Informazione

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/06-Dicembre-2005/art83.html

il manifesto, 6 Dicembre 2005

Indipendenza del Kosovo? Che ne pensano i 260.000 rom cacciati nel terrore

Nessuno chiede agli zingari

Viaggio nei campi profughi dove da sei anni vivono decine di migliaia
di rom espulsi a forza dal Kosovo, e rimasti privi di tutto. «Non ci
sono più aiuti, né locali né internazionali, e non c'è lavoro. Ma non
possiamo nemmeno tornare a casa, siamo minacciati di morte»

TOMMASO DI FRANCESCO
INVIATO A BELGRADO

«Sei del manifesto? Allora conosci Rossana Rossanda? Ti prego
salutala, lei è stata per me un mito quando ero studente in Germania
alla fine degli anni Sessanta». A parlare è Rajko Djuric, al secolo
giornalista della Tanjug ma soprattutto famoso per essere il «re degli
zingari». O meglio l'«ex-re», perché a quella carica è stato eletto
dal congresso mondiale degli zingari per ben due mandati dal 1990 al
2000, poi è stato presidente del congresso mondiale e ora dirige il
Centro internazionale degli zingari di tutto il mondo e da «re» ha
pubblicato molti libri sulla condizione degli zingari, tradotti anche
in Italia dove ha accompagnato dal papa nel 1991 la prima delegazione
rom mai entrata in Vaticano. Siamo a Zemun, grande sobborgo storico di
Belgrado che degrada verso immense periferie e poi la vasta pianura
dove la Sava entra nel Danubio scuro e limaccioso. Non fa ancora quel
freddo pungente dei Balcani, fastidiosamente piove, l'umidità entra
nelle ossa. L'appuntamento per andare a vedere come vivono i rom
cacciati dal Kosovo era nell'area dell'ex ufficio degli zingari della
Serbia a ridosso di una delle tre sedi della televisione rom e davanti
ad un piccolo supermercato cinese dai prezzi bassissimi che vende di
tutto. «Vedi questa strada - dice Jovan Donyanovic, presidente dei rom
serbi, indicando la via che proviene direttamente dal sud e attraversa
i nuovi agglomerati e le vecchie isbe basse dei contadini inserite
ormai a forza nella città di più di due milioni di abitanti - su
questa strada in questo punto esatto dove io e te stiamo parlando, nel
luglio 1999, a solo un mese dall'ingresso delle truppe Nato ho visto
arrivare una fila sterminata di decine di migliaia di zingari,
affamati, disperati che marciavano, arrivati con mezzi di fortuna e
senza niente addosso, con sacchetti di plastica della spesa come
valigia, arrivavano tutti in fuga dal Kosovo e non c'erano telecamere
dei network internazionali a riprenderli. Raccontavano fatti che i rom
avevano patito solo durante la seconda guerra mondiale sotto i
nazifascisti: stupri, violenze, bambini uccisi. E' purtroppo tutto
documentato dall'Onu. Nel silenzio del mondo il nostro popolo ha
sofferto la pulizia etnica e le violenze razziali».

All'estrema periferia, a ridosso dell'autostrada che va a nord verso
Novi Sad, si aprono zone industriali abbandonate con poche fabbriche
in funzione. In una di queste, l'area dell'ex stabilimento della
fabbrica Grmec, tra capannoni da anni serrati, gru arrugginite, catene
montuose di rottami e pozzanghere come laghi si stende una delle tante
baraccopoli di rom fuggiti dal Kosovo, che vivono nelle capanne fatte
di gesso e cartone, a volte con muratura improvvisata, che una volta
erano usate come spogliatoi dagli edili che hanno costruito i
complessi industriali.


Impauriti ancora adesso

Ci accompagna Gashi Cerim: parla sottovoce, anzi è proprio restio a
parlare. Ma poi si lascia andare quasi a un'invettiva: «Abbiamo avuto
tanto terrore - tira fuori i documenti che provano che è presidente
dei rom di Lipljan in Kosovo - e siamo ancora impauriti adesso. A
Lipljan c'erano tremila rom, già sotto i bombardamenti molti di noi
sono scappati, non si poteva vivere. Ma il genocidio è cominciato dopo
il bombardamento. Siamo stati costretti a lasciare le nostre case
sotto la minaccia degli albanesi normali, non dell'Uck, dei civili. Lì
avevamo negozi, case, macchine, terre, eravamo una comunità integrata
e vivevamo bene. I rom erano artigiani del legno. Io ero meccanico.
Avevo tanti amici albanesi che mi dicevano di stare tranquillo che non
sarebbe successo niente, ma abbiamo scoperto che avevano paura anche
loro. Così non ci ha aiutato nessuno. Le nostre case? O le hanno
bruciate o sono state occupate dagli albanesi. Parlano tanto di
indipendenza, ma perché nessuno chiede agli zingari che cosa pensano
dell'indipendenza? Certo noi non torneremo più a queste condizioni.
Molte nostre abitazioni risultano vendute, ma i contratti sono falsi,
il catasto del Kosovo è stato tutto manipolato». «Ho fatto la stessa
domanda all'amministratore Onu Michael Steiner - parla il «re» Rajko
Djuric che guida la nostra carovana - nel 2003 in Germania e gli ho
ricordato che dopo gli albanesi e i serbi gli zingari erano il terzo
popolo del Kosovo. E lui prima è cascato dalle nuvole, poi si è
arrampicato sugli specchi è non è stato capace di rispondermi. Secondo
gli stessi dati dell'amministrazione Unmik-Onu, fino al giugno 1999
c'erano in Kosovo 260.000 rom sparsi in 193 comunità, ne rimangono
29.656 in sole 26 località. Anche l'unico vero intellettuale
kosovaro-albanese, Veton Surroi, ha definito `fascista' la pulizia
etnica e gli eccidi di zingari, ne sono stati uccisi più di cento.
Solo in Kosovo i rom sono odiati perché hanno raccontato che si sono
schierati con i serbi. dimenticando che la maggior parte delle
comunità viveva integrata con tutti e spesso in località dove i serbi
non c'erano proprio. Invece non sono mai stati odiati in Albania. A
Pec gli zingari erano più di 20.000, molti quelli ricchi e benestanti,
ne restano sotto assedio 1.100; a Obilic erano 7.000 ora sono 500, a
Gnjlane erano 7.000 e sono 250, 5.000 a Vucitr rimangono in 300, e
sono tutti scappati quelli di Pristina, Pec, Djakovica, Lipljan,
Podujevo, Urosevac. Con tante donne violentate, alcune per disprezzo
ulteriore, davanti al suocero o al marito, e tanti, tantissimi
scomparsi. Alle Nazioni unite sanno tutte queste cose, le hanno anche
documentate, ma non è mai successo niente. A Pristina poi ci sono
stati attentati contro le sedi dell'Onu, addirittura tre quest'estate.
Sappiamo da funzionari dell'Unmik che vogliono mantenere l'anonimato
che gli estremisti albanesi vanno ogni giorno nelle case dei pochi rom
rimasti minacciandoli con questa semplice formula: se dite qualsiasi
cosa contro l'indipendenza c'è una pallottola per voi. I rom non li
protegge nessuno, viviamo lì peggio dei serbi. Sì, peggio dei serbi».

Entriamo dentro una baracca a tre vani, scura e affumicata dentro, c'è
la televisione accesa su un programma cult in Serbia: una specie di
reality dove una coppia prova a sposarsi per 24 ore. Entrando qualche
calcinaccio cade, ci scusiamo per l'intrusione, dentro stanno
cucinando ma fa più freddo che fuori, bambini dappertutto, ne contiamo
sei, fuori ce ne sono decine, qualcuno addirittura scalzo, tutti
malvestiti, visibilmente malnutriti. «Qui abbiamo la luce che paghiamo
cara, 30mila dinari al mese, l'acqua invece non c'è, non ci regala
niente nessuno e ormai non si vede più assistenza o aiuto né locale né
internazionale, ma non vogliamo elemosine, vogliamo lavorare», dice
Krasnici Raghib. Viveva presso Majora, vicino Lipljan, una frazione di
50-60 case di rom, qualche zingaro ashkali è rimasto; ha 11 persone in
famiglia, tutti i figli, la nuora, i figli della nuora; la moglie è
morta di tumore in questa baracca due anni fa, ora ha due figlie
piccole da mantenere che non hanno madre. Intanto la stanza si riempie
di molti vicini, ognuno racconta la sua storia. Krasnici Raghib aveva
due appartamenti e una casa dove viveva, lui era minatore scelto nella
miniera di Golesh, anche la moglie e il figlio lavoravano in miniera.
Adesso non hanno lavoro, «viviamo con la raccolta di carta e ferro che
troviamo nei container che lasciano nella zona industriale» dice Fadi,
il genero di Raghib. E le vostre case?chiedo a tutti quelli che ormai
riempiono la baracca: «Sono arrivati gli albanesi e le case sono state
bruciate - rispondono quasi in coro - tutte bruciate. Come possiamo
tornare senza protezione e senza le nostre case? Eravamo minacciati
ogni giorno, facevano il segno del coltello che taglia il collo.
Perché non ce lo vengono a chiedere a noi che pensiamo
dell'indipendenza?». «Noi siamo la prova di quanto sarebbe ingiusta
l'indipendenza di una sola etnia - risponde Raghib - ma se torno trovo
il coltello, è la democrazia del coltello. Vogliono vivere soli, che
vivano da soli. Che torno a fare e che mondo è questo?».

Parlano senza speranza, parlano rom, la musicalità di una lingua
preziosa e ricca irrompe nella miseria circostante. Ridono, perché ci
presentano le piccole del campo che arrivano a frotte anticipate da
Saba e Sirya, di 8 e 6 anni, le due figlie di Raghib e dalla piccola
«zia» Bera di 9 anni. Hanno occhi luminosi e neri, sembrano irreali.
Vengono dal silenzio. Nero è il loro cielo.

Proprio sul Danubio, tornando verso Belgrado, dopo il ponte di Pancevo
il polo industriale chimico devastato dai bombardamenti della Nato e
considerato, dopo Chernobyl, il posto più inquinato d'Europa, si
stende Karaburma (anello nero), l'altra immensa baraccopoli di zingari
cacciati dal Kosovo, con una predominanza di persone che vengono da
Djakovica, Pec e Pristina. Aveva ragione Raiko Djuric a dire che a
paragone il campo di Grmec era oro. Qui non ci sono nemmeno le finte
murature e i calcinacci di gesso, ma solo cartone, lamiere e tende. Ed
è qui che incontriamo una comunità di «cittadini», la famiglia Ghalyc
che viene dalla capitale del Kosovo. «A Pristina - ci racconta il capo
famiglia Vojan - nella via Moravska vivevano più di 22.000 rom,
avevamo case a due tre piani, terre, officine, aziende artigiane,
c'erano professionisti, intellettuali. Ora non ne è rimasto nemmeno
uno. Così come hanno costretto a fuggire la piccola comunità ebraica
di Pristina, ma nessuno lo racconta. Anche la comunità croata di
Jajevo (agnello) è dovuta scappare».


