl ci teneva
all'ordine. Ai passeggeri veniva detto di scendere dai carri per
riposare e
per farsi una doccia. Mentre si svestivano, veniva detto loro di mettere
al
sicuro i loro oggetti di valore in cassette numerate, di modo che, dopo
la
doccia, avrebbero potuto ritrovarli facilmente.

Tutto si svolgeva in maniera cos� rapida, organizzata, letale. Le docce
erano, in realt�, camere a gas dove 900.000 persone, per la maggior
parte
ebrei, furono uccise immediatamente al loro arrivo. A differenza di
Auschwitz, l� non si svolgeva alcun lavoro. Treblinka esisteva solo per
uno
scopo: lo sterminio'' (33-34).

2. La Croazia Indipendente di Ante Pavelic

La dittatura croata si macchi� di gravi crimini, ``tra cui gli orribili
massacri di serbi, ebrei e zingari nel corso dei quattro anni [in cui
stette
in piedi il regime]: mezzo milione di civili innocenti trucidati per
ordine
personale [di Pavelic]. Molti erano stati giustiziati con metodi da
pieno
Medioevo: erano stati cavati loro gli occhi, recise le membra, strappati
gli
intestini e gli altri organi interni dai corpi ancora vivi. Alcune
persone
furono massacrate come bestie: venne tagliata loro la gola da un
orecchio
all'altro con coltelli speciali. Altre morirono in seguito a colpi di
maglio
sulla testa. In numero ancora maggiore furono semplicemente bruciate
vive''
(80).

``Durante i primi mesi del regime di Pavelic furono massacrate circa
150.000
persone di fede serbo-ortodossa. In molti casi -� un fatto documentato-
fu
offerta loro la salvezza se avessero rinunciato alla loro fede per
divenire
cattolici'' (92). ``Le conversioni forzate [venivano celebrate] da preti
cattolici sotto l'attento controllo di unit� di polizia ustascia armate
fino
ai denti. Su tali cerimonie incombeva la minaccia di morte, poich� i
contadini serbi erano perfettamente a conoscenza dei massacri condotti
da
quelle stesse unit� nelle zone limitrofe'' (106). A dirigere le
conversioni
forzate era padre Draganovic (106).

3. Le posizioni del Vaticano e dell'Occidente durante la guerra

``Nell'aprile del 1943 [...] il Foreign Office e il Dipartimento di
Stato
temevano entrambi che il Terzo Reich fosse disposto a fermare le camere
a
gas, a svuotare i campi di concentramento e a lasciare che centinaia di
migliaia (se non milioni) di superstiti ebrei emigrassero in Occidente''
(21).

Anche il papa, sebbene ne fosse a conoscenza, tacque sull'olocausto:
``Il
terribile silenzio da parte del Vaticano nei confronti degli ebrei si
accord� completamente con la politica occidentale'' (22). Tuttavia, a
fronte
dell'indifferenza degli anglo-americani, per lo meno (magra
consolazione)
``il papa tacque in pubblico, ma in segreto aiut� alcuni ebrei'' (24).

Fu tramite il Vaticano, inoltre, che nel 1944 le SS cercarono di
``stabilire
contatti [...] con le potenze occidentali'' per convincerle a ``troncare
i
rapporti con Stalin e a unirsi alla Germania nella lotta contro i
bolscevichi'' (25).

``Durante la guerra il Vaticano non si era pronunciato pubblicamente
riguardo alle atrocit� compiute dai sovietici e dai tedeschi'' (qui
Aarons e
Loftus mettono Hitler e Stalin sullo stesso piano, cosa molto
discutibile,
dato che Hitler uccise 11 milioni di civili innocenti, met� dei quali
erano
ebrei). Ma nel 1945, a guerra perduta per i nazisti, papa Pio XII
``capovolse la sua politica e decise che era giunto il momento di levare
la
voce della Chiesa contro i crimini commessi da Stalin'', mentre continu�
a
tacere quelli commessi da Hitler, approvandoli tacitamente (27).

Per ulteriori note sull'olocausto, leggere il numero di Storia
Illustrata
citato in bibliografia.

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Geopolitica vaticana

L'interesse secolare della Chiesa � sempre stato quello
dell'evangelizzazione, ossia della trasformazione in cattolici di quanti
pi�
uomini sia possibile, e la contrapposizione a tutte le altre filosofie o
religioni. In questo modo il Vaticano si assicura un vero e proprio
controllo politico su territori e nazioni. Il papato ha dunque una sua
politica estera che � ben definita, anche se per molti non percettibile:
``Pensano in termini di secoli e fanno piani per l'eternit�; questo
rende la
loro politica inevitabilmente imperscrutabile, disorientante e, in certe
occasioni, riprovevole per le menti pratiche e condizionate dal tempo''
(lettera dell'ambasciatore inglese Sir D'Arcy Osborne, marzo 1947,
riportata
nell'epigrafe).

``Era desiderio del Vaticano aiutare chiunque a prescindere dalla sua
nazionalit� o dalle sue opinioni politiche, fintantoch� quella persona
possa
dimostrare di essere cattolica. Il Vaticano giustifica inoltre la sua
partecipazione col desiderio di introdursi non soltanto nei paesi
europei,
ma anche in quelli latino-americani, attraverso persone di qualsiasi
convinzione politica, purch� anticomuniste e favorevoli alla Chiesa
Cattolica'' (57).

L'obiettivo del papa per l'Europa era molto semplice: ``la creazione di
un
grande Stato federale danubiano'' che raggruppasse le nazioni cattoliche
d'Europa centrale (60), insomma in un certo senso un ritorno ai bei
tempi
del potere temporale della Chiesa; la creazione di una nazione sulla
quale
il pontificato possa esercitare la sua autorit�. In questo quadro, �
fondamentale la posizione della Croazia: ``La Santa Sede considerava la
Croazia come la frontiera della cristianit�; tra la Croazia e il papa
esisteva un rapporto particolare che risaliva al 700 d.C.'' (80). ``La
Croazia � una delle nazioni pi� benvolute dalla Chiesa, un baluardo
cattolico contro gli scismatici ortodossi'' (66). ``Nell'isterismo che
caratterizz� i primi anni della guerra fredda, il Vaticano considerava
la
Croazia come la propria roccaforte nei Balcani'' (136).

Per raggiungere i suoi scopi, il papa opt� per lo spionaggio (29) e sul
reclutamento di ex-nazisti per combattere i comunisti, cio� coloro che
gli
contendevano i territori dell'Unione Danubiana (32). Il Vaticano cerc�
anche
di riutilizzare l'organizzazione clandestina costituita durante la
guerra
dai disertori dell'esercito russo in Germania ed in Austria: Estoni,
Lituani, Cechi e altri cittadini di cultura prevalentemente cattolica
(30-31). ``Per essere ammesso, ogni membro doveva prestare giuramento di
fedelt� alla Chiesa, impegnandosi a a metterne gli interessi al di sopra
persino della propria nazione di appartenenza'' (31).

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Geopolitica europea

Le potenze europee avevano dei progetti molto simili a quelli del
papato:

1. Francia

``Non appena cessarono le ostilit�, De Gaulle indisse un'agguerrita
campagna
per ottenere la simpatia dei popoli dell'Europa orientale. Il suo scopo
era
quello di creare un contraltare ai piani inglesi. [...] Il leader
francese
riteneva infatti che fosse necessario prepararsi a una nuova guerra
contro
Stalin per ristabilire il "legittimo" ruolo della Francia nella
regione''
(62). De Gaulle aveva allacciato stretti contatti con il Vaticano,
tramite
il cardinale francese Tisserant (63).

``De Gaulle voleva l'aiuto del papa per creare una confederazione
europea
che riunisse, tra gli altri, i cattolici di Spagna, Francia, Italia,
Austria, Germania, Polonia, Ungheria, Slovacchia, Croazia, Slovenia e
Stati
baltici. [...] La Francia avrebbe dovuto firmare dei trattati di
amicizia
con la Spagna e con l'Italia, stabilendo cos� un potente triangolo che
avrebbe ricevuto in seguito, grazie all'influenza del papa, l'aiuto
degli
stati cattolici sudamericani'' (63).

