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> http://emperors-clothes.com/articles/chuss/excerpts.htm
Who Is George W. Bush? Part 1: Excluding the
African American Vote
Prof. Michel Chossudovsky has compiled these
excerpts from the the U.S. and British Press
(12-7-2000)
> http://emperors-clothes.com/articles/chuss/excerptsb.htm
Who Is George W. Bush? Part 2: Financial Scams
by Prof. Michel Chossudovsky (12-9-2000)
More excerpts from the the U.S. and British Press.
---
Bollettino di controinformazione del
Coordinamento Nazionale "La Jugoslavia Vivra'"
Sito WEB : http://digilander.iol.it/lajugoslaviavivra
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-------- Original Message --------
Oggetto: [JUGO] "SOS Zastava" -viaggio a Kragujevac del 3 e 4 gennaio
2001
Da: Rino Lamonaca
"SOS Zastava"
impegno collettivo per le adozioni a distanza ed aiuti alle famiglie
dei
lavoratori
della fabbrica di automobili e di camion distrutta dai bombardamenti in
Jugoslavia
Le premesse del viaggio a Kragujevac del 3 e 4 gennaio 2001
Durante l'ultima visita a Kragujevac di fine ottobre 2000, incontrammo
in
una sala le famiglie delle ragazze e dei ragazzi adottati. Consegnammo
direttamente le buste con i soldi delle adozioni alle famiglie presenti,
fu
un rapporto formale utile ai fini della trasparenza ma anche un momento
imbarazzante: per noi che distribuivamo buste e, soprattutto, per chi le
riceveva. I bambini che sorridevano erano pochi. Ci proponemmo di
superare
quella situazione con l'eventuale prossimo viaggio portando dei regali.
La delegazione di questo nuovo viaggio era composta da due compagni
della
Cgil di Torino e da due della Cgil di Novara, da un delegato del
Politecnico
di Torino e da uno della Fiat Iveco, da un compagno del comitato
torinese
per gli aiuti alle popolazioni Jugoslave, SOS Jugoslavia, e da una
compagna
della Cgil della Lombardia.
Nel viaggio di ottobre avevano partecipato anche due volontari della
associazione "Cerchiamo la pace", ONG per l'aiuto ai paesi poveri che
ha
sede presso le Acli di Torino, con cui abbiamo stabilmente costruito un
rapporto in quanto, anche se ci siamo chiamati "SOS Zastava", non siamo
e
non saremo una associazione formalizzata con tanto di statuto, codice
fiscale e quant'altro. Questo rapporto ci ha permesso, inoltre, di
ricevere
finanziamenti pubblici e di concorrere ad allargare il campo delle
iniziative di aiuto alla popolazione di Kragujevac.
Oltre l'aiuto ai figli dei lavoratori
In concreto, il 21 dicembre 2000 è partito un camion per Kragujevac
contenente i 178 regali, ed i barattoli di nutella, per i bambini
adottati.
Nel camion c'erano però, soprattutto, decine e decine di scatoloni
contenenti farmaci e vestiti per più di mezzo miliardo di lire donati
dal
Sermig; questi materiali sono stati consegnati all'assessorato
all'assistenza del Comune di Kragujevac.
Sono arrivati al Comune di Kragujevac 248 colli, per un totale di 1.700
Kg
di farmaci (materiale chirurgico e ortopedico, e diverse specialità
medicinali) e 272 colli contenenti più di 5.500 Kg di vestiti
certificati
dalla ASL.
L'attenzione prevalente di questi aiuti è rivolta a quella parte di
popolazione estremamente colpita dalle guerre: gli orfani, i portatori
di
handicap, i ragazzi delle scuole.
Noi non ci proponiamo però di trasformarci in una associazione
umanitaria,
anche se queste prime esperienze dimostrano che una collaborazione può
dare
dei risultati positivi. Per questi motivi siamo impegnati a continuare
questo rapporto di collaborazione.
Abbiamo avuto modo di incontrare il Sindaco di Kragujevac, ci ha detto
che
anche i lavoratori della Zastava sono abitanti del Comune da lui
amministrato e per questo ci ringrazia, ci ha ringraziato per gli aiuti
umanitari consegnati al Comune e ci ha invitati ad un incontro al
prossimo
viaggio che faremo.
Le visite nelle case
Siamo giunti a Kragujevac il 3 mattino. L'incontro con le famiglie era
previsto per il giorno successivo alle ore 11.
Nel pomeriggio abbiamo portato alcuni regali a casa delle famiglie di
altri
bimbi.
Due erano adottati dal compagno di "SOS Jugoslavia", una era una nostra
bimba, una era una famiglia a cui dovevamo portare un telefonino.
Nessuna delle famiglie ha i soldi per pagarsi il telefono, il telefonino
era
donato da un compagno di Milano per far sì che si potesse telefonare al
pronto soccorso sanitario nel caso in cui la giovane mamma, ammalata di
un
tumore, avesse bisogno di un intervento urgente. Abitano un po' fuori
dalla
città, sulla collina, in una piccolissima casa che si raggiunge su una
strada sterrata. Il telefonino non era un consumo voluttuario.
La bimba che fa parte del gruppo delle nostre adozioni vive in famiglia
con
la madre e con il fratello più piccolo. Il piccolo con l'asma e senza i
soldi per acquistare i farmaci, la bimba ha la gola gonfia per la
tiroide:
ti viene da pensare che dovrebbe andare al mare, invece non c'è neanche
un
po' di iodio per curarla.
Nella prima famiglia di uno dei due bambini adottati dal compagno di
"SOS
Jugoslavia", oltre alla famiglia sono presenti due ragazzi, parenti,
profughi dal Kosovo. Il padre ha l'asma, lavorava alla verniciatura
della
Zastava, ma ora che l'impianto automatizzato è stato distrutto dai
bombardamenti, non ce la fa più a lavorare con la pistola a spruzzo e la
maschera.
La seconda famiglia è composta dai due genitori e da sei figli. Il padre
è
un omone robusto di un metro e novanta, ha una gamba tumefatta dai danni
vascolari alla gamba destra e neanche un farmaco per curarsi, rischia la
cancrena e l'amputazione.
E' stata l'esperienza che ha reso più evidente la situazione di povertà
ed i
problemi di salute che attraversano quasi tutti gli abitanti. Quelli
poveri
come sempre.
Per loro l'uranio impoverito è uno dei problemi, molto meno sentito di
quelli che devono vivere duramente ed evidentemente tutti i giorni.
In tutti e due i giorni di permanenza, si è sempre presentato un
lavoratore
padre di una giovane ragazza ammalata di leucemia. Il sindacato autonomo
aveva inviato una lettera al Vaticano per chiedere un intervento di
trapianto del midollo nel tentativo di salvarle la vita. La risposta del
Vaticano è stata immediata e positiva, il primario dell'ospedale "Bambin
Gesù" di Roma si è messo in contatto per l'accoglienza. Ma da tre
settimane
le due ambasciate, quella italiana e quella Jugoslava, non riescono
ancora a
concedere i visti. La compagna della Cgil lombarda si è impegnata a
sbloccare la situazione, forse ci è riuscita in queste ore.
la situazione produttiva negli stabilimenti auto e camion della Zastava
Siamo arrivati a Kragujevac nel periodo delle loro feste natalizie. La
fabbrica era ferma, alcuni lavoratori entravano ed uscivano dal cancello
posto a fianco della sede del sindacato.
Le attività dovrebbero riprendere dopo il 15 gennaio, ma ora non si
producono più automobili neppure simbolicamente, per dire che lo
stabilimento auto produce.
Questa volta, la richiesta dei compagni di Novara di poter visitare lo
stabilimento non è stata esaudita, bisognava chiedere per tempo
l'autorizzazione alla nuova direzione dell'azienda.
Il programma di investimenti per la ricostruzione degli impianti
produttivi
per l'automobile è stato cancellato: a Kragujevac ci sono ora più di
20.000
lavoratori dipendenti da una fabbrica morta. In assenza di finanziamenti
non
c'è neppure la possibilità di acquistare all'estero la lamiera per la
produzione delle carrozzerie, non ci sono le risorse neppure per la
produzione simbolica del dopo bombardamenti. La Zastava - Iveco potrà
produrre solo se i motori arriveranno dall'estero.
Proprio nei giorni che hanno preceduto il nostro arrivo in Jugoslavia,
il
governo ha deciso una riduzione delle imposte sulle automobili nuove e
su
quelle di seconda mano. Prima potevano essere importate automobili con
meno
di 4 anni di immatricolazione (come si dice da noi), ora questo limite è
stato portato a 6 anni.