«Noi non esistiamo»

«Vedi che bel servizio ha fatto il nazionalismo - commenta il «re»
Raiko Djuric - nella Federazione jugoslava abbiamo avuto anche un
ministro zingaro, Drakisha Svetkovic, e ora siamo solo profughi o
ospiti. Se i serbi cacciati dal Kosovo sono cittadini di serie B nella
Serbia dilaniata dalla crisi economica, senza lavoro e prospettive,
dove la vita è cara come in Europa, noi zingari semplicemente non
esistiamo. Così vaghiamo qui, in Macedonia, in Italia, soprattutto a
Milano; molti, 46.000, sono arrivati in Germania perché anche quando
c'era l'embargo rimaneva il canale aperto con l'Ungheria. Da lì era
facile entrare in Germania. Ma ora non passa settimana che un po' alla
volta con vagoni e pullman li rispediscono «a casa»: non in Kosovo
naturalmente, ma qui in Serbia».

Ora il Parlamento mondiale dei rom che sta per riunirsi si prepara a
chiedere i danni di guerra perché nei loro confronti è stato
perpetrato un genocidio e per pretendere dalle Nazioni unite e dalle
corti internazionali che siano trovati i colpevoli. Ma è una storia
che sembra avere perso la sua colonna sonora di speranza.

Nei campi che abbiamo attraversato abbiamo chiesto che fine ha fatto
la musica. Preferiscono non parlarne. Non che non amino i loro ottoni.
Ma si sentono strumentalizzati dai serbi. Prima li usavano in testa
alle loro battaglie, ora esportano la musica rom che in fondo
considerano solo folklore ma con l'etichetta dell'ultimo Goran
Bregovic che invece «è arte». Se i Balcani sono le banlieue d'Europa,
gli zingari che cosa sono?

http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-srebrenica.php

Srebrenica

Il 5 settembre scorso, a Trieste, si è tenuto uno spettacolo teatrale
gratuito che ha avuto come tema l'assedio di Srebrenica.
Davanti ad un centinaio di persone, l'opera "A kao Srebrenica" (A come
Srebrenica) ha voluto ricostruire le cause e le modalità della strage.
Si è trattato di un monologo in stile Paolini, che ha attinto a piene
mani (anche troppo) dalla struttura e dai lavori del bravo attore e
regista veneto.
Ma Paolini è Paolini e "A kao Srebrenica" si è rivelata solo un'opera
di bassa propaganda antiserba, in un crescendo di criminalizzazione di
un popolo ritenuto unico responsabile del macello balcanico.
L'attrice ha rappresentato la guerra di Bosnia come un dramma nato
dalle piccole invidie tra vicini di casa, da piccoli odii per un
muretto spostato, per un debito
non pagato o un credito non concesso. Ha citato, giustamente, come
responsabili "il porco Ratko Mladic" e "il porco Radovan Karadzic", ha
sputato sui caschi blu, ma…curiosamente non ha menzionato minimamente
nessun precedente storico né tantomeno il signor Izetbegovic, noto
fomentatore di odio razziale autore della famosa "Dichiarazione
Islamica" (consiglio di leggerla, la potete trovare in rete) e anche
lui regista della guerra.
L'unica blanda concessione ad una visione non monoculare è stata la
citazione del bosniaco musulmano Nasir Oric, presentato come "un
ambiguo Che Guevara", anche lui uno "cattivo" ma che tutto sommato ha
combattuto con un pugno di uomini, male e poco armati.
Nessun cenno al fatto che la banda di Oric era composta in gran parte
da mercenari stranieri e che dietro ci stavano i soldi e
l'addestramento di altri stati. Un solo cenno ad un villaggio serbo
massacrato e svuotato, mentre ce ne sono stati una trentina.
Verso la fine anche il calcolo degli scomparsi per mano serba. La
conta dei morti (o presunti tali) non è mai una bella cosa, ma
l'attrice ha simpaticamente e più che abbondantemente gonfiato le
stime della NATO, sparando la cifra di 12.000 persone.
Così, in definitiva, grazie a questo spettacolo (fortunatamente
gratuito) si è rimasti al caro e rassicurante stereotipo degli Slavi,
pardòn dei Serbi, brutti sporchi e cattivi, imbevuti di istinti
primordiali e di violenza spontanea.
Non una parola sul ruolo avuto dalle varie diplomazie, dai vari
servizi segreti, ma soprattutto dalla Banca Mondiale e dal FMI.
La guerra di Jugoslavia, dunque, come naturale sbocco di odii mai
sopiti e di istinti atavici di genti incivili. Punto.
Un'offesa alla verità storica e alla dignità di tutte quelle persone,
di ambo gli schieramenti, che sono state precipitate nella catastrofe
da precise strategie geopolitiche.
Il tutto è stato rappresentato con la compiacenza ed il logo di
Amnesty International, che ai margini dello squallido spettacolo
cercava fondi ed adesioni. Sul manifestino dell'opera appariva anche
una citazione del signor Adriano Sofri, grande esperto e tuttologo.
Continua dunque l'opera di disinformazione sulla guerra di Jugoslavia,
viene da chiedersi se ci sarà mai una fine.
Ad ogni modo il monologo ha avuto successo, perché i presenti hanno
reagito bene esprimendo gradimento, a dimostrazione che l'arte è
un'arma molto pericolosa quando non trova un pubblico preparato.
Spero che alle prossime rappresentazioni il terzetto autore dell'opera
(Roberta Bagiarelli, Simona Gonella, Giovanna Giovannozzi) trovi
un'accoglienza meno supina e acritica.

Ivo Kozina

---

A proposito della propaganda antiserba su Srebrenica si veda ad es.:

D. Johnstone: Srebrenica Revisited
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4640
W. Sauer: Srebrenica una das Video
https://www.cnj.it/documentazione/wsauer.doc
SREBRENICA RESEARCH GROUP
http://www.srebrenica-report.com/
UN GENOCIDIO VIRTUAL (Semanario serbio)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4499
THE POLITICS OF SREBRENICA MASSACRE (E. Herman, ZMag)
http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?SectionID=74&ItemID=8244
THE FORBIDDEN SREBRENICA REPORT
http://www.slobodan-milosevic.org/news/smorg-sreb101604.htm

--- In ita-jug, "Iniziativa PARTIGIANI! Roma" ha scritto:

Grecia: appunti sui danni causati dall'occupazione italiana

DVD (96'), Italia 2005
Realizzato da: Tamara Bellone, Nietta Fiorentino, Ghiorgos Korras,
Piera Tacchino
Montaggio: Monica Affatato
Disegni: Paolo Golinelli

Con testimonianze di:
Tàkis Benàs, Pànos Gheorgòpoulos, Demétrio Livieràtos, Chrìstos
Kostòpoulos, Evànghelos Manghiòsis, Gheòrgos Papadìskos, Stèfanos
Ritsàkis, Adéla Tsoukià, Pànos Tsoukià
Contributo di:
Costanzo Preve

per contatti: Piera Tacchino - p.tacchino @ torinofacile.it - 3391360447

------

Il videodocumentario, costruito sulla base delle testimonianze dei
diretti protagonisti della stagione della occupazione e della
Resistenza greca, è un esempio di autoproduzione di altissimo livello.
Il risultato è straordinario sia dal punto di vista della
ricostruzione storica, sia da quello del montaggio e della sintassi
filmica, sia per le tecniche usate: l'alternare prese dirette con
filmati d'epoca, disegni, musiche e fotografie insieme a sguardi,
presi in tempi diversi (allora ed oggi) nei luoghi dove i fatti si
sono svolti.
Oltre ad illustrare i crimini commessi dall'occupante italiano in
Grecia, il video ripercorre la storia della Grecia dal 1940 al 1952,
illustrando in particolare l'epopea drammatica del movimento
partigiano locale, che dovette combattere, di volta in volta, contro
gli italiani, contro i tedeschi, contro le altre truppe di occupazione
ed i collaborazionisti locali, poi contro la destra nazionalista
appoggiata dagli angloamericani.
Un documento che spicca per qualità e spessore tra i migliori
realizzati in Italia sulla Resistenza all'estero, con in più il
"merito" di uscire, celebrandola nel migliore dei modi, nel 60.mo
della Liberazione.

(NB. una versione preliminare del video era stata presentata alla
iniziativa-dibattito PARTIGIANI! - vedi:
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/resoconto.htm )


=== * ===

P A R T I G I A N I !
Una iniziativa internazionale ed internazionalista
nel 60.esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo

https://www.cnj.it/PARTIGIANI/index.htm

Per contatti: PARTIGIANI! c/o RCA/CNJ,
Via di Casal Bruciato 27, I-00159 Roma
partigiani7maggio @ tiscali.it
FAX +39-06-43589503

=== * ===

--- Fine messaggio inoltrato ---

Da: "icdsm-italia\@libero\.it"
Data: Lun 5 dic 2005 11:41:44 Europe/Rome
A: "icdsm-italia" <icdsm-italia @ yahoogroups.com>
Oggetto: [icdsm-italia] Russian Law Experts on 'Fairness' of Milosevic
Trial


[Un importante documento, redatto da giuristi russi, in merito alle
irregolarità nel "processo" a Milosevic, presentato dallo stesso
Milosevic nell'aula dell'Aia lo scorso 29 novembre]

---------- Initial Header -----------

From : "Vladimir Krsljanin"
Date : Wed, 30 Nov 2005 20:03:05 +0100
Subject : Russian Law Experts on 'Fairness' of Milosevic Trial


On 29 November 2005, during the 'debate on his health and severance of
the indictments' before the ICTY, President Milosevic gave a powerful
lesson of law and politics to his inquisitors. The 'judges' made no
decision yet, waiting for further medical reports, in spite it was
lauded in the debate that all medical experts, including the ones
appointed by the ICTY, agree that a period of rest for President
Milosevic is absolutely needed. Instead, the proceedings continued.
During the yesterday's debate, President Milosevic presented the
written conclusions of a group of renown Russian International Law
experts on 'fairness' of the Hague proceedings. Below we offer for the
first time to the public the English translation of that important
document.

D E C L A R A T I O N
of the Group of members of the Russian Association of International
Law for Monitoring the Process Prosecutor v. S. Milosevic in the
International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia

Group of members of the Russian Association of International Law for
Monitoring the Process Prosecutor v. S. Milosevic in the International
Tribunal for the former Yugoslavia is expressing its concern over the
violation of the fundamental right of the accused - the right to fair
trial.

The right to a fair trial was set out in a series of international
legal acts (Art. 10 of the Universal Declaration of Human Rights,
1948; Art. 14 of the International Covenant of Civil and Political
Rights, 1966; Art. 6 of the European Convention for the Protection of
Human Rights and Fundamental Freedoms, 1950; Art. 75.4 of the
Additional Protocol I to the Geneva Convention on the Protection of
the Victims of War, 1977and other), and in the Statute of the very
Tribunal (Art. 21.2). Hence, the assurance of that right is obligatory
in any process ongoing in ICTY.