La riuscita di questo triangolo era legata a quella della ``creazione di
uno
stato federale della Germania cattolica, separato dalla maggioranza
protestante. L'ultimo anello del piano di De Gaulle era rappresentato da
una
Confederazione Pandanubiana Cattolica dell'Europa centrale. Un'alleanza
con
la Polonia e con gli Stati baltici avrebbe permesso agli slavi cattolici
di
staccarsi dai loro compatrioti ortodossi e protestanti assicurando il
crollo
della Jugoslavia, della Cecoslovacchia e di gran parte dell'Unione
Sovietica'' (63).

In poche parole, la Francia auspicava esattamente quello che � accaduto
negli ultimi anni!

2. Gran Bretagna

``Gli Inglesi erano convinti che presto sarebbe scoppiata la guerra
contro i
sovietici'' (65). Il premier inglese Winston Churchill stava portando
avanti
sin dagli inizi del 1944 la politica di ``creare una confederazione di
nazioni dell'Europa centrale sotto l'influenza di Londra. Quando fin� la
guerra il SIS lanci� una sofisticata operazione spionistica per
reclutare
gli emigrati politici dell'Europa centrale e orientale. Il SIS mirava ad
istituire un'unione politica contro il bolscevismo e a fornire un aiuto
materiale con lo scopo di attirare gli esuli nella sfera d'influenza
inglese
per operazioni di controspionaggio antisovietico e paramilitari. Gli
inglesi
avevano anche istituito delle logge massoniche tra gli esuli, attraendo
in
tal modo i pi� importanti leader balcanici'' (64).

Padre ``Draganovic cominci� a far pressioni sugli inglesi in favore
della
Confederazione Pandanubiana agli inizi del 1944, quando consegn�
all'ambasciatore inglese presso il Vaticano una lunga nota, con cui
inoltrava proposte fatte da alti ministri ustascia a Zagabria'' (66).

3. Gli intrighi degli Inglesi

Il dato che emerge � la rivalit� che c'era subito dopo la fine della
guerra
fra Londra e Parigi, entrambe nel tentativo di controllare l'Europa
centrale. Tuttavia le loro politiche si concretizzavano in piani molto
simili, e simili a quelli del papato: essenzialmente l'idea della
Confederazione Danubiana. Molto presto gli inglesi riuscirono a togliere
l'iniziativa ai francesi. ``Alla fine dell'estate 1946 i servizi segreti
inglesi avevano ottenuto un innegabile predominio sui rivali francesi''
(65).

``Esisteva almeno un importante punto di accordo tra Parigi e Londra: si
sarebbero dovuti escludere gli Stati Uniti da queste operazioni
clandestine.
Fu adottato lo slogan "l'Europa agli Europei, senza Russi n� Americani.
Facciamo combattere gli Stati Uniti contro i Russi e sfruttiamo la
vittoria"'' (65).

Gli inglesi ``avevano fatto infiltrare alcuni agenti tra gli emigrati
politici, istituendo cos� dei centri spionistici a Graz e a Klagenfurt,
nella zona austriaca [da loro] controllata'' (64). ``Gli inglesi diedero
assistenza persino ai nazisti e agli ustascia e, fin dall'inizio,
costituirono centri militari e terroristici tra tutti i profughi
balcanici.
Avevano fretta e non volevano perdere tempo, per cui ebbero presto una
magnifica organizzazione che si estendeva fino alle parti pi� remote dei
Balcani'' (65).

``John Colville, del Foreign Office, [...] ammise di aver permesso
deliberatamente a molti fanatici ustascia di sfuggire alla giustizia''
(111). ``Nel maggio del 1945, gli inglesi avevano riconsegnato molti
croati
relativamente innocenti nelle mani del governo comunista di Tito,
destinandoli a una morte sicura. Invece molti criminali di guerra
colpevoli
di orrendi delitti erano fuggiti'' (98). ``Avvalendosi dei seguaci di
Pavelic, gli inglesi avevano intenzione di rovesciare il governo
comunista
di Belgrado. Alcuni simpatizzanti americani collaboravano gi� a queste
operazioni senza autorizzazione ufficiale'' (94).

``La maggior parte delle volte, le operazioni occidentali [di arresto
dei
criminali di guerra] facevano fiasco in maniera spettacolare. La ragione
di
questo era molto semplice. Interi settori delle autorit� alleate
collaboravano, in realt�, con il Vaticano per garantire che a molti
fuggiaschi fosse permesso di partire di nascosto da Genova. Un
diplomatico
statunitense scopr� che le potenze occidentali erano apparentemente
conniventi con il Vaticano e con l'Argentina per portare al sicuro in
quest'ultimo paese persone colpevoli di crimini di guerra. Le cose
stavano
effettivamente cos�. Sia Washington sia Londra erano scese a patti con
la
Santa Sede per aiutare molti collaboratori dei nazisti a emigrare verso
il
sistema di espatrio clandestino messo a punto da Draganovic. Il Vaticano
veniva cinicamente usato come copertura per la condotta immorale
dell'occidente'' (119).

``In quel periodo si poteva quasi parlare di cariche dirigenziali
interdipendenti tra i servizi segreti occidentali e il Vaticano'' (123).

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Intermarium

Intermarium era una ``rete ben organizzata di emigrati politici nazisti
dell'Europa centrale e orientale, la quale riceveva segretamente
sostegno da
parte di una piccola ma potente congrega di cui faceva parte lo stesso
Pio
XII'' (59). Le radici di quest'organizzazione anticomunista risalivano
``agli anni Venti, [...] sorta a partire da un cosiddetto gruppo di
esuli
russi bianchi che fuggirono a Parigi in seguito alla presa del potere da
parte dei bolscevichi'' (59).

``L'Intermarium proclamava la necessit� di una potente Confederazione
Anticomunista Pandanubiana, composta per la maggior parte dalle nazioni
cattoliche dell'Europa centrale. Prima della guerra, essa aveva ricevuto
grandi aiuti dai servizi segreti francesi e inglesi per operazioni
anticomuniste. [Nella fase prebellica] lo scopo dell'Intermarium era
quello
di creare un cordon sanitaire sia contro i russi sia contro i tedeschi''
(60).

Durante la guerra era stata uno ``strumento nelle mani dei servizi
segreti
tedeschi: [...] nel 1939 la maggior parte dei capi dell'Intermarium
aveva
unito le proprie sorti a quelle di Hitler. Dopo la guerra, riuscirono a
non
farsi punire aiutando gli inglesi contro i sovietici'' (71).

``Il Vaticano aveva appoggiato [le operazioni relative
all'organizzazione di
movimenti clandestini contro i russi] lavorando ufficiosamente con i
francesi e con gli inglesi affinch� dopo la seconda guerra mondiale
l'Intermarium tornasse in attivit�'' (61). ``La grande maggioranza dei
capi
dell'Intermarium era composta da ex-capi fascisti che lavoravano per i
servizi segreti inglesi o francesi'' (67).

``Per iniziativa di Rohracher, [arcivescovo di Salisburgo,] il vescovo
di
Klagenfurt indisse un incontro per discutere l'opportunit� di riunire,
in
questa Confederazione [Pandanubiana] le nazioni cattoliche dell'Europa
centrale. Oltre a Rohracher e al vescovo di Klagenfurt, parteciparono
all'incontro anche i vescovi Gregory Rozman di Lubiana e Ivan Saric di
Sarajevo. Questi ultimi due prelati erano stati collaboratori entusiasti
dei
nazisti'' (136).

Il presidente di Intermarium era lo sloveno Miha Krek (67).. Il
principale
organizzatore era l'ungherese Ferenc Vajta. Secondo quest'ultimo,
occorreva
``una Confederazione Danubiana in cui venisse riconosciuta la libert� di
tutti i popoli attraverso una democrazia sana e tradizionale. [Secondo
lui
era] giunto il momento di creare la grande unit� europea e una
Confederazione Pandanubiana composta da popoli aventi la stessa cultura
e le
stesse tradizioni'' (72).

``Sotto la direzione francese, Vajta form� dei centri spionistici ad
Innsbruck, Friburgo e Parigi. Gli emigrati politici viaggiavano coi
documenti dell'Etat Majeur, cos� da poter andare in giro in tutta
sicurezza
e costituire una sofisticata rete di spionaggio'' (62). Erano coinvolti
anche i gesuiti, ``come agenti chiave del Vaticano, coinvolti in un
programma di penetrazione all'interno di zone occupate dai comunisti''
(68).

``Molti personaggi di spicco dell'Intermarium guidavano i corpi
d'emigrazione patrocinati dal Vaticano:'' il vescovo Hudal, padre
Draganovic, monsignor Preseren, il vescovo Bucko, e padre Gallov (68).