Cambierà in queste settimane la legge sulle privatizzazioni, che arrivi
una
multinazionale dell'industria automobilistica europea - anzi, tedesca o
francese - a salvare il salvabile? Cioè quasi nulla dopo i
bombardamenti
che hanno distrutto tutti gli impianti a tecnologia avanzata e
risparmiato
una linee di montaggio su tre della "Fiat 128" smantellate a Mirafiori
qualche decennio fa per essere rimontate a Kragujevac.
La situazione dei lavoratori è profondamente influenzata da questo stato
di
cose.
Senza ripresa produttiva, non può continuare la rotazione sui pochi
posti di
lavoro esistenti.
Il reddito era, a giugno del 2000, 100.000 lire al mese per chi lavorava
e
meno di 20.000 lire per chi era stabilmente disoccupato. Con la
rotazione,
lavorando una settimana al mese, si guadagnava sulle 40.000 lire.
Allora,
solo gli addetti alle fucine guadagnavano di più, ma facevano un lavoro
pesante, in un ambiente nocivo e su tre turni.
Ora un disoccupato ha un reddito mensile che corrisponde a 13.000 lire,
delle nostre.
Sin dal momento dell'embargo, la produzione di automobili e di veicoli
industriali subì una forte contrazione, i soldi per i salari e gli
stipendi
furono dilazionati. A copertura parziale della riduzione di reddito
venivano
mensilmente distribuiti pacchi di generi alimentari: uno di farina, uno
di
olio e tre di carne. Nel 2001 arrivano per i lavoratori i primi
pagamenti
delle quote di retribuzione non retribuite, arrivano quando non ci
saranno
neanche i soldi per pagare il salario ai pochissimi che lavorano.
La situazione sindacale
Di fronte ad una situazione di questo tipo non emerge alcuna protesta
dei
lavoratori. Probabilmente la domanda di cambiamento, di miglioramento si
è
rivolta al contesto politico. E questo è avvenuto.
Pesa quella abitudine alla delega - come la chiamiamo noi - alla
speranza
che chi ha il comando, il governo pensi per te e risolva i tuoi
problemi.
Probabilmente, è stato il commento dei dirigenti del sindacato autonomo
con
cui stiamo gestendo le adozioni, la stessa esperienza del socialismo dei
periodi di Tito ha concorso a determinare una grande passività tra i
lavoratori.
Lo sciopero e la lotta operaia sono tutti da ricostruire.
La situazione sindacale è cambiata.
Questa volta, quando siamo arrivati e siamo entrati nella sede del
sindacato, una palazzina dai tratti liberty, esteticamente piacevole
anche
se priva di manutenzione, ci siamo trovati in una situazione in cui gli
uffici del sindacato "autonomo" Zastava erano solo più quelli di un lato
del
corridoio mentre quelli dell'altro lato erano vuoti ed in parte
tinteggiati
di nuovo: si stavano predisponendo per il secondo sindacato, il
sindacato
"indipendente". Il sindacato indipendente è anche uno dei 17 partiti che
compongono la DOS, lo schieramento politico che ha vinto le ultime
elezioni
politiche. La traduzione in "autonomo" ed in "indipendente" dei due
sindacati non corrisponde probabilmente ai termini, rispettivamente, di
"Samolstalnij" e di "Nazavistnost", però normalmente vengono così
tradotti.
Il direttore della Zastava diede le dimissioni il giorno dopo la
proclamazione di Kostunica a presidente della Jugoslavia. E' stato
sostituito dal governo con un esponente di un altro partito della DOS,
quello democristiano.
Sempre negli stessi giorni i dirigenti sindacali del sindacato
"autonomo"
della Zastava - Iveco furono costretti con la forza, con la violenza, a
dare
le dimissioni. Anche la presidentessa del sindacato, la responsabile per
tutto il gruppo, subì le stesse pressioni (ma non fu picchiata) ed a
queste
rispose che lei avrebbe lasciato l'incarico solo dopo le nuove elezioni,
proponendo di anticiparle di un anno (si sarebbe dovuto votare nel 2001,
alla scadenza naturale dei quattro anni).
Nei giorni successivi al 5 ottobre si procedette alle nuove elezioni dei
rappresentanti sindacali impedendo però ai dirigenti del sindacato
autonomo
di potersi candidare. Per questi motivi il sindacato nazionale ha
dichiarato
non valide tali elezioni, ma i rappresentanti sono ancora in carica.
Alle elezioni sindacali anticipati si sarebbe dovuto andare il 23 e 24
novembre: su più liste sindacali e con commissioni elettorali con
presenza
paritetica dei diversi sindacati. Due giorni prima del voto il sindacato
"indipendente" si è ritirato dalla competizione e le due televisioni
locali
annunciavano che le elezioni erano state annullate.
Da allora, nelle esperienze sindacali alla Zastava, la polemica
sindacale
non si è tanto svolta tra due sindacati, ma tra i dirigenti del
sindacato
"autonomo" e comitati di iniziativa.
Il vicepresidente del sindacato autonomo per l'intero gruppo Zastava è
un
lavoratore in distacco retribuito dello stabilimento "21 Ottobre" che
proprio nei giorni della nostra presenza ha ricevuto una lettera dai
nuovi
rappresentanti, eletti nello stabilimento di veicoli industriali nei
giorni
successivi al 5 ottobre, in cui si dichiara se se non darà le dimissioni
dall'incarico sindacale non percepirà più la retribuzione. Minaccia del
tutto impropria, ma non priva di senso rispetto ad altri avvenimenti
pure
indicativi della situazione esistente.
In particolare due. Quello avvenuto nello stabilimento auto, dove la
Direzione aziendale ha chiuso l'ufficio del sindacato "autonomo"
riconoscendo come interlocutore il comitato di iniziativa e la
decisione,
sempre della Direzione, di non versare più i contributi sindacali pur
continuando a trattenerli ai lavoratori. Nel primo caso, un tribunale ha
deciso la riapertura della sede del sindacato autonomo.
Resta il fatto che i lavoratori non votano.
Durante la consegna dei regali e dei soldi delle adozioni, nella sala
erano
presenti i dirigenti del sindacato "indipendente". Al termine della
consegna
abbiamo avuto un incontro con loro.
Ci hanno comunicato che una parte dei lavoratori, genitori dei bimbi da
noi
adottati, erano loro aderenti e chiedevano di avere una interlocuzione
con
noi. A questa abbiamo risposto affermativamente sottolineando che
rispetto a
bambini adottati noi non abbiamo fatto, ne faremo mai differenze
rispetto al
sindacato di appartenenza del loro padre o della loro madre. Ed alla
richiesta se potevamo aiutare due ragazze ammalate abbiamo consegnato
loro
il nostro indirizzo e i numeri di telefono e fax per poter ricevere le
schede delle bimbe ammalate e poterle aiutare. Speriamo che le schede
giungano, perché i fatti chiariscono molto di più delle intenzioni.
Rispetto alla situazione sindacale la discussione si è concentrata sulla
situazione politica, il sindacato "Nazavistnost" è - come è noto- anche
un
partito della DOS, ma non poteva essere diversamente, è stato molto
difficile esaminare gli aspetti relativi al futuro della fabbrica.
Abbiamo sottolineato come sia sempre sbagliato riprodurre sul piano
sindacale le divisioni politiche pur sapendo che le loro esperienze ed i
loro modi di concepire il sindacato sono molto diversi dai nostri.
Abbiamo insistito sulle elezioni sindacali, ma ci è stato risposto che
sono
impossibili quando i lavoratori sono a casa.
Intanto non votano.
L'incontro con le ragazze ed i ragazzi, con le famiglie.
L'incontro del 4 gennaio è il secondo che facciamo. Il ghiaccio si è
rotto.
In quello di fine ottobre era presente un diffuso senso di disagio sia
in
chi consegnava le buste con i soldi, sia in chi le riceveva. Prendevano
i
soldi, firmavano il registro della ricevuta, ci stringevano la mano,
lasciavano la sala. I bimbi sorridevano perché i soldi facevano comodo
alla
famiglia. Ma il disagio era evidente.
Grazie ai lavoratori del Politecnico di Torino, ai responsabili del loro
dopolavoro ed al Rettore ci è stata offerta l'opportunità di far
giungere ai
bambini che abbiamo adottato gli stessi regali per il natale dati ai
lavoratori del Poli: a seconda se maschi o femmine e della età. I nostri
bambini sono di religione ortodossa, le loro feste natalizie cadono il 6
e 7
gennaio ed abbiamo deciso di consegnarli assieme ad un contributo di due
mensilità per le adozioni a distanza.
Con la donazione stanziata dal Politecnico di Torino è stato possibile
non
solo acquistare i regali, ma anche acquistare una quantità di barattoli
di
cioccolato, 363 KG di "nutella ferrero", da donare a tutti i bambini. Un
barattolo a testa, il resto andrà alle famiglie più povere.
