Informazione


PER ANDREA ROCCHELLI E ANDREJ MIRONOV, TRE ANNI DOPO

1) Il fotoreporter morto in Ucraina. «È stato ucciso in un agguato»(C. Giuzzi / CdS, 6/5/2017)
2) Parlano per la prima volta i genitori del fotografo morto nel 2014 a Sloviansk (L. Sgueglia / L'Espresso, 10/10/2016)
3) Perché Kiev non dice la verità sulla morte di Andy Rocchelli? (M. Allevato / Il Foglio, 23/5/2015)


--- SUL DUPLICE OMICIDIO SEGNALIAMO ANCHE:

Professione reporter: ricordando Andy Rocchelli  (Radio3 Mondo, 01/05/2017)
Puntata speciale dedicata ad Andy Rocchelli, il giovane fotoreporter italiano ucciso insieme al suo interprete Andrei Mironov, durante la realizzazione di un reportage sulla guerra in Donbass, il 24 maggio di 3 anni fa... il documentario di Elisabetta Ranieri riproporrà gli audio ritrovati tra gli effetti personali del fotografo e restituiti alla famiglia, interviste realizzate durante i giorni chiave della proclamazione della Repubblica indipendente di Donetsk con la popolazione stremata nascosta nei bunker. Sarà un modo per ricordare il sacrificio di Andrea Rocchelli attraverso queste voci e attraverso le testimonianze di chi l’ha conosciuto, la sua famiglia, i suoi colleghi del collettivo di fotoreporter Cesura, gli organizzatori del Festival dei diritti umani di Milano che ricorderanno proprio in questi giorni questa triste vicenda che non vede ancora una colpevole. A Milano saranno anche in mostra gli ultimi scatti di Andy. Sarà il contributo di Radio3mondo, in questo 1 maggio, alla difesa di una professione, quella del giornalista, sempre più sotto attacco.
AUDIO: http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-1f3e7afd-b9a7-4995-90b5-8a4e5078fce4.html

--- ALTRE BREVI E LINK SULLA VIOLAZIONE DELLA LIBERTA' DI STAMPA IN UCRAINA:

Ucraina, torturato e ucciso il giornalista filorusso rapito (di Redazione Online CdS, 14 luglio 2014)
http://www.corriere.it/esteri/14_luglio_14/ucraina-torturato-ucciso-giornalista-filorusso-rapito-6da5fd04-0b36-11e4-9c81-35b5f1c1d8ab.shtml
L’uomo era sparito quasi un mese fa mentre raccoglieva informazioni sulle violazioni dei diritti umani delle forze ucraine
Serghei Dolgov, un giornalista di Mariupol (Ucraina orientale) sequestrato il 18 giugno scorso, è stato trovato morto vicino a Dnipropetrovsk (Ucraina centrale): lo ha reso noto su Facebook Konstatin Dolgov, co-presidente dell’organizzazione separatista filorussa Fronte popolare Novorossia, secondo il quale dopo il rapimenti il suo omonimo sarebbe stato portato a Dnipopetrovsk e torturato. La vittima era il direttore del giornale «Khaciu´ v Sssr» («Voglio tornare all’Urss») e raccoglieva informazioni sulle violazioni dei diritti umani delle forze ucraine nel conflitto nell’est del Paese.

Deputata PD sostiene chi uccide i giornalisti (fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 22/1/2015)
https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/photos/a.588029701278288.1073741828.587994241281834/763652713715985/ 
La deputata PD Eleonora Cimbro racconta su FB [
]  dell'incontro con l'ambasciatore ucraino Perelygin, ovvero colui che lo scorso giugno a Catania gridava "viva Bandera!" - il nazionalfascista ucraino, collaborazionista dei nazisti, che durante la seconda guerra mondiale fece stragi di civili nell'Ucraina occidentale. Ci si sarebbe aspettata una discussione a proposito della repressione dell'opposizione, della violenta censura contro la stampa o dello stato delle indagini sull'assassinio del giornalista italiano Andrea Rocchelli - ucciso dall'esercito ucraino. Niente di tutto ciò. Alla Cimbro è parso più interessante discutere della situazione di tale Savchenko, militare ucraina di estrema destra, combattente nelle file del battaglione di volontari Ajdar, arrestata e reclusa in Russia in quanto sospettata di aver ucciso due giornalisti russi. E' spontaneo chiedere: per chi lavorano certi parlamentari?
*** A proposito di Perelygin: 
Catania. Contestato l'ambasciatore ucraino che inneggia al nazista Bandera (Redazione Contropiano, 20 Giugno 2014)

Giornalista “France-Presse” ferito in bombardamento esercito ucraino a Donetsk (14.06.2015)
Alexander Gayuk, giornalista dell'agenzia stampa “France-Presse”, residente nel quartiere Kuibyshevsky di Donetsk, è stato colpito alla gamba al momento di un bombardamento, ha riferito il capo della amministrazione del distretto cittadino Ivan Prikhodko...

Vi racconto la storia del mio arresto in Ucraina (di Franco Fracassi, 26 giugno 2015)
Arrestato a Kiev appena sbarcato con l’accusa di essere «nemico del popolo ucraino». Il mio reato? Aver fatto il mio lavoro di giornalista. E dopo l’arresto, la scoperta di far parte della lista nera degli squadroni della morte...

Ucraina, espulsa giornalista russa e il Cremlino replica: "Inaccettabile" (Andrea Riva - Gio, 02/07/2015)
Alexandra Tcherepnina, della tv russa Pervy Kanal, ha realizzato un documentario per provare la presenza nazista in Ucraina ed è stata accusata di "attività distruttive" dal governo di Kiev...
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ucraina-espulsa-giornalista-russa-e-cremlino-replica-inaccet-1147637.html

The revealing case of Ukrainian journalist Igor Guzhva. Editor-in-chief of largest daily to be silenced (By Sergei Kiritchuk, 17/08/2015)
Igor Guzhva is one of the most profiled journalists of Ukraine. He has been daring, however, not to follow the political narrative of the government and Ukrainian nationalism at large. Therefore the authorities have been prosecuting him and seem to take the final step in silencing one of the few remaining dissenting voices.
http://www.antiimperialista.org/igor_guzhva

#JesuisBBC: Poroshenko bans western journalists from Ukraine (RT, 17 Sep, 2015)
... President Poroshenko has distracted the Western media from its important role as a cheerleader for his government. Banning BBC journalists was a big mistake for the chocolate king...

Savchenko: Kiev e Washington comandano a Mosca la sua scarcerazione (di Fabrizio Poggi, 23 marzo 2016)
La procura aveva chiesto 23 anni di colonia per Nadežda Savchenko, riconosciuta colpevole di concorso in omicidio per la morte dei giornalisti russi Igor Korneljuk e Anton Vološin e tentato omicidio di civili di Lugansk e, alla fine, il tribunale l’ha condannata a 22 anni di colonia a regime ordinario...
http://contropiano.org/news/internazionale-news/2016/03/23/savchenko-kiev-washington-comandano-mosca-la-sua-scarcerazione-076993

L’Ucraina diventa “antidemocratica” solo ora che attacca i giornalisti occidentali (di Eugenio Cipolla. 3.6.2016)
... il 7 maggio il sito web ucraino Mirotvorest (traduzione di Peacemaker), gestito da hacker anonimi filogovernativi, ha pubblicato una lista dei 4.000 giornalisti (con numeri di telefono, mail e indirizzi di casa) che almeno una volta, in questi ultimi due anni, sono stati accreditati in Donbass, per seguire gli sviluppi di un conflitto che, nel bene e nel male, ha influenzato gli equilibri politici mondiali. La pubblicazione aveva un titolo incontrovertibile: ”Canaglie”. Dentro ci sono i nomi di tutti. Reuters, Bbc, Sky news, ma anche Repubblica (Nicola Lombardozzi) e Corriere della Sera (Fabrizio Dragosei). E forse è proprio per questo che il quotidiano di Via Solferino si è improvvisamente svegliato...

Ucraina cuore nero dell’Europa. Arrestata giornalista antifascista (di Patrizia Buffa, 17 agosto 2016)
L’arresto di Miroslava Berdnik, avvenuto a Kiev, nella mattina del 16 agosto 2016, ancora una volta restituisce, con brutale realismo, il senso, la drammaticità e le dimensioni della violenza che il regime fascista di Kiev sta consumando alle porte dell’Europa...


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Il fotoreporter morto in Ucraina. «È stato ucciso in un agguato»

Dopo quasi tre anni svolta nelle indagini sull’italiano Andrea Rocchelli: «Andy», fondatore e membro del collettivo di fotografi indipendenti «Cesura», è stato ucciso ad Andreyevka, vicino alla città ucraina di Sloviansk, il 24 maggio 2014

di Cesare Giuzzi, 6 maggio 2017

Andy non è morto per errore. Non è stato un «danno collaterale» della guerra del Donbass e dei ribelli filorussi. No, quello di Andrea Rocchelli, fotoreporter del collettivo indipendente Cesura, è stato un omicidio volontario. Un bombardamento ripetuto con 40-60 colpi di mortaio e durato più di mezz’ora. Un fuoco «continuato», come scrivono gli investigatori, con le truppe d’artiglieria che prima sparano colpi di mitra contro il taxi dove si trovavano Andy Rocchelli, il suo interprete e giornalista russo, Andrei Mironov e l’inviato francese William Roguelon. Poi si concentrano in modo specifico sulla «buca» dove hanno trovato riparo il fotografo e l’interprete. Fino ad avere la certezza di averli uccisi. 
Dopo tre anni da quel 24 maggio 2014, arriva la prima vera svolta nelle indagini sulla morte del fotoreporter in Ucraina. Il sostituto procuratore di Pavia Andrea Zanoncelli e l’aggiunto Mario Venditti sono convinti che Rocchelli, nato e cresciuto proprio sulle rive del Ticino, sia stato ucciso volontariamente in un agguato e non in un incidente di guerra. Una tesi che in qualche modo collima con quanto sostenuto dalla famiglia e anche dall’unico sopravvissuto all’attacco (l’autista del taxi non venne mai identificato), il francese Roguelon. Proprio il reporter transalpino è stato interrogato venti giorni fa a Milano dai carabinieri del Ros, guidati dal colonnello Paolo Storoni.