Il CIC, servizio segreto americano, indagando trov� ``tracce di questa
confederazione pandanubiana nella rinascita postbellica del movimento
ustascia. Formatosi alla fine degli anni Venti, questo gruppo fascista
aveva
condotto, negli anni Trenta, una campagna terroristica a livello
internazionale. Poi, durante la guerra, fu messo al potere in Croazia
dai
nazisti e procedette allo sterminio di centinaia di migliaia di civili
innocenti. Il 25 giugno, soltanto sette settimane dopo la conclusione
della
guerra, gli ustascia si erano messi in contatto con la missione papale a
Salisburgo, nella zona dell'Austria controllata dagli Stati Uniti.
Chiedevano l'assistenza del papa per creare un altro Stato croato
indipendente, o almeno un'unione adriatico-danubiana in cui la Croazia,
secondo le leggi di natura, avrebbe potuto avere la possibilit� di
svilupparsi'' (60).

Intermarium sfoci�, fra le altre cose, nel movimento dei krizari, ossia
un'organizzazione di terroristi croati, reclutati nelle file degli
ex-ustascia, al fine di destabilizzare la Federazione di Jugoslavia
(136).

In Italia, il referente politico era la Democrazia Cristiana (68).

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Strategia americana

Secondo Ferenc Vajta, dopo la guerra i servizi segreti americani
avrebbero
assoldato ``soltanto ebrei: sovietofili e idioti'', credendo i
"profughi"
dei paesi cattolici dell'Europa centrale essere ``tutti nazisti, tutti
collaboratori, traditori e gente con cui non si poteva lavorare'' (72).
Questo era il motivo per cui i migliori esperti dell'Intermarium si
misero a
disposizione dei servizi francesi ed inglesi, i quali a differenza degli
americani li accolsero ``a braccia aperte''. La conseguenza per gli USA
fu
la perdita del controllo delle attivit� spionistiche in Austria e
Germania
(72).

Nel 1947, Vajta tent� di ottenere l'inversione di questa politica
americana,
cercando di convincere l'agente del CIC Gowen: ``ne abbiamo abbastanza
dei
piccoli intrighi inglesi e francesi. Ora, finalmente, � giunto il
momento di
riorganizzare l'Europa orientale in modo che la pace sia fruttuosa.
[...]
Gli inglesi e i francesi non ci possono pi� aiutare economicamente, ma
gli
Stati Uniti possono farlo'' (72).

Alcuni agenti americani stavano gi� collaborando con gli inglesi al
piano
per rovesciare il governo comunista di Belgrado avvalendosi dei seguaci
di
Pavelic, ma questo avveniva senza autorizzazione da parte dei comandi a
Washington (94). ``Nei primi giorni di luglio 1947, invece, Gowen
cominci� a
sostenere energicamente che i servizi segreti americani avrebbero dovuto
assumere il controllo dell'Intermarium; non molto tempo dopo, il
funzionario
del CIC smise di dare la caccia ai nazisti, ed incominci� piuttosto ad
ingaggiarli'' (70). In particolare, gli americani rinunciarono a portare
a
compimento l'arresto di Ante Pavelic, marcando cos� la conclusione della
loro alleanza con Vajta (92).

Nel settembre 1947, gli Stati Uniti aiutarono Vajta a fuggire
dall'Italia
verso la Spagna, e gli promisero ``che, se l'ungherese fosse riuscito ad
organizzare un nuovo movimento, avrebbe avuto a disposizione i fondi
statunitensi'' (74).

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L'Unione Continentale

Nell'autunno 1947 ``Vajta decise di fondare un nuovo gruppo
anticomunista,
che battezz� Unione Continentale. Il suo scopo era quello di togliere
all'Intermarium, controllato dagli inglesi, i capi degli immigrati
politici,
per attirarli nell'orbita di Washington'' (74-75).

Vajta e Gowen ``ricevettero anche l'aiuto di un alto sacerdote cattolico
ungherese, monsignor Zolt�n Ny�sztor. [...] Ci� consent� loro di
procurarsi
il sostegno del nunzio papale a Madrid, che giunse in loro aiuto con una
lettera dai toni accesi di quattro pagine, indirizzata al ministro degli
esteri [spagnolo] Artajo, avvertendo che l'Intermarium aveva subito
delle
infiltrazioni da parte della massoneria francese e inglese. In seguito
all'intervento diplomatico del Vaticano, Artajo ordin� ai suoi
funzionari di
aiutare Vajta e la sua Unione Continentale'' (75).

Insieme al suo ``vecchio amico'' Marjan Szumlakowski, Vajta intavol�
``dei
negoziati con alti funzionari del governo del generale Franco, il cui
risultato fu l'istituzione di un nuovo centro di emigrati politici a
Madrid'' (75). Gli uomini dell'Unione Continentale avevano ``libero
ingresso
in Spagna [...] in cambio di informazioni segrete sulle operazioni
sovietiche'' (75).

Erano stati stabiliti contatti con l'arcivescovo di Toledo (68). Era
inoltre
coinvolto anche Joaquin Ruiz-Gim�nez, il quale poco dopo ``venne
nominato
ambasciatore del generale Franco presso la Santa Sede'' (75). L'istituto
culturale spagnolo diretto da Gim�nez costituiva la copertura ai
finanziamenti governativi spagnoli (75).

L'Unione Continentale mor� nel 1948, quando Vajta fu arrestato negli
Stati
Uniti (77).

(1/6 - continua)

---

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L'ex capo dello Stato � stato arrestato con l'accusa
di aver messo in piedi un traffico d'armi con Croazia
ed Ecuador

Argentina, in manette l'ex presidente Carlos Menem

Si � presentato dal giudice ma non ha voluto
rispondere alle sue domande. Andr� ai domiciliari

BUENOS AIRES - L'ex presidente argentino Carlos Menem � stato
arrestato con l'accusa di aver venduto illegalmente armi alla
Croazia e all'Ecuador: un traffico che si sarebbe svolto nel
periodo compreso tra il 1991 e il 1995...

> http://www.marx2001.org/crj/DOCS/rojnica.html

Argentina: vecchi camerati arruolano mercenari per la Croazia

di Gary Weber
(tratto da "WoZ-die Wochenzeitung", n.29 del 23/7/1993, Zurigo, CH)

Nessun cartello e nessuna bandiera danno ad intendere che in un
grattacielo della via C�rdoba, al n.
679, nel centro di Buenos Aires, si svolge un pezzetto di guerra dei
Balcani. Al secondo piano,
nascosto al termine di un lungo corridoio, un foglietto scritto a mano
sta appeso dietro al
campanello: dice semplicemente "Croacia". Solo un paio di giorni fa,
secondo una vicina,
campeggiava sulla porta un rappresentativo cartello con la dicitura:
"Ambasciata Croata". Poi per�
ci sono state questioni, e lo hanno rimosso. Infatti nel Corpo
Diplomatico dell'Argentina non esiste
alcuna Ambasciata croata, n� alcun Ambasciatore croato [l'articolo
risale al 1993, n.d.crj].

O almeno non ancora. Il Presidente Menem spinge per il riconoscimento
del nuovo Stato e vuole
che sia nominato Ambasciatore il suo vecchio compare Ivo Rojnica. Egli
ha con lui un debito di
gratitudine, visto che il croato avrebbe sostenuto con forza il
peronista nella battaglia elettorale.
Rojnica entra ed esce dalla residenza presidenziale, sempre pi� preso
negli ultimi giorni dalle
preoccupazioni. La stampa gli d� la caccia e cerca, invano finora, di
cavargli un commento sulle
ultime rivelazioni. La comunit� ebraica di Buenos Aires accusa Rojnica
di essere stato "complice
attivo ed esecutore della volont� dei nazisti" - secondo il "Semanario
Israelita", che esce nella
capitale. Il settimanale ebraico cita una disposizione degli Ustascia,
emanata nella citt� di
Dubrovnik il 25 maggio 1941, che impone il coprifuoco tra le 19 e le
sette del mattino per gli ebrei
e per i serbi. Questa disposizione porta la firma di Rojnica. Fintanto
che le acque non si sono
placate, il Senato, dal quale dipende la nomina dell'Ambasciatore, non
vuole prendere alcuna
decisione.