Ora il regalo (e la nutella) ai bimbi ha reso molto meno impersonale il
rapporto. Erano presenti 165 famiglie sulle 178 previste e molte si sono
fermate. La giovane campionessa di danza si è esibita nel ballo anche in
assenza della musica, riscotendo gli applausi; il giovane campione di
basket
non si è esibito ma è stato salutato da tutti.
Molte ragazze e molti ragazzi hanno aperto subito i regali. Ci è toccato
firmarne alcuni, prima i palloni di calcio e di basket, poi anche le
buste
delle donazioni.
Ritornando ci siamo detti che dovremo portare sempre un regalino per i
bambini.
Vederli sorridere felici, in fondo lo facciamo per questo.
Perché non ci serbino rancore per la guerra.
Perché prevenire è meglio che curare. Meglio sereni nel loro paese che
in un
campo di accoglienza perché clandestini.
La lotta alla destra si fa anche così.
Nota a cura di Filippo Elia e di Fulvio Perini
---
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Oggetto: [JUGO] "SOS Zastava" -viaggio a Kragujevac del 3 e 4 gennaio
2001
Da: Rino Lamonaca
"SOS Zastava"
impegno collettivo per le adozioni a distanza ed aiuti alle famiglie
dei
lavoratori
della fabbrica di automobili e di camion distrutta dai bombardamenti in
Jugoslavia
Le premesse del viaggio a Kragujevac del 3 e 4 gennaio 2001
Durante l'ultima visita a Kragujevac di fine ottobre 2000, incontrammo
in
una sala le famiglie delle ragazze e dei ragazzi adottati. Consegnammo
direttamente le buste con i soldi delle adozioni alle famiglie presenti,
fu
un rapporto formale utile ai fini della trasparenza ma anche un momento
imbarazzante: per noi che distribuivamo buste e, soprattutto, per chi le
riceveva. I bambini che sorridevano erano pochi. Ci proponemmo di
superare
quella situazione con l'eventuale prossimo viaggio portando dei regali.
La delegazione di questo nuovo viaggio era composta da due compagni
della
Cgil di Torino e da due della Cgil di Novara, da un delegato del
Politecnico
di Torino e da uno della Fiat Iveco, da un compagno del comitato
torinese
per gli aiuti alle popolazioni Jugoslave, SOS Jugoslavia, e da una
compagna
della Cgil della Lombardia.
Nel viaggio di ottobre avevano partecipato anche due volontari della
associazione "Cerchiamo la pace", ONG per l'aiuto ai paesi poveri che
ha
sede presso le Acli di Torino, con cui abbiamo stabilmente costruito un
rapporto in quanto, anche se ci siamo chiamati "SOS Zastava", non siamo
e
non saremo una associazione formalizzata con tanto di statuto, codice
fiscale e quant'altro. Questo rapporto ci ha permesso, inoltre, di
ricevere
finanziamenti pubblici e di concorrere ad allargare il campo delle
iniziative di aiuto alla popolazione di Kragujevac.
Oltre l'aiuto ai figli dei lavoratori
In concreto, il 21 dicembre 2000 è partito un camion per Kragujevac
contenente i 178 regali, ed i barattoli di nutella, per i bambini
adottati.
Nel camion c'erano però, soprattutto, decine e decine di scatoloni
contenenti farmaci e vestiti per più di mezzo miliardo di lire donati
dal
Sermig; questi materiali sono stati consegnati all'assessorato
all'assistenza del Comune di Kragujevac.
Sono arrivati al Comune di Kragujevac 248 colli, per un totale di 1.700
Kg
di farmaci (materiale chirurgico e ortopedico, e diverse specialità
medicinali) e 272 colli contenenti più di 5.500 Kg di vestiti
certificati
dalla ASL.
L'attenzione prevalente di questi aiuti è rivolta a quella parte di
popolazione estremamente colpita dalle guerre: gli orfani, i portatori
di
handicap, i ragazzi delle scuole.
Noi non ci proponiamo però di trasformarci in una associazione
umanitaria,
anche se queste prime esperienze dimostrano che una collaborazione può
dare
dei risultati positivi. Per questi motivi siamo impegnati a continuare
questo rapporto di collaborazione.
Abbiamo avuto modo di incontrare il Sindaco di Kragujevac, ci ha detto
che
anche i lavoratori della Zastava sono abitanti del Comune da lui
amministrato e per questo ci ringrazia, ci ha ringraziato per gli aiuti
umanitari consegnati al Comune e ci ha invitati ad un incontro al
prossimo
viaggio che faremo.
Le visite nelle case
Siamo giunti a Kragujevac il 3 mattino. L'incontro con le famiglie era
previsto per il giorno successivo alle ore 11.
Nel pomeriggio abbiamo portato alcuni regali a casa delle famiglie di
altri
bimbi.
Due erano adottati dal compagno di "SOS Jugoslavia", una era una nostra
bimba, una era una famiglia a cui dovevamo portare un telefonino.
Nessuna delle famiglie ha i soldi per pagarsi il telefono, il telefonino
era
donato da un compagno di Milano per far sì che si potesse telefonare al
pronto soccorso sanitario nel caso in cui la giovane mamma, ammalata di
un
tumore, avesse bisogno di un intervento urgente. Abitano un po' fuori
dalla
città, sulla collina, in una piccolissima casa che si raggiunge su una
strada sterrata. Il telefonino non era un consumo voluttuario.
La bimba che fa parte del gruppo delle nostre adozioni vive in famiglia
con
la madre e con il fratello più piccolo. Il piccolo con l'asma e senza i
soldi per acquistare i farmaci, la bimba ha la gola gonfia per la
tiroide:
ti viene da pensare che dovrebbe andare al mare, invece non c'è neanche
un
po' di iodio per curarla.
Nella prima famiglia di uno dei due bambini adottati dal compagno di
"SOS
Jugoslavia", oltre alla famiglia sono presenti due ragazzi, parenti,
profughi dal Kosovo. Il padre ha l'asma, lavorava alla verniciatura
della
Zastava, ma ora che l'impianto automatizzato è stato distrutto dai
bombardamenti, non ce la fa più a lavorare con la pistola a spruzzo e la
maschera.
La seconda famiglia è composta dai due genitori e da sei figli. Il padre
è
un omone robusto di un metro e novanta, ha una gamba tumefatta dai danni
vascolari alla gamba destra e neanche un farmaco per curarsi, rischia la
cancrena e l'amputazione.
E' stata l'esperienza che ha reso più evidente la situazione di povertà
ed i
problemi di salute che attraversano quasi tutti gli abitanti. Quelli
poveri
come sempre.
Per loro l'uranio impoverito è uno dei problemi, molto meno sentito di
quelli che devono vivere duramente ed evidentemente tutti i giorni.
In tutti e due i giorni di permanenza, si è sempre presentato un
lavoratore
padre di una giovane ragazza ammalata di leucemia. Il sindacato autonomo
aveva inviato una lettera al Vaticano per chiedere un intervento di
trapianto del midollo nel tentativo di salvarle la vita. La risposta del
Vaticano è stata immediata e positiva, il primario dell'ospedale "Bambin
Gesù" di Roma si è messo in contatto per l'accoglienza. Ma da tre
settimane
le due ambasciate, quella italiana e quella Jugoslava, non riescono
ancora a
concedere i visti. La compagna della Cgil lombarda si è impegnata a
sbloccare la situazione, forse ci è riuscita in queste ore.
la situazione produttiva negli stabilimenti auto e camion della Zastava
Siamo arrivati a Kragujevac nel periodo delle loro feste natalizie. La
fabbrica era ferma, alcuni lavoratori entravano ed uscivano dal cancello
posto a fianco della sede del sindacato.
Le attività dovrebbero riprendere dopo il 15 gennaio, ma ora non si
producono più automobili neppure simbolicamente, per dire che lo
stabilimento auto produce.
Questa volta, la richiesta dei compagni di Novara di poter visitare lo
stabilimento non è stata esaudita, bisognava chiedere per tempo
l'autorizzazione alla nuova direzione dell'azienda.
Il programma di investimenti per la ricostruzione degli impianti
produttivi
per l'automobile è stato cancellato: a Kragujevac ci sono ora più di
20.000
lavoratori dipendenti da una fabbrica morta. In assenza di finanziamenti
non
c'è neppure la possibilità di acquistare all'estero la lamiera per la
produzione delle carrozzerie, non ci sono le risorse neppure per la
produzione simbolica del dopo bombardamenti. La Zastava - Iveco potrà
produrre solo se i motori arriveranno dall'estero.
Proprio nei giorni che hanno preceduto il nostro arrivo in Jugoslavia,
il
governo ha deciso una riduzione delle imposte sulle automobili nuove e
su
quelle di seconda mano. Prima potevano essere importate automobili con
meno
di 4 anni di immatricolazione (come si dice da noi), ora questo limite è
stato portato a 6 anni.