[VIDEO: Ucraina, morto Andy Rocchelli. Il racconto del collega francese (25.5.2014)

Gli inquirenti, dopo uno stallo durato più di due anni, sono riusciti a dare nuova linfa alle indagini sequestrando anche documenti inediti. Finora, nonostante gli appelli della famiglia, le rogatorie con Kiev e Mosca non avevano di fatto portato a nessun passo avanti nell’inchiesta (il fascicolo originariamente era stato aperto a Roma). Le risposte arrivate da Kiev sono state giudicate «non soddisfacenti» anche solo per ricostruire la dinamica della sparatoria. Gli investigatori sono adesso convinti di avere individuato una possibile pista dietro l’agguato e, anche se il riserbo resta massimo, potrebbero aver fatto luce anche sugli uomini che fecero parte del gruppo di fuoco di Andreyevka, vicino alla città ucraina di Sloviansk.

[FOTO: Ucraina, gli scatti di Andy Rocchelli

Tra il nuovo materiale sequestrato anche gli archivi sui quali Rocchelli conservava le fotografie scattate durante le giornate di lavoro, i supporti virtuali icloud con i quali inviava il materiale in Italia, a Pianello Val Tidone nel Piacentino dove ha sede il collettivo Cesura, e anche parte dei file che da quegli hardware erano stati cancellati. Il sospetto, ma al momento su questo non ci sono conferme, è che Rocchelli e il giornalista ed ex dissidente russo Mironov, siano stati ammazzati dal fuoco delle truppe ucraine. L’obiettivo principale sarebbe stato proprio Mironov. Ma anche Rocchelli, che già si era occupato della guerra in Cecenia, era un nome piuttosto noto tra i «war reporter» nell’ex Urss.

[VIDEO: Andy Rocchelli: «Ecco come lavora un reporter oggi» (25.5.2014)

I magistrati italiani stanno per chiedere una nuova rogatoria alle autorità ucraine. A questo si unisce la notizia di un secondo filone di indagini nel Maceratese che riguarda possibili contatti tra un trafficante d’armi ascolano e alcuni russi collegati all’inchiesta sulla morte di Rocchelli. L’indagine è condotta dal Ros di Ancona, ma gli investigatori escludono ogni collegamento tra i due fascicoli. Anche se sarebbero emersi elementi «suggestivi».


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Vedi anche:

Andrea Rocchelli, attivista della verità (10 ottobre 2016)
Andrea è stato ucciso a 30 a colpi di mortaio, la sera del 24 maggio 2014, in Est Ucraina dove si trovava per documentare le sofferenze della popolazione civile. Nel 2015 gli è stato attribuito postumo il World Press Photo  

Gli ultimi scatti di Andrea Rocchelli prima di essere ucciso (di Tiziana Faraoni, 10 ottobre 2016)
Pubblichiamo un documento unico che ci dice molto  su “Andy”: le immagini scattate sono la testimonianza della capacità e della caparbietà dell’uomo e del fotoreporter, mosso da una tenacia militante e da una passione per la sua professione che lo hanno portato a mostrarci perfino i momenti 
che precedono la sua morte
http://espresso.repubblica.it/visioni/cultura/2016/10/06/news/andrea-rocchelli-1.285200

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Diteci perché è stato ucciso Andrea Rocchelli

«L’Ucraina vuole chiudere l’inchiesta. Senza cercare chi ha sparato. E ora l’unica speranza è che il governo italiano faccia vere pressioni su Kiev». Parlano per la prima volta Rino Rocchelli e Elisa Signori, i genitori del fotografo morto nel 2014 a Sloviansk 

di Lucia Sgueglia, 10 ottobre 2016

A oltre due anni dalla morte di Andrea Rocchelli e Andrey Mironov a Sloviansk, sono arrivati i risultati dell’inchiesta ucraina, trasmessi da Kiev al Ministero di Grazia e Giustizia a Roma in risposta alla rogatoria internazionale lanciata nel 2015 dalla Procura competente di Pavia. Elisa Signori e Rino Rocchelli, i genitori di Andrea, in anteprima per “l’Espresso”commentano i contenuti del fascicolo, dicendosi «molto delusi». E lanciano un appello al governo Renzi: «Aiutateci a fare chiarezza, ora serve un intervento politico». Accompagnano l’intervista le ultime foto scattate da Andrea in punto di morte, totalmente inedite. 

Il lancio della rogatoria segue a una lunga fase di silenzio degli ucraini dopo l’accaduto. Le conclusioni vi soddisfano? 
E.S.: «Il dossier, molto corposo, è arrivato dopo ripetuti solleciti dell’ambasciatore italiano a Kiev, Fabrizio Romano, del ministro Gentiloni e della Procura di Pavia. A breve si attende anche l’esito dell’indagine francese. Il risultato per noi è molto insoddisfacente, carente, elusivo. A partire dalle testimonianze: la maggior parte irrilevanti, non pertinenti. Manca il testimone oculare più importante, il fotografo francese William Roguelon sopravvissuto miracolosamente all’attacco. E non è stato interpellato nessun militare, nonostante l’esercito di Kiev avesse una postazione fissa a poca distanza dal luogo della tragedia. Probabilmente c’erano anche postazioni mobili dei ribelli.
R.R.: «Anche la perizia balistica, condotta con un anno e mezzo di ritardo, è inconsistente: conclude che non si può stabilire né la provenienza né il tipo dei proiettili. La deposizione dell’autista, l’altro testimone oculare, contiene omissioni e falsi.

Nel dossier tuttavia per la prima volta l’Ucraina ammette ufficialmente la possibilità che a colpire possa essere stato il proprio esercito. 
E.S.: «Le conclusioni lasciano aperte due ipotesi: si dice che possono essere morti per fuoco dei ribelli separatisti, oppure “per errore” da fuoco militare ucraino. Con questo, senza nemmeno una conclusione univoca, le autorità ucraine dichiarano di chiudere il caso. Non siamo d’accordo, non ci basta. Indica mancanza di volontà di far chiarezza su un caso scomodo, un caso difficile.

Cosa volete da Kiev? 
R.R.: «Vogliamo che vengano svolte indagini serie. E stabilire una responsabilità precisa. Finora il governo ucraino non aveva nemmeno dato una versione ufficiale dei fatti. Nei giorni successivi alla morte di Andrea, i media ucraini avevano diffuso la tesi della responsabilità dei filorussi.

Che ruolo ha l’Italia nella vicenda? Cosa vi aspettate dal governo Renzi?
E.S.: «L’iter della giustizia internazionale ha sortito un risultato assai deludente. La Procura potrà chiedere un supplemento di indagine, ma è un cammino lunghissimo e non sembra che Kiev desideri una collaborazione costruttiva. La giustizia qui ha strumenti spuntati. Per impedire l’insabbiamento della vicenda, ora serve un salto di qualità, un intervento politico dall’Italia.
R.R.: «Serve fare pressione a livello politico-diplomatico, un passo più ufficiale. Il governo italiano non può considerare accettabile questo risultato. Occorre impugnare questa sorta di ambiguità e chiedere che venga fatta luce sulla morte violenta di un cittadino italiano, sulla quale finora non sono state date risposte adeguate. La nostra è una richiesta di aiuto: ora ci sono elementi perché la diplomazia si muova.

Cosa lo ha impedito finora?
E.S.: «C’è stata molta tolleranza del governo italiano nell’attendere oltre due anni una risposta che forse poteva venire prima. A lungo Kiev ha usato l’alibi della guerra in corso. Ma Sloviansk è in pace da molto tempo, il ritardo nella consegna del dossier è poco spiegabile. Roma ha scelto di attendere con fiducia i risultati di un paese che è amico e ha con noi relazioni commerciali».

Avete aderito in via privata alla petizione Regeni. So che non volete paragonare le due storie. Eppure hanno qualcosa in comune: l’età, le insinuazioni che Giulio o Andy se la siano “cercata”…
E.S.: «Siamo pienamente solidali con la famiglia Regeni e la loro necessità di giustizia. Ma i due casi sono diversi: lì il contesto dei servizi segreti, qui politica ed esercito. Di entrambi, è vero, è stato detto che sono giovani sprovveduti, e per parlarne si usa sempre l’espressione “ragazzi”: quasi a conferire un alone di immaturità e inesperienza che spiega ciò che gli è successo. In realtà sono giovani uomini che affrontano situazioni difficili con competenza. Nel caso di Andrea e Andrey, una coppia di giornalisti esperti. Andrea era stato per lavoro in diverse zone calde, anche di guerra. Mironov aveva la nostra età ed era noto per la sua prudenza e conoscenza delle situazioni di crisi. Non se la sono “andati a cercare”.
R.R.: «Certo, la situazione a Sloviansk si è aggravata ed è precipitata proprio in quel momento, in coincidenza con elezioni. Andrey e Andrea sono stati i primi due giornalisti vittime del conflitto in Ucraina. Dopo di loro ne sono stati uccisi altri, di nazionalità russa. Va ricordato tuttavia che ufficialmente per Kiev non c’è mai stata una “guerra civile” nell’Est del paese: ancora oggi viene definita dal governo una “operazione anti-terrorismo”».