The international legal term of "fairness" of court proceedings
includes a number of elements, primarily the right of the defendant:
to have adequate time and facilities for the preparation of his
defense; to defend himself in person; to be tried in his presence; to
examine, or have examined, the witnesses against him and to obtain the
attendance and examination of
witnesses on his behalf under the same conditions as witnesses against
him.

1. Right of the accused to "to have adequate time for the
preparation of his defense".

Since the signature of the first indictment against S. Milosevic till
the beginning of the Prosecution Case two years and eight months have
passed. All that time was used up for the preparation of the
Prosecution Case. The preparation of the Prosecution Case went on even
for eight months after detention of the accused in prison.

Three months were allowed to S. Milosevic for the preparation of
defense.[1] After certain prolongation of that period due to the
illness of the defendant, the whole time for the preparation of
defense came to six months. However, a considerable part of the
prolongation could not be used for the preparation of defense because
the Secretariat of the Tribunal kept denying to S. Milosevic to meet
with his witnesses on the grounds of his ill health.

It is absolutely clear that the period of time for the preparation of
defense in the most complex international criminal case, which
contains 66 counts and several thousand of episodes is inadequate,
moreover in prison conditions. In compliance with the principles of
equality of the parties in the process, the defendant must get at
least the same time for the preparation of his defense as the
prosecution had for the preparation of its Case - from the moment of
signature of the Indictment till the onset of the trial. In compliance
with the principle of granting the defendant an adequate time for the
preparation of his defense, and taking into
consideration the extraordinary complexity of the case, S. Milosevic
must be given an adequate time span, because less than six months
allowed can't be considered adequate.

The appeal by the defendant to have more time was rejected by the
Appeals Chamber too, stating "by choosing to conduct his own defence,
the Accused deprived himself of resources a well-equipped legal
defence team could have provide" and that he "must be reciprocated by
the acceptance of responsibility for the disadvantages this choice may
bring"[2]. In support to this "conclusion" the Appeals Chamber invoked
four decisions of the
national courts, but forgot to refer to the valid norms of the
international law. So the highest chamber of the Tribunal, which is
obliged to protect the violated rights of the defendant, confirmed
illegal decision of the Trial Chamber, by having punished the
defendant for choosing to defend himself in person, without quoting
legally convincing arguments. The right to an
adequate time for the preparation of defense belongs to the defendant
not to the lawyers! Besides, that right is on the list of rights
without limitations.[3]

Hence, the Group founds the violation by ICTY of the right of the
defendant to be accorded adequate time to prepare his defence.

2. The right of the accused to "defend himself in person".

The right of the accused to his own defense in person is under no
limitation, likewise and hence a forceful imposition of counsel
constitutes a breach of the norms of the international law. No
argumentation of the court, the least the temporary illness of the
defendant, may serve as the grounds for depriving him of that right.

The forced imposition of counsel for the accused provoked serious
concerns that it has been concocted to conduct the defense of S.
Milosevic in his absence, if his health gets worse.

Hence, the Group finds that ICTY violates the right of the accused to
defend himself in person.

3. The right of the defendant "to be tried in his presence".

This right is subject to no limitation, either. The invocation of both
chambers of the Tribunal to time efficiency is unacceptable in terms
of international legal norms, because any interpretation of a norm is
possible only in the case of its vagueness. In the case of the minimum
rights of the accused, and which were worded quite clearly, such an
interpretation is contrary to the general principle of law: in claris
non fit interpretario.
General principles of law are binding on all the courts and
consequently on the International Criminal Tribunal for the former
Yugoslavia.

Further to that, the so called "case" of the defense witness K.
Bulatovic, who refused to testify in the absence of the accused, could
not have possibly be taken as the contempt of the court. The witness
K. Bulatovic tried to speak up for the right of the defendant to be
tried in his presence, and was completely groundlessly sentenced to 4
months of imprisonment. The witness K. Bulatovic didn't "refuse to
reply to the questions" in general, rather refused to reply to the
questions in the absence of the defendant. The session of the court on
19th April 2005, when the trial chamber grossly violated one of the
fundamental elements of the right to a fair trial, was illegal, and
the witness K. Bulatovic was not obliged to reply to questions during
such a session.

Hence, the Group finds that ICTY violates the rights of the defendant
to be tried in his presence.

Besides, the action of the Trial Chamber v. defense witness raises
doubts about impartiality of the court. The contempt of the court is
not defined by personal feeling of the Judges, but the norms of the
international law.
Punishment of the witness, who had acted in compliance with the
international law, was absolutely contrary to law. The doubt of the
impartiality of the court has been caused by the fact that a series of
the prosecution witnesses, particularly the witness A. Zekiri and the
witness K-12, who indeed rejected to testify before the court, were
not sentenced to prison terms and one of them was not even declared
guilty for contempt of the court.[4]

4. The right of the accused to "to examine, or have examined, the
witnesses against him and to obtain the attendance and examination of
witnesses on his behalf under the same conditions as witnesses against
him".

The Prosecution received 300 days from the Trial Chamber for the
presentation of its case, while S. Milosevic only 150 days for the
presentation of his defense.

Regrettably, the United Nations General Assembly and Security Council
were mislead by the ICTY report which claimed that "the Trial Chamber
has ordered that the accused have the same amount of time to present
his defence case as the prosecution had to present its case"[5].. That
allegation aimed at persuading the United Nations General Assembly and
the Security Council that in the Defense Case of the process that is
ongoing, the basic elements of the right to a fair trial had been
assured, which is far from the truth.

The defendant S. Milosevic was accorded twice less time than the
Prosecution. The argumentation of the court intended for the
international public that 150 days are equal to 300 days is not only
unconvincing but illegal. The allegation that S. Milosevic during the
Prosecution Case used more time that the Prosecution is no basis for
cutting the time for his defense, because S. Milosevic "spent" the
time not on his witnesses, but on the witnesses of the Prosecution.
That manipulation must attract special attention of the international
community in general and of United Nations General Assembly and
Security Council in particular, since that fact also makes the
impartiality of the court doubtful.

Moreover, it was planned to separate in the nearest future the Kosovo
part of the trial from the rest of the indictments in the course of
ongoing defense, which also constitutes the violation of the right of
the defendant to a far trial. The Prosecution invited witnesses on
more than one occasion made depositions simultaneously on the Kosovo
and all other Indictments.
Separation of the trial at the time of ongoing defense, under whatever
grounds, will violate the right of the indicted to a fair trial and
bring the defense witnesses in inequitable position compared to the
prosecution witnesses.

Hence, the Group finds the violation by ICTY of the principle of
equality of the parties and breach of the presumption of innocence.

The Russian Association of International Law adopted on 30 June 2005
the Declaration in which it unanimously qualified the decision of the
Trial Chamber to accord to S. Milosevic twice less time than the
Prosecution had as a gross violation of the international law.[6]

Hence, the Group qualifies the course of the process against Slobodan
Milosevic as NOT in accord to the requirement of assurance of the
right of the accused to a fair trial and draws the attention of the
United Nations General Assembly and Security Council to that fact, and
the whole international public opinion alike. The Group demands the
International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia to assure
the right of the accused to a fair trial.


The members of the Group of Russian Association of international law
for monitoring the process Prosecutor v. Slobodan Milosevic in the
International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia:

1. J.M. Kolosov, Doctor of International Law,
Professor at the Department of International Law of the Moscow State
Institute for International Relations of the Russian Ministry for
Foreign Affairs, member of Executive Committee of the Russian
Association for International Law, member of UN Committee for
Economic, Social and Cultural Rights; Editor-in-Chief of the "Moscow
Journal of International Law";

2. S.V. Chernichenko, Doctor of International law,
Professor, Head of the International Law Center of the Diplomatic
Academy of the Russian Ministry for Foreign Affairs, Vice-president of
the Russian Association for International Law;

3. G.V. Ignatenko, Doctor of International Law,
Professor, Vice-president of the Russian Association of International
Law, Editor-in-Chief of the "Russian Law Journal", former Head of the
Department of International law of Ural State Law Academy;

4. G.I. Kurdukov, Doctor of International Law,
professor, Head of the Department of Constitutional and International
Law of the Kazan State University, Vice-President of the Russian
Association of International Law;

5. L.N. Galenskaya, Doctor of International Law,
Professor at the Department of International Law St.Petersburg State
University, member of the Executive Committee of the Russian
Association of International Law, Editor-in-Chief of the "Russian
Yearbook of International Law";

6. A.J. Kapustin, Doctor of International Law,
Professor, Head of the Department of International Law of the Russian
University of Friendship of Nations, Dean of the Law Faculty of RUDN,
Member of the Executive Committee of the Russian Association of
International Law;

7. E.S. Krivchikova, Doctor of International Law,
Professor at the Department of International Law of the Moscow State
Institute of International Relations of the Russian Ministry for
Foreign Affairs;

8. L.H. Mingazov, Doctor of International Law,
Professor, Head of Department for Human Rights of UNESCO of the Kazan
State University;

9. R.M. Valeev, Doctor of International Law,
Professor at the Department of Constitutional and International Law of
the Kazan State University, Vice-president of the Russian Association
of International Nuclear Law, former Judge of the Supreme Court of the
Republic of Tatarstan;

10. P.N. Birukov, Doctor of International Law,
Professor, Head of Department of International Law of Voronez State
University;

11. S.J. Marochkin, Doctor of International Law,
Professor, member of the Executive Committee of the Russian
Association of International Law, Head of Department of the
International Law of the Tumen State University;

12. N.I. Kostenko, Doctor of International Law,
Professor, the leading science associate of the Center for the
international law studies of the Institute of State and Law of the
Russian Academy of Science;

13. A.B. Mezyaev, Doctor of International Law,
docent, Deputy Head of the Department of Constitutional and
International law of the faculty of Law of the Academy of management,
member of Expert Council of the Ombudsman of the Republic of
Tatarstan, Executive Secretary of the Group of members of Russian
Association of International Law for monitoring the process against S.
Milosevic in ICTY.

25 November 2005


Notes:

[1] [Trial Chamber] Order Concerning the Preparation and Presentation
of the Defence Case of September 17, 2003.]
[2] [Appeals Chamber] Decision on the Interlocutory Appeal by the
Amici Curiae against the Trial Chamber Order Concerning the
Presentation and Preparation of the Defence Case of January 20, 2004,
para 19
[3] Article 14.3 of the International Covenant on Civil and Political
Rights states: "In the determination of any criminal charge against
him, everyone shall be entitled to the following minimum guarantees"
[4] Transcript of the court session of 22 February 2002 and of 3 and 4
June 2002.
[5] UN Document: A/60/267 - S/2005/532 (12 Report of ICTY to General
Assembly and Security Council) of 17 August 2005, para. 85.]
[6] Published in the magazine: "Moscow Journal of International Law"
2005, No. 4.


******************************************************

URGENT FUNDRAISING APPEAL

******************************

President Milosevic has the truth and law on his side. In order to use
that advantage to achieve his freedom, we must fight this totally
discredited tribunal and its patrons through professionally conducted
actions.

The funds secured in Serbia are still enough only to cover the
expenses of the stay and work of President Milosevic's legal
associates at The Hague (one at the time).

***********************************************************

3000-5000 EUR per month is our imminent need.