Cambierà in queste settimane la legge sulle privatizzazioni, che arrivi
una
multinazionale dell'industria automobilistica europea - anzi, tedesca o
francese - a salvare il salvabile? Cioè quasi nulla dopo i
bombardamenti
che hanno distrutto tutti gli impianti a tecnologia avanzata e
risparmiato
una linee di montaggio su tre della "Fiat 128" smantellate a Mirafiori
qualche decennio fa per essere rimontate a Kragujevac.
La situazione dei lavoratori è profondamente influenzata da questo stato
di
cose.
Senza ripresa produttiva, non può continuare la rotazione sui pochi
posti di
lavoro esistenti.
Il reddito era, a giugno del 2000, 100.000 lire al mese per chi lavorava
e
meno di 20.000 lire per chi era stabilmente disoccupato. Con la
rotazione,
lavorando una settimana al mese, si guadagnava sulle 40.000 lire.
Allora,
solo gli addetti alle fucine guadagnavano di più, ma facevano un lavoro
pesante, in un ambiente nocivo e su tre turni.
Ora un disoccupato ha un reddito mensile che corrisponde a 13.000 lire,
delle nostre.
Sin dal momento dell'embargo, la produzione di automobili e di veicoli
industriali subì una forte contrazione, i soldi per i salari e gli
stipendi
furono dilazionati. A copertura parziale della riduzione di reddito
venivano
mensilmente distribuiti pacchi di generi alimentari: uno di farina, uno
di
olio e tre di carne. Nel 2001 arrivano per i lavoratori i primi
pagamenti
delle quote di retribuzione non retribuite, arrivano quando non ci
saranno
neanche i soldi per pagare il salario ai pochissimi che lavorano.
La situazione sindacale
Di fronte ad una situazione di questo tipo non emerge alcuna protesta
dei
lavoratori. Probabilmente la domanda di cambiamento, di miglioramento si
è
rivolta al contesto politico. E questo è avvenuto.
Pesa quella abitudine alla delega - come la chiamiamo noi - alla
speranza
che chi ha il comando, il governo pensi per te e risolva i tuoi
problemi.
Probabilmente, è stato il commento dei dirigenti del sindacato autonomo
con
cui stiamo gestendo le adozioni, la stessa esperienza del socialismo dei
periodi di Tito ha concorso a determinare una grande passività tra i
lavoratori.
Lo sciopero e la lotta operaia sono tutti da ricostruire.
La situazione sindacale è cambiata.
Questa volta, quando siamo arrivati e siamo entrati nella sede del
sindacato, una palazzina dai tratti liberty, esteticamente piacevole
anche
se priva di manutenzione, ci siamo trovati in una situazione in cui gli
uffici del sindacato "autonomo" Zastava erano solo più quelli di un lato
del
corridoio mentre quelli dell'altro lato erano vuoti ed in parte
tinteggiati
di nuovo: si stavano predisponendo per il secondo sindacato, il
sindacato
"indipendente". Il sindacato indipendente è anche uno dei 17 partiti che
compongono la DOS, lo schieramento politico che ha vinto le ultime
elezioni
politiche. La traduzione in "autonomo" ed in "indipendente" dei due
sindacati non corrisponde probabilmente ai termini, rispettivamente, di
"Samolstalnij" e di "Nazavistnost", però normalmente vengono così
tradotti.
Il direttore della Zastava diede le dimissioni il giorno dopo la
proclamazione di Kostunica a presidente della Jugoslavia. E' stato
sostituito dal governo con un esponente di un altro partito della DOS,
quello democristiano.
Sempre negli stessi giorni i dirigenti sindacali del sindacato
"autonomo"
della Zastava - Iveco furono costretti con la forza, con la violenza, a
dare
le dimissioni. Anche la presidentessa del sindacato, la responsabile per
tutto il gruppo, subì le stesse pressioni (ma non fu picchiata) ed a
queste
rispose che lei avrebbe lasciato l'incarico solo dopo le nuove elezioni,
proponendo di anticiparle di un anno (si sarebbe dovuto votare nel 2001,
alla scadenza naturale dei quattro anni).
Nei giorni successivi al 5 ottobre si procedette alle nuove elezioni dei
rappresentanti sindacali impedendo però ai dirigenti del sindacato
autonomo
di potersi candidare. Per questi motivi il sindacato nazionale ha
dichiarato
non valide tali elezioni, ma i rappresentanti sono ancora in carica.
Alle elezioni sindacali anticipati si sarebbe dovuto andare il 23 e 24
novembre: su più liste sindacali e con commissioni elettorali con
presenza
paritetica dei diversi sindacati. Due giorni prima del voto il sindacato
"indipendente" si è ritirato dalla competizione e le due televisioni
locali
annunciavano che le elezioni erano state annullate.
Da allora, nelle esperienze sindacali alla Zastava, la polemica
sindacale
non si è tanto svolta tra due sindacati, ma tra i dirigenti del
sindacato
"autonomo" e comitati di iniziativa.
Il vicepresidente del sindacato autonomo per l'intero gruppo Zastava è
un
lavoratore in distacco retribuito dello stabilimento "21 Ottobre" che
proprio nei giorni della nostra presenza ha ricevuto una lettera dai
nuovi
rappresentanti, eletti nello stabilimento di veicoli industriali nei
giorni
successivi al 5 ottobre, in cui si dichiara se se non darà le dimissioni
dall'incarico sindacale non percepirà più la retribuzione. Minaccia del
tutto impropria, ma non priva di senso rispetto ad altri avvenimenti
pure
indicativi della situazione esistente.
In particolare due. Quello avvenuto nello stabilimento auto, dove la
Direzione aziendale ha chiuso l'ufficio del sindacato "autonomo"
riconoscendo come interlocutore il comitato di iniziativa e la
decisione,
sempre della Direzione, di non versare più i contributi sindacali pur
continuando a trattenerli ai lavoratori. Nel primo caso, un tribunale ha
deciso la riapertura della sede del sindacato autonomo.
Resta il fatto che i lavoratori non votano.
Durante la consegna dei regali e dei soldi delle adozioni, nella sala
erano
presenti i dirigenti del sindacato "indipendente". Al termine della
consegna
abbiamo avuto un incontro con loro.
Ci hanno comunicato che una parte dei lavoratori, genitori dei bimbi da
noi
adottati, erano loro aderenti e chiedevano di avere una interlocuzione
con
noi. A questa abbiamo risposto affermativamente sottolineando che
rispetto a
bambini adottati noi non abbiamo fatto, ne faremo mai differenze
rispetto al
sindacato di appartenenza del loro padre o della loro madre. Ed alla
richiesta se potevamo aiutare due ragazze ammalate abbiamo consegnato
loro
il nostro indirizzo e i numeri di telefono e fax per poter ricevere le
schede delle bimbe ammalate e poterle aiutare. Speriamo che le schede
giungano, perché i fatti chiariscono molto di più delle intenzioni.
Rispetto alla situazione sindacale la discussione si è concentrata sulla
situazione politica, il sindacato "Nazavistnost" è - come è noto- anche
un
partito della DOS, ma non poteva essere diversamente, è stato molto
difficile esaminare gli aspetti relativi al futuro della fabbrica.
Abbiamo sottolineato come sia sempre sbagliato riprodurre sul piano
sindacale le divisioni politiche pur sapendo che le loro esperienze ed i
loro modi di concepire il sindacato sono molto diversi dai nostri.
Abbiamo insistito sulle elezioni sindacali, ma ci è stato risposto che
sono
impossibili quando i lavoratori sono a casa.
Intanto non votano.
L'incontro con le ragazze ed i ragazzi, con le famiglie.
L'incontro del 4 gennaio è il secondo che facciamo. Il ghiaccio si è
rotto.
In quello di fine ottobre era presente un diffuso senso di disagio sia
in
chi consegnava le buste con i soldi, sia in chi le riceveva. Prendevano
i
soldi, firmavano il registro della ricevuta, ci stringevano la mano,
lasciavano la sala. I bimbi sorridevano perché i soldi facevano comodo
alla
famiglia. Ma il disagio era evidente.
Grazie ai lavoratori del Politecnico di Torino, ai responsabili del loro
dopolavoro ed al Rettore ci è stata offerta l'opportunità di far
giungere ai
bambini che abbiamo adottato gli stessi regali per il natale dati ai
lavoratori del Poli: a seconda se maschi o femmine e della età. I nostri
bambini sono di religione ortodossa, le loro feste natalizie cadono il 6
e 7
gennaio ed abbiamo deciso di consegnarli assieme ad un contributo di due
mensilità per le adozioni a distanza.
Con la donazione stanziata dal Politecnico di Torino è stato possibile
non
solo acquistare i regali, ma anche acquistare una quantità di barattoli
di
cioccolato, 363 KG di "nutella ferrero", da donare a tutti i bambini. Un
barattolo a testa, il resto andrà alle famiglie più povere.