Con Regeni l’Italia ha tentato pressioni sull’Egitto, pure paese “amico”. Come mai per Andy non è accaduto? 
R.R.: «L’Ucraina di fatto fa il primo passo solo adesso, dopo due anni. La sua strategia è stata prendere tempo, dilazionare, accettando al contempo formalmente le richieste italiane di collaborazione».

Un caso “ostaggio della geopolitica”? Nel conflitto ucraino Usa, UE e Italia si sono formalmente schierate con Kiev, contro la Russia che appoggiava i separatisti. Proprio pochi giorni fa si è conclusa l’inchiesta internazionale sull’abbattimento del Boeing MH17 a luglio 2014 vicino Donetsk, attribuendo la responsabilità ai russi: un macigno sui rapporti con Mosca.
E.S.: «Ne siamo consapevoli. La morte di Andrea e Andrey si è verificata sulla soglia tra la crisi ucraina e la guerra civile. Proprio quel 24 maggio 2014 è stata una delle giornate di passaggio tra i due momenti, di scivolamento verso un conflitto più duro. In un contesto internazionale molto difficile e complesso: l’Ucraina è ai confini dell’Europa, e il caso risente dei tanti intrecci di realpolitik che si giocano su questo tavolo».

Che valore hanno per voi le foto di Andrea pubblicate qui per la prima volta? Sono importanti ai fini dell’inchiesta?
E.S.: «Per noi sono immagini drammatiche, le ultime scattate da nostro figlio poco prima che venisse ucciso. Importanti almeno per due motivi: da un lato confermano la presenza di un quinto uomo nel gruppo, taciuta nell’inchiesta ucraina, un testimone oculare cruciale che andrebbe rintracciato. Dall’altro, come già emerso dal fotografo francese (che parla di 40-60 colpi diretti soltanto su di loro) e dall’autista, dimostrano un accanimento di chi ha sparato proprio sui giornalisti. Non vittime casuali di un tiro rivolto altrove, un fuoco incrociato tra esercito ucraino e ribelli come si era pensato inizialmente. Ma di un fuoco prolungato, che mira sistematicamente al fondo del fosso dove i cinque si erano rifugiati per sfuggire agli spari. Sulla strada adiacente ci sono ancora evidenti segni di bombardamento, li abbiamo visti noi stessi a maggio scorso quando ci siamo recati a Sloviansk. Forse mortai, o granate».
R.R.: «Le foto misurano bene la durata e costanza dei colpi: almeno 14 minuti fino a quando Andrea viene colpito, e muore, l’ultimo fotogramma. Sicuramente il tiro è durato di più».

Come ve lo spiegate? Ipotizzate che non si sia trattato di un mero incidente di guerra? 
E.S.: «Per noi non è un incidente, è un atto di guerra contro inermi. Andrea ha continuato a scattare fino all’ultimo e ci ha lasciato una documentazione di quello che stava succedendo. Forse aveva capito che stavano per morire. Per colpire in quel profondo fosso fino a uccidere due persone e ferirne una terza, bisogna sceglierlo come obiettivo. Non un tiro casuale che serve a spaventare o cacciare via degli intrusi. In quel momento in mezzo alla piana, “scoperti”, c’erano solo loro».
R.R.: «Certo, forse chi ha sparato li ha scambiati erroneamente per ribelli, o per altri soggetti, non lo escludiamo. Ma avevano avuto abbastanza tempo per studiarli, e capire che erano disarmati, civili: dopo l’arrivo hanno scattato foto indisturbati per almeno 10 minuti, in piena visibilità, soltanto dopo sono partiti gli spari.»

Qualcuno può averli presi di mira volontariamente?
R.R.: «Non erano schierati. Il loro compito principale a Sloviansk non era fotografare la prima linea o obiettivi militari, ma documentare le sofferenze dei civili nell’assedio, come nella celebre foto dei bambini rifugiati nel bunker. Andrea nelle sue telefonate ci raccontava sempre che erano ben accetti da tutti, accolti con tolleranza sia da filo russi che dalle forze ucraine. Non si sentivano in pericolo».

Quale giustizia vi aspettate? 
E.S. - R.R.: «Né noi, né sua sorella Lucia né la sua compagna Mariachiara abbiamo obiettivi di vendetta. Vogliamo però certo sapere com’è andata, conoscere la dinamica dei fatti. Che si faccia luce sul caso con serietà e onestà, senza mistificazioni, e venga fatta giustizia. È chiaro che chi fa questo lavoro si espone al rischio. Ma non deve passare con facilità l’idea che l’uccisione di un giornalista venga considerata un rischio fisiologico del mestiere, la sua morte un “danno collaterale” ,“normale” in situazioni di pericolo, o in una guerra non dichiarata come questa».


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Perché Kiev non dice la verità sulla morte di Andy Rocchelli?

di Marta Allevato | 23 Maggio 2015

Mosca. Ci sono stati premi, riconoscimenti e promesse di indagini da parte delle istituzioni, ma ancora nessun colpevole per il primo assassinio di un giornalista straniero nel conflitto ucraino. Resta invece il dubbio che nella versione ufficiale del governo di Kiev qualcosa non torni. E’ passato così, per la famiglia Rocchelli, il primo anno dalla morte, il 24 maggio scorso, di Andrea (Andy per gli amici), il fotografo trentenne di Pavia rimasto ucciso da colpi di mortaio a Sloviansk, ex roccaforte delle milizie separatiste e obiettivo, allora, del primo grande assalto lanciato dall’esercito di Kiev contro i filorussi. La famiglia di Andy – Rino, il padre; Elisa, la mamma; Lucia, la sorella e Mariachiara, la compagna e madre di suo figlio – hanno scelto di non esporsi. Per il dolore e per la fiducia nel lavoro delle autorità competenti. I Rocchelli raccontano oggi questa storia dal loro punto di vista per ribadire le loro speranze, “acuite dal tempo che passa e dalla frustrazione di vedere che la morte dei giornalisti viene normalizzata come effetto collaterale delle guerre”.

Da mesi ci si aspetta “l’apertura di un’indagine esaustiva e trasparente da parte del governo ucraino, che ricostruisca la dinamica dell’assassinio, individui e persegua i responsabili”, dicono in un’intervista al Foglio. Le condizioni sul campo lo permetterebbero, essendo cessate le ostilità. Sloviansk è tornata sotto il controllo dei governativi. Dopo la presa di Debaltsevo da parte dei filorussi, la cittadina si è avvicinata alla linea del fronte, ma la situazione si è tranquillizzata e in Donbass vige un fragile cessate il fuoco. Alcuni colleghi di Andy, del collettivo di fotografi Cesura, sono andati a porre una piccola lapide sul luogo dove il giovane fotoreporter e l’attivista e giornalista russo Andrei Mironov, suo amico e conoscitore dell’Italia, sono stati uccisi: un passaggio a livello, punto di accesso a una collina strategica, allora avamposto dell’artiglieria ucraina. Da lì sono arrivati i colpi di mortaio. Il giornalista francese William Roguelon, che era nella macchina con i due ed è sopravvissuto all’attacco, ha ipotizzato in una delle sue prime interviste che a sparare siano stati i lealisti. Versione che contraddice quella fornita da Kiev alle autorità italiane e che attribuisce la responsabilità ai ribelli filorussi.
 
In questi mesi, i Rocchelli non hanno mai smesso di cercare la verità sulla dinamica del duplice omicidio: “Abbiamo contattato e parlato con Roguelon, letto la testimonianza che ha depositato alla Gendarmerie Française”. Se si chiede loro che idea abbiano sull’accaduto, rispondono con gentile fermezza che “le opinioni contano poco: quel che conta è che emerga perché e chi ha fatto oggetto di tiri mirati e sistematici tre giornalisti inermi, identificati come tali” (Roguelon al primo colpo ha subito alzato la macchina fotografica e gridato “siamo giornalisti”, ndr). “La qualità dei proiettili, la balistica dei tiri, l’ora e il luogo dell’attacco sono perfettamente identificati, non dovrebbe essere difficile stabilire chi era al comando di queste truppe e come sono andate le cose”. Nonostante le promesse di giustizia fatte all’allora ministro degli Esteri Federica Mogherini e al suo successore Paolo Gentiloni dai rappresentanti del governo ucraino, finora da Kiev nessuno si è mai messo in contatto con i Rocchelli, né con i testimoni a loro noti. “Le autorità italiane, ovvero la procura della Repubblica di Pavia incaricata dell’inchiesta, ci tengono invece costantemente informati, ma in un anno non pare che la giustizia abbia compiuto passi avanti”.
 
Nella famiglia di Andy il dolore non si è mai trasformato in rancore. “Pensiamo che questo anniversario possa avere un significato nella sfera pubblica: serve a riflettere su quanto il diritto all’informazione sia fondamento di una società civile e consapevole, ma anche sul dovere di difendere l’incolumità di giornalisti, che a quel compito consacrano i loro sforzi. Il numero delle vittime, è in costante aumento ma non si preparano strumenti e strategie per proteggerli, né per perseguire i responsabili della loro uccisione o di violenze loro inflitte”, dicono i Rocchelli, che l’anno scorso a Mosca hanno ritirato il premio Anna Politkovskaia, conferito ad Andy dall’Unione dei giornalisti russi. “Siamo orgogliosi dei prestigiosi riconoscimenti al suo valore professionale (tra cui il World Press Photo), sebbene gli siano stati conferiti postumi”.
 
Infine un appello alla comunità europea, perché “assuma queste vicende legate alle violazioni dei diritti umani come un proprio permanente ambito d’impegno, sperando che la realpolitik non oscuri la percezione di tale dovere”.