Gli Ustascia governarono la Croazia insieme all'Italia e alla Germania
dal 1941 al '45. Per quanto
di loro competenza essi presero parte alla persecuzione dei partigiani,
dei serbi e degli ebrei. Ante
Pavelic, fondatore degli Ustascia (1) e capo del governo della Croazia
nazista, dopo la
capitolazione della Germania di Hitler scapp� nell'Argentina di Juan
Per�n, travestito da frate
francescano, con l'aiuto del Vaticano. Anche Rojnica nell'Europa del
dopoguerra temette la
giustizia alleata. In principio si rifugi� a Trieste. Ma l� fu
arrestato, dopo che una delle sue vittime,
una ebrea, lo ebbe riconosciuto. I suoi commilitoni ustascia lo fecero
scappare dal carcere e lo
condussero lungo le cosiddette "linee dei topi" fino alla sicura
Argentina. Di l� Pavelic e Rojnica
proseguirono le loro attivit� ustascia, tra l'altro pubblicando a Buenos
Aires la "Gazzetta Croata".

Dopo la caduta di Per�n, negli anni cinquanta, Pavelic ebbe delle
difficolt�. La Jugoslavia lo aveva
accusato di essere responsabile della creazione di 22 campi di
concentramento e dell'assassinio di
un milione di serbi e 60mila ebrei, e ne aveva chiesto la estradizione
al governo argentino. In
effetti la estradizione fu negata nel 1957. Dopo essere scampato ad un
attentato, il "Duce", come si
definiva lui stesso, riusc� a portarsi nella Spagna di Franco, dove mor�
nel 1959.

Rojnica rimase a Rio de la Plata, e divenne una delle maggiori figure
dell'imprenditoria tessile del
paese. Secondo il quotidiano "P�gina 12", egli avrebbe fornito dieci
milioni di dollari ai suoi
fratelli croati per l'acquisto di armi.
Per� dall'Argentina i vecchi camerati non inviano soltanto denaro.
Nell'ufficio della via C�rdoba
si � indaffarati anche a reclutare mercenari, compito questo del quale
si occupa in special modo
Domagoj Antonio Petric, che ufficialmente appare come l'addetto-stampa
della ipotetica
Ambasciata. La "mano destra" di Rojnica appartenne per dieci anni al
Battaglione n.601 del
servizio segreto militare, ai tempi della dittatura argentina dei
Generali, tristemente noto per la
pratica della tortura. Tra i suoi ex-colleghi, Petric � soggetto ad una
particolare attenzione, poich�
la maggior parte di loro non ha mai appreso un vero mestiere, a parte la
"guerra sporca", ed �
pertanto oggi disoccupata. Particolarmente entusiasti per il nuovo
compito nella ex-Jugoslavia
sono i cosiddetti "carapintadas", l'ala fascista interna all'esercito,
cui sono dovute svariate rivolte
contro il governo. I legionari vengono preparati al loro intervento in
Bosnia-Erzegovina in un
campo di addestramento segreto, a Villa Alpina, distante circa 700 km.
da Buenos Aires.

Finora sono stati inviati in Croazia 329 mercenari argentini. Secondo
fonti argentine, 34 di loro
sono gi� morti. Generalmente i combattenti vengono imbarcati su voli di
linea diretti a Roma o a
Budapest, di qui essi sono condotti a Zagabria in pullman. Il metodo di
inviare Caschi Blu
argentini nelle zone di guerra si � rivelato particolarmente economico.
Tanti soldati, sottoposti dal
governo Menem al comando dell'ONU, svolgono nel frattempo il loro
servizio nelle file della
legione straniera croata.

(1) Il fondatore del movimento Ustascia fu in realt� Ante Starcevic,
morto nel 1896, che riteneva i
serbi "carne da macello" (cfr. Karlheinz Deschner, "Die Politik der
P�pste im XX Jahrhundert",
ed. Rowohlt, Leck (RFT) 1991 [n.d.crj]


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(2/6 - continua)

> http://www.citinv.it/iniziative/info/ratlines.html

La rete di fuga dei criminali di guerra
tedeschi

I conventi, gli istituti religiosi e le organizzazioni caritatevoli
costituivano nel 1945 la rete attraverso la quale i nazisti poterono
sfuggire ai tribunali:

``Alcuni dei criminali di guerra pi� ricercati passarono
da Rauff, a Milano, al vescovo Hudal nel Pontificio
Collegio di Santa Maria dell'Anima a Roma, per finire
poi dall'arcivescovo Siri a Genova. Qui s'imbarcarono su
delle navi e salparono verso una nuova vita in
Sudamerica'' (48).

La rete era stata predisposta con un certo anticipo: Hudal incontr�
Walter Rauff, assassino di circa 100.000 persone uccise nei furgoni a
gas mobili, fin dalla primavera del 1943 (41). In quell'occasione
``furono stabiliti i primi contatti [...] che avrebbero portato, infine,
all'istituzione, da parte di Hudal, di una rete per l'espatrio
clandestino dei criminali nazisti'' (42).

``A seguito del crollo effettivo dell'esercito tedesco in Italia, Pio
XII
avvi� una campagna per ottenere il diritto di inviare i suoi
rappresentanti personali in visita alle decine di migliaia di
prigionieri
di guerra e internati civili che allora si trovavano nei campi
italiani'',
con particolare riferimento a quelli di lingua tedesca (43-44).
Ottenuto tale diritto, fu nominato ``per prestar soccorso alla
popolazione nemica sconfitta [il vescovo antisemita] Hudal'' (44). La
scelta ebbe il complice avallo degli Americani, che ``sapevano tutto
sulle convinzioni politiche del vescovo austriaco'' e il cui servizio
segreto aveva redatto un dossier sul libro filonazista che costui aveva
pubblicato nel 1936 (45).

``Senza la diretta intercessione diplomatica del Vaticano [egli] non
sarebbe mai riuscito a entrare in contatto con tanti criminali di
guerra nazisti'' (45).

Lo stesso Hudal, molti anni pi� tardi scrisse:

``Ringrazio Dio per avermi permesso di visitare e
confortare molte vittime nelle loro prigioni e nei campi di
concentramento e di aiutarle a fuggire con falsi
documenti di identit�.

[...] La guerra intrapresa dagli alleati contro la Germania
non fu motivata da una crociata, bens� dalla rivalit� dei
complessi economici per la cui vittoria essi avevano
combattuto. Questo cosiddetto business [...] si serv� di
slogan come democrazia, razza, libert� religiosa e
cristianesimo quali esche per le masse. Tutte queste
esperienze mi fecero sentire in dovere, dopo il 1945, di
dedicare la mia opera caritatevole principalmente ad
ex-nazionalsocialisti ed ex-fascisti, soprattutto ai
cosiddetti "criminali di guerra"'' (45).


Hudal era in grado di fornire qualsiasi tipo di documenti falsi: ``carte
d'identit� italiane, falsi certificati di nascita, persino dei visti per
il
paese verso cui si era diretti. I pi� utili erano i passaporti della
Croce
Rossa Internazionale'' (48).

``La Santa Sede patrocinava il traffico illecito di documenti della
Croce Rossa, ottenuti con un falso nome o una falsa nazionalit�. [...]
Il
perno di questa operazione era il prete ungherese Gallov'' (52).

I passaporti e documenti di identit� e di viaggio occorrenti per aiutare
i suoi amici nazisti erano forniti al vescovo Hudal da Montini tramite
la Commissione Pontificia di Assistenza ai profughi e la Caritas
Internazionale (43).

Il traffico illecito di documenti della Croce Rossa era noto ai servizi
segreti americani (49), ed anche il fatto che il Vaticano stava
agevolando la fuga di criminali di guerra, come � scritto nel
"Rapporto La Vista" del 1947: vi erano elencate ``pi� di venti
organizzazioni assistenziali vaticane implicate nell'emigrazione
illecita o sospettate di esserlo. In cima alla lista degli ecclesiastici
coinvolti c'era l'onnipresente vescovo Hudal'' (50). ``I burocrati di
Washington decisero, alla fine, di inoltrare soltanto una protesta
discreta e molto informale presso la Santa Sede'' (53). ``Il
Dipartimento di Stato sembrava preoccuparsi maggiormente del fatto
che i documenti falsi potessero inavvertitamente aiutare degli ebrei
diretti in Palestina o degli agenti segreti comunisti [...] diretti
verso
l'emisfero occidentale'' (53).