Ora il regalo (e la nutella) ai bimbi ha reso molto meno impersonale il
rapporto. Erano presenti 165 famiglie sulle 178 previste e molte si sono
fermate. La giovane campionessa di danza si è esibita nel ballo anche in
assenza della musica, riscotendo gli applausi; il giovane campione di
basket
non si è esibito ma è stato salutato da tutti.
Molte ragazze e molti ragazzi hanno aperto subito i regali. Ci è toccato
firmarne alcuni, prima i palloni di calcio e di basket, poi anche le
buste
delle donazioni.
Ritornando ci siamo detti che dovremo portare sempre un regalino per i
bambini.
Vederli sorridere felici, in fondo lo facciamo per questo.
Perché non ci serbino rancore per la guerra.
Perché prevenire è meglio che curare. Meglio sereni nel loro paese che
in un
campo di accoglienza perché clandestini.
La lotta alla destra si fa anche così.
Nota a cura di Filippo Elia e di Fulvio Perini
---
Bollettino di controinformazione del
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Sito WEB : http://digilander.iol.it/lajugoslaviavivra
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Traduzione di [JUGOINFO] Tribunale complice (1)
a cura di Alessandra
---
GLI "ERRORI INVOLONTARI" DELLA NATO SECONDO LA SIGNORA
DEL PONTE
Alejandro Teitelbaum
Avvocato, Rappresentante permanente a Ginevra
dell?Associazione Americana di Giuristi
Lyon, 6 giugno 2000
Venerdì 2 giugno 2000 il Procuratore del Tribunale
penale internazionale per l'ex-Jugoslavia, Signora
Carla Del Ponte, ha dichiarato davanti al Consiglio di
Sicurezza che aveva ricevuto molte querele da fonti
differenti accompagnate da una abbondante
documentazione con dichiarazioni che crimini di guerra
sarebbero stati commessi dal personale e dai dirigenti
della NATO durante la campagna aerea contro la
Repubblica di Jugoslavia.
La signora Del Ponte ha aggiunto che, dopo un accurato
esame della documentazione, è arrivata alla ferma
convinzione che se pur la NATO aveva commesso qualche
errore, non aveva invece attaccato deliberatamente
obiettivi civili o militari proibiti durante la
campagna aerea. (UN NEWSERVICE, 2 giugno 2000,
www.un.org).
L'Ufficio del procuratore del Tribunale penale
internazionale per l'ex-Jugoslavia ha ricevuto in
effetti molte querele contro i leaders della NATO, fra
le quali, il 7 maggio 1999, quella dell'Associazione
Americana di Giuristi e quella di un gruppo di
professori canadesi.
Alcuni dei firmatari della denuncia hanno tenuto delle
riunioni, prima con il precedente Procuratore, Signora
Louise Arbour, e poi con la Signora Del Ponte. Oltre a
denunciare l'attacco sferrato dalla NATO come in se
stesso una violazione della Carta delle Nazioni Unite,
la querela faceva notare tra gli altri i seguenti
argomenti legali:
1) la strategia adottata dalla NATO, consistente in
attacchi che partivano da basi molto lontane
(missili) o da aerei che volavano a 5000 metri
d'altezza, non hanno permesso di prendere le
"Precauzioni nell'attacco" previste dall'articolo 57
del Protocollo I delle Convenzioni di Ginevra e
violano la "Regola fondamentale" dell'articolo 48
dello stesso Protocollo: in ogni momento fare la
distinzione fra la popolazione civile e i combattenti
così come tra i beni di carattere civile e gli
obiettivi militari e, di conseguenza, non dirigere le
operazioni che contro degli obiettivi militari.
Sebbene i danni proibiti dalle Convenzioni di Ginevra
fossero prevedibili, è stato deciso (CIOE' C'E' STATA
DELIBERAZIONE E DECISIONE) di fare uso di questa
strategia. C'è stata dunque responsabilità penale
perché c'è dolo eventuale: l'autore dei fatti sa che i
danni proibiti possono prodursi (rappresentazione del
risultato), e nonostante questo agisce.
2) L'attacco generale sferrato DELIBERATAMENTE contro
le infrastrutture civili e particolarmente contro le
centrali elettriche, le fonti e le condotte di acqua
potabile, viola l'articolo 54, al. 2 del Protocollo I:
divieto di mettere fuori uso i beni indispensabili
alla sopravvivenza della popolazione civile.
Questa strategia di attacco a distanza e di
distruzione massiccia di obiettivi civili NON E' STATA
"DEGLI ERRORI" O UN SEMPLICE CASO.
In un documentario sulla guerra contro la Jugoslavia
trasmesso dalla catena di TV franco tedesca ARTE il
25/11/99, un generale dell'esercito degli Stati Uniti
che faceva parte, per sua ammissione, dei
responsabili di scegliere gli obiettivi da bombardare,
diceva che questi obiettivi sono stati scelti in
funzione di considerazioni politiche piuttosto che
militari: si trattava, diceva, piuttosto che di
annichilire le forze armate nemiche, di indebolire il
governo nemico, rendendo insopportabile la vita alla
popolazione civile. Questa non è una opinione
personale del generale: è la dottrina militare
ufficiale in vigore da molti anni nelle forze armate
degli Stati Uniti, e messa già in atto durante
l'invasione di Panama e durante la guerra del Golfo.
Questa dottrina viola manifestatamente la lettera e lo
spirito delle Convenzioni di Ginevra.
Nello stesso documentario, il Ministro degli Affari
Esteri tedesco Joshka Fischer, afferma che le
decisioni sugli obiettivi da attaccare erano prese a
Washington. Questo non esenta dalle responsabilità i
membri della NATO diversi dagli Stati Uniti, perché,
secondo il "manuale NATO", parte 1, punti 5 e 7, nella
NATO le decisioni sono prese con il consenso nel
Consiglio dell'organizzazione. Se non ci sono state
opposizioni alle decisioni prese a Washington, questo
equivale al consenso e, di conseguenza, c'è
condivisione delle responsabilità.
3) Ci sono stati anche attacchi DELIBERATI contro
civili, in condizioni particolarmente odiose: per
esempio il secondo bombardamento di un ponte sul quale
c'erano civili che stavano soccorrendo delle vittime,
anche esse civili, del primo bombardamento.
4) L'utilizzo di bombe a dispersione (cluster bombs),
fatte per distruggere obiettivi "deboli" (e quindi a
causare la morte senza distinzione del più gran numero
possibile di persone), di PROIETTILI ALL'URANIO
IMPOVERITO (che causa danni estesi e durevoli), e i
bombardamenti di fabbriche chimiche, che provocano la
dispersione di prodotti tossici nell'ambiente (danni
estesi e eventualmente durevoli), violano le
disposizioni dell?articolo 35, al. 2 del Protocollo I:
DIVIETO DI USARE PROIETTILI E MATERIALI, COME ANCHE
METODI DI GUERRA, TALI DA CAUSARE MALI SUPERFLUI;
e, dalla riga 3 dello stesso articolo: DIVIETO DI
USARE METODI E MEZZI DI GUERRA CONCEPITI PER CAUSARE,
O CHE CI SI PUO' ATTENDERE CHE CAUSERANNO, DANNI
ESTESI, DUREVOLI E GRAVI ALL'AMBIENTE NATURALE;
dall'articolo 36: nuove armi che sono o potrebbero
essere vietate dal Protocollo o da qualsiasi altra
regola di diritto internazionale (le piccole bombe che
si trovano all'interno delle bombe a dispersione e che
restano al suolo senza esplodere hanno lo stesso
effetto che le mine antiuomo, vietate dalla
Convenzione di Ottawa del 1997, in vigore dal 1 marzo
1999) e violano anche le disposizioni dell'articolo 55
dello stesso Protocollo I: "La guerra sarà condotta
avendo cura di proteggere l'ambiente naturale da danni
estesi, durevoli e gravi".
Queste azioni accuratamente pianificate e messe in
opera dalla NATO in Jugoslavia sono state ammesse dai
responsabili, sono state l'oggetto di innumerevoli
testimonianze e sono state qualificate come crimini di
guerra dai numerosi giuristi e da personalità come
Ramsey Clark, ex Procuratore della Corte Suprema degli
Stati Uniti.
Il Signot Luc Hafner, colonnello di giustizia militare
e Presidente del Tribunale Militare della Divisione I
della Svizzera, in un articolo nel quotidiano svizzero
Le Temps, il 31 maggio 1999, stima che la strategia
generale utilizzata dalla NATO con gli attacchi aerei
contro la Jugoslavia viola le Convenzioni di Ginevra e
che ci sarebbero i termini per istruire un processo
per crimini di guerra contro i suoi dirigenti.