(français / srpskohrvatski)

Hronike radnika

1) GEOX, SRBIJA: Stvarni troškovi proizvodnje cipela [Sfruttamento dei lavoratori alla GEOX]
2) AGROKOR, HRVATSKA: Bivši Društveni pravobranilac samoupravljanja komentira [Effetto devastante del capitalismo in Croazia]
3) KOSOVO: Sindikalna bijeda [In Kosovo sono scomparsi i sindacati]


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SERBIE : À VRANJE, GEOX PIÉTINE LE DROIT DU TRAVAIL (par Bojana Tamindzija / Mašina, 19 mai 2017
Moins de sept mois après son ouverture en janvier 2016, l’usine Geox de Vranje était déjà en grève. Le fabriquant italien de chaussures avait décidé de s’asseoir sur tous ses engagements pris avec le gouvernement serbe, qui a pourtant largement financé cette installation. Descente dans les enfers de la mondialisation...


Stvarni troškovi proizvodnje cipela


Nedavna pobuna radnica i radnika u Geoxu ukazala je javnosti na loše radne i materijalne uslove u toj fabrici. Iako poboljšanja postoje, najnoviji izveštaji pokazuju da i dalje postoji dosta nedostataka kao i njihovu uslovljenost tržišnim mehanizmima u industriji obuće. 

Kampanja „Abiti Puliti“ i inicijativa „Change your shoes“ su objavile izveštaj o načinu funkcionisanja proizvodnih lanaca u industriji obuće. Ovo istraživanje je zasnovano na uvidima u strategije proizvodnje tri svetski poznata brenda u proizvodnji obuće: TodsaGeoxa i Prade. Izveštaj pruža detaljan uvid u funkcionisanje lanca proizvodnje i snabdevanja luksuznih brendova, na čijem se jednom kraju nalaze marketinški rafinirano upakovani i skupi proizvodi, a na drugom kraju, skriveni od očiju javnosti, degradirajući uslovi rada u kojima je, širom sveta, primorana da radi sve jeftinija radna snaga.

Neumoljiva trka za uvećanjem profita konstantno menja globalne proizvodne putanje, gde mobilnost kapitala, strategije outsourcing-a i prilagođavanje međunarodnog i nacionalnog zakonodavstva, omogućavaju konstantno snižavanje troškova proizvodnje – relokacijom u područja jeftine radne snage – što posledično znači degradiranje radnih uslova na globalnom nivou, sve nesigurnije radno mesto i sve niže plate. Ogroman prihod1 koji beleže ove kompanije direktno je vezan za nove tržišne uslove i povlašćen položaj „velikih imena“ u proizvodnom lancu. Prihodi generisani sve većim disbalansom između troškova proizvodnje i finalne cene proizvoda se ne raspoređuju ravnomerno svim akterima proizvodnje.

Relokacija proizvodnje u Evropu

Izmeštanje proizvodnje u područja jeftine radne snage uglavnom u Aziji uslovilo je pad cene rada na globalnom nivou. Tako smo danas svedoci i procesa povratka proizvodnje u zemlje porekla brendova ili premeštanje proizvodnje u zemlje Istočne Evrope.2

Devastiran privredni sistem zemalja Istočne Evrope učinio je cenu rada nižom nego u pojedinim azijskim zemljama. Pored toga, vlade ovih zemalja se takmiče u privlačenju stranih investitora ili formiranjem tzv „Slobodnih zona“ sa specijalnim uslovima poslovanja ili obezbeđivanjem niza pogodnosti kao što je dodatno finansiranje subvencijama, besplatna infrastruktura, oslobađanje od uvoznih i izvoznih dažbina, poreske olakšice itd. Dodatnu pogodnost za poslovanje u Istočnoj Evropi olakšava i primena OTP-a (Outward Processing Trade) posebnog carinskog sistema koji omogućava kompanijama da van Evropske Unije izvoze sirovine, a da nazad uvoze poluproizvode ili gotove proizvode plaćajući porez samo na vrednost dodate obrade. Na ovaj način kompanijama je omogućeno da šire mrežu kooperanata bez velikih dodatnih troškova.

Tods dobavljače danas nalazi u italijanskim pokrajinama s jeftinom radnom snagom. Trenutna politika Prade je vraćanje proizvodnje u Evropu, u Italiju – a pre svega u zemlje Istočne Evrope. Svi Geoxovi glavni dobavljači su van Italije, uglavnom u Aziji i nekoliko u zemljama Istočne Evrope.

Proizvodni lanac i njegova hijerarhija

Delegiranje pojedinih delova proizvodnog procesa trećim licima nije ništa novo u načinu poslovanja velikih kompanija, ono što je novo u današnje vreme je postojanje kompanija koje više ne poseduju sopstvene fabrike – kompletna proizvodnja pod etiketom brenda outsorsovana.

Fragmentacija procesa proizvodnje uslovila je da se retko kad ceo proizvodni proces odvija u okviru jedne fabrike (fully in-house production chain). Redak primer je Tods koji visoko rangirane modele cipela kompletno proizvodi u svojim objektima i Geox koji poseduje fabriku u Srbiji u kojoj ima zatvoren proces proizvodnje za niže i srednje rangirane modele cipela (u ovoj fabrici se proizvodi samo 3% od ukupne proizvodnje kompanije Geox).

Potpuno eksternalizovan proizvodni proces (fully external production chain) je mnogo češća praksa. U tom slučaju su druge fabrike zadužene za kompletnu proizvodnju cipela. Iako se ugovor o snabdevanju potpisuje samo s jednim izvođačem u praksi najčešće postoji sistem u koji je uključeno mnogo različitih firmi. Ponekad je proizvodni proces mešavina oba (mixed chain shoe production) gde se najčešće sklapanje gotovog proizvoda dešava direktno u fabrikama kompanije, dok se delovi pribavljaju od podizvođača.

S obzirom na dominantnu poziciju koju veliki brendovi imaju na tržištu, veliki broj fabrika koje nemaju mogućnosti da plasiraju svoje proizvode spreman je da se angažuje kao njihov podizvođač. Velike kompanije su u poziciji da u potpunosti diktiraju uslove proizvodnje, što često znači da kooperanti bivaju prinuđeni da sklapaju nepovoljne ugovore. Prema nekim izveštajima cene koju su plaćali brendovi kooperantima nisu bile dovoljne za pokrivanje osnovnih troškova proizvodnje što je vodilo ka bankrotu malih fabrika i gubljenju radnih mesta.3 Veoma kratki rokovi isporuke i veoma niske cene, uslovljavaju delegiranje pojedinih delova proizvodnje niže pozicioniranim kompanijama, s lošijim uslovima rada i nižim zaradama. Fragmentacija procesa proizvodnje omogućava lakšu ekspoloataciju radnika, a ona je sve veća što se više krećemo od centrala brendova ka periferiji radnog procesa.

Izveštaj navodi primere u kojima su zbog pritisaka kompanija pojedini kooperanti prinuđeni da rade u sivoj zoni, što dovodi do sve nesigurnijih radnih uslova za radnike: rad od kuće ili plaćanje na crno. Iako formalno kompanije sklapaju ugovor najčešće samo s vodećim dobavljačem, kontrolu kvaliteta proizvodnje vrše u celom lancu, nezainteresovani za uslove u kojima se proizvodnja obavlja. Izveštaj, takođe, beleži i prakse kašnjenja u plaćanju kooperanata koje su se završavale neisplaćivanjem zarada radnicima na različitim nivoima proizvodnog lanca. U ovakvim uslovima sindikalno delovanje, ako nije u potpunosti onemogućeno onda je u velikoj meri otežano.

Poslovanje Geoxa u Srbiji

Deo istraživanja koji se odnosi na poslovanje kompanije Geox u Srbiji potvrđuje validnost medijskih natpisa o brojnim neregularnostima i kršenju radnih prava u okviru ove fabrike.

Izveštaj nas podseća da je Geoxova fabrika u Vranju otvorena januara 2016. godine uz subvencije vlade Republike Srbije u vrednosti od jedanaest miliona evra, na osnovu kojih je fabrika bila u obavezi da zaposli 1250 ljudi koji će primati platu u iznosu minimalne zarade plus 20%. Međutim, sve do septembra 2016. godine Geox je većini radnika i radnica uplaćivao minimalac, a na platnim listićima često nije bio evidentiran (ni plaćen) prekovremeni rad. Pored toga, radnici su prijavili neregularne ugovore o radu, neregularna otpuštanja, verbalno maltretiranje i nedostatak adekvatnih radnih uslova i zaštite na radu.

Medijski pritisak, do kojeg je došlo nakon što su neke od radnica odlučile da javno progovore o lošim radnim uslovima u ovoj fabrici, je donekle urodio plodom. Plate u Geoxusu povećane, prekovremeni rad je sveden u zakonske okvire i trenutno postoje dva sindikata registrovana u okviru fabrike.

Međutim, radnici i dalje izveštavaju o brojnim neregularnostima o kojima je „Campagna Abiti Puliti“ obavestila kompaniju 13. februara ove godine. Do objavljivanja izveštaja kompanija Geox se nije zvanično izjasnila po pitanju trenutnog stanja u fabrici.4 Izveštaj nas takođe upozorava da, čak i ako je plata porasla za ugovorom predviđenih 20% više od minimalca (prema poslednjem izveštaju radnika najniža plata u Geoxu iznosi oko 29.000 dinara), ona i dalje nije dovoljna za pokrivanje osnovnih životnih potreba, ako se uzme u obzir iznos prosečne potrošačke korpe za tročlanu porodicu u Srbiji, koja iznosi oko 65.000 dinara mesečno.

Pritisak koji brendovi vrše nad ostalim akterima proizvodnog lanca očitava se i u strahu da se o uslovima poslovanja, proizvodnji i radnim uslovima govori javno. Podizvođači strahuju od gubitka ugovora s kompanijama, dok se radnici boje gubitka posla.