Please send your donations to one of the following accounts:

Jugoslawisch-Österreichische
Solidaritäts-Bewegung. (JÖSB)
Bank Austria
IBAN AT49 1200 0503 8030 5200
BIC BKAUATWW

or

Committee Intersol
Bank: 'Postbank', Amsterdam, Netherlands
Accountnumber 4766774
IBAN NL07 PSTB 0004766774
BIC PSTBNL21

***************************************************************

For truth and human rights against aggression!
Freedom for Slobodan Milosevic!
Freedom and equality for people!

On behalf of Sloboda and ICDSM,

Vladimir Krsljanin,
Foreign Relations Assistant to President Milosevic

*************************************************************

SLOBODA urgently needs your donation.
Please find the detailed instructions at:
http://www.sloboda.org.yu/pomoc.htm

To join or help this struggle, visit:
http://www.sloboda.org.yu/ (Sloboda/Freedom association)
http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend Slobodan
Milosevic)
http://www.free-slobo.de/ (German section of ICDSM)
http://www.free-slobo-uk.org/ (CDSM UK)
http://www.icdsm-us.org/ (US section of ICDSM)
http://www.icdsmireland.org/ (ICDSM Ireland)
http://www.pasti.org/milodif.htm (ICDSM Italy)
http://www.wpc-in.org/ (world peace council)
http://www.geocities.com/b_antinato/ (Balkan antiNATO center)



==========================

IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA
Il j'accuse di Slobodan Milosevic
di fronte al "Tribunale ad hoc" dell'Aia"
(Ed. Zambon 2005, 10 euro)

Tutte le informazioni sul libro, appena uscito,
alla pagina:
https://www.cnj.it/documentazione/autodifesa04.htm

==========================
ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27 -- 00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957 -- email: icdsm-italia @ libero.it
http://www.pasti.org/linkmilo.html
*** Conto Corrente Postale numero 86557006, intestato ad
Adolfo Amoroso, ROMA, causale: DIFESA MILOSEVIC ***
LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)

LA SAI L'ULTIMA SU BERTINOTTI?


Dispaccio ANSA - Roma, 23 nov.
PRC: BERTINOTTI, D'ALEMA CANDIDABILE AL QUIRINALE
"D'Alema al Quirinale? Candidabile a prescindere da me alla Camera".
Lo ha affermato il segretario di Rifondazione comunista Fausto
Bertinotti, nel corso di "Controcorrente", l'approfondimento di SKY
TG24 condotto da Corrado Formigli precisando che l'ideale successore
di Ciampi "dovrebbe essere un uomo o una donna che per prima cosa si
ispiri all'art 11 della Costituzione".
Se le barzellette di Berlusconi non fanno più ridere neppure al bar e
quelle su Berlusconi sono banali più di una dichiarazione di Rutelli,
per fortuna ci sono quelle di Bertinotti.
"D'Alema è candidabile al Quirinale". Bella scoperta: ha l'età, i
diritti politici ed un certo numero di grandi elettori. Ma fantastica
è la precisazione: il nuovo presidente "dovrebbe essere un uomo o una
donna che per prima cosa si ispiri all'art. 11 della Costituzione".
Perfetto! L''uomo giusto (il bombardatore della Jugoslavia) al posto
giusto. Del resto, c'è una regola che ha funzionato quasi sempre: ogni
presidente della Repubblica riesce sempre a far rimpiangere il suo
predecessore. Col Ciampi tanto amato da Fini si tratta di un'impresa
davvero titanica, ma ci riusciranno anche questa volta grazie anche al
contributo del signore di cui sopra.

Fonte: Notiziario del Campo Antimperialista ... 4 dicembre 2005 ...
http://www.antiimperialista.org

Da: sandi volk
Data: Lun 5 dic 2005 09:29:40 Europe/Rome
Oggetto: vabilo na simpoziji/invio a conferenza


Spoštovani/e
Pripenjam vam program simpozija "Meje, odporništvo, spomini", ki bo v
Trstu 14. in 15. decembra 2005
Lep pozdrav
za NŠK-OZ
Sandi Volk

Egregi/e
vi allego il programma della coferenza "Confini, resistenze, memorie"
che si terrà a Trieste il 14 e 15 dicembre 2005
per la Sezione Storia della Biblioteca nazionale slovena e degli studi
di Trieste
Sandi Volk

---

Istituto regionale
per la storia del movimento di liberazione
nel Friuli Venezia Giulia – Trieste

Narodna in _tudijska knjiznica – Odsek za zgodovino
Biblioteca nazionale slovena di Trieste – Sezione storia

Convegno internazionale di studio
Mednarodni _tudijski posvet

CONFINI, RESISTENZE, MEMORIE
MEJE, ODPORNISTVO, SPOMINI

Trieste, 14 e 15 dicembre 2005
Trst, 14. – 15. december 2005


Aula magna della Facoltà di Economia (g.c.), p. le Europa 1
Sejna dvorana Ekonomske fakultete, Trg Europa 1


14 dicembre 2005 / 14. decembra 2005, 15 – 18.30

Confini e resistenza nell'Europa meridionale
Meje in odpornistvo v juzni Evropi

- Milan Ristovic (Univerzitet u Beogradu / Università di Belgrado /
Univerza v Beogradu), Tra aiuto ed interferenza: la Jugoslavia tra
la lotta di liberazione e la guerra civile in Grecia (1946-1949)-
Pomo_ in vme_avanje: Jugoslavija in civilna vojna v Gr_iji (1946 – 1949)

- Joze Pirjevec (Università di Trieste e Univerza na Primorskem /
Università del Litorale – Koper/Capodistria), Le resistenze slovene
(TIGR, OF), le ideologie e i confini - Slovensko odporni_ko gibanje
(TIGR, OF), ideologie in meje

- Gianni Perona (Università di Torino / Univerza v Turinu), Resistenza
e società alpine al confine occidentale italiano – Odporni_ko gibanje
in dru_ba na italijanski zahodni meji

- Giuseppe Ferrandi (Museo storico in Trento / Zgodovinski muzej v
Tridentu), Ribelli di confine: la Resistenza in Trentino – Uporniki
na meji: Odpornistvo na Tridentinskem


15 dicembre 2005 / 15. decembra 2005, 9 – 12.30

La complessa liberazione nella Venezia Giulia - Primorska
Zapletena osvoboditev Julijske krajine - Primorske

- Giancarlo Bertuzzi (Università di Trieste / Univerza v Trstu ), La
resistenza italiana a Trieste e la liberazione della città –
Italijansko odporni_ko gibanje v Trstu in osvoboditev mesta

- Nevenka Troha (Institut za novej_o zgodovino v Ljubljani / Istituto
per la storia contemporanea di Lubiana), La liberazione di Trieste
nella primavera del 1945 e la questione dei confini – Osvoboditev
Trsta spomladi leta 1945 in vpra_anje meje

- Georg Meyr (Università di Trieste / Univerza v Trstu), Gli alleati
angloamericani e la liberazione di Trieste – Angloamericki zavezniki
in osvoboditev Trsta

- Milan Pahor (Narodna in _tudijska Knjiznica - Odsek za zgodovino /
Biblioteca nazionale slovena di Trieste - Sezione storia), Sloveni e
italiani insieme nella liberazione della città di Trieste nella
primavera del 1945 (L'azione militare del Comando della città di
Trieste e dell'Unità operaia) – Slovenci in Italiijani skupaj v boju
za osvoboditev Trsta. Delavska enotnost in Komanda mesta Trst.

- Damijan Gu_tin, (Univerza v Ljubljani / Università di Lubiana), La
lotta di liberazione slovena al confine austriaco e italiano –
Slovenski narodnoosvobodilni boj na mejnih obmo_jih Avstrije in
Italije. Osvoboditev Primorske.


15 dicembre 2005 / 15. decembra 2005 , 15 - 18.30

Resistenza: i confini della memoria
Odporni_ko gibanje: meje spomina

- Olga Manojlovi_ Pintar (Institut za noviju istoriju Srbije /
Istituto per la storia contemporanea della Serbia / Institut za
novej_o zgodovino Srbije), De-costruzioni del passato. I monumenti in
Serbia dopo la Seconda guerra mondiale – Raz – gradnja preteklosti.
Spomeniki v Srbiji po drugi svetovni vojni

- Anna Di Gianantonio (Irsml Fvg), La memoria della Resistenza tra
ricordo privato e discorso pubblico – Spomin na odporni_tvo: zasebni
spomini in javno pri_evanje

- Marta Verginella (Univerza v Ljubljani / Università di Lubiana), La
memoria degli sloveni del Litorale – Spomin Slovencev na Primorskem

- Christoph H. von Hartungen, (storico, Bolzano / zgodovinar, Bocen),
La memoria dei tedeschi del Sud Tirolo tra glorificazione e rimozione
– Spomin ju_nih Tirolcev med poveli_evanjem in pozabo


È previsto il servizio di traduzione simultanea.
Zagotovljeno je simultano prevajanje.

----- Original Message -----
From: "Alberto Tarozzi"
Sent: Friday, November 25, 2005 8:40 PM
Subject: [BSF] Sigfrido Ranucci all'Universita', su Falluja e non solo

martedi 6 dicembre ore 13 in via Berti Pichat presso la sede di
Scienze politiche
per il Corso
Media and Conflicts nei Balcani

Sigrfrido Ranucci (Rai)
parlera' su

Le guerre chimiche, dai Balcani all'Irak
seguira' la visione di filmati sul tema
ingresso libero

--- Fine messaggio inoltrato ---

GIORNALISMO UMANITARIO


Nella rubrica "Informbiro", dedicata ai temi scottanti della politica
internazionale, il periodico di Split "Feral Tribune" ironizza sulla
"sospensione della pena al giornalista umanitario A. Sofri", spiegando
che il "regime al potere non voleva prendersi il rischio di vederselo
morire nel pieno della campagna elettorale".

Per quanto ci riguarda, nel mezzo di cotanto trambusto in solidarietà
a Sofri proveniente in questi giorni da destra-centro-sinistra, e
fatti comunque salvi i diritti di qualsiasi carcerato relativamente
allo stato di salute (e Milosevic?), ci sentiamo piuttosto vicini alle
vittime delle guerre imperialiste che Sofri in questi anni ha
appoggiato e sponsorizzato.