Una informazione dell'agenzia spagnola EFE, a Londra,
del 13 luglio 1999, pubblica le dichiarazioni
dell'ex-comandante in capo delle forze armate
dell'ONU in Bosnia, il Generale britannico Michael
Rose, riportate dalla BBC: "Durante 11 settimane fu
lanciata la campagna aerea più intensa della storia
bellica e noi avemmo delle truppe di stanza che
vedevano migliaia di persone che venivano assassinate
brutalmente e più di un milione di persone cacciate
dalle loro case"...
"Essa (la NATO) avrebbe dovuto condurre una guerra
umanitaria" segnala. Aggiunge che spingendo il limite
di altezza del volo a più di 15000 piedi (4575 metri)
e non garantendo che gli obiettivi che attaccavano
erano militari, i paesi coinvolti nell'operazione
"rischiavano di violare i protocolli dell'Aja e di
Ginevra che impegnano a salvaguardare la vita dei
civili".
Questi fatti sono stati messi a repertorio in
documenti ufficiali dell'ONU. Così il Relatore
speciale sull'ex-Jugoslavia, Signor Jiri Dientsbier,
nel suo rapporto all'Assemblea Generale
[A/54/396-S/1999/1000(24/9/99)] fa menzione di
violazioni alle leggi di guerra nei paragrafi 91
(impiego di munizioni all'uranio impoverito, di bombe
a dispersione), 94 e 103 (distruzioni e danni così
come morte di civili causati dai colpi aerei della
NATO), 102 (danni causati all'ambiente).
Nell'allegato A/54/396/Add.1-S/1999/1000/Add.
1(3/11/99). Dientsbier descrive le violazioni dei
diritti dell'uomo che sono ancora commessi in Kosovo
(par. 26, 27 et 28) e. aggiunge che "è tragico che
questo avvenga attualmente in presenza della MINUK,
della KFOR e dell'OSCE".
NEL PARAGRAFO 29 DI QUESTO ALLEGATO, IL RELATORE
SPECIALE CONSTATA LA PASSIVITA' DEL TRIBUNALE PENALE
INTERNAZIONALE PER L'EX-JUGOSLAVIA DI FRONTE A QUESTE
VIOLAZIONI.
In queste violazioni c'è anche una responsabilità
della NATO, come occupante che ha il controllo
effettivo del territorio, e in virtù dell'articolo 2
della IV Convenzione di Ginevra, del "Military
Technical Agreement", Annesso A.1, del 9 giugno1999 e
del paragrafo 9 della risoluzione 1244 (1999) del
Consiglio di Sicurezza
I leaders della NATO sono anche responsabili dei
crimini commessi dall'Esercito di liberazione del
Kosovo (KLA) trasformato in "forza civile" (TMK) che
agisce sotto la tutela della KFOR, se si applica la
giurisprudenza dello stesso Tribunale per la
ex-Jugoslavia: vedere "TADIC", sentenza del 15/7/99,
par. 133, citando la Corte Internazionale di
Giustizia: ?..."Iran was held internationally
responsible for failing to prevent the attack on the
United States diplomatic premises"... anche se gli
studenti iraniani hanno agito in un primo tempo
autonomamente. E? sufficiente fare il parallelo tra le
autorità iraniane e la KFOR e fra gli studenti e il
KLA. Nella sentenza ?BLASKIC? del 3/3/2000, il
Tribunale ha ritenuto come fondamento di
responsabilità la negligenza del condannato
nell?espletamento del proprio dovere. Questa nozione è
applicabile ai cosiddetti ?errori? della NATO durante
i bombardamenti e ai crimini commessi attualmente in
Kosovo, che si trova sotto il controllo della KFOR.
Ma il procuratore del Tribunale ha scelto
semplicemente di ignorare i crimini commessi in Kosovo
dopo la sua occupazione da parte delle forze della
NATO. Durante i 78 giorni di bombardamenti contro la
Jugoslavia sono stati commessi in modo reiterato dei
crimini di guerra, così come sono definiti dalle
Convenzioni di Ginevra del 1949, i loro Protocolli
facoltativi del 1977 e le Convenzione dell?Aja del
1889 e 1907 e il suo regolamento allegato.
Sono crimini di guerra perché sono infrazioni gravi
commesse INTENZIONALMENTE (art. 85, par. 5 del
protocollo I) e i responsabili devono essere puniti
(arts. 146 e 147 della IV Convenzione di Ginevra).
Ma il Procuratore Signora Del Ponte li qualifica con
una incredibile leggerezza, seguendo alla lettera la
versione della NATO, come degli ?errori non
deliberati? che, a suo avviso, non meritano nemmeno
l?apertura di un?indagine. Crimini di guerra di una
tale gravità che potrebbero anche essere qualificati
crimini contro l?umanità (art. 6, al. C dello Statuto
del Tribunale militare internazionale di Norimberga e
art. 5 dello Statuto del Tribunale per
l?ex-Jugoslavia).
Sebbene l?iniziativa dell?accusa appartenga
esclusivamente al Procuratore, resta da sapere se i
giudici del Tribunale per l?ex-Jugoslavia, mettendo in
discussione la reputazione personale come giuristi e
intaccando quel poco di credibilità che resta al
Tribunale, vogliano avallare con loro silenzio e la
loro passività il disprezzo della Signora Dal Ponte
per i fatti, il diritto applicabile, la giurisprudenza
dello stesso Tribunale e il suo venir meno ai doveri
inerenti alla sua funzione di Procuratore.
La posta è grande e la responsabilità del Tribunale è
storica. La passività del Tribunale faciliterà il
lavoro, intrapreso dalle grandi potenze, di
demolizione della laboriosa costruzione da più di un
secolo del diritto internazionale umanitario e
spalancherà le porte alla legge della jungla su scala
internazionale.
----------------
Alejandro Teitelbaum
Avvocato, Rappresentante permanente a Ginevra
dell?Associazione Americana di Giuristi
Lyon, 6 giugno 2000
---
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DEL PONTE
Alejandro Teitelbaum
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dell?Associazione Americana di Giuristi
Lyon, 6 giugno 2000
Venerdì 2 giugno 2000 il Procuratore del Tribunale
penale internazionale per l'ex-Jugoslavia, Signora
Carla Del Ponte, ha dichiarato davanti al Consiglio di
Sicurezza che aveva ricevuto molte querele da fonti
differenti accompagnate da una abbondante
documentazione con dichiarazioni che crimini di guerra
sarebbero stati commessi dal personale e dai dirigenti
della NATO durante la campagna aerea contro la
Repubblica di Jugoslavia.
La signora Del Ponte ha aggiunto che, dopo un accurato
esame della documentazione, è arrivata alla ferma
convinzione che se pur la NATO aveva commesso qualche
errore, non aveva invece attaccato deliberatamente
obiettivi civili o militari proibiti durante la
campagna aerea. (UN NEWSERVICE, 2 giugno 2000,
www.un.org).
L'Ufficio del procuratore del Tribunale penale
internazionale per l'ex-Jugoslavia ha ricevuto in
effetti molte querele contro i leaders della NATO, fra
le quali, il 7 maggio 1999, quella dell'Associazione
Americana di Giuristi e quella di un gruppo di
professori canadesi.
Alcuni dei firmatari della denuncia hanno tenuto delle
riunioni, prima con il precedente Procuratore, Signora
Louise Arbour, e poi con la Signora Del Ponte. Oltre a
denunciare l'attacco sferrato dalla NATO come in se
stesso una violazione della Carta delle Nazioni Unite,
la querela faceva notare tra gli altri i seguenti
argomenti legali:
1) la strategia adottata dalla NATO, consistente in
attacchi che partivano da basi molto lontane
(missili) o da aerei che volavano a 5000 metri
d'altezza, non hanno permesso di prendere le
"Precauzioni nell'attacco" previste dall'articolo 57
del Protocollo I delle Convenzioni di Ginevra e
violano la "Regola fondamentale" dell'articolo 48
dello stesso Protocollo: in ogni momento fare la
distinzione fra la popolazione civile e i combattenti
così come tra i beni di carattere civile e gli
obiettivi militari e, di conseguenza, non dirigere le
operazioni che contro degli obiettivi militari.
Sebbene i danni proibiti dalle Convenzioni di Ginevra
fossero prevedibili, è stato deciso (CIOE' C'E' STATA
DELIBERAZIONE E DECISIONE) di fare uso di questa
strategia. C'è stata dunque responsabilità penale
perché c'è dolo eventuale: l'autore dei fatti sa che i
danni proibiti possono prodursi (rappresentazione del
risultato), e nonostante questo agisce.
2) L'attacco generale sferrato DELIBERATAMENTE contro
le infrastrutture civili e particolarmente contro le
centrali elettriche, le fonti e le condotte di acqua
potabile, viola l'articolo 54, al. 2 del Protocollo I:
divieto di mettere fuori uso i beni indispensabili
alla sopravvivenza della popolazione civile.