Dugačka lista zahteva spram kompanija, vlada država EU i Evropskog Parlamenta, kojom se završava izveštaj, na neki način potcrtava da su globalni proizvodni lanci dizajnirani da podstiču trku do dna u urušavanju radnih prava gde god se radnici nalazili. Izveštaj skreće pažnju na važnost uloge obaveštenih potrošača, nezavisnih medija i međunarodnih mreža solidarnosti, koji uz delovanje sindikata treba da vrše pritisak na kompanije da bi se one ponašale odgovorno i u skladu sa nacionalnim zakonima, međunarodnim konvencijama i Rukovodećim načelima Ujedinjenih nacija o biznisu i ljudskim pravima.

  1.  Prema izveštaju Tods je u u 2016. godini ostvario prihod od 1.004 miliona evra, Prada 3.548 miliona evra , a Geox 900 miliona
  2.  Termini koji se koristi za označavanje ovog procesa je reshoring. Ili back-reshoring – povratak u zemlje porekla, i near-reshoring – premeštanje u zemlje Istočne Evrope.
  3.  Fabrika obuće Parlanti iz mesta Monsumano Terme (Toskana), koja je proizvodila i svoje robne marke istovremeno radila kao podizvođač za Pradu, zatvorena je 2014. godine, a sa njom je nestalo i 38 radnih mesta. Po mišljenju predstavnika sindikata jedan od razloga za propast firme su bile preniske nabavne cene koje je plaćala Prada, koje nisu pokrivale čak ni troškove proizvodnje, već su bile od njih niže za tri evra po paru cipela. Kompanija negira ove tvrdnje.
  4.  Prethodno pismo „Campagna Abiti Puliti“ poslala je Geoxu decembra 2016. godine. U originalnom izveštaju moguće je pročitati odgovor koji je tada kompanija poslala.



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SLUČAJ AGROKOR POKAZATELJ JE NUŽNOSTI REFORME DRŽAVE I DRUŠTVA

Bivši Društveni pravobranilac samoupravljanja
komentira slučaj „AGROKOR“

 

 

Kako ne želim nikakve pridjeve, ponovit ću riječi koje sam izgovorio 2000. godine na sastanku predstavnika vanparlamentarnih partija na temu „Primjedbe na izborni Zakon“, s čime se složio i prisutni Gabelica, a one su: „Nikom ne dozvoljavam da ovu zemlju voli više od mene, kao niti sebi da je volim više od iskrenog hrvatskog rodoljuba.“

 

Sve što se događa u „Agrokoru“ već je ranije viđeno

 

Kad sagledavamo slučaj „Agrokor“, moramo odmah konstatirati da u tom slučaju nema ništa, baš ništa novo, a da nam se u Hrvatskoj već nije dogodilo. Da, nema ništa novo, samo nam se čini da je ovaj slučaj veći od onih ranijih, što i nije točno. Točno je jedino to – na propadanje privrede žmirilo se 27 godina i sad „car se drma, car je gol“. Suzio se u Hrvatskoj krug onoga što je ostalo od bivšeg sistema da se može pošto-poto prodati, a gotovo ništa novo u ovih 27 godina nije stvoreno. Stoga dolazi u opasnost daljnje preživljavanje vladajuće oligarhije, ali u opasnosti je i „raspad čitavog sistema“. Otuda se rješavanju slučaja “Agrokor” prilazi na poseban način u odnosu na npr. slučaj „Pevec“i drugih.

Devedesetih godina propadala su poduzeća, primjera radi samo nekih, u Zagrebu: druga tvornica alatnih strojeva u Evropi, „Prvomajska“ s 5.5oo radnika; „Rade Končar“ s 1.100 inženjera, u odjelu razvoja imao je 32.000 radnika (26.000 u Hrvatskoj) i u to vrijeme bio 111. poduzeće u svijetu, a prodan je prošle godine kad je spao na 3.200 radnika; „Tvornica parnih kotlova“ s 4.000 radnika; tvornica „Bratstvo“ sa 7.500 radnika; „Tvornica autobusa Zagreb“ s 1.300; „Auto Dubrava“ s 800 radnika; „Auto Zastava“ s 550 radnika; „Tempo“ s 3.000 radnika; građevinska industrija u Zagrebu je desetkovana, a činila je 27% građevinske industrije bivše Jugoslavije; tvornica „Nikola Tesla“ imala je 7.500 radnika, od toga 500 inženjera u vlastitom razvoju, a bila je druga u svijetu po proizvodnji telefonskih centrala, ispred „Ericssona“. Prodana je konkurentskoj firmi, „Ericssonu“, koji ju je ciljano kupio, desetkovao i pretvorio u jedan od pogona, uzevši joj tržište Kine i bivših zemalja SSSR-a. Mahom su to bila proizvodna izvozna poduzeća koja su se ravnopravno nosila na međunarodnom tržištu.

Zagreb je bio prvi industrijski grad Jugoistočne Evrope i Male Azije. Sada je industrijska ropotarnica čiji gradonačelnik zna za gradnju WC-a i fontana pa nije čudo da nam je industrija pala na 6% u odnosu na 1989. godinu.

Da, 45 godina je narod Hrvatske stvarao, odricao se i, poput radišnih pčelica, stvorio od jedne od najzaostalijih zemalja svijeta, moćnu evropsku industrijsku zemlju s podjednako razvijenih i ostalih 12 grana privrede. Stvarao je narod to i stvorio u danas osuđenom komunističkom i prešućivanom socijalističkom sistemu.

I sam sam 1990. godine bio za višepartijski sistem računajući kako ćemo, uz nacionalni program i izradu i primjenu nacionalne strategije razvoja, stvoriti međusobno stranačko natjecanje u provedbi usvojenih programa te na osnovu postignutih međustranačkih rezultata birati stranke i pojedince na vlast. Mislio sam da ćemo u društvenim poduzećima zadržati postojeće kriterije za izbor rukovodstava (bilo je 6 kriterija, a za državne funkcije i sedma: moralno-politička podobnost). Plaće rukovodstava poduzeća ostaviti vezane za rezultate rada i dijeljenje iste sudbine s radnicima. U poduzećima i poduzećima od posebnog društvenog interesa zadržati postojeći kontrolni sistem koji je tada relativno dobro funkcionirao.

I ja sam bio za ekonomsku samostalnost republika. Čak sam 1979. godine kao delegat Privredne komore Hrvatske u Privrednoj komori Jugoslavije izrazio protivljenje za bespovratno izdvajanje za nerazvijena područja.

Nažalost, dobili smo državu baš takvu kakvu danas imamo, za razliku od Tomislava Jakića (Novosti, 19.kolovoza 2016.) koji kaže da se je baš htjelo takvu. Da, dobili smo državu pod vodstvom Franje Tuđmana, nametnutih povratnika i prebjeglih članova Saveza komunista u HDZ; državu takvu kakvu su tada oni htjeli i stvorili. Državu koju su predali u ruke 200 obitelji, a narod za to nisu pitali. Stoga ne krivimo narod.

Na parlamentarnim izborima 2000. godine narod je rekao NE takvoj vladavini i doveo SDP na vlast, stranku koja je 1990.godine jedva prešla izborni prag, a do 1990. godine, kao SKH, vladala Hrvatskom. Očekivao je narod drastične promjene, sprječavanje pljačke i uvođenje reda u zemlji. Nije shvatio da je upravo rukovodstvo SDP-a izdalo narod i partiju napustivši „samoupravni socijalizam“, vrativši zemlju u najtruliji i najnepošteniji oblik kapitalizma.

Nije narod shvatio da je transformirani SDP devedesetih godina napustio, uz poštene i istinske komuniste i socijaliste, i mahom stručni kadar, ne priključivši se niti jednoj vladajućoj stranci.

Imao je i „samoupravni socijalizam“ svojih „bisera“, poput Laze Vračarića, aferu „Zelenjak“, aferu s mjenicama Fikreta Abdića i dr. Koja je to zemlja bez popova i lopova? Imao je, ali je držao pod kontrolom, za razliku od sadašnjeg slučaja „Agrokor“koji je, uz neznanje pa i očito svjesno prešućivanje pojedinaca, izmakao svakoj kontroli i proizveo bitno veći dug od naslijeđenog duga cijele bivše Republike Hrvatske (dug je tada bio svega 2,4 milijarde eura, uz povrat 13,1 tone zlata pa je bitno niži).

 

Smjena rukovodnog kadra u privredi bila je loš potez

 

U tim devedesetim godinama vladavine, HDZ je masovno smjenjivao rukovodstva poduzeća čiji se kadar nije njemu priključio, a u nadzorne odbore postavljao svoje osoblje, ne poštujući pravilo sposobnosti, već isključivo podobnosti. Uz rješavanje nacionalnog pitanja Srba (po javnom istupu predsjednika Franje Tuđmana da će se ih svesti na 3 do 4% stanovništva), a potom i kraćim ratom s Muslimanima u BiH, dolazi do masovnog otpuštanja radnika po nacionalnoj osnovi, što u poduzećima čini remećenje proizvodnje pa je i to jedan od razloga „propasti“ nekih poduzeća.

Govorio je Ante Marković Franji Tuđmanu: “Franjo, imaš dosta poduzeća koja loše posluju pa tamo meći svoje ljude.“ Zanemarena je osnovna činjenica da, bez obzira na društveno-političko uređenje jedne zemlje, svako poduzeće ima piramidalni organizacijski ustroj. Malen je broj stručnjaka koji vodi i zna da vodi poduzeća, konzorcije, kombinate. Fakultet ako da od 1.000 završenih studenata 4 sposobna rukovodioca, smatra se uspješnim.