Inoltre il capitale privato americano aveva preso, autonomamente
rispetto al proprio governo, l'iniziativa di finanziare
quest'emigrazione illegale (54).


Le azioni di Hudal a favore dei nazisti non passarono inosservate, ed
una serie di articoli apparsi sulla stampa italiana nel 1947 fecero
scoppiare uno scandalo, mettendo in cattiva luce persino Pio XII (54).
Hudal fu costretto a ritirarsi, ma non per questo termin� il traffico:
``da quel momento vennero prese misure straordinarie per nascondere
i percorsi di fuga dei nazisti'' (55).

La rete fu riorganizzata meglio, e sempre con l'autorizzazione di alti
funzionari ecclesiastici: ``Il Vaticano sceglieva, per questo lavoro,
dei
preti fascisti dell'Europa Centrale'' (55).


La rete di fuga di Hudal era inserita nell'organizzazione nota con la
sigla ODESSA - Organisation der Ehemaligen SS Angeh�rigen
(organizzazione degli ex-appartenenti alle SS). Troviamo ulteriori
annotazioni nell'articolo "I segreti della ODESSA" su Storia
Illustrata:

``Segnando un giorno su un mappamondo gli itinerari percorsi nella
loro fuga da alcuni tra i maggiori criminali nazisti, Simon Wiesenthal
[un sopravvissuto del campo di concentramento di Mauthausen,
diventato poi cacciatore di nazisti e direttore del Centro di
Documentazione di Vienna sull'olocausto] si accorse che seguivano
grosso modo tre direttrici principali. Il primo di questi itinerari
conduceva dalla Germania in Austria, poi in Italia e di qui in Spagna.
Il secondo collegava la Germania con i paesi arabi, il terzo con il Sud
America, precisamente con l'Argentina. Questo paese infatti, fino al
1955 -l'anno in cui cadde la dittatura di Per�n- fu uno dei rifugi
preferiti dei criminali nazisti che in seguito si indirizzarono verso il
Paraguay.

Wiesenthal constat� che molte fughe, iniziate nelle pi� diverse citt�
tedesche, convergevano verso Memmingen, un centro medievale nel
cuore dell'Allg�u (regione della Germania meridionale, tra la
Baviera e il W�rttemberg); da qui i fuggiaschi si dirigevano a
Innsbruck e, attraverso il Brennero, passavano in Italia.

[...] Alla fine della guerra, in piena occupazione alleata, era sorta in
Germania una serie di reti di contatto tra i nazisti chiusi in carcere e
gruppi clandestini che facevano capo a ex-gerarchi i quali vivevano
nascosti sotto falsi nomi. Gi� molto tempo prima del crollo del Terzo
Reich, infatti, i capi nazisti avevano ricevuto dal partito documenti di
identit� con nomi falsi e stabilito dei codici segreti da usare in caso
di
necessit�.

[...] Le due principali vie di fuga andavano da Brema a Roma e da
Brema a Genova. Lungo tutto il confine austro-tedesco, nel distretto
di Salisburgo e in Tirolo, ogni 60 o 70 km di percorso c'era uno scalo
costituito da un massimo di cinque persone, le quali conoscevano
soltanto l'ubicazione dei due scali pi� vicini: quello da cui
giungevano a loro i fuggiaschi e quello a cui dovevano indirizzarli.
Questi scali erano mimetizzati nei luoghi pi� fuorimano: capanne
isolate, fattorie vicine ai confini, locande nascoste in mezzo ai
boschi.
Qui i fuggiaschi giungevano accompagnati dai "corrieri", persone che
si occultavano sotto le pi� impensate attivit�.

Tra questi corrieri, ad esempio, c'erano molti degli autisti tedeschi
che gli Alleati avevano assunto per guidare sull'autostrada
Monaco-Saliburgo i camion militari adibiti al trasporto del giornale
dell'esercito americano "The Stars and Stripes". Cos�, spesso, nascosti
dietro pacchi di giornali, viaggiavano criminali nazisti. Questi poi,
con documenti falsi e talvolta accompagnati da donne e bambini che
per sviare l'attenzione delle autorit� di frontiera si dichiaravano loro
parenti, riuscivano a varcare il confine.

[...] Fu grazie all'ODESSA -afferma Wiesenthal- che Bormann,
Eichmann, Mengele e altri, riuscirono a fuggire dalla Germania e a
far perdere cos� bene le loro tracce.

In seguito, da altre fonti, Wiesenthal apprese che uno dei principali
organizzatori dell'ODESSA era un ex-capitano delle SS: Franz
R�stel, che si nascondeva sotto il nome di Haddad Said, viaggiava con
passaporto siriano e faceva la spola da Lindau a Zurigo o Ginevra e
da qui verso la Costa Brava, in Spagna (altro rifugio prediletto dagli
ex-nazisti), l'Oriente, il Sud America. Scopr� anche che l'ODESSA si
era valsa pi� volte, tra l'Italia e l'Austria, della cosiddetta via dei
conventi, servendosi cio� di case religiose, soprattutto di frati i
quali,
per carit� cristiana, davano ospitalit� per qualche ora o per qualche
giorno ai fuggiaschi, come in passato avevano accolto gli ebrei
braccati dai nazisti.''

L'ODESSA era finanziata con i fondi degli ``industriali della
Renania e della Ruhr, che nel 1933 erano stati i sostenitori di Hitler,
[i quali] avendo compreso che la guerra era ormai perduta, avevano
deciso di buttare a mare il F�hrer. Si erano perci� accordati per
impedire che le ricchezze del Terzo Reich cadessero in mano agli
Alleati. Cos� cominciarono a trasferire cospicui fondi nei Paesi
neutrali, sotto la copertura di uomini di paglia che, con operazioni
commerciali legittime, diedero vita a colossali imprese.

Un rapporto pubblicato nel 1946 dal Dipartimento del Tesoro degli
Stati Uniti riferisce che le societ� create in tutto il mondo con il
denaro proveniente dai forzieri degli industriali nazisti erano allora
750, di cui 112 in Spagna, 58 in Portogallo, 35 in Turchia, 98 in
Argentina, 214 in Svizzera, 233 in vari altri paesi. Ma il segreto
bancario, inviolabile, copre questi trasferimenti di fondi e con essi i
nomi dei finanziatori dell'organizzazione ODESSA.''



La rete di fuga dei criminali di guerra
croati

``La maggior parte degli assassini non era neppure tedesca. Alla fine
della seconda guerra mondiale, c'erano decine di migliaia di europei
dell'Europa orientale e centrale che avevano collaborato con i nazisti
ed erano altrettanto colpevoli. Erano capi dei governi fantoccio
nazisti, funzionari municipali, capi di polizia e membri delle unit�
locali di polizia ausiliaria che avevano eseguito l'olocausto. Molti si
trovavano sulle liste nere degli alleati'' (97).

Fra gli stati fantoccio di Hitler vi era la Croazia indipendente,
governata dal movimento ustascia (fascisti croati) di Ante Pavelic. Se
la rete del vescovo Hudal era specializzata nella fuga dei criminali di
guerra tedeschi, esisteva una seconda rete specializzata negli ustascia.

``Padre Krunoslav Draganovic, segretario dell'Istituto Croato di San
Girolamo, era il principale organizzatore delle ratlines utilizzate da
noti criminali di guerra per sfuggire'' alla giustizia (85). ``Gli
ustascia furono i primi a beneficiare della protezione di Draganovic.''
Secondo gli storici ufficiali del Vaticano, infatti, si trattava di
"profughi croati" (98). La maggior parte dei fuggiaschi fin� per
trovare rifugio in Gran Bretagna, Canada, Australia e Stati Uniti (97).

Non era per puri fini umanitari che il Vaticano metteva in salvo
queste persone: ``Draganovic li reclutava per entrare a far parte dei
krizari'', e per utilizzarli in azioni terroristiche contro la
Federazione
Jugoslava (131).

Anche i fascisti sloveni fuggivano: ``nell'agosto del 1944 [...] gli
ecclesiastici sloveni stavano collaborando attivamente con i nazisti e
gi� operavano a stretto contatto con Draganovic per fornire assistenza
ai profughi'' (137).


``La Chiesa aveva conferito pieni poteri a Draganovic'' e, a dire di
padre Cecelja, ne approvava il lavoro (105).