"Putovanje po slobodnom svijetu nastavljamo u pisanskom zatvoru gdje
ve´c osam godina cami Adriano Sofri - humanitarac kojega pamti ratno
Sarajevo, teoreticar, kolumnist i ponosan covjek koji je, duboko
uvjeren u svoju nevinost, odbio traziti pomilovanje. Sofriju je
napakirano da je narucio ubojstvo policijskog povjerenika Luigija
Calabresija 1972. godine, pa je osuden na 26 godina zatvora. Kazna mu
je ovih dana suspendirana na neodredeno vrijeme, jer se druzina koja
vlada Italijom prepala da Sofri ne umre u zatvoru. Naravno, ne zbog
iskrene brige za njegovo kriticno zdravstveno stanje nego zbog straha
da bi im njegova smrt u zatvoru u Pisi naskodila u predizbornoj
kampanji. Sofriju je nakon krvarenja operiran jednjak i na zivotu ga
odrzavaju aparati."
(Feral Tribun, Split, 01/12/2005; segnalato da Olga)


Sulla propaganda guerrafondaia di A. Sofri rispetto alla Jugoslavia si
veda:

Visnjica broj 472
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4163

F. Grimaldi : IL RATTO GLORIFICATO
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3191

Intellettuali di servizio: Adriano Sofri (4)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2650

Intellettuali di servizio: Adriano Sofri (3)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2647

Intellettuali di servizio: Adriano Sofri (2)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2069

Intellettuali di servizio: Adriano Sofri
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2010

RUBATO IL TETTO DELLA CHIESA


Dal tetto della chiesa "Bogorodica Ljeviska" (Madonna di Lievizi) nel
centro della cittadina di Prizren i ladri hanno portato via oltre 200
metri quadri del tetto di piombo. La notizia è stata rilasciata dal
servizio informativo del Kosovo e Metohija.
"È incredibile come i vandali, indisturbati, hanno portato via il
tetto di piombo dalla chiesa medievale, la quale sarà il prossimo anno
dichiarata patrimonio modiale dell'UNESCO, e nessuno ha registrato e
tantomeno impedito il furto", dice il vladika Teodosije.

Da "Blic" di Belgrado, 15.11.05, "Ukraden krov sa crkve"
www.blicnews.com (segnalato da Ivan)

L'articolo che qui alleghiamo appare sul numero appena uscito (5/2005)
de L'ERNESTO (vedi: http://www.lernesto.it/ ):

SOMMARIO
Occorre l'alternativa, non una svolta moderata - F. Giannini
Le condizioni per un mondo multipolare - S. Amin
Fiaccole e bombe atomiche - Intervista a L. Castellina (a cura di F.G.)
Il movimento per la pace e la Politika - N. Ginatempo
Allarme NATO! - M. Dinucci
I comunisti e le basi militari in Sardegna - A. Licheni
L'arretratezza del capitalismo italiano - V. Giacchè
Metalmeccanici e Congresso CGIL - M. Zipponi
All'ombra della precarizzazione - A. Martini
Diritti - Parigi/Banlieues (A. Fache - G. Oxley )
Bologna/ Cofferati - (M. Prosperi - R. Sconciaforni - Incontro con i
Centri sociali)
Lampedusa (A. Sciurba)
Autodeterminazione delle donne - (D. Tromboni - M. M. Salzer)
La Stanza dell'Arte - Elogio della lucertola (Pizzi Cannella) - a cura
di R. Gramiccia
Legge elettorale, primarie, Costituzione - G. Chiarante
Partito della Sinistra Europea - Congresso di Atene: documento di
"Essere Comunisti"
Internazionale - Portogallo (A. Nunes) - Iraq (G. Lannutti) - Sudan
(M. Graziosi)
Germania-Europa/Dibattito - H. H. Holz - J. Bischoff e B. Radke - J.
Elsasser
Cultura - P.Paolo Pasolini (V. Magnani) - Sergio Endrigo (G. Lucini) -
Cinema/"La Caduta" (G. Livio e A. Petrini)
Recensioni - "Cuba: orgoglio e pregiudizi" a cura di R. Caputo
Fiom: 1994-2004 - a cura di L.B.

---

Intervista: Jürgen Elsässer

UNA GEOPOLITICA TEDESCA?

Durante l'aggressione all'Iraq ci si domandava: la "via speciale
tedesca" scelta da Schröder contro l'unilateralismo di Bush in Iraq ed
altrove porterà prima o poi ad un contrasto con gli USA ? Oppure
esistono delle possibilità per una politica della distensione in
Europa? Questi interrogativi sono stati al centro del libro di Jürgen
Elsässer "La via speciale tedesca. Tra eredità storica e sfida
politica" ("Der deutsche Sonderweg. Historische Last und politische
Herausforderung". Diederichs Verlag, aprile 2003, 264 pagine, 19.95
euro), che rimane attualissimo nonostante - tra l'altro - le recenti
elezioni politiche in Germania. L'attivismo diplomatico e militare
tedesco, infatti, sostanzialmente non ha mutato metodi ne' obiettivi
nel passaggio dai governi di centrodestra (era Kohl) a quelli di
centrosinistra (era Schröder), e non c'è ragione per attendersi
cambiamenti sostanziali nemmeno con la Grosse Koalition. I
commentatori attribuiscono ad Angela Merkel (CDU) una linea più
filo-atlantica, ma sugli schieramenti internazionali nella CDU
convivono più sensibilità. Le scelte geo-strategiche di fondo della
Germania sono in effetti condivise dal centrosinistra e dal
centrodestra: si pensi al ruolo svolto nella distruzione della
Jugoslavia, alla presenza delle truppe tedesche in missioni militari
come quelle in Kosovo ed in Afghanistan, o ai più recenti sforzi
compiuti per ottenere un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza
dell'ONU. Recentissimamente è ricorso inoltre il decimo anniversario
del voto bipartisan con il quale il Parlamento tedesco autorizzò per
la prima volta dalla II Guerra Mondiale le cosiddette "missioni fuori
area" per il proprio esercito, invertendo il dettato costituzionale ai
danni della Jugoslavia.

Uno degli atti più recenti compiuti da Schröder nella veste di premier
è stata la firma con Putin, in visita a Berlino ad inizio settembre,
dell'importante, strategico accordo sulla realizzazione di un grande
gasdotto che percorrerà tutto il Mar Baltico, dalla Russia (nei pressi
di San Pietroburgo) fino alla Germania, aggirando i paesi baltici e la
Polonia che sono tra i più fedeli alleati degli USA e tra i più ostili
ad una politica di pace nei confronti della Russia. Questo accordo
appare come una tappa ulteriore della "via speciale tedesca", cioè del
processo di autonomizzazione dagli USA.

Abbiamo rivolto ad Elsässer una serie di domande allo scopo di
caratterizzare meglio questa "geopolitica tedesca".


D: Nel tuo libro "La via speciale tedesca" hai evidenziato una
differenza tra la "via speciale" che il cancelliere Schröder ha
scelto alla vigilia della guerra contro l'Iraq, e che ha implicato il
rifiuto della politica aggressiva statunitense, da una parte, e le
scelte autonome effettuate in passato dalla "Grande Germania". Dunque
tu non vedi in Schröder alcuna riedizione di quel guglielminismo o
bismarckismo di cui lo hanno accusato i suoi critici borghesi. La
Germania rosso-verde è insomma una "potenza di pace", come ha detto la
SPD nel corso della sua ultima campagna elettorale europea?

R: Certo che no: nel 1999 i rosso-verdi hanno aggredito la Jugoslavia!
Ma è semplicemente assurda la tesi secondo cui Berlino avrebbe
rispolverato la "via speciale tedesca" solamente nel 2002-2003, quando
insieme a Parigi e Mosca disse NO alla aggressione contro l'Iraq.
Innanzitutto, uno che fa quello che fanno tutti gli altri, non può
trovarsi su di una "via speciale". Con il rifiuto della campagna di
guerra in Iraq la Germania ha assunto la stessa posizione di circa l'
80-90 per cento dei paesi del mondo. Se prendiamo come unità di misura
non i governi, bensì i popoli del mondo, allora notiamo che il
dissenso è stato ancora più vasto, poichè alcuni degli alleati degli
Stati Uniti - come Tony Blair, José Aznar e Silvio Berlusconi - hanno
prestato il loro voto contro la volontà pressante della maggioranza
nei rispettivi paesi, mentre la legittimazione da parte di altri
sostenitori di Bush, quali i "neo-europei" dell'Est, era quantomeno
incerta. Probabilmente nessun episodio politico della storia tedesca
recente (per non dire di quella della fase antecedente il 1945) ha
visto la Germania tanto in sintonia con il resto del mondo quanto la
crisi irachena.
In secondo luogo, non si può attribuire una volontà di "via speciale"
ad un governo nel momento in cui esso semplicemente difende il
monopolio della forza da parte dell'ONU e la sovranità degli Stati
garantita nella Carta dell'ONU stessa. Sarebbe una contraddizione in
termini. Chi persegue una strada autonoma, o mira ad essa, deve temere
il dibattito e le conseguenti contraddizioni in sede di Nazioni Unite.
Chi vuole sottomettere a se altri Stati deve innanzitutto violare la
loro sovranità. Perciò la Germania si separò dalla Società delle
Nazioni poco dopo che Hitler ebbe preso il potere, e viceversa la
Società delle Nazioni incominciò a ricostituirsi nella forma delle
Nazioni Unite solo dopo la fine del regime nazista.
In terzo luogo, un asse con Parigi è certamente una garanzia contro il
riaffiorare del passato. La Francia è il nemico storico, contro il
quale tutte le "vie speciali" tedesche si sono rivolte in passato. La
coscienza nazionale tedesca si è formata nelle guerre di liberazione
contro Napoleone; secondo Ernst Moritz Arndt, l'odio verso i francesi
è la vera "religione tedesca", una "religione" che ha avuto degli
slanci di intensità sempre crescente nel 1971, dopo il 1914 e poi
ancora dopo il 1939. E viceversa: tutti i tedeschi che si sentivano
soffocare per il bigottume e la reazione imperanti in Germania - da
Heinrich Heine a Marlene Dietrich, fino a Romy Schneider - si sono
sempre rivolti verso la Senna. Che lo spirito di Liberté, Egalité e
Fraternité potesse smuovere i tedeschi dalla loro inerzia era anche la
speranza di Karl Marx: "Quando tutte le condizioni interne saranno
soddisfatte, allora il giorno della rinascita tedesca sarà annunciato
dal canto del gallo francese." (1)
In quarto luogo, anche la sintonia con la Russia è un allontanamento
dalla "via speciale", non una ripresa. L'odio antislavo è stato messo
nel piatto dei prussiani in ascesa, dall'ordine teutonico, ed il
pericolo russo era la motivazione principale della I Guerra Mondiale
così come lo spazio vitale in oriente lo era della II. Con 20 milioni
di morti, il nazionalsocialismo da nessuna parte ha richiesto un
tributo di sangue più alto che nella Russia sovietica. Eppure ci sono
anche esempi di collaborazione: i Prussiani ed i Russi combatterono
assieme contro Napoleone, nel Trattato di Rapallo la Repubblica di
Weimar e l'URSS si trovarono assieme, il patto tra Hitler e Stalin
dette ai tedeschi mano libera contro i Polacchi. Questi esempi
mostrano a quali condizioni diventa pericolosa una alleanza tra la
Germania e la Russia: e cioè quando e solo quando essa si indirizza
contro il resto dell'Europa. Non appena l'asse Mosca-Berlino si
estende e genera una intesa con Parigi, la Germania viene legata da
ambo i lati ed il problema si sgonfia.
In quinto luogo, e forse più importante di tutti: sarebbe del tutto
inedito dal punto di vista storico se una "via speciale" tedesca
consistesse nel rifiuto della soluzione bellica. Una cosa simile il
mondo non l'ha ancora mai vista. Il sorgere della Prussia come
potenza mitteleuropea è consistito in una serie di atti di violenza,
l'impero di Bismarck fu forgiato nella guerra, dopo le devastazioni in
Belgio nel 1914-1915 i tedeschi furono paragonati agli Unni, e che
dire dei crimini della Wehrmacht soprattutto nella campagna
orientale... È possibile che si sia ridestato il ricordo di queste
"vie speciali" nel momento in cui oggi il ministro della Difesa Peter
Struck inneggia alla difesa degli interessi tedeschi
"sull'Hindukutsch" [altipiano dell'Asia centrale, in Afghanistan,
ndT], e non certo quando Schröder ha negato l'invio delle truppe nel
Golfo.