 

Pretvorba društvene imovine je konfiskacija

 

Komunisti za vrijeme svoje vladavine na ovim prostorima proveli su dvije revolucije.

Prva revolucija dogodila se dizanjem narodnog ustanka 1941. godine protiv okupatora i domaćih izdajica koja je, kroz partizansku borbu za oslobođenje, okončana 1945. godine i putem izbora dovela komuniste na vlast te je provedena konfiskacija i nacionalizacija.

Druga revolucija je mirno napuštanje komunističkog oblika vlasti i uspostava novog društvenog poretka predajom sredstava za proizvodnju Vijećima proizvođača 1952. godine, a ozakonjeno Ustavom 7. 4. 1963. godine kojim je FNRJ proglašena Socijalističkom Federativnom Jugoslavijom. Tim Ustavom je definirano da društveno samoupravljanje predstavlja osnovu za društveno-političko uređenje zemlje.

Otuda je pretvorba, u koju se ušlo nasilnim lomovima cjelokupne privrede bez referendumskog izjašnjavanja, neustavan čin koji možemo nazvati konfiskacijom imovine hrvatskog naroda, a ne nacionalizacijom. Od strane države konfiscirana je narodu cjelokupna imovina stečena u razdoblju od 1952. do 1990. godine.

U pretvorbu se ušlo u periodu kada je trebalo sve snage usmjeriti na obranu od agresije (princip ratovanja se zna – penzioneri u tvornice, radnici na ratište; tvornice se stavljaju u funkciju proizvodnje ratnih potreba).

Uz to, izlaskom iz sastava bivše države zanemarila se komplementarna povezanost cjelokupne privrede pa su mnoga poduzeća, kao sudionici zajedničkog finalnog proizvoda, jednostavno s proizvodnjom stala.

 

Slobodno tržište je zavaravanje privredno nepismenih

 

Otvaranjem poluzatvorenog tržišnog sustava u otvoreni sustav nije se osmislila zaštita vlastite proizvodnje, što je u nelojalnoj konkurenciji sa stranim kompanijama dovelo do propasti mnogih naših poduzeća i dobrim dijelom ovog stanja u kojem se nalazi država i društvo.

Proklamacija slobodnog tržišta je iluzija, kao što je i komunizam: radi koliko možeš – uzmi koliko trebaš, a u slobodnom tržištu: tko je jači taj slabijeg tlači.

To su jugoslavenski komunisti znali i kada su 1952. godine napuštali iluzionizam i na području bivše Jugoslavije uspostavili novi društveni poredak, „samoupravni socijalizam“. Zaštitili su oni tržišni jugoslavenski prostor. Taj društveni poredak je svoj kapital zadržao na svojim prostorima, a svih 13 grana privrede zaštitio od strane nelojalne tržišne konkurencije. Privredni procvat rezultirao je da je Jugoslavija već 1975. godine postala srednje razvijena zemlja Evrope, svrstavši se među zemlje s najbržim razvojem u svijetu, zemlja koju se tražilo da uđe u današnju Evropsku uniju, a nije – zato što je bila zemlja rada, a ne zemlja kapitala.

Tezu slobodnog tržišta provlače visoko produktivne zemlje radi lakšeg plasmana svoje robe. Njihovo tržište je zaštićeno već time što im je produktivnost bitno veća od nerazvijenih zemalja pa im je tržište zaštićeno i cijenom i kvalitetom, ali i na niz drugih načina.

Prisjetimo se da su SAD do 1966. godine potencirale tezu o slobodnom tržištu bez carina. Kada su ih Japanci preplavili elektroindustrijskom jeftinom i kvalitetnom robom, da bi spasili svoju elektroindustriju, uvedoše Amerikanci carinu na japansku robu.

Prisjetimo se samo propasti naše autoindustrije: „Tvornica autobusa Zagreb“proizvodila je autobuse; „Autodubrava“, proizvodnja i popravci kombi i osobnih vozila; „Zastava“, sklapanje talijanskog Fiata 2100. S kooperantima, zapošljavale su cca 10.000 radnika, a hranile 40.000 hrvatskih žitelja. Padom samoupravnog socijalizma, Njemačka nam je darovala masu polovnih autobusa, Francuska novih kombija. Šta se događa? Ciljano su zasitili naše tržište. Koje poduzeće će kupiti novi autobus kad ima polovni na dar? Stala je prodaja autobusa „TAZ“, potom se ugasila proizvodnja, a na njezinom prostoru nikao je „Kaufland“. Kada sam to komentirao 1998. godine, čak je tadašnji predsjednik izjavio: „Šta će nama tvornica autobusa? Mi smo premala zemlja za takvu proizvodnju.“

Mi, tada industrijska zemlja; Rumunjska tada daleko iza nas – sa svojom „Daciom“danas zapošljava 200.000 radnika.

Dok smo mi napustili planski razvoj zemlje i društva i zaštitu vlastitog tržišta, razvijene zemlje Evrope i svijeta izvršile su planiranu invaziju na naše nezaštićeno tržište sufinancirajući prodaju svojih proizvoda, a time i stvaranje nelojalne konkurencije. Primjera radi: „Lidl“ i „Kaufland“, za širenje na jugoistok Evrope, a time i na tržište Hrvatske, dobili su 900 miliona eura kredita s kamatama od 1% od Svjetske banke i EBRD-a (Večernji list, 16. ožujka 2017. godine, Mislav Šimatović). Ne branim Todorića, ali te tvrtke ušle su u tržišno natjecanje na naše otvoreno tržište s 9%  konkurentne sposobnosti, ne računajući proizvodnu sposobnost, u odnosu na sve naše domaće tvrtke. Otuda je, između ostalog, uslijedio „pomor“ naših malih, nepovezanih proizvođača, prerađivača i prodavača. To su samo neki od razloga zašto tvrdim da ne smijemo imati slobodno otvoreno tržište, jer plasman vlastite proizvodnje nekog proizvoda naše zemlje na naše, a pogotovo na vanjsko tržište, ne ovisi o njegovoj cijeni, kvaliteti i tržišnoj konkurentnosti.

 

Banke i njihova uloga u društvu i „Agrokoru“

 

Morala nam je biti poznata uloga, a potom i sudbina stranih banaka u FNR Jugoslaviji, a potom i u SFRJ prije nego smo prodali svoje jer je i bankovni sustav u onom sistemu odigrao značajnu ulogu u njegovom tako brzom razvoju. Kada je Boris Kidrič davao ekspoze o prijedlogu Zakona o nacionalizaciji na Skupštini delegata SFRJ, dao je razlog zašto ide najprije u nacionalizaciju stranih banaka.

“Drugovi i drugarice, pa banke su već u drugoj godini rada u našoj zemlji iznijele sav svoj uloženi kapital i od tada rade s našim kapitalom i iznose ga van siromašeći našu zemlju.“

Primopredajom vlasti, HDZ je preuzeo moćnu privredu, banke u likvidnom stanju i socijalistički bankovni sistem. Pretvorbom i privatizacijom, dodjelom poduzeća podobnom, a ne stručnom osoblju i pljačkom, hrvatske banke su dovedene u postupak sanacije. Za sanaciju je, po jednoj izjavi na TV ministra Gorana Marića, utrošeno 82 milijarde kuna, a iste su prodane za jednogodišnju otplatu duga. Tako je Hrvatska ostala u većinskom vlasništvu samo „Poštanske banke“.

Zašto je Hrvatska dala u ruke stranim poduzećima (bankama) raspolaganje gotovo svim novčanim kapitalom i većim dijelom sredstava za proizvodnju pa i sirovina, tj. bogatstva zemlje, ostaje upitno. Zašto je prodan utjecaj na privredni razvoj Hrvatske? Zašto je od 1990. godine stao razvoj države i društva? Mislim da bi svakome trebalo biti jasno da s nama upravljaju drugi. Jer kako tumačiti bankovni kredit „Lidla“ i „Kauflanda“ po 1% i „Agrokora“ i njegovih 60 tvrtki + dobavljača koji za iste poslove dobivaju bankovne kredite po 10%? Koje oni to šanse imaju na otvorenoj tržišnoj utakmici kad se u ozbiljnim natječajima ide s 2% dobiti?

Od dana prodaje banaka, „izrabljivačke“ majke-banke od naših banki-kćeri iz Hrvatske godišnje iznose cca 17 milijardi kuna našeg kapitala, a tolika su približno naša godišnja zaduživanjaTe prodane banke nisu više u funkciji ciljeva našeg razvoja privrede(kojeg u 27 godina postojanja ove države nismo ni postavili, a kamoli definirali), već svojih zemalja, sa zadatkom da direktno utječu na njezino usporavanje. Prisjetimo se osporavanja kredita našim poduzećima „Rade Končar“ i „Gredelj“ za izradu zagrebačkih tramvaja s obrazloženjem da nisu za taj posao sigurni izvođači.