``Una volta, all'inizio di marzo del 1946, il sacerdote croato si
appell� a eminenti figure ecclesiastiche in varie parti del mondo, tra
cui i cardinali Griffin e Gilroy in Inghilterra e in Australia,
richiedendo la loro assistenza. Poi fece pressioni sulla Segreteria di
Stato affinch� intervenisse ufficialmente. Infine, si rivolse
direttamente a Pio XII.

L'oggetto del suo appello erano duecento ex-miliziani ustascia e
numerosi membri delle scellerate divisioni SS Principe Eugenio e
Handzar. I primi erano slavi tedeschi, mentre i secondi venivano
raccolti tra la considerevole popolazione musulmana della Bosnia.
Entrambi i gruppi avevano commesso delle atrocit� contro civili
innocenti. Tra le altre persone difese da Draganovic, figuravano gli
ex-ministri del governo ustascia Dragutin Toth, Vjekoslav Vrancic,
Mile Starcevic, e Stjiepo Peric, come pure l'ex-capo dell'aviazione
Vladimir Kren. [...] Alcuni di questi uomini si nascondevano
all'interno dell'Istituto di San Girolamo o in Vaticano.

Il Vaticano ag� subito, sottoponendo questi casi all'attenzione dei
diplomatici inglesi e americani e raccomandando alla loro cortese
attenzione e considerazione l'appello di padre Draganovic. Fecero
seguito molti altri interventi diplomatici da parte del Vaticano, la
maggioranza dei quali in favore di uomini che avevano perpetrato di
recente l'olocausto nazista'' (126-127).


Come nel caso della rete di Hudal, i preparativi iniziarono con grande
anticipo. Sin dall'agosto 1943 Draganovic cominci� ad intercedere per
Ante Pavelic in Vaticano, e ad attuare ``i piani di Pavelic relativi
all'istituzione di un sistema per l'espatrio clandestino dei nazisti'',
coinvolgendo lo stesso papa Pio XII e ``alti funzionari della
Segreteria di Stato vaticana e dei servizi segreti italiani. Il suo
collegamento pi� importante era quello con monsignor Montini''
(66,98). Nel 1944, la ratline era gi� pronta per essere aperta (67).

``La maggior parte dell'organico [della ratline] era costituito da
sacerdoti croati'', la maggior parte dei quali erano legati alla
Confraternita di San Girolamo (107-108). ``Con l'aiuto di altri
ecclesiastici, fanatici nazionalisti croati, [la Confraternita] divenne
il
quartier generale delle ratlines'' (66).

``Sebbene Draganovic fosse noto ai diplomatici occidentali come
fanatico ustascia, i servizi segreti alleati gli diedero carta bianca''
per visitare i campi profughi, esattamente come avevano fatto con
Hudal (98-99).

``Nel maggio del 1945, servendosi di documenti di viaggio americani,
il sacerdote slavo si avventur� fuori di Roma. A bordo di
un'automobile americana, visit� l'Italia settentrionale e le zone
intorno a Klagenfurt e Villach, sul confine austro-jugoslavo. L� prese
contatto con i maggiori leader ustascia, nonch� con altri sacerdoti
fascisti che prendevano parte alle operazioni della ratline.

Il perno dell'organizzazione di Draganovic per l'espatrio clandestino
era la Confraternita di San Girolamo, che prendeva il nome
dall'omonimo istituto situato a Roma, in via Tomacelli 132, base
principale delle sue operazioni. Il comitato centrale della
confraternita era costituito da monsignor Juraj Magjerec, presidente e
rettore dell'Istituto, da padre Dominik Mandic, vicepresidente e
tesoriere, e dal suo assistente Vitomir Naletilic, nonch� naturalmente
da padre Krunoslav Draganovic, che ricopriva la carica di segretario.
La confraternita fu presto riconosciuta Comitato ufficiale croato della
Commissione Assistenziale Pontificia, il corpo papale di assistenza ai
profughi.

[...] In apparenza, il comitato croato offriva assistenza morale e
materiale ai profughi, ma attraverso la commissione pontificia
manteneva anche stretti collegamenti con la Croce Rossa
Internazionale e con le autorit� alleate in Italia. Draganovic aveva
rapporti particolarmente stretti con due ufficiali dei servizi segreti
occidentali, il colonnello C. Findlay, direttore della sezione profughi
e rimpatrio delle forze di occupazione, e il suo assistente, il maggiore
Simcock.

[...] Draganovic aveva anche stretti rapporti con importanti funzionari
italiani, specialmente col funzionario degli Affari Interni, Migliore,
che dirigeva il servizio segreto italiano e la sezione di polizia che si
occupava dei profughi in Italia. Draganovic raggiunse un accordo con
Migliore per ottenere ufficiosamente l'appoggio dell'Italia -in
particolare quello della sezione stranieri della questura- alla sua
ratline.

Attraverso questa ragnatela di influenti contatti, Draganovic costru�
una sofisticata organizzazione che si estendeva in Italia, in Austria e
in Germania. Il comitato croato della Commissione Profughi del papa
era in grado d'inviare i suoi agenti a far visita ai numerosi campi in
cui si erano rifugiati i criminali di guerra nazisti che cercavano di
fuggire. La maggior parte di questi agenti era costituta da sacerdoti
cattolici croati e, anche se gran parte del loro lavoro spirituale e
materiale consisteva nell'aiutare effettivamente i malati, gli invalidi,
le vedove e i veri profughi, c'era tempo in abbondanza per aiutare
anche i fuggiaschi'' (99-100).

Tra i fuggiaschi che ricevettero l'aiuto di Draganovic, il nome
eccellente � quello dell'ex-dittatore croato Ante Pavelic in persona.
``Nell'ambito dei servizi segreti occidentali, quasi tutti sapevano che
Draganovic stava proteggendo Ante Pavelic, che si nascondeva in
Vaticano. Inoltre, all'epoca, la ratline di Draganovic era nota a tutti
nell'ambito dei servizi segreti. Il sacerdote era tristemente noto per
il
suo vizio di aiutare i criminali di guerra a fuggire'' (123). Del resto,
gli anglo-americani non si limitavano a lasciarlo fare. ``Draganovic
faceva regolarmente visita al quartier generale dell'esercito e dei
servizi segreti a Roma, dove il maggiore Simcock gli rivelava i
dettagli delle imminenti operazioni di arresto dei fuggiaschi'' (121).

``Gli Italiani vennero a sapere che, presso la Confraternita di San
Girolamo, erano alloggiati molti criminali latitanti, tra i quali alcuni
alti membri del governo di Pavelic. Tuttavia non venne intrapresa
alcuna azione contro Draganovic n� contro i funzionari italiani che
gli davano una mano'' (109-110). Ed infatti, erano stretti i legami del
prete croato nei servizi segreti italiani (123).

Grazie all'aiuto di Montini e della Commissione papale per
l'assistenza ai profughi, Draganovic ``ottenne una gran quantit� di
documenti di identit�. [...] Migliaia di questi documenti aiutarono i
fuggitivi ad eludere la giustizia'' (67). ``La ratline di Draganovic era
una rete sofisticata e professionale. Era ottimamente organizzata e
poteva occuparsi di centinaia di fuggitivi alla volta. [In tutto] furono
fatte pervenire a Roma circa 30.000 persone provenienti dall'Austria,
per poi farle proseguire fino a Genova e a nuove patrie nell'America
settentrionale e meridionale e in Australia'' (96).


``Le operazioni di espatrio clandestino ebbero inizio in Austria, dove
padre Cecelja fungeva da collegamento con Roma'' (100). Cecelja era
il terminale austriaco di Draganovic, e aveva iniziato a lavorare alla
preparazione della rete di espatrio sin dal maggio 1944 (102).

Cecelja si trovava a Vienna. L'armata rossa avanzava, e la sconfitta si
avvicinava. Nella Pasqua del 1945 ``l'irriducibile "ustascia giurato"
(Cecelja) lasci� Vienna e trasfer� la sua base vicino a Salisburgo,
dove, alla fine della guerra, si erano riuniti molti fuggitivi nazisti''
(102).

Intervistato dagli autori del libro, ``Cecelja dichiar� con orgoglio
[che il suo compito era stato quello di] fornire documenti alle persone
che avevano perduto i propri. Non nascose di aver aiutato dei fuggitivi
a cambiare identit�:

Disponevo di moduli di domanda della Croce Rossa a
pacchi, per mezzo dei quali fornivo una nuova identit� a
chiunque volesse cambiare il proprio nome e la propria
storia personale'' (103).