D: Puoi riassumere i retroscena economici e le contraddizioni
politiche del NO di Schröder alla guerra in Iraq?

R: Si è trattato di un NO sulla carta, tutto interno ai rituali
diplomatici. In realtà, la Germania ha appoggiato la guerra ben più
della Turchia, che pure si trova sul fronte, e questo attraverso la
messa a disposizione degli aereoporti e degli spazi aerei, di tutta la
infrastruttura, benché la Costituzione ovviamente vieti ogni possibile
appoggio ad una guerra di aggressione. Per gli USA la Germania è stata
uno snodo di interesse essenziale per i rifornimenti aerei.
Il motivo per cui il rifiuto tedesco della guerra è rimasto in effetti
solo platonico va ricercato nella simbiosi economica con il Grande
Fratello USA. A causa del suo orientamento verso l'export, il capitale
tedesco nel corso degli anni Novanta è diventato sempre più dipendente
dagli USA. Mentre le esportazioni tedesche aumentavano nel complesso
di circa il 90 per cento, le esportazioni di merci negli USA
esplodevano del 217 per cento. Uno ogni cinque euro che le ditte
tedesche scambiano al di fuori della zona euro è un dollaro, e viene
dagli USA. (2) Se all'inizio degli anni Novanta gli USA erano solo il
sesto dei partner commerciali, adesso, con una frazione del dieci per
cento, essi sono diventati il secondo beneficiario delle esportazioni
tedesche. Solo la Francia acquista ancor più prodotti "Made in
Germany". (3) Per di più, la Germania ricava profitti più grandi dallo
scambio commerciale con gli USA che con qualsiasi altro partner (22.7
miliardi di euro nel 2003, dunque più di un sesto dell'intero
ammontare dei ricavi dell'export tedesco). (4)
La dipendenza indiretta è ancor più grande, perché il mercato mondiale
nel suo complesso dipende dalla domanda degli USA. La Repubblica
Popolare Cinese, ad esempio, che lo scorso anno ha acquistato tre
volte più merci dalla Germania di quanto non facesse dieci anni fa, si
procaccia la valuta necessaria per questi acquisti attraverso le sue
crescenti esportazioni verso gli USA.
Nella competizione mondiale tra le economie nazionali, è il capitale
tedesco - che è molto produttivo e non è affetto dal deficit di quello
statunitense - ad ingaggiare una concorrenza rigorosa ed aggressiva. A
questo proposito, il segretario di Stato alle Finanze Heiner Flassbeck
(SPD), ora caduto in disgrazia, disse: "Si trasferisce sulle nazioni
la concezione della concorrenza tra imprese. Questo è pericoloso. Una
impresa può scacciare dal mercato un'altra impresa, ed il risultato
può essere positivo per la società. Ma la corsa tra gli Stati, a
diminuire tasse e salari, non porta alcuno Stato ad uscire dalla
competizione. Stati ed economie nazionali non spariscono dai mercati
mondiali come le imprese, che falliscono o vengono inghiottite da
quelle più grandi. Dunque, o vengono foraggiate dai 'vincitori' (come
nel caso della Germania Est) oppure tendono a difendersi con gli
stessi metodi, e cioè: svalutano le proprie valute, oppure si ritirano
nel classico metodo di ritorsione mercantile, il protezionismo." (5)
Traendo le estreme conseguenze da questo ammonimento dell'esperto
socialdemocratico di finanza, arriviamo a riconoscere l'interesse
strutturale dell'economia tedesca per la guerra. Che cosa succede
quando uno Stato concorrente, in posizione subordinata, non si lascia
inghiottire volontariamente dal vincitore, come fece la DDR? Che cosa
succede, se si mette a difendere la propria autonomia, ad esempio
attraverso i dazi, i controlli sulla introduzione di capitale, le
nazionalizzazioni o la difesa della propria industria contro
l'acquisizione straniera? Ecco allora che lo Stato-canaglia viene
riportato alla ragione con mezzi militari, e la sua economia viene
soggiogata con la guerra.
Per questa ragione la Germania non nutre alcun dissenso di principio
rispetto agli USA e ad una politica militare globale. Ma conflitti di
interessi possono sorgere in casi specifici, perché le forze motrici
della politica delle cannoniere nei due Stati sono diverse. La spinta
aggressiva del capitale monopolistico tedesco deriva dalla sua
situazione largamente favorevole, e consiste - come per l'impero
guglielmino durante la Prima Guerra Mondiale - nella ricerca di nuovi
mercati e sfere di influenza. La politica aggressiva dei monopoli
statunitensi, invece, è piuttosto il risultato di una situazione di
forte disavanzo, per cui essi cercano - come fu per l'economia tedesca
nella Seconda Guerra Mondiale - di coprire la propria massa fittizia
di capitale rapinando materie prime e valuta.
Quando gli USA - come nel caso dell'Iraq - attaccano mercati già
tedeschi, Schröder, il "compare del boss", si sporge dalla finestra e
vince la campagna elettorale annunciando una cosiddetta "via speciale"
tedesca. Tuttavia egli non può mettere in questione il ruolo della
Germania come snodo e retroterra logistico della aggressione, perchè
una sconfitta americana sarebbe ancor meno nell'interesse tedesco di
quanto non lo sia questa guerra: come possono infatti le esportazioni
tedesche trovare degli acquirenti sul mercato mondiale, se il dollaro,
a causa di una disfatta militare dei garanti del dollaro, diventa un
pezzo di carta senza valore?
Una politica di pace tedesca dunque non è concepibile sulla base dello
status quo economico. Fintantoché il potere del capitale di
esportazione non si spezza, i suoi interessi saranno sempre difesi in
Afghanistan come su altri fronti analogamente distanti. Ma questo, al
contempo, significa anche che ogni passo verso il rafforzamento della
domanda interna - e cioè per salari più alti, pensioni e servizi
sociali - implicherebbe una svolta della politica estera. In questo
senso i sindacati, che potrebbero (dico: potrebbero) opporsi allo
sfascio sociale e salariale, rappresenterebbero la forma migliore di
movimento per la pace.

D: Perchè gli USA e la Gran Bretagna hanno aggredito l'Iraq? La
situazione economica interna statunitense ha davvero tanto a che fare
con questo, come hai sostenuto nel tuo libro?

R: Negli scorsi tre anni la valuta statunitense ha perso il 35 per
cento del suo valore rispetto all'euro ed il 24 per cento del suo
valore rispetto allo yen giapponese. Solo dall'ottobre scorso
l'ammontare della perdita è di circa il 7 per cento [fino a marzo
2005, ndt]. Se facciamo un paragone storico, prendendo il marco
tedesco al posto dell'euro, la moneta degli yankee si è svalutata
rispetto a quella dei crucchi dei due terzi a partire dal 1960.
All'epoca per il biglietto verde si dovevano pagare 4 marchi, mentre
oggi ne basterebbero circa 1,30. (6)
Causa principale di questa evoluzione è la debolezza della economia
americana. Le merci che questa produce sono tanto scadenti o tanto
costose che non riescono a piazzarsi sul mercato mondiale. Poiché gli
export statunitensi difficilmente trovano un mercato all'estero, e
persino all'interno vengono preferiti ad essi dei prodotti stranieri,
nella bilancia dei pagamenti esteri degli USA si é aperto un buco
sempre più grande. La sua crescita è esponenziale: nel 1992 si
trattava di 50 miliardi di dollari, nel 1998 di 245 miliardi, nel 2000
di 435, (7) per l'anno 2004 si pronosticavano 600 miliardi e per il
2006 ben 825 miliardi di dollari di deficit - più dell'otto per cento
del prodotto interno lordo annuale (PIL). (8) Per confronto, si
consideri che in Germania l'8 per cento del PIL corrisponderebbe ad un
saldo commerciale negativo di circa 130 miliardi di dollari USA;
viceversa, il commercio estero tedesco nel 2003 ha registrato un
positivo di 135 miliardi di euro.
Per il finanziamento delle importazioni, la Banca centrale
statunitense ha emesso moneta aggiuntiva, e tanto pubblici quanto
privati hanno prodotto titoli con buon tasso di interesse ed altri
buoni, che sono stati acquistati dall'estero. Al contempo, in questa
maniera, insieme al deficit con l'estero anche l'indebitamento degli
USA verso l'esterno è cresciuto. Al termine degli anni Settanta gli
USA erano creditori verso l'esterno per un ammontare netto di 20
miliardi di dollari; nel 1982 questi crediti, con 231 miliardi,
avevano raggiunto il loro massimo. Tuttavia, poco dopo sopraggiunse la
svolta e le cifre negative: a partire dal 1985 sono gli USA - Stato,
economia e privati - ad essere debitori verso l'estero. Nel settembre
2001 il debito lordo ammontava a 7815 miliardi di dollari, che - pur
corretti dei propri crediti verso l'estero - si traducono in tutti i
casi in un indebitamento netto residuo di 3493 miliardi di dollari.
(9) Rispetto ad un PIL che negli USA ammonta a circa 10mila miliardi
di dollari, il debito estero corrisponde a quasi il 35 per cento. Si
noti, per paragone, che la DDR, nell'ottobre 1989, fu dichiarata in
bancarotta da un gruppo di lavoro del Politbüro perché aveva
un'indebitamento verso l'occidente pari a 49 miliardi di marchi in
valuta: vale a dire solo il 16 per cento del PIL della DDR. (10)
Il presidente Bush ed il capo della FED, Alan Greenspan, devono avere
la stessa paura che ebbero Hitler, da cancelliere del Reich, ed il suo
banchiere Hjalmar Schacht: e cioè che la bolla inflattiva monetaria
non esplode solo fintantoché le proprie truppe riportano vittorie su
vittorie. Per il dollaro (e per tutte le valute che da questo
dipendono) vale oggi quello che valeva per il Reichsmark durante la
Seconda Guerra Mondiale: i creditori credono al valore stampato sulle
banconote solo finché chiunque sempre ed in qualsiasi posto può essere
costretto con la violenza militare a scambiare quella carta con delle
merci. Tanto più l'economia USA scivola in rosso, tanto più aggressiva
deve agire la politica estera statunitense.
Se valesse la legge dell'offerta e della domanda, il dollaro sarebbe
precipitato molto più in basso, da tempo. Già da due anni, i ricchi
stranieri ed i fondi privati internazionali ritirano capitale dai
depositi in dollari, e solo l'acquisto sempre crescente di valuta USA
da parte delle banche nazionali di Tokio e di Pechino sostiene ancora
il biglietto verde. Giapponesi e cinesi con questa politica vogliono
mantenere forte la valuta USA e deboli le loro, allo scopo di rendere
competitive le loro esportazioni nello spazio del dollaro. Ma quanto a
lungo potranno ancora permettersi di sciupare i loro buoni soldi con
quelli cattivi americani?
La fine del dollaro come valuta mondiale sarebbe raggiunta qualora il
commercio internazionale di petrolio non si fondasse più sul dollaro.
L'Iraq era stato precursore di questo sviluppo. Alla fine del 2000,
Saddam Hussein aveva convertito la fatturazione delle esportazioni di
petrolio iracheno in euro. Questa scelta è stata invertita dopo la
conquista dell'Iraq da parte degli USA. Anche altri Stati, che vengono
minacciati dagli USA, sono tentati di convertire le esportazioni di
petrolio sulla base dell'euro. Si ragiona in tal senso in Venezuela,
paese dal quale provengono un quarto delle importazioni di petrolio
statunitensi, nonché in Russia. Nell'ottobre 2003, il Moscow Times
pubblicò un articolo intitolato: "Putin: perché non misurare il
petrolio in euro?" Già alla fine del 2002 la Corea del Nord passava
dal dollaro all'euro. È dall'anno 2003 che l'Iran chiede che i conti
per le forniture di petrolio, calcolati in dollari USA, vengano pagati
in euro. In precedenza Teheran aveva già convertito la gran parte
delle sue riserve di valuta in euro: uno sviluppo che è cominciato
anche in Russia.
Perciò, tanto in Iraq come negli altri Stati sopra menzionati, anche
essi minacciati di guerra, non si tratta di "sangue per il petrolio"
quanto piuttosto della difesa della capacità di pagamento da parte
degli USA, cosa per la quale d'altronde il controllo sul petrolio non
è comunque irrilevante. In ultima analisi tuttavia non si tratta tanto
di guerra per le risorse, quanto piuttosto di un conflitto tra le
valute - dollaro contro euro.
Il collasso economico deve dunque essere impedito con misure di
carattere extra-economico. A questo proposito, la rivista di Monaco
"Gegenstandpunkt" ha scritto: "È come se Bush ed i suoi combattenti
contro il terrore volessero sostituire la 'Legge del valore'
capitalistica con una vittoria strategica planetaria che si sono
prefissi e che vogliono conquistare in combattimento, fino a
sbarazzarsi di quella 'Legge' in questo modo." (11) Ma questo
chiaramente non può funzionare: "Ma che vuol dire questo - in un mondo
che comunque... non viene governato da chi conosce la 'Legge del
valore' bensì da maschere recitanti." La volta scorsa, questo
esperimento osceno è costato la vita a circa 60 milioni di persone.