Questa strategia di attacco a distanza e di
distruzione massiccia di obiettivi civili NON E' STATA
"DEGLI ERRORI" O UN SEMPLICE CASO.
In un documentario sulla guerra contro la Jugoslavia
trasmesso dalla catena di TV franco tedesca ARTE il
25/11/99, un generale dell'esercito degli Stati Uniti
che faceva parte, per sua ammissione, dei
responsabili di scegliere gli obiettivi da bombardare,
diceva che questi obiettivi sono stati scelti in
funzione di considerazioni politiche piuttosto che
militari: si trattava, diceva, piuttosto che di
annichilire le forze armate nemiche, di indebolire il
governo nemico, rendendo insopportabile la vita alla
popolazione civile. Questa non è una opinione
personale del generale: è la dottrina militare
ufficiale in vigore da molti anni nelle forze armate
degli Stati Uniti, e messa già in atto durante
l'invasione di Panama e durante la guerra del Golfo.
Questa dottrina viola manifestatamente la lettera e lo
spirito delle Convenzioni di Ginevra.
Nello stesso documentario, il Ministro degli Affari
Esteri tedesco Joshka Fischer, afferma che le
decisioni sugli obiettivi da attaccare erano prese a
Washington. Questo non esenta dalle responsabilità i
membri della NATO diversi dagli Stati Uniti, perché,
secondo il "manuale NATO", parte 1, punti 5 e 7, nella
NATO le decisioni sono prese con il consenso nel
Consiglio dell'organizzazione. Se non ci sono state
opposizioni alle decisioni prese a Washington, questo
equivale al consenso e, di conseguenza, c'è
condivisione delle responsabilità.
3) Ci sono stati anche attacchi DELIBERATI contro
civili, in condizioni particolarmente odiose: per
esempio il secondo bombardamento di un ponte sul quale
c'erano civili che stavano soccorrendo delle vittime,
anche esse civili, del primo bombardamento.
4) L'utilizzo di bombe a dispersione (cluster bombs),
fatte per distruggere obiettivi "deboli" (e quindi a
causare la morte senza distinzione del più gran numero
possibile di persone), di PROIETTILI ALL'URANIO
IMPOVERITO (che causa danni estesi e durevoli), e i
bombardamenti di fabbriche chimiche, che provocano la
dispersione di prodotti tossici nell'ambiente (danni
estesi e eventualmente durevoli), violano le
disposizioni dell?articolo 35, al. 2 del Protocollo I:
DIVIETO DI USARE PROIETTILI E MATERIALI, COME ANCHE
METODI DI GUERRA, TALI DA CAUSARE MALI SUPERFLUI;
e, dalla riga 3 dello stesso articolo: DIVIETO DI
USARE METODI E MEZZI DI GUERRA CONCEPITI PER CAUSARE,
O CHE CI SI PUO' ATTENDERE CHE CAUSERANNO, DANNI
ESTESI, DUREVOLI E GRAVI ALL'AMBIENTE NATURALE;
dall'articolo 36: nuove armi che sono o potrebbero
essere vietate dal Protocollo o da qualsiasi altra
regola di diritto internazionale (le piccole bombe che
si trovano all'interno delle bombe a dispersione e che
restano al suolo senza esplodere hanno lo stesso
effetto che le mine antiuomo, vietate dalla
Convenzione di Ottawa del 1997, in vigore dal 1 marzo
1999) e violano anche le disposizioni dell'articolo 55
dello stesso Protocollo I: "La guerra sarà condotta
avendo cura di proteggere l'ambiente naturale da danni
estesi, durevoli e gravi".
Queste azioni accuratamente pianificate e messe in
opera dalla NATO in Jugoslavia sono state ammesse dai
responsabili, sono state l'oggetto di innumerevoli
testimonianze e sono state qualificate come crimini di
guerra dai numerosi giuristi e da personalità come
Ramsey Clark, ex Procuratore della Corte Suprema degli
Stati Uniti.
Il Signot Luc Hafner, colonnello di giustizia militare
e Presidente del Tribunale Militare della Divisione I
della Svizzera, in un articolo nel quotidiano svizzero
Le Temps, il 31 maggio 1999, stima che la strategia
generale utilizzata dalla NATO con gli attacchi aerei
contro la Jugoslavia viola le Convenzioni di Ginevra e
che ci sarebbero i termini per istruire un processo
per crimini di guerra contro i suoi dirigenti.
Una informazione dell'agenzia spagnola EFE, a Londra,
del 13 luglio 1999, pubblica le dichiarazioni
dell'ex-comandante in capo delle forze armate
dell'ONU in Bosnia, il Generale britannico Michael
Rose, riportate dalla BBC: "Durante 11 settimane fu
lanciata la campagna aerea più intensa della storia
bellica e noi avemmo delle truppe di stanza che
vedevano migliaia di persone che venivano assassinate
brutalmente e più di un milione di persone cacciate
dalle loro case"...
"Essa (la NATO) avrebbe dovuto condurre una guerra
umanitaria" segnala. Aggiunge che spingendo il limite
di altezza del volo a più di 15000 piedi (4575 metri)
e non garantendo che gli obiettivi che attaccavano
erano militari, i paesi coinvolti nell'operazione
"rischiavano di violare i protocolli dell'Aja e di
Ginevra che impegnano a salvaguardare la vita dei
civili".
Questi fatti sono stati messi a repertorio in
documenti ufficiali dell'ONU. Così il Relatore
speciale sull'ex-Jugoslavia, Signor Jiri Dientsbier,
nel suo rapporto all'Assemblea Generale
[A/54/396-S/1999/1000(24/9/99)] fa menzione di
violazioni alle leggi di guerra nei paragrafi 91
(impiego di munizioni all'uranio impoverito, di bombe
a dispersione), 94 e 103 (distruzioni e danni così
come morte di civili causati dai colpi aerei della
NATO), 102 (danni causati all'ambiente).
Nell'allegato A/54/396/Add.1-S/1999/1000/Add.
1(3/11/99). Dientsbier descrive le violazioni dei
diritti dell'uomo che sono ancora commessi in Kosovo
(par. 26, 27 et 28) e. aggiunge che "è tragico che
questo avvenga attualmente in presenza della MINUK,
della KFOR e dell'OSCE".
NEL PARAGRAFO 29 DI QUESTO ALLEGATO, IL RELATORE
SPECIALE CONSTATA LA PASSIVITA' DEL TRIBUNALE PENALE
INTERNAZIONALE PER L'EX-JUGOSLAVIA DI FRONTE A QUESTE
VIOLAZIONI.
In queste violazioni c'è anche una responsabilità
della NATO, come occupante che ha il controllo
effettivo del territorio, e in virtù dell'articolo 2
della IV Convenzione di Ginevra, del "Military
Technical Agreement", Annesso A.1, del 9 giugno1999 e
del paragrafo 9 della risoluzione 1244 (1999) del
Consiglio di Sicurezza
I leaders della NATO sono anche responsabili dei
crimini commessi dall'Esercito di liberazione del
Kosovo (KLA) trasformato in "forza civile" (TMK) che
agisce sotto la tutela della KFOR, se si applica la
giurisprudenza dello stesso Tribunale per la
ex-Jugoslavia: vedere "TADIC", sentenza del 15/7/99,
par. 133, citando la Corte Internazionale di
Giustizia: ?..."Iran was held internationally
responsible for failing to prevent the attack on the
United States diplomatic premises"... anche se gli
studenti iraniani hanno agito in un primo tempo
autonomamente. E? sufficiente fare il parallelo tra le
autorità iraniane e la KFOR e fra gli studenti e il
KLA. Nella sentenza ?BLASKIC? del 3/3/2000, il
Tribunale ha ritenuto come fondamento di
responsabilità la negligenza del condannato
nell?espletamento del proprio dovere. Questa nozione è
applicabile ai cosiddetti ?errori? della NATO durante
i bombardamenti e ai crimini commessi attualmente in
Kosovo, che si trova sotto il controllo della KFOR.
Ma il procuratore del Tribunale ha scelto
semplicemente di ignorare i crimini commessi in Kosovo
dopo la sua occupazione da parte delle forze della
NATO. Durante i 78 giorni di bombardamenti contro la
Jugoslavia sono stati commessi in modo reiterato dei
crimini di guerra, così come sono definiti dalle
Convenzioni di Ginevra del 1949, i loro Protocolli
facoltativi del 1977 e le Convenzione dell?Aja del
1889 e 1907 e il suo regolamento allegato.
Sono crimini di guerra perché sono infrazioni gravi
commesse INTENZIONALMENTE (art. 85, par. 5 del
protocollo I) e i responsabili devono essere puniti
(arts. 146 e 147 della IV Convenzione di Ginevra).