 



Il regime ucraino chiede l'arresto degli antifascisti italiani

1) COMUNICATO STAMPA di Eleonora Forenza, 17 maggio 2017
2) KIEV CHIEDE ESTRADIZIONE PER LA CAROVANA ANTIFASCISTA: “Sono andati nel Donbass, è terrorismo” (di A. Chiriatti, 18/5/17)


INIZIATIVE:

Roma, martedi 23 maggio 2017
alle 17.30 nella sala di via Galilei 53
Donbass: la Carovana Antifascista racconta
con: Banda Bassotti, Eleonora Forenza, USB, Eurostop, RdC

SULLO STESSO TEMA:

Cronache della Carovana Antifascista 2017 in Donbass

ALTRI LINK:

[L'autore di questo articolo demenziale, in cui anziché criticare severamente le politiche russofobiche e guerrafondaie della UE si ammicca al lettore con poche stupide allusioni cerchiobottiste, è nientemeno che consigliere presso la commissione Esteri del Parlamento europeo:]
Ucraina: aspettando Bruxelles (10/11/2016 -  Paolo Bergamaschi)
L’Accordo di Associazione con l’Unione europea, che aveva scatenato la rivoluzione del Majdan, non è ancora stato attuato. Ma questa volta la colpa non è di Kiev, ma di Bruxelles...
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucraina/Ucraina-aspettando-Bruxelles-175198/

La Pinotti stringe mani naziste (PTV news 20 Aprile 2017)
Ucraina. La ministra Pinotti si è scordata di dirci qualcosa? (di Alberto Fazolo, 26.4.2017)
Lo scorso 20 aprile il Governo ucraino ha rilasciato un comunicato in cui riferisce di una conversazione telefonica tra il Ministro della Difesa ucraino e l'omologo italiano, Roberta Pinotti... Il Ministro ucraino avrebbe "ringraziato il Ministro della Difesa italiano per la completa assistenza e supporto fornito all'Ucraina". Cosa vorrebbe dire questa frase? In che senso l'Italia ha fornito "assistenza e supporto" all'Ucraina?...

Donbass: l’Unione Europea complice della guerra e del fascismo (di Marco Santopadre, 7 maggio 2017)
... il regime ucraino è stato costretto dall’Ue e dal Fondo Monetario Internazionale ad avviare una serie di ‘riforme’ che hanno rapidamente portato ad un aumento esponenziale della povertà e costretto centinaia di migliaia di lavoratori all’emigrazione: privatizzazioni, licenziamenti, aumenti delle tariffe e dei prezzi dei servizi basici, tagli all’assistenza sociale... L’Unione Europea è complice della guerra e del fascismo, è bene dirlo forte e chiaro nell’anniversario della sconfitta del fascismo e del nazismo al termine di una guerra che costò la vita a decine di milioni di uomini e di donne in tutto il mondo.

Grave atto d’intimidazione di Kiev contro l’eurodeputata Forenza e la Carovana di Solidarietà per il Donbass (PTV News 08 Maggio 2017)

Usb. Di ritorno dal Donbass (Unione Sindacale Di Base, 8 maggio 2017)
La carovana antifascista promossa dalla Banda Bassotti e da USB nel Donbass ha visto la partecipazione di una delegazione di Eurostop, della rete dei comunisti, della deputata europea Eleonora Forenza di Rifondazione Comunista e di attivisti spagnoli, catalani, greci, britannici e tedeschi...

Ucraina senza visto per l’Ue / Censura di Stato in Ucraina (PTV news, 18.5.17)


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UCRAINA - FORENZA (ALTRA EUROPA - GUE/NGL) OGGI A STRASBURGO A MINISTRO ESTERI KIEV: «EUROPA SEMPRE PIù COMPLICE DI UN GOVERNO PARAFASCISTA»

Eleonora Forenza, eurodeputata de L'Altra Europa - gruppo GUE/NGL, dichiara: 

«Si è svolta oggi a Strasburgo la cerimonia di firma della legge sulla liberalizzazione dei visti UE-Ucraina, già purtroppo approvata da parte della maggioranza del Parlamento europeo: avranno così, ad esempio, libertà di circolazione anche i miliziani banderisti che sostengono Poroschenko. Sempre a proposito di libertà, da ieri in Ucraina sono bloccati i principali providers russi. In concomitanza con la cerimonia, si è svolta una riunione della delegazione UE-Ucraina alla presenza del ministro degli Esteri ucraino. Ho preso parola per chiedere conto della mancata giustizia sulla strage di Odessa e del processo che vuole mettere fuori legge il partito comunista ucraino. Nessuna risposta da parte del ministro Pavlo Klimkin. Ho letto al ministro le agenzie che riportavano le sue dichiarazioni e della sua portavoce in merito alle assurde richieste di arresto ed estradizione e alle accuse di terrorismo per me e per gli altri partecipanti alla Carovana Antifascistache si è svolta in #Donbass: non solo non vi è stata alcuna smentita, ma ancora una volta si sono usate parole gravissime come supporto al terrorismo. Voglio denunciare nuovamente la posizione dell’Ue, che rafforza la sua complicità con un governo parafascista come quello di Poroschenko in nome dell’estensione della Nato ad Est e della estensione della propria influenza commerciale, mantenendo invece una assurda politica di sanzioni contro la Russia; e ancora una volta denuncio il silenzio del Governo italiano, che pure dovrebbe attenersi alla #Costituzione repubblicana fondata sull’antifascismo. Ho ricevuto anche questa volta ogni tipo di insulti da parte dei “democratici” filo-ucraini: la mia irruzione forse gli ha rovinato la festa. Ne sono orgogliosa. Come sono orgogliosa di essere, come parlamentare europea e come militante comunista, dalla parte delle lotta antifascista in Donbass».  

(17 maggio 2017)


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Ucraina, Kiev chiede estradizione per la Carovana Antifascista: “Sono andati nel Donbass, è terrorismo”

Eleonora Forenza, europarlamentare di Altra Europa, Giorgio Cremaschi, ex segretario Fiom, e Andrea Ferroni, portavoce nazionale dei Giovani Comunisti, sotto accusa per essersi recati nella regione contesa con la Russia a portare solidarietà alla popolazione "perseguitata dal governo di Poroshenko". "La Farnesina ci ha detto di non tornare lì - spiega Ferroni - ma noi cercheremo di stipulare un gemellaggio tra le nostre istituzioni locali e le loro"

di Alessia Chiriatti | 18 maggio 2017

Sono accusati di terrorismo dal governo di Kiev, che ha chiesto per loro l’estradizione. Sono i membri di una delegazione italiana, che ha aderito alla Carovana Antifascista di solidarietàorganizzata dal gruppo musicale Banda Bassotti. I loro nomi: Eleonora Forenza, europarlamentare di Altra EuropaGiorgio Cremaschi, ex segretario Fiom; Andrea Ferroni, portavoce nazionale dei Giovani Comunisti e consigliere comunale di Torgiano, in provincia di Perugia.

Tutto nasce dal loro viaggio nel Donbass, nell’Ucraina Orientale: hanno deciso di seguire la Carovana Antifascista, alla sua terza edizione, dal 30 aprile al 5 maggio per portare solidarietà e sostegno alla popolazione e ai militanti ucraini “perseguitati dal governo di Poroshenko”. La regione del Donbass è contesa dal 2014, ossia da quanto i separatisti hanno dichiarato unilateralmente l’indipendenza da Kiev, attraverso un referendum popolare. Il governo centrale non ha mai però riconosciuto la sovranità agli indipendentisti, dichiarando illegale la consultazione e continuando a considerare il Donbass come parte del territorio nazionale.

Nella Carovana c’erano anche una cinquantina di ragazzi spagnoli e greci, tra gli altri. Con loro, 20 chili (per ciascun bagaglio a mano) di medicine, quaderni e giocattoli per i bambini, e in particolare per gli ospiti degli orfanotrofi del Donbass. Poi, dopo l’incontro con le popolazioni delle due repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk, la Carovana ha incontrato, istituzionalmente, alcuni rappresentanti politici della zona e delle unità sindacali.

Al governo di Poroshenko l’iniziativa, per la quale le celebrazioni dell’1 maggio hanno fatto da cassa di risonanza, non è piaciuta. E’ stato lo stesso portavoce del governo a condannarla, accusando chi vi aveva partecipato della violazione delle leggi anti-terrorismo ucraine. Kiev ha così chiesto l’arresto dei membri della delegazione, la loro estradizione e dunque la consegna alle autorità del Paese.

Forenza, Ferroni e gli altri sono venuti a conoscenza dell’accusa mentre erano di ritorno in Italia, passando per Mosca, leggendo la notizia su alcuni giornali britannici. Poi la nota dell’ambasciata ucraina in Italia, che, si legge, “condanna fermamente tale provocazione e la violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina. La visita dei cittadini stranieri nella regione ucraina del Donbass essendo in contrasto con le norme del diritto internazionale costituisce una grave violazione del regolamento che norma l’ingresso e uscita nel territorio temporaneamente occupato dell’Ucraina con l’eventuale responsabilità penale per violazione della legislazione vigente in Ucraina (art. 332, comma 1, codice penale ucraino). Inoltre tale visita è in aperta contraddizione della posizione assunta in merito alla questione dal Governo italiano, oltre che delle norme e delle decisioni delle organizzazioni internazionali”.

Tutte intenzioni, quelle della rappresentanza diplomatica, che si ritrovano e vengono ribadite dalle parole dell’Ambasciatore ucraino in Italia, Yevhen Perelygin, il quale, contattato da Il Fatto Quotidiano, ha dichiarato: “In riferimento a quanto affermato l’8 maggio dall’eurodeputata Eleonora Forenza (e dunque dopo la conferenza stampa tenutasi presso la rappresentanza della Commissione europea in via IV Novembre, ndr) ho il dovere di informare che il 28 aprile le Autorità ucraine hanno chiesto al Governo italiano di far presente alle persone che avevano l’intenzione di recarsi illegalmente nei territori ucraini del Donbass (temporaneamente occupati dalla Federazione Russa) sull’inammissibilità di una tale e grave provocazione contro l’integrità territoriale dell’Ucraina e, non da ultimo, sulla violazione del vigente regolamento circa le visite nei territori occupati. Tale violazione delle leggi dell’Ucraina porterà sicuramente a responsabilità di carattere penale per i trasgressori”.

Ad attendere in Italia la Carovana, all’aeroporto di Fiumicino, però, non c’era nessuno delle forze dell’ordine. Dal governo italiano tutto tace, esclusa una nota, in base a quanto riportato dal ministro degli Affari Esteri ucraino, inviata a Kiev da parte del capo della diplomazia italiana Angelino Alfano, con la quale la Farnesina ha dichiarato massimo appoggio all’integrità territoriale e alla sovranità di Poroshenko.