D: Nel tuo libro hai scritto: "Un campo di battaglia decisivo è stata
la Jugoslavia, e precisamente nei due sensi: lì gli USA hanno condotto
una guerra calda contro i serbi, ed una guerra fredda contro i
tedeschi. In effetti la Germania aveva appoggiato i secessionisti
albanesi ben prima degli USA (...) Ma la guerra vera e propria era un
progetto di Washington, e la frammentazione ne è stata la conseguenza
- sia per la Jugoslavia che per l'Europa. Perciò l'aviazione USA ha
bombardato obiettivi scelti nella provincia della Vojvodina, nel nord
della Serbia, senza con questo causare alcun disturbo alle manovre
militari nella provincia meridionale del Kosovo. Invece, lassù sono
stati distrutti i ponti sul Danubio e così è stata paralizzata - fino
ad oggi - un'arteria decisiva per il traffico tra l'Europa centrale ed
il Mar Nero."
La bombe sui ponti del Danubio e sulle industrie chimiche, e
l'occupazione occidentale del Kosovo e della Macedonia, hanno dunque
anch'esse qualcosa a che vedere con il petrolio e con gli oleodotti?

R: Una parte del petrolio del Caspio - laggiù ci sono le seconde
riserve mondiali - dovrebbe essere trasportata attraverso il Mar Nero.
Nel porto bulgaro di Burgas essa dovrebbe poi essere pompata
all'interno di un oleodotto del consorzio AMBO, controllato dagli USA,
che attraverso i territori albanesi della Macedonia e forse del Kosovo
condurrebbe fino al porto albanese di Vlora, sul Mediterraneo. Un
contratto in questo senso è stato sottoscritto alla fine del Dicembre
2004 a Sofia tra AMBO e gli Stati interessati. Il londinese Guardian
ha scritto in proposito: "Per l'Occidente questa sarebbe probabilmente
la rotta più importante per il petrolio e per il gas naturale che
adesso vengono procurati in Asia. 750mila barili al giorno: un
progetto necessario, secondo l'agenzia statunitense per il commercio e
lo sviluppo, perché... assegna alle imprese USA un ruolo-chiave nello
sviluppo di questo corridoio vitale tra l'Oriente e l'Occidente." (12)
Il britannico Michael Jackson, primo comandante della KFOR [forza
internazionale a guida NATO, che ha preso il controllo del territorio
del Kosovo dopo i bombardamenti, ndt], ha spiegato il legame diretto
con la occupazione dei Balcani da parte della NATO: "Di sicuro, noi,
qui, resteremo a lungo, per garantire la sicurezza dei corridoi
energetici che passano attraverso la Macedonia." (13)
Le bombe sulla Vojvodina hanno interrotto il corridoio concorrente
della UE, che dovrebbe servire a pompare il petrolio del Caspio
attraverso la Romania verso il porto mediterraneo di Rijeka/Fiume e
nell'oleodotto transalpino verso Austria e Baviera.

D: Che cosa significa il recente litigio per i nuovi seggi nel
Consiglio di Sicurezza dell'ONU?

R: Questa vicenda mostra nel migliore dei modi la insensatezza della
politica tedesca dalla Guerra irachena in poi. da una parte si
vorrebbe controbilanciare la potenza USA; ma al contempo non si vuole
rompere con gli USA in nessun caso. È la quadratura del cerchio.
Concretamente: se la Germania non avesse fatto blocco con il Giappone,
essa avrebbe potuto guadagnare l'appoggio di Mosca e di Pechino, e
dunque la maggioranza dei voti nella Assemblea Generale. Ma il
Giappone, strumento asiatico degli USA, doveva per forza essere
coinvolto - e perciò il fallimento era prevedibile. Lo scontro tra
Germania ed Italia in sede ONU è stato perlomeno una divertente "lotta
nel fango": alla fine si sono insozzate entrambe, come era logico.
L'esito (inconcludente) è in fondo positivo per chi si oppone alla
guerra, da Roma a Berlino.

D: Come è stato accolto in Germania il rifiuto del progetto di
Costituzione Europea da parte della Francia?

R: La Bild Zeitung - che con 4 milioni di copie ogni giorno è il
quotidiano più diffuso [si tratta di un tabloid di impostazione
scandalistica, ndt] - ha svolto subito dopo un sondaggio telefonico
sul tema della Costituzione Europea. Ebbene, 390mila lettori hanno
voluto partecipare, esprimendosi per il NO nella misura del 96,9 per
cento! Ma che cosa fa il Cancelliere Schröder? Annuncia, venendo meno
alle sue promesse, che la Germania aumenterà le sue contribuzioni per
la UE - dunque, ancora la minestra che è stata appena rifiutata...
Quando mai un governante è stato tanto lontano dai suoi sudditi?

D: Si parla di un asse Berlino-Parigi-Mosca, ma il tuo libro dimostra
che la posizione tedesca in realtà è contraddittoria. Forse che
l'imperialismo francese è un avversario più coerente dell'imperialismo
statunitense?

R: La Germania economicamente dipende dagli USA, la Francia invece
dipende dalla Germania. Un blocco europeo indipendente è concepibile
solo se la linea Parigi-Berlino viene prolungata fino a Mosca. Il
fondamento di questa alleanza è la ricchezza russa in termini di
petrolio e gas naturale, che potrebbe emancipare l'Europa occidentale
dai rifornimenti nelle aree di conflitto tra Africa settentrionale ed
Asia centrale. Ma, al di là di certe le versioni oleografiche, bisogna
tenere presente che questo asse non sarebbe un asse di pace. Nel mio
libro si fa vedere chiaramente come Berlino ha conseguentemente
rafforzato la sua posizione di potere in Europa sud-orientale ed
orientale tanto sotto Kohl quanto sotto Schroeder, e questo spesso
giocando con rappresentazioni revansciste e facendo uso dei suoi mezzi
militari. Ogni impedimento, che fosse di carattere costituzionale o
relativo alla Carta dell'ONU, è stato allegramente accantonato. Il
capitale tedesco domina dall'Atlantico fino agli Urali.
Se l'esportazione tedesca di merci e di capitali si rivolgesse verso i
nuovi partner dell'alleanza anzichè verso l'America, questi potrebbero
sostenere l'impatto? Che cosa succede nel momento in cui questo
colosso centroeuropeo diventa determinante nelle scelte della Force de
Frappe [l'esercito francese, ndt], oppure: e se la Russia si mette a
costruire gli aerei da trasporto per le truppe tedesche (che il
ministro delle Finanze Hans Eichel fino ad ora non ha potuto
finanziare)? Putin potrebbe opporsi se la Deutsche Bank volesse
comprare Kaliningrad - come fu proposto già nel 1989 da Alfred
Herrhausen - e ribattezzarla Koenigsberg? Ed in questa situazione, che
cosa ne sarebbe dei piccoli Stati centroeuropei, che sono comunque
dipendenti economicamente dalla Germania e sono sottoposti alla
pressione delle lobby revansciste dei profughi? (*)

D: Ti consideri dunque un sostenitore oppure un oppositore del modello
eurasiatico, cioè di questo asse Parigi-Berlino-Mosca?