``In Austria era la sua sezione dell'organizzazione a prendersi cura
dei fuggitivi, dando loro i soldi, il cibo, l'alloggio e i documenti
falsi
di cui avevano bisogno per intraprendere il viaggio dall'Austria
all'Italia. A Roma, invece, era Draganovic il centro nevralgico
dell'operazione. Provvedeva ai documenti di viaggio internazionali e,
attraverso i suoi contatti ad alto livello con i consolati sudamericani
procurava i visti necessari, soprattutto per l'Argentina. Una volta a
settimana Cecelja chiamava Draganovic per sapere quanti posti
fossero disponibili per quella settimana, e poi inviava a Roma quel
numero esatto di persone'' (105).

Draganovic forniva ai fuggiaschi croati ``il necessario aiuto morale e
materiale, facendo in modo di farli fuggire in Sudamerica. Veniva
aiutato in questa attivit� dai suoi numerosi contatti con le ambasciate
e le legazioni del Sudamerica in Italia e con la Croce Rossa
Internazionale, nonch� dal fatto che la Confraternita croata del
Collegio di San Girolamo degli Illirici, dove aveva il suo ufficio,
emetteva false carte d'identit� a beneficio degli ustascia. Con tali
documenti e con l'approvazione della Commissione Pontificia per
l'Assistenza ai Profughi, situata in via Piave 41 a Roma e controllata
quasi esclusivamente dagli ustascia, si potevano ottenere passaporti
della Croce Rossa Internazionale, di cui Draganovic riusciva a
garantire l'emissione'' (109).

``Le carte d'identit� false rilasciate ai criminali di guerra in fuga
erano stampate nella tipografia francescana. [...] A organizzare tutto
questo era [il francescano] padre Dominik Mandic, il rappresentante
ufficiale del Vaticano presso la Confraternita di San Girolamo''
(109). ``Avvalendosi dei suoi collegamenti con la polizia segreta
italiana, Draganovic fece s� che le carte d'identit� francescane
venissero accettate come documenti ufficiali sulla cui base venivano
poi rilasciate le carte d'identit� italiane e i permessi di residenza''
(109).

Mandic ``mise anche la tipografia francescana a disposizione
dell'apparato propagandistico degli ustascia. Gran parte della
campagna, patrocinata dagli inglesi e intrapresa nei campi profughi
come quelli di Fermo, di Modena e di Bagnoli, dovette il suo successo
ai tipografi francescani. Lo stesso Mandic visitava regolarmente i
campi per pronunciare discorsi d'incitamento ai militanti ustascia
riuniti per ascoltarlo'' (109).


``La tappa successiva della sofisticata ratline del Vaticano era
Genova, dove un altro sacerdote croato si occupava dei passeggeri:
monsignor Karlo Petranovic'' (113).
``Draganovic gli telefonava regolarmente per dirgli di quanti posti
avesse bisogno. Petranovic aveva gi� visitato gli uffici d'imbarco
locali e prenotato delle cuccette. Diceva allora a Draganovic quante
fossero le cuccette disponibili e, un paio di giorni prima dell'imbarco,
veniva mandato a Genova un numero corrispondente di persone.
Draganovic aveva gi� fornito ai passeggeri i documenti di viaggio e i
visti necessari, perci� Petranovic non doveva fare altro che trovar loro
un alloggio per pochi giorni e poi condurli alla nave. Alcune delle
persone che aiut� erano senza dubbio profughi veri e propri; [tuttavia]
molti importanti criminali di guerra fuggirono da Genova grazie al
suo aiuto'' (116).

Gli inglesi conoscevano benissimo i movimenti di Petranovic a
Genova, dato che lo tenevano sotto sorveglianza speciale (116).

(2/6 - continua)

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Il testo che segue e` stato pubblicato in forma abbreviata sul numero
di maggio 2001 della rivista tedesca KONKRET
> http ://www.konkret.de


PASSATO PRESENTE
Sulla continuita` della politica grande-albanese della Germania

di Matthias Kuentzel


Scrosciante applauso per il Cancelliere. A migliaia, gli albanesi
kosovari si ritrovarono a Prizren nel luglio 1999 per festeggiare
Gerhard Schroeder al grido di "Deutschland-Deutschland". "E` davvero
impressionante e ne sono
rimasto molto commosso", ha dichiarato Schroeder in seguito, "vedere a
Prizren i Panzer tedeschi ed i soldati tedeschi con le mitragliatrici
spianate da un lato, e dall`altro vivere l`insolito giubilo euforico
con cui un cancelliere federale della Germania veniva salutato. Io
ritengo che questo debba commuovere chiunque, se si pensa ai
particolari trascorsi
della storia tedesca in questa regione."

A quale storia si riferiva in effetti Schroeder?
Nel settembre 1943 la Wehrmacht, tra gli applausi degli albanesi
kosovari, creava a Prizren una "Seconda Lega di Prizren", il cui unico
obiettivo era la uccisione o la cacciata dei serbi allo scopo di
istituire un Grande Albania "etnicamente pura". Nel febbraio del 1944
la divisione albanese delle SS "Skanderbeg" veniva stazionata a
Prizren. Nell`ottobre del 1944 le SS tedesche iniziavano qui il loro
estremo tentativo di impedire la vittoria degli Alleati. Allora come
oggi questa citta` si trova al centro della politica grande-albanese
della Germania. Allora come oggi i tedeschi
qui vengono acclamati, mentre tutti gli altri non-albanesi devono
temere per la loro vita.

Dal marzo del 2001 la situazione ha vissuto una accelerazione
ulteriore: in relazione alla offensiva dell`UCK contro Tetovo [la zona
occidentale della Macedonia ex-jugoslava, ndT], la Germania ha per la
prima volta fatto propria ufficialmente l`idea grande-albanese. Ma uno
sguardo sulla storia chiarisce che le mosse della nuova politica grande-
albanese da parte tedesca inevitabilmente seguono i passi che sono
stati preparati dal nazismo. Allo stesso tempo, tale sguardo
all'indietro rende palese il carattere strumentale della politica
tedesca rispetto al proprio passato [la "Vergangenheitsbewaeltigung",
cioe` la riconciliazione con
il passato perseguita dalla annessione della DDR in poi, ndT]. Tanto
piu` il governo federale si ricollega agli elementi della politica
nazional-socialista sul Kosovo, tanto meno all`opinione pubblica
interessa di venirne a conoscenza. [Si noti che in Italia, dove durante
questi dieci anni di guerra nei Balcani non e` stato scritto ne` detto
nulla sul nostro passato coloniale in quelle terre, la situazione e`
identica; ndT]

DALLA GRANDE ALBANIA ITALIANA...

Come risposta alla occupazione tedesca di Praga, il 7 aprile 1939
l`Albania fu occupata dalle truppe italiane. Questo paese era di gran
lunga il piu` povero ed il piu` arretrato d`Europa. Due terzi dei suoi
abitanti erano organizzati secondo schemi tribali ed erano rimasti
legati alle faide. Le misere infrastrutture aumentarono l`isolamento
delle regioni controllate dai clan familiari. Di un senso di
appartenenza
nazionale albanese, in quelle circostanze, non si poteva davvero
parlare.
Nel 1941 la Germania aggredi` e soggiogo` la Jugoslavia. Dopo alcuni
giorni di trattative tra tedeschi ed italiani, il Kosovo, fino ad
allora jugoslavo, fu suddiviso in tre zone d`occupazione: alla Bulgaria
fu assegnata la parte orientale, confinante con la Macedonia. La
Germania si assicuro` la zona di Mitrovica, ricca di materie prime, nel
nord della provincia, mentre la parte piu' grande del Kosovo fini'
sotto il controllo
italiano ed il 12 agosto 1941 fu saldata assieme al nucleo dell'Albania
sotto controllo italiano per dar vita alla "Grande Albania".