Dopo la richiesta di estradizione, “l’unità di crisi della Farnesina – ha raccontato Andrea Ferroni a Il Fatto Quotidiano – si è attivata, attraverso il nostro partito, per bloccare ogni richiesta da parte del governo di Kiev nei confronti della magistratura italiana. Il caso sembra essersi dissolto. Ci hanno avvertiti di non tornare in Ucraina, né nei paesi amici di quest’ultima. Ma noi non vogliamo fare nessun passo indietro: proseguiamo con quanto ci ha chiesto la popolazione ucraina e cercheremo, se possibile, di stipulare un gemellaggio tra le nostre istituzioni locali e quelle del Donbass”.

L’eurodeputata Forenza, dal canto suo, spiega: “Ciò che manca è una presa di posizione del governo Gentiloni rispetto al fatto che alcuni cittadini italiani e un’europarlamentare possano essere oggetto di un’estradizione da parte del governo ucraino. Si omette il fatto che abbiamo portato nel Donbass solidarietà concreta e il fatto che il governo di Poroshenko abbia collusioni con ambienti neonazisti. Chiediamo all’Alto Rappresentante Mogherini di mettere in discussione il rapporto dell’Europa con Poroshenko”. Nei giorni scorsi, Forenza aveva pubblicato una foto sulla sua pagina Facebook per testimoniare l’arrivo nel Donbass: tra i commenti, ci dice, non erano mancati insulti “deplorevoli e sessisti” contro di lei.




Giornata della Vittoria / Dan Pobjede 2017


Ha scritto molto giustamente Eleonora Forenza (PRC):
<< Oggi, 9 maggio, è ufficialmente la festa d'Europa perché ricorre l'anniversario della dichiarazione di Schuman. Una celebrazione fondata su una rimozione storica totale: oggi dovrebbe essere la festa d' Europa per celebrare la vittoria definitiva sul nazifascismo da parte dell'Armata Rossa. Una rimozione che si traduce nel presente nella assenza dell'antifascismo come valore fondante di questa UE.
Può succedere così che Federica Mogherini chiuda gli occhi sul regime di Kiev, anzi lavori alla sua integrazione nella Ue (e all'estensione della Nato). D'altro canto il suo partito sfilava a Milano non cantando bella Ciao, ma evocando gli Eiffel 65, non celebrando Resistenza e antifascismo ma 'i patrioti d'Europa' . In effetti sempre loro volevano deturpare la Costituzione nata dalla Resistenza. >>


INIZIATIVA COMUNISTA EUROPEA A BERLINO

DAN POBJEDE, BERLIN (Vladimir Kapuralin / SRP, 7.-10. Svibanj 2017.)
U Berlinu su, 7. maja ove godine, njemački ogranak Komunističke partije Grčke (KKE) i Komunističke partije Turske (TKP) u okviru Inicijative komunističkih i radničkih partija Evrope organizirali obilježavanje 72. godišnjice pobjede nad fašizmom, odnosno Dana pobjede...

A BERLINO PER IL 72° ANNIVERSARIO DELLA GRANDE VITTORIA ANTIFASCISTA DEI POPOLI

Per il 72° anniversario della vittoria antifascista dei popoli (PC, 10 maggio 2017)


ITALIA

Casalecchio (BO), martedì 9 Maggio 2017: OMAGGIO AI PARTIGIANI SOVIETICI e agli altri caduti nella strage del cavalcavia (10 ottobre 1944)

Roma

Milano

Clauzetto (UD): Ricordo del Comandante “Daniel” e dei partigiani sovietici caduti in Friuli


SERBIA

КОМУНИСТИ СРБИЈЕ ОБЕЛЕЖИЛИ ДАН ПОБЕДЕ НАД ФАШИЗМОМ
Активисти Партије „Комунисти Србије“ дана 09.05.2017.године положили су венац на споменик Ослободиоцима Београда. После тога су учествовали у шетњи „Бесмртног пука“ до Скупштине града Београда. У поворци су учествовали, поред комунистичких организација и грађани Руске Федерације са обележијима славне Црвене Армије. Срамота је да уместо комуниста организатори „Бесмртног пука“ буду представници власти који афирмишу сараднике окупатора  из Другог Светског рата.

«Бессмертный полк» в Сербии. 9 мая 2017 (News-Front 9 mag 2017)


УВЕК СМО БИЛИ НА ПРАВОМ ПУТУ (SUBNOR, 8. маја 2017.)
Поводом Деветог маја, председник СУБНОР-а Србије Душан Чукић је упутио честитку чланству организације.МЛАДИ СВЕ ВИШЕ ПРЕУЗИМАЈУ КОРМИЛО (SUBNOR, Шумадија, 9. маја 2017...

Слободарска Шумадија је, као и цела Србија, достојанствено прославила Дан победе...
АКЦИЈАШИ ПОНОВО НА ДЕЛУ (SUBNOR, Крагујевац, 8. маја 2017.)
Поводом 9. маја, Дана победе, СУБНОР Крагујевац и Клуб акцијаша и волонтера (колективни члан СУБНОР-а) организовао је прву радну акцију у Крагујевцу...

НАША БОРБА ЧИСТА КАО СУЗА (SUBNOR, Војводина, 10. маја 2017.)
Свечаном академијом у организацији Покрајинског одбора СУБНОР-а Војводине обележена је 72. годишњица велике победе...
http://www.subnor.org.rs/vojvodina-19

ЗАВЕТ И ЗА БУДУЋЕ ГЕНЕРАЦИЈЕ (SUBNOR, Зајечар, 10. маја 2017.)
Поводом Дана победе су у Зајечару положени венци на Спомен-костурницу...

СРЦЕ ЈЕ УВЕК ПОБЕЂИВАЛО ЧЕЛИК (SUBNOR, Неготин, 10. маја 2017.)
У оквиру „Мајских свечаности“ у Неготину је у организацији СУБНОР-а пригодно обележен Дан победе над фшизмом...

СИМБОЛ СЛАВНОГ ВРЕМЕНА (SUBNOR,  Вршац, 10. маја 2017.)
Град Вршац и СУБНОР, приредили су академију у препуној сали скупштине Града... На свечаности су говорили ... изасланик Амбасаде Руске Федерације у Београду потпуковник  Георгиј Клемен, председник СУБНОР...

ХЕРОЈ КИКА ОПЕТ ПОБЕДИЛА (SUBNOR, Младеновац, 11. маја 2017.)
На Дан победе, у центру Младеновца, откривена је биста Народном хероју Божидарки Дамјановић Марковић Кики...

БУДУЋНОСТ ИМАЈУ ПОШТОВАОЦИ ПРОШЛОСТИ (SUBNOR, Ужице, 11. маја 2017.)
Поводом 72 године победе над фашизмом и у знак сећања на жртве одржана је комеморација уз полагање венаца на Партизанском гробљу у Ужицу...


CROAZIA

Povodom 72. godišnjice Dana pobjede nad fašizmom (9. Svibanj 2017. / SRP)
Danas je u Splitu na Partizanskom spomen-groblju na Lovrincu svečanim skupom obilježen 9. maj – Dan pobjede nad fašizmom...


RUSSIA

La parata del Giorno della Vittoria a Mosca / Victory Day Parade on Red Square 2017 
FULL VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=6MGj7CdLDds
https://www.rt.com/news/387635-russia-celebrates-victory-day/
https://www.facebook.com/vesti.ru/videos/1613994108635087
https://www.facebook.com/1511346255822324/videos/1599586913664924/

La manifestazione dei comunisti e di altre organizzazioni patriottiche in Russia:

Corteo del "Reggimento Immortale" a Mosca
https://www.rt.com/news/387768-immortal-regiment-moscow-record/

No comment 10 Maggio 2017 - Il giorno della Vittoria a Mosca (PandoraTV, 10 mag 2017)
9 maggio 2017. Mosca festeggia il 72esimo anniversario dalla vittoria del nazismo. La Russia ha perso nella seconda guerra mondiale 28 milioni di vite umane. 750mila persone hanno preso parte alla marcia ‘Reggimento Immortale’. Tra la folla anche il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, con la foto del padre, che prestò servizio come sommergibilista a Sebastopoli...

ESCLUSIVO. MOSCA A 360 GRADI DAL JET
Per la prima volta nella storia immagini a 360 gradi da un jet. Le squadre russe di jet fighter hanno eseguito una prova di volo del Victory Day, con telecamere montate esternamente.
EXCLUSIVE 1st ever in history 360° cameras filming outside a fighter jet group (Ruptly TV, 9 mag 2017)


SIRIA E INTERNAZIONALE

- Gli abitanti di Aleppo festeggiano il Giorno della Vittoria della Russia sul nazismo
- Il “Reggimento immortale” celebrato a Strasburgo

WFTU поводом 72. године велике антифашистичке победе

«Non si può negare la storia e il ruolo dell’URSS», così la FMGD /WFDY/ nel giorno della Vittoria (Senza Tregua  9 maggio 2017)

Il “Reggimento Immortale” ricorda i 28 milioni di russi morti nella lotta contro il nazismo (PTV News 08 Maggio 2017)


UCRAINA E DONBASS

Commemorazione a Kiev senza bandiere rosse e senza nastri di San Giorgio (vietati)

Commemorazione a Kiev nonostante le indimidazioni contro Natalija Vitrenko

In Ucraina il Reggimento Immortale attaccato dai neonazisti (PTV news 10 Maggio 2017)
VIDEO: https://youtu.be/sthXujIU7E0?t=5m47s

Donetsk

Lugansk