Ma il Procuratore Signora Del Ponte li qualifica con
una incredibile leggerezza, seguendo alla lettera la
versione della NATO, come degli ?errori non
deliberati? che, a suo avviso, non meritano nemmeno
l?apertura di un?indagine. Crimini di guerra di una
tale gravità che potrebbero anche essere qualificati
crimini contro l?umanità (art. 6, al. C dello Statuto
del Tribunale militare internazionale di Norimberga e
art. 5 dello Statuto del Tribunale per
l?ex-Jugoslavia).
Sebbene l?iniziativa dell?accusa appartenga
esclusivamente al Procuratore, resta da sapere se i
giudici del Tribunale per l?ex-Jugoslavia, mettendo in
discussione la reputazione personale come giuristi e
intaccando quel poco di credibilità che resta al
Tribunale, vogliano avallare con loro silenzio e la
loro passività il disprezzo della Signora Dal Ponte
per i fatti, il diritto applicabile, la giurisprudenza
dello stesso Tribunale e il suo venir meno ai doveri
inerenti alla sua funzione di Procuratore.
La posta è grande e la responsabilità del Tribunale è
storica. La passività del Tribunale faciliterà il
lavoro, intrapreso dalle grandi potenze, di
demolizione della laboriosa costruzione da più di un
secolo del diritto internazionale umanitario e
spalancherà le porte alla legge della jungla su scala
internazionale.
----------------
Alejandro Teitelbaum
Avvocato, Rappresentante permanente a Ginevra
dell?Associazione Americana di Giuristi
Lyon, 6 giugno 2000
---
Bollettino di controinformazione del
Coordinamento Nazionale "La Jugoslavia Vivra'"
Sito WEB : http://digilander.iol.it/lajugoslaviavivra
I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente le
opinioni delle realta' che compongono il Coordinamento, ma
vengono fatti circolare per il loro contenuto informativo al
solo scopo di segnalazione e commento ("for fair use only")
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Jugoslavia Vivra'":
---
Ciao a tutti!
Con il piccolo ritardo, causa lavoro, vi do un primo resoconto del
nostro viaggio in Jugoslavia, durante le feste di fine anno, con Mara di
Mir 2000 di Cremona. Mi scuso di eventuali errori, che saranno più del
solito vista la lunghezza del testo.
Abbiamo consegnato gli aiuti che Mara ha portato alle "sue" famiglie di
Jagodina e parlato con una di loro - situazione disastrosa, ovviamente.
Abbiamo preso contatti con una piccola associazione locale che aiuta i
bambini malati di sclerosi multipla, distrofia e malattie simili, che ci
ha consegnato una videocassetta e fatto vedere delle foto - stanno per
fare un centro dove questi bambini saranno ospitati. Ci manderanno la
lista di medicine e altro che serve - cercano qualcuno che faccia
qualcosa anche per loro
Siamo stati ospiti a Kragujevac il giorno della consegna di soldi e
regali alle famiglie con i bambini adottati a distanza, quindi ci siamo
visti anche con Enrico, Rino e altri di Torino, e ovviamente con Rajka,
Ruzica e Sreten. Situazione, dicono, sempre peggio. Minacce e
intimidazioni. Ho letto velocemente (e praticamente di nascosto) la loro
denuncia delle irregolarità nei preparativi per le elezioni sindacali
mancate. Spero che i compagni di Torino abbiano delle fotocopie di
questo e alcuni altri documenti promessimi dalla Rajka - fatemi sapere,
per favore!
Abbiamo consegnato le medicine al Reparto pediatrico dell'Istituto
Oncologico di Belgrado, proseguendo il Progetto di solidarietà iniziato
dal Comitato contro la guerra di Sesto S.G. 15 mesi fa.
Abbiamo avuto due incontri più strettamente politici, uno con SKJ e uno
con il Partito del lavoro, piuttosto strano. Non siamo riusciti a
passare da quelli del NKPJ, perché mancava il tempo, ma qualcosa abbiamo
saputo dagli altri, e poi, se non sbaglio, alcuni altri compagni sono
sempre in collegamento con loro.
* * *
Venerdì, 5 gennaio, a Belgrado, abbiamo incontrato il segretario
generale del SKJ - Lega dei comunisti jugoslavi in Serbia, Stevan
Mirkovic. Appena riesco, vi mando più cose, intanto faccio una prima
scelta dal materiale che mi ha dato e quello che mi ha detto in
un'"intervista" di mezz'oretta.
SKJ pubblica un giornale informativo, "Stvarnost" = "Realtà", che non
sto adesso a descrivere, anche se è molto carino, ve lo porterò alla
prossima riunione. Comunque, alcuni "slogan": "Il rinnovo degli spazi e
valori della SFRJ", "il potere della classe operaia", e anche "Smrt
fasizmu - radost Jugoslovenima": morte al fascismo - gioia agli
Jugoslavi.
La cosa più importante di cui abbiamo parlato e di cui parla uno dei due
numeri del giornale è, ovviamente, KORAK, la coalizione
comunista-operaia, come la definiscono. SKJ ne è uno dei principali
esponenti.
Quindi:
"partendo dal indispensabile bisogno di difendere gli interessi della
classe operaia, dei contadini e di tutti i creatori dei valori esposti
allo sfruttamento del capitale, e esprimendo la volontà dei propri
membri e organi in questo momento storico, i delegati dei partiti operai
e comunisti, il giorno 3.11.2000 a Belgrado, hanno accettato
UN ACCORDO DI COALIZIONE DEI PARTITI COMUNISTI E OPERAI
DI PRESENTARSI UNITI ALLE ELEZIONI IN SERBIA"
Seguono gli otto articoli dell'Accordo:
1 - gli obiettivi alle elezioni della Coalizione
2 - i rapporti fra i membri della stessa
3 - la lista
4 - comunicazioni con la pubblica opinione
5 - il "quartiere generale" per le elezioni
6 - i mezzi materiali
7 - il corpo del coordinamento
8 - accettazione dell'Accordo
I firmatari dell'Accordo sono i seguenti partiti:
1. Comunisti jugoslavi (Jugoslovenski komunisti)
2. Lega dei comunisti jugoslavi (Savez komunista Jugoslavije)
3. Lega dei comunisti jugoslavi in Serbia (Savez komunista Jugoslavije u
Srbiji)
4. Classe operaia jugoslava (Jugoslovenska radnicka klasa)
5. Lega dei comunisti jugoslavi - Partito comunista della Serbia (Savez
komunista Jugoslavije - Komunisticka partija Srbije)
6. Centro Tito (Centar Tito)
7. Partito operaio jugoslavo (Radnicka stranka Jugoslavije)
8. Lega degli operai della Jugoslavia (Savez radnika Jugoslavije)
9. Partito comunista jugoslavo (Komunisticka partija Jugoslavije)
10. Partito socialista popolare jugoslavo (Socijalisticka narodna
stranka Jugoslavije)
11. Movimento operaio (Radnicki pokret)
12. Lega degli operai della Serbia (Savez radnika Srbije)
E' previsto per la primavera il Congresso in cui tutti questi partiti
dovrebbero unirsi in uno. Sono piccoli partiti nati qua e là durante gli
anni '80 o '90, che pensano che uniti saranno più forti e potranno fare
di più.
Spero di potervi dare anche altre notizie, se non per la lista, almeno
per la prossima riunione.
Saluti a tutti,
Ivana
del Comitato contro la guerra di Sesto S. Giovanni
* * *
Da "Stvarnost":
L'articolo 238 della Costituzione della SFRJ, del 1974:
Nessuno ha diritto di ammettere o firmare la capitolazione, né di
accettare o ammettere l'occupazione della SFRJ o una sua parte. Nessuno
ha diritto di ostacolare i cittadini della SFRJ nella lotta contro il
nemico che ha attaccato il paese. Atti del genere sono
anticostituzionali e vanno puniti come "tradimento del paese".
Il tradimento del paese è il crimine più grave verso il popolo e va
punito come gravissimo reato penale.
* * *
CERCASI!!!
JOSIP BROZ TITO
Per il fondato sospetto che ha commesso i seguenti "atti criminali":
per 50 anni ha severamente vietato
GUERRA, PROFUGHI, FAME, POVERTÀ, SCIOVINISMO
ha dato a tutti il diritto a
EDUCAZIONE E CURE GRATUITE, PENSIONI SICURE
il DINARO nei suoi tempi era moneta
e non UNITÀ DI INFLAZIONE
teneva nelle prigioni
GLI SCIOVINISTI DI TUTTI I COLORI, DI CUI ALCUNI SONO ORA AL POTERE
- - -
I simpatizzanti di Josip Broz vanno considerati pericolosi perché armati
di ARGOMENTI!!!
---
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