R: I pericoli che ho appena elencato rappresentano delle minacce solo
a medio termine. A breve termine la Germania è costretta a mantenere
gli equilibri nella costellazione Parigi-Berlino-Mosca, e senza la
"copertura" statunitense non avrebbe la forza di esercitare pressioni.
Da quando Schröder si confronta con Bush, deve allo stesso tempo
cedere a Chirac sulle politiche europee: l'esempio più eclatante di
questo è nell'aver sacrificato il Patto di Stabilità. I criteri che
esso fissava per regolare i conti domestici erano stati usati
inizialmente dalla Germania contro la Francia ed il „Club
Mediterranée" (così lo aveva chiamato l'allora Ministro delle Finanze
Theo Waigel), per costringere questi paesi ad una rigida politica di
risparmio secondo il modello tedesco.
Se la Germania rimanesse dalla parte dell'America, la conseguenza
immediata sarebbe una marcia comune verso ulteriori guerre: Iran,
Siria, Arabia Saudita, Corea del Nord, Cuba, ed alla fine persino
l'aggressione contro la Russia o la Cina, il che vorrebbe dire la
guerra atomica.
Se le crociate di Bush falliscono, l'economia statunitense soffre di
una crisi ulteriore e, di conseguenza, non può più assorbire le
esportazioni europee, allora si potrebbe affermare l'opzione
eurasiatica. Ma se questo non avviene secondo un piano ed in maniera
graduale, bensì precipitosamente e come conseguenza di sviluppi
catastrofici sui campi di battaglia o sulle borse, allora le elites
politico-militari eurasiatiche finirebbero con l'impigliarsi in
contraddizioni e contrasti.
Ma anche nel caso più favorevole ci vorrebbe comunque molto tempo
prima che una blanda intesa si consolidi in un blocco militare
alternativo, il quale allora potrebbe perseguire a sua volta degli
obiettivi in maniera aggressiva. Bisogna tenere presente la difficoltà
con cui si vanno costruendo delle strutture di difesa per l'Unione
Europea. Una rottura nell'Alleanza Atlantica comporterebbe pesanti
turbolenze anche all'interno dell'Unione Europea nella forma in cui la
conosciamo adesso - sotto il fuoco di sbarramento dei governi
filoamericani, una integrazione, ed in particolare una integrazione
militare, potrebbe procedere ancor meno di adesso. Se poi pensiamo
alla Russia, con la sua tradizione e la sua geopolitica completamente
diverse, ci facciamo un quadro delle difficoltà che una eventuale
nuova alleanza dovrebbe affrontare sin dalla nascita.
In generale possiamo dire: la politica aggressiva che la Germania ha
perseguito sin dalla riunificazione, è stata messa in atto di norma
con l'appoggio o sotto la copertura degli USA - e contro
l'opposizione, aperta o mascherata, di Parigi o di Mosca o di
entrambe. Se Berlino si impegnasse in una alleanza con queste potenze,
allora sarebbero indispensabili correzioni e compromessi in politica
estera.
Un allontanamento dall'America causerebbe anche sconvolgimenti nel
panorama politico interno. I Verdi probabilmente farebbero fronte al
meglio alla nuova situazione, adattandosi in modo flessibile a
qualsiasi cosa come hanno fatto sempre negli ultimi anni, ed
acquisendo così potere e risorse. Però per la Unione [CDU-CSU] la cosa
potrebbe essere drammatica, perchè esiste già una minaccia di
scissione tra un'ala atlantista ed una gollista. Analogamente, anche
la FDP potrebbe spaccarsi in una frazione globalista-neoliberale ed in
una europeista-nazionale. Nella SPD avrebbero perso tutti gli
argomenti contro Lafontaine, che è da sempre più vicino a Parigi che
non a Washington, o a Berlino addirittura.

In questa atmosfera turbolenta ed in vista dello scioglimento dei
campi politici tradizionali, una terza posizione avrebbe qualche
possibilità di affermarsi: la finlandizzazione o, per meglio dire, la
ellenizzazione del continente. Il rapporto Parigi-Berlino-Mosca non
come nucleo di un asse militare, bensì come nodo di una rete di pace
eurasiatica. Nessuna corsa agli armamenti, ma piuttosto un disarmo
generalizzato; nessun intervento in giro per il mondo, bensì il ritiro
delle truppe; i profitti di pace verrebbero usati per l'economia
civile, per la formazione e per la cultura; la Jugoslavia distrutta
dalla guerra ed i paesi dell'Est sprofondati nella miseria dal
neoliberalismo sarebbero ricostruiti. Un'area di pace da Brest fino a
Vladivostok... Una federazione di repubbliche sovrane, così come
l'antica Grecia era una federazione di libere città - la vecchia
Europa nella sua forma più bella. A Pietroburgo o piuttosto a
Leningrado, punto di intersezione storico tra l'Est e l'Ovest,
potrebbe riunirsi il Parlamento di questa federazione! Una simile
unione di Stati non minaccerebbe nessuno. Anche l'America dovrebbe
sentirsi non più sfidata e potrebbe ritornare alle sue virtù
isolazioniste. Atene e Roma si riconcilierebbero. È possibile una cosa
simile nell'ordine economico dominante? No, ovviamente essa è
possibile solo contro di esso. In ogni caso, in Germania lo status quo
è non solo nell'interesse del complesso militare-industriale, ma anche
nell'interesse generale del grande capitale. Per il suo orientamento
alle esportazioni senza frontiere essa ha bisogno di sicurezza
militare. Ma noi, cittadine e cittadini, dobbiamo vivere per questo in
continua apprensione di guerra?
La "via speciale" tedesca, percorsa sin dalla riunificazione in
alleanza con gli USA, è una via verso la catastrofe. Una rottura con
l'America è l'offerta del minuto. Il paese tra il Reno e l'Oder
potrebbe finalmente trovare la pace mettendosi alla pari con i suoi
vicini all'Est ed all'Ovest.

(a cura di A. Martocchia)

NOTE:
(1) Karl Marx, "Einleitung zur Kritik der Hegelschen
Rechtsphilosophie", pag.224
(2) isw-Wirtschaftsinfo Nr. 34, München 2002, pag.12
(3) Vedi: DIW-Wochenbericht 10/2003
(4) Bmwa, Entwicklung des Außenhandels der Bundesrepublik Deutschland
2003 ("Sviluppo del commercio estero della RF di Germania nel 2003")
(5) „Lafontaines letzter Kampf" ("L'ultima battaglia di Lafontaine"),
in: Konkret 11/1999 (www.konkret-verlage.de)
(6) The passing of the buck?, in: The Economist , 2.12.2004
(7) Kreditanstalt für Wiederaufbau, Das Leistungsbilanzdefizit der
USA – eine Gefahr für die Weltwirtschaft? ("Il deficit di bilancio USA
- un pericolo per l'economia mondiale?"), Frankfurt/M. 1999
(8) The disappearing dollar, in: The Economist, 2.12.2004
(9) Dati della Banca Centrale USA, accessibili da: www.federalreserve.gov
(10) Siegfried Wenzel, vice presidente della Commissione per la
pianificazione della DDR: "La DDR non era in bancarotta", in Konkret
10/1999; Wenzel ritiene che la cifra di 49 miliardi di marchi in
valuta sia eccessiva, e che sia stata usata dai riformisti della SED
solo per far cadere Ulbricht
(11) "Gegenstandpunkt" 3/2002
(12) Vedi Michel Collon, Après le Kosovo, la Macédonie, testo fatto
circolare in internet il 15.3.2001
(13) Michel Collon, ibidem
(*) Si pensi alla questione dei Sudeti per la Repubblica Ceca, alla
Slesia ed alla Pomerania per la Polonia, o agli "svevi danubiani" che
agitano le loro rivendicazioni sulla Vojvodina e sulla Romania,
analogamente a quanto fanno gli esuli italiani di Istria e Dalmazia ai
danni di Slovenia e Croazia. (ndt)


SCHEDA: JÜRGEN ELSÄSSER

Jürgen Elsässer, giornalista e saggista, esperto di politica
internazionale, lavora per diversi periodici della sinistra di lingua
tedesca, tra i quali il quotidiano di Berlino "Junge Welt" ed il
settimanale "Freitag". Elsässer ha scritto una dozzina di libri su
questioni di politica estera, specialmente incentrati
sull'imperialismo tedesco e sui retroscena della distruzione della
Jugoslavia. Questo autore è conosciuto in Italia in particolare per
"Menzogne di Guerra. Le bugie della NATO e le loro vittime nel
conflitto per il Kosovo" (Napoli, La Città del Sole, 2002; versione
italiana di "Kriegslügen - Vom Kosovokonflikt zum Milosevic-Prozess",
edito da Kai Homilius Verlag, Berlino, ultima edizione aggiornatissima
2004): si tratta di uno dei pochissimi testi editi nel nostro paese a
proposito della disinformazione strategica sulla guerra nei Balcani e
sui crimini di guerra della NATO. Elsässer è stato varie volte di
recente nel nostro paese, su invito del Coordinamento Nazionale per la
Jugoslavia, per presentare i suoi libri in una decina di iniziative
pubbliche. L'ultima occasione, la scorsa primavera, è stata data dalla
presentazione del suo lavoro più recente, "Come la Jihad giunse in
Europa. Combattenti di dio e servizi segreti nei Balcani".

---

Ulteriori informazioni ai siti:
http://www.juergen-elsaesser.de
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/roma290305.htm

Da: "icdsm-italia\@libero\.it"
Data: Mar 22 nov 2005 12:09:38 Europe/Rome
Oggetto: [icdsm-italia] Roma 11/12: Presentazione libri


L'EDITORE ZAMBON e l' ICDSM (Internazionale Comitato Difesa Slobodan
Milosevic - Sezione Italia)

Presentano:


IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA
Il j' accuse di Slobodan Milosevic
di fronte al "Tribunale ad hoc" dell'Aia

e

Mira MarKovi´c
Memorie di una strega rossa


Partecipano:

Dott. Giuseppe Zaccaria (giornalista)

Avv. Giuseppe Mattina (giurista)


4° Fiera della Piccola Editoria

Più Libri Più Liberi

Domenica 11 dicembre 2005 ore 14

Sala Montale

Palazzo dei Congressi EUR Roma


### Le informazioni sul contenuto e la distribuzione dei libri si
possono trovare alle pagine seguenti: ###

IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA
IL J'ACCUSE DI SLOBODAN MILOSEVIC DI FRONTE AL "TRIBUNALE AD HOC" DELL'AIA
A cura della Sezione Italiana del Comitato Internazionale per la
Difesa di Slobodan Milosevic (ICDSM Italia)

http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/204

MEMORIE DI UNA STREGA ROSSA
Quarant'anni di passione e potere in Jugoslavia
Libro-intervista a Mira Markovic, a cura di Giuseppe Zaccaria

http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/201



==========================

IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA
Il j'accuse di Slobodan Milosevic
di fronte al "Tribunale ad hoc" dell'Aia"
(Ed. Zambon 2005, 10 euro)

Tutte le informazioni sul libro, appena uscito,
alla pagina:
https://www.cnj.it/documentazione/autodifesa04.htm

==========================
ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27 -- 00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957 -- email: icdsm-italia @ libero.it
http://www.pasti.org/linkmilo.html
*** Conto Corrente Postale numero 86557006, intestato ad
Adolfo Amoroso, ROMA, causale: DIFESA MILOSEVIC ***
LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)

Il Ponte di Chen

--------------
Danneggiata la statua di Bruce Lee a Mostar

Sconosciuti hanno danneggiato la statua di Bruce Lee, stella del Kung Fu,
inaugurata solo venerdì nella città bosniaca di Mostar. Secondo testimoni
è stato sottratto un "nunshaku", un'arma utilizzata nel Kung Fu, composta
da due bastoni legati da una catena. La statua è stata eretta in una piazza
che divide la metà musulmana della città da quella croata. (Ap)

Fonte: City, quotidiano gratuito, Roma 28/11/05

__________________________________________________________________
TISCALI ADSL
Solo con Tiscali Adsl navighi senza limiti e telefoni senza canone
Telecom a partire da 19,95 Euro/mese.
Attivala subito, I PRIMI DUE MESI SONO GRATIS! CLICCA QUI:
http://abbonati.tiscali.it/adsl/sa/1e25flat_tc/