Il rapporto tra gli occupatori italiani ed i kosovaro-albanesi fu teso
sin dall'inizio. Spesso il terrore delle milizie albanesi kosovare
contro i serbi era troppo anche per la amministrazione coloniale
fascista: ripetutamente le forze dell'ordine italiane aprirono il fuoco
per impedire massacri da parte degli albanesi kosovari contro i serbi.
Le truppe italiane furono dislocate nelle citta' in maniera mirata, per
contenere la violenza. E non fu soltanto per questo motivo che "gli
albanesi non hanno mai avuto rispetto degli italiani. Agli albanesi era
estranea la loro visione del mondo e non gradivano quella che, secondo
loro, da parte italiana era una forma debole, non virile di presentarsi
e di comportarsi. Molti albanesi ritenevano gli italiani bugiardi ed
ipocriti".
Tra gli occupatori tedeschi e gli albanesi kosovari, invece, c`era
maggiore intesa. Percio' la amministrazione nazista garanti' agli
albanesi kosovari nella zona tedesca una autonomia molto maggiore di
quella che essi potevano godere nella zona italiana. In questo modo la
Wehrmacht si riallaccio' alla tradizione della occupazione austriaca
del Kosovo, che aveva avuto luogo durante la II Guerra Mondiale. Nel
1916 come nel 1941 ai kosovaro-albanesi furono concesse amministrazioni
autonome e fu permesso l'uso ufficiale della lingua albanese. E non
solo dal 1941 al 1944, ma anche dal 1916 al 1918 "allo scopo di minare
alle radici la presenza serba nella regione furono aperte piu' di 300
scuole in lingua albanese". Questa politica "scolastica" orientata in
senso anti-serbo ha stimolato inizialmente e poi segnato il particolare
nazionalismo degli albanesi kosovari.

...A QUELLA TEDESCA

Dopo la caduta di Mussolini nel settembre 1943, le truppe tedesche
occuparono la regione grande-albanese per impedire lo sbarco dei nemici
sulla costa della Albania, impiegando il minimo possibile di forze
della Wehrmacht. Prima dell'ingresso delle truppe tedesche il
territorio era stato riempito di volantini con i quali la Germania
nazista si dichiarava protettrice dell'Albania nella lotta contro i
suoi nemici -
in questo caso gli italiani e gli anglo-americani, altrove la Russia ed
i serbi... Il tentativo di creare a Tirana un regime-fantoccio alleato
dei tedeschi ando' a vuoto per la prevedibile incombente vittoria
alleata.
Percio' fu il Kosovo a diventare determinante per la politica
grande-albanese della Germania: "Li' abitano gli elementi migliori del
popolo albanese dal punto di vista razziale, quelli politicamente piu'
determinati e piu' capaci dal punto di vista bellico", dichiaro'
Neubacher nel settembre 1943 in un telegramma per Berlino. "Esiste la
possibilita'", continuo', "di far entrare le milizie kosovare... a
Tirana, per dare
slancio al moto di liberazione".
E cosi' i kosovaro-albanesi venivano sobillati con argomentazioni di
carattere efficacemente propagandistico: "I tedeschi suscitavano
l`impressione che solamente ora, con il loro arrivo, si sarebbe
arrivati ad una vera unificazione del Kosovo con l`Albania", scrive lo
storico americano B.J. Fischer. "I tedeschi non mancavano di dare ad
intendere
agli albanesi che sulla questione del Kosovo gli Alleati erano stati
evidentemente zitti - indicazione questa della loro volonta` di
ritornarlo alla Jugoslavia - e che gli Alleati non avevano riconosciuto
alcun governo albanese in esilio, e nemmeno un comitato di crisi,
gettando cosi` un`ombra sulla esistenza di uno Stato albanese dopo la
fine della guerra".

Questo il risultato della carta kosovara giocata dai nazisti:
gia` nel settembre 1943 fu istituito un comitato nazionale formato
essenzialmente da kosovaro-albanesi ed a Tirana fu proclamata
la "indipendenza" dell`Albania. Ma la Germania fu e resto` l`unico
paese a riconoscere diplomaticamente la Grande Albania "indipendente".
Con il "blando regime di occupazione" nei confronti dei serbi, dopo la
fine del periodo italiano, era finita. Da questo momento si lascio`
mano libera ai massacri delle milizie albanesi kosovare a scapito dei
serbi. Sempre nel settembre 1943, attraverso il fattivo appoggio
tedesco, venne costituita una "Seconda Lega di Prizren" il cui scopo
ichiarato
era "una Grande Albania etnicamente pura". La sanguinosa cacciata dei
serbi, che poteva adesso essere messa in pratica dalla Lega con i suoi
piu` di dodicimila membri, avvenne con la supervisione e con la regia
tedesca. Al fianco della "Seconda Lega di Prizren" la Wehrmacht
recluto` un battaglione di 600-700 uomini, formato esclusivamente da
albanesi kosovari amici dei tedeschi, che fu inviato a Tirana come
corpo d`elite.
Alla fine del 1943 altri 1200 gendarmi albanesi kosovari furono inviati
da Mitrovica a Tirana.
Nel febbraio del 1944 Adolf Hitler, che aveva "molto da dare per
l`ultimo angolo romantico dell`Europa", trasmise l`ordine di istituire
una autonoma formazione delle SS, la "Divisione SS Skanderbeg", formata
da "queste genti di montagna, che fieramente portano le armi"
(Neubacher). Questa Divisione, che contava 6500 componenti, raccolse le
unita` albanesi della 13.ma Divisione di Montagna delle SS Bosgnacche
ed altre milizie albanesi. Essa stazionava a Prizren, il suo principale
territorio di operazioni era il Kosovo, il suo compito dichiarato
era "la difesa" della Albania "etnicamente pura per razza". "Difesa"
significava: chi non ne faceva parte veniva ucciso o sottoposto a
violenze e scacciato. "Le unita`
di questa divisione", scrive Fischer, "si guadagnarono presto una poco
raccomandabile reputazione poiche`, soprattutto nelle zone serbe,
praticavano lo stupro, il saccheggio e l`omicidio". Sulla straordinaria
brutalita` della "Divisione Skanderbeg" esistono svariate attestazioni.
Il 28 luglio 1944 essa
uccise 380 abitanti del villaggio di Veliko, di cui 120 bambini, dando
alle fiamme 300 abitazioni. Nell`aprile del 1944 essa deporto` 300
ebrei. Tra il 28 maggio ed il 5 luglio "la Divisione delle SS in
territorio albanese prelevo` altri 510 tra ebrei, comunisti, partigiani
e persone sospette. Di
questi 249 furono deportati", scrive Raul Hilberg. Anche i rom della
regione del Kosovo, che fino al settembre 1943, con la fascia gialla al
braccio, avevano dovuto sopportare i lavori forzati, dopo il passaggio
del Kosovo in mano tedesca furono deportati e chiusi nei campi di
concentramento in Jugoslavia, ma anche a Buchenwald e Mathausen.
Contrariamente alla leggenda che fu coltivata in seguito a Tirana, il
Kosovo fu di gran lunga la regione che dette piu` filo da torcere anche
ai partigiani di Tito. "Il movimento in Kosovo e` molto debole, quasi
morto", recitava un rapporto del PC di Jugoslavia dell`agosto 1943.
Sotto il dominio tedesco la
situazione si aggravo` ulteriormente. In un rapporto al CC del PC di
Jugoslavia, all`inizio del 1944, il raggruppamento comunista di quella
provincia, piccolo ed isolato, dichiaro` che li` le masse albanesi
consideravano gli occupatori
nazionalsocialisti come liberatori e vedevano i tedeschi come i loro
piu` grandi amici: persino alla fine del 1944, quando i partigiani
della Albania meridionale avevano gia` costretto alla fuga la Wehrmacht
ed avevano liberato l`Albania, il Kosovo rimaneva decisamente ancorato
al campo delle potenze dell`Asse. Non per caso le SS tentarono proprio
qui per l`ultima volta
di impedire la ormai scontata vittoria degli Alleati. Dopo che il
terreno a Tirana era diventato troppo bollente per loro, nell`ottobre
1944, tutt`e due i legati tedeschi che erano rimasti si trasferirono a
Prizren per appoggiare l`istituzione di un governo anticomunista in
Kosovo, sotto la guida d`un loro amico di vecchia data, il
collaborazionista Xhafer Deva,
che rifornirono in abbondanza di armi, munizioni, derrate alimentari e
probabilmente anche di agenti. Le truppe di Deva, a cavallo tra il `44
ed il `45, contavano piu` di 6000 soldati; esse avevano il comando
nella regione di Drenica. La resistenza delle truppe di Deva contro
l`esercito partigiano di Tito duro` dal novembre 1944 al maggio 1945, e
fu sconfitta solamente con
l`impiego di 30mila partigiani. L`idea panalbanese, pero`, rimase
accesa e torno` alla ribalta in Kosovo all`inizio degli anni Ottanta.

(1/2 continua